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view post Posted: 12/2/2024, 15:50 by: gigi la trottola     +1Odio!!! - Il Manicomio
CITAZIONE (Minerva X @ 12/2/2024, 14:16) 
Fastidiosissima la pubblicità su Youtube, ieri stavo guardando un film e s'interrompeva praticamente ogni minuto per uno spot, ormai è diventato peggio che in televisione.

Usate Brave Browser, niente più pubblicità.

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view post Posted: 22/4/2023, 16:12 by: .Luce.     +1Luce's fanfiction gallery - Fan Fictions
VITA D'ARTISTA

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“All’alba viiinnnceerooooooooò!!!”
Così intonava l’aria della famosa opera lirica di Puccini, Zuril una mattina appena sveglio, mentre allo specchio della sua camera da letto rimirava la sua immagine.

Da quella sera di aprile in cui aveva debuttato come spettatore al teatro di Tokio, l’arte gli era entrata nelle vene come una malattia; di nascosto seguiva musica classica su internet, le biografie dei compositori, canticchiava da solo, gli sembrava di avere una voce da tenore, quasi come il famoso Mario del Monaco di cui aveva scoperto l’esistenza navigando senza sosta nel web durante la notte, anzi, ancora qualche esercizio e lo avrebbe superato in decibel, sicuro, poi il suo aspetto fisico era da premio Nobel, Strega, Campiello… poi… tutti gli altri per quanti ce ne stanno, altrochè!
“Chi è il più bello del reame? Ma io, che discorsi! Chi mi resiste? Nessuna, è ovvio!” ripeteva ad alta voce, mentre lucidava il computer oculare e le sue ali da pipistrello venivano rimesse a nuovo con un gel ultima generazione.

La memoria lo riportava a quella sera famosa in cui, appena uscito da teatro, lo sguardo fisso a terra sulla strada bagnata dal recente acquazzone primaverile, la mente nello sconcerto più totale, mentre continuava a chiedersi: “Che ci faccio qui, si può sapere? Ma che c’azzecca questa roba con gli attacchi terroristici? “Però, che bella serata, ce ne fosse un’altra, magari…” In quel groviglio di sentimenti contrastanti, una mano delicata si era fermata sulla sua spalla e, girandosi di scatto, aveva visto una fanciulla davvero niente male che lo invitava per gli spettacoli futuri.
“L’altra sera sono venuta qui col mio fidanzato, rappresentavano l’Aida, una cosa unica, perché nelle scene entrano gli animali veri, sì, i cavalli, gli elefanti, una cosa da mozzare il fiato.
Lui, beh, lui non faceva che dormire, una figura pessima mi ha fatto fare. Del resto, anch’io non facevo altro che sbadigliare quando lo seguivo nelle sue gare di pallacanestro, per cui, lasciarci, è stato l’inevitabile epilogo di una storia che ormai si trascinava da anni e resisteva solo per abitudine.”
Erano usciti a cena… e poi… “Non si dice, non sta bene, ad ogni modo, il meglio di tutti sono io!”

L’epilogo di tutto ciò su Skarmoon era stato da dimenticare. Che terribile figura!
Gli avevano riso tutti dietro, Rubina in primis; quanto era diventata antipatica in quel periodo!
“Davvero odiosa e insopportabile! Mi controllavano in ogni mossa, ho fatto davvero la figura dell’idiota irrecuperabile… però, sotto sotto…”
Con inguaribile ottimismo e sicurezza estrema, pensava: “Primo: il mio posto non l’ho perso, ma solo migliorato, tiè! Secondo: sono diventato ancora più bello, lo specchio non dice mai bugie, ancora tiè! Terzo: il più furbo sono sempre io! Vado sulla Terra, terrestre en travesti, butto bombe a destra e a manca, attentati a profusione. Ma prima, una bella overdose di teatro, minimo dieci ore in dolce compagnia s’intende, eh, mica son scemo, che diamine! Ma la cosa più bella è che da Skarmoon non possono più controllarmi, neanche per idea, ho capito il trucco è un gioco da ragazzi, così faccio quello che mi pare e piace. Tiè, tiè e per chi non ha capito, ancora tiè! Ora vado!”

Si ammirò ancora allo specchio emettendo un poderoso do di petto mentre intonava un brano del “Trovatore”, quindi uscì fuori fiero, gonfio e tronfio come un tacchino, con l’aria di chi non riesce a trattenere un: “Fate largo, donne chi mi resiste, arrivoooooooo…”

Sul suo disco aveva già riposto l’abito da sera ben piegato e sistemato, poi le bombe e le armi c’erano tutte, tutto a posto, quindi poteva partire.
Atterrò su una vasta pianura ai margini della grande città e rapido organizzò il susseguirsi degli eventi mediante un calcolo e inventario.
“Dunque, le armi ci sono, la piantina, il monitor è a posto… questa bomba la devo piazzare dentro quel palazzo in centro, l’altra...” Un sorriso lo illuminò tutto: “Questi sono i biglietti per tre spettacoli, uno di seguito all’altro, molto bene.”
Mentre guidava in picchiata verso la Terra, senza sosta emetteva gorgheggi e frammenti di arie prese qua e là da opere, operette e musica leggera.
Con gli occhi della mente vedeva lo svolgersi della serata, poi i ricordi tornavano alle ultime ore passate alla base lunare, alla sua camera, con tutta quell’arte sparsa in ogni angolo.
“Che nessuno debba mai vedere quella roba, per carità! Potrei considerarmi solo un uomo morto.”
Sicuro più che mai di sé rideva, cantava e parlava ad alta voce; all’improvviso ricordò che nella giornata sarebbero dovuti entrare nella sua camera Gandal con la sua gentile metà e anche Hydargos a ritirare dei fascicoli nuovi.
“Nooooo! Non è possibile! Appena entreranno vedranno tutto, non ho nascosto i dvd, gli spartiti, gli oggetti ricordo!” gridò disperatissimo. “Come faccio? Sono già atterrato, tornare indietro? No, troppo tardi… un momento, c’è Hydargos, proprio lui: gli dirò di entrare per primo e far sparire il tutto.”
Tentò invano di contattare il suo sottoposto, ma niente, non dava segni di vita.

Improvvisamente, dal monitor gli apparve l’immagine di Rubina.
“Toh, qual buon vento? Sua Altezza desidera?” l’apostrofò Zuril con malcelata ironia.
La risposta silenziosa fu un gigantesco pallone di gomma da masticare rosa esploso.
“Però, che educazione”, pensò Zuril. “A occhio e croce, deve averne ingollate almeno cinque, viste le dimensioni! E che eleganza, che debba partecipare ad un concorso?”
Rubina aveva i capelli raccolti in due trecce e sulla sommità del capo un grosso bigodino, mentre un altro arrotolava la frangia. Una tuta da ginnastica grigia e informe la paludava tutta.
“Io non desidero proprio niente, ho solo visto il segnale lampeggiare e sono venuta a vedere.”
L’aria annoiata e assente era ben stampata su tutto il viso.
“Per favore, puoi mandarmi Hydargos? Devo parlargli un momento.”
“Non c’è”, rispose lei con un sospiro.
“Come? Ma quando torna?”
“Non torna. È nelle miniere infernali di Giove per tutto il mese. Lo sai pure, non ricordi?”
Zuril ricordò, e la sua ansia crebbe.
“Se non c’è altro, io vado.”
“Noooooo, Rubina aspetta un momento, non andartene.”
“Cosa devo fare, ti decidi? Ho da fare, spicciati!”
Decise di chiedere la sua collaborazione, ormai non aveva scelta.
“Dovresti… no, non posso…”
“Dovrei? Cooosaaaa? Ti decidi a parlare?”
“Vai nella mia camera, poi ti dò le istruzioni io: prima di entrare chiudi gli occhi, non devi vedere niente.”
Rubina aprì due volte la bocca prima di riuscire ad articolare una sillaba, quando ebbe recuperata la favella gli disse: “Zuril, ma ci fai o ci seiiiiii???” Con la mano gli faceva il gesto per indicargli che stava vaneggiando.
“No, è che… sono cose riservate, molto intime.”
“Sai quanto interessa a me delle tue conquiste! Ci sono le foto delle tue donne, e allora?
Non sono gelosa né mi scandalizzo, quindi dimmi cosa devo far sparire, così quando arriverà la tua nuova fiamma prima di te, non scoprirà nulla” disse lei con tono tra l’annoiato e il saccente.
“Non si tratta di questo, è ben altro”, sospirò lui.
“O ti decidi a parlare chiaro, o interrompo la comunicazione subito. Non ne posso più!”
“Va bene, la porta è solo accostata, entra pure.”
Rubina entrò masticando gomme e caramelle; davanti allo specchio sistemò meglio i due bigodini e gli elastici alle trecce.
“Ci sono. Cosa devo mettere sotto sequestro?” domandò al limite della pazienza.
“Ecco, sul tavolo ci sono dei dvd, degli spartiti, dei libri, dei souvenir; nascondi tutto nell’armadio e chiudi a chiave.”
“Tutto qui? Bella roba! C’era bisogno di fare tutte queste scene?”
Rubina impilò i libri, in fretta buttò i dvd in una scatola in modo sgarbato; la sua attenzione fu improvvisamente catturata da uno scialle nero, sembrava una mantiglia spagnola e da un paio di nacchere di legno. Il prezioso indumento di pizzo se lo sistemò sulle spalle, poi prese a rigirarsi davanti allo specchio, e intanto cercava di infilarsi tra le dita quegli strani strumenti facendoli suonare.
Ad un tratto cominciò a ridere a più non posso, Zuril tentò di fermarla, ma lei niente, non sentiva.
“Vedo che quando sei solo, ti conci davvero bene! Il grande illustre scienziato non la smette mai di stupirci!”
“Chiudi tutto ed esci subito, sparisci! Ah, intanto che ci sono, se mi permetti un consiglio Rubina, ti puoi iscrivere ai concorsi di: Miss Eleganza, Miss Simpatia e Miss Educazione, ti garantisco che li vinci tutti e tre senza meno! Sicuro! Dammi retta, prima classificata!”
“Va bene, ciao, personaggio illustrissimo!”
La ragazza uscì dalla camera e tornò al suo tapis roulant.

Zuril, un tantino più sollevato, era arrivato nei pressi del teatro di Tokio: da lontano, Kaori, gli faceva segno di saluto sventolando i biglietti per l’ingresso.
“Eccoti finalmente, entriamo subito, tra dieci minuti inizia.”
Lui le sorrise contento prendendola per mano. Sul portone principale si arrestarono increduli, quando lessero in un cartello:
“Spettacoli sospesi”
Ma come? E perché? Nessuno li aveva avvertiti.
Entrarono da una piccola porta laterale e subito si imbatterono nel custode.
“Scusi, come mai è tutto annullato?” domandò Kaori, elegantissima nel suo abito di seta verde.
“Mah, un fatto improvviso. Il tenore ha avuto un attacco di tracheite, broncopolmonite e annessi, quindi non ha più voce: il sostituto è dovuto partire per impegni improrogabili, quindi siamo davvero nei guai, perché stasera ci sono degli ospiti di riguardo venuti apposta, ora come facciamo? Va bene non portare in scena tutti e tre gli spettacoli previsti, ma almeno uno bisogna farlo. Che figura ci facciamo, altrimenti?”
Il direttore d’orchestra apparve all’improvviso. Era un uomo alto e imponente, sempre sicuro di sé, ma in quella circostanza pareva rimpicciolito, totalmente smarrito e incredulo.
Zuril e Kaori si guardarono, poi lei ebbe un’idea fulminea.
“Si può fare!” disse con un sorriso.
“Cosa, si può fare?” domandò il maestro.
“Lo spettacolo, sì, dico davvero. Questo signore che vedete, ha una voce prodigiosa unita ad una discreta esperienza nel campo; se rimandate la messa in scena di un’ora, e nel frattempo gli fate fare delle prove, vi sorprenderà.”
Zuril, dopo un attimo di sorpresa, si gonfiò tutto e diede la sua totale disponibilità.

Sul palco, la soprano provava una famosa romanza della Boheme.
Il direttore intanto, dava delle dritte a Zuril, testando la sua voce.
“Devo dire niente male, del resto non portiamo tutta l’opera, ma solo delle suite, quindi tenga sempre l’occhio puntato verso il suggeritore, segua me per andare a tempo e il gobbo, dove sono scritte le parole. Se la sente?”
“Sicuro, prima devo fare delle telefonate urgenti, scusatemi”. Con passo celere si avviò nel camerino e prese contatto con Hydargos, il quale stava semi incarcerato nelle miniere infernali di Giove.
“Non posso muovermi di qui, sono ordini.”
“Adesso gli ordini te li dò io, chiaro? Devi subito scendere sulla Terra e disporre le bombe alla base del Centro Ricerche, poi tra alcune ore ti raggiungo, capito?”
“No, non capisco… ma poi, quello non era compito tuo?”
“Ho da fare: appena sono libero ti raggiungo, non discutere e spicciati!”
Chiuse la comunicazione e subito bussò alla porta il sarto per la prova costume.

La scaletta appesa in ogni camerino riportava l’elenco in esatto ordine cronologico di tutti i brani artistici.

Nabucco: coristi in “Va pensiero”
La Traviata – “Coro delle zingarelle” – parte cantata e ballata.
Zuril – tenore e Aika – soprano in: “Che gelida manina” e “Sì, mi chiamano Mimì”
Turandot – coristi
Cavalleria Rusticana – coristi
Madama Butterfly-Aika – soprano in: “Un bel dì vedremo”


Le luci si offuscarono al terzo e ultimo squillo del campanello, quindi tutti gli artisti furono pronti dietro le quinte.
Aika strinse forte le mani a Zuril con un: “In bocca al lupo, forza!”
“Cosa significa?”
“Devi rispondere crepa, no?”
“Cosaaa? E perché mai dovrei augurarti di crepare?”
“Ma nooo! Oh, ma di dove sei, di un altro pianeta?”
“Mah, quasi quasi.”
“Ssst, silenzio!” ordinò una voce nell’oscurità.

Finito il primo pezzo ci fu un lungo battimani, poi entrarono le zingarelle cantando e ballando una danza che Zuril ricordava molto bene durante una certa “vacanza romana”, in cui lo spagnolo Miguel, aveva mostrato a lui e Hydargos certi balli andalusi, poi aveva concluso con: “…ho avuto modo di conoscere la bravissima e bellissima ballerina di flamenco Lucero Tena… ho studiato con lei un certo periodo, vedete? Lei aveva inventato un suono unico con le nacchere e me l’ha insegnato…”
Che esperienza meravigliosa era stata quella! Del resto, lui non aveva accantonato quella passione che nascondeva gelosamente nel segreto della sua camera… segreta fino ad un certo punto. Poche ore prima, Rubina aveva visto quegli oggetti e si era burlata di lui… beh, ma in fondo chissenefrega, vah!
Dietro le quinte non riusciva a stare fermo, muoveva anche lui i piedi a passo di danza, finchè un’occhiataccia della maschera lo fermò.

Terzo quadro: Aika e Zuril entrarono. Lui, nella parte di Rodolfo, uno squattrinato pittore bohemien, aveva fatto entrare in casa la sua vicina e ora intonava una dolce melodia.
Il suggeritore era ben piazzato in mezzo al palcoscenico dentro un buco e teneva in vista le parole dell’opera.
Il tenore iniziò per primo.
Ricordiamo che, per l’occasione, Zuril aveva cambiato il colore dell’epidermide da verde in color carne terrestre e l’occhio mancante dal computer oculare era stato sostituito da un occhio finto. Il risultato era che non vedeva più come prima, quindi iniziò bene nel gestire il suo pezzo, poi lo sguardo finì nella parte di lei, quindi cominciò a saltare di palo in frasca.
Aika, gli diede di gomito sussurrandogli: “Quella è la mia parte, sono io che devo cantare mi chiamano Mimì.”
Di rimando, Zuril le sussurrò: “Ma il tuo nome, non è Lucia?”
“Idiota! Non è il momento di fare battute, riprendi il filo piuttosto, sei fuori tempo!”
Nonostante svariati incidenti, il pezzo terminò e il pubblico, pur confuso, applaudì.

Dietro le quinte, Aika lanciò una fila di improperi all’indirizzo del collega: lui incassò il tutto con eleganza, poi le consigliò: “E’ meglio che ti spicci col cambio d’abito, tra poco devi cantare “Un bel dì vedremo”, se la scaletta non m’inganna.”
“Non lo canto, faccio harakiri, che razza di figura mi hai fatto fare! Io in scena non ci tornerò mai più, almeno fino a quando non troverò il chirurgo più bravo del mondo che mi cambi i connotati, perché il coraggio di presentarmi alla gente non ce l’ho né adesso, né maiiiii!” urlò la soprano al colmo di una crisi di nervi.
Zuril osservò meglio la donna e ne dedusse che era davvero bella, quindi la mano, anzi, la zampaccia verde come la chiamava Rubina, (divenuta color carne terrestre per l’occasione), sfiorò il generoso decolletè che la soprano esibiva.
La prassi vuole che, dopo un simile contatto, cinque dita della signora offesa si stampino sulla faccia del maleducato di turno, e così avvenne anche in quell’occasione, abbinato all’altrettanto stra usato epiteto: “Porco!”
Il grande scienziato accusò il colpo con classe estrema (tanto aveva la pelle dura, eh, che sarà mai?), poi, visto che le esibizioni erano finite, uscì con tutti gli artisti sul palco per gli inchini di ringraziamento.

Il pubblico pareva soddisfatto, quindi Zuril, tutto gasato per il successo ottenuto e col pensiero rivolto al prossimo successo delle bombe che sarebbero esplose al Centro Ricerche, si pose in mezzo al palco ed emise un poderoso: “All’albaaa viiineceerooooooò” che ci stava come i cavoli a merenda, ma ottenne comunque un ulteriore scroscio di applausi.

Uscì svelto dalla porta laterale e contattò Hydargos, il quale rispose subito ed era al settimo cielo.
“Ce l’abbiamo fatta! Anzi, IO ce l’ho fatta! Sì, ho fatto saltare in aria tutto, il Centro, la fattoria, Goldrake, i veicoli, tutto!” disse gasato al massimo.
“Un momento, spiegami bene… ma… sei sicuro? Voglio controllare.”

Venti minuti dopo si incontrarono. Hydargos mostrò a Zuril le foto con i risultati delle bombe esplose.
Lo scienziato si soffermò a lungo ad osservare le immagini, poi decise di recarsi sul luogo del delitto per accertamenti. Confrontò le fotografie coi luoghi; strano, non c’erano tracce di esplosioni. Riguardò meglio, poi il suo sguardo interrogativo si posò sul suo sottoposto.
“Qui sembra tutto in ordine. Cosa hai fatto coi tasti? Mostrami bene.”
Hydargos spiegò bene nei dettagli tutta l’operazione e alla fine di quel resoconto, una lampadina si accese nella testa di Zuril.
“Nooooo!!! Non è possibile!”
“Cosa, non è possibile?”
“Hai usato il generatore di miraggi! Sì, quella toppata che si rivelò poi un vero fallimento!
Ci siamo dimenticati di far sparire quel sistema. Tu hai creduto di piazzare delle bombe da Procton, perché si era innestato un miraggio… invece sono esplose nel vuoto!”
“Nooooo, non ci credoooo! E adesso cosa facciamo?”

Zuril ebbe un’idea fulminea.
“Ho trovato! Torniamo alla base lunare di corsa, e sempre correndo, dopo aver preso il necessario, torniamo sulla Terra per finire questa dannata missione, ecco!”

Velocissimi raggiunsero Skarmoon. Silenzio e deserto ovunque: in punta di piedi entrarono nella sala di comando buia e deserta.
Il novello tenore intonò un’aria della Boheme adeguata alla situazione: “… al buio non si trova… ma per fortuna, è una notte di luna… e qui la luna l’abbiamo vicino.”
“Veramente ci siamo sopra”, rettificò Hydargos.
A tentoni cercarono l’interruttore. Un attimo prima di premere il tasto, illuminata a giorno, la stanza apparve ai loro occhi… solo che non era vuota.

Re Vega, Gandal e signora sullo sfondo; dalla porta laterale usciva Rubina con in mano le armi funzionanti e, mentre le sventolava sotto i loro occhi increduli con indosso la mantiglia spagnola e un abito folkloristico accennando sensuali passi di danza, intonava questa melodia:


Ma ‘ndo vai se la banana non ce l’hai?
bella Hawaiana attaccate a sta banana …
’ndo vai se la banana non ce l’hai?
Vieni con me te la farò vedé vengo con te
me la farai vedé




FINE

Edited by .Luce. - 28/4/2023, 10:48
view post Posted: 3/12/2022, 16:12 by: .Luce.     +17° Concorso di Go Nagai Net - Fan Fiction - I Concorsi di GoNagaiNet
IL LUNGO VIAGGIO

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Avvertenza per i lettori: in qualche punto della storia, ci sono scene spicy.

Izar, una stella binaria nella costellazione di Bootes.
Su questa stella, approdò il principe di Fleed circa sei mesi prima di stabilirsi sulla Terra.
Un pianeta abitato e piuttosto ricco di vegetazione e miniere ricche di carbon fossile, acciaio, metalli. Quasi certamente ignorato dai veghiani, i quali avevano ben altre mire quando decidevano di conquistare o depredare un pianeta: i loro interessi dominanti erano la tecnologia avanzata e il vegatron.
Duke Fleed parcheggiò il suo disco all’interno di una caverna che si trovava a lato di una radura semi pianeggiante, circondata da ruscelli e laghetti.
I primi giorni li passò visitando la Capitale e la vastissima periferia. Di solito, nel tardo pomeriggio, passeggiava tra campi, alberi e laghetti.

Una mattina si sentì chiamare da una voce femminile. Si voltò di scatto, e vide di fronte a lui una giovane, il cui aspetto gli era in qualche modo familiare.
“Duke Fleed…”
“Si? Chi sei tu?” le domandò sorpreso.
“Io sono Kyra. Alcuni anni fa sono stata ospite nel tuo palazzo, durante una festa che riuniva famiglie blasonate. C’erano molti invitati, erano così tanti che gran parte di loro hanno pranzato in giardino. Noi due ci siamo scambiati poche parole; qualcosa o qualcuno si metteva sempre in mezzo, oppure arrivavano nuovi ospiti ed eri costretto a fare gli onori di casa.”
“Sì, qualcosa ricordo” le disse pensoso, ma la ragazza che lui vagamente ricordava, aveva, in mezzo ai capelli scuri, molte ciocche color lavanda e anche i suoi occhi erano quasi viola, mentre ora erano bruni come i capelli.
“So cosa stai pensando” lo anticipò lei.
“Ho smesso di tingermi i capelli e i riflessi di questo pianeta hanno modificato il colore degli occhi.”
“Ah…” le sorrise sollevato.
La guardò meglio e notò che il suo viso era pallido e sofferente. Lo sguardo era a tratti sfuggente e circospetto; sembrava stesse fuggendo da qualcosa o da qualcuno, benchè lei cercasse di mostrarsi disinvolta.

“Ora devo andare” gli disse con una nota di rimpianto nella voce.
“Teniamoci in contatto, vuoi? Sono qui da pochi giorni e…”
“Sì, io non ho nessuno, come penso anche tu. Abitavo nella parte ovest di Fleed, molto distante dal tuo palazzo, dunque. Ma anch’io, come te, ho perso tutto. Re Vega non ha risparmiato nessun punto della nostra magnifica stella quando ha lanciato la seconda potentissima bomba al vegatron”, mormorò abbassando gli occhi velati di lacrime.
“A presto, Kyra” le disse mentre si allontanava velocemente da lei. Il ricordo di quanto era avvenuto, gli aveva riaperto la ferita dentro il cuore.
“Arrivederci Daisuke. So bene che non è il tuo nome, ma sento che ti appartiene… o ti apparterrà un giorno. Spero non ti dispiaccia se ti chiamo così” gli disse con un sorriso misterioso.
Si allontanò svelta, voltandosi per un ultimo cenno di saluto con la mano.

Non erano passati tre giorni, che il principe di Fleed vide una chiamata sul suo disco. Era lei.
“Ciao… mi trovo alla stazione delle navette, sud est della città. Puoi venire a prendermi? Sono appena uscita dall’ospedale.”
“Vengo subito.”
La voce di Kyra era debole e celava sofferenza, benchè si sforzasse di essere forte.
Era appena uscita dall’ospedale? Cosa le era successo? Quando l’aveva incontrata aveva notato infatti qualcosa di strano in lei, qualcosa di stanco e malato.
Neanche mezz’ora dopo si incontrarono. Lei si alzò lentamente dalla sedia che occupava la sala d’aspetto e gli andò incontro. Lui le prese la mano e la guidò fuori, dove aveva affittato un piccolo veicolo di trasporto.
Durante tutto il tragitto non parlarono. Era ormai sera inoltrata, lei gli indicò la strada da percorrere per arrivare al suo alloggio.
“Resta con me questa notte. Sto male e ho paura” disse in un sussurro.
“Ma certo, cara.”

Entrarono in un edificio alto e stretto. Salirono per una scala ripida, non c’era illuminazione nei corridoi, l’unica luce che entrava dalle vetrate era quella di un grosso lampione su quel vicolo stretto e tortuoso.
Lei aprì la porta di un piccolo appartamento e accese la luce. Un bilocale munito di angolo cottura. Kyra si buttò sul letto esausta con le mani sopra la testa, poi iniziò a raccontare.

“Sono reduce da uno scontro terroristico, avvenuto qualche settimana prima di incontrarti. Un gruppo di giovani, certamente inviati da Vega, hanno sparato e buttato bombe. Alcuni sono periti, mentre i superstiti sono fuggiti. Io sono rimasta ferita: un colpo alla testa e qualcosa mi ha perforato l’addome. Nel giro di poche ore mi sono sentita meglio, e mi sono illusa che tutto fosse finito lì. Ma poi i dolori sono tornati sempre più intensi, così mi sono recata in ospedale. Una lieve commozione cerebrale, ma la cosa più seria è stata l’altra ferita. Mi hanno ricucito una parte dello stomaco, tolto la milza, più qualche escoriazione non grave su tutto il corpo.
Sono ancora molto debole, perché qui, dato che i posti letto negli ospedali sono limitati, appena uno è in grado di stare in piedi, viene rispedito a casa, insieme ad una serie di farmaci da assumere per un certo periodo.”

I danni fisici da lei riportati, uniti al fatto di aver vissuto per mesi in un ambiente inquinato e pieno di gas tossici, quasi certamente l’hanno resa sterile. Deve assumere questi farmaci per un paio di mesi. Tuttavia, grazie alla sua forte tempra e giovinezza, può considerarsi guarita e condurre una vita normale.

Questo il referto medico al momento del congedo.

Duke Fleed aveva ascoltato in silenzio, tenendole sempre la mano. Un sospetto si era insinuato nella sua mente quando lei aveva parlato dell’attentato. Aveva la quasi certezza che non erano venuti lì per invadere il pianeta o procurarsi materie prime, ma sterminare buona parte della popolazione, in quanto, essendo tutti liberi e certamente armati, sarebbero stati in grado di correre in soccorso ad altre popolazioni vicine, quelle che Vega voleva assoggettare a sè.

Kyra era finita lì per errore, su questo non c’erano dubbi, e ora doveva solo pensare a tornare in forze.
Dalla grande borsa estrasse una lunga serie di scatole e le pose sopra il comodino: erano le medicine che doveva assumere per guarire.
Gli sorrise, benchè non ci fosse gioia nel suo viso, ma dolore fisico, stanchezza e spavento. Lei temeva in una possibile ritorsione da parte di quella gente.
“Chiudi bene a chiave la porta, Daisuke. Non ho la camera per gli ospiti, ma c’è posto per entrambi”, gli disse indicando il suo letto.
Lei si tolse il vestito, lui la camicia. Sotto l’abito, Kyra portava una maglietta da pelle chiara, molto scollata e con spalline sottili. La parte sopra era di pizzo trasparente. Seduta sul letto, gli cinse la vita con le braccia fissandolo dal basso verso l’alto con occhi grandi e un’ombra di desiderio, nonostante fosse stremata e febbricitante.
“Cara… ora ti devi riposare” le suggerì posandole una mano sulla guancia smunta.
Si misero a letto e per alcuni minuti conversarono circa le invasioni veghiane, le ultime notizie, brevi frammenti della loro vita prima e dopo la guerra, poi scivolarono lentamente nel sonno tenendosi per mano.
Si svegliarono quando il sole era già alto nel cielo. Lui preparò la colazione e lei ingoiò subito alcune pastiglie insieme ad un cucchiaio di liquido scuro.
“Come ti senti oggi?”
“Meglio di ieri” gli sorrise accomodandosi a tavola.

Passò una settimana. Kyra migliorava giorno per giorno; verso il tramonto uscivano per qualche breve passeggiata, a volte mangiavano fuori, oppure prendevano la navetta e si avventuravano in un piccolo viaggio tra le stelle. Stavano bene insieme, non si annoiavano mai e quando la giovane si sentì rimessa completamente in forze, gli parlò di un suo progetto.
“A sud-est di questa stella, c’è una grande fattoria ormai abbandonata da decenni. Non appartiene a nessuno, a me piace molto e in questo periodo ho fatto in modo che alcuni contadini si occupassero dei lavori essenziali, ma ora intendo andarci e sistemarla come si deve, soprattutto la casa. Dal tablet gli mostrò il luogo e l’ubicazione.

“E’ molto grande, il terreno sembra fertile e adattissimo per allevare gli animali, specie i cavalli. Spazi verdi e ruscelli” mormorò il ragazzo turbato, perché quel luogo, gli ricordava in modo vago qualcosa del suo pianeta distrutto dai sicari di Vega.
“Voglio partire prestissimo, e quando sarà tutto pronto, verrai a trovarmi, vero?” gli chiese con tono quasi supplichevole, poi gli cinse il collo con le braccia e posò le labbra sulle sue.
Quella notte la passarono abbracciati.

All’alba del giorno dopo, Kyra si vestì con cura e decise di recarsi subito alla fattoria.
“Sei sicura? Non è troppo presto?” le chiese il ragazzo. Da un lato capiva e approvava la sua voglia di reagire e guardare avanti, dall’altro temeva non fosse ancora pronta; e l’idea di starle lontano lo rattristava.
A giudicare dal suo aspetto, la salute era decisamente migliorata: l’incarnato luminoso, gli occhi vivi e gioiosi, la sua figura era colma di giovinezza e di vita, sprizzava di energia e impazienza da ogni poro.
“E’ il momento di andare, lo sento” gli disse “e so che presto ci rivedremo.”
Dall’armadio tolse i vestiti e mise i suoi effetti personali dentro una grande valigia Sulla soglia, diede un’ultima occhiata alla stanza, poi scese la lunga scala e si diresse verso il suo velivolo.
Duke Fleed prese il bagaglio e l’accompagnò fino alla navetta.
“Non vuoi che ti accompagni?” le domandò premuroso.
Lei scosse il capo in senso di diniego e gli fece capire che quell’avventura la doveva vivere da sola.
“Voglio che tu venga a trovarmi quando la fattoria sarà a posto; i miei uomini lavorano sodo, ma deve diventare come voglio io. Il tocco femminile è fondamentale. Ah, dimenticavo una cosa: se vuoi, puoi usare il mio appartamento” gli disse con un sorriso gentile e partì.

Passò una settimana. Il giovane rimase nella casa di Kyra e, durante quel periodo, visitò la stella da nord a sud. Una sera, trovò un messaggio della ragazza.

Daisuke, ti attendo al più presto per ammirare questo luogo d’incanti.
Kyra

Il mattino dopo, Duke Fleed era in viaggio. Non aveva fretta di arrivare, perché il panorama mutava ogni poco, ed era sempre più spettacolare. Dopo aver attraversato una vasta pianura di un verde a tratti mutevole, ecco apparire una montagna innevata, poi una cascata, ruscelli e laghetti. Un altro spazio pianeggiante ricoperto di fiori coloratissimi e piante mai visti prima. Ecco una stretta spiaggia, poi il mare, palme, conifere. In nessun luogo dell’universo aveva ammirato tanta bellezza.

Arrivò alla casa di Kyra nel tardo pomeriggio. La trovò in giardino. Indossava una maglietta chiara e un paio di jeans. Curava l’orto, raccoglieva fiori, mentre il giardiniere strappava erbacce, rastrellava, e più lontano, altri addetti ai lavori finivano di imbiancare l’edificio e sistemare il tetto.
Lei riconobbe subito il suo disco, sorrise, gli fece cenno di saluto con la mano e gli corse incontro.
“Ben arrivato!” gridò festosa. “Puoi parcheggiare in questo lato, che è molto vasto e pianeggiante.”
Si abbracciarono felici, poi lui la osservò con attenzione. Era bella, abbronzata, la sua giovinezza e la buona salute, avevano decisamente prevalso sulla recente malattia; era evidente che in quel posto stava bene e si sentiva realizzata.
“Vieni dentro, ti mostro la casa” gli disse, prendendolo per mano.

Il pianterreno era composto da una sala di medie dimensioni, con un pavimento di granito rosso: dalla porta accanto si entrava in una cucina ampia, luminosa e tutta chiara. Lo spazio era semivuoto, mancava ancora molto per arredarla completamente, ma non mancava dell’essenziale.
Salirono pochi gradini: sulla destra del pianerottolo c’era la camera da letto, sulla sinistra i servizi.
In fondo, una stanza in disordine e piena di mobili: alcuni da restaurare, altri ancora imballati e pezzi di legno tarlato.
“Vorrai certamente lavarti e cambiarti dopo il viaggio: questo è il bagno, qui ci sono gli asciugamani, saponi e bagnoschiuma. Io intanto preparo la cena, tu fai pure con comodo” gli suggerì la ragazza spingendolo dentro una stanza rettangolare con piastrelle bianche per terra e azzurre alle pareti.

Più tardi, stavano entrambi seduti uno di fronte all’altra in un piccolo tavolo quadrato della cucina.
Duke Fleed indossava una camicia azzurro chiaro e pantaloni blu. Kira era bellissima e provocante. Si era leggermente truccata, le labbra carnose erano un invito al bacio, la pelle olivastra emanava vita, calore, sensualità.
Tutti i suoi modi erano provocanti, ma al contempo innocenti: come serviva le portate, il modo di porgere, quando si alzava per prendere qualcosa, dentro quell’abito leggero e senza maniche che faceva indovinare la sua splendida figura.
Entrambi assaggiarono appena le pietanze: senza dirselo, agognavano il momento in cui si sarebbero ritirati nella stanza da letto.
“… vedrai, quello che ti darò stasera, sarà ben diverso di quella notte che abbiamo condiviso quando ero appena uscita dall’ospedale…” disse lei ammiccando con un sorriso malizioso e carico di sottintesi. Nel dirlo, aveva allungato la sua splendida figura sulla sedia, in modo che lui potesse ammirarla meglio, voleva essere irresistibile.
Finita la cena, Kyra chiese alla moglie di uno degli operai di rigovernare, poi con Duke Fleed, uscì un momento nel grande cortile per augurare la buona notte a tutti e ringraziarli di quella lunga giornata di lavoro che avevano condiviso.
I suoi aiutanti abitavano in un’altra ala della casa, con un ingresso indipendente.


Lunghi capelli corvini, ondulati e lucenti, la pelle tesa e scura. I grandi occhi a mandorla mandavano bagliori incandescenti. Tutta la sua figura, il suo essere, emanavano erotismo e sensualità.
Aveva un corpo elegante: serpentino, quasi fragile, ma tuttavia era compiutamente donna.
Di fronte a lei, nella stanza da letto di quella grande tenuta in mezzo alla campagna, Duke Fleed non si stancava di guardarla.
Dalla finestra aperta, la notte stellata di luna piena entrava ed estasiata ammirava quei due giovani che ansimavano, ed erano travolti da un’evidente passione che presto sarebbe esplosa.
Con un gesto quasi impercettibile, Kyra aprì la cerniera laterale del suo vestito, che in un attimo scivolò a terra. La sua nudità era parzialmente occultata da un minuscolo slip di seta e tulle bianco.
Solo il colore era simbolo di innocenza, poichè nulla era lasciato all’immaginazione. Decisamente trasparente sul davanti, anche la seta dietro si era spostata, lasciando coperti solo pochi centimetri di pelle. Ciò si intuiva anche quando era ancora vestita. L’abito di seta rosso a piccoli fiori si adagiava sulla figura, e quell’unico indumento intimo si intravedeva ad ogni movimento durante quella cena carica di sottintesi.
Sensualità, malizia e innocenza di alternavano in un continuo gioco di luci e ombre, in un crescendo sempre più esaltante.
Kyra era semplicemente irresistibile; quando poco prima aveva preparato la tavola, versato il cibo sui piatti, le sue movenze erano eleganti, caste e sensuali ad un tempo.
Aveva piccoli seni rotondi, i suoi capezzoli scuri erano divenuti turgidi e duri come sassolini per l’eccitazione.
Il ragazzo la fissava con occhi dilatati per lo stupore e il desiderio. Aveva buttato sul tavolo la sua camicia azzurra e aperto il bottone dei pantaloni. Si avvicinò a lei lentamente, ma, la sua indole nobile, lo fece abbassare per raccogliere il vestito e posarlo con garbo sulla sedia.
La stanza era illuminata da una decina di grosse candele raggruppate in un angolo sopra ad un tavolo di legno.
Si avvicinarono l’uno all’altra e si baciarono con passione, per poi scivolare nel grande letto e continuare ad amarsi come non ci fosse un domani. La sensualità, la passione dell’una, erano una cosa sola con l’altro. Non erano più due esseri distinti, un uomo e una donna, ma uno solo. Non sapevano più dove iniziava il corpo di lei e le braccia maschili che l’avvolgevano dalla testa ai piedi.
Si sentiva dominata, ma non oppressa da quel giovane che la stava amando senza riserve. Continuarono così per quasi tutta la notte, finchè le palpebre divennero pesanti e il sonno li condusse in un luogo magico, dove il fondersi dei corpi, amarsi, il piacere, non avevano mai fine.

Il sole del mattino inondava la stanza. Appena alzata, Kyra aveva fatto una veloce toilette, poi si era recata in cucina per la colazione. Seduto sul letto, Duke Fleed abbracciava con lo sguardo tutta la scena.
La raggiunse e l’attrasse a sè, mentre posava le labbra sulla nuca di lei, su quei folti capelli ancora spettinati.
“Ohh, ben alzato!” gli disse voltandosi e ricambiando il bacio.
“Sei bella…” sussurrò osservandola con occhi languidi e malinconici.
Lui indossava una camicia chiara e dei pantaloni blu; Kyra una camicetta bianca a fiori, un paio di vecchi jeans strappati e scoloriti.
Mangiarono in fretta, poi si recarono verso le stalle, e salirono a cavallo. Volevano visitare la tenuta e il territorio circostante. Il clima era mite, soffiava una lieve brezza e con sé portava una folata di mille profumi.
Dopo oltre un’ora di viaggio, si fermarono presso un ruscello per far abbeverare gli animali e riposare.
Nelle loro iridi si specchiava l’intero panorama, insieme alla passione bruciante che avevano consumato la notte prima e che ancora faceva loro tremare le vene.

Restarono in silenzio per qualche minuto, poi lui le prese la mano, la fissò negli occhi e le disse: “Kyra… ormai siamo rimasti soli al mondo… vuoi dividere la tua vita con me?”
Lei sentiva il calore e la forza di quella mano maschile, il suo animo ferito dalle tragedie della guerra, ebbe un attimo di sollievo. Guardò lontano, oltre le colline, poi gli rispose dopo un lungo sospiro abbassando un poco lo sguardo.
“Daisuke, sai bene quello che mi è accaduto. Io non posso avere figli, e tu hai tutto il diritto ad un erede. Ora credi sia tutto perduto, ma so molto bene che, nella vita, prima o poi il cerchio si chiude e tutto torna al punto di partenza, e anche ciò che appariva impossibile, col tempo diventa realtà.”
La guardò sorpreso. Non capiva bene il senso del suo discorso, ma lei lo prevenne.

“Quando avevo circa dieci anni, una notte venni svegliata da una luce irreale. La seguii e mi portò dentro la stanza di mia nonna, che stava morendo. Lei mi aspettava, io mi sedetti sulla sponda del letto e aspettai trattenendo il respiro.

Kyra, io sto andando in un’altra dimensione, quindi dò a te il dono della chiaroveggenza.

Dal cassetto del comodino prese un foglio ingiallito dal tempo, dove c’erano disegni mai visti e parole strane. Le leggemmo insieme, mi disse di tenere quel foglio per tre notti sotto il guanciale, e alla prima notte di luna piena, buttarlo nel lago dove andavo sempre a giocare e nuotare con le mie amiche. Poi chiuse gli occhi per sempre.
Mi rendevo conto che tutto ciò era insolito e misterioso, ma lo vivevo come un fatto quasi normale.
Continuai la mia vita di sempre, a volte facevo sogni premonitori, in altri momenti brevi flash di qualcosa che sarebbe avvenuto. Se ero sola, sentivo chiara e distinta una voce che presto spariva, ma non sempre capivo tutte le parole.
Questo dono è cresciuto nel tempo, man mano che diventavo donna.
Non l’ho amato né disprezzato, non ho fatto niente per svilupparlo, so che fa parte di me, è un’estensione della mia personalità. Mai ne ho fatto cenno ai genitori, né mi sono confidata con un’amica. Tu sei il primo al quale dico questo, e se lo faccio, è perché so che è mio dovere. Mi hai appena fatto una proposta alla quale fatico molto a resistere, vorrei restare sempre con te, ma so molto bene che non è questo il nostro destino. Io vedo che, fra non molto, tu non sarai più un pellegrino tra stelle e pianeti. Ti fermerai in un luogo molto bello, con tanto blu, e incontrerai persone amiche, dall’animo buono e generoso. Non sarà per te semplice arrivarci, ma lì inizierai una nuova vita.”

Kyra tacque e fissò Duke Fleed negli occhi. Non poteva dirgli che, dopo un periodo relativamente lungo di tranquillità, la guerra con Vega sarebbe ricominciata. Sapeva bene che lui non lo avrebbe accettato. E come dargli torto? Ma vedeva anche che, dopo la lunga ed estenuante lotta, il tiranno sarebbe stato sconfitto per sempre e il loro pianeta di origine tornare in vita in modo sorprendente e inaspettato.

E per lei, cosa vedeva? Un uomo dalle tempie grigie, che avrebbe compensato la mancanza di passione e sensualità appena vissuta con quel principe in esilio, con una grande nobiltà d’animo, generosità verso il prossimo, e rispetto per lei. I ricordi dei momenti di passione l’avrebbero accompagnata sempre, calmato in parte la sua innata vivacità, e, nel buio della notte, al posto di quell’uomo pacato, colto e riservato, avrebbe immaginato l’altro.
Avrebbero vissuto per molti anni in quella grande casa, viaggiato, condiviso interessi; e un tardo pomeriggio di fine estate, quando i colori della natura diventano dolci e languidi, lo spirito di lui sarebbe volato in cielo, mentre stava seduto sulla poltrona davanti al camino acceso con un libro letto solo a metà, scivolato lentamente a terra.
Sapeva che quel luogo sarebbe divenuto un punto d’incontro per molti turisti; era pieno di stanze da affittare, non avrebbe sofferto di noia e tristezza nel secondo capitolo della sua vita.

“Ma sei sicura? Può essere che anch’io sia nelle tue stesse condizioni circa la sterilità. Per mesi ho combattuto su Fleed, ho respirato vegatron, sono stato gravemente ferito…” le disse prendendole entrambe le mani. “E io conosco te, stiamo bene insieme.”
“Ora torniamo a casa. E’ quasi ora di cena. Resterai qui ancora per alcuni giorni, e voglio rivivere notti di passione con te” gli disse appoggiandosi a lui. Già fremeva di desiderio.
Sì, lo desiderava con tutta sé stessa, perché sapeva che quei momenti non sarebbero tornati mai più, e lei voleva ricordarli, riviverli con gli occhi della mente per sempre, rievocarli nel tempo, arricchirli di particolari immaginari.
La vita le aveva fatto un regalo meraviglioso.

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“Raggio Antigravità’!”
Il getto di luce multicolore gettato da Goldrake contro il Dragosauro, spinse con forza il mostro marino, ormai pesantemente ferito, addosso alla lama ciclonica lanciata da Alcor con precisione e sincronia perfetta.
Un mostro dalle enormi dimensioni, ovale, una bocca grande quasi come il suo corpo e con lunghi denti aguzzi. Ai suoi lati, aveva due draghi che sputavano fuoco.

“Raggio Super Getta!”

La formula di quest’arma era stata inviata dal dottor Saotome, quando aveva saputo dell’arrivo di quel mostro, e ora, dallo schermo, osservava l’estenuante duello.
“Alcor, tieniti pronto con la coppia di missili da lanciare in attesa dell’arrivo di Venusia. Con questo orrendo e potentissimo mostro marino, temo che la battaglia si risolverà nel suo elemento” disse Procton dal Centro di Ricerche. “Tu Actarus, nel frattempo usa la Spada Diabolica che ci ha mandato il Dottor Kabuto.”

Stavano combattendo da oltre un’ora. Era un misterioso animale preistorico, sopravvissuto non si sa come negli abissi degli oceani. Da giorni stava seminando panico divorando enormi quantità di petrolio in giro per il pianeta, finché non si era diretto verso Tokyo.
Kabuto, Saotome e altri scienziati del Giappone, appena saputo della cosa, non avevano esitato a dare armi, preziosi consigli, aiuti di ogni genere. Ora stavano incollati sullo schermo, ed erano in apprensione, dato che non avevano potuto inviare in soccorso nessuno dei loro piloti: alcuni erano lontano e non rintracciabili, altri non si trovavano in condizioni di combattere: sia per il loro stato fisico, sia la precarietà dei loro robot, i quali avevano bisogno di molti aggiornamenti e manutenzioni circa le armi difensive.

Il Delfino Spaziale era sotto le mani esperte dei tecnici di Procton: aveva qualche problema in termini di velocità, inoltre andava rinforzato con armi nuove e distruttive.
Finalmente il velivolo fu pronto e, senza esitazione, Venusia si lanciò nello spazio.
“Eccomi!” gridò la ragazza appena vide Goldrake e Goldrake2 sopra l’oceano.
“Venusia! Preparati per la manovra di aggancio! Dobbiamo spingerlo sott’acqua” le disse Actarus.
“Sono pronta!”
“Alcor! Lancia una tripla coppia di missili sulla testa del mostro, dobbiamo fare in modo di affondarlo.”
I missili gli perforarono gli occhi e squarciarono la fronte. Il Dragosauro affondò negli abissi.
Il Delfino era già agganciato a Goldrake, quindi lo seguirono sott’acqua.
“Non lo vedo più” disse la ragazza.
“Lancia la lama ciclonica verso quel gruppo di alghe.”
Il mostro si era nascosto lì, infatti: la lama quasi gli troncò la testa, ma era molto grossa e lui non dava veri segni di cedimento.
“Venusia, lancia i missili per due volte di seguito, poi Actarus lo colpirà con l’Alabarda Spaziale e dopo tu ancora la lama ciclonica nello stesso punto dove ha colpito adesso” disse Procton.
“Bene! Missili ciclonici!”
“Alabarda spaziale!”
L’enorme mostro marino venne quasi tagliato in due, mentre il secondo intervento di Venusia gli troncò la testa definitivamente.
“L’abbiamo distrutto! Alcor! Ci sei?” chiese Actarus.
“Sì, siete stati grandi!!
Durante quell’operazione, Alcor era rimasto sospeso in cielo e a tratti era riuscito a vedere qualcosa del combattimento.
Quella parte di oceano, era un’enorme distesa di liquido rosso e verde; i resti del Dragosauro riemersero lentamente dal fondale marino.

Procton e i collaboratori erano visibili sul grande schermo. Anche se ormai il pericolo era passato, sui loro visi era evidente la grande preoccupazione vissuta durante quella lunga battaglia.
Anche Kabuto e Saotome, dalle loro basi, avevano seguito tutto, ed ora erano esultanti e felici.

“Torniamo a casa” disse Alcor.
“Noi passiamo dalla parte opposta, dobbiamo finire il giro di perlustrazione” disse Actarus, mentre il Delfino Spaziale si sganciava dal robot.
“A dopo, allora.”


I due giovani volarono nel cielo limpido senza parlare, poi atterrarono su una pianura in prossimità di una grotta. Scesero dai velivoli, ed entrarono per osservarla. Era in tutto e per tutto molto simile ad un’altra grotta, quella in cui Venusia aveva saputo che Actarus era un alieno, l’aveva conosciuto per ciò che era e, benchè nessuno l’obbligasse a farlo, aveva deciso di restare sulla Terra per difenderla anche a costo della sua stessa vita.
“Potevi andare dove avresti voluto col tuo mezzo: l’universo è pieno di stelle pacifiche e senza guerre, ma sei rimasto qui. Sei rimasto con me. Con noi. Te ne sono infinitamente grata”, gli disse Venusia fissandolo negli occhi tremanti di commozione.
Lui le prese entrambe le mani e le baciò con devozione e rispetto.
“Tu hai sempre capito tutto, mi sei sempre stata vicino, anche nei momenti più difficili, mai ti sei tirata indietro di fronte al pericolo. Venusia, tu sei la persona più importante della mia vita” le disse con calore, fissandola negli occhi.
E infine, fu naturale per loro conoscersi fino in fondo. Senza dirselo chiaramente, da tempo avevano progettato la loro prima notte d’amore in una stanza del Centro Ricerche, dato che spesso, per paura di un improvviso attacco veghiano, Venusia si fermava lì.

Ma i grandi avvenimenti della vita, specie quelli amorosi, sono molto più belli e sentiti se improvvisati, o meglio, lasciati nelle mani del fato, del destino, dallo svolgersi degli eventi.
La voce alta e minacciosa di Rigel che non voleva la figlia frequentasse quel ranchero, era da tempo immemore, un eco sempre più lontana e indistinta.
Anche suo padre aveva fatto un enorme passo di evoluzione dentro di sé, ed era stato fondamentale nell’insistere che la figlia partecipasse alla guerra contro Vega. La stimava molto e teneva alla sua realizzazione. Così era stato per Mizar, anche se in modo più impercettibile; lui era sempre stato molto più maturo per un ragazzino della sua età, e lo aveva dimostrato in varie circostanze.

Il giorno in cui Venusia aveva conosciuto la vera identità del ragazzo che amava, senza che lei lo sapesse davvero, era stata fondamentale perché lui in quel frangente riprendesse i sensi, si rialzasse dall’acqua, attaccasse il mostro per distruggerlo definitivamente. L’acqua: il punto debole di Goldrake.
Procton aveva visto giusto nel progettare il velivolo per Venusia: agganciandosi al robot, insieme potevano scendere negli abissi più profondi e attaccare il nemico senza paura.
E poi c’era la ferita mortale al braccio: ad ogni attacco, il giovane peggiorava sempre di più e lei lo sapeva. Taceva e soffriva in silenzio. Una notte, dopo una battaglia terribile contro un mostro veghiano, lei era rimasta al Centro. Actarus si era buttato sul divano quasi privo si sensi, lei si era messa di fianco a lui e aveva posato le sue fresche e giovani labbra sopra quella ferita febbricitante. Se il suo amore avesse potuto guarirlo… pensava. Non era forse così, quando da bambini si cadeva facendosi male? Il bacio della mamma sulla parte ferita guariva dolore e paura.

Il sole stava tramontando dietro una collina, e i suoi raggi, caldi come olio e dolci come l’infanzia, abbracciarono i due giovani che si accingevano a partire.
I loro occhi riflettevano ogni momento appena vissuto, si guardavano senza parlare.
Tornavano al ranch, al centro ricerche, alla loro casa, dai familiari, dagli amici. Sapevano bene, dentro il loro cuore, che niente e nessuno li avrebbe mai più divisi.



FINE

Edited by .Luce. - 17/1/2023, 11:11
view post Posted: 20/10/2021, 13:38 by: .Luce.     +1Ricomincio da me - Benvenuti & Compleanni
SONO E SARO' SEMPRE LUCE - NON MI SERVE ALTRO

Ciao,
devo dire alcune cose che ho dentro da tanto, spero mi comprendiate.
Io mi ero iscritta nel 2016, poi in quell'anno per una serie di motivi smisi di scrivere qui dopo alcuni mesi.
Un giorno, un utente che da tempo aveva smesso di postare nel forum, aveva letto un mio commento e per email mi scrisse il giorno stesso:"lasciali perdere, non sono sinceri... perdi il tuo tempo, sono in malafede."

Purtroppo mi lasciai convincere e mi rendo conto di avere sbagliato, perchè se voglio smettere di scrivere in un forum lo devo decidere io.
Ho sbagliato. Però sentivo molto la vostra mancanza, volevo scrivere ancora qui, allo stesso tempo non mi andava di sentirmi ancora dire da quella persona che sprecavo il mio tempo.
Allora decisi di diventare un'altra, perchè davvero sentivo nostalgia.
Dopo otto mesi dall'iscrizione, pensai di postare alcune storie, le quali vennero accolte con grande entusiasmo.
Non voglio più fingere, non ha senso, però ringrazio molto le utenti per i commenti bellissimi che mi hanno scritto.
So quasi per certo che fossero state postate a mio nome, magari sarebbe calato il silenzio, ma di questo non ne faccio una colpa a nessuno, perchè sono sicura che sarebbe successa anche a me la stessa cosa.

Ho deciso che tutti i miei scritti devono stare nella mia galleria, devo essere IO e non avere più paura di niente.


Voglio che sia chiara una cosa però: MAI ho pensato di scrivere storie in questa maniera perchè così avrei avuto consensi, col mio nome forse no, eccetera. NO! Io ho atteso ben otto mesi prima di scrivere e inizialmente non pensavo nemmeno di farlo.
Non è una presa in giro nei confronti di nessuno, ma ho avuto una grande confusione, nostalgia, rimpianto, dolore immenso per la perdita di una persona cara, ingiustizie sociali e giudiziarie, e altro che non saprei dire, unito a poca e nulla esperienza dei social in genere.

JZEHIzk

Edited by .Luce. - 12/3/2022, 06:02
view post Posted: 25/8/2021, 17:31 by: Annushka18     +1Luce's fiction gallery - commenti - Fan Fictions
Che simpatica la fatina dei cuori infranti! Ecco un punto di vista davvero insolito sulle vicende dei nostri eroi! La fatina con ambizioni da consulente del lavoro, che per sbarcare il lunario si adatta a fare la consulente sentimentale mi ha fatto sorridere sinceramente :) . Complimenti per l'idea originale e la leggerezza del racconto!
view post Posted: 11/8/2021, 18:06 by: Riccardue     +1Avvistato maglio perforante in Toscana - Goldrake Saga
Utenti del forum toscani ne abbiamo?

Guardate un pò cosa è apparso su una collina a Fonteblanda, nei pressi di Collecchio (in maremma) ...

braccio-goldrake-2021-244613
*_* *_* *_*

Tutto vero!! A saperlo prima magari organizzavo le vacanze da quelle parti per farci un salto, mannaggia...

Chi sta da quelle parti non se lo perda e ci faccia un nutrito report fotografico (con tanto di selfie ovviamente) !!

Fonte e tutti i dettagli qui:

https://www.ilgiunco.net/2021/08/11/sulla-...EKFSbk4hmB7r4Q8

Grazie a maxnik per la segnalazione su fb!

(e scusate se è già stato postato in altro thread, ma a occhio non avevo trovato niente...)

Si comincia con un braccio e poi chissà, magari un pò alla volta emerge anche tutto il resto... :dribble:
view post Posted: 27/7/2021, 19:48 by: H. Aster     +1Luce's fiction gallery - commenti - Fan Fictions
Niente blog per 5 settimane?
E come fa a vivere, porello? :rotfl:

Scherzi a parte: può essere che abbia giudicato venendo influenzata dal sapere certe cose della tua vita privata. Non ci sarebbe nulla di strano, visto che tendo a considerare autore e opera come un tutt'uno. Rileggendo adesso, in effetti l'impressione è diversa. Mi auguro anch'io che non ci siano pregiudizi: naturalmente un lavoro può piacere o meno, possiamo sentirci più in sintonia con X che con Y, ma farci giudicare a priori una persona, no, questo IMHO non va assolutamente.
view post Posted: 27/7/2021, 16:02 by: H. Aster     +1Luce's fiction gallery - commenti - Fan Fictions
Uuuh... ricordo questa tua ff del 18. Di acqua ne è passata, sotto ai ponti. Per fortuna, aggiungo, dato che all'epoca c'erano parecchi malintesi a rovinare i nostri rapporti. In particolare, c'era parecchia zizzania gettata da un ex non compianto utente. Confesso che la prima volta che lessi questa storia provai un certo gelo: non e facile vedersi attraverso gli occhi di chi non ha simpatia per te (l'ex utente, intendo! Il seminazizzania! Non tu, Luce!).
Poi la zizzania è stata estirpata, tante cose si sono chiarite, siamo diventate amiche e rileggere il tutto adesso mi ha dato un certo buonumore. :)
Però... a parte il fatto che io non tollero lo zucchero nel caffè, oltretutto rigorosamente deca... beh, è vero che ho (abbiamo) pestato parecchio la principesca bietola, ma non è la sola cosa che ho (abbiamo) fatto...

...c'è pure la triturazione di Yabby... :innocent.gif:

Come siamo cattivi.:rotfl:

Grazie per questo momento di buonumore che mi hai regalato, cara. Ne avevo davvero bisogno. :wub:
view post Posted: 26/7/2021, 14:51 by: Gettinger     +1Ricomincio da me - Benvenuti & Compleanni
Sono esperienze, emozioni che tutti a quell'epoca abbiamo avuto, lo vedevo dai miei compagni/e di scuola, dalle cugine, dagli amici.
È il bello di aver vissuto QUEGLI ANIME in QUEGLI ANNI favolosi.
Oggi non sarebbe possibile.
Io ero attirato da Maria Fleed, non so perché Venusia, Jun e Miwa non mi dicevano nulla....
Candy era un fenomeno che travolse tutto: persino mia zia la seguiva insieme a mia cugina, della mia stessa età.
Giornate passate a disegnare quei personaggi, a guardare quelle serie, gli album di figurine (quello di Candy ce l'ho ancora, completo!!).
Ricordo le ragazze a scuola avevano diari segreti su candy e li tenevano sotto il banco, un giorno noi maschi facemmo sparire tutto, successe un casinooo!!!!

Edited by Gettinger - 26/7/2021, 16:03
view post Posted: 26/7/2021, 14:17 by: H. Aster     +1Ricomincio da me - Benvenuti & Compleanni
Brava. Coraggiosa a scrivere di quel che ti ha fatto soffrire. Tanti sottovalutano le sofferenze dei bambini e dei ragazzi, dimenticandosi di quanto si poteva star male per una parola, una risata ironica, un rifiuto; o quanto fossero intensi, e potessero davvero far soffrire, gli innamoramenti per l'attore, il cantante o, appunto, il personaggio degli anime. Si tende a liquidare, "cose da ragazzi"; ma i ragazzi sono ipersensibili, e non dar loro il minimo peso è contribuire a far del male.
Mi spiace solo che tua zia non abbia battuto ciglio sapendo che sua figlia ti aveva fatto soffrire. Comunque, hai avuto la tua rivincita: hai pubblicato i tuoi libri, hai il tuo blog, hai chi ti vuol bene e ti apprezza. Vai avanti, e a testa alta. :wub:
view post Posted: 7/7/2021, 21:54 by: Delari     +1esperienze musicali passate e presenti - Il Manicomio
Domani canto in pubblico per la prima volta dopo... 20 anni? È anche la prima volta che canto una canzone da sola.

Se avete un attimo, auguratemi in bocca al lupo... :via:
view post Posted: 6/7/2021, 06:05 by: Althea     +1Addio a Raffaella Carrà - NewsNet
Mi spiace immensamente.
E' stata un'icona della tv italiana <3
756 replies since 21/3/2016