Cominciamo subito con una bella polemica.
Festival al via con un brano «scomunicato»E già si respira aria di polemica. Il vescovo Careggio boccia «Peccati di gola»: troppo sesso, che esempio diamo ai giovani?SANREMO — Cinquantasette anni dopo, è ancora Festival. Questa sera Pippo Baudo e Michelle Hunziker aprono su Raiuno l'evento più popolare dell'Italia televisiva: venti cantanti «big», 14 giovani, e fino a sabato prossimo — crisi di governo o no, benzina alle stelle o meno — una gran fetta del Belpaese trasloca in Riviera. Con il «Dopofestival» quotidiano, condotto da Piero Chiambretti, che promette scintille. Intanto, una prima scintillina c'è già. E profuma insieme di zolfo e incenso, nascosta fra le note. «Nun è peccato», diceva una famosa canzone nata a Napoli. «Si 'sta vocca desidera 'e vase...nun è peccato!»: «se questa bocca desidera dei baci, non è peccato...». Ma se invece, in quella bocca «sfrizzola la lingua, che acquolina ho?».
Così dice un'altra canzone, nata a Sanremo e non a Napoli, firmata Patrizio Baù, per la musica, e Maurizio Bernacchio, per il testo. Dice anche molte altre cose, come «E dammela la mela/ sai quanto mi fa gola/ se la mangi sola/ che gusto ci sarà». La mela, Adamo, Eva: memorie e richiami delicati. E allora sì, che il tutto può essere «peccato». Almeno piccolo, veniale, e almeno per il vescovo di qui: «Beh, come si fa a usare queste parole, o a dire "in amore è naturale/ liberare l'animale?" — sbotta Alberto Maria Careggio, vescovo di Ventimiglia e Sanremo, già amico personale e compagno in tante passeggiate alpine di Giovanni Paolo II, nonché co-autore del libro «Giovanni Paolo II, l'uomo delle alte vette».
«Come si fa a cantarle? E poi ci lamentiamo se i ragazzini fanno alle loro compagne certe cose, e si passano le immagini sui cellulari... Se i ragazzi non hanno dei valori, dei principi. Che esempio gli diamo, da un palcoscenico così? Io vengo da tre anni qui al festival, mi piace la musica soprattutto quando veicola dei buoni messaggi, e anche quest'anno sono invitato, per mercoledì. Ma se quella sera, come sembra, ci sarà questa canzone nel programma, penso che me ne resterò a casa. Sarei imbarazzato, a star qui ad ascoltare. E mi meraviglia molto che una persona che mi dicono di buona cultura e sensibilità, anzi un professore di scuola media che insegna proprio a dei ragazzi, venga a cantare certi versi».
Il professore, naturalmente di musica, non è altri che Patrizio Baù, anni 34, nato in Svizzera da emigrati veneti, diploma di chitarra classica al conservatorio e co-autore di «Peccati di gola», che ha definito così: «indefinibile». Cioè «canzone popolare fra pop ed elettronica», centrata sull'«ambiguità» fra due peccati deliziosi, l'Eros e la gola, il letto e la cucina, l'orgasmo e la scorpacciata, donna Beatrice e Monica Lewinsky. Con qualche sillaba di libera, diciamo così interpretazione, e non proprio femminista: «Una donna sul cuscino/ come panna sul budino/ ti condanna ad un destino/ di golosità». «Sfizia la mia schiena col calore dei delle mani e dei sederi...E alza la sottana/ E apri la persiana/ Che figlia di p..../ La femminilità/ E mordila la mela/ Golosa nella gola/ succosa ti consola/ che gusto che mi dà...Spizzica le labbra e non potrai più dire no».
Invece «no» lo dice il vescovo, e con gentile indignazione: «Insomma, uno dovrebbe capire che quando canta davanti a centinaia, anzi a milioni di persone, di tutte le età, ha una certa responsabilità, offre un certo esempio». Diciamola tutta: dovrà andare a confessarsi, il professor Baù? «Beh — sorride il vescovo — prima di andarsi a confessare, uno si pente. Se non si pente, non va a confessarsi. Lo chieda a lui. Invece, ecco, mi piacciono molto i testi di Concato e Cristicchi. Anzi, lo vede questo signore? La sua canzone sì, che mi piace, e dice qualcosa di importante».
«Questo signore», al quale il vescovo stringe calorosamente la mano, è Carrisi Albano noto Al Bano, anni 63, 11 Festival, cantore di «Nel perdono»: canzone rivolta a Dio, «dal quale più ci allontaniamo e più diventiamo bestie». Come dire: l'esatto contrario di «in amore è naturale liberare l'animale». Adamo-Baù, Eden-Sanremo, manca solo il diluvio.
Fonte:
CorSera