Silenzio.
Un respiro gli resta bloccato a metà per pochi istanti, prima di realizzare che dietro di lui non c'è proprio nessuno. Scuote la testa, pensando che depressione, rabbia, senso di colpa tracimante e mancanza di sonno non sono un mix consigliabile per chi vuole evitare di avere paranoie, ed è sul punto di proseguire, quando...
… un verso acuto, simile al grido furioso di un gatto, è l'ultima cosa che desidera sentire. Un suono strozzato gli esce dalla gola, mentre indietreggia di un passo, salendo un altro gradino... e nello scorgere un'ombra bianca sbucare da dietro l'angolo in fondo al corridoio, e il grido farsi più forte, è quasi sul punto di farsela addosso.
La chiazza si ferma, di colpo silenziosa, e il ragazzo si sente il suo sguardo addosso. Il battito gli si è spostato dal petto alla gola, e la morsa gelida di puro terrore che gli attanaglia la base della schiena si fa sempre più spietata...
La cosa produce ancora quel rumore che ora, grazie alla minore eco rispetto a quello che si trova nell'intersezione dei due corridoi, sembra essere...
- Una... pallina sonora? - dice d'un fiato, inarcando il sopracciglio destro.
Se si tratta di quello che ora pensa che possa essere, allora i tempi sono maturi perché lo portino via con la camicia di forza...
- Robot? - la sua voce suona ancora piuttosto nervosa, anche se la possibilità che si tratti del cane di Genki è decisamente meno assurda rispetto alla presenza del fantasma di Musashi fra quelle mura.
La creatura gli corre incontro, passando in uno dei coni di luce sul pavimento, e infatti ecco apparire il grosso meticcio bianco che scodinzola come un matto, facendo vorticare la coda arcuata nella foga data dalla felicità di vedere qualcuno con cui giocare a quell'ora di notte.
Le gambe del ragazzo cedono, e lui si ritrova a sedersi sul gradino cacciando un sospiro di sollievo che gli viene dal più profondo dei polmoni. Tiene ancora stretta la barra del corrimano, ma ogni altra sua articolazione sembra essere diventata molle di colpo.
Porta avanti il busto e chiude gli occhi, passandosi la mano sinistra sulla fronte e lasciandosi scappare un mezzo sorriso nel constatare che si è fatto prender dal panico per quei quaranta chili di cane che ora gli stanno finendo addosso a mo' di valanga... deve avere i nervi ben più disintegrati di quanto si fosse reso conto, per aver avuto quella reazione... ad ogni modo, adesso farà meglio a prepararsi a fermarne la corsa, visto che gli è ormai arrivato a trenta centimetri dalle ginocchia e sta per saltargli in braccio.
- Robot, NO!... - ammonisce con voce bassa ma ferma, portando in avanti la mano aperta verso il muso del cagnone, nello stesso modo che aveva mostrato a Genki e che aveva portato ottimi risultati durante l'addestramento... solo che ora Robot non ha nessuna voglia di fare il bravo: segue il movimento, ma poi afferra giocosamente la manica della felpa di Ryoma e inizia a strattonare, come se volesse giocare al tiro alla fune.
Un leggero sorriso appare sulle labbra del ragazzo, che dopo un breve momento risponde al gioco, portando con una mossa secca l'avambraccio verso di sé.
Questo per Robot è un invito a nozze: tira ancora più forte, puntando le zampe anteriori e sedendosi sui gradini sottostanti, per dare maggiore potenza ai suoi strattoni, accompagnando ogni centimetro guadagnato con un breve suono che pare una via di mezzo tra un ringhio e un compiaciuto grufolìo di gioia. Ryo lo incita a bassa voce, prendendolo in giro e stuzzicandolo, rispondendo ai versi divertiti del cane con i medesimi suoni, distraendolo con la pallina quel tanto che basta per fargli aprire la bocca, sottrargli la felpa dalle fauci e ricominciare il gioco da capo.
Dopo circa un quarto d'ora di quel tira e molla, Ryoma lascia cadere la sfida: se c'è una creatura più tenace di lui, sulla faccia della Terra, quella è il cane di Genki Saotome, e a dargli troppa corda si rischia di essere monopolizzati a vita... c'è un solo modo per farlo desistere: fargli perdere interesse nella preda. Rallenta il movimento del braccio fino a lasciarlo inerte in balìa dell'animale, che seguita ancora per un po' a tirare e ringhiare sommessamente, ma con sempre minore convinzione, man mano che va avanti senza ottenere una reazione da parte del ragazzo.
Robot sembra esserci rimasto male, e lo guarda uggiolando, mettendogli più volte la zampa sulla coscia per invitarlo a continuare il gioco; Ryo, per tutta risposta, gli gratta l'orecchio, dicendogli: - No, bello, adesso basta. - .
Il grosso cane, sebbene riluttante, capisce che il momento del gioco è finito, e con un breve mugolìo di dissenso mette giù le zampe, guardando il ragazzo con uno sguardo che sembra dire “Mi hai profondamente deluso”.
Sulle labbra del giovane appare un sorriso aperto e spontaneo quando, un momento dopo, tira fuori la pallina da dietro la schiena con la mano libera e la mostra al cagnone.
– Stavo andando di sopra, vieni anche tu? -
La frase è pronunciata a voce molto bassa, e viene quasi del tutto coperta dal rumore della coda che ricomincia a muoversi freneticamente sul gradino, ma Robot non ha bisogno di affidarsi alle parole per capire che quello che s'era appena interrotto era solo un assaggio: il gioco vero e proprio deve ancora cominciare!
Si alzano in piedi contemporaneamente, Ryo dandosi delle pacche sul retro dei jeans per scrollare via la polvere e Robot girandogli attorno, fremente d'impazienza. L' “Andiamo” e la scompigliata al pelo della groppa sono il segnale: in breve percorrono le poche rampe che li separano dall'ultimo piano, e arrivano alla porta della terrazza.
Una volta girata la chiave, la porta anti-panico si apre con uno scatto morbido, e i due vengono accolti da una ventata d'aria fredda. Il ragazzo si stringe nelle spalle, rabbrividendo e mormorando un – Che freeee-ddoo... - fra i denti, ma il cane non ha di questi problemi: salta fuori, fa un giro veloce del perimetro con la coda che gli ondeggia sopra la schiena, annusa il tavolino e un paio di sedie al centro dello spiazzo, rivolgendo poi lo sguardo ridente verso Ryoma che, riavutosi dall'impatto con l'esterno, oltrepassa la porta lanciando la palla contro la parte bassa della parete. Il rimbalzo finisce dritto tra le zampe di Robot, che facendo con un mezzo giro su se stesso l'afferra tra i denti, stringendola ripetutamente per cavargli quel suono che lo diverte tanto... e che, Ryo lo nota solo ora, gli fa sempre volgere lo sguardo alla porta, come se il
kwee-koooo della pallina fosse un segnale, un richiamo per qualcuno che ancora non si vede arriva...
La cosa lo fredda come una secchiata d'acqua gelida.
Robot sta chiamando Musashi.
Avverte un'enorme stretta al cuore, nel rendersi conto che quel cane, già da quando si è fatto vivo nel corridoio, sta cercando il suo amico grassoccio che non tornerà più.
Non è il tipo che si auto-definisce “commosso”, ma certo il comportamento dello sconclusionato bastardino che gli sta davanti non lo lascia indifferente.
Poggia un ginocchio a terra, batte piano le mani portandole avanti verso l'animale, chiamandolo. Robot trotterella verso di lui, sistemando meglio la pallina fra le mandibole, mandandola un attimo in aria e riprendendola al volo; non appena gli arriva a tiro, Ryoma lo abbraccia, con un sorriso triste sul volto, sussurrando:
- Allora quando Musashi spariva per ore era qua che veniva, eh? A giocare con te... - affonda il viso nel manto corto e folto, mentre il cane lascia cadere la palla e inizia a lisciargli il lato del collo, cercando di arrivargli alla guancia e al naso, - Mi sa che dovrò pensarci io, da adesso in poi. - conclude, arruffandogli nuovamente il pelo...
Gli sembra di sentire di nuovo la voce dell'amico, in mezzo a quel silenzio...
“Pare proprio di sì, Ryo... Mi dispiace lasciare a te e a Hayato tutte queste cose da fare, ma so che sono in ottime mani. Sono certo che riuscirete a star dietro a tutto, dalla salvezza del mondo fino all'oretta di gioco con Robot. E poi, se sgarrate verrò a tirarvi i piedi mentre dormite, perciò... se fossi in voi, questa minaccia me la farei bastare!”
“Oh, Dio! Se la metti su questo piano, non ci dài scelta.” risponde mentalmente il ragazzo, con un sorriso un po' meno triste.
- Vai tranquillo, Musashi. Qui ci pensiamo noi. -
Pronuncia queste ultime parole alzando il viso e guardando il cielo, gli occhi scuri ancora leggermente gonfi, ma finalmente sereni.
“Addio, amico.”
Fine
Edited by Haris von Hayeser - 26/6/2010, 18:36