Siccome i prossimi giorni sarò via, posto i due capitoli che avrei dovuto mettere sul web la settimana prossima. Non sono lunghi, ma intensi pure questi.
17.Il prato si stendeva davanti a loro, un intero mondo verde in movimento. Sospinte da una leggera brezza, le corolle multicolori dondolavano nel sole.
Naida trattenne il respiro per la meraviglia. Quasi non osava muoversi, gli occhi persi in quella magnificenza di colori… fiori bianchi, rosa, azzurri, gialli, rossi. Non poteva crederci.
Gli occhi le si riempirono di lacrime, mentre cadeva in ginocchio a braccia aperte, quasi avesse voluto abbracciare tutta quella bellezza… poi alzò la testa, guardò Actarus che l’osservava in silenzio ed accennò con un gesto ai fiori: – Non credevo che avrei mai visto una cosa simile… non dopo che Fleed…
– Un giorno su Fleed ci saranno ancora fiori – Actarus sedette accanto a lei. Non molto tempo prima, su quello stesso prato Alcor aveva discusso con Zuril, e tutto sommato ne era uscito perdente: – Naida, ho saputo che è possibile riportare Fleed alla vita. Mi capisci? Riavremo il nostro mondo!
Naida si chinò ad annusare un fiore; ma era una margherita, e non aveva odore. – Chissà quando, e se, succederà, Duke.
– Zuril dice che è possibile.
– Sì, certo – Naida scosse all’indietro i lunghi capelli – Ma ci vorrà tempo, molto tempo.
– Ho bisogno di sapere quanti abitanti di Fleed sono ancora vivi.
Naida scosse il capo, evitando il suo sguardo: – Non so. Uno schiavo ha vita breve, su Vega. C’erano altre donne prigioniere con me, ma non ho mai potuto sapere che ne è stato.
Actarus la guardò. – Tu sei sopravvissuta.
Naida si morse le labbra: – Ho avuto fortuna.
Un attimo di silenzio pesante.
– Va bene! – scattò lei – Sono la schiava di Hydargos. Vivo e vado a letto con lui da anni. È questo che volevi sapere?
– Naida, mi spiace…
– Non dovresti, invece. Hydargos è stato molto buono, con me. Se sono viva e in salute, lo devo solo a lui.
– Ma ti ha… ti ha…
– “Violentata” non è il termine giusto – rispose lei, secca – Io ero d’accordo. Lo sono sempre stata. Avrei fatto qualunque cosa, purché lui non mi facesse del male. Lui voleva una donna da portarsi a letto, e io gli ho dato quel che desiderava.
– Mi spiace…
– L’hai già detto. Ma ti ripeto, Hydargos è stato molto buono con me. Non mi avesse comprata lui, sarei finita chissà come, magari in pasto alle truppe. Ho avuto fortuna.
– Naida – Actarus la prese per le spalle – Non dovrai più vivere come una schiava. Andremo su Fleed, e lo ripopoleremo. Vedrai! Noi…
– Cosa mi proponi, esattamente? – lei alzò la testa e lo guardò: – Una volta dicevi d’amarmi.
– Eravamo ragazzini – rispose Actarus, indulgente.
– Sì, ragazzini… però io ti ho amato. Parlo sul serio. Quando mi hai detto che avresti sposato Rubina, io… io credevo che sarei morta…!
–
Rubina è morta – rispose Actarus, distogliendo il viso.
Ci fu un attimo di silenzio.
– Duke, per quanto non abbia certo voluto bene a Rubina, mi dispiace per tutto quello che è successo. Lei era gentile, non si sarebbe mai meritata… ed era così giovane! – Naida tacque un istante, poi riprese: – Resta però il fatto che siamo vivi, tu ed io. Cos’hai intenzione di fare?
– Tornare su Fleed non appena possibile – rispose lui, animandosi – Portarvi tutti i superstiti. Ripopolare il nostro mondo. Tu, Maria ed io siamo gli unici rimasti della casa reale di Fleed; abbiamo una grande responsabilità verso il nostro popolo.
Naida non rispose. Dentro di sé, aveva sempre provato vergogna per come si era salvata: milioni di fleediani erano stati sterminati, deportati, fatti morire di stenti; chissà quanti altri erano sopravvissuti, costretti ad una vita impossibile… e lei era viva. Sana. Bella. Amata, coccolata e nutrita da uno di quegli stessi veghiani che avevano massacrato il suo popolo… come avrebbe potuto guardare in viso gli altri sopravvissuti? Come avrebbe ancora osato definirsi abitante di Fleed, lei, la concubina di Hydargos?
Lacrime amare presero a bruciarle gli occhi; Naida nascose il viso tra le mani, ma Actarus pensò che stesse piangendo di gioia, di speranza, e non capì.
– Riporteremo Fleed ad essere com’era – stava dicendo, infervorato – Pianteremo alberi, erbe e fiori, e tornerà ad essere il meraviglioso giardino d’un tempo. Ricostruiremo le città…
– Non potrà mai essere come prima – Naida s’asciugò gli occhi – Tutto è cambiato, troppo cambiato…
– È vero – il viso di Actarus s’oscurò – Ma potremo comunque riavere il nostro mondo. La nostra casa.
Naida trasalì, colta da un pensiero improvviso:
casa…
Un senso d’inesprimibile tristezza le oppresse il cuore. Ma perché?
– Duke – chiese, sforzandosi di non far tremare la voce – Posso sapere cosa pensi di fare, circa noi due?
– Non capisco – lui la guardò e abbassò subito gli occhi.
– Sei il futuro re di Fleed. Dovrai sposarti, avere dei figli. È per questo che mi hai voluto parlare? Vuoi propormi…? – non finì la frase e lo guardò con aria interrogativa.
– Beh, io… – Actarus annaspò – Ma cosa c’entra, questo… prima dovremo pensare a resuscitare il nostro mondo, poi, in seguito…
Naida tacque ancora. In seguito… Più avanti… il senso di tristezza si fece sempre più forte. Lei ripensò a Fleed, ai sopravvissuti di Fleed che l’avrebbero disprezzata, a Duke stesso, che un tempo l’aveva lasciata per Rubina e ora si mostrava così sfuggente…
Un pensiero improvviso, lucido e tagliente come un coltello, le attraversò la mente. Naida si volse verso Actarus e lo guardò, lo guardò come se lo stesse vedendo per la prima volta.
– Quando ho scagliato la mia astronave contro quella di Vega, tu non ti sei chiesto se ero sopravvissuta… mi hai considerata morta, e basta – parlava adagio, come se stesse prendendo coscienza di qualcosa.
– C’era stata quell’esplosione – Actarus non sapeva perché dovesse sentirsi a disagio – Tutti ti abbiamo creduta morta.
– Non Hydargos – rispose lentamente lei, sempre guardandolo con occhi nuovi – Lui mi ha cercata. Lui mi ha raccolta. Lui si è preoccupato di farmi curare.
– Hydargos è un veghiano – sbottò Actarus – Non sarai più costretta a restare con lui.
– No, non sarò costretta – Naida si drizzò nella persona, improvvisamente sicura: ora capiva finalmente quale strada le si aprisse davanti – Adesso tornerò da lui non perché sono obbligata, ma perché sono stata io a volerlo.
Stupefatto, Actarus sentì mancargli il respiro: – Ma come… Naida! Ma se Fleed…
– Io non appartengo più a Fleed – Naida parlava in tono quasi di scusa – Non potrei guardare in viso gli altri sopravvissuti, io, proprio io, che… Scusami, Duke. Non verrò con te.
– Ma… ma noi abbiamo bisogno di te! Il nostro pianeta, il nostro Fleed che amiamo tanto…
– Non è più “mio”. E quanto a ciò che amo… – esitò, prese fiato; poi si voltò verso Actarus, piantando gli occhi in quelli di lui: – Ti ho amato, Duke. Davvero. Ma è ormai finita, è inutile far finta che non sia vero. Sono successe troppe cose.
– Naida…
– Adesso mi odierai per ciò che sto per dirti… ma la verità è che io amo Hydargos.
Actarus vacillò come se fosse stato colpito in pieno viso: – Hydargos…!
– L’ho capito solo ora – continuò lei, che ora che aveva iniziato a parlare non poteva più fermarsi – Forse non lo amo come ho amato te; però ho pensato alla mia vita senza di lui, e ho capito che non potrei essere felice. È un veghiano, ma con me è sempre stato molto buono; e io lo amo.
Actarus tacque, incapace di dire qualcosa, qualsiasi cosa.
Lei gli mise una mano sul braccio: – Perdonami se puoi, Duke. E buona fortuna.
Actarus non riuscì ancora a dire nulla, troppo sorpreso, e furioso, per parlare. Naida s’alzò sulle punte dei piedi e gli diede un bacio sulla guancia; poi s’allontanò di corsa in mezzo ai fiori, simile ad una ninfa dei prati. Imboccò il sentiero che tornava al ranch, là dove Zuril la stava aspettando per sapere cos’avesse deciso.
Naida correva, leggera, liberata, felice come non era più stata da anni e anni. Actarus rimase in silenzio, guardandola, allibito. Naida e Hydargos! Naida e Hydargos…
Un fulmineo, inaspettato senso di perdita gli oppresse il petto: la sua Naida non era più sua.
Improvvisamente, l’immagine di Venusia gli balenò davanti agli occhi. Alcor aveva insinuato che Zuril la corteggiasse… ed effettivamente, per tutto il tempo in cui era rimasto al ranch, il sovrano di Vega era sempre stato molto gentile con lei, che sembrava gradire le sue attenzioni… Allora, come Naida, anche Venusia avrebbe potuto…
Actarus balzò a cavallo, spronando l’animale perché galoppasse verso il ranch; tagliò giù per i campi, vide in lontananza la figurina sottile di Naida che correva, incitò ancora il cavallo perché andasse più veloce, più veloce…
Trovò Venusia e Zuril seduti fianco a fianco sul dondolo nel patio.
Con loro c’erano anche Rigel e Mizar, certo, ma la ragazza era accanto all’uomo di Vega, e sembrava che tra di loro ci fosse una notevole intesa; ridevano, complici, mentre Rigel cianciava di vecchi aneddoti, veri o quasi, risalenti al periodo in cui era stato in America. Actarus si sentì gelare: Venusia non solo non sembrava essersi accorta del suo arrivo, ma anche continuava a chiacchierare animatamente con Zuril… proprio Venusia, la sua Venusia della cui fedeltà e dedizione non aveva mai dubitato.
Naida gli aveva preferito Hydargos; Venusia l’avrebbe lasciato per Zuril…?
– Oh, sei qui, Actarus – Mizar lo salutò agitando festosamente una mano – Vuoi una bibita fresca?
– Dov’è quella bella signorina che era con te? – chiese Rigel.
– Naida viene subito – Actarus scese da cavallo ostentando una calma che non provava affatto; legò alla bell’e meglio l’animale e s’avvicinò al gruppetto seduto attorno al tavolino – Cosa c’è da bere? Aranciata?
– Tè freddo al limone – Venusia si alzò per servirgli la bevanda, e intanto si rivolse a Zuril: – Come vedi, non ho dimenticato i tuoi gusti.
– Sei molto gentile, come sempre – Zuril le sorrise, mentre lei gli colmava nuovamente il bicchiere; poi Venusia tornò a sedere accanto al sovrano di Vega, mentre Actarus si metteva più in là, scuro in volto.
– Cos’ha deciso, Naida? – chiese Venusia, che non pareva far molto caso alla serietà di Actarus.
– Sarà meglio che ve lo dica lei stessa – Actarus si guardò in giro: – Alcor e Maria…?
– Sono a fare una corsa in moto – Venusia sorrise a Zuril: – Non sono capaci di stare tranquilli, quei due.
– Sono ragazzi – Zuril alzò lo sguardo vedendo giungere Naida: aveva il viso roseo e animato, gli occhi brillanti per la corsa, i capelli che scintillavano nel sole. Non era mai stata così bella.
La giovane salì i due scalini che portavano al patio, e s’arrestò, incerta, mentre Zuril s’alzava educatamente come per andarle incontro. Lei si guardò attorno e vide Actarus, cupo, che pareva guardare lontano.
– Mi dispiace, Duke – gli disse – Non avrei mai voluto offenderti.
– Non sono offeso – Actarus s’impose di mostrarsi più amichevole, ma con scarsi risultati.
Naida s’accorse che tutti la guardavano con aria interrogativa, e parve stupita: – Come! Non gliel’hai detto?
– Non ha voluto dirci nulla – disse Zuril, col suo tono gentile – Suppongo che vorrai restare qui, comunque.
– Oh, no! – Naida rise, come se si fosse liberata da un peso – Io torno con te su Skarmoon.
Ci fu un movimento di stupore; Zuril fu il primo a riprendersi. Non era persona da grandi esplosioni emotive, lui.
– Se torni – avvertì – sarai nuovamente una proprietà di Hydargos, dovrai vivere sempre con lui. Pensaci.
Naida allargò le braccia, in un allegro gesto di resa: – Ma vivere con lui è quello che voglio! – vide che persino Zuril, l’imperturbabile Zuril, pareva sinceramente sorpreso, e aggiunse, ridendo: – Ho scoperto una cosa… io amo Hydargos. Ecco tutto. …Posso avere qualcosa da bere anch’io?
– Oh… certo – Venusia, da quella perfetta padrona di casa che era, s’affrettò a servire la sua ospite – Ti prego di scusare la nostra sorpresa, ma…
– Sono sorpresa anch’io – Naida era euforica – Ma la verità è che solo adesso che posso tornare libera, e non stare più con lui, ho capito che lo amo.
– Spero che tu non abbia a pentirti di questa scelta – osservò cupamente Actarus – Comunque, se cambierai idea potrai tornare da noi in qualsiasi momento… ammesso che lui ti lasci andare.
– Grazie, Duke... ma non credo che avrò modo di pentirmi.
Zuril scambiò un’occhiata con Naida e sorrise. Il giorno in cui l’aveva presa con sé, Hydargos aveva trovato un vero tesoro.
Venusia raccolse su un vassoio i bicchieri sporchi; indugiò un attimo tenendo in mano quello che aveva usato Zuril, o almeno così parve ad Actarus, che seguiva cupamente tutti i suoi gesti. Venusia sembrava felice, sorrideva tra sé come se avesse avuto un qualche segreto… un segreto da cui lui, Actarus, era escluso. Per la prima volta da che la conosceva, lei gli appariva remota, distante, invece di stargli attorno in cerca della sua attenzione, del suo amore.
Naida l’aveva lasciato. E Venusia…?
– Ti dispiace tanto che se ne sia andato? – chiese, più brusco di quel che avrebbe voluto.
– Chi? – Venusia parve riscuotersi dalle sue fantasie.
– Zuril. Avete fatto amicizia, voi due.
Lei pose anche la caraffa vuota sul vassoio: – È molto gentile.
– È un veghiano – disse Actarus – È stato per anni un nostro nemico. Non dimenticartelo.
– Non c’è pericolo che lo dimentichi – nervosa, lei prese a strofinare il tavolo con un panno umido.
Actarus s’appoggiò con finta noncuranza alla ringhiera del patio: – Avresti preferito che rimanesse ancora?
Venusia sentì un lampo d’esultanza scaldarle il cuore… tutte quelle domande, quell’atteggiamento indifferente così fasullo… Oh, Actarus…!
Essere troppo disponibile, con un uomo come Actarus, è controproducente. Così aveva detto Zuril.
Una nuova luce apparve negli occhi di Venusia. Actarus appariva stranamente teso, nervoso… perfetto.
– Cosa conta quel che desidero? – chiese, con una disinvoltura che sorprese lei stessa per prima – Lui è partito. Ecco tutto.
S’avviò verso la cucina, il vassoio in mano; Actarus l’afferrò per un polso, trattenendola: – Sì, ma tu avresti preferito che Zuril rimanesse?
Venusia esitò, incerta su cosa rispondere… poi, quella nuova parte di sé che stava improvvisamente emergendo le suggerì la risposta da dare: – Mi stai facendo male.
– Scusa – Actarus la lasciò subito, e lei rientrò verso la cucina, canticchiando sommessamente.
Ma nel suo cuore gorgheggiava a squarciagola.
18.In piedi davanti all’ampio finestrone, Hydargos osservava torvamente la Terra, azzurra e luminosa sul nero dello spazio.
La porta scivolò di lato, ma lui non si volse nemmeno. Naida si fece avanti, titubante, fermandosi nel vedere la gelida immobilità di lui. Mentre faceva ritorno su Skarmoon, s’era aspettata che lui si mettesse in contatto con Zuril per sapere cosa lei avesse deciso; invece, niente. Ora, eccolo lì, intento a voltarle le spalle: eppure, doveva aver saputo che lei era tornata.
Aspettò, mentre la porta si richiudeva silenziosamente; poi, visto che lui non pareva intenzionato a parlarle, o almeno a voltarsi verso di lei, Naida prese fiato e coraggio: – Hydargos.
Lui trasalì al suono della sua voce; quando si voltò rimase però impassibile, il viso severo. La fissò a lungo, mentre Naida pareva rattrappirsi sotto quegli occhi gelidi.
– Sono tornata – disse, esitante. Non capiva quella reazione così fredda da parte di lui… non sembrava nemmeno lo stesso uomo che due giorni prima l’aveva amata con passione febbrile: – Hydargos… cosa c’è?
– Perché sei qui? – chiese lui, la voce sorda – Duke Fleed non ti ha voluta?
Oh, è questo, pensò Naida, rincuorandosi.
– No – rispose, facendosi più sicura – Lui mi voleva. Sono stata io che ho preferito tornare.
Hydargos la squadrò da capo a piedi, ma non si mosse: – Credevo che amassi Duke Fleed.
– L’ho amato – ammise lei – Il tempo passa, e le cose cambiano. Me ne sono resa conto mentre gli parlavo. Duke avrebbe voluto che andassi con lui su Fleed; ma io ho preferito tornare qui, da te.
Un lampo balenò negli occhi di Hydargos; ma fu un attimo, e lui rimase immobile dov’era, innaturalmente gelido.
– Io t’avevo lasciata libera – esclamò – Non hai più obblighi verso di me.
– Sì, lo so. Zuril me l’aveva detto. Sono stata io a voler tornare da te.
Un altro lampo, subito soffocato. Quando parlò ancora, Hydargos evitò deliberatamente di guardarla.
– Capisci che adesso sarai nuovamente ciò che eri… una concubina? Hai gettato via la tua libertà, te ne rendi conto?
– Zuril mi ha detto anche questo –
ma perché sei così freddo? Perché non mi guardi, non mi abbracci? Cos’ho fatto da disgustarti a questo modo?Hydargos alzò il mento, gli occhi fissi su un punto indefinito: – Hai scelto liberamente. Sei tornata da me di tua spontanea volontà, dunque. – La trapassò con lo sguardo: – Perché?
– Ascoltavo Duke parlare del nostro futuro – rispose fievolmente lei, le lacrime che le bruciavano gli occhi – e mentre lui parlava io mi sentivo inquieta, e triste, profondamente triste… poi, ho compreso il perché. Tu non avresti fatto parte di quel futuro. Allora ho capito che volevo solo tornare da te.
– Sono solo il tuo padrone, nient’altro – brontolò lui.
– Avresti potuto farmi del male, vendermi, anche uccidermi – Naida sentì le lacrime scorrerle giù per il viso, e si asciugò rapidamente con una mano – Invece sei stato molto buono con me. Quando tutti mi credevano morta, tu mi hai salvata. Credi che possa dimenticarlo, questo?
Hydargos alzò la testa. La sua maschera crudele si stava infrangendo, ma non era ancora caduta: – Ah. Sei tornata per gratitudine. Capisco.
– No!
Io ti amo! – lo vide vacillare; sentendosi più sicura, Naida proseguì, accalorandosi: – È vero, ho amato Duke Fleed. È stato il mio primo, grande amore, i miei sogni di ragazza... Quello che provo per te è completamente diverso, ma noi non siamo ragazzi, siamo adulti. Voglio vivere ancora con te, perché finalmente ora la mia vita ha un senso; e se per questo devo tornare ad essere una schiava, bene, eccomi qui.
Lui appariva ora profondamente scosso. Mai avrebbe creduto che lei sarebbe tornata, mai avrebbe immaginato quella sua confessione, fatta con estrema, disarmante semplicità… mai si sarebbe aspettato la sua rinuncia alla libertà. Per vivere con lui…!
– Vieni qui – fu tutto ciò che riuscì a dire; aprì appena le braccia, e subito Naida vi si slanciò, rannicchiandosi contro il suo petto e offrendogli le labbra. Ma lui non la baciò.
Scosso da emozioni che non poteva più reprimere, Hydargos nascose il viso nell’incavo del collo di lei, lottando disperatamente per recuperare il controllo… poi, allora e solo allora, rialzò la testa, guardò quella giovane, bellissima donna tornata volontariamente da lui: per la prima volta da che era divenuta la sua schiava, quasi non osava toccarla, proprio lui, che aveva sempre fatto di lei ciò che più gli era piaciuto.
– Hydargos! – lei era sorpresa, quasi intimorita: – Cosa c’è? Non mi vuoi più?
Lui scosse il capo: aveva la gola contratta, non si sentiva sicuro di poter controllare la sua voce… strinse perciò Naida tra le braccia, toccandola quasi con precauzione, come se lei avesse potuto spezzarsi… poi finalmente si chinò a baciarla, dapprima timidamente e poi facendosi via via più sicuro.
Era tornata. Non voleva andarsene. Non l’avrebbe lasciato.
Non avrebbe mai pensato di poter essere così completamente, dolorosamente e totalmente felice.
–
Come sarebbe a dire che vuoi sposarla?! – lady Gandal era a dir poco allibita.
– Esattamente quello che ho detto – rispose Hydargos, asciutto.
– Sposare una concubina…? Ma che senso ha? Vive con te, puoi farne ciò che vuoi… sposarla significa solo renderla libera!
– Appunto.
– Con tutti i diritti di una veghiana nata libera!
– Infatti. Sposandola, l’affranco automaticamente dalla schiavitù; non è così?
Sbalordita, lady Gandal si lasciò cadere sulla sua poltroncina: – Sì, è una procedura molto più rapida che compiere un atto di liberazione.
– È ciò che voglio.
– Te ne pentirai.
– Forse. Ma me ne pentirò sicuramente se non lo farò. …Puoi cominciare a preparare i documenti necessari?
Sempre più stupefatta, lady Gandal fece apparire sul monitor del suo computer la schermata che l’interessava; poi guardò ancora Hydargos: – Magari, dopo che tu avrai perso tempo e speso denaro per sposarla, lei chiederà il divorzio! Ci hai pensato?
– Certo – rispose lui – Però, se starà con me sarà solo perché desidera restare, non perché è costretta.
Lady Gandal scosse il capo: – Continuo a pensare che sia un errore.
– Io invece credo il contrario.
- continua -
Link per affettarmi a mannaiate:
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