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DAITARN 3 CONTRO LUPIN 3! E il passato di Banjo!

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view post Posted on 19/9/2010, 18:37     +1   -1

Ill.mo Fil. della Girella

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Salve a tutti! Toshia mi ha proposto quest'idea, quella di uno scontro tra due leggende delle serie animate giapponesi: DAITARN 3 e LUPIN 3! Non so se ci siamo riusciti, ma di certo ci siamo divertiti parecchio! Sarà una storia a puntate, con in più qualche spiegazione per chi non conosce i personaggi!

Buona lettura! :inchino:

daitarnvslupinxpost.th

COVER

Daitarn 3 vs Lupin 3: il passato di Banjo

Tutto cominciò col classico golpe sudamericano. Il piccolo stato di Rurutu fu liberato dalla dittatura di Alcazar, dopo la ribellione guidata dal legittimo presidente Socorro. In questa guerra, i mercenari avevano dato un indispensabile aiuto, soprattutto i berretti blu, i famosi Bluebeller. Ora stavano festeggiando la vittoria nell’unico bar rimasto in piedi. Laggiù, la ventola sul soffitto girava pigramente, cercando di allontanare il caldo, senza grandi risultati. Nessuno però ci badava: avevano vinto. Tutti ridevano e bevevano, raccontandosi a vicenda le loro storie, gonfiandole fino all’inverosimile. Erano mercenari conosciuti e temuti in tutto il mondo. Soltanto uno di loro restava in silenzio, sotto la ventola, seduto coi piedi sopra il tavolo. Attorno a lui c’era il deserto: per quanto fossero coraggiosi e spietati, nessuno osava rivolgere la parola allo sconosciuto, che sorseggiava silenzioso e tranquillo il bicchiere di Bacardi che teneva in mano, mentre la bottiglia mezzo vuota sul tavolo attendeva di essere completamente svuotata. La cosa curiosa di questo personaggio era quella di avere un vestito elegante, giacca, pantaloni e cravatta, tutti neri, a parte la camicia bianca, che faceva risaltare lo scuro della cravatta. La sua barba nera, ispida e caprina, terminava con una punta all’insù sotto il mento e i suoi occhi erano perennemente coperti dalla tesa del cappello, anch’esso nero. Se lo si osservava con attenzione, si poteva notare la pistola che portava sotto la cintura, dietro la schiena: una 44 Magnum, assai potente e difficile da usare, tipica del pistolero professionista. Tutti lo conoscevano di fama: Jigen Daisuke, ricercato internazionale, pistolero, ladro e mercenario a tempo perso, appartenente alla famosa banda di Lupin III.
All’improvviso, una persona gli si avvicinò, mettendo sul tavolo un’altra bottiglia di Bacardi e un bicchiere.
“Posso farti compagnia, Jigen?”
L’altro sollevò impercettibilmente il capo, rispondendo con un sorriso:
“Red? Ma che sorpresa. Il comandante dei Bluebeller in persona. C’è posto, siediti pure.”
L’altro si sedette: anche se era un ragazzo ancora giovane, in poco tempo era diventato un comandante mercenario tra i più quotati, fondando il gruppo dei Berretti Blu, i famosi Bluebeller, con un’organizzazione quasi militare. Stranamente, erano diventati amici quasi subito, cosa insolita per un lupo solitario come Jigen. Red versò il Bacardi nel bicchiere e lo buttò giù con forza.
“Vacci piano, ragazzo” osservò Jigen “E’ roba forte!”
“Non m’importa” rispose lui, versando un altro bicchiere. Jigen rimase perplesso. Tolse i piedi dal tavolo e osservò bene l’altro: era pallido come un morto.
“Che ti è successo? Abbiamo vinto la rivolta, abbiamo avuto i nostri soldi…qualcosa non va?”
Dopo un attimo di silenzio, Red disse:
“Ho ricevuto una lettera da casa. Mia sorella Kelly è gravemente malata e sta morendo”
Jigen appoggiò il bicchiere sul tavolo.
“Mi dispiace.”
Red estrasse una foto dal portafoglio e la mostrò a Jigen. Il pistolero la osservò e disse stupito:
“Ma è una bambina! Accidenti, mi spiace davvero, Red. Se posso fare qualcosa…”
“Non si può più fare niente, purtroppo” rispose lui, versandosi un altro bicchiere di Bacardi. Lo bevve tutto d’un fiato e disse, col volto imporporato dal rum:
“Lascia che ti dica la mia storia. Sul perché è successo questo a Kelly. Devo sfogarmi in qualche modo.”
“Ti ascolto.”
“Conosci Daitarn 3?”
“Cos’è, una rete televisiva?”
“No, un robot gigante.”
Jigen fece una smorfia. “Detesto quei giocattoloni. Che c’entra questo Daicoso con te?”
“La mia storia ha a che fare con lui. Era iniziato tutto su Marte. Sai, avevano installato lì, segretamente, delle basi per esplorazioni e ricerche, finanziate da privati. Tra gli altri, c’era un tale che si chiamava Haran Sozo. Un cervellone, che aveva trovato il modo di tramutare gli uomini in cyborg immortali, che ha chiamato Meganoidi”
“Ed era andato fin su Marte per fare questa fesseria?” replicò Jigen, tirando fuori da un pacchetto una sigaretta smozzicata che si mise in bocca.
“Vallo a sapere perché. Gli scienziati sono tutti dei Pippi sballati. Comunque, questi Meganoidi alla fine si erano ribellati.”
“Mi stai raccontando la favola di Frankenstein, Red.” commentò Jigen con un sorriso, accendendo la sigaretta.
“In effetti…comunque, i capi della rivolta, Don Zauker e la sua donna, Koros, uccisero il professore e la sua famiglia. Sopravvisse solo il figlio, Haran Banjo, che scappò sulla Terra col Daitarn 3, un robot gigante costruito dal padre”
“Però! Tra le altre cose, aveva avuto anche il tempo di costruire un robot gigante? Invece di fare lo scienziato, uno stakanovista così avrebbe dovuto lavorare alla General Motors. Avrebbe guadagnato una barca di soldi.” disse Jigen soffiando in alto il fumo. Radik ignorò il commento e continuò la storia.
“Questo Banjo, insomma, era andato a vivere in una villa, insieme con Garrison, il suo maggiordomo. Poi lo avevano affiancato degli amici: Reika e Beauty, due ragazze, e Toppi, un ragazzino. Aveva combattuto contro i Meganoidi usando il Daitarn 3.”
“Va bene, Red, è la solita storia del robot gigante. Ma tu che c’entri?”
“Ci arrivo. Quando avevo fondato i Bluebeller, eravamo una banda di motociclisti ribelli e sbandati: i Meganoidi ci avevano contattato per vedere se volevamo diventare come loro.”
“Ah. E com’è finita?”
“In un primo tempo, avevamo accettato. A quei tempi, ci sentivamo trascurati e messi da parte: il fatto che qualcuno si interessasse tanto a noi ci faceva ringalluzzire. Eravamo giovani e fessi, che vuoi farci?”
“Allora avete combattuto contro il Daicoso? Questa non me l’avevi mai raccontata, Red: tu saresti dunque un cyborg?”
“Stavo per diventarlo. Però mia sorella Kelly mi aveva aiutato a cambiare idea. Da allora, io e i Bluebeller eravamo partiti per l’estero e ci eravamo fatti un nome.”
“E la storia del Daicoso coi Meganoidi com’è finita? Ha fatto piazza pulita dei cattivoni?”
“Sì. A quanto mi aveva scritto Kelly nella sua ultima lettera, Banjo era andato su Marte col Daitarn 3 e aveva fatto come Rambo. Koros e Don Zauker sono morti e i Meganoidi non ci sono più. Adesso Banjo gestisce la Solar Corporation.”
Jigen tossì all’improvviso, perché il fumo gli si era fermato in gola appena aveva sentito quella parola.
“La…la Solar Corporation? Il pilota del Daicoso è a capo di quella multinazionale?”
“Esatto. Ha replicato l’effetto dell’energia solare nelle macchine, tipo automobili o aerei, e le fabbrica. Vende in tutto il mondo. Sai, avevo sentito che il Daitarn era ad energia solare: forse è da lì che era partita l’idea.”
Jigen fece un fischio.
“Intraprendente, il tipo. Ma, tornando a tua sorella, cos’ha? Di cosa è ammalata?”
“Non si sa bene. Ma ho il sospetto di essere io il responsabile.”
“Tu?” disse stupito Jigen “Che c’entri tu?”
“Ero diventato un megaborg, cioè un essere grande come il Daitarn 3, insieme ai miei compagni. Una cosa insolita: di solito, era solo una persona che diventava megaborg. Questo infatti aveva provocato l’emissione di radiazioni particolari che, per un motivo non chiaro, potevano influenzare chi aveva il DNA simile al mio, come mia sorella Kelly. L’avevo scoperto solo più avanti. Alla fine di quello scontro col Daitarn, lei stava bene, ma poi si era sentita male un anno dopo: era una cosa ad effetto ritardato.”
Jigen non seppe più cosa rispondere.

Sabato prox: Lupin scende in campo!

Commenti: potete postarli qui: https://gonagai.forumfree.it/?t=50887256

Potete scaricare il file della storia in formato word cliccando sull'allegato postato alla fine.

NOTE:


jigendaisuke.th
JIGEN DAISUKE. E' il braccio destro di Lupin III. Abilissimo pistolero e misogino totale, a volte viaggia per conto suo, ma spesso agisce a fianco di Lupin.


thumbnmail radik01.th
RED (a volte RADIK o RAD): ragazzo a capo di teppisti-soldati chiamati Bluebeller o Berretti blu. Ha lavorato per i Meganoidi contro Banjo, ma l'amore della sorellina Kelly lo ha rimesso sulla giusta strada.


kelly200x200.th radikelelly.th
KELLY: sorellina di Radik


banjol.th
HARAN BANJO: l'eroe che pilota il Daitarn 3.


beautyx.th
BEAUTY TACHIBANA: assistente bionda di Banjo.


reika.th
REIKA SANJO: assistente bruna di Banjo. Agente dell'Interpol.


toppi.th
TOPPI: ragazzino amico di Banjo


garrisonz.th
GARRISON TOKIDA: fedele maggiordomo di Banjo


donzauker.th
DON ZAUKER: misterioso capo dei Meganoidi.


koros.th
KOROS: aiutante di Don Zauker e comandante in seconda dei Meganoidi.

Edited by joe 7 - 9/6/2014, 17:39
 
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view post Posted on 25/9/2010, 16:13     +1   -1

Ill.mo Fil. della Girella

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Riassunto: Daisuke Jigen, il pistolero della banda di Lupin, fa amicizia con Radik, un mercenario che gli racconta del suo passato che si intreccia con la storia di Daitarn 3. Radik è preoccupato per la salute di sua sorella Kelly…

Il gioielliere della Tiffany accese le luci del negozio: erano le 6 del mattino ed era l’ora di cominciare il lavoro. Appena vide le luci illuminare l’interno del negozio, si lasciò sfuggire un singulto e si sentì il cuore balzare in gola.
Tutte le bacheche erano aperte e desolatamente vuote. Tutti i rubini, lapislazzuli, diamanti, collane, braccialetti e affini non c’erano più. Incredulo, il gioielliere cercò di reprimere il tic nervoso che gli stava venendo alle mani. Miliardi di yen scomparsi in una notte. Un avanzatissimo sistema di allarme che era costato una barca di soldi, con raggi infrarossi e sistemi vari, non era servito ad un emerito cavolo. Con aria smarrita, passò tra le teche, sperando inutilmente di trovare almeno qualche gioiello rimasto. All’improvviso, vide una scatoletta chiusa, proprio in mezzo alla teca principale, la più grande. La afferrò e la aprì con mani tremanti: saltò subito fuori una molla con una musichetta che lo spaventò, lasciando cadere a terra l’oggetto. Guardandolo bene, si accorse che si trattava di un omino di metallo che era saltato fuori all’improvviso con la molla: aveva una camicia rossa e una faccia sorridente da ebete, quasi simile a quella di una scimmia. Si muoveva a destra e a sinistra, seguendo i ritmi del motivetto rock del carillon, basato sulle note della “Gazza ladra” di Rossini. Davanti alle mani del pupazzetto, c’era un biglietto. Il gioielliere lo prese. Conteneva poche parole:
“La vostra collezione di gioielli è stupenda. Siete davvero degni della vostra fama. Complimenti.
Lupin III”


“Imbecille!” tuonò l’ispettore Zenigata, dando un poderoso pugno sul tavolo. Era furioso, a dir poco. Possibile che quell’idiota di gioielliere non l’abbia avvertito prima? “Avevate ricevuto l’avviso di Lupin III una settimana fa! Come potevate pensare che fosse un millantatore?”
“Ma...ispettore…” balbettò il gioielliere, che si sentiva quasi trattato da criminale “di lettere così ne riceviamo tante…come potevamo pensare che fosse vera?”
“Potevate almeno avvertire!” sbottò Zenigata.
“Ma…io credevo che Lupin non esistesse, che fosse una favola, un personaggio dei fumetti!”
“Sì? Bene, da adesso in poi non potrà più dirlo!”
“Ispettore” disse un agente “abbiamo finito le analisi.”
“Sì, sì.” rispose Zenigata “Portale alla scientifica. Per quello che serve. Quel maledetto Lupin non lascia nessuna traccia del suo passaggio.”
L’ispettore uscì dalla gioielleria, preso dallo sconforto. Ancora una volta, lui ce l’aveva fatta. Con tutto quello che aveva combinato, c’era ancora qualche cretino che non credeva alla sua esistenza, e Lupin li fregava tutti.
Sarà da qualche parte a ridacchiare, il maledetto, pensò Zenigata a denti stretti.
“Ma ti prenderò, Lupin, anche a costo della vita!” urlò in mezzo alla strada, a braccia piegate e pugni rivolti verso l’alto, mentre la gente, spaventata, cercò di stargli lontano e di far finta di non vederlo.

Il Pac-Man era quasi riuscito a prendere tutti i fantasmini. Stava per vincere. All’improvviso, finì in un vicolo cieco: i fantasmini lo raggiunsero e lo sconfissero. La scritta GAME OVER lampeggiò sullo schermo.
“Maledizione!” sbottò Lupin “Ce l’avevo quasi fatta! A momenti raggiungevo il quarto livello!”
“Non sei un po’ troppo vecchio per questi giochetti, Lupin? E poi questi videogame non li fanno più da un pezzo!” disse Jigen, tenendo la sigaretta smozzicata tra le dita, esasperato dal fatto di dover stare lì a guardare l’ennesima partita di Pac-Man.
“Jigen, tu non comprendi! Pac-Man è una meraviglia. Riesco a vincere le partite di playstation con facilità, ma con Pac-Man non ce l’ho ancora fatta!”
“E allora lascia perdere! Chi se ne frega se non riesci a vincere a Pac-Man?”
“Per me è una sfida, Jigen. E Lupin III non rifiuta mai una sfida.”
Jigen non insistette. Quando Lupin si metteva in testa qualcosa, non c’era verso di cambiargli idea. Appoggiò la schiena al muro e, con le mani in tasca, disse:
“Spero che tu non mi abbia chiamato solo per farmi vedere come te la cavi a Pac-Man!”
“E invece è proprio così!” sogghignò Lupin “Ti avevo chiamato proprio per fare una partita a due!”
Senza rispondere, Jigen si voltò e si diresse verso l’uscita. Lupin lo fermò, abbracciandolo da dietro.
“Era solo uno scherzo, Jigen! Possibile che tu non sappia stare agli scherzi?”
“Quando sono così idioti, no.”
Con una mano, il pistolero si liberò di Lupin, facendolo cadere a terra. Lupin si alzò facendo la faccia dell’offeso.
“Sei ingiusto, Jigen. Tanto più che l’idea me l’avevi data tu.”
“Che idea?”
“Quella del prossimo colpo.” disse Lupin con un sorriso “Ti ricordi che mi avevi parlato di Red e della sua sorella malata, Kelly?”
“Certo. E con questo?”
“Mi sono informato. La bambina è all’ospedale di Tokyo in stretta osservazione: le danno sì e no due-tre mesi di vita.”
A Jigen venne in mente l’immagine sorridente e allegra di Kelly. Era abituato alla morte, ma mai a quella dei bambini: quelle cose non gli andavano giù.
“Pensi di salvarla? Non sei un medico, Lupin.”
“Però, come ti ho detto, sono uno che accetta le sfide. Ho seguito con attenzione il tuo racconto su Daitarn 3. Da lì possiamo trovare quello che può salvare la bimba.” rispose Lupin, gettando un papiro all’amico. Incuriosito, Jigen aprì il foglio, osservando la pianta di una villa: era dettagliatissima, con tutti i particolari e le misure.
“Cos’è questa roba?”
“La villa di Haran Banjo. Il pilota del Daitarn, ricordi?”
Jigen rimase perplesso. Non capiva dove voleva arrivare Lupin. Che cavolo c’entrava Banjo con Kelly?
“E allora?” chiese.
“Kelly è stata infettata da una specie di virus meganoide. Banjo è la persona che conosce i meganoidi di più al mondo. Nella sua cassaforte, troveremo tutte le informazioni necessarie per salvarla. Vedi, è stato il padre di Banjo a costruire i meganoidi, e nella cassaforte ci sono i microfilm dei suoi lavori.”
“Come fai a saperlo?”
“Ho le mie fonti. Che dicono altre cose interessanti. Potremo unire l’utile al dilettevole.”
“Tipo?”
“Per esempio, il fatto che nella villa di Banjo c’è un deposito di oro in tale quantità da far invidia a Fort Knox.”
Per lo stupore, Jigen si lasciò cadere la sigaretta dalla bocca.
“Co…cosa? Sapevo che era ricco, ma così tanto…”
“I giocattoloni robotici costano. E adesso che lui, poverino, non può più usare il Daitarn perché non ci sono più meganoidi, l’oro non gli serve più. Anzi, è persino inutile, tanto guadagna come un nababbo con la multinazionale che ha fondato. E’ mio umanitario dovere togliere un sì gravoso peso da quel poveretto.” concluse Lupin facendo la faccia dell’attore greco tragico.
“Potrebbe aver finito tutto l’oro.” sogghignò Jigen “Chissà quanto avrà speso solo in benzina, ad usare il Daicoso!”
“Io invece credo che ci sia ancora. Scommettiamo?”
“Hmm” rifletté Jigen “Hai svaligiato quella gioielleria solo due giorni fa. Dovresti stare tranquillo per un po’. Zenigata ti starà cercando come un mastino.”
“E tu pensi che il vecchio Zazà riuscirà a trovarmi?”
All’improvviso, Jigen ebbe un sospetto. Maledizione, non sarà per quello che Lupin vuole fare subito un altro colpo! pensò, sperando di essersi sbagliato.
“Lupin.” disse, deciso “I gioielli tu non li hai più, vero?”
Lui rimase in imbarazzo, come un bimbo beccato con le mani nella marmellata.
“Cosa…cosa dici, Jigen? Come ti è venuta in mente un’idea simile?”
“Quella Fujiko ti ha fregato un’altra volta, vero?”
“No, no, te lo assicuro, non è come pensi…” rispose Lupin, guardando da un’altra parte.
“Guardami quando ti parlo. Possibile che ogni volta finisca cosi?”
“Ehm, ma stai tranquillo, stavolta Fujiko non c’entra niente. E poi, lei è una del nostro gruppo…”
“Ma quando mai?”
“E poi di tutti i gioielli, mi era rimasto solo un braccialetto.” sospirò Lupin “L’avevo regalato a Fujiko, in cambio di…bè, lasciamo perdere, tanto non ha mantenuto la promessa.”
“Come? E gli altri gioielli dove sono finiti?”
“Disseminati nel parco di Ueno. Il deltaplano aveva fatto le bizze…”
“Centinaia di milioni di yen rubati e persi in una notte!” esclamò Jigen sconcertato, premendosi il cappello sulla fronte “Solo tu potevi essere capace di fare una cosa simile, Lupin!”
“Bè, sai come si dice…facile avuto, facile perduto.” commentò lui, allargando le braccia.
“Seriamente, Lupin” disse Jigen, tornando sull’argomento principale “pensi davvero che potremo guarire Kelly?”
“Quando una fanciulla, anche se piccola, è in pericolo, è dovere di Lupin salvarla. Vedrai che nei microfilm troveremo la soluzione.”
Jigen non ne era sicuro. Però una cosa era certa: se Lupin si metteva in testa un obiettivo, lo raggiungeva sempre. Osservando la mappa con attenzione, Jigen si rese conto che la villa di Banjo non era affatto facile da derubare.
“Non so se ce la faremo in due.” borbottò Jigen, perplesso “Ci vorrebbe anche Goemon. Sarà difficile convincerlo: è da qualche parte in meditazione e sai che non vuole essere disturbato.”
“Ci ho già pensato.” disse Lupin, inserendo una vecchia moneta nel videogioco e ricominciando un’altra partita a Pac-Man.
Jigen scosse il capo, disgustato.
_________________________________________________________________________________________________________
Sabato prossimo: festa in villa Banjo!

Se volete commentare, potete farlo qui: https://gonagai.forumfree.it/?t=50887256#lastpost

Se volete scaricare la puntata in formato word, qui sotto c'è l'allegato.


NOTE:
Questa puntata è tutta incentrata sui personaggi di Lupin. Li elenco qui:


lupin3.th
LUPIN III: Discendente del famoso Arsenio Lupin, più che un ladro è una persona che ama le sfide: più sono difficili o addirittura impossibili, più per Lupin è impossibile rinunciare.


jigendaisuke.th
JIGEN DAISUKE: Infallibile pistolero di poche parole, forse l'amico più vicino a Lupin III.


zenigata6kk.th
KEIBU ZENIGATA Tenace e sfortunato ispettore dell'Interpol, sempre all'eterna caccia di Lupin III.


fujiko2.th
FUJIKO MINE: Bellissima e consapevole di esserlo, usa la sua seduzione per usare Lupin per i suoi scopi, Il suo unico amore è il denaro, anche se una certa (piccola) attrazione per Lupin ce l'ha...


goemon.th
ISHIKAWA GOEMON: Invincibile samurai, è l'elemento "nobile" del gruppo di Lupin.

Edited by joe 7 - 9/6/2014, 20:37
 
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Riassunto: Lupin è interessato al deposito d’oro che si trova nella villa di Haran Banjo, il pilota del Daitarn 3. Quest’ultimo, dopo aver sconfitto i Meganoidi, ha creato la Solar Corporation, un’azienda internazionale che produce materiale ad energia solare. Dopo aver coinvolto Jigen, il pistolero, ora Lupin pensa a Goemon, il samurai, che si è ritirato in meditazione…

Ishikawa Goemon, il samurai, era seduto nella posizione del loto in mezzo al prato verde, con l’erba che si muoveva agitata dal vento. Teneva gli occhi chiusi e con una mano serrava, ritta in posizione verticale, la sua spada, che si chiamava Zantetsu-ken, o Zantetsu, cioè “lama che taglia il ferro”, anche se, a dire il vero, tagliava ogni cosa. Il nome segreto dell’arma, però, noto solo a Goemon e a pochi altri, era Nagareboshi, “frammento di stella cadente”. Infatti, la leggenda dice che il progenitore della famiglia degli Ishikawa l’avesse forgiata usando il metallo presente in un meteorite caduto sulla Terra. Da tredici generazioni la spada fu tramandata da padre in figlio, fino ad arrivare nelle mani dell’ultimo degli Ishikawa, Goemon. Lui e la sua spada erano una cosa sola. La sua forza, la sua vita, la sua essenza era la spada Zantetsuken. Ma da tempo ha dovuto usarla per cose minime. Tagliare elicotteri, vestiti, palazzi: cose indegne per questa grande spada. Aveva bisogno di essere purificata.

Attorno al samurai c’erano dieci tronchi d’acciaio, ritti in piedi, saldamente fissi nel terreno. Ad un certo punto, mosse il pollice della mano, facendo spostare il manico della spada, che si staccò leggermente dal fodero. In un attimo, la spada fece un ampio giro attorno a Goemon, quasi invisibile nella sua rapidità. Sembrava che non fosse successo nulla. Poi Goemon si alzò, rinfoderando con calma la spada. Nello stesso momento, le dieci travi d’acciaio si divisero in due, con la parte superiore che cadeva a terra, lasciando esposta una superficie di taglio nettissima e lucente. Goemon si avvicinò ad una delle travi, facendo scorrere le dita sulla superficie del taglio. Il risultato era buono, ma non era l’ideale. La spada ha ancora bisogno di purificazione, concluse il samurai. Guardando meglio, Goemon notò che sulla superficie di taglio c’era qualcosa, come una depressione in certi punti. Cos’era successo? Stupito, si accorse che stava vedendo lì la faccia stilizzata e sorridente di Lupin, con sotto scritto: ”C’è posta per te”. Non volle neanche chiedersi come cavolo aveva fatto Lupin a mettere qui delle sbarre di acciaio taroccate in quel modo. Però stavolta Goemon non si sarebbe mosso: da troppo tempo c’era bisogno di meditazione e purificazione per la sua anima. Stavolta Lupin dovrà arrangiarsi, pensò.
“Goemon!”
Voltandosi, vide Murasaki, la sua promessa sposa del casato dei Suminawa, che le stava venendo incontro. Come mai era qui? Sapeva bene che voleva stare da solo nelle meditazioni.
“Goemon, è arrivato questo adesso per te. Lupin mi ha detto per telefono che è urgente.” disse lei, mostrandogli una lettera. Conteneva un messaggio molto breve e una foto: “Abbiamo bisogno di te per salvare la vita di questa bambina ammalata. Vieni a trovarci al solito posto. Lupin III.”
Accanto alla lettera, c’era la foto di Kelly, la sorella di Radik. Era in un letto d’ospedale, coperta di tubicini e osservata da infermiere. Goemon capì che doveva partire, ma sotto di sé si sentì scornato di nuovo. Possibile che riesca sempre a convincermi ogni volta? Mi sa che finché c’è Lupin di mezzo, la mia spada non si purificherà mai…

Pochi giorni dopo, al tramonto di una bellissima giornata d’estate, nella villa di Banjo, che era diventata la sede fuori città della Solar Corporation, si iniziarono i festeggiamenti per l’anniversario della fondazione della ditta. La villa era piena di luci scintillanti e numerosi fuochi artificiali illuminavano la notte. Sull’ampio piazzale c’era la mostra di tutti i prodotti dell’azienda, mentre in mezzo troneggiava l’ultima novità, la rivelazione della festa: l’automobile ad energia solare immagazzinata.
Moltissime persone del mondo dei vip e rappresentanti di aziende estere si aggiravano intorno al buffet, gestito da un distinto signore con baffi bianchi ben curati e vestito in modo elegante e impeccabile. Anche se anziano, portava molto bene i suoi anni e diverse donne lo trovavano affascinante. Si chiamava Garrison Tokida, ed era il maggiordomo e assistente di Banjo. Era aiutato da un ragazzetto che passava in giro con un vassoio, offrendo da bere a tutti. A dire il vero, quest’ultimo era meno rilassato del maggiordomo. Tornato al buffet per fare rifornimento di bicchieri, disse sottovoce:
“Ma, Garrison, devo proprio fare questa buffonata?”
Il distinto signore, mettendo i bicchieri pieni sul vassoio del ragazzo, rispose:
“Porti pazienza, signorino Toppi. Non credo che il suo stipendio sia così basso da farla brontolare così.”
“Sì, d’accordo, ma mi aspettavo un ruolo un po’ più importante…qui io faccio il cameriere!”
“Si comincia sempre dal basso, signorino Toppi. E’ da lì che sono partiti i grandi uomini.”
“Conosco la sviolinata.” sbuffò Toppi, riprendendo il giro.
Garrison sorrise. Impaziente e pieno di buona volontà, il ragazzo, Proprio come ero io da giovane.
“Mi scusi.” disse una voce all’improvviso, dolcissima e delicata. Garrison si voltò e non credette ai suoi occhi. Davanti a lui c’era la donna più bella che avesse mai visto (con tutto il rispetto per Beauty e Reika, le assistenti di Banjo). Era vestita con un abito da sera di un rosso brillante, insieme ad una borsetta anch’essa rossa. La scollatura vertiginosa che aveva sul davanti sottolineava le sue misure decisamente abbondanti. I suoi capelli erano una cascata color castano che circondava le spalle nude. Garrison dovette usare tutto il suo self control per restare impassibile.
“Dica, ehm, signorina. Ha bisogno?”
“Ecco…io sono una giornalista del Sunday Tribune.” disse con una voce squillante e piacevole “Mi chiamo Hitomi Kant. Potrei sapere quando arriverà il signor Banjo? Vorrei intervistarlo, se possibile.”
“Ah…capisco. Dovrebbe arrivare qui a momenti. Di solito, però, signorina, lui non rilascia interviste.”
Davanti allo sguardo afflitto della ragazza, il gentiluomo che è in lui non poteva restare impassibile.
“Ma, se vuole” aggiunse lui in fretta “potrei parlarne col signor Banjo…”
“Oh, davvero?” trillò la ragazza, eccitata “La ringrazio molto, lei è molto gentile, davvero. Le posso dare il mio biglietto da visita?”
“Ma certo. Si fidi di me. Farò tutto il possibile.” rispose Garrison, prendendo il foglietto.
La giornalista prese un bicchiere di champagne e ringraziò ancora il maggiordomo con un timido sorriso di ragazza impacciata, poi si allontanò con passo felpato, seguita dallo sguardo di Garrison, ancora incredulo davanti a una simile apparizione. Hitomi Kant, o meglio Fujiko Mine, sorrise. La prima parte del piano era stata effettuata.
_________________________________________________________________________________________________________
Prossimamente: Arriva Haran Banjo!

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Se volete scaricare la puntata in formato word, potete cliccare sull'allegato.

Ecco l'elenco dei personaggi di questa puntata:

goemon.th
ISHIKAWA GOEMON: Invincibile samurai, è l'elemento "nobile" del gruppo di Lupin.

murasaki.th
MURASAKI SUMINAWA: La promessa sposa di Goemon (da: "La cospirazione dei Fuma")

garrisonz.th
GARRISON TOKIDA: fedele maggiordomo di Banjo

toppi.th
TOPPI: ragazzino amico di Banjo

fujiko2.th
FUJIKO MINE: Bellissima e consapevole di esserlo, usa la sua seduzione per usare Lupin per i suoi scopi, Il suo unico amore è il denaro, anche se una certa (piccola) attrazione per Lupin ce l'ha...

Edited by joe 7 - 9/6/2014, 20:38
 
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Riassunto: Lupin è interessato al deposito d’oro che si trova nella villa di Haran Banjo, il pilota del Daitarn 3. Quest’ultimo, dopo aver sconfitto i Meganoidi, ha creato la Solar Corporation, un’azienda internazionale che produce materiale ad energia solare. Durante una festa alla villa di Banjo, si presenta sotto mentite spoglie Fujiko Mine, della banda di Lupin…


Mentre la festa dell’inaugurazione andava avanti, c’era un certo brusio tra gli invitati: “Dov’è il presidente?” “Banjo?” “Sì, Banjo, non è ancora arrivato…” “Dicono che sia un bell’uomo…” “Chissà perché si è dipinto i capelli di verde?” “Bè, sai, i ricchi sono stravaganti…”
Tutti, insomma, stavano aspettando il famoso (e famigerato) Haran Banjo. In uno dei corridoi della villa, una ragazza in abito da sera blu scuro, con capelli castani lunghi e molto curati camminava impaziente, guardandosi in giro. Era Reika Sanjo dell’Interpol, una delle due assistenti di Banjo. In quel momento, era come minimo di umore nero cupo. Banjo si era nascosto chissà dove un’altra volta.
Ma possibile che quell’imbecille non capisca la sua posizione? Adesso è il presidente di un’azienda, non può continuare a fare come gli pare! pensò Reika.
Banjo non rispondeva al telefono e la ragazza aveva appena finito di controllare tutte le quarantasei stanze principali della villa: aveva i piedi stanchi e nutriva dei desideri vagamente omicidi. Il telefonino squillò. Reika lo afferrò velocissima.
“Banjo?”
“No, signorina Reika. Sono Garrison. Il signor Banjo non c’è ancora? Stanno tutti aspettando il suo discorso per l’inaugurazione del nuovo modello ad energia solare…”
Reika si coprì gli occhi con una mano, respirando profondamente per un certo tempo. Era una tecnica yoga che le avevano insegnato all’Interpol per mantenere la calma. Giusto. Calma. Stiamo calmi. Bill Gates della Microsoft. L’emiro degli Emirati Arabi. I rappresentanti delle ambasciate dell’America, della Francia e della Germania. Tutti i ricchissimi investitori privati e non so quanta altra gente importante è lì ad aspettare il suo discorso. E quel £$%£$£”& di Banjo li sta facendo aspettare tutti. Ma dove diavolo è??
“Adesso lo trovo, Garrison. Non preoccuparti.”
Tolse il contatto e rifletté. All’improvviso, le venne in mente che non c’era nemmeno Beauty, l’altra assistente di Banjo. Dov’era?

Il letto era pieno di vestiti da sera della più diversa varietà. Da quasi un’ora, Beauty Tachibana, in sottoveste e reggicalze, si stava specchiando, osservando con cura e attenzione come le stavano gli abiti. Era indecisa una volta per le scarpe, una volta per le combinazioni dei colori, un’altra volta per certi particolari dell’abito: roba da far impazzire qualunque commesso di un negozio di vestiti. Alla fine, si decise: un abito nero con paillettes brillanti e ben distribuite, con un doppio spacco assassino davanti e dietro, insieme a due scarpe in pelle nera col tacco alto e una borsetta dello stesso colore. Dopo essersi specchiata per la centesima volta, si spruzzò un profumo francese dal nome impronunciabile e si guardò soddisfatta, toccandosi i boccoli dei suoi lunghi capelli biondi.
Questa volta avrai Banjo ai tuoi piedi, piccola Beauty! si disse lei, facendo l’occhiolino all’immagine sullo specchio, quando la porta si aprì di scatto, sbattendo contro il muro con fragore.
“Beauty!”
“Reika!” rispose lei con un sobbalzo “E’ questo il modo di entrare?”
“Ma cosa fai ancora qui? La festa è già iniziata da un pezzo! Dov’è Banjo?”
Beauty guardò l’orologio e sussultò.
“Perbacco, è così tardi? Non me n’ero neanche accorta!”
“Non mi meraviglia.” rispose acida Reika “Bisogna trovare Banjo, subito!”

Il droide abbassò la pesante mazza ferrata, ma Banjo l’evitò per un soffio. Con le mani appoggiate a terra e i piedi sollevati, lo colpì in pieno volto, facendogli perdere l’equilibrio. Un altro colpo ben assestato e il robot cadde a terra. Altri due lo assalirono alle spalle, ma Banjo si abbassò, sfuggendo alla loro presa. Poi spiccò un salto e fece sbattere insieme le teste dei due automi. Ma non era finita: dal pavimento spuntarono delle aste metalliche con dei piccoli globi in alto, che mandarono dei laser verso di lui. Banjo estrasse la pistola e li colpì a uno a uno. La sessione era finita.
“Tempo?” chiese Banjo al computer Tute, asciugandosi la fronte.
“Due minuti e ventitré secondi, signor Banjo” disse una voce meccanica.
“Abbastanza buono. Però è stato troppo facile. La prossima volta raddoppia i robot e armali meglio.”
“Sissignore.”
Banjo si tolse i vestiti sudati e si diresse verso la doccia. Si sentiva stanco ma soddisfatto. Aveva bisogno di sfogarsi. Riunioni, conferenze, sorrisi, contratti, questioni legali, codicilli e fesserie varie. Al confronto, affrontare Don Zauker è stato un picnic.
Chissà a che ora c’è quella festa della villa? si chiese. Non si era ancora reso conto che la festa era già iniziata. In quel momento, una gigantesca voce gli perforò i timpani delle orecchie, facendolo sobbalzare.
“Banjo, pezzo d’idiota! Cosa ci fai qui?”
Reika gli stava gridando dal megafono, che lei aveva alzato apposta al massimo volume. Per avere un’idea dell’effetto che fece su Banjo, basti pensare ai mille decibel di Mazinga Z. Quasi istupidito, Banjo balbettò:
“Re…Reika? Ma cosa c’è da urlare a quel modo? Sei impazzita?”
“C’è l’inaugurazione adesso! Corri subito a cambiarti, ti stanno aspettando!”
“Vado, vado” rispose lui rassegnato.
“Non c’è niente da fare.” sospirò Reika “Tutte le volte devo stanarlo!”
“Si vede che non gli piace fare il direttore.” commentò Beauty.
“E allora perché ha costruito l’azienda? E’ troppo tardi per ripensarci. Banjo ha voluto la bicicletta, adesso pedala!”

Quando Banjo apparve sul palco, col frac rosso e accompagnato da Reika e Beauty, l’applauso fu scrosciante. Lui sorrise nervosamente e iniziò il discorso leggendo quello che gli aveva scritto Garrison. Per fortuna tutto andò liscio senza problemi: Banjo aveva una gran paura di impappinarsi. Però, proprio quando stava per finire (con gran sollievo della folla: Banjo non era un grande oratore) dovette interrompere subito, perché si sentirono dei rumori di colluttazione, insulti e voci varie. All’improvviso, comparve un uomo che avanzava senza paura, trascinando con sé una delle guardie che lo stava trattenendo mettendogli le braccia addosso. La persona appena apparsa aveva un impermeabile e berretto: teneva alzata una mano che mostrava un distintivo e imprecava:
“Lasciami andare, idiota! E’ una questione di vita o di morte!”
“Chi siete, signore?” chiese Banjo, scendendo dal palco.
“Sono l’Ispettore Zenigata dell’Interpol! Mi mandi via questo idiota!”
“Vai pure, Sam. E’ tutto a posto. E’ una persona che conosco.” disse Reika alla guardia.
“Ah, sì! Lei è…è Reika Sanjo, vero? La mastina dell’Interpol!” esclamò Zenigata, felice nel vedere una collega. Le strinse la mano con gran calore. Lui aveva l’impermeabile completamente spiegazzato e l’aspetto di uno che ha fatto le mille miglia a piedi. Banjo era un po’ perplesso e sussurrò a Reika:
“Ma è davvero un ispettore, questo? Mi sembra un matto!”
“Non fidarti delle apparenze, Banjo. E’ in gamba, anche se è un po’ fissato.” rispose Reika, a bassa voce.
“Ehm…come mai è qui, ispettore? E’ successo qualcosa di grave?” chiese Banjo, sorridendo imbarazzato, come si fa con un pazzo per tenerlo calmo.
“Lupin vuole rapinarvi, signor Banjo! Leggete qui!”
Zenigata estrasse dall’impermeabile un foglio spiegazzato che Banjo dovette aprire bene. Lesse:
“Cara Centrale di Polizia,
ho saputo che il povero Haran Banjo è pieno di preoccupazioni per il suo oro. Questo mi riempie di dolore: perciò lo voglio aiutare, portandoglielo via tutto tra una settimana.
Lupin III
PS: Ciao, Zazà!”

Banjo sorrise: “Chi è questo Lupin?”
“Un ladro internazionale, signor Banjo! Sguinzaglierò tutta la polizia alla difesa della vostra villa! Non passerà qui neanche uno stuzzicadenti senza permesso!” rispose Zenigata, accalorandosi.
Mentre la folla osservava incuriosita lo spettacolo, Fujiko contemplò con eccessivo interesse i macchinari esposti, coprendosi la faccia con la borsetta. Sudava freddo: doveva comparire proprio Zenigata adesso!
Maledetto Lupin – pensò Fujiko – Perché ti sei messo di mezzo? L’oro di Banjo lo volevo io!
Al primo piano, un cameriere osservava la scena dalla finestra. Togliendosi la maschera, Lupin disse sogghignando:
“Gli attori sono pronti. E’ ora che inizi lo spettacolo.”
__________________________________________________________________________________________________________
Sabato prossimo: Lupin alla villa di Banjo!

Se volete commentare, il link è qui: https://gonagai.forumfree.it/?t=50887256#lastpost

Se volete scaricare la puntata in formato word, qui sotto c'è l'allegato.

Ecco la lista dei personaggi apparsi in questa puntata:

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HARAN BANJO: l'eroe che pilota il Daitarn 3.


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BEAUTY TACHIBANA: assistente bionda di Banjo.


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REIKA SANJO: assistente bruna di Banjo. Agente dell'Interpol.


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LUPIN III: Discendente del famoso Arsenio Lupin, più che un ladro è una persona che ama le sfide: più sono difficili o addiruttura impossibili, più per Lupin è impossibile rinunciare.


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KEIBU ZENIGATA Tenace e sfortunato ispettore dell'Interpol, sempre all'eterna caccia di Lupin III.


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FUJIKO MINE: Bellissima e consapevole di esserlo, usa la sua seduzione per usare Lupin per i suoi scopi, Il suo unico amore è il denaro, anche se una certa (piccola) attrazione per Lupin ce l'ha...



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Riassunto: Lupin è interessato al deposito d’oro che si trova nella villa di Haran Banjo, il pilota del Daitarn 3. Quest’ultimo, dopo aver sconfitto i Meganoidi, ha creato la Solar Corporation, un’azienda internazionale che produce materiale ad energia solare. Durante una festa alla villa di Banjo, l’Ispettore Zenigata avvisa il pilota del Daitarn 3 delle intenzioni di Lupin…

Lupin non perdette tempo. Entrare nella villa di Banjo come cameriere era stato uno scherzo: ora bisognava fare sul serio. La mappa della villa parlava chiaro: l’obiettivo era in fondo al corridoio davanti a lui, dentro una camera chiusa con una porta blindata. Le combinazioni della porta erano quattro, e cambiavano ogni ora. Il pavimento era sensibile al peso e avrebbe fatto suonare l’allarme se solo fosse caduta sopra una piuma. Dei raggi ottici invisibili avrebbero fatto ugualmente scattare l’allarme al minimo contatto con un corpo estraneo. In più, varie telecamere di sicurezza. Ordinaria amministrazione, pensò Lupin con un sorriso. Capovolse la giacca da cameriere, cambiò i suoi vestiti e si mise la maschera di Garrison.
“Vado, Jigen. Tenetevi pronti col furgone.” sussurrò Lupin al microfono.
“Va bene.” rispose il pistolero, con la cuffia in testa, davanti ad un complicato ricevitore schermato contro ogni intercettazione, nascosto dentro un finto furgone per i lavori stradali, a due isolati dalla villa di Banjo. Goemon, vestito da operaio, era al posto di guida, controllando ogni movimento sospetto.
“Però” obiettò dubbioso Jigen “tutto l’oro di Banjo non può essere lì. Secondo la mappa, non c’è nessun’area abbastanza ampia per depositare così tanto oro.”
“Infatti non c’è.” replicò Lupin “Non c’è né lì né in nessun’altra parte della villa. Ma nella camera blindata c’è il computer centrale ‘Tute’ dove troveremo tutte le informazioni: sia sull’oro che sulla malattia di Kelly. Gli appunti del padre di Banjo sono sicuramente nel computer.”
Il finto Garrison appoggiò la mano sul quadro comandi: quella mano era coperta da un guanto trasparente dove erano state replicate le impronte digitali del maggiordomo. In pochi attimi, il sistema d’allarme fu disattivato e “Garrison” camminò tranquillo lungo il corridoio, aprendo la porta blindata grazie ad un semplice rilevatore di combinazioni. Secondo me, Banjo dovrebbe migliorare le sue difese, pensò Lupin con una certa disapprovazione. Persino mio nonno sarebbe stato capace di entrare coi metodi di allora. Forse dovrei scrivergli un paio di buoni consigli…
Dentro la camera blindata c’era un computer che occupava praticamente tutta la stanza: avrebbe fatto un figurone in qualche film di fantascienza. Mica male, osservò Lupin. Trattenne a stento un fischio di ammirazione. C’era anche un modellino di Daitarn 3 legato a una sporgenza del gigantesco macchinario. Carino, pensò il ladro. Si vede che Banjo non ha dimenticato certe cose. Io invece mi sarei annoiato a morte a guidare quei robocosi. Non è nel mio stile. Mentre meditava su queste cose, aveva estratto un apparecchio duplicatore che in poco tempo entrò nella memoria del computer ed iniziò la duplicazione dei dati. Ci sarebbe voluto un po’. Avrei dovuto portarmi qualcosa da leggere…

Nel frattempo, Zenigata aveva già sguinzagliato i poliziotti a presiedere tutte le entrate della villa, e, davanti al portone principale, restò fermo in piedi, guardando con occhio truce e sospettoso ogni persona che gli compariva davanti.
“Non vorrà mica restare lì tutta la notte?” chiese Banjo, sorpreso dalla vitalità di quell’uomo.
“Non conosci Zenigata.” disse Reika “Sarebbe capace di star lì tutta la settimana, pur di catturare Lupin.”
“Mi sembra una persona affascinante.” squillò Beauty nel tentativo di far ingelosire Banjo.
“Sarà la 369° volta che dici questa frase quando vedi qualcuno. Almeno cambia disco, biondina.” commentò Reika acidissima. Le due donne si guardarono in modo tale che Banjo ritenne prudente eclissarsi.
Zenigata rimase al suo posto, vigile come una sentinella. Era un po’ perplesso: gli sembrava di aver visto per un momento una donna che somigliava a Fujiko. Poteva essere un’impressione, ma per essere sicuro l’ispettore si infilò tra la folla, scrutando con attenzione tutte le donne che vedeva. Qualcuno cominciò a sospettare che quel tizio con l’impermeabile che osservava le donne fosse un maniaco.

Dietro il portone dove c’era prima Zenigata, Fujiko fece capolino con la testa e tirò un sospiro di sollievo. Era riuscita ad entrare nella villa prima di Zenigata. Conoscendo Lupin, pensò, sicuramente sarà davanti al computer centrale. Fujiko si tolse le scarpe col tacco – troppo rumorose – e si mosse silenziosamente come una gatta, entrando di soppiatto nei corridoi e nelle stanze della villa. Passò rapidamente da un punto all’altro. Alla fine, notò il corridoio e la camera aperta della camera blindata dove era entrato Lupin. Fujiko sorrise: aveva beccato il suo pollo. Estrasse dalla borsetta un rossetto, lo baciò e pensò: Perdonami, Lupin, ma ho altri piani su quell’oro. Non voglio che tu mi ostacoli. Gettò il rossetto con tranquillità proprio sopra il pavimento del corridoio. Appena lo toccò, l’allarme suonò facendo scuotere tutta la villa.

Zenigata scattò come una pantera appena sentì l’allarme, fiondandosi dentro la villa di Banjo, seguito dai suoi fedeli poliziotti che salirono alla svelta le scale dietro di lui. Banjo, Reika e Beauty li seguirono per ultimi. Anche Toppi voleva andare, ma Garrison lo fermò prendendolo per il colletto:
“No, signorino Toppi. Il ladro potrebbe scappare fuori dalla villa. Dobbiamo sorvegliarla da fuori. Faccia un giro attorno alla villa, mentre io tranquillizzo gli ospiti.”
Il ragazzo non ne aveva la minima voglia, ma sbuffando iniziò l’esplorazione. Tutto il divertimento a loro, mannaggia! bofonchiò.

Lupin aveva appena finito di duplicare l’ultimo file, quando l’allarme lo fece trasalire. Uscì come un missile dalla camera, chiudendo la porta blindata e corse sul corridoio.

“Da questa parte!” gridò Zenigata “L’allarme viene da lì!”
“Quella è la camera blindata del computer centrale!” esclamò Banjo.
I poliziotti circondarono l’uscita del corridoio, pistole in mano.
“Lupin, esci fuori con le mani in alto!” urlò Zenigata al megafono.
Nessuna risposta. Però notarono un gattino che stava camminando sul pavimento del corridoio. Beauty lo prese e lo accarezzò: “Ma che carino!”
Zenigata era rimasto di carta. Evidentemente quel gatto aveva fatto scattare l’allarme.
“Maledizione!” urlò, buttando a terra il megafono. “Sono sicuro lo stesso che Lupin è stato qui! Controllate tutto!”
Banjo, Reika e Beauty controllarono la stanza blindata: i dati del computer erano a posto e non c’era traccia di presenza umana prima di loro.
“Tutto a posto, signor Banjo?” chiese Garrison, appena arrivato.
“Tutto OK, puoi tornare giù. Dev’essere stato un falso allarme.”
“Probabile, signor Banjo. Comunque starò attento per il resto della serata.”
I poliziotti tornarono ai loro posti, insieme ad un Zenigata seccatissimo. “Garrison”, lasciato solo, tirò un sospiro di sollievo. Lupin ce l’aveva fatta per un soffio. Aveva portato un gattino in una scatola prima di entrare nella villa, in previsione di un allarme improvviso. Una precauzione necessaria ogni volta che c’erano di mezzo pavimenti sensibili. Lupin estrasse dalla tasca un rossetto. Sapeva chi ringraziare per lo scherzetto.

Nel frattempo, a New York, una donna dai capelli rossi scese dal taxi e si diresse verso il palazzo della Krask Corporation. Era molto elegante, con un tailleur blu scuro e una sciarpa leggera color violetto. Aveva un paio di guanti bianchi e portava occhiali neri.
“Buongiorno, Miss Shinozuka.” disse l’addetto alla reception.
“Buongiorno. Mi faccia passare tutte le chiamate tra un’ora.”
“Certo. Buona giornata.”
“Ultimo piano.” disse la donna al ragazzo dell’ascensore. Dopo essere arrivata, si incamminò verso lo studio della presidenza della Krask Corporation. Le finestre si alzarono automaticamente, mostrandole l’immenso panorama della città di New York: i grattacieli, la baia di Hudson, Hyde Park. La donna si tolse gli occhiali, contemplando soddisfatta lo spettacolo.
“Tu pensi che sia finita coi meganoidi, Haran Banjo.” disse con voce fredda “Invece abbiamo solo iniziato. Cullati nei tuoi sogni finchè dura.”
Il vetro della finestra riflettè il viso impassibile di Koros, l’assistente di Don Zauker.
__________________________________________________________________________________________________________

Prossimamente: Fujiko in azione...

Commenti: potete postarli qui: https://gonagai.forumfree.it/?t=50887256

Potete scaricare il file della storia in formato word cliccando sull'allegato postato alla fine.

NOTE:


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JIGEN DAISUKE. E' il braccio destro di Lupin III. Abilissimo pistolero e misogino totale, a volte viaggia per conto suo, ma spesso agisce a fianco di Lupin.

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KEIBU ZENIGATA Tenace e sfortunato ispettore dell'Interpol, sempre all'eterna caccia di Lupin III.


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FUJIKO MINE: Bellissima e consapevole di esserlo, usa la sua seduzione per usare Lupin per i suoi scopi, Il suo unico amore è il denaro, anche se una certa (piccola) attrazione per Lupin ce l'ha...


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HARAN BANJO: l'eroe che pilota il Daitarn 3.


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BEAUTY TACHIBANA: assistente bionda di Banjo.


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REIKA SANJO: assistente bruna di Banjo. Agente dell'Interpol.


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TOPPI: ragazzino amico di Banjo


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GARRISON TOKIDA: fedele maggiordomo di Banjo


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DON ZAUKER: misterioso capo dei Meganoidi.


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KOROS: aiutante di Don Zauker e comandante in seconda dei Meganoidi.



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Riassunto: Lupin è interessato al deposito d’oro che si trova nella villa di Haran Banjo, il pilota del Daitarn 3. Quest’ultimo, dopo aver sconfitto i Meganoidi, ha creato la Solar Corporation, un’azienda internazionale che produce materiale ad energia solare. Durante una festa alla villa di Banjo, l’Ispettore Zenigata avvisa il pilota del Daitarn 3 delle intenzioni di Lupin, che intanto copia di nascosto i dati del megacomputer di Banjo. Anche Fujiko interviene per conto suo, ostacolando l’operato di Lupin, che si salva nascondendosi sotto le spoglie di Garrison ed usando un gattino come esca…

Haran Banjo uscì dalla villa, piuttosto perplesso. In sostanza, sarebbe stato un falso allarme: un gattino che, casualmente, era passato di lì e si era messo a camminare sul pavimento fotosensibile del corridoio della camera blindata.
D’accordo, sarà stato così, si disse lui, ma, a parte il fatto che bisognerebbe chiedersi come ha fatto un gatto mai visto prima ad entrare così facilmente nella villa, c’è il piccolo particolare che non ci sono gatti in giro qui nell’area di dieci miglia. Qui c’è qualcosa che non va…
Dietro di lui, Reika e Beauty accarezzavano il piccolo animale che una delle due teneva in braccio. Mentre Banjo si stava dirigendo verso la folla degli invitati e Zenigata, coi suoi uomini, era tornato al suo posto di sorveglianza, più imbufalito che mai per il falso allarme, Garrison gli corse incontro preoccupato. Banjo fu decisamente sorpreso. Il maggiordomo non si scomponeva mai, neanche davanti ad un megaborg. Doveva essere successo qualcosa di terribile.
“Signor Banjo! Una donna è svenuta adesso! L’ho portata su un divano del salotto!”
“Adesso come sta?”
“Abbastanza bene. Chiamo un medico?”
“Per adesso no, portami da lei, poi vediamo.”
“Veniamo anche noi, Banjo!” dissero le assistenti. Una donna, per Reika e Beauty, era un potenziale nemico: bisognerà tenerla d’occhio, pensarono tutte e due.
Il salotto era una delle stanze più lussuose della villa – già ricca di per sé – ed aveva sui muri i quadri di Tiziano e Van Gogh, oltre ad altri pittori noti. I tappeti orientali si armonizzavano con le decorazioni del grande camino, in quel momento chiuso per via della bella stagione: a guardarlo, si poteva immaginare che facesse un fuoco assai robusto e imponente. Il lampadario di Murano, coi suoi cristalli luccicanti, illuminò splendidamente la sala, mostrando una donna bellissima, dalle forme decisamente sviluppate, distesa sul divano. Era avvolta in un abito da sera scarlatto che lasciava poco spazio all’immaginazione: Banjo la fissò piacevolmente sorpreso, mentre Reika e Beauty la osservarono con fredda diffidenza. La fanciulla misteriosa aveva gli occhi chiusi e pareva sofferente. Banjo le toccò la fronte: notò che era un po’ calda. Le sollevò leggermente la testa e, dandole dei colpetti sulla guancia, le disse:
“Signorina, state bene? Mi potete rispondere?”
“Oooh..che è successo? Dove sono?” rispose lei, aprendo incerta gli occhi e guardandosi intorno.
“Siete nella mia villa. Io sono Haran Banjo. Come state?”
Lei si alzò subito, sedendosi sul divano ed afferrandogli le mani disse con tono ammirato:
“Davvero? Siete davvero Banjo? Io...mi chiamo Hitomi Kant, sono una vostra grande ammiratrice! Sapete, ho letto tutto di voi!”
Banjo notò che la sua scollatura era fin troppo vicina, e sudò freddo. Cercando di stare calmo, guardò da un’altra parte e disse: “Ah…ah…da…davvero?”
Le ragazze la guardarono con scarsissima simpatia. Se quella è malata, io sono Don Zauker, pensò Beauty. Reika invece continuava a rimuginare: Ma dove ho già visto quella faccia?
Banjo cercò di cambiare discorso:
“Ehm…ho capito. Che lavoro fa lei?”
“Sono una giornalista del Sunday Tribune. Sono molto lieta di conoscerla”
Aveva ancora un aspetto un po’ affaticato, e Garrison le porse un bicchiere di brandy per riprendersi. Si rivolse a Banjo:
“E’ vero, signor Banjo. La signorina si era presentata a me poco fa. Vuole che le chiami un medico, miss Kant?”
“No, no, grazie. Non è niente. E’ solo un capogiro: mi succede spesso, da quando…” emise un sospiro studiato, poi continuò: “…da quando sono stata licenziata.” concluse, guardando triste il bicchiere vuoto.
“Licenziata? E come mai?” chiese Banjo.
“Avevano troppo personale, dovevano fare dei tagli e io ero appena arrivata. Ormai non ho più scelta: dovrò tornare a casa mia, nella fredda Hokkaido…”si alzò con lentezza, incamminandosi silenziosa verso la finestra, tenendo tra le dita il bicchiere vuoto. Guardò triste le stelle al di là dei vetri.
“Però” aggiunse lei con una voce che le tremava “prima di farlo, volevo almeno vedere di persona, per una volta, il meraviglioso Haran Banjo.”
“Ma non mi ha detto che lo voleva intervistare, signorina?” chiese Garrison.
Nella mente di Hitomi Kant /Fujiko, lei si mise a ballare dalla contentezza. Aveva fatto centro! Garrison ha fatto proprio la domanda che si aspettava. Trattenendo un sorriso e mantenendo l’aria afflitta, si voltò verso Banjo e gli altri, dicendo a voce bassa:
“Sì, era una stupida idea…mi perdoni, signor Banjo. Pensavo che una sua intervista mi avrebbe…permesso di restare…ma basta, sto dicendo delle sciocchezze. Mi scusi, adesso devo andare.”
“Aspetti.” disse l’incauto Banjo. Ormai il suo destino era segnato. “Se vuole intervistarmi, non ci sono problemi. Venga da me domattina e sarò lieto di rispondere alle sue domande.”
“Davvero? Ma non è possibile!” rispose la donna “Io…non saprei davvero come ringraziarla!”
“Non mi deve ringraziare. E’ il minimo che posso fare per aiutarla. Accompagnala, Garrison, e chiamale un taxi.”
“Certo, signor Banjo.”
Una volta uscita, le due donne accanto a Banjo iniziarono a commentare.
“Non mi piace.” disse Beauty, accarezzando il gattino in braccio “E’ troppo scaltra.”
“E’ vero.” aggiunse Reika “E poi quella faccia mi sembra di averla vista da qualche parte. Se soltanto mi ricordassi dove.”
“Vedete inganni dappertutto, voi. Verrà qui, mi farà l’intervista, siamo in quattro più Toppi. Cosa potrebbe farci?” si difese Banjo.
“Non so.” rispose dubbiosa Reika “In ogni caso, voglio fare una telefonata al Sunday Tribune. Voglio sapere se la conoscono. Inoltre, domani sarò con te mentre lei ti intervista. Preferisco essere prudente. Inoltre c’è Lupin che sta mirando a te, e, da quello che ho sentito dire di lui, non è un tipo da sottovalutare.”
“Ci sarò anch’io all’intervista! Se lei è una vera giornalista, avrò il mio nome sui giornali.” aggiunse Beauty.
“Anch’io! Anch’io!” disse Toppi, che saltò su dal suo nascondiglio dietro un mobile del salotto. Aveva sentito tutto.
“Va bene.” disse rassegnato lui “Domani ci saremo tutti, d’accordo?”
“D’accordo, Banjo.” dissero gli altri.

Fujiko uscì con la testa seminascosta dalla mano davanti, con un’aria ancora sofferente, per evitare di essere osservata da qualche poliziotto, mentre Garrison la precedeva. Salì sul taxi in un attimo e partì. Era soddisfatta. Il piano stava andando a meraviglia, nonostante l’intervento di Lupin. Appena Zenigata era entrato nella villa per dare la caccia a Lupin stanato dall’allarme, Fujiko aveva fatto la scenata della ragazza svenuta davanti a Garrison, che l’aveva portata nel salotto della villa, lontano dai poliziotti. Si compiacque con se stessa e disse all’autista:
“Hotel Lafarge, per favore.”
“Certamente, madame.”
Fujiko sussultò. Osservando bene il volto dell’autista, si accorse che aveva la barba di Jigen.
“E’ un po’ che non ci vediamo, Fujiko.” disse il pistolero con un sorriso, mentre il taxi sfrecciava nella notte.

Lupin, sotto i panni di Garrison, iniziò ad incamminarsi con nonchalance verso l’uscita del cancello della villa, mentre il vero Garrison era ancora dentro l’abitazione. Appena mise il piede fuori dal cancello, una mano l’afferrò per il braccio. Era Zenigata.
“Oh...ehm…che sorpresa, Ispettore! Cosa fa qui? Non doveva sorvegliare l’entrata principale della villa?”
“Certo, signor Garrison. Ma quando l’ho vista, volevo assolutamente fermarla: vede, è per via di quella bellissima macchina.” ed indicò l’auto volante di Banjo, che era accanto alla siepe d’alloro della villa. “La Mach Damon. Veramente splendida, sa? Vola addirittura, ho sentito! E somiglia così tanto alle nostre macchine della polizia! Che meraviglia! Sarebbe possibile averle in dotazione? Lupin non ci scapperebbe più!”
“Eh?” Lupin cominciò a sudare freddo “Credo…credo che non sia possibile, signor ispettore…sa, è un pezzo unico!”
“Davvero? Che peccato! Ma la Mach Damon è una gran macchina, però! Vero?”
“Ma certo…bellissima!” sorrise nervoso l’altro.
Le manette scattarono all’istante sul polso del finto Garrison.
“Cosa…cosa sta facendo, ispettore?”
“Ti ho beccato, Lupin.” sogghignò Zenigata “La macchina di Banjo si chiama Mach Patrol. L’avevo chiamata due volte Mach Damon e non mi avevi corretto. Mi sembrava sospetto un maggiordomo che si incammina verso il cancello. D’altra parte, l’assassino è il maggiordomo, lo sanno tutti.” e scoppiò in una risata.
Lupin si tolse la maschera.
“Complimenti, Zazà. Stai migliorando, sai?”
“Questa volta non mi scappi più, Lupin!” Zenigata afferrò il telefonino, senza togliere d’occhio il ladro “Comunicazione alla centrale: ho catturato Lupin! Portate qui il furgone blindato!” Poi chiamò le guardie per telefono: “Venite tutti qui, svelti!”
Chiuse il telefonino, fissando Lupin con maligna soddisfazione.”Hai visto, Lupin? Mai sottovalutare Zenigata!”
“Hai ragione, Zazà. Sei stato bravissimo. Ciao!” rispose lui, salutandolo con un ampio sorriso ed allontanandosi tranquillo. Zenigata guardò sconvolto l’altro capo delle sue manette legate al polso: era desolatamente vuoto. Iniziò ad inseguirlo dicendo: “Fermati, Lupin!” ma non fece neanche un passo e cadde subito a terra. Guardando in basso, si accorse che Lupin gli aveva messo un paio di manette ai piedi.
I poliziotti trovarono Zenigata seduto a terra che sbuffava imprecando e cercando di aprire le manette ai piedi.
“Cosa guardate, imbecilli?” urlò “Lupin è scappato laggiù! Inseguitelo!!”
Ma ormai il ladro era lontano.

Nella camera dell’Hotel Lafarge, Fujiko era seduta accanto al tavolo, mentre Jigen la controllava in piedi, appoggiato al muro e Goemon era seduto a gambe incrociate sul letto. Il samurai aveva gli occhi chiusi, ma si capiva bene che sarebbe scattato subito con la sua spada al minimo movimento sospetto. Fujiko si sentì in trappola: con loro le sue moine non avrebbero funzionato. Ad un certo punto, entrò Lupin, che chiuse la porta dietro di lui.
“Fujiko, amore mio!” esclamò, inginocchiandosi subito davanti a lei “Come ti hanno trattata questi bruti?”
Fece per baciarle la mano, ma lei la ritrasse subito.
“Piantala, Lupin. Non dovevi metterti di mezzo. L’oro di Banjo interessa anche a me!” protestò Fujiko.
“E per questo hai fatto scattare l’allarme della villa? Cattiva, cattiva!” rispose lui, agitando il dito.
“E smettila, Lupin!” esclamò Jigen esasperato “Non capisci che lei è un pericolo?”
“Concordo.” disse Goemon “Teniamola legata qui, così potremo agire in pace!”
“Calma, ragazzi…” obiettò Lupin, mostrando le mani come per fermarli.
“Niente da fare, Lupin” ribattè il samurai “Se Fujiko si mette di mezzo, io me ne vado. Quella combina solo guai.”
“Ma…Goemon…”
“Anche per me è lo stesso.” confermò Jigen, accendendosi una sigaretta “Nemmeno io la voglio tra i piedi. O noi o lei.”
“Un momento, ragazzi” disse Lupin, dirigendosi verso la finestra ed osservando il cielo stellato “la faccenda qui è grossa. Più ancora di quello che pensate.”
“Che vuoi dire?” esclamò Jigen, dubbioso. Fujiko drizzò l’orecchio: ebbe la sensazione che Lupin stava per dire qualcosa di molto importante. Goemon, in apparenza, restò impassibile.
“Non esiste solo l’oro di Banjo. Mentre venivo qui, avevo ascoltato i file principali che avevo duplicato dal computer della villa. Quel bravo ragazzo di Banjo aveva prelevato l’oro da lassù.” spiegò Lupin indicando in alto.
“Lassù dove?” chiese Jigen.
“Su Marte. Laggiù c’è un giacimento d’oro che vale un Perù.”
Tutti restarono a bocca aperta: persino Goemon rimase stupito.

L’astronave atterrò sul cratere di Marte senza fare rumore. Appena scese la scaletta, Koros uscì, dirigendosi verso l’enorme castello che sovrastava la desolazione del pianeta rosso. Don Zauker era quasi tornato in vita. Ma mancavano ancora molti elementi. La donna attraversò una porta gigantesca che diede l’accesso ad un salone più grande di tre stadi di calcio.
“Aura, Altezza Koros!” disse una voce tonante: era l’insieme di tutti i soldati e soldatesse meganoidi che salutarono Koros col braccio alzato nel saluto romano. Lei passò in mezzo a loro lungo un corridoio, quasi come un Mosè che passa in mezzo al mare, salendo poi su alcuni gradini alla cui sommità c’era un trono. Si sedette e convocò i tre comandanti attivi dell’esercito.
“Comandante Harrison. Comandante Demian. Comandante Rasputin.”
“Aura!” risposero tutti, facendo un passo avanti.
“Il momento è vicino. L’Omegatron è quasi pronto. Preparatevi. Presto il mondo sarà di Don Zauker. L’umanità cadrà sotto i Meganoidi!”
Tutti, soldati e capitani, alzarono il pugno al cielo gridando di gioia: le loro voci riempirono minacciosamente l’immenso salone del castello.
___________________________________________________________________________________________________

Prossimamente: Il passato di Banjo...

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Se volete scaricare la puntata in formato word, qui sotto c'è l'allegato.

Qui posto il classico elenco dei personaggi:

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HARAN BANJO: l'eroe che pilota il Daitarn 3.


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BEAUTY TACHIBANA: assistente bionda di Banjo.


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REIKA SANJO: assistente bruna di Banjo. Agente dell'Interpol.


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TOPPI: ragazzino amico di Banjo


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GARRISON TOKIDA: fedele maggiordomo di Banjo


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DON ZAUKER: misterioso capo dei Meganoidi.


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KOROS: aiutante di Don Zauker e comandante in seconda dei Meganoidi.


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LUPIN III: Discendente del famoso Arsenio Lupin, più che un ladro è una persona che ama le sfide: più sono difficili o addirittura impossibili, più per Lupin è impossibile rinunciare.

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FUJIKO MINE: Bellissima e consapevole di esserlo, usa la sua seduzione per usare Lupin per i suoi scopi, Il suo unico amore è il denaro, anche se una certa (piccola) attrazione per Lupin ce l'ha...


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ISHIKAWA GOEMON: Invincibile samurai, è l'elemento "nobile" del gruppo di Lupin.

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JIGEN DAISUKE. E' il braccio destro di Lupin III. Abilissimo pistolero e misogino totale, a volte viaggia per conto suo, ma spesso agisce a fianco di Lupin.

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KEIBU ZENIGATA Tenace e sfortunato ispettore dell'Interpol, sempre all'eterna caccia di Lupin III.

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Riassunto: Lupin III è interessato al deposito d’oro che si trova nella villa di Haran Banjo, il pilota del Daitarn 3. Quest’ultimo, dopo aver sconfitto i Meganoidi, ha creato la Solar Corporation, un’azienda internazionale che produce materiale ad energia solare. Lupin scopre che il grosso dell’oro è su Marte. Fujiko intanto fa finta di essere una giornalista ed intervista Banjo per avvicinarsi a lui…

La macchina di Fujiko Mine entrò nella villa di Banjo, attraversando il cancello, che si aprì e si chiuse dietro di lei. Adesso arriva il momento più difficile, pensò. Scese dalla portiera ostentando serenità: ma il suo cuore batteva come una mitragliatrice. Sapeva che Zenigata l’aveva già identificata e stava correndo lì come un matto. Infatti, fu subito bloccata da due agenti.
“Cosa succede, signor poliziotto?” chiese in modo innocente.
“Mi dispiace, signorina, ma dobbiamo arrestarla.” rispose uno di loro, mettendole a malincuore le manette. Era troppo bella per essere una criminale, per loro.
“Come?” replicò Fujiko, esprimendo stupore.
Zenigata comparve quasi subito.
“Ci si vede, Fujiko. Come sta Lupin?” sogghignò.
“Chi è questa Fujiko?” disse la ragazza. Poche donne sapevano recitare così bene come Fujiko Mine. “Io sono Hitomi Kant, una giornalista! Devo intervistare il signor Banjo! Controllate le mie credenziali, se non mi credete!”
“Non m’inganni, bellezza. Hai cambiato la voce e il colore dei capelli è diverso, ma tu sei Fujiko Mine, della banda di Lupin. Ti conosco fin troppo bene!”
“Lasciatela stare, ispettore.” disse una voce dietro di lui. Era Reika, l’assistente di Banjo: anche lei era dell’Interpol, come Zenigata, ed aveva fatto una ricerca approfondita su Hitomi Kant la sera prima. Tutto corrispondeva: l’identità della giornalista, il suo lavoro al Sunday Tribune, persino la sua famiglia…Reika dovette arrendersi all’evidenza. Fujiko aveva fatto un ottimo lavoro, facendosi costruire un passato fittizio: la verità sarebbe venuta a galla, ma non subito. Inoltre, a Fujiko non avevano mai fatto in passato le impronte digitali: quindi era impossibile fare confronti. Zenigata era furioso, ma dovette arrendersi. Disse però ai poliziotti:
“Non perdetela di vista quando esce!”

Fujiko entrò nello stesso salone del giorno prima, accompagnata da Garrison e Reika. Quest’ultima non era molto convinta dell’innocenza della “giornalista”: in qualche modo, lei sentiva che era davvero Fujiko Mine. Ma non aveva prove: la somiglianza non era sufficiente. Preferì tenerla d’occhio: per questo aveva accettato che intervistasse Banjo. Al minimo errore, l’avrebbe smascherata.
Banjo, Beauty e Toppi salutarono allegramente la bella giornalista; Banjo le offrì da bere, ma lei rifiutò gentilmente.
“No, grazie, signor Banjo. Sono ansiosa di intervistarla. Sa, è stato sempre il mio sogno!”
Lui era sensibile alle sviolinate: imbarazzato, rispose mostrandole una poltrona del salotto:
“Bè...allora, si accomodi!”
Fujiko si sedette e tirò fuori dalla sua borsetta un registratore, appoggiandolo sul tavolo. Estrasse un bloc notes con penna e disse:
“Sono pronta, signor Banjo.”
Gli altri si sedettero vicino, in religioso silenzio e con una certa curiosità. Fujiko premette l’avvio del registratore: appena si accese la spia rossa, iniziò:
“Per cominciare, signor Banjo, mi sembra giusto presentarla ai lettori del nostro giornale. Lei è conosciuto come Haran Banjo, fondatore della multinazionale Solar Corporation, che vende in tutto il mondo i suoi prodotti ad energia solare. Ma lei è famoso soprattutto per essere stato il pilota del robot gigante Daitarn 3 e di aver liberato il mondo da esseri misteriosi chiamati Meganoidi, dei quali non si sa molto. Pochi mesi fa la rivista Capital le aveva dedicato la copertina, cosa che fa di solito con persone diventate famose a livello mondiale. Tuttavia, anche se lei ha un’indubbia fama, resta lo stesso un uomo misterioso. Potrebbe dirci innanzitutto dove siete nato?”
“Sono nato a Kyoto, sulla Terra, e non su Marte, come pensano alcuni.”
“La sua famiglia da chi era composta?”
“Mio padre si chiamava Haran Sozo, ed era uno scienziato specializzato nella cibernetica ed in altri campi. Mia madre si chiamava Midori, mentre mio fratello maggiore si chiamava Ded.”
“Suo padre aveva fatto molte ricerche sul campo dell’energia solare e sulla cibernetica applicata a livello medico. Si dice che questi Meganoidi siano stati costruiti proprio da suo padre. E’ vero?”
Banjo si irrigidì leggermente. Quella vecchia ferita lo tormentava ancora: il fatto che suo padre avesse creato l’esercito meganoide era sempre stato un grande dolore per lui. Rispose semplicemente:
“Sì, è vero.”
“Può dirci come è successo?”
“E’ una storia un po’ lunga, miss Kant. Ci starà nel registratore?”
“Stia tranquillo. Potrebbe parlare per un mese senza problemi.” rispose sicura Fujiko.
“D’accordo. Come in tutte le cose, sarà bene cominciare dall’inizio. E la storia cominciò non con mio padre, e nemmeno in Giappone. Cominciò con un americano di New York, Kronin Krask. Forse ne ha sentito parlare, miss Kant.”
“Il presidente della Krask International. Mi ricordo di lui. Il suo impero industriale ed economico era tale da influenzare nazioni intere: lo avevano paragonato a Paperon dè Paperoni o a Carlo V, l’imperatore che diceva che “nel mio impero non tramonta mai il sole”. La Krask International attualmente esiste ancora, anche se è gestita da un pool di azionisti. Sembra che abbia ancora la stessa potenza di allora. Ma non si sa più nulla di Kronin Krask. Scomparve improvvisamente.”
Fujiko in effetti aveva fatto diversi colpi alla Krask International: quindi la conosceva a menadito.
“E’ molto informata, miss Kant, complimenti.” commentò Banjo, ammirato “Deve sapere che Kronin Krask era un uomo molto potente e ricco, ma anche malato. Voleva assolutamente trovare un metodo scientifico che gli permettesse non solo di guarire, ma anche di vivere per sempre.”
“Era piuttosto ambizioso.” commentò Fujiko.
“Inevitabile, visto fino a dove era arrivato. Tra le altre cose, la Krask Corporation favoriva anche la spedizione di sonde spaziali per esplorare i pianeti del sistema solare. Su Marte, in particolare, il governo americano aveva costruito una colonia abitata da tecnici specializzati che analizzavano l’ambiente. Le condizioni di vita di quella colonia erano rese simili a quelle della Terra, grazie a complessi sistemi artificiali. La Krask Corporation era la società che aveva finanziato per la maggior parte questa colonia. Infatti, le sonde private di Krask gli avevano permesso di scoprire che nel sottosuolo di Marte c’era un’immensa quantità di oro, tanto che era persino difficile misurarne l’estensione. La colonia aveva anche lo scopo segreto dell’estrazione e deposito dell’oro in lingotti fusi sul posto. Con abili mosse economiche, alla fine Krask divenne il proprietario assoluto della colonia, come pure l’unico beneficiario dell’estrazione di tutto l’oro.”
Accidenti, pensò Fujiko, quello che Lupin aveva scoperto era proprio vero! L’attenzione della donna al racconto di Banjo da quel momento fu totale.
“Incredibile” disse la finta giornalista, sinceramente sorpresa. Immagini di montagne d’oro luccicante le volteggiavano nella mente. Ma Fujiko si ricordò che in quel momento era una giornalista, quindi continuò: “E…suo padre cosa c’entrava in tutto questo?”
“Ci arrivo tra poco. Krask sentì parlare delle scoperte di mio padre sulla cibernetica e ne fu molto interessato: forse aveva scoperto un modo per guarire. Era interessato soprattutto al progetto “Mega”, che mio padre aveva esposto in un congresso, dove sosteneva la possibilità di immortalità attraverso un processo di trasformazione parziale dell’uomo in una macchina. E’ difficile da spiegare: chiamarlo “cyborg” sarebbe riduttivo e chiamarlo “androide” sarebbe errato. Per questo mio padre coniò il termine “Meganoide”: un “Grande androide”. In sostanza, un Meganoide era un essere in parte uomo e in parte macchina, e questa doppia caratteristica era fusa in modo tale da rendere quasi impossibile distinguere la parte umana da quella meccanica.”
“Molto fantascientifico. Doveva essere assai difficile da realizzare.” disse Fujiko.
“Per questo fece il progetto “Mega” su Marte. Ma andiamo con ordine.”

Mentre Banjo continuava a raccontare, nella sua mente i ricordi scesero a valanga. Gli veniva in mente, quand’era bambino, che quel giorno in cui gli avrebbero detto che sarebbero andati tutti su Marte tra poco, era andato ancora al Luna Park di Kyoto, a vedere non solo le giostre, ma soprattutto lo spettacolo di Edwin, il prestigiatore. Era meraviglioso: Banjo stravedeva per lui. Avevano perfino fatto amicizia e lui gli aveva perfino insegnato qualche trucchetto. Ancora adesso Banjo provava tristezza nel ricordare che quella persona meravigliosa era diventato un capitano meganoide. Dopo quello spettacolo, Banjo era corso a casa, entusiasta: ma la sua gioia durò poco, quando gli dissero che avrebbero dovuto andare tutti su Marte. Banjo non ci credeva: sua madre era fermamente contraria e i suoi genitori litigavano spesso su questo argomento. Eppure alla fine lei aveva ceduto. Solo molto tempo dopo, Banjo capì perché: le pressioni economiche di Krask avrebbero distrutto la famiglia e di conseguenza anche la madre dovette piegarsi al diktat.

Infatti, da anni il professor Haran Sozo, insieme al suo assistente Minamoto, lavorava nella ditta Nakia come progettista: molti erano sorpresi del suo talento. In cibernetica era senza dubbio il migliore: il problema era che la ditta Nakia faceva parte della Krask Corporation. Per il dottor Sozo fu una sorpresa sapere che il presidente in persona, l’anziano e temuto Kronin Krask, era venuto fino in Giappone per parlargli di persona. Lo scienziato entrò nella sala riunioni con le gambe che gli tremavano. Krask era seduto a capo del tavolo, da solo, oltre ad una donna dai capelli rossi che era in piedi dietro di lui. Per essere vecchio, era ancora prestante e ben curato: il suo fisico era enorme e solido, nonostante la malattia. Alzandosi in piedi per salutare il dottor Sozo, lui si accorse di quanto era alto: più di un metro e novanta, con spalle ampie e poderose. Aveva uno sguardo vivo e penetrante; i baffi bianchi e folti rimediavano alla sua calvizie. Era vestito in modo elegante e impeccabile, con abiti fatti su misura anche per via della sua mole. Come si poteva pensare che un simile gigante fosse anziano e malato? La stretta di mano fu impressionante: il dottor Sozo pensò che Krask avrebbe potuto spappolargli la mano con gran facilità. Non era solo il fisico a mettere soggezione allo scienziato: sapeva infatti che per Krask distruggere la vita delle persone era facile come un battito di ciglia. Si sentì come un topo in bocca al gatto. Ma Krask gli sorrise e gli fece cenno di accomodarsi. La donna, molto bella, con gli occhiali scuri, spostò la sedia in modo che il professore potesse sedersi accanto a Krask. Si sedette anche lei e si tolse gli occhiali da sole, fissandolo con occhi blu profondi e sensuali, ma con una certa durezza adamantina che le brillava nel profondo. Krask fece le presentazioni, rimediando all’imbarazzo del professore:
“Lei è la mia assistente, miss Leilah Shinozuka.”
“Piacere, dottor Haran.” disse lei con voce gentile ma ferma.
“Ah…molto…molto piacere, signorina” balbettò lo scienziato, stringendole la mano: tutti sapevano che Leilah era la donna di Krask, ma nessuno osava parlarne. L’autorità di Leilah era equivalente a quella di Krask: non si era mai capito chi dei due comandasse davvero.
“Mio caro dottor Haran” iniziò Krask “dobbiamo parlare di cose molto importanti.”

Prossimamente: Krask e il dottor Sozo; vita su Marte.

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Qui posto il classico elenco dei personaggi:


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FUJIKO MINE: Bellissima e consapevole di esserlo, usa la sua seduzione per usare Lupin per i suoi scopi, Il suo unico amore è il denaro, anche se una certa (piccola) attrazione per Lupin ce l'ha...

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KEIBU ZENIGATA Tenace e sfortunato ispettore dell'Interpol, sempre all'eterna caccia di Lupin III.

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REIKA SANJO: assistente bruna di Banjo. Agente dell'Interpol.

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GARRISON TOKIDA: fedele maggiordomo di Banjo

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HARAN BANJO: l'eroe che pilota il Daitarn 3.

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BEAUTY TACHIBANA: assistente bionda di Banjo.

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TOPPI: ragazzino amico di Banjo

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HARAN SOZO: Il padre di Banjo. Scienziato e creatore dei Meganoidi.

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HARAN MIDORI: La madre di Banjo.

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HARAN DED. Il fratello maggiore di Banjo.

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EDWIN: prestigiatore ammirato da Banjo quand'era bambino. Alla fine, diventò un capitano meganoide e suo acerrimo nemico.


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Riassunto: Lupin III è interessato al deposito d’oro che si trova nella villa di Haran Banjo, il pilota del Daitarn 3. Quest’ultimo, dopo aver sconfitto i Meganoidi, ha creato la Solar Corporation, un’azienda internazionale che produce materiale ad energia solare. Lupin scopre che il grosso dell’oro è su Marte. Fujiko intanto fa finta di essere una giornalista ed intervista Banjo per avvicinarsi a lui. In questo momento, Banjo sta raccontando alla falsa giornalista il suo passato: suo padre, un famoso scienziato di nome Haran Sozo, un giorno fu contattato da un potente e spietato uomo d’affari, Kronin Krask…


Garrison, il maggiordomo, portò il tè e i pasticcini: Banjo e i suoi amici ne approfittarono, interrompendo per un momento il racconto.
Intanto la giornalista, Hitomi Kant / Fujiko Mine, sorseggiò pensierosa la bevanda, riflettendo sul da farsi. Zenigata e i poliziotti sono fuori dalla villa e sospettano di me, rifletté. Anche Reika Sanjo, l’amica di Banjo che lavora all’interpol, non si fida di me. Sono sul filo del rasoio: ma devo andare avanti secondo il piano. Si tratta di tonnellate d’oro! E’ il colpo della mia vita!
“Continuiamo con l’intervista, signor Banjo?” chiese Fujiko “Eravamo rimasti a suo padre, che era stato convocato da Krask, il proprietario della multinazionale Krask International”
“Giusto” disse lui, asciugandosi la bocca col tovagliolo “Quell’incontro cambiò la vita di tutti”


“Le sue ricerche sulla cibernetica e sull’energia solare sono molto interessanti, dottor Sozo” disse Krask, che era seduto sul tavolo delle riunioni accanto allo scienziato: la sua enorme mole lo sovrastava. In più, il dottor Sozo sentiva su di lui lo sguardo di ghiaccio di Leilah Shinozuka, l’assistente di Krask.
“La…la ringrazio. Ma sono ricerche che hanno solo un livello teorico: attualmente, le condizioni gravitazionali e atmosferiche della Terra ne rendono impossibile la loro realizzazione”
“Lo so, dottore. Ma se si tentasse di realizzarli fuori dalla Terra? Su Marte, ad esempio?”
Per un attimo, lo scienziato pensò che Krask fosse impazzito.
“Come ha detto?”
“Proprio così” confermò lui ”In accordo col governo statunitense, ho costruito una colonia di scienziati che stanno lavorando su progetti simili al suo. Ma le sue idee, in particolare, le trovo estremamente interessanti”
“Mi sta proponendo di andare su Marte per realizzare questi progetti?”
“Lei e la sua famiglia, se vuole. Così, sentirà meno la mancanza di casa sua”
“Non so, signore…lei mi chiede molto…”
Mentre parlava, Krask aveva estratto una calcolatrice e fece dei conti rapidi. Poi mostrò la cifra finale al dottor Sozo, che divenne pallido.
“Questo sarà l’ammontare del suo guadagno, dottor Sozo. Ci pensi bene”
Davanti ad una quantità così gigantesca di soldi – e anche per non contrariare uno potente come Krask – il dottor Sozo non poté dire di no. Inoltre, la sua curiosità di scienziato lo tentava: la possibilità di fare dei cyborg immortali…dei veri e propri meganoidi. Doveva provare. Convinse prima il suo assistente, Minamoto, a partire con lui, e poi – anche se a fatica – la sua famiglia: la moglie Midori e i figli Ded e Banjo.
Il “contatto” tra il dottor Sozo e Krask era il signor Michio Tachibana: era a capo di una ditta di trasporti che comprendeva anche i primi viaggi spaziali, ed era proprietario del 10% della Krask International. Ma, in sostanza, era un uomo di Krask, anche se era totalmente all’oscuro del “progetto Meganoide”. La sua amicizia col dottor Sozo e la sua famiglia fu sincera, tanto che, un giorno, presentò loro sua moglie e sua figlia, allora una bambina: una piccola bellezza bionda che i genitori chiamavano sempre “Beauty”, tanto che alla fine quello divenne il suo nome, mentre quello vero fu praticamente dimenticato. Stranamente, Banjo non si ricordò molto del suo primo incontro con Beauty: forse aveva i pensieri rivolti all’eccitazione del viaggio futuro su Marte. Anche se all’inizio era contrario, alla fine la curiosità infantile e il desiderio di vedere cose nuove lo resero impaziente di intraprendere il viaggio. Comunque, sin da piccolo Banjo provò subito simpatia per il signor Tachibana e la sua famiglia: una cosa che lo avrebbe aiutato molto in futuro.

Il primo viaggio su Marte (diverse volte tornarono per brevi periodi sulla Terra) fu una gioia per il piccolo Banjo: salirono tutti su una specie di Space-Shuttle presente in un’area nascosta e, in un giorno di viaggio, raggiunsero il cratere di Marte dove si trovava il centro ricerche. Anche il vedere i laboratori fu una sorpresa per lui: per la prima volta, vide macchinari complicatissimi ed un mare di persone che ci lavoravano. Alcune avevano camici bianchi, altre avevano divise particolari che gli ricordavano Spazio 1999. Gli sembrava di essere in un film di fantascienza.

“Venga con me, dottor Sozo. Il signor Krask l’aspetta” disse Tachibana.
“Lui è qui?” chiese stupito lo scienziato.
“Ogni tanto viene al centro ricerche per vedere i risultati dei lavori”
Il dottor Sozo e la sua famiglia entrarono negli alloggi degli ospiti, dove Krask li aspettava. Insieme a lui c’era Leilah Shinozuka e un uomo alto con capelli biondi, barba e baffi. Fissò gli ospiti con uno sguardo ostile e diffidente, senza dire nulla. A Banjo fu antipatico a prima vista.
“Costui è il dottor Warner, dottor Sozo. Farà le mie veci qui. Inoltre, è il mio tesoriere” spiegò Krask.
“Tesoriere?” chiese Sozo.
“Certo. Qui su Marte c’è un’enorme quantità d’oro che stiamo estraendo: ci servirà per le nostre ricerche e anche per uso personale. Ho già intestato a lei il 20% dell’oro estratto, dottor Sozo. Ho voluto essere generoso: è ancora di più della cifra che avevo pattuito con lei.”
Warner guardò da un’altra parte. Personalmente, era contrario a una donazione così enorme. Al dottor Sozo invece venne un leggero capogiro e dovette fare uno sforzo per non urlare dall’entusiasmo. Si trattava di una quantità di oro equivalente a quella di intere nazioni.
“La ringrazio” fu tutto quello che riuscì da dire, balbettando.
Leilah rimase immobile e silenziosa, a braccia incrociate. I suoi capelli rossi e lunghi erano raccolti in una crocchia e il suo vestito elegante – un tailleur viola e scarpe nere – le dava un aspetto sobrio, quasi funereo, per quanto affascinante. All’improvviso, guardò Banjo negli occhi. Lui era solo un ragazzo, ma qualcosa nei suoi occhi l’aveva colpita. Anche se erano ancora ingenui, quelli erano gli occhi di un adulto.
Strano che ci faccia caso, si disse Leilah.

Ma lei non si era sbagliata. Banjo divenne un elemento assai utile, non solo per le ricerche del padre, ma anche per quelle di Minamoto e degli altri scienziati. Imparava in fretta e faceva analisi precise, anche se la sua vocazione era fare i lavori più difficili e spericolati, con un’incoscienza che a volte spaventava la madre. Il fratello maggiore Ded invece era più tranquillo, anche se era insofferente a quella vita sulla colonia marziana. I brevi ritorni sulla Terra erano per lui una boccata d’aria (anche per la madre, onestamente).

Alla fine, dopo qualche anno di sperimentazioni, la possibilità di diventare meganoidi immortali non fu più un sogno. Il primo a diventarlo fu un tecnico anonimo che si chiamava Asimov: a causa di un incidente nell’area di raffineria, era rimasto intossicato e in fin di vita. Il dottor Sozo lo salvò tramutandolo in meganoide. I risultati furono così positivi che praticamente tutti, nella base marziana, vollero diventare meganoidi, tranne Minamoto, il dottor Sozo e la sua famiglia.

Quando il dottor Warner – che era diventato meganoide anche lui – comunicò i risultati a Krask, lui ne fu entusiasta e in pochi giorni tornò alla base marziana assieme a Leilah. Ricevette il dottor Sozo, che, mentre gli spiegava i risultati ottenuti, notò una strana luce negli occhi dell’imprenditore. La malattia l’aveva indebolito, ma, nonostante le rughe, la sua forza d’animo era rimasta inalterata. In qualche modo, però, Sozo capì che quella luce negli occhi non era dovuta solo alla malattia. Si rese conto che, quella luce, anche se nascosta, c’era sempre stata in lui. Ad un certo punto, Krask gli disse con un sorriso cupo:
“Dottor Sozo, da adesso mi chiami Don Zauker e non Krask. Kronin Don Zauker è il mio vero nome: la mia famiglia veniva dalla lontana Renania, ed aveva iniziato il suo cammino duecento anni fa, senza avere niente in mano. Adesso posso ottenere l’obiettivo che noi Don Zauker abbiamo sempre cercato: la ricchezza totale e l’immortalità. Dottore, lei deve trasformarmi in meganoide!”
Sozo capì all’istante la terribile verità: Krask era impazzito.
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Nella prossima puntata (tra tre settimane, Sabato 12 Febbraio): Lupin su Marte; il racconto della fuga di Banjo da Marte. Se volete scaricare la puntata in formato word, qui sotto c'è il link.

Per i commenti, potete postare qui: https://gonagai.forumfree.it/?t=50887256&st=15#lastpost

Il programma dei prossimi lavori sarà: Sabato prossimo (29 Gennaio): puntata di Mineo; Sabato 5 Febbraio: puntata Ombra; Sabato 12 Febbraio: puntata Banjo / Lupin. Posto qio sotto le immagini dei personaggi principali.

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GARRISON TOKIDA: fedele maggiordomo di Banjo

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HARAN BANJO: l'eroe che pilota il Daitarn 3.

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DON ZAUKER: misterioso capo dei Meganoidi.

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KOROS: aiutante di Don Zauker e comandante in seconda dei Meganoidi.

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WERNER: luogotenente e tesoriere di Don Zauker.

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HARAN SOZO: Il padre di Banjo. Scienziato e creatore dei Meganoidi.

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HARAN MIDORI: La madre di Banjo.

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HARAN DED. Il fratello maggiore di Banjo.

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Riassunto: Fujiko Mine, della banda di Lupin, fa finta di essere una giornalista ed intervista Banjo per avvicinarsi a lui. In questo momento, Banjo sta raccontando alla falsa giornalista il suo passato: suo padre, un famoso scienziato di nome Haran Sozo, un giorno fu contattato da un potente e spietato uomo d’affari, Kronin Krask, e andò su Marte con la sua famiglia per creare i Meganoidi, speciali esseri in parte umani e in parte macchine. Intanto, Lupin e i suoi compagni, in accordo con Fujiko, sono interessati all’oro di Banjo e a quello su Marte…

Mentre in Giappone l’intervista a Banjo andava avanti, in un altro continente, nella lontana New York, il sole già tramontava e nell’enorme palazzo della Krask Corporation non c’era più nessuno, escluse le guardie. I sistemi di sicurezza erano ad un livello elevatissimo: Lupin ci impiegò ben cinque minuti prima di riuscire ad entrare, cosa rara.
“Stanno diventando sempre più bravi” commentò Jigen, dietro di lui. Però Lupin restò silenzioso, evitando di ribattere all’amico. Si guardò intorno ed osservò con attenzione l’apparecchio di controllo – disattivato – del sistema di sicurezza installato nella stanza dove erano entrati.
“Che c’è, Lupin?” chiese Goemon. Quando Lupin ha l’atteggiamento serio, significa che ci sono guai grossi in vista, pensò.
“Stavo osservando bene questo impianto di sicurezza. Non ho mai visto prima qualcosa di simile.”
“E ti meravigli di questo?” chiese Jigen “Ne fanno uno nuovo ogni giorno!”
“Sì, ma seguono sempre linee generali comuni di progettazione. Questo no. E’ troppo diverso.”
“Diverso in che senso?”
“Non è terrestre.”

I tre uomini passarono in un lampo da un punto all’altro del palazzo della Krask Corporation, indossando mascherine antigas: l’inserimento del gas soporifero fece addormentare tutte le guardie. Alla fine, arrivarono nei sotterranei del palazzo, dove trovarono delle porte gigantesche, chiuse a tenuta stagna.
“Goemon, ci metterei troppo tempo ad aprirle. Pensaci tu” disse Lupin.
“Va bene.”
La spada partì come un fulmine. Poi si fermò: il samurai, ad occhi chiusi, rinfoderò lentamente la lama nel fodero. Appena la spada fu completamente reinserita nel suo alloggio, la porta di metallo si divise come per magia in mille pezzi tagliati di netto.
La visione di quello che c’era dall’altra parte lasciò a bocca aperta il samurai e il pistolero. Lupin invece se lo aspettava: ma rimase sorpreso lo stesso.
Davanti a loro c’era un gigantesco hangar verticale con un’astronave pronta a partire lungo un enorme tubo cavo che attraversava verticalmente all’interno il palazzo della Krask Corporation: veloce, silenzioso e istantaneo, invisibile ad ogni radar e persino ad occhio nudo.
“Incredibile” disse Jigen “Neanche alla NASA hanno un’attrezzatura simile. Hai ragione, Lupin: non è una cosa di questo mondo. Chi può essere stato a farla?”
“I Meganoidi, chi altri?” rispose Lupin.
“Ma non erano tutti morti?” chiese Goemon, sorpreso.
“No. E’ proprio come sospettavo. Sono ancora vivi.”

Banjo per un po’ rimase in silenzio. La giornalista sotto falso nome, Fujiko Mine, ne fu sorpresa.
“Cos’è successo, signor Banjo? Qualcosa non va?”
“No, no…mi scusi. Solo che, da adesso in avanti, la storia del mio passato non sarà più tanto bella.”
“Preferisce interrompere?”
Spero di no! si disse Fujiko. Il fatto che Banjo continui a parlare è essenziale per il mio piano!
“No, continuiamo. Dov’eravamo rimasti?”
Fiuuuu.
“Dunque…” rispose lei, osservando gli appunti “lei e la sua famiglia erano andate su Marte: suo padre ha fatto degli esperimenti trasformando le persone in Meganoidi, finanziato da Kronin Krask. Alla fine, Krask era arrivato anche lui su Marte, chiedendo a suo padre di essere trasformato in meganoide. E’ esatto?”
“Precisamente.”
“In questo modo, Krask sarebbe diventato immortale, dunque?”
“Sì.”
“E per la prima volta, Krask volle essere chiamato Don Zauker. Dunque, quell’uomo d’affari molto ricco e potente, che era anche malato, sarebbe poi diventato il vostro più grande nemico?”
“Esatto. Tutta la storia ebbe inizio proprio a causa sua” e a Banjo tornarono in mente i ricordi del suo passato.

“Lei…vuole diventare Meganoide, signor Krask?” chiese il padre di Banjo, Sozo, sconvolto.
“Le ho già detto di chiamarmi Don Zauker da ora in avanti, dottore. Non se ne dimentichi.”
“Va…va bene. Ci vorrà qualche giorno...Don Zauker.”
Lo scienziato era veramente sorpreso. Davanti a lui non c’era il Krask acuto e intelligente che conosceva: sembrava un uomo malvagio e ossessionato dal potere. Aveva tolto la maschera.
“Leilah!” disse Don Zauker.
“Sissignore.”
Con una forza inaspettata, la donna dai capelli rossi, che era l’assistente di Don Zauker, afferrò il braccio destro del Dottor Sozo in una stretta d’acciaio e con un colpo solo gli strappò la manica.
“Cosa…cosa fa? Aahh!” gridò l’uomo, sentendo che la presa di Leilah sul suo braccio era diventata ancora più forte, facendolo gemere.
“Faccia silenzio, dottore” disse lei con una voce di ghiaccio. Con l’altra sua mano afferrò una siringa che iniettò subito nel braccio di Sozo. Spaventato, il dottore non trovò la forza di reagire.
“Meglio per lei che non si muova, dottore” disse Don Zauker “Leilah è campionessa di karatè e altre arti marziali. Può uccidere in un secondo.”
La donna alla fine mollò la presa sul dottor Sozo e buttò via la siringa. La sua missione era compiuta. Tornò al fianco di Don Zauker. Lo scienziato, con le gambe tremanti per lo spavento, cadde in ginocchio, toccandosi il braccio dolente.
“Cosa…cosa mi avete fatto?” disse.
“Solo una piccola precauzione, dottore. Le abbiamo iniettato una versione speciale del pentotal, il siero della verità. Solo che questo modello provoca anche l’obbedienza assoluta ai miei comandi. Così sarò sicuro che lei non faccia scherzi, dottor Sozo.”
Lo scienziato osservò la mole minacciosa di Don Zauker e gli occhi freddi di Leilah. Per la prima volta in vita sua, comprese cosa significava veramente la paura.

La trasformazione di Don Zauker in meganoide fu perfetta: l’aspetto esterno sembrava lo stesso, e nessuno avrebbe potuto pensare che fosse un meganoide: appariva come un uomo a tutti gli effetti. Ora era diventato immortale e invulnerabile.
“Ha fatto un ottimo lavoro, dottor Sozo” disse Don Zauker, mentre Sozo era costretto ad ascoltarlo, ubbidiente “Ho dei piani anche per la mia fedele Leilah. Però bisogna fare qualche altro esperimento prima di agire su di lei: voglio che Leilah sia fatta in un modo particolare. Per allenarsi bene e senza fare errori, dottor Sozo, adesso lei trasformerà i suoi parenti in meganoidi.”
“Come?” disse Sozo, sconvolto. Ma la soluzione iniettata in lui agì subito, costringendolo a dire: “Perdonate...certo, eccelso Don Zauker!”
“Perfetto. Vada”
Sozo si ritirò, pallido. Ormai era diventato un burattino nelle mani di un pazzo.

Con un inganno, il padre fece addormentare Ded, il suo primo figlio, e lo portò nella sala operatoria. Minamoto, il suo assistente, lo osservò sconvolto.
“Ma…dottor Sozo, vuole trasformare in meganoide suo figlio senza neanche chiederglielo?”
“Minamoto, faccia silenzio e legga questo, piuttosto! E’ una nuova procedura per il processo di trasformazione in Meganoide che ho intenzione di fargli. Legga con attenzione, mi raccomando!” disse secco Sozo, passandogli un foglio. L’assistente lo lesse e fece fatica a rimanere impassibile. C’era scritto:
“Ci stanno ascoltando. Siamo sorvegliati. Krask è impazzito e può ucciderci da un momento all’altro. Mi ha iniettato un siero che mi condiziona la volontà: ma, a causa del mio passato di soldato sotto il capitano Garrison, ho avuto una parziale resistenza su questo nel mio corpo. Ma la resistenza a questo non è totale: ora sono costretto a rendere Ded un meganoide: se non lo faccio, Krask ucciderà me e lei, oltre a mia moglie e Banjo. Cercherò di resistere il più possibile, fingendo di assecondare Krask: dobbiamo fare al più presto un piano per fuggire da qui. Ho bisogno del suo aiuto, Minamoto. Se è d’accordo, bruci subito questo foglio.”
Minamoto guardò pallido il dottor Sozo.
“Ha capito bene la procedura?” chiese lo scienziato.
“S…sì, signore”
“E’ d’accordo sulle mie conclusioni?”
“Certo, signore” Minamoto fece del suo meglio per restare impassibile.
“Allora cominciamo”
Minamoto bruciò il foglio usando la fiammella Bunsen del laboratorio.
_____________________________________________________________________________________________________________

Prossima puntata (5 Marzo): Il dolore di Banjo; Lupin: partenza per Marte!

Secondo il programma, sabato prossimo (19 Febbraio) posterò il seguito della fanfic di Mineo, e Sabato 26 Febbraio posterò il seguito della fanfic dell'Ombra.

Se volete commentare, qui c'è il link: https://gonagai.forumfree.it/?t=50887256&st=15#lastpost

Se volete scaricare la puntata in formato word, qui sotto c'è il link in allegato.


Posto di seguito l'elenco dei personaggi.

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LUPIN III: Discendente del famoso Arsenio Lupin, più che un ladro è una persona che ama le sfide: più sono difficili o addirittura impossibili, più per Lupin è impossibile rinunciare.

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JIGEN DAISUKE. E' il braccio destro di Lupin III. Abilissimo pistolero e misogino totale, a volte viaggia per conto suo, ma spesso agisce a fianco di Lupin.

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ISHIKAWA GOEMON: Invincibile samurai, è l'elemento "nobile" del gruppo di Lupin.

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HARAN BANJO: l'eroe che pilota il Daitarn 3.

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FUJIKO MINE: Bellissima e consapevole di esserlo, usa la sua seduzione per usare Lupin per i suoi scopi, Il suo unico amore è il denaro, anche se una certa (piccola) attrazione per Lupin ce l'ha...

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HARAN SOZO: Il padre di Banjo. Scienziato e creatore dei Meganoidi.

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DON ZAUKER: misterioso capo dei Meganoidi. Una volta si chiamava Kronin Krask.

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KOROS: aiutante di Don Zauker e comandante in seconda dei Meganoidi. Il suo nome umano era Leilah Shinozuka.

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HARAN DED. Il fratello maggiore di Banjo.

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MINAMOTO. Assistente del Dottor Sozo.

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Ill.mo Fil. della Girella

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Riassunto: Lupin III, Goemon e Jigen sono andati a New York nel palazzo della Krask Corporation, sede segreta dei Meganoidi, gli acerrimi rivali di Banjo, il pilota del Daitarn 3, per andare su Marte e rubare l’oro ivi nascosto. Inoltre, Fujiko Mine, della banda di Lupin, fa finta di essere una giornalista ed intervista Banjo per avvicinarsi a lui e rubare anche l’oro che Banjo possiede.
In questo momento, Banjo sta raccontando alla falsa giornalista il suo passato: suo padre, un famoso scienziato di nome Haran Sozo, viene costretto da Kronin Krask a lavorare su Marte e a trasformare Krask stesso in Don Zauker, il nemico per eccellenza di Banjo. Inoltre, soggiogato da Krask, lo scienziato trasforma suo figlio Ded in meganoide e dovrà trasformare in meganoidi anche sua moglie Midori e suo figlio Banjo…


Mentre su New York erano calate le ombre della sera, nei sotterranei del palazzo della Krask Corporation Lupin III stava lavorando alacremente davanti al pannello di controllo del computer. Conosceva mille trucchi per le rapine telematiche, anche se non erano il suo campo preferito: i soldi aveva sempre voluto vederli in concreto. Comunque, la sua esperienza fu messa a dura prova: i computer della Krask Corporation erano diversi da quelli comuni. Alla fine emise un sospiro di soddisfazione: Lupin aveva vinto il duello. Obbedendo ai comandi, lo sportello dell’enorme astronave si aprì davanti a lui.
“Jigen, Goemon, andiamo!” disse lui, iniziando a salire a bordo.
“Un momento, Lupin…andiamo dove?” chiese Jigen, a dir poco perplesso.
“Su Marte, no? L’oro è li!” rispose lui, indicando in alto col dito, col tono di chi dice un’ovvietà.
“Aspetta un momento, Lupin!” obiettò Goemon “Laggiù ci sono i Meganoidi, se ho capito bene! Non possiamo metterci a combattere contro un esercito!”
“E chi ha parlato di combattere?” disse il ladro gentiluomo, guardandolo con finto stupore. Poi, con il suo caratteristico sorriso beffardo, si avvicinò a loro e disse:
“Ascoltate bene quello che faremo…”

Nello stesso tempo, su Marte, l’esercito meganoide si stava riorganizzando e i soldati effettuavano le loro esercitazioni consuete: tiro a segno, lotta libera, guida di astronavi e simili. Tutto era supervisionato dai tre comandanti di punta: Harrison, Demian e Rasputin.
Il comandante Harrison, un uomo alto e con un fisico da atleta, era avvolto da un mantello nero, dello stesso colore dei suoi capelli. La barba e i baffi curati, anch’essi neri, sottolineavano uno sguardo attento e profondo. Tra i tre comandanti, era il più abile nella tattica. Dall’alto di una piattaforma, osservava in piedi a braccia incrociate i lavori della sua Macchina della Morte, o Death Battle, che erano quasi ultimati. Anche per l’Omegatron mancava poco: bisognava essere pronti per quel momento.

Nel reparto addestramento, il comandante Demian, un uomo della stessa altezza di Harrison, ma più slanciato e coi capelli neri piuttosto lunghi e lisci, osservava con attenzione il campionario di spade, naginata, falci e altre armi bianche appese sul muro. Il combattimento con le lame è sempre stato il suo preferito, in particolare quello con le spade. Con un sorriso, alla fine scelse una spada lunga e ben affilata: i suoi occhi sottili scintillarono nel vederla muoversi nell’aria.
“Iniziamo!” gridò.
I dieci robot programmati girarono subito attorno a se stessi, facendo muovere le loro lame come dei terribili mulinelli. Il comandante Demian si tolse il mantello rosso e saettò attraverso i dieci robot senza essere stato colpito nemmeno una volta. I meganoidi osservarono stupiti che aveva già estratto la spada senza che se ne fossero accorti. I robot si voltarono verso di lui, che nel frattempo aveva mostrato loro le spalle, e lo aggredirono sollevando le loro lame. Demian non si voltò nemmeno: con tutta tranquillità, rinfoderò con calma la spada. Appena l’arma rientrò completamente nel fodero, i robot scoppiarono tutti in mille pezzi tagliati con gran precisione.
I meganoidi rimasero sconvolti. Demian si rimise addosso il mantello e disse al sovrintendente:
“Non sono soddisfatto. Dì alla sezione ricerche che voglio robot più veloci!”
“S…sissignore!” rispose lui, spaventato.
Demian si allontanò senza dire più nulla.
Non è possibile, pensò il sovrintendente, neanche questa volta sono riuscito a vedere la sua spada!

Nel reparto del poligono di tiro, erano appena stati allestiti 350 bersagli mobili. In mezzo all’area di tiro stava una donna dai capelli biondi con un cappello nero in testa. Sopra la sua divisa di meganoide portava un impermeabile, anch’esso nero lucente, attillato e stretto con delle cinghie. Aveva due cinture incrociate che portavano due pistole specializzate a sparare proiettili laser. Il volto serio della donna era coperto da un’ombra cupa dalla quale si vedeva brillare solo un occhio freddo e spietato. Quella donna era temuta anche dai suoi stessi soldati: era la comandante Rasputin.
“Avanti!” disse lei, facendo sobbalzare l’intendente.
“Va…va bene!”
I bersagli mobili iniziarono a muoversi e divennero via via sempre più veloci, fino a diventare indistinguibili. Rasputin non si mosse minimamente, continuando ad osservare in basso, come per concentrarsi. Poi, in un momento, alzò la testa e sparò in successione con le due pistole. Più che una raffica di spari, sembravano quasi una sola esplosione continua. Il poligono di tiro per un attimo sembrò attraversato da un lampo. Le pistole tornarono nel fodero, mentre tutti i bersagli erano stati centrati. Rasputin era tornata a guardare verso il basso.
“Quanti spari ho fatto?” disse senza muoversi.
“E…esattamente 350, comandante”
“Non mi va. E’ stato troppo semplice. Aumenta i bersagli e falli muovere di più, la prossima volta!”
“Sarà…sarà fatto!”
La donna comandante se ne andò in un silenzio di tomba: nessuno osava nemmeno guardarla negli occhi.
L’intendente emise un sospiro di sollievo dopo che Rasputin era uscita.
Anch’io sono un meganoide come lei…eppure mi fa davvero paura solo a vederla!

Nell’area più riservata del castello meganoide su Marte, la comandante suprema Koros si sedette, presa dallo sconforto, con le braccia appoggiate sulle ginocchia. I suoi tentativi di rianimare l’eccelso Don Zauker si erano rivelati completamente inutili. I viaggi che aveva fatto in segreto sulla Terra, gli scienziati rapiti: tutto era stato tentato. E tutto si era sempre concluso con un fallimento, compreso l’ultimo suo tentativo, fallito pochi minuti fa. Il risultato delle analisi è stato sempre lo stesso: Don Zauker è vivo, ma non è possibile contattarlo in nessun modo.
Persino una meganoide come Koros cominciò a sentire la stanchezza.
Possibile che non esista un modo per farlo tornare come prima? La vittoria finale è quasi alla nostra portata, grazie all’Omegatron: ma a che serve se Don Zauker non può più svegliarsi?
All’improvviso, ricevette una comunicazione dalla stazione di controllo.
“Cosa succede?” chiese Koros, infastidita “Avevo detto che non volevo essere disturbata!”
“Perdono, altezza Koros. Ma è appena successo qualcosa di molto strano. Qualcuno ci sta contattando dalla sede di New York della Krask Corporation, direttamente dall’astronave C7. E non è uno dei nostri.”
“Cosa?” esclamò Koros, sorpresa, alzandosi subito in piedi “L’avete identificato?”
“Per la verità, è stato lui a dirci chi è”
“E chi sarebbe?”
“Si fa chiamare Lupin III, altezza Koros. E vorrebbe parlare con voi.”

Intanto, sulla Terra, l’intervista a Banjo sul suo passato andava avanti. Fujiko Mine, sotto mentite spoglie e con l’identità della giornalista Hitomi Kant, commentò:
“E quindi suo padre, a causa della soluzione che Don Zauker gli aveva iniettato, trasformò suo fratello Ded in un meganoide?”
“Purtroppo sì” disse Banjo, con uno sguardo lontano. Solo lui sapeva cosa stava osservando. Pensare a Ded gli dava una tristezza infinita.
“Ma, se ho capito bene, suo padre non era pienamente responsabile dei suoi atti. Come mai lo odiò per questo, allora?”
“Il punto è che allora non lo sapevo. Ma, per capire meglio, continuiamo la storia: il peggio – purtroppo – deve ancora venire.”

Ded fu un meganoide perfetto, tanto che in un primo tempo né Banjo né sua madre Midori se n’erano accorti. Anzi, non sapevano nemmeno dei piani di Krask: la faccenda di chiamarlo Don Zauker era sembrata per loro una di quelle eccentricità da ricchi. Ma, a poco a poco, Midori cominciò a sospettare qualcosa. Suo marito, il dottor Sozo, non si comportava più come prima: a tratti era preoccupato, in altri momenti sembrava un’altra persona, a causa del siero che Krask gli aveva iniettato. Ad un certo punto, Midori affrontò il marito a viso aperto:
“Cosa sta succedendo, Sozo?”
“Di…di cosa parli?” chiese lui, sorpreso.
“Non far finta di cadere dalle nuvole. Sta venendo qui dalla Terra un mar di gente che vuole diventare meganoide: alcuni lavorano per la Krask Corporation, altri sono persone poco raccomandabili. Credo che siano yakuza (la mafia giapponese). Sono venute anche delle persone importanti, come il rappresentante greco della Krask Corporation, Neros Kalandrakis, per esempio, che è diventato un meganoide ad ora ha la pretesa di farsi chiamare comandante Neros. Oppure il rappresentante francese, Maicol Sandrak, e anche lui si fa chiamare comandante. E tutti indossano una divisa. Sozo, cosa sta succedendo qui?”
“Bè…credo…credo che si mettano quelle divise per adattarsi meglio all’ambiente marziano…” balbettò lo scienziato.
“Non prendermi in giro. Noi non ci vestiamo così e ce la caviamo benissimo. Anzi, è addirittura vietato per noi indossare quelle divise. Banjo ne voleva una e glie l’hanno negata. E tutti obbediscono a quel buffone di Krask e alla sua leccapiedi. Sozo, starete mica mettendo su un regime militare?”
Ormai lui non poteva più fingere. Inoltre, era costretto a dover fare una cosa orribile: trasformare sua moglie Midori e suo figlio Banjo in meganoidi. Ma, almeno con Midori, doveva dirle tutto. Prese carta e penna (l’unico modo per comunicare senza essere ascoltati) e scrisse: “Siediti e fai come dico. Ti dirò tutto per scritto. Non fare domande.”
Lo fece leggere a Midori, facendo l’occhiolino e dicendo:
“Non devi preoccuparti, cara. Su, cambiamo argomento, parlami un po’ di te. Facciamo quattro chiacchiere”
Lei capì: la situazione era peggiore di quello che temeva. Si misero a sedere e fecero del loro meglio per sostenere una conversazione banale, mentre Midori leggeva con apprensione quello che gli scriveva a mano a mano il marito. A volte scriveva lei le domande.
Midori non dimenticò più quel momento: da allora, la sua vita cadde a pezzi.

Banjo continuò a fare il suo lavoro in mezzo agli scienziati, anche se lui era rimasto un po’ sorpreso dai cambiamenti che erano accaduti ultimamente: tutte quelle divise, quegli strani regolamenti.
Mentre un giorno stava portando un paio di casse contenenti materiale di laboratorio, a sorpresa incontrò Leilah Shinozuka, l’aiutante di Don Zauker / Krask, che lo guardò incuriosita.
“Ah…” disse lei “adesso ricordo. Tu sei il figlio del dottor Sozo, vero? Come hai detto che ti chiami?”
“Haran…Haran Banjo” rispose lui, un po’ intimorito. Non aveva ancora molta esperienza con l’altro sesso, ed era rimasto colpito del fatto che una vera bellezza come Leilah gli avesse rivolto la parola. Arrossì senza rendersene conto. Lei sorrise: in un certo senso era un po’ divertita.
“Haran Banjo. Ho capito, vedrò di ricordarmelo” rispose, mettendogli una mano sul capo e sfregandogli i capelli “Ti stanno diventando un po’ verdi i capelli, ragazzo” osservò.
“Lo so. E’ una reazione chimica dovuta all’ambiente di Marte, mi ha spiegato mio padre. Mi aveva anche dato una lozione per proteggermi i capelli, ma non ho voluto usarla. I capelli mi piacciono così.”
“Capisco” Leilah sorrise di nuovo. La semplicità di quel ragazzo la divertiva. Quasi provò dispiacere per lui: sapeva che un giorno avrebbe capito cosa stava succedendo. Ma i piani di Don Zauker dovevano andare avanti.
“Dove stai andando, adesso?”
“Da mio padre. Mi ha appena chiamato”
Forse è il momento in cui lo trasformerà in meganoide, pensò Leilah con una certa tristezza.
“Vai, allora”
“Va bene”
Banjo corse in fretta, seguito dallo sguardo pensieroso di Leilah. Poi lei distolse gli occhi e si diresse altrove. C’erano molte cose da fare, e il tempo era poco.

“Eccomi, papà!” disse Banjo.
“Bene. Metti qui quelle casse e seguimi” disse il dottor Sozo con aria misteriosa. Banjo lo seguì incuriosito. Entrarono tutti e due in un ascensore che scese in profondità, fino a raggiungere un ampio hangar dove c’era l’assistente Minamoto e molti droidi adibiti alla catena di montaggio. Stavano costruendo qualcosa di così grande che Banjo non capiva cosa fosse.
“Cos’è quella roba, papà?”
“Non dirlo a nessuno, Banjo. Nemmeno a tua madre. Sto costruendo il mio capolavoro: non hai idea di quanto ci sarà necessario. Ho deciso di chiamarlo Daitarn 3”
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Prossima puntata (Sabato 2 Aprile): Lupin III e Koros; Daitarn 3 inizia a vivere!

Secondo il programma , Sabato prossimo (19 Marzo) posterò il seguito della fanfic di Mineo, mentre il Sabato successivo (26 Marzo) posterò il seguito della fanfic dell'Ombra

Da adesso, posterò qui solo i personaggi nuovi che compariranno (purtroppo non ho fatto i disegni di Demian, Harrison e Rasputin, ma appena possibile li farò... :29784128hj5.gif: )

Se volete scaricare la puntata in formato word, qui sotto c'è l'allegato.

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Riassunto: Lupin III, Goemon e Jigen sono andati a New York nel palazzo della Krask Corporation, sede segreta dei Meganoidi, gli acerrimi rivali di Banjo, il pilota del Daitarn 3, per andare su Marte e rubare l’oro ivi nascosto. Inoltre, Fujiko Mine, della banda di Lupin, fa finta di essere una giornalista ed intervista Banjo per avvicinarsi a lui e rubare anche l’oro che Banjo possiede.
In questo momento, Banjo sta raccontando alla falsa giornalista il suo passato: suo padre, un famoso scienziato di nome Haran Sozo, viene costretto da Kronin Krask a lavorare su Marte e a trasformare Krask stesso in Don Zauker, il nemico per eccellenza di Banjo. Inoltre, soggiogato da Krask, lo scienziato trasforma suo figlio Ded in meganoide e dovrà trasformare in meganoidi anche sua moglie Midori e suo figlio Banjo. Però riesce a costruire in segreto il robot Daitarn 3…


Nel palazzo dei Meganoidi su Marte, presso la Sala Comunicazioni, l’attesa era febbrile, mentre la curiosità coinvolgeva un po’ tutti: chi era questo Lupin III che voleva contattare addirittura Sua Altezza Koros in persona? Quest’ultima, intanto, stava in piedi a braccia incrociate davanti al grande schermo, per ora attraversato solo da righe e linee varie: bisognava aspettare che si riprendesse il contatto col misterioso Lupin.
“Avete trovato le informazioni su di lui, come vi avevo ordinato?” chiese lei all’improvviso.
“Ecco, altezza Koros” rispose la segretaria meganoide, porgendole alcuni fogli “E’ stato molto facile: sembra che questo Lupin III sia molto conosciuto tra gli umani. Le informazioni erano addirittura troppe, ho dovuto selezionarle.”
Il dossier conteneva fotografie e curriculum vari, che Koros sfogliò rapidamente, registrando tutto con la sua memoria meganoide:
“Lupin III: ladro internazionale, ricercato da tutte le polizie del mondo. Fedina penale troppo lunga da elencare dettagliatamente: famose sono le sue rapine nello stato di Cagliostro, a New York (rapina della Statua della Libertà) e a Parigi (rapina della Gioconda). Ha anche sventato potenti organizzazioni criminali come quella dei Freemasson o la Scorpion. Ha avuto anche a che fare con persone misteriose come Mamoo, personaggio ricercato dall’ONU e dagli Stati Uniti. Estremamente intelligente ed abile, agisce insieme con altre persone…”
Koros finì di leggere tutto in pochi attimi, assimilando ogni dato.
Un ladruncolo, insomma, insieme ad altri come lui. Magari un po’ più abile del solito, comunque un miserabile umano come tutti, pensò Koros. Niente da preoccuparsi per noi meganoidi. Ad ogni modo, voglio sentire cosa vuole da me questa nullità.
“Altezza Koros, abbiamo ripreso il contatto!”
“Bene. Aprite la linea”
Sullo schermo apparve il volto di un uomo dai capelli corti e neri, col volto un po’ allungato, simile a quello di una scimmia. Un sorriso un po’ idiota gli allargò la bocca, mentre diceva:
“Finalmente mi ricevete! Temevo che non mi avreste più richiamato! Ciao, ciao!” disse, agitando la mano “Mi vedete? Quante dita sono queste?”
“Basta con queste buffonate” tagliò corto Koros, seccata “Sei tu Lupin III? Cosa vuoi da me? E cosa ci fai dentro una delle nostre astronavi?”
“Eeh, quante domande, tesoro! Ma mi fa piacere che una bella ragazza mi chieda tante cose…ti rispondo subito. Sì, io sono Lupin III, e sono qui per chiedervi di diventare un meganoide come voi. Mi hanno detto che la paga è buona e il vitto è ottimo!”
“E tu pensi che noi accetteremmo come meganoide il primo imbecille che ce lo chiede? Perché dovremmo accettarti tra le nostre file? Che qualità hai?”
“Bè, intanto sono un tipo molto sexy” rispose, facendo l’occhiolino “Inoltre, sono capace di …prendere delle cose che voi non riuscireste mai ad avere”
“E cosa sarebbe quello che non siamo capaci di avere noi?” chiese Koros con un sospiro. Non riusciva a capire se quello lì era intelligente o un perfetto idiota.
“Bè, per esempio, la cura per guarire Don Zauker” disse con finta indifferenza Lupin.
Koros rimase senza parole.

Nello stesso tempo, sulla Terra, la finta giornalista Fujiko Mine capì di essere arrivata ad un punto di svolta importante nel racconto del passato di Banjo.
“Quindi suo padre, il dottor Sozo, le fece vedere per la prima volta il robot Daitarn 3, che stava costruendo su Marte in segreto, mentre i meganoidi di Don Zauker cominciavano a prendere il potere, tanto che suo fratello Ded era diventato un meganoide come loro?”
“Esattamente” rispose Banjo “vedere per la prima volta il Daitarn 3 fu un’esperienza scioccante: me la ricordo ancora. Quell’enorme montagna di metallo era ancora in fase di costruzione, ma in qualche modo capivo che aveva una forma antropomorfica, umana: era una specie di uomo di metallo, costruito su scala gigantesca. In quel momento, stavano costruendo il volto a parte: l’avevo visto, e mi sembrava che avesse un aspetto silenzioso e anonimo. Poi mi accorsi che poteva cambiare le espressioni: sembrava vivo! Mi aveva quasi spaventato”
“Perché il dottor Sozo aveva chiamato così il robot: ‘Daitarn 3’?”
Daitarn, o meglio Daitan, significa coraggioso, impavido in giapponese. E’ una specie di augurio: ‘combatti con coraggio’. Il tre invece indica le tre possibili conformazioni del robot: quella a forma umana, la più conosciuta; quella a forma aerea, il Daifighter, e quella a forma di carro armato, il Daitank.”
“Suo padre le aveva raccomandato il segreto. Ma come si poteva nascondere la costruzione di qualcosa di così tanto grande?”
“Infatti, non era possibile. Alla fine, insospettiti, Koros e Don Zauker chiamarono mio padre a rapporto.” I ricordi presero ancora il sopravvento su Banjo: si stavano avvicinando al momento più doloroso.

“Allora, dottor Sozo? Cosa sa dirmi a riguardo?” chiese Krask/Don Zauker, appoggiato in piedi sulla scrivania a braccia conserte. Leilah, la sua assistente, restava immobile accanto alla scrivania, osservando Sozo con sguardo accusatorio.
“Intende…intende il mio lavoro personale, eccelso Don Zauker?”
“Intendo semplicemente quello che lei sta facendo senza la mia autorizzazione e a mia insaputa” disse Krask, infuriato “Leilah ha notato che suo figlio Banjo, oltre a non essere ancora un meganoide, è andato spesso nel suo laboratorio di analisi e ci è rimasto per delle ore. Cosa sta facendo, dottor Sozo?” chiese rudemente, afferrando lo scienziato per il bavero ed avvicinando a lui il suo volto, facendolo sollevare da terra con una mano. Quando era umano, Krask era già forte di suo, per via della sua mole: ma ora che era diventato meganoide, la sua forza aveva raggiunto livelli spaventosi. Sozo sudò freddo: tuttavia, aveva già pianificato la risposta da dare, che gli avrebbe dato un pò di tempo per continuare il suo progetto di fuga da Marte.
“Doveva essere una sorpresa, eccelso Don Zauker. Dovreste avere più fiducia in me: sto semplicemente costruendo un megaborg, che ho chiamato Daitarn 3.”
Krask lasciò la presa, sorpreso.
“Un…megaborg? Cos’è?”
“E’ un mio sviluppo dell’idea di meganoide: un modello gigante. Osservi “ disse Sozo, porgendogli dei fogli che aveva estratto dalla cartellina: erano i progetti del Daitarn 3, simili a quelli veri. Sozo infatti, prevedendo che prima o poi sarebbe stato scoperto, aveva fatto una copia dei progetti veri, nascondendo o modificando i punti più importanti, soprattutto lo spaventoso Attacco Solare, che stava installando sul gigantesco robot. Quella sarebbe diventata l’arma definitiva contro i Meganoidi.

“Allora i Meganoidi non conoscevano l’Attacco Solare?” chiese Fujiko, interrompendo il racconto.
“No. Quello fu il loro più grande errore.”
“Ma…l’Attacco Solare significa che Daitarn 3 prende l’energia dal sole?”
“No. Questo è quello che pensano in molti, ma è un’assurdità. Se così fosse, basterebbe combattere di notte o sotto le nuvole per essere sconfitti. Tant’è vero che i Meganoidi non ci hanno neanche pensato a soluzioni così ovvie. Cercarono anzi di replicare quest’energia senza grandi risultati: per esempio, ci provò il comandante Tander, che era anche uno scienziato, replicando l’Attacco Solare, senza però raggiungere il livello del Daitarn 3”
“Allora, l’Attacco Solare cos’è?”
“Semplicemente, l’Attacco Solare usa il principio dello sviluppo di energia del sole: la nostra stella, infatti, agisce come un’immensa bomba atomica, con dei processi di utilizzo dell’energia che riusciamo a comprendere solo in parte. Mio padre scoprì alcuni principi base di questo sviluppo dell’energia secondo le modalità del sole, creando così le basi per la creazione di un’”energia solare”, la stessa che io utilizzo nei prodotti della mia Solar Corporation. Ovviamente i principi di questa energia sono segreti, soprattutto quelli che riguardano l’energia solare del Daitarn. Intanto sto lavorando con diverse ditte e governi perché questa nuova energia sia convenientemente sfruttata. Ma sto divagando, mi scusi. Dov’eravamo rimasti?”
“Al momento in cui suo padre aveva mostrato i finti progetti”
“Ah, sì”

Nonostante le modifiche e gli occultamenti, Krask e Leilah osservarono con interesse i progetti del Daitarn 3.
“Davvero notevole, dottor Sozo: perché ha voluto tenere nascosta una cosa simile?” chiese Krask, perplesso.
“E’ ancora a livello sperimentale” si giustificò lo scienziato.
“Andrebbe bene per i meganoidi un’idea simile” suggerì Leilah, osservando il disegno tecnico di Daitarn 3.
“In che senso?” chiese Krask.
“Se i meganoidi, anzi, meglio, i comandanti meganoidi si potessero trasformare come questo megaborg, ciascuno con le sue capacità…l’esercito che stiamo costruendo diventerebbe ancora più potente!”
Krask rimase stupefatto davanti alla proposta di Leilah.
“Ma è un’idea eccezionale! Dottor Sozo, vada pure avanti con questo progetto del Daitarn 3: anzi, dovrà costruire anche un’astronave per il suo trasporto. I soldi e il materiale non mancano: la autorizzo quindi a farne altri quattro di questi esemplari di robot, insieme con le loro rispettive astronavi. Inoltre, costruirà anche una piattaforma energetica capace di trasformare al comando i comandanti meganoidi in megaborg come questo Daitarn 3. La chiameremo Macromachine. Hai avuto un’idea stupenda, Leilah!”
Sozo rimase senza fiato davanti all’incredibile e sproporzionato ordine: cominciò a capire l’enorme egemonia che divorava quell’uomo. E Leilah, questa donna misteriosa, che avallava ogni suo desiderio accentuandolo persino, era ancora più incomprensibile. Ma non poteva mostrare il minimo segno di ribellione: avrebbe rovinato tutto. Poté solo rispondere:
“Sarà fatto, eccelso Don Zauker”
Mentre si diresse verso l’uscita, Krask/Don Zauker lo fermò:
“Dottor Sozo, dimenticavo: si sbrighi a trasformare sua moglie e suo figlio Banjo in meganoidi, come le avevo ordinato. Solo dopo che avrà fatto queste…sperimentazioni potrà occuparsi di Leilah come dico io.”
La mano di Sozo si serrò per un attimo in un pugno rabbioso. La soluzione che gli avevano iniettato gli ostacolava la libera volontà, e riusciva a resistere ad essa, ma fino ad un certo punto. Non doveva assolutamente reagire: il piano di fuga doveva funzionare a tutti i costi. Ma il prezzo rischiava di diventare davvero salato. Se fossero riusciti a tornare sulla Terra, non l’avrebbero fatto con lo stesso corpo di prima.
“Sarà fatto, eccelso Don Zauker” disse in fretta Sozo, uscendo subito dalla sala di ricevimento.

I giorni seguenti furono febbrili: Banjo imparò a guidare il Daitarn in forma di astronave lungo i crateri di Marte, seguendo le istruzioni del padre e acquistando sempre più familiarità col robot. Warner, il tesoriere di Krask e primo comandante meganoide, guardava con sospetto quegli addestramenti. Ma Sozo riuscì a dissimulare i suoi veri piani con grande abilità: costruì le cinque astronavi e i cinque Daitarn 3, ma solo uno dei robot era veramente funzionale, mentre gli altri erano solo dei finti pupazzi di metallo (anche se uno di loro, per ingannare maggiormente, era perfettamente funzionante, ma solo come astronave). La simulazione fu così buona che ingannò anche il sospettoso Warner.
Alla fine, arrivò il momento più doloroso: la moglie di Sozo, Midori, fu trasformata in meganoide dal marito, col consenso di lei. Era l’unico modo per guadagnare tempo e ingannare Don Zauker. Tuttavia, Sozo riuscì a farle mantenere la propria volontà, cosa che non era riuscito a fare col figlio Ded: ma sperava un giorno di guarirlo.
Facendo poi addormentare suo figlio Banjo, Sozo fece l’operazione più delicata di tutta la sua vita: non lo trasformò in meganoide, ma ne rinforzò la struttura fisica, utilizzando quello che aveva scoperto nelle sue ricerche sui meganoidi. In questo modo, Banjo poteva ingannare Don Zauker perché aveva l’apparenza di meganoide, mentre non lo era affatto. Era diventato un “uomo rinforzato” nel fisico: anche se non aveva nulla di meccanico, tuttavia la sua nuova struttura fisica aveva delle somiglianze con quella meganoide. Ma questo Banjo lo scoprì molto tempo dopo, solo alla fine della guerra contro Don Zauker: fino ad allora, aveva creduto di essere completamente umano e disprezzava i meganoidi, senza essersi reso conto che invece aveva delle affinità con loro.
Alla fine, toccò a Leilah Shinozuka: Krask volle che diventasse la meganoide definitiva, la depositaria di tutta la conoscenza della tecnologia meganoide: in pratica, la banca dati vivente di Don Zauker. La chiamò Koros, in onore della Grecia antica, per la quale Krask aveva una grande venerazione (inoltre, ‘Koros’ aveva la stessa iniziale del suo vecchio nome, ‘Krask’: forse un omaggio nascosto).
Mentre il piano di fuga della famiglia Sozo stava per andare a compimento – sarebbero scappati tutti a bordo del vero Daitarn 3 – ad un certo punto le cose precipitarono. All’inizio, fu Warner a notare che l’oro dei meganoidi era diminuito di parecchio, all’improvviso. Quindi molto oro era stato trafugato. Inoltre, Leilah/Koros, con le sue nuove conoscenze scientifiche, si accorse degli inganni di Sozo e della vera potenza di Daitarn 3: ordinò subito l’arresto della famiglia Sozo. Lo scienziato fu catturato quasi subito; ma Midori, sua moglie, che era stata avvisata da lui, corse nella camera del figlio Banjo per avvertirlo. Fino a quel momento, Banjo non aveva ancora compreso il pericolo di Don Zauker e stava guardando tranquillamente un programma televisivo della Terra. Vedere sua madre sconvolta e affaticata piombare nella sua camera fu solo l’inizio dello shock per il ragazzo.
“Banjo, figlio mio, devi scappare subito via di qui col Daitarn 3! Koros e Don Zauker vogliono ucciderci!”
“Cosa? Ma cosa dici?”
Senza rispondere – il tempo era troppo poco – la madre diede a Banjo una pistola e lo prese per mano, portandolo fuori dalla camera:
“Vai in quella direzione. Minamoto, l’assistente di tuo padre, ti sta aspettando. Sull’astronave del Daitarn c’è oro in abbondanza: scappa subito e fai quello che ti dirà Minamoto!”
“No! Non me ne vado senza di voi!” gridò Banjo, sconvolto.
“Per noi è finita. L’importante è che ti salvi tu! Scappa!”
Dei rumori di passi stavano diventando sempre più forti. Midori diede una spinta al figlio, gridando: “Muoviti! Vai! Vai!”
Banjo, incerto, iniziò a scappare, osservando la madre che cercava di trattenere i soldati meganoidi sparando a casaccio con una pistola che aveva portato con sé. Stava cercando di far guadagnare tempo al figlio.
No…non posso lasciarla così! E mio padre…e Ded…devo salvarli!
Banjo fece per tornare indietro, quando una presa d’acciaio lo afferrò, sollevandolo da terra e sbattendolo contro un muro con violenza. Stordito, Banjo riconobbe incredulo l’identità dell’aggressore: era suo fratello maggiore Ded.
“Abbassa l’arma, Banjo, e arrenditi o ti ucciderò. Nel nome di Don Zauker, tu e i miei genitori siete in stato di arresto” disse lui con voce metallica e inumana. Era diventato un meganoide perfetto.
_____________________________________________________________________________________________________________

Prossimamente (23 Aprile): Lupin su Marte; racconto del passato: Banjo contro Ded!

Secondo il programma, Sabato prossimo (9 Aprile) posterò il seguito della fanfic di Mineo; il sabato successivo (16 Aprile) posterò il seguito della fanfic dell'Ombra. Buona lettura! :nagai:

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Ill.mo Fil. della Girella

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Riassunto: Lupin III, Goemon e Jigen hanno contattato Koros, la nemica di Daitarn 3, per andare su Marte e rubare l’oro ivi nascosto. Inoltre, Fujiko Mine, della banda di Lupin, facendo finta di essere una giornalista, intervista Banjo per avvicinarsi a lui e rubare anche l’oro che Banjo possiede.
In questo momento, Banjo sta raccontando alla falsa giornalista il suo passato: suo padre, un famoso scienziato di nome Haran Sozo, viene costretto da Kronin Krask a lavorare su Marte e a costruire i Meganoidi. Alla fine, il figlio di Sozo, Banjo, riesce a fuggire, ma, prima di raggiungere il Daitarn 3 e scappare, viene bloccato da suo fratello Ded, che è diventato un meganoide…


L’astronave atterrò su Marte, raggiungendo il cratere programmato. Appena toccò terra, la piattaforma scese verso il basso, facendo calare l’astronave in un tunnel profondo, fino a raggiungere un’enorme sala. Una scaletta scese e raggiunse lo sportello, che si aprì a comando. Una ventina di soldati meganoidi avevano già puntato le loro armi verso lo sportello aperto, e in vari punti altri meganoidi erano pronti a sparare al minimo cenno di Koros, che era in piedi in mezzo all’area di attracco, silenziosa e attenta. Dietro di lei c’erano i tre capitani meganoidi: Harrison, Demian e Rasputin.
Dallo sportello uscì, con una camminata allegra e giuliva, Lupin III, che percorse la scaletta, salutando con aria affabile tutti quelli che gli stavano puntando i fucili laser con lo sguardo cupo:
“Ciao, ragazzi. Come ve la passate? Bel posticino, questo. Dove sono le ballerine e lo champagne?”
Dietro di lui due uomini silenziosi lo seguivano: il primo era un pistolero vestito di nero, che osservava di sottecchi ogni movimento dei meganoidi, e il secondo un samurai impassibile.

Una mossa sbagliata e finiamo in polvere, si disse Jigen. Mi meraviglio sempre di quanto sangue freddo abbia Lupin. Tutte queste armi puntate su di me mi innervosiscono.
All’improvviso, Jigen notò dietro a Koros una donna avvolta in un impermeabile nero, con un cappello nero quasi simile al suo. Aveva i capelli biondi, ma quello che sorprese il pistolero era il suo sguardo. Freddo e feroce, da vero assassino: di rado aveva visto una simile aura omicida in una persona. Jigen sentì un brivido: capì subito che lei era molto pericolosa. Quella donna era il comandante Rasputin, ed osservava con un certo interesse il pistolero. Sorrise leggermente ad un angolo della bocca. Quest’uomo sarà divertente da uccidere, pensò.

Lupin e i due amici ormai erano a pochi passi da Koros. Goemon passò accanto al capitano Demian e, appena si incrociarono, accadde uno schiocco improvviso che fece voltare la testa a tutti. Ma sembrava che non fosse successo nulla. Goemon continuò a seguire Lupin, ma il pistolero accanto a lui notò qualcosa di strano: la manica sinistra del samurai era stata tagliata di netto, e dal braccio sinistro stava scendendo lentamente una goccia di sangue. Guardando il volto dell’amico, Jigen notò che era pallido.
“Cos’è successo?” sussurrò.
“Io e quel comandante abbiamo incrociato le spade per un attimo. Ha voluto mettermi alla prova. Comunque vadano le cose qui, devo battere quell’uomo. Un samurai non rifiuta la sfida” rispose Goemon, impassibile.
Il comandante Demian osservò di sottecchi Goemon, che si stava allontanando alle sue spalle. Sorridendo, pensò: E’ in gamba. Di rado la mia spada può essere parata: ma lui ci è riuscito. Ci incontreremo ancora, samurai.

Lupin aveva avvertito lo stato di tensione in cui erano i due compagni, e la pericolosità dei due comandanti. Inoltre, non sapeva come inquadrare il misterioso terzo comandante, Harrison. Ma ormai si era in ballo e si doveva ballare. Fece un sorriso smagliante davanti a Koros e le porse la mano in segno di saluto, cosa che Koros ignorò. Lupin fece allora la faccia del sorpreso e dispiaciuto.
“Ma come, miss Koros…si accolgono così gli amici? Non è bello comportarsi in questo modo…” disse con tono triste e lamentoso.
“Per te sono Sua Altezza Koros. Se vuoi diventare un meganoide, sarà meglio che impari.”
“Ma adesso non sono ancora un meganoide, miss…cioè, sua maestà, no, quello lì, insomma. Perché non parliamo d’affari, prima? Abbiamo tutti e due qualcosa che ci interessa. Io ho la cura per Don Zauker e lei ha la capacità di renderci immortali trasformandoci in tanti bei meganoidi freschi. Collaboriamo, maestà. No, cioè, altezza, giusto?”
“Cosa mi assicura che voi abbiate la cura per l’Eccelso Don Zauker?”
“Mettimi alla prova, bellezza! Non sarai delusa! Sono a tua completa disposizione!” disse lui con un sorriso canagliesco, stringendo a sorpresa le mani di Koros. All’istante, i meganoidi puntarono i fucili sulla tempia di Lupin.
“Esagerati” esclamò lui, mollando la presa e aggiustandosi la giacca. “Comunque, mi faccia provare. Se non funziona, bè, ce ne andiamo, OK?”
“No” disse dura lei “Se non funziona, vi ammazzerò tutti per avermi fatto perdere tempo. Inoltre, se questo è un trucco e danneggerai l’Eccelso Don Zauker, ti pentirai di essere nato!” concluse, fissandolo dura negli occhi, col volto vicino a lui.
“Non c’è bisogno di minacciare in questo modo, bellezza” disse Lupin, allontanando un po’ il volto da quello minaccioso di Koros “Credimi, il Don tornerà più bello e vispo di prima. In confronto a me, il Dottor House è un buono a nulla. Portami dal paziente!”
Koros era seccata dalla leggerezza di quell’uomo. Ma ormai era disperata: ogni tentativo di rianimare Don Zauker era stato un fallimento. Almeno si può provare con lui: appena farà un passo falso, lo si potrà eliminare facilmente. Si voltò e disse: “Seguitemi”
Lupin e gli altri, scortati dai soldati meganoidi, seguirono Koros. Lupin, con le mani dietro la nuca, sussurrò sorridendo all’amico pistolero:
“Questa ragazza è pazza di me!”
“Idiota” rispose lui a voce bassa.

Intanto, sulla Terra, Fujiko, sempre nella veste di falsa giornalista, era rimasta sorpresa dell’ultimo sviluppo della storia del passato di Banjo.
“Suo...fratello? Allora, mentre lei scappava dalla base dei meganoidi su Marte, ha dovuto lottare contro suo fratello Ded, che era diventato un meganoide anche lui?”
“Fu il momento più sconvolgente della mia vita” confermò Banjo, guardando verso il basso e appoggiando i gomiti sulle gambe. “Da allora, compresi la disumanità di Don Zauker e Koros. Potrei dire che la mia infanzia, i miei sogni di adolescente finirono lì: il mio mondo tranquillo e divertente, in cui vivevo su Marte come in una sala giochi, era crollato.” A Banjo tornarono in mente quei momenti. Forse aveva deciso di raccontare tutto proprio per togliersi un peso.

“Ded…sei impazzito? Cosa fai?” chiese il giovane Banjo, davanti a suo fratello, che gli stava stringendo il polso in una morsa di ferro. “Mamma e papà sono in pericolo! Mollami! Bisogna aiutarli!” gridò.
Il pugno di Ded sullo stomaco di Banjo fu violentissimo: per un attimo, al ragazzo mancò il fiato.
“Fai silenzio, ti ho detto” replicò l’altro con voce meccanica e atona “Siete traditori dell’eccelso Don Zauker. Non siete più niente per me.”
La forza meganoide del fratello era sovrumana: Banjo crollò a terra in ginocchio, mentre Ded continuava a serrare il polso al ragazzo. Quest’ultimo cercò di riprendere a respirare, fissando sconvolto il pavimento. Il rumore dei passi dei soldati meganoidi diventava sempre più forte. Tra poco sarebbe stato catturato, e sarebbero morti tutti…non poteva permetterlo!
Alzandosi di scatto, afferrò Ded ai fianchi spingendolo con forza: questi rimase stupito della resistenza di Banjo, superiore a quella umana. Non sapeva che il dottor Sozo aveva “rinforzato” suo figlio all’insaputa di Banjo stesso. Ded perse l’equilibrio e caddero tutti e due contro il portone d’ingresso di una delle numerose sale macchine, dove si fabbricava il materiale per l’esercito meganoide. Banjo conosceva bene quel posto, avendoci lavorato per molto tempo. Liberandosi dalla stretta di Ded sul polso, tirò subito la leva di chiusura d’emergenza: un enorme portone d’acciaio chiuse la strada agli inseguitori, isolando Banjo e Ded. Banjo spaccò la leva con un colpo secco, in modo da bloccare il portone. Non avrebbe resistito molto all’assalto dei meganoidi, ma almeno Banjo aveva guadagnato un po’ di tempo. Voltandosi, evitò per un soffio il pugno di Ded, che incrinò il portone: Banjo sudò freddo nel vedere la crepa. Suo fratello era diventato una specie di Terminator omicida, come nel film: l’unica differenza è che qui si moriva sul serio. Si allontanò subito da Ded, afferrando una sbarra di metallo.
“Stai lontano, Ded!” minacciò Banjo: ma tra i due il più spaventato era lui. Il fratello non lo ascoltò nemmeno e corse verso di lui, senza mostrare la minima emozione. Banjo lo colpì in pieno con la sbarra, ma questa si piegò senza fargli nulla. Evitò ancora per un soffio le terribili mani di Ded, mentre con l’angolo dell’occhio vedeva che il portone si stava surriscaldando. Tra poco, i meganoidi sarebbero riusciti ad entrare. Banjo fuggì, addentrandosi ancora di più nella sala macchine: i rumori dei meccanismi erano assordanti, rendendo la scena ancora più allucinante, quasi un incubo. Il ragazzo continuò a scappare, terrorizzato. Ad un certo punto, si accorse di essere da solo. Non c’era più nessuno dietro di lui. Si guardò intorno: solo macchine di produzione, fresatrici e altro, che agivano automaticamente senza posa. Sentì di aver paura persino di queste, per quanto sembrasse irragionevole. All’improvviso, un braccio spuntò fuori dal muro, afferrando Banjo per il collo: Ded uscì dalla parete, tenendo il fratello in una morsa tale che stava per morire soffocato. Disperato, Banjo afferrò il braccio di Ded con le sue mani e spinse con tutte le sue forze: inaspettatamente, la morsa si allentò.
“Cosa ti ha fatto Don Zauker? Torna in te, Ded!” esclamò.
“Non è stato lui a trasformarmi in meganoide. E’ stato il dottor Sozo” rispose freddo Ded.
“Mio…nostro padre?”
La rivelazione fu come una mazzata. Per la sorpresa, Banjo allentò la spinta delle mani e il braccio di Ded tornò a serrargli la gola. Lo stava uccidendo. Inoltre, dietro di loro i soldati meganoidi stavano arrivando. Doveva agire subito. Prese la pistola e la alzò, puntandola dietro di lui e sparando alla cieca. Dietro di lui ci fu un’esplosione e Banjo si trovò libero in un attimo, mentre a terra stava un ragazzo dalla testa spaccata, dalla quale spuntavano dei fili e uscivano delle scintille.
“Ded…” sussurrò Banjo sconvolto.
“Scappa, Banjo” disse con voce quasi umana l’essere a terra. L’esplosione aveva fatto tornare cosciente Ded, anche se il suo corpo era rimasto gravemente danneggiato.
“Ded…sei vivo?”
“Tra poco esploderò. Scappa, Banjo! Scappa finchè ho ancora un po’ di umanità! Presto! Presto!”
I soldati erano sempre più vicini. Avevano già iniziato a sparare coi fucili laser: Banjo aveva poca scelta. Scappò istintivamente: ma di sicuro sarebbe stato fatto a brandelli dai laser che fischiavano sempre più vicino. Non sarebbe mai arrivato vivo all’uscita, anche se era a pochi passi. In quel momento, un soldato inciampò sul corpo di Ded, chiedendo:
“Cosa…cos’è questo?”
Si accorse che il corpo del ragazzo stava brillando. Il meganoide, terrorizzato, capì subito.
“VIA DI QUIII!” urlò con tutte le forze.
Ma era troppo tardi. L’esplosione sconvolse l’intera sala macchine, che era grande come un centro commerciale, provocando reazioni a catena e facendo sussultare persino il palazzo: Koros e Don Zauker si appoggiarono per un momento a qualche sostegno, stupiti.
“Cosa…cos’è successo?” chiese Don Zauker.
Koros contattò subito il comandante Werner, che era incaricato di catturare e, se necessario, eliminare Sozo e la sua famiglia.
“Werner!” gridò Koros, infuriata “Cos’è successo?”
Il volto impallidito del comandante apparve sullo schermo:
“E’…è successa un’esplosione nella Sala Macchine numero 3, altezza Koros…credo che il fratello di Banjo, Ded, sia morto esplodendo lì dentro…”
“E Banjo? Dov’è Banjo?” chiese Koros, furiosa.
“Non l’abbiamo ancora preso, Altezza. Lo...lo troveremo subito!”
“Lo spero per te. Mandami qui la madre di Banjo. Svelto!”
“Sì, altezza Koros!” Werner preferì non fare domande: era in una situazione già abbastanza difficile. Se non riusciva a catturare Banjo, era rovinato.
“Perché vuoi con te la madre di Banjo?” chiese Don Zauker.
“Non sono sicura che quell’idiota di Warner riesca a prendere Banjo. Lui conosce questo posto come le sue tasche, a differenza di Warner. Voglio prendermi una precauzione”
Don Zauker sorrise. Koros era davvero la sua allieva perfetta: lui non avrebbe fatto di meglio.

Banjo intanto scappava, cercando di non pensare a Ded. Doveva raggiungere Minamoto, come gli aveva detto sua madre. Minamoto che lo stava aspettando accanto al Daitarn 3. Solo questo contava. Ma i ricordi su Ded erano troppo forti. Lui che gli insegnava ad usare la bicicletta. Loro due che andavano al Luna Park a vedere gli spettacoli di Edwin. Loro due che guardavano al cinema “Goldrake contro Mazinga”. Ded gli era sempre stato vicino. Ed ora era morto, trasformato prima in un mostro senza anima e poi in una bomba vivente. Suo fratello. E gli aveva anche sparato. Ad un certo punto, qualcosa in lui si spezzò. Crollò a terra e si mise a piangere. Ma non c’era tempo per farlo. Si alzò, ancora con le lacrime agli occhi: mancava poco all’hangar di Daitarn 3. Mancava solo un corridoio. Banjo ancora non lo sapeva, ma avrebbe ricordato per tutta la vita quel corridoio.

____________________________________________________________________________________________________________

Prossimamente: Lupin e Don Zauker. Inoltre: la fuga di Banjo da Marte!

A seguito delle richieste fattimi, devo interrompere per un momento la fanfiction, che conto di riprendere appena possibile. Da adesso in avanti posterò di seguito tutti i Sabati le puntate dalla fanfiction della Grande Ombra: lo stesso vale per la fanfiction di Mineo, che interrompo temporaneamente.

Riprenderò le serie di Mineo e di Lupin appena avrò finito con l'Ombra: non so esattamente quando finirà, ma ormai siamo all'ultima fase.

Arrivederci a presto! :nagai:

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Riassunto: Lupin III, Goemon e Jigen hanno raggiunto su Marte la base dei meganoidi contattando Koros, la nemica di Daitarn 3, per rubare l’oro nascosto nella base.
Inoltre, Fujiko Mine, la donna della banda di Lupin, facendo finta di essere una giornalista, intervista Banjo per avvicinarsi a lui e rubare anche l’oro che Banjo possiede. In questo momento, Banjo sta raccontando alla falsa giornalista il suo passato: suo padre, un famoso scienziato di nome Haran Sozo, viene costretto da Kronin Krask – il futuro Don Zauker – a lavorare su Marte e a costruire i Meganoidi. Alla fine, Banjo riesce a fuggire, inseguito dai Meganoidi mentre corre verso il nuovo robot Daitarn 3…


I corridoi della base di Marte erano sinistramente silenziosi, con solo un leggero mormorio soffocato, dovuto all’azione di macchine nascoste chissà dove a fare chissà cosa. I passi risuonarono nel silenzio: il gruppo guidato da Koros la seguiva senza dire nulla, osservando le guardie alle pareti, tutte ferme e immobili, col fucile in mano, simili a statue. Ma Lupin, Jigen e Goemon sapevano che quelle statue, o meglio, meganoidi, sarebbero scattate tutte all’unisono alla minima mossa sbagliata.
Stiamo cavalcando la tigre, pensò cupo Lupin, sudando freddo ed osservando di sottecchi la nuca e il mantello di Koros davanti a lui. Stranamente, a Lupin quella donna gli sembrava familiare. Dove l’aveva vista?
Alla fine, arrivarono davanti ad una porta scorrevole, più grande delle altre. Si aprì senza rumore: il silenzio del mondo meganoide era inquietante. Entrarono perplessi nella grande sala, piena di computer sulle pareti, che si estendevano a vista d’occhio, circondando un cilindro di vetro in mezzo a tutte quelle apparecchiature futuristiche. Dentro il cilindro, c’era un essere che sembrava seduto, ricoperto da un enorme mantello nero, simile a un sudario. Anche da seduto, si intuiva che doveva avere le dimensioni di un gigante: avrebbe raggiunto facilmente l’altezza di due metri abbondanti, se si fosse alzato. Il particolare impressionante era il volto: freddo e meccanico, con gli occhi fissi come quelli di un morto. E quello che spaventava di più era il cervello umano che aveva nel cranio, visibile e ricoperto solo da una cupola di vetro. Due piccole corna laterali che spuntavano dal volto sottolineavano l’aspetto diabolico e inumano dello sconosciuto. Innumerevoli fili, cavi elettrici, tubi vari erano iniettati nella sua figura, tutti percorsi da una luce elettrica che luccicava in modo intermittente, avvolgendo anche l’essere misterioso in un’aura cangiante, facendo un effetto simile ad un sinistro albero natalizio.
Lupin, Jigen e Goemon rimasero senza parole, visibilmente impressionati. Era dai tempi di Mamoo che non vedevano orrori del genere.
“Ecco a voi l’Eccelso Don Zauker” disse Koros, alzando un braccio e mostrando la scena, quasi come se fosse una guida turistica che spiega le opere d’arte ai profani. “Pensi ancora di poterlo guarire, Lupin III?” aggiunse con un tono beffardo “La tua vita si basa sulla tua risposta, umano. Come pure quella dei tuoi compagni.”
Lupin si volse verso Koros. Tenendo le mani in tasca, sfoderò il suo classico sorriso spavaldo e rispose:
“Mia cara, stai parlando a Lupin III, non a uno qualsiasi. Certo che ci riuscirò!”
“Mi sembri sicuro di te stesso, Lupin. Cosa ti fa pensare di riuscire dove io, con tutta la mia scienza meganoide, ho fallito? Il sommo Don Zauker è tornato in catalessi, dopo l’ultimo scontro con quel dannato Haran Banjo, e le sue condizioni sono ancora peggiori di allora. Almeno, prima potevo contattarlo mentalmente: ora, non posso fare nemmeno questo.”
Koros si avvicinò alla balaustra, oltrepassando Lupin e i suoi, rivolta verso il suo signore. Appoggiando le mani al sostegno di metallo che delimitava l’area, serrò la presa sul corrimano di ferro, osservando con sguardo doloroso Don Zauker.
“E’ vivo” sussurrò con pena “e completamente solo. Voglio che torni come prima”
Le spalle di Koros tremarono leggermente.
“Fidati di me, bellezza” disse Lupin.
“Per niente” rispose lei, continuando a fissare l’essere nel cilindro. In un attimo, obbedendo al comando mentale di Koros, un gruppo di meganoidi circondò Lupin e i suoi, puntando contro di loro i fucili laser. Koros si voltò lentamente, gustando lo stupore dei suoi ospiti. Incrociò le braccia sul petto e disse:
“Consegnate le vostre armi. Subito.”
Lupin estrasse lentamente la sua Walther P38 e la consegnò al meganoide più vicino, tenendola per la canna. Lo stesso fece Jigen con la sua pistola, mentre Goemon esitava. Ma dovette cedere e consegnò la sua preziosa spada.
“Ti riavrò” sussurrò fissando irato la spada che veniva portata via.
“Non è bello essere così sospettosi, mia cara Koros. Questa sfiducia mi addolora” disse Lupin, corrucciato.
“Non so che farmene della fiducia di un ladro. Vieni avanti verso di me, da solo, e lentamente.”
Lupin fece come gli aveva detto: subito dopo, due gabbie scesero dal soffitto ed imprigionarono Jigen e Goemon.
“Cosa significa questo?” chiese Lupin, scioccato.
“Sono la mia garanzia che tu non farai scherzi, Lupin. Se farai una mossa sbagliata, le gabbie saranno caricate di elettricità a diecimila volt e i tuoi compagni finiranno arrostiti. Tienilo bene a mente.”
Lupin non rispose, limitandosi a fissare cupo Koros.
“Ed ora” disse lei “ti ripeto la domanda: cosa ti fa credere di riuscire a rianimare Don Zauker dove io ho fallito?”
Lupin tornò a sorridere ed estrasse un oggetto dalla tasca destra dei pantaloni.
“Questo” rispose con tranquillità.
“Cosa sarebbe?” chiese Koros, incuriosita.
“Una chiave USB da più di un milione di giga. E’ la banca dati del dottor Haran Sozo con tutte le informazioni sui meganoidi e su Don Zauker. Ti interessa?”
La donna non credette alle sue orecchie.
“Non è possibile…tu menti! Non puoi avere una cosa simile! Tutti quei dati erano stati distrutti quando Banjo era fuggito da qui, anni fa…”
“Strano che la vostra avanzata scienza meganoide non consideri il backup. Non avete mai pensato che Sozo avesse potuto duplicare i dati?”
La donna lo guardò diffidente.
“Cosa mi assicura che quei dati siano veri?”
“Baby, mi offendi. Io sono un ladro onesto. Li ho presi direttamente dalla villa di Banjo. Puoi controllarli, se vuoi.”
Un meganoide puntò il fucile sulle tempie di Lupin.
“Cosa mi impedisce di ammazzarti adesso e prendermi i dati?” osservò Koros.
“Una piccola cosa chiamata password. Io la conosco. E qui le password sono almeno trenta, senza contare i firewall e trabocchetti vari. Se mi ammazzi, ti ci vorranno vent’anni per trovare tutte le password esatte e le uscite dai firewall. Senza contare che, al primo errore, i dati si autodistruggeranno.”
“E’ un bluff” rispose dura la donna.
“Allora spara, baby” concluse Lupin spalancando le braccia, mentre il fucile continuava ad essere puntato su di lui.
Dopo lunghissimi attimi, Koros fece un cenno e il meganoide abbassò l’arma.
“Passami quella chiave senza fare mosse strane. I miei uomini continueranno a puntare le armi su di te.”
“Sei paranoica, baby. Dovresti rilassarti un pò” rispose Lupin, gettando la chiave a Koros, che le afferrò al volo senza rispondere.
In silenzio, la donna infilò la chiave in un’entrata del computer principale: il video si illuminò e comparve il messaggio di trasferimento e lettura dati. Tra pochi minuti i dati sarebbero comparsi. Ma, all’improvviso, apparve la scritta: RICHIESTA PRIMA PASSWORD. Koros ebbe un gesto di stizza e si volse verso Lupin, che, seduto tranquillamente a terra, aveva acceso con nonchalance una sigaretta, emettendo fumo dalla bocca con voluttà. Lo avrebbe strozzato volentieri.
“Hai bisogno di me per caso, tesoro?” disse lui con un sorriso, sentendosi addosso gli occhi fiammeggianti di Koros.
“Scrivi la password. Muoviti!”
Lupin si alzò con calma, diede un paio di colpi sui pantaloni per togliere un po’ di polvere e si diresse caracollando verso il computer, con le mani in tasca e la sigaretta in bocca, ostentando un’aria soddisfatta.
Prima password.
Seconda password.
Terza password.
“Qui bisogna aspettare un attimo, baby. Il primo livello è passato. Tra poco si aprirà il secondo.”
“Quanti livelli sono?”
“Ventisette.”
Koros sentì qualcosa come un mancamento. Dopo questo qua lo ammazzo, si ripromise.
Intanto, si era aperto il secondo livello, e Lupin andò avanti a colpi di password. Continuando a guardare lo schermo, disse all’improvviso:
“L’Eccelso Don Zauker sarebbe il famoso Kronin Krask, vero?”
“Non sono affari tuoi.”
“E quindi tu saresti la sua famosa assistente, Leilah Shinozuka, vero?”
“Non sono affari tuoi.”
“Proprio come pensavo. Ecco dove ti avevo vista. Leilah Shinozuka…alias Aliel Noshino!” concluse Lupin, voltandosi verso Koros e fissandola negli occhi divertito e facendo l’occhiolino.
Koros, nonostante il colore chiaro della sua pelle, impallidì.

Intanto, nella villa di Banjo, Fujiko sorseggiò il tè, pronta a continuare l’intervista a Banjo sotto le spoglie della falsa giornalista Hitomi Kant.
“Prima di continuare, signor Banjo, vorrei farle una domanda…”
“Faccia pure” rispose lui, sorridendole incantato: era impossibile essere indifferenti alle grazie di Fujiko. Reika e Beauty lo guardarono male.
“Ecco…è una curiosità riguardo a Koros. So che lei era Leilah Shinozuka, l’assistente di Kronin Krask. Ma da dove veniva? Chi era?”
Banjo rimase sorpreso dalla domanda e rispose, un po’ imbarazzato:
“Ecco…qui io non saprei davvero cosa risponderle. Koros per me è sempre stata un mistero. Non so neanche di che nazionalità fosse. Era una donna molto bella e intelligente, anzi di un’intelligenza superiore alla media già quando era umana. Inoltre, aveva una capacità organizzativa senza pari. No, davvero non so chi fosse veramente. Sarebbe interessante saperlo. Comunque, ora è morta…”
Ho i miei dubbi, pensò Fujiko.
“Va bene” rispose lei “scusi la mia curiosità. Dunque, possiamo riprendere il racconto della sua fuga da Marte? Ha dovuto affrontare suo fratello Ded, che era diventato un meganoide, e purtroppo era morto nello scontro. Però, alla fine lei ha raggiunto il Daitarn 3 con Minamoto, l’assistente di suo padre, a bordo…”
“Un momento, un momento” interruppe Banjo, alzando una mano “Non andò esattamente così. Dovevo ancora percorrere un lungo corridoio prima di raggiungere l’hangar dove si trovava il Daitarn 3”
Tacque per un istante. Poi aggiunse, scuro in volto:
“Quello fu un corridoio maledetto”

Mentre, anni fa, il giovane Banjo stava per attraversare il famoso corridoio e i meganoidi inseguitori erano ancora lontani, nella sala comandi principale del palazzo di Marte, la madre di Banjo, Midori, con le mani legate dietro la schiena, fu gettata ai piedi di Koros e Don Zauker (che allora era ancora un meganoide in forma umana). Koros si chinò verso la donna a terra e le sollevò il capo tirandola per i capelli. Senza badare al suo gemito di dolore, disse freddamente:
“Ascoltami bene, perché te lo dirò una volta sola. Tuo figlio Banjo, sta scappando, e adesso tu lo contatterai via radio dicendogli di tornare indietro, chiaro? Solo così avrai salva la tua vita e quella di Banjo. L’altro tuo figlio, Ded, è già morto: non vorrai che muoia anche lui, vero?”
La donna fissò duramente Koros. Serrando le labbra, annuì senza dire nulla.
“Così mi piace” commentò l’altra. La fece alzare e le recise le corde che la legavano, dandole una spinta e dicendo:
“Vai! Il microfono è laggiù!”
“Potevamo chiedere anche al padre di contattare Banjo” osservò Don Zauker, dubbioso.
“L’uomo è più sensibile al richiamo materno. Patetico, ma utile: così la finiremo in fretta,”
Midori afferrò il microfono con mani tremanti. La vita di suo figlio era in gioco: sapeva cosa fare. Inspirò profondamente e disse:
“Banjo. Banjo! Mi senti? Sono tua madre”
Il ragazzo, che stava correndo, si bloccò all’improvviso al suono della voce che parlava dall’altoparlante.
L’hanno catturata! Cosa faccio, adesso? si chiese agitato.
“Ascoltami, Banjo” continuò la voce “Fai come ti dico…”
Ci fu un attimo di silenzio, mentre tutti aspettavano le parole successive della donna.
“Scappa! Scappa più veloce che puoi! Non voltarti indietro! Non pensare a me! Te lo ordino! Vivi, figlio mio, fallo per me!”
“Maledetta, taci!” gridò Koros, rabbiosa, strappandole di forza il microfono.
Banjo rimase impietrito. La trasmissione si era interrotta di colpo. Al suo posto, apparirono le voci dei meganoidi inseguitori che stavano per raggiungerlo.
“Eccolo!”
“Sparate a vista!”
“Gloria all’eccelso Don Zauker!”
Banjo sparò subito nel mucchio, riprendendo a scappare ed evitando i raggi laser che gli stavano mandando contro.
Mamma…
I suoi occhi erano diventati umidi. Il dolore che Banjo provava divenne un fuoco di furia che da allora gli divampò nel cuore, simile all’odio.
Questi dannati meganoidi la pagheranno cara. La pagheranno tutti! Tutti! Li distruggerò! Tutta colpa tua, padre!
Mentre correva, alla fine del corridoio comparve una figura armata di pistola laser: Banjo, sorpreso, cercò di reagire subito, ma l’uomo sparò per primo, colpendo però i meganoidi inseguitori.
“Minamoto!” gridò il ragazzo. Aveva riconosciuto l’assistente di suo padre che lo stava aspettando.
“Vieni qui, Banjo, svelto!”
In poco tempo, i due si rifugiarono dietro macchinari e costruzioni varie che erano ai bordi dell’enorme hangar: la loro solidità permetteva un buon riparo ai raggi laser dei meganoidi, mentre Minamoto e Banjo ogni tanto spuntavano fuori lanciando un raggio laser sugli inseguitori, in perfetto stile western.
Minamoto in una pausa ricaricò il fucile e disse a Banjo:
“Il Daitarn 3 è laggiù a pochi metri. Sali a bordo e parti. Le altre quattro astronavi-copia ti seguiranno e confonderanno i meganoidi. E’ tutto sull’automatico, quindi non avrai problemi. Vai!”
“Non posso lasciarti qui, Minamoto!”
“Non essere idiota, ragazzo. Non possiamo salvarci tutti e due. Io penso a loro. Scappa! Ricorda quello che ti ha detto tua madre!”
Banjo rimase senza parole. Sentiva di non avere scelta.
“Io sono importante per Koros e Don Zauker. Non mi uccideranno. Vai, ti prego!” supplicò l’uomo.
“Io…ti ringrazio. Ce la farò a scappare, te lo prometto!”
Banjo si voltò e corse salendo in un attimo a bordo dell’astronave, che in poco tempo iniziò a partire, seguita automaticamente dalle altre quattro.
Buona fortuna, ragazzo…pensò Minamoto con un sorriso.
“Non deve scappare!” urlarono i meganoidi infuriati “Sparate all’astronave principale, colpite il carrello! Così non decollerà! Presto!”
Ma subito furono fermati da un fuoco concentrico che li falcidiò in pochi attimi: Minamoto aveva azionato la gatling, il modello di mitragliatrice laser a colpi ripetitivi. Tra le file di meganoidi, decine di loro vennero trafitti, mentre ci furono delle esplosioni a raffica, dovute all’impatto dei laser della gatling coi fucili laser dei meganoidi stessi, che scoppiavano in mille pezzi. Ormai il corridoio era diventato un inferno di fuoco.
La gatling non durerà molto, pensò Minamoto, inoltre, la mia gamba destra è ferita e sto perdendo sangue come una fontana. Per me è finita, ma continuerò finché è possibile: devo far guadagnare tempo a Banjo!
Le cinque astronavi uscirono dal terreno rosso di Marte, iniziando a dirigersi verso lo spazio. Furono avvistate subito da uno schermo radar, a bordo dell’astronave ammiraglia del Comandante Warner.
“Abbiamo avvistato Banjo, signore! Ma le astronavi sono cinque, non una come pensavamo…cosa facciamo?” disse il meganoide ai comandi.
Warner sorrise soddisfatto. Alzò un braccio e comandò:
“Aprite tutti i cannoni laser dell’Ammiraglia Dreadnought! Riduceteli in polvere tutti e cinque!”
“Ma…comandante…dentro le astronavi c’è anche l’oro dell’eccelso Don Zauker…”
“Lo recupereremo. Sparate!”
Dall’enorme “Macchina della Morte”, il primo modello progettato allora, l’Ammiraglia Dreadnought di Warner, spuntarono centinaia e centinaia di cannoni che si illuminarono quasi come una nave addobbata a festa di notte: i raggi laser saettarono fitte come gocce di pioggia, dirette verso le cinque astronavi di Banjo.
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Sabato 21 Maggio: Il passato di Koros; inoltre, dal racconto del passato di Banjo: Banjo contro la Dreadnought di Warner!

Potete commentare qui: https://gonagai.forumfree.it/?t=50887256&st=15#lastpost

Se volete scaricare la puntata in formato word, potete farlo cliccando sull'allegato qui sotto. :nagai:

Edited by joe 7 - 7/5/2011, 14:23

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LuPiN_ThE_ThIrD™
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Ill.mo Fil. della Girella

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4^ uscita

Grazie mille!

Sono contento che la storia sul forum di Lupin vada avanti... :face5.gif:

Però vorrei chiederti un favore: potresti postare nella sezione commenti? Se no, il racconto qui è interrotto e chi legge deve saltare per forza questi post...

Il link della sezione commenti è questo: https://gonagai.forumfree.it/?t=50887256&st=15#lastpost

Ti ringrazio ancora per la tua attenzione! :nagai:
 
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