| Ultimo cattivo rimasto, ultima ff. Fatemi sapere qualcosa, per favore...
A TESTA ALTA
Il dolore era spaventoso, ma non era nulla in confronto al tormento che l’invadeva. In tutta la sua vita, lui aveva sempre servito fedelmente il suo re. L’obbedienza a Sua Maestà era stata per lui un punto d’onore. Hydargos aveva inseguito i vantaggi personali; Zuril aveva eseguito i suoi compiti per puro interesse scientifico. Lui, Gandal, aveva sempre creduto con tutto sé stesso nel suo sovrano, nella giustezza della loro causa. Mai Re Vega aveva avuto motivo di lagnarsi di poco zelo da parte sua. Mai nessuno era stato sfiorato dall’idea che il Comandante Gandal sarebbe venuto meno al suo signore. Fino ad ora. Un’irosa vergogna l’invase. Sua moglie, la sua controparte… peggio ancora, il suo altro sé stesso… aveva osato tradire Sua Maestà. Era arrivata persino al punto di tentare d’ucciderlo, sparandogli. Una vita di dedizione assoluta… e ora… questo! Gandal serrò le mascelle, e subito il dolore gli s’irradiò nel cranio. Vacillò, e dovette appoggiarsi ad una parete per non cadere. Sua moglie aveva urlato di rabbia, quando s’era resa conto che lui non era fuori combattimento come lei aveva creduto. Gandal aveva ripreso il controllo della metà sinistra del corpo – il loro corpo – e aveva afferrato la mano con cui lei stringeva la pistola. Avevano lottato, ma naturalmente lui era più forte. Lady Gandal aveva urlato ancora, stavolta di terrore, quando lui le aveva puntato l’arma contro il viso, mirando all’occhio. – Chi tradisce non merita di vivere! – aveva gridato Gandal; e aveva sparato. Contro la moglie. Contro sé stesso. Aveva giustiziato la sua donna, ma si era anche condannato a morte: non avrebbe potuto sopravvivere a quell’orribile ferita, nemmeno le tecnologie più avanzate avrebbero potuto salvarlo. Del resto, lui stesso non desiderava più vivere: non con quella tremenda vergogna ad insudiciare la sua carriera di fedele soldato. Ora, con l’orbita vuota medicata e fasciata, imbottito di analgesici per sedare almeno in parte lo spaventoso dolore, Gandal stava dirigendosi verso la sua nave. Avrebbe decollato un’ultima volta, lui solo, e avrebbe affrontato in un duello finale il loro nemico. L’aveva giurato a Re Vega: non avrebbe potuto fare altro, per redimersi. Gandal vacillò, infilandosi velocemente nell’ascensore che l’avrebbe portato di sopra, all’hangar. Al riparo da sguardi indiscreti, poté finalmente appoggiarsi ad una parete, premendosi la mano sul viso che pulsava dolorosamente. Aveva ripreso a sanguinare: nonostante la loro indiscussa abilità, i medici non avevano potuto stagnargli la ferita. Aveva poco tempo ancora da vivere… doveva fare presto. Ripensò a lady Gandal… Come hai potuto farmi questo? Negli ultimi tempi aveva percepito la sua paura: sapeva che lei non voleva morire – del resto, chi di loro avrebbe voluto essere sconfitto? Mai però avrebbe pensato che lei sarebbe giunta a tanto pur di sopravvivere… chinarsi davanti al loro peggior nemico… tradire il sovrano, il loro stesso popolo… i soldati… I soldati. Gandal sentì contrarsi lo stomaco. I suoi soldati, i suoi ragazzi che avevano sempre avuto fiducia in lui, il loro Comandante… cos’avrebbero detto, quando avessero saputo cos’era successo nell’appartamento privato di Re Vega? Cos’avrebbero pensato, di lui? L’avrebbero deriso, disprezzato, maledetto… Era un incubo anche peggiore. A modo suo, Gandal era affezionato ai suoi uomini, quei fedeli esecutori dei suoi ordini, e loro erano affezionati a lui… o meglio, lo erano stati. Adesso, tutto era cambiato. Lui non era più il loro valoroso Comandante… lei l’aveva rovinato… Maledizione! Questo non te lo perdonerò mai! Forse, pensò poi, speranzosamente, forse non l’hanno ancora saputo… è appena successo, può darsi che la notizia non sia trapelata. Non potrei sopportare il loro disprezzo… non ora. Le porte dell’ascensore scivolarono silenziosamente di lato. A fatica, Gandal si rimise in piedi. Qualcosa prese a scorrergli lentamente giù per viso. Gandal si portò la mano alle bende: sangue. La ferita si era riaperta. Fece un passo, e una violenta vertigine lo colse. S’appoggiò con le mani alle pareti dell’ascensore e barcollando si costrinse ad uscire nell’hangar… File e file di soldati l’attendevano, immobili e silenziosi, i fucili al fianco. Gandal impiegò un paio di secondi per comprendere in pieno quanto stava vedendo. Erano tutti lì… lo aspettavano… volevano vedere quell’individuo coperto d’infamia che era stato il loro Comandante. Lo sanno. Gandal prese fiato. Non era uomo da ritirarsi davanti al pericolo. Avrebbe affrontato anche questo. Si raddrizzò, squadrò le spalle, alzò la testa. Siete venuti per vedermi? Guardatemi, allora! Si costrinse a muovere un passo, un altro… le gambe parevano fatte d’acqua, avrebbero potuto cedere da un momento all’altro. I piedi esitavano ad ogni passo, ma lui continuò ostinatamente a camminare. Era il Comandante Gandal. Aveva avuto ai suoi ordini interi eserciti. Poteva bene dunque imporsi a sé stesso, a quel suo corpo ferito e morente… I soldati tacevano. Centinaia di occhi erano fissi su di lui. Dietro i cappucci, non era possibile vedere le loro espressioni… biasimo? Derisione? Compatimento? Va bene, divertitevi. Disprezzatemi! Gettatemi addosso il vostro rimprovero! Non m’importa! Gandal continuò lentamente a procedere. Si sentiva svenire, ogni passo era un martirio, ma avrebbe continuato. Sarebbe morto, piuttosto che cedere… ancora qualche passo… era ormai a metà strada… così, testa alta e spalle dritte, anche se sentiva la vita scivolargli via ad ogni istante… Le file dei soldati oscillarono leggermente. Gandal gettò un’occhiata ai loro fucili. Cosa volevano? Giustiziarlo loro stessi? Avevano deciso di non lasciargli nemmeno quell’ultima possibilità di riscatto? Strinse i denti. E va bene. Uccidetemi. A questo punto, non m’importa più di niente! – Viva il Comandante Gandal! Trasalì come se l’avessero frustato. Era stato un grido solo a squarciare quel silenzio così pesante… un grido solo… ma… – Viva il Comandante Gandal! Viva il Comandante Gandal! Le grida si ripeterono, dapprima solitarie e poi sempre più forti e decise, culminando in un boato che parve travolgerlo. I soldati gridavano, battevano ritmicamente i loro fucili a terra per salutare un’ultima volta il loro Comandante. Incredulo, Gandal scorse con l’unico occhio che gli era rimasto quelle file che lo acclamavano. Non disprezzo, non pietà… erano ancora i suoi uomini, e gli volevano bene. Senza fiato, annichilito per lo stupore, Gandal rimase immobile mentre attorno a lui i soldati continuavano ad urlare… Sentì qualcosa dentro di sé… qualcosa che non aveva mai sentito prima… qualcosa che s’infrangeva, ma che non gli faceva male, tutt’altro… un’ondata di calore s’irradiò in quel suo corpo straziato, e Gandal si ritrovò a sorridere. Assurdo: stava morendo, stava partendo per una missione da cui non sarebbe mai tornato, e si sentiva assurdamente felice… Devo essere impazzito, pensò. Ma è una pazzia meravigliosa. Alzò lentamente un braccio per ringraziare, e a poco a poco le urla calarono fino a cessare del tutto. Gandal scorse lo sguardo sui suoi uomini: erano pochi, ormai. Tanti, erano caduti sotto i colpi di Duke Fleed, tanti… ma i rimasti erano tutti lì, per lui. Forse loro si aspettavano una parola, da lui. Gandal cercò qualcosa da dire, ma non trovò nulla. Non c’era nessun termine che potesse esprimere quello che provava in quel momento… ogni frase sarebbe sembrata trita, ridicola… Lui e i suoi uomini si erano sempre capiti. Si compresero anche quell’ultima volta. Gandal abbassò il braccio, riprese a camminare verso la sua nave, accompagnato ancora dalle acclamazioni dei soldati. Il sangue gli scorreva liberamente giù per il viso, l’andatura era un po’ vacillante; però non era un orgoglio rabbioso a fargli tenere così alta la testa, e non era una commedia il sorriso che gli piegava le labbra. Tra le urla, salì la passerella della sua nave, e si fermò un’ultima volta a guardare i suoi uomini; poi, lentamente alzò una mano in segno di saluto, e le grida parvero centuplicarsi. Il sorriso di Gandal si fece più aperto. Stava per partire per una missione suicida. Non sarebbe mai più tornato. Non ci sarebbe più stata vita, per lui. Non gl’importava. In quel momento, si sentiva in trionfo.
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