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KOJIMANIACA: i racconti per la cronologia

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kojimaniaca
view post Posted on 17/11/2010, 20:19 by: kojimaniaca     +1   -1




Cronologia di Fleed



Un grazie a Nivalis70, che con le sue doti artistiche e la sua incredibile sensibilità, mi ha sostenuto in momenti difficili, facendomi dono di questi splendidi disegni e del suo tempo. GRAZIE di cuore Niv! ^____________^




"NUOVAMENTE IN GIOCO"
Graphic Novel by Kojimaniaca
illustrations by Nivalis70


Parte Prima


- Centro di Ricerche Spaziali, ore 18.30: "l'arrivo"

"Finalmente"
Koji chiuse quasi con gratitudine la porta dietro di sé, appoggiandovisi contro con la schiena e sospirando stancamente.
Era a pezzi.
Diede una prima rapida occhiata alla sua nuova stanza, individuando poco più in là una poltrona, sulla quale, con la precisione degna di un cestista a canestro, lanciò senza tanti complimenti la sua sacca da viaggio, mentre abbandonò la valigia accanto all'ingresso.
L'ambiente era decisamente spazioso, arredato in modo semplice, ma funzionale, con un gusto vagamente anni settanta.
Sulla destra, accostata al muro, c'era una scrivania in legno chiaro, a fianco una piccola libreria carica di volumi, vicino alla quale c'era una porta-finestra che s'affacciava su un terrazzino.
Un armadio a due ante poggiava sulla parete di fronte, mentre sulla sinistra campeggiava un grande letto, che il ragazzo adocchiò con l'evidente desiderio di stendervisi un poco.
"Dopo" pensò a malincuore "Prima una doccia"
Sì...ma dov'era la doccia?
Koji fece qualche passo verso il centro della stanza, guardandosi attorno perplesso, finché, a fianco del guardaroba, notò una rientranza nel muro ed una porta scorrevole.
L'aprì quasi con circospezione e fece capolino nel bagno, che si rivelò inaspettatamente ampio e particolarmente curato in ogni dettaglio.
Non solo trovò la doccia, ma, cosa ancora più gradita, anche una vasca con idromassaggio.
In un angolo, impilati ordinatamente su una mensola, vide alcuni asciugamani puliti e curiosando nel mobiletto che stava sopra il lavandino, scoprì anche alcuni flaconi nuovi di shampoo e bagnoschiuma.
C'era persino una lavatrice.
- Ottimo! - mormorò soddisfatto.
Aprì l'acqua per riempire la vasca, controllando la temperatura con la mano e lasciandola scorrere, poi tornò in camera per prelevare della biancheria pulita dal suo bagaglio.
Cinque minuti dopo se ne stava beatamente immerso fino al collo, in un tripudio di schiuma profumata al tè verde.

- Centro di Ricerche Spaziali, ore 20.00: "timori"

- Perdonami padre, non intendevo essere scortese con Koji -
Seduto alla consolle della sala controllo, il dottor Procton scrutò pensieroso il volto del ragazzo in piedi al suo fianco.
- Di certo non gli hai riservato una buona accoglienza e sinceramente il tuo atteggiamento ha lasciato un po' perplesso anche me - replicò l'uomo - Si può sapere che ti è preso Actarus? -
Il giovane non rispose, limitandosi a giocherellare col ciondolo che portava al collo e fissando cupamente la luna inquadrata sullo schermo principale.
Un'improbabile sfumatura rossastra ne velava la superficie, conferendole un'aria decisamente spettrale.
- Coraggio figliolo, dimmi quello che ti preoccupa - insistette lo scienziato.
- Le truppe di Vega stanno per attaccare la Terra - mormorò Actarus - Sono già qui...lo so -
- Cosa te lo fa pensare? - chiese Procton - Non abbiamo prove di quanto affermi -
- Allora cosa mi dici del gran numero di avvistamenti UFO rilevati ultimamente in tutte le parti del mondo? - ribatté il giovane fissandolo con i suoi penetranti occhi di un blu indefinibile - Persino quel Koji ha detto di averne intercettato uno venendo qua! -
- Scusami Actarus, non volevo mettere in dubbio le tue parole - disse allora semplicemente - Quello che intendevo dire, è che forse ti stai allarmando senza ragione, del resto l'enorme distanza che divide la Terra dalla nebulosa di Vega è una buona garanzia, non credi? -
- Tu credi? - lo provocò Actarus - Anch'io sono riuscito a raggiungere questo pianeta -
Procton abbassò lo sguardo imbarazzato.
Per lui era difficile considerare quel ragazzo non umano, ormai lo riteneva come un figlio a tutti gli effetti e tendeva a dimenticare la sua origine extraterrestre.
- L'unico scopo di re Vega è quello di estendere il suo dominio - continuò il giovane - E' un essere spregevole, assetato di conquista e non si fermerà di fronte a nulla -
- Se questo dovesse accadere, saremo pronti a difenderci figliolo - cercò di rassicurarlo Procton, alzandosi in piedi e posandogli affettuosamente le mani sulle spalle - Dimentica il passato, la tua vita ormai è qui con noi e non sarai più costretto a combattere con Goldrake, te lo prometto -
- E' una promessa che non riuscirai a mantenere purtroppo...- replicò Actarus amaramente - Le vostre armi non sono in grado di contrastare quel tiranno -
- Dimentichi che oltre ad un efficiente esercito di difesa, abbiamo anche dei potenti robot da combattimento - lo rassicurò l'uomo - Mazinga Z ed il Grande Mazinga saranno ancora pronti a difenderci -
Actarus lo guardò dubbioso.
- E' per questo motivo che Kabuto si trova qui? - chiese.
- In un certo senso sì - rispose lo scienziato - Visto che la maggioranza degli avvistamenti si sono verificati in Giappone, la N.A.S.A lo ha inviato appositamente qui per studiare il fenomeno, chiedendo la nostra collaborazione -
- Questa situazione non mi piace - continuò il giovane - Quel Koji è un tipo troppo curioso...si caccerà nei guai, me lo sento -
- Ho l'impressione che tu sia un po' prevenuto - gli disse Procton sorridendo - Comunque sia lo terremo d'occhio e...-
Lo squillo del telefono interno arrivò ad interrompere il filo del discorso.
- Sì? - rispose lo scienziato, portando il ricevitore all'orecchio - Va bene...veniamo subito, grazie - concluse dopo essere rimasto in ascolto per qualche secondo.
Actarus lo guardò con aria interrogativa, mentre chiudeva la comunicazione.
- Era la sala mensa - lo informò lo scienziato - La cena sarà in tavola fra pochi minuti, vuoi avvisare tu Koji? -
Il giovane rispose con un espressione da " devo proprio? ", ma poi annuì rassegnato.
- D'accordo, ci penso io -

- Centro di Ricerche Spaziali, ore 20.15: "esordio"

Dopo un lungo bagno rilassante, Koji s'era gettato sul letto con addosso solo l'asciugamano, con la ferma intenzione di fare solo un breve pisolino prima di cena e sprofondando invece in un sonno pesante.
Un rumore sordo lo svegliò di soprassalto circa un'ora dopo.
Balzò a sedere sul bordo del letto, intontito e confuso; gli ci volle un po' per capire che qualcuno stava bussando alla porta della sua stanza.
Andò ad aprire e si trovò di fronte il figlio del professor Procton.
" Guarda chi si rivede...mister simpatia..." pensò Koji, lanciandogli un'occhiata poco amichevole.
- Sì? -
- Volevo avvisarti che la cena è quasi pronta - lo informò Actarus.
- Ah...grazie - rispose il giovane Kabuto - Vengo subito -
- Bene...ma forse prima dovresti metterti qualcosa addosso...- replicò divertito l'altro, indicando qualcosa con un cenno della testa.
Un 'intuizione fulminea quanto imbarazzante, attraversò la mente di Koji, ed uno sguardo verso il basso confermò impietosamente i suoi timori: l'asciugamano, che fino ad un attimo prima gli cingeva i fianchi, giaceva beffardamente ammucchiato sul pavimento.
Raccoglierlo in fretta e furia e coprirsi le parti intime, fu la questione di un istante, ma Actarus era già sparito lungo il corridoio.
- Ma porc...cominciamo bene...- borbottò Koji, rifugiandosi in camera e vestendosi velocemente.

- Centro di Ricerche Spaziali, ore 23.50: "la legge del cuore"

Inutile.
Nonostante la stanchezza non riusciva proprio a prendere sonno.
Dopo essersi girato e rigirato nel letto per quasi un'ora, Koji decise di alzarsi e lavorare un po' sul suo pc portatile.
Cercò la sua internet key nella sacca ed estrasse il computer dalla valigia, quindi andò a sedersi alla scrivania.
Qualche istante dopo accedeva ai suoi file personali, collegandosi all'elaboratore centrale della NASA.
Stava lavorando ad un nuovo progetto.
Dopo aver ideato e costruito il T.F.O., con il quale aveva sorvolato il Pacifico dagli Stati Uniti al Giappone, si era messo in testa di creare un nuovo velivolo.
Per il primo si era basato su alcuni dati fornitigli dal dottor Watson alla NASA, relativi agli esperimenti effettuati sugli aerei a decollo verticale, coniugando le conoscenze sull'energia fotoatomica ereditate da suo nonno Juzo Kabuto.
La passione di Koji per l'ufologia, l'aveva portato a dare al T.F.O. le sembianze del presunto disco volante fotografato da George Adamsky nel 1946, una sorta di omaggio a quel personaggio che era diventato un'icona per tutti coloro che credevano nella possibilità di vita extraterrestre.
Koji ne era convinto: non erano soli nell'universo.
Aldilà dell'incredibile quantità di falsi avvistamenti e le fandonie di contattisti più o meno svitati, esisteva anche un'ufologia seria e verità scomode, che qualcuno al potere trovava conveniente non divulgare.
Il nuovo velivolo che stava progettando era di concezione completamente diversa, pur basandosi sempre sulle caratteristiche principali del precedente: innanzitutto la forma sarebbe stata più aerodinamica, simile ad un rapace in volo, e la struttura costruita in super lega NZ.
Lavorò concentrato per circa mezz'ora, finché una musica malinconica s'insinuò attraverso la portafinestra semiaperta, distraendolo.
Qualcuno stava suonando la chitarra.
Koji guardò perplesso l'ora: era quasi mezzanotte.
"Chi mai può essere lo squilibrato che si mette a strimpellare in piena notte?" pensò scocciato, alzandosi dalla sedia ed uscendo sul balcone.
Il suono veniva dalla terrazza sotto la sua: Koji s'affacciò incuriosito.
Seduto sul parapetto, completamente assorto dalla melodia che stava eseguendo, c'era Actarus.
C'era qualcosa in quella musica, qualcosa di talmente struggente da fare male.
Il viso sorridente di una ragazza, incorniciato da lunghi capelli castani, affiorò improvviso nella sua mente.
Koji scrollò la testa come per scacciare un insetto molesto, provando nello stesso tempo una sorta di doloroso tuffo al cuore.
Strinse i pugni, conficcandosi le unghie nel palmo delle mani.
Non voleva pensare a lei...
Non doveva pensare a lei...
Un ultimo accordo vibrò nell'aria tiepida della notte e due occhi indagatori lo scrutarono attenti.
Koji incrociò lo sguardo penetrante di Actarus, sentendosi come un ladro colto in flagrante, e lesto si ritirò nella stanza. Si diede mentalmente dell'idiota...infondo non stava facendo nulla di male, ma chissà perché, sentiva di aver violato in qualche modo un momento d'intimità di quello strano giovane.
Tornò verso il computer: in basso a destra dello schermo, lampeggiava l'avviso di un contatto in chat.
Esitò un attimo e poi aprì la conversazione.
Sayaka 23.59: -Toc toc -
Sayaka 00.04: - Koji, ci sei? -
Koji 00.08: - Sì -
Sayaka 00.08: -Hai fatto buon viaggio? -
Koji 00.09: - Sì -
Sayaka 00.09: - ...non sei di molte parole -
Sayaka 00.09: - Speravo che saresti passato all'Istituto... -

Koji rimase con le dita in sospeso sulla tastiera: non sapeva cosa rispondere.
Sayaka 00.11: - Ho capito...non me la perdonerai mai, vero? -
"Come posso perdonarti?"
pensò il giovane mordendosi il labbro inferiore, mentre sentiva la rabbia ed il dolore riaffiorare dal limbo in cui aveva cercato di seppellirli "Come?"
Sayaka 00.12: - Forse parlandone di persona...ti prego, dammi una possibilità -
Koji 00.12: - Ho bisogno di tempo per riflettere -
Sayaka 00.13: - Koji...io ti amo -

Koji chiuse gli occhi, trattenendo lacrime amare.
Koji 00.15: - Si è fatto tardi e sono molto stanco...buonanotte Sayaka - digitò sui tasti con mano tremante e prima che lei potesse rispondere, chiuse il collegamento.
Sospirò pesantemente e spense il computer.
" E con questo l'insonnia è garantita "
Andò a sdraiarsi sul letto e rimase lì, con le braccia incrociate dietro la testa a fissare il soffitto.
"Sayaka..."

Aveva sperato di poter costruire un vero rapporto con lei, aveva creduto che stare insieme per quel lungo periodo negli Stati Uniti, avrebbe rafforzato il loro legame nato durante la guerra con Hell, invece...
All'inizio le cose sembravano filare nel verso giusto.
Frequentavano l'università, dove insegnava il dottor Watson, e la vita nel campus con gli altri studenti si era rivelata particolarmente stimolante, facendo riscoprire loro una spensieratezza che avevano in qualche modo sopito.
Lei era entrata a far parte delle cheerleader, mentre lui si era iscritto nella squadra di judo.
Studiavano e trascorrevano ogni momento libero assieme, finalmente liberi di essere due ragazzi qualsiasi, ma poi qualcosa era lentamente cambiato.
Sayaka aveva iniziato a prendere le distanze.
All'inizio si era trattato solo di qualche uscita con le amiche, però questo a Koji non dispiaceva, infondo, quando stavano all'Istituto, lei non aveva avuto grandi opportunità di confrontarsi con altre ragazze della sua età.
I veri problemi erano iniziati dopo, e con tanto di nome e cognome: Daniel Prescott, il biondo capitano della squadra di football.


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Koji aveva provato fin da subito un'antipatia istintiva per quel giovane perennemente abbronzato e dall'atteggiamento spocchioso, ma soprattutto era infastidito dal suo evidente interesse per Sayaka, che inaspettatamente sembrava piuttosto lusingata dalle sue attenzioni.
- Non mi dirai che sei geloso? - aveva chiesto lei un pomeriggio, mentre bevevano qualcosa al bar dell'ateneo, notando le occhiate velenose con cui Koji scrutava Daniel.
- Ne ho motivo? - aveva ribattuto lui senza mezzi termini, rimestando nervosamente la sua Coca Cola con la cannuccia.
Prescott stava seduto con un paio di compagni di squadra ad un tavolo vicino, guardando insistentemente nella loro direzione ed ammiccando alla ragazza ogni qual volta che pensava di non essere visto da Koji.
Sayaka era arrossita vistosamente ed aveva abbassato il tono di voce.
- Io e Dan siamo solo amici -
- Dan? Lo chiami Dan adesso? C'è un'unica cosa che quel tipo vuole da te e non è certo la tua amicizia -
- Sei ingiusto Koji! - aveva sbottato lei amareggiata - Praticamente stai dicendo che non ti fidi di me -
Sayaka s'era alzata come una furia dalla sedia, raccogliendo il suo zainetto da sotto il tavolino.
- No, aspetta! - aveva esclamato dispiaciuto lui, cercando di afferrarle una mano - Non volevo dire questo -
- Ho capito perfettamente invece! - Sayaka si era sottratta alla sua presa, allontanandosi senza aggiungere una parola. Koji era rimasto lì a fissare la ragazza che usciva dal locale, sentendosi un perfetto imbecille, poi qualcuno l'aveva urtato da dietro, facendogli rovesciare la bibita sui jeans.
- Ma che diavolo! - il giovane era balzato in piedi, voltandosi di scatto verso chi l'aveva spintonato ed incontrando così il sorrisetto ironico di Daniel.
- Scusa amico, non l'ho fatto apposta -
- Hai problemi di equilibrio per caso? - lo aveva apostrofato Koji, tamponandosi in qualche modo con alcuni tovaglioli di carta.
- Sei piuttosto suscettibile amico...ti ho chiesto scusa se non sbaglio - aveva replicato l'altro in tono palesemente canzonatorio, mentre i suoi compagni sogghignavano divertiti.
- A me sembra solo che cerchi rogne...amico - aveva mormorato allora Koji, fronteggiandolo con aria minacciosa
- Beh...le hai trovate -
Daniel aveva ricambiato impassibile il suo sguardo, ma la tensione era palpabile, tanto che fra gli altri avventori del bar era calato un silenzio carico di aspettativa.
A quel punto era intervenuto Mike Carson, l'anziano proprietario della caffetteria
- Ehi! Datevi una calmata ragazzi, non voglio problemi qua dentro, chiaro? -
- Tranquillo Mike, è tutto sotto controllo - aveva risposto Prescott, senza distogliere gli occhi da quelli di Koji
- Stavamo solo facendo due chiacchiere, vero Kabuto? -
- Certo signor Carson...Prescott si stava solo scusando e per farsi perdonare, si è offerto gentilmente di pagare anche la mia consumazione - aveva replicato prontamente quest'ultimo - Vero Daniel? -
Senza battere ciglio, il capitano della squadra di football si era infilato una mano nella tasca dei pantaloni, estraendo alcune banconote e sbattendole sul tavolino.
- Questi dovrebbero bastare -
Daniel non aveva aggiunto altro, guadagnando l'uscita assieme ai suoi amici.
La cosa sembrava finita lì.
Un paio di giorni dopo però, recandosi nel parcheggio nei pressi del suo alloggio subito dopo colazione, Koji aveva avuto una spiacevole sorpresa.
Dovendo lasciare la propria moto all'Istituto di Ricerche Fotoatomiche, dopo qualche mese negli Stati Uniti si era dato da fare per procurarsene una, spulciando fra annunci di vendita e chiedendo informazioni nelle officine dei dintorni, in cerca di qualche occasione.
Poi un colpo di fortuna insperato: Koji era diventato il felice proprietario di una vecchia Harley Davidson SX 250 degli anni 70, che giaceva inutilizzata ormai da parecchi anni nel garage del dottor Watson.
Lo scienziato glie ne aveva fatto dono ed il giovane, dopo diverse settimane di duro lavoro, l'aveva rimessa completamente a nuovo.
Quella mattina Koji si era fermato allibito a fissare quello che restava della sua moto: qualcuno si era divertito a demolirla, infierendo ferocemente, fino a ridurla ad un ammasso informe di rottami.
Incredulo ed in preda ad una collera crescente, si era chinato a raccogliere uno degli specchietti retrovisori, che era rimasto incredibilmente integro.
- O mio Dio... - la voce di Sayaka lo aveva colto di sorpresa, facendolo sussultare - Cosa è successo? -
Dietro di lui la ragazza guardava sbigottita quella desolazione, stringendo nervosamente alcuni libri sul petto.
- Santo cielo Koji...chi può mai aver fatto una cosa simile? -
- Lo so io chi è stato! - aveva esclamato con rabbia il giovane, scaraventando a terra quel misero frammento della Harley e dirigendosi come una furia verso il campo sportivo - Ma questa me la paga! -
- Che vuoi fare? - aveva chiesto preoccupata Sayaka - Aspetta...Koji! -
Il giovane sapeva perfettamente che a quell'ora stavano per iniziare gli allenamenti di football, così si era precipitato negli spogliatoi della squadra, dove, fra la curiosità dei presenti, si era diretto senza indugio verso la persona che stava cercando.
Prescott stava chiudendo il suo armadietto e sentendosi afferrare per una spalla, si era voltato di scatto: prima di rendersene conto, un pugno lo aveva raggiunto in pieno volto, scaraventandolo a terra.


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- Ehi! che sta facendo? Sei impazzito? -
Quattro ragazzi si erano gettati su Koji, cercando di bloccarlo mentre tentava di scagliarsi nuovamente su Daniel, che nel frattempo si era rialzato, tamponandosi il naso sanguinante, ma il giovane era riuscito a divincolarsi, ripartendo a testa bassa verso il capitano della squadra.
Daniel stavolta non si era fatto cogliere impreparato ed approfittando dell'impeto dell'avversario, si era scansato quel tanto da fargli perdere l'equilibrio, ma l'altro, con un rapido gesto della mano, era riuscito ad afferrarlo per la maglietta, trascinandolo con sé sul pavimento e bloccandolo di peso, con la faccia premuta sul linoleum ed un braccio ritorto dietro la schiena.
A quel punto però, si erano messi in mezzo anche gli altri componenti della squadra: una breve colluttazione e Koji aveva avuto inevitabilmente la peggio.
Solo l'intervento provvidenziale dell'allenatore, sopraggiunto proprio in quel momento, aveva evitato ulteriori problemi.
Daniel era finito in infermeria con il setto nasale fratturato, mentre Koji era stato spedito senza tanti complimenti davanti al rettore dell'università.
Fortunatamente il dottor Watson era in ottimi rapporti con quest'ultimo, così il giovane se l'era cavata con una sonora ramanzina.
- Temo che non sia stata una buona idea prendere a pugni Prescott - lo aveva rimproverato bonariamente lo scienziato, uscendo assieme al ragazzo dall'ufficio del rettore - Hai agito un po' troppo impulsivamente figliolo, puoi ritenerti fortunato che non abbia sporto denuncia nei tuoi confronti -
- Quel bastardo mi ha distrutto la moto! - aveva replicato con foga Koji, massaggiandosi le costole indolenzite - E' stato lui, ne sono certo! -
- Innanzitutto non hai le prove di quanto affermi e comunque, in questo modo, sei passato dalla parte del torto -
Koji non aveva replicato: riflettendo a posteriori, si rendeva conto che il dottore aveva ragione, ma dentro di sé ribolliva ancora di rabbia.
- Non te la prendere ragazzo mio - gli aveva detto allora l'uomo, posandogli una mano sulla spalla - Forse un sistema per scoprire il colpevole c'è -
Koji lo aveva guardato con un'espressione interrogativa e speranzosa nello stesso tempo.
- Se non sbaglio, c'è un sistema di video sorveglianza che copre gran parte del campus - aveva continuato Watson
- Qualche telecamera potrebbe aver ripreso l'accaduto, farò qualche indagine e ti farò sapere -
- Non so come ringraziarla dottore...per tutto -
- Tu cerca solo di non cacciarti ancora nei guai, d'accordo? - aveva replicato sorridendo lo scienziato - E magari passa in infermeria per farti dare un'occhiata...non mi sembri molto in forma - aveva aggiunto, osservandolo con occhio critico.
- Sto bene, stia tranquillo - lo aveva rassicurato Koji - Basterà un po' di ghiaccio e tornerò come nuovo -
In realtà a tarda sera non si sentiva più così baldanzoso: aveva dolori dappertutto ed il torace era tutto un livido.
" Congratulazioni Kabuto" aveva pensato, osservandosi nello specchio a torso nudo " Davvero un bel risultato..."
Steso sul proprio letto, con un libro aperto in mano, il suo compagno di stanza Dave Robinson continuava a squadrarlo pensieroso.
- Cavolo Koji, sembri una mappa topografica -
- Tu si che mi tiri su il morale... - aveva risposto laconicamente quest'ultimo - Non è che per caso hai qualche antidolorifico? -
Dave aveva frugato nel cassetto del suo comodino, estraendone una boccetta con delle pillole e lanciandogliela.
- Prendi un paio di queste, fanno miracoli -
- Un miracolo è proprio quello di cui ho bisogno in questo momento...- aveva borbottato Koji, ingoiando due delle pastiglie.
In quel preciso istante qualcuno aveva bussato alla porta.
Vista l'ora, i due si erano lanciati un'occhiata perplessa, poi Koji era andato ad aprire.
- Sayaka! Che ci fai qui a ques...-
Non era riuscito ad aggiungere altro: senza dire una parola, la ragazza gli aveva rifilato un ceffone sul volto e poi se ne era andata via, lasciandolo lì attonito a massaggiarsi la guancia indolenzita.
- Decisamente oggi non è la tua giornata Kabuto...- aveva commentato a quel punto Dave, in un tono che voleva essere solidale.
" No, non lo è " aveva risposto mentalmente Koji, chiudendo la porta con un colpo secco.
Nei giorni successivi Sayaka aveva fatto di tutto per evitarlo, non rispondendo nemmeno al cellulare, ed il giovane non si dava pace.
Ogni tentativo di riavvicinarsi alla ragazza era andato a vuoto e a quel punto non sapeva più che pesci pigliare.
Spesso la loro relazione era stata caratterizzata da litigi e battibecchi, ma alla fine il sentimento che li univa aveva sempre avuto il sopravvento su ogni incomprensione, questa volta però la cosa sembrava decisamente più seria.
L'idea risolutiva era balenata improvvisa nella mente del giovane: un regalo, qualcosa di speciale per farle capire quanto tenesse a lei.
Circa un mese prima, mentre giravano assieme per negozi, Sayaka si era soffermata estasiata di fronte ad una vetrina, contemplando uno splendido abito da sera color blu notte indossato da un manichino, un'occhiata al prezzo però, le aveva smorzato ogni entusiasmo.
Così Koji aveva deciso di comprare quel vestito: gli sembrava il modo migliore per riallacciare i rapporti con la ragazza, anche se questo avrebbe dato inevitabilmente fondo ai suoi risparmi, ma non gli importava.
Uscendo dal negozio, tenendo sottobraccio l'abito accuratamente confezionato in un'elegante scatola decorata, a Koji era tornato finalmente il buonumore.
La sera stessa dell'acquisto, quando ormai era già buio, il giovane si era diretto di buon passo verso l'abitazione della ragazza.
L'alloggio si trovava al secondo piano di una palazzina limitrofa alla sua, e vi si accedeva attraverso una rampa di scale esterna, che dal cortile portava ad un ampio ballatoio, sul quale s'affacciavano i vari appartamenti.
Koji aveva affrontato i gradini due alla volta, ma arrivato in cima al pianerottolo, appena illuminato dalle luci notturne, s'era arrestato impietrito, ritirandosi velocemente nell'ombra per non essere visto: qualche metro più in là, appoggiate al parapetto, aveva notato due persone in atteggiamento inequivocabilmente intimo.
Erano Sayaka e Daniel.


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Il senso di smarrimento che aveva provato in quel momento, sarebbe rimasto impresso per sempre nella sua memoria: mentre osservava attonito i due, che abbracciati indietreggiavano verso la stanza della ragazza, continuando a baciarsi, era stato colto da una sorta di vertigine, tanto da doversi appoggiare alla parete per non perdere l'equilibrio.
Per un momento aveva creduto che il cuore gli si spezzasse nel petto.
Koji aveva atteso che varcassero la soglia dell'appartamento, quindi, muovendosi come un'automa, era andato ad appoggiare il pacco regalo davanti all'ingresso.
Del resto della nottata gli era rimasta solo un'immagine nebulosa, ricordava unicamente l'incontro con Dave, che lo aveva trascinato a forza in un pub assieme ad alcuni amici e lì aveva bevuto tutto quello che gli era stato messo di fronte, fino a perdere conoscenza.
La mattina dopo si era risvegliato nel suo letto con un'emicrania formato famiglia.
Mettendosi faticosamente a sedere e cercando di contenere la nausea che lo stava assalendo come un'ondata di piena, si era visto porgere una tazza di quello che sembrava caffè.
La mano che lo reggeva era quella di Sayaka.
- Bevilo coraggio - gli aveva detto gentilmente - Ti farà bene -
- Forse dovresti prenderlo tu, visto che hai passato una notte movimentata... - le aveva biascicato lui in tono sarcastico.
Sayaka era impallidita di colpo, ma aveva fatto finta di nulla.
- Volevo ringraziarti per il regalo...non so cosa dire... è bellissimo - aveva mormorato allora con un lieve fremito nella voce.
- Bene, hai fatto quello che dovevi fare, adesso puoi anche andartene -
- Koji...io...-
Il ragazzo le aveva voltato le spalle, tornando a stendersi sul letto e tirandosi il lenzuolo fin sopra la testa.
- Koji...per favore, lasciami spiegare -
- Non c'è niente da spiegare - aveva replicato duramente il giovane - Vattene -
Era seguito un silenzio opprimente, interrotto solo dallo scatto della porta che si chiudeva.
Nei giorni successivi, era diventato chiaro a tutti che Sayaka e Daniel facevano ormai coppia fissa.
Koji, dal canto suo, aveva preso ad evitare accuratamente tutti i luoghi che questi erano soliti frequentare, ostentando l'indifferenza più totale nelle rare occasioni in cui erano costretti ad incontrarsi.
Con il sincero desiderio di salvare almeno l'amicizia, la ragazza aveva tentato qualche timido approccio, ma il giovane si era sempre rifiutato caparbiamente di rivolgerle la parola.
Alla fine Sayaka s'era rassegnata e non lo aveva più cercato.
Koji era arrivato al punto di non provare più nulla: non c'era odio, non c'era amore, solo un vuoto spaventoso più forte di qualsiasi sentimento.
Nemmeno quando aveva perso suo padre per la seconda volta si era sentito in quel modo, combattere contro il nemico che glielo aveva ucciso, era servito in qualche modo a metabolizzare il dolore della perdita, ma questa volta era diverso.
La persona che amava di più, quella con cui contava di costruire una vita assieme, aveva tradito le sue aspettative, strappandogli ogni certezza.
Nel frattempo, come aveva promesso, il dottor Watson si era dato da fare, spulciano fra gli ultimi video della sorveglianza e trovando finalmente quello che cercava.
Una mattina quindi, aveva cercato Koji e lo aveva invitato a pranzare con lui.
- Siamo stati fortunati ragazzo mio! - lo aveva accolto sorridendo, facendogli segno di accomodarsi al suo tavolo - Qui c'è la prova che inchioda Prescott e altri due suoi compagni di squadra -
Koji aveva preso il cd che l'uomo gli porgeva, rigirandolo assorto fra le mani senza dire una parola.
- Che entusiasmo - aveva esclamato dopo un po' lo scienziato con aria perplessa - Ma come...non sei contento? Con questo potresti addirittura farli sbattere fuori dall'università! -
- Adesso non ha più importanza - aveva mormorato il ragazzo, restituendogli il dischetto - Può tenerlo -
- Io davvero non ti capisco Koji... -
Accennando un sorriso malinconico, il giovane s'era alzato dalla sedia.
- Grazie comunque professore - gli aveva detto, prima di lasciare il ristorante.
Circa una settimana dopo, uscendo da una lezione, aveva trovato Sayaka ad aspettarlo fuori dall'aula.
Il primo impulso di Koji era stato quello di scansarla, ma lei lo aveva afferrato decisa per un braccio.
- Ho visto il dottor Watson - aveva esordito la ragazza.
- E allora? - era stata la replica gelida del ragazzo.
- So quello che è successo...Koji, ho delle cose da dirti...ti prego, stammi a sentire e poi deciderai cosa fare -
Scrutandola intensamente negli occhi, il giovane era rimasto in silenzio per un po', poi aveva annuito.
- D'accordo, ti ascolto -
- Non qui, troviamoci un posto tranquillo -
Così erano scesi nel parco e si erano seduti su una panchina all'ombra di un salice.
Tenendo lo sguardo basso ed intrecciando nervosamente le dita delle mani, Sayaka aveva iniziato a parlare.
- Io e Daniel ci siamo lasciati -
- Mi dispiace per te - aveva risposto lui impassibile.
La ragazza gli aveva lanciato una rapida occhiata: non si era aspettata tanta freddezza.
Prima di continuare, aveva respirato a fondo, cercando di riordinare le idee e trovare le parole più adatte.
- Ho sbagliato Koji, ho permesso che una stupida infatuazione prendesse il sopravvento sui miei veri sentimenti e tutto questo solo perché ho avuto paura -
- Paura? - l'aveva interrotta bruscamente il giovane - Paura di cosa? -
- Del nostro rapporto...stava diventando una cosa troppo seria ed io...ecco...io non mi sentivo pronta, questa è la verità -
- E così ti sei buttata nelle braccia di un altro? - aveva ribattuto lui in tono caustico.
- Ti prego, non rendermi le cose più difficili... - aveva mormorato lei cercando inutilmente i suoi occhi - Koji...tu sei la persona a cui tengo di più al mondo e starti lontana mi ha fatto capire quanto in realtà sia forte l'affetto che provo nei tuoi confronti -
Sayaka era rimasta in silenzio per un momento, cercando di sondare le reazioni del giovane che le stava seduto accanto, ma Koji non aveva lasciato trasparire alcuna emozione, tenendo lo sguardo fisso a terra.
A quel punto la ragazza aveva tentato l'ultima carta.
- Ti amo Koji...concedimi un'altra occasione -
In quel momento, qualcosa aveva scalfito l'esile corazza di indifferenza eretta dal ragazzo attorno al proprio dolore, ed un marasma di sentimenti era affiorato prepotentemente, togliendogli quasi il respiro.
Koji s'era girato a contemplarla con il cuore in tumulto.
Il sole filtrava a tratti tra i rami, danzando morbidamente sul suo viso: era bellissima, ma nello stesso tempo aveva un'aria terribilmente fragile.


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Il primo impulso era stato quello di stringerla al petto, ma poi l'immagine di lei abbracciata a Daniel si era insinuata nella mente come una serpe velenosa, ed il suo dannato orgoglio aveva avuto il sopravvento.
- Non posso - aveva risposto in tono asciutto - Non posso perdonarti -
Sayaka aveva sussultato come se fosse stata schiaffeggiata e lacrime silenziose, dopo aver indugiato brevemente sulle sue ciglia, erano scivolate incontrollabili lungo le gote.
- Capisco...- aveva mormorato con la voce strozzata dal nodo che le serrava la gola - A questo punto non c'è più nulla che mi trattenga qui -
Koji suo malgrado si era sentito vacillare e l'aveva guardata sorpreso.
- Che...che vuoi dire? -
- Intendo completare i miei studi in Giappone...partirò il prima possibile -
- Ma...Sayaka...sei sicura? -
- Sono sicura - aveva annuito lei - Ho riflettuto molto su questa decisione e ritengo che in questo momento sia la cosa più giusta da fare -
- Quello che dici è senza senso! - aveva esclamato con foga il giovane - Come puoi mandare all'aria un'occasione del genere? Dopo l'università avremo la possibilità di specializzarci alla N.A.S.A, alla N.A.S.A capisci? E tu vuoi rinunciare a tutto questo? -
- Se solo tu potessi vedere la rabbia ed il disprezzo con cui mi guardi, probabilmente capiresti le motivazioni della mia scelta - aveva risposto malinconicamente Sayaka e dopo un attimo di esitazione gli aveva sfiorato una spalla con una timida carezza: pur rimanendo immobile, lui non si era sottratto.
- Chissà...forse col tempo riuscirai a perdonarmi - aveva sussurrato infine la ragazza, ritirando la mano ed alzandosi in piedi - Sappi che sarò lì ad aspettarti Koji -
Ancora seduto al suo posto, il giovane era rimasto a fissarla mentre si allontanava lungo il vialetto, sparendo poco dopo in mezzo alla folla di studenti che s'affrettavano verso le rispettive aule e poi aveva chinato la testa fra le ginocchia, nascondendo il volto fra le mani.
Alcune ragazze che passavano di là, si erano soffermate incuriosite ad osservare quel ragazzo con le spalle scosse dai singhiozzi, per poi proseguire bisbigliando fra di loro.
Non si erano più visti.
Sayaka era rientrata in patria, mentre Koji si era buttato a capofitto negli studi, portandoli a termine con successo e recandosi poi alla N.A.S.A, per completare la sua formazione sotto la supervisione del dottor Watson.


Travolto dal vortice di ricordi e con le palpebre appesantite dalla spossatezza, a tarda notte Koji scivolò finalmente in una specie di dormiveglia, incurante della fitta pioggia che aveva preso a tamburellare furiosamente sui vetri della portafinestra, accompagnata dal rombo sordo del tuono.
" Sappi che sarò lì ad aspettarti..." sembrò sussurrargli invece una voce all'orecchio.
Koji sorrise inconsapevolmente nel sonno.

- Fattoria Makiba, ore 09.30: "U.F.O."

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Svegliatosi di buon ora, non senza una certa fatica, Koji si era recato alla fattoria Makiba assieme al dottor Procton, dove il giorno prima aveva lasciato il T.F.O.
La proprietà apparteneva allo scienziato, ma era tenuta in gestione da Rigel, un buffo ometto che sembrava la caricatura di un pistolero del vecchio West, e dai suoi due figli: Mizar un bambino piuttosto sveglio, che doveva avere all'incirca l'età di suo fratello Shiro, e la sorella maggiore Venusia, una graziosa ragazza, che da quando era morta la madre, si occupava della famiglia come una perfetta massaia.
Koji aveva avuto modo di apprezzare le sue doti di cuoca proprio quella mattina, facendo onore ad un'ottima colazione a base di dolci fatti in casa, frutta, latte fresco e caffè, poi era seguita una visita alla tenuta.
La fattoria era piuttosto vasta; oltre a diversi appezzamenti di terreno adibiti a pascolo per il bestiame, c'era un grande orto, un frutteto ed un ampio recinto per i cavalli.
Davanti a quest'ultimo, il giovane si soffermò ad osservare affascinato alcuni esemplari, tra cui uno splendido stallone bianco, che in quel momento stava cavalcando Actarus.
- Bella bestia eh? Si chiama Silver ed è il mio miglior animale - dichiarò orgogliosamente Rigel, notando l'interesse di Koji - Ti piacciono i cavalli? -
- Beh...sì, negli Stati Uniti ho fatto qualche escursione di gruppo e devo dire che l'esperienza mi è piaciuta parecchio - rispose quest'ultimo senza distogliere gli occhi dal figlio di Procton: il giovane e lo stallone sembravano un tutt'uno, come se fra i due esistesse un'intesa speciale.
- E' piuttosto bravo - continuò Koji, percependo con disappunto una nota di gelosia nella propria voce.
- Actarus è molto abile con i cavalli - confermò sorridendo Venusia, mentre appoggiata con le braccia allo steccato, seguiva attenta la dimostrazione del cavaliere - E' come se possedesse una specie di dono -
Il giovane Kabuto osservò la ragazza: le brillavano gli occhi ed un lieve rossore imporporava le sue guance; Koji intuì che l'apprezzamento di Venusia per quel tizio dai capelli lunghi, andava ben oltre l'ammirazione per le sue doti di cavallerizzo.

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- Ti piacerebbe provare? - gli chiese Rigel in quel momento.
- Magari! - esclamò Koji entusiasta.
- Coraggio allora, ti faccio vedere gli altri cavalli, così ne scegli uno - sorrise l'ometto - Actarus! Vieni a darmi una mano! - chiamò poi.
Actarus li accompagnò nella scuderia e l'attenzione di Koji ricadde immediatamente su un un purosangue inglese dal manto nero.
- Quello! - indicò, avvicinandosi al box dov'era ricoverato.
- Proprio quello? - chiese preoccupata Venusia - Non so se è il caso Koji, Diablo è un cavallo piuttosto ombroso e finora solo Actarus è riuscito a cavalcarlo -
- Venusia ha ragione - aggiunse quest'ultimo con un sorriso - Forse dovresti scegliere un animale più tranquillo, come Denver per esempio - continuò, mostrandogli il cavallo che stava nel box a fianco.
Spinto dallo spirito di competizione, Koji mise a tacere senza tanti complimenti quella vocina che gli suggeriva di dare retta a Venusia: non voleva fare la figura del vigliacco, soprattutto davanti al figlio del dottor Procton.
- No, va bene Diablo - replicò d'impulso.
- Come vuoi - commentò imperturbabile Actarus, andando a prendere una sella.
Poco dopo conduceva il purosangue all'esterno, tenendolo saldamente per le briglie.
- E' tutto tuo - disse affidandolo a Koji.
Il giovane afferrò le redini ed infilò il piede nella staffa, ma il cavallo scartò inaspettatamente di lato, facendogli perdere l'equilibrio.
Riuscì miracolosamente a tenersi in piedi, ma solo grazie alla sua prontezza di riflessi.
- Qualche problema? - chiese Actarus, che s'era seduto beatamente sulla staccionata.
Koji non poté fare a meno di notare lo sguardo vagamente beffardo del giovane e borbottando qualcosa di molto poco amichevole tra sé e sé, tornò ad avvicinarsi a Diablo.
- Ok bello - gli sussurrò in un orecchio, riprendendo le briglie - Stammi bene a sentire, vedi di fare il bravo e di non farmi fare figuracce d'accordo? -
Il purosangue nitrì nervosamente, scrollando la testa e battendo gli zoccoli sul terreno.
Koji riuscì finalmente a montare in groppa, ma Diablo iniziò ad impennarsi furiosamente: il giovane resistette qualche istante e poi venne bruscamente disarcionato, finendo in malo modo a terra con la schiena.
Il cavallo, ormai senza controllo, si diresse come una furia verso la parte del recinto dove si trovavano Venusia e gli altri.
- Attenzione! - urlò Rigel.
Actarus intervenne prontamente: balzò con un'agilità incredibile in groppa all'animale e lo fece deviare con uno strattone delle redini.
Poco dopo cavalcava tranquillamente come se nulla fosse successo, mentre, chinato sulla testa del cavallo, gli carezzava il collo, rabbonendolo con parole suadenti.
- Tutto bene Koji? - esclamò allarmato Procton, raggiungendo il ragazzo assieme a Venusia ed aiutandolo a rialzarsi.
- Sì sì... - li rassicurò il ragazzo, spolverandosi distrattamente i jeans - Io sto bene...il mio amor proprio un po' meno -
- Meglio quello di qualche osso rotto - commentò in tono pratico Venusia.
All'improvviso la voce di Rigel risuonò entusiasta nell'aria.
- UN UFO! UN UFO! -
- Oh no....ci risiamo - sbuffò Venusia, mentre suo padre correva verso una specie di torretta d'avvistamento che stava vicino al fienile - Lui e la sua mania per i dischi volanti! -
In men che non si dica, l'ometto s'era arrampicato sul suo posto di osservazione ed afferrato un cannocchiale s'era messo a scrutare l'orizzonte.
- Non farci caso Koji - mormorò imbarazzata la ragazza - Mio padre ha una fissazione per l'ufologia, è convinto che gli alieni verranno a fargli visita -
- Ma se quello non è un ufo, allora cos'è? - chiese perplesso Mizar, indicando qualcosa in cielo.
Si voltarono tutti.
In direzione del monte Fuji si distingueva chiaramente un oggetto discoidale molto luminoso, che procedeva a velocità sostenuta, muovendosi in maniera inconsueta e compiendo evoluzioni incredibili, in barba alla forza di gravità.
Senza dire una parola, Koji scattò verso il luogo dov'era custodito il T.F.O.
- Che vuoi fare? - lo bloccò Actarus, parandoglisi di fronte in groppa a Diablo.
- Togliti di mezzo! - lo apostrofò seccato il giovane - Quello è lo stesso ufo che ho visto ieri e stavolta non intendo lasciarmelo sfuggire! -
- Aspetta! - esclamò allora il figlio del dottor Procton, scendendo da cavallo ed afferrandolo bruscamente per le spalle
- Non andare, è pericoloso! -
- E tu che ne sai? - replicò Koji, liberandosi con un gesto deciso dalla presa e scrutandolo sospettosamente negli occhi: lo sguardo di Actarus era sinceramente preoccupato.
- Mio figlio ha ragione - intervenne a quel punto Procton - E comunque l'oggetto è sparito -
Koji scorse velocemente la volta del cielo: dell'ufo nessuna traccia.
- Accidenti a te! - imprecò, scostando Actarus con una manata sul petto ed allontanandosi borbottando verso il retro della casa.
Con un'espressione molto eloquente sul volto, quest'ultimo si voltò verso suo padre.
- E' meglio che lo sorvegli - gli mormorò annuendo il dottor Procton.



continua...


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Edited by kojimaniaca - 18/11/2010, 09:14
 
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