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KOJIMANIACA: i racconti per la cronologia

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kojimaniaca
view post Posted on 26/11/2010, 14:57 by: kojimaniaca     +1   -1




PARTE SECONDA



- Fattoria Makiba, ore 10.45 : "caccia all'uomo"

Koji era furioso.
L'atteggiamento palesemente ostile di Actarus cominciava a dargli sui nervi e la sensazione che in lui ci fosse qualcosa di poco chiaro, era sempre più forte.
Ma adesso aveva qualcosa di più importante di cui occuparsi ed era essenziale agire con discrezione, evitando di attirare troppo l'attenzione su di sé.
Ufficialmente si trovava al Centro di Ricerche Spaziali per occuparsi dei recenti avvistamenti di oggetti volanti non identificati sul Giappone, ma in realtà era stato incaricato dalla N.A.S.A , di indagare su un presunto ufo crash avvenuto in quella zona circa due anni prima.
L'oggetto in questione era stato intercettato da uno dei satelliti spia americani.
La prima ipotesi, che lo aveva classificato come uno dei soliti bolidi spaziali, era stata immediatamente scartata: nella sua scia era stata rilevata un'anomala dispersione di energia dalle caratteristiche sconosciute e la sua traiettoria, anche se apparentemente incontrollata, appariva in qualche modo pilotata.
Il satellite ne aveva seguito l'entrata nell'atmosfera terrestre, perdendone infine le tracce nell'Honshu centrale, in un'area compresa tra la prefettura di Yamanashi e Nagano.
In seguito, ogni tentativo dell'agenzia spaziale americana di effettuare ulteriori ricerche in loco, era stato diplomaticamente impedito dal governo nipponico e da fonti bene informate era trapelata una certa sollecitazione in tal senso da parte del dottor Procton.
Lo scienziato aveva minimizzato l'evento e le sue dichiarazioni in merito avevano fatto riferimento alla caduta di un semplice meteorite, che si era completamente disintegrato a contatto con l'atmosfera.
Per nulla convinti da questa spiegazione, seppur suffragata da uno scienziato di fama mondiale, gli americani si erano limitati a far buon viso a cattivo gioco, riservandosi di approfondire la questione in altro modo.
A Koji era stato proposto di occuparsi della cosa dopo alcuni mesi che si trovava alla N.A.S.A.
Le sue origini giapponesi ed i suoi trascorsi di pilota del Mazinger Z, ne avevano fatto il candidato ideale per quella che doveva essere una missione top secret ed il giovane aveva accettato immediatamente, entusiasta per quell'incarico che gli avrebbe permesso di approfondire il suo interesse sugli ufo e nello stesso tempo di tornare in patria.
Koji raggiunse il T.F.O. e dopo aver comandato l'apertura della calotta in cristallo, attraverso un congegno applicato al suo orologio da polso, salì a bordo.
Aprì un piccolo scomparto nascosto sotto il sedile, estraendone una tuta protettiva di colore blu ed un casco, che indossò rapidamente, inserì quindi alcuni dati nel computer di bordo, decollando poco dopo in direzione nord.
Controllò la rotta da seguire: la zona da ispezionare era piuttosto vasta, così aveva deciso di procedere dividendola per settori, in modo da non lasciarsi sfuggire alcun dettaglio.
Sorvolò una specie di canyon, che tagliava come una sorta di ferita aperta una fitta boscaglia e sul fondo del quale scorreva un fiume, Koji poteva distinguerne chiaramente il luccichio, che a tratti traspariva fra le fronde degli alberi, riflettendo la luce del sole come uno specchio.
Lanciò un'occhiata alla mappa sul monitor: si trattava dello stesso corso d'acqua che più a valle alimentava la diga sulla quale era costruito il Centro del dottor Procton.
D'istinto decise di risalire il canalone, che risultò essere abbastanza ampio da permettergli di volare agevolmente a pochi metri dal suolo.
Proseguì così per diverse miglia, finché, trovandosi di fronte ad una cascata, fu costretto a riprendere quota, sbucando inaspettatamente in un'ampia vallata quasi perfettamente circolare, le cui pareti rocciose, ricoperte da una rigogliosa foresta di conifere, convergevano verso il letto del fiume attraverso una serie di bruschi dislivelli.
All'improvviso il rilevatore di bordo iniziò a segnalare qualcosa.
- Ci siamo! - esclamò eccitato Koji, controllando freneticamente i dati rilevati.
Non riusciva a crederci: la radiazione era appena percepibile, ma si trattava chiaramente dello stesso tipo di energia captata a suo tempo dal satellite della N.A.S.A.
Fece una virata stretta, tornando a sorvolare la zona dove il segnale risultava più intenso e notò qualcosa di strano.
In quel punto la vegetazione appariva diversa, come appiattita per una striscia larga una quarantina di metri e lunga una decina, ma osservando con più attenzione, si rese conto che in realtà le piante stavano ricrescendo, dopo che qualcosa le aveva praticamente rase al suolo.
Koji decise di controllare più da vicino ed avvistata una piccola radura poco più in basso, atterrò senza problemi.
Lasciato l'abitacolo del T.F.O., s'incamminò in direzione del luogo che aveva avvistato, inerpicandosi lungo un pendio e procedendo faticosamente in mezzo alla fitta boscaglia, da cui riemerse solo circa venti minuti dopo.
Si guardò attorno: in effetti sembrava che qualcosa si fosse abbattuto con violenza in quella parte della vallata, persino le rocce ne portavano il segno, in particolare si poteva distinguere una larga fenditura, che attraversava quasi parallelamente al suolo una delle pareti in granito, talmente netta da togliere ogni dubbio sul fatto che potesse essere una formazione naturale.
Ora ne era certo: qualcosa era precipitato in quel luogo e non si trattava certo di un meteorite.
Prese dalla sacca che portava a tracolla una macchina fotografica, fece diverse foto e poi si accinse a raccogliere alcuni campioni del terreno.
Improvvisamente venne assalito da una vaga sensazione d'inquietudine e percepì chiaramente i capelli rizzarglisi sulla nuca: scrutò tutt'attorno perplesso, senza notare nulla di strano, a parte una quiete decisamente innaturale, poi un lieve ronzio lo spinse a guardare verso l'alto.
Quello che vide lo lasciò senza fiato.

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Un'enorme astronave stazionava ad una ventina di metri sopra di lui, cupa e silenziosa come la morte; incapace di muoversi, Koji rimase lì a fissarla inebetito per qualche istante, poi recuperato il suo sangue freddo, s'infilò rapidamente in un anfratto roccioso, per nascondersi e poter osservare senza essere scorto.
Il disco volante iniziò ad allontanarsi lentamente, ruotando su sé stesso ed il giovane lo seguì con lo sguardo fino a perderlo di vista, quindi uscì dal suo rifugio improvvisato, mettendosi a correre verso la radura dove aveva lasciato il T.F.O.
Ridiscese a rotta di collo la scarpata, incurante dei rami che gli sferzavano il volto e le braccia, ma giunto in prossimità del suo velivolo, si bloccò di colpo, riparandosi precipitosamente dietro il tronco di un albero.
Tre ufo di piccole dimensioni erano atterrati attorno al T.F.O. e alcuni umanoidi alti circa due metri lo stavano ispezionando accuratamente.
Indossavano una sorta di armatura aderente al corpo, mentre il volto era celato da una specie di cappuccio appuntito, in cui erano visibili solo gli occhi, bianchi ed inespressivi.
Koji notò che imbracciavano delle armi simili a fucili, il cui aspetto era decisamente poco rassicurante e che ponevano seri dubbi su eventuali intenzioni pacifiche.
- Dannazione! - mormorò allarmato.
Doveva assolutamente allontanarsi da lì.
Arretrò silenziosamente di qualche passo, senza distogliere lo sguardo dalla radura, poi il lieve scricchiolio di un ramo spezzato lo fece voltare di scatto.
Qualcosa lo colpì violentemente ad uno zigomo e Koji piombò nell'oscurità.


Quando poco dopo riprese i sensi, si ritrovò semi seduto, con la schiena appoggiata ad un grosso masso.
La testa gli pulsava furiosamente e sentiva in bocca il sapore del sangue.
Cercò di mettere a fuoco ciò che lo circondava, ma la vista era offuscata e non riusciva ad aprire l'occhio sinistro, poi finalmente riuscì faticosamente a guardarsi attorno.
Sei alieni lo circondavano, tenendolo sotto tiro con i fucili e parlottando fra loro in una lingua sconosciuta, mentre poco più in là un altro personaggio un po' più alto degli altri e avvolto totalmente in un mantello, lo scrutava di tanto in tanto con aria incuriosita.
Aveva una corporatura sottile, di carnagione bluastra, con il volto allungato e piuttosto spigoloso, nel quale brillavano due occhi dall'espressione crudele.
Koji intuì che si trattava del comandante e quando quello sguardo tornò a posarsi su di lui, percepì le viscere contorcersi per la paura.
L'alieno fece un cenno col capo e due soldati afferrarono bruscamente il giovane per le braccia, trascinandolo senza tanti complimenti fino al suo cospetto e costringendolo ad inginocchiarglisi di fronte.
- Sono Hydargos, comandante delle forze speciali di Re Vega - si presentò, esprimendosi lentamente per trovare le parole giuste - Comprendi quello che dico? -
La sua voce aveva un timbro quasi metallico, che lo rendeva ancora più sinistro.
Koji annuì meccanicamente.
- Bene - replicò l'altro - Allora dimmi dove si nasconde Duke Fleed -
- Ch...chi? - balbettò confuso il giovane.
Il calcio di un fucile lo raggiunse impietoso nelle reni, togliendogli il respiro e strappandogli un lamento.
- Bada - gli sibilò Hydargos in un orecchio, agguantandolo per i capelli e piegandogli a forza la testa di lato - Non ti conviene fare l'eroe: se parli ti prometto una morte veloce ed indolore, altrimenti ti farò soffrire le pene dell'inferno, finché non mi dirai quello che voglio sapere -
- Io...io...davvero...non...non so di cosa diavolo...stai parlando - biascicò in qualche modo Koji.
- Non mentire - continuò l'altro sullo stesso tono - Sono certo che sai dove si trova il Goldrake, altrimenti non saresti qui -


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- Guarda amico...che qua facciamo...notte - rispose debolmente il giovane - Io non so...proprio nul... -
Non riuscì a finire la frase: una ginocchiata nello stomaco lo fece piegare in due per il dolore.
Koji scivolò inerte dalle braccia che lo tenevano prigioniero, accasciandosi a terra e boccheggiando come un pesce fuori dall'acqua.
Hydargos lo fissò impassibile.
- Sei testardo - gli disse - Ma so io come farti parlare -
Il ragazzo provò a replicare qualcosa, ma venne nuovamente agguantato dai soldati ed obbligato ad alzarsi in piedi.
- Portatelo sull'astronave - ordinò il comandante.
- N...no - esclamò a quel punto Koji.
Prima che i suoi aguzzini potessero rendersene conto, il giovane era riuscito a liberarsi dalla loro presa e dopo aver abbattuto uno dei soldati con una spallata, si era impossessato di un fucile.
Due alieni caddero a terra privi di vita, fulminati da un raggio verdastro di forte intensità, poi Koji, approfittando della confusione creatasi, si gettò a capofitto nel bosco.
- Prendetelo! - urlò furioso Hydargos - Non lasciatevelo sfuggire! -
Imbracciate le armi, i soldati si precipitarono sulle tracce del giovane.
Il ragazzo correva con quanto fiato aveva in gola sotto il fuoco incrociato del nemico, muovendosi a zig zag attraverso l'intrico della vegetazione, in modo da non fornire un facile bersaglio agli inseguitori.
Poteva udirne chiaramente le voci, segno che non erano molto distanti e si rese conto che sarebbe stato praticamente impossibile seminarli.
Doveva assolutamente trovare un posto dove rifugiarsi.
Improvvisamente una fitta lancinante gli attraversò il fianco destro.
Koji perse l'equilibrio, crollando a terra e scivolando senza controllo lungo una ripida scarpata, fino a piombare esanime in una buca poco profonda nascosta dai cespugli.
Riverso sulla schiena, abbandonato come una bambola rotta sopra un letto di foglie e rami secchi, rimase privo di sensi per circa un'ora.
La prima cosa che vide aprendo gli occhi, fu una fitta ragnatela che pendeva a pochi centimetri dal suo volto, al centro della quale stazionava un grosso ragno: d'istinto balzò all'indietro per il ribrezzo, ma uno spasmo insopportabile, accompagnato da un senso di vertigine, lo inchiodò nuovamente a terra.
Rimase immobile per un po', respirando a fondo ed aspettando che il dolore si attenuasse abbastanza da permettergli di muoversi, quindi, aiutandosi con i gomiti, riuscì lentamente a sollevare il busto, appoggiandosi alla parete della fossa.
Si tastò delicatamente la parte destra dell'addome e quando ritirò la mano, vide che grondava sangue.
" Maledizione...mi hanno beccato " constatò allarmato.
La situazione cominciava a prendere decisamente una brutta piega e Koji si rese conto di avere un'unica possibilità per mettersi in salvo: raggiungere il fiume e scendere a valle, seguendone il corso.
Strisciò fuori con qualche difficoltà dalla buca, usando come appiglio alcune radici sporgenti, poi rimase lì per qualche istante, guardandosi attorno e tendendo l'orecchio ad eventuali rumori sospetti: del nemico nessuna traccia.
Rassicurato, raccolse le sue forze per rimettersi in piedi e s'incamminò un po' vacillante verso il fondovalle, cercando di non dar retta agli spasmi procurati dalla ferita.
Avanzò faticosamente per circa mezz'ora, finché, raggiunto un piccolo ruscello, si lasciò cadere in ginocchio stremato, raccogliendo l'acqua con le mani a coppa e bevendo avidamente, poi si sedette, appoggiando stancamente la schiena al tronco di un abete.
Sfilò la parte superiore della tuta, abbassandola fino alla vita e rimanendo a torso nudo, così da poter osservare meglio la ferita: la lesione era più o meno in verticale, lunga circa una decina di centimetri, con i bordi netti come se fosse stata incisa in profondità da un bisturi e sanguinava copiosamente.
Cercò di lavarla meglio che poteva dal terriccio e dalla polvere che vi si erano appiccicati, quindi allacciò le maniche attorno all'addome, in modo da creare una specie di fasciatura improvvisata e riprese caparbiamente la marcia.
Camminò a lungo, finché gli parve di udire finalmente lo scrosciare delle acque del fiume ed infatti poco dopo, affacciandosi da una specie di terrazzamento naturale, lo intravide poco più in basso.
- Finalmente - mormorò, mentre nel suo animo cominciava a farsi strada un po' di ottimismo - Coraggio Koji, avanti! - si disse, riprendendo a muoversi.
Fece solo qualche passo.
Un ringhio sommesso risuonò minaccioso alle sue spalle.
Dopo un attimo di esitazione, il giovane si voltò molto lentamente: due pupille rossastre brillavano ostili dall'ombra di un cespuglio e prima di rendersene conto, venne atterrato da qualcosa che tentava freneticamente di azzannarlo alla gola.
Canini affilati affondarono nel braccio con il quale cercava di ripararsi e Koji urlò di dolore, mentre con l'altra mano annaspava disperatamente sul terreno, alla ricerca di qualcosa con cui difendersi.
Le dita si strinsero febbrilmente attorno ad un grosso ramo, con il quale colpì violentemente alla testa la creatura che lo stava assalendo, riuscendo a togliersela di dosso.
Balzò in piedi, brandendo quell'arma improvvisata a due mani, giusto in tempo per respingere un'altra aggressione: con un'altra bastonata ben assestata nell'addome, scaraventò la bestia al suolo e poi continuò a colpirla finché, dopo un ultimo fremito delle zampe, giacque immobile.
Koji rimase ad osservarla ansimando e si accorse che si trattava di un cyborg dalle sembianze canine.
- Dannata bestiaccia! - imprecò, gettando via il ramo e guardando con una smorfia di disappunto l'avambraccio, dove era ben visibile una profonda lacerazione provocata dal morso dell'animale - Ci mancava anche questa -
Un latrare concitato in lontananza attirò la sua attenzione: Koji intuì con sgomento che i cyborg dovevano essere più di uno ed erano sulle sue tracce.
Si lanciò in una corsa sfrenata, cadendo diverse volte e rialzandosi con la forza della disperazione, mentre sentiva gli inseguitori farsi sempre più vicini, finché raggiunse la sponda del fiume.
Quattro cani cyborg sbucarono come demoni dal bosco, procedendo ad agili balzi verso di lui e Koji non perse tempo: si gettò in acqua senza pensarci due volte, con l'intenzione di raggiungere l'altra parte e nella segreta speranza che non lo imitassero.
Per sua fortuna le creature rimasero a terra, muovendosi avanti ed indietro come impazzite lungo la spiaggia ed abbaiando furiosamente all'indirizzo della loro preda.
Koji tirò un sospiro di sollievo, quindi avanzò con qualche difficoltà, finché l'acqua gli raggiunse il petto, poi iniziò a nuotare.
Dopo alcune bracciate però era sfinito: il giovane si trovò ben presto in balia della corrente e venne trascinato inevitabilmente a valle.
Lottò disperatamente per restare a galla, in quell'acqua gelida che gli intorpidiva le membra e solo molto tempo dopo, in un punto in cui il fiume formava un'ansa, diventando meno impetuoso, riuscì a guadagnare la riva, crollando esausto sui ciottoli levigati.
Non ce la faceva più e dopo il bagno forzato aveva i brividi per il freddo, accentuati da un vento che aveva iniziato a soffiare da nord-est.
Si guardò attorno, alla ricerca di un posto riparato dove poter riposare un po' ed ebbe una piacevole sorpresa: poco più in là, seminascosta da un groviglio di rampicanti, scorse una costruzione in legno e con un ultimo sforzo vi si diresse barcollando.
Aprì facilmente la porta ed entrò in quello che doveva essere il capanno di qualche pescatore; non c'era molto, solo un vecchio tavolo sgangherato e un paio di sedie, ma almeno era al coperto.
Colto da un violento capogiro, Koji s'appoggiò con le spalle ad una della pareti, lasciandosi poi scivolare lentamente sul pavimento di assi.
- Solo un po'...voglio dormire...solo...un...po'...- farfugliò prima di svenire.


Quando alcune ore dopo aprì gli occhi, il sole si stava abbassando all'orizzonte, Koji poteva vederlo attraverso una piccola finestra aperta che gli stava di fronte.
Aveva una sete terribile, le ferite pulsavano dolorosamente e si sentiva addosso la febbre.
Doveva assolutamente bere un po' d'acqua.
Provò ad alzarsi, aiutandosi con le braccia, ma queste scivolarono su qualcosa di caldo e viscoso, facendolo ripiombare sul tavolato.
- Mio Dio...- mormorò sconvolto, guardandosi le mani tremanti e madide di un liquido rosso scuro.
Sollevò debolmente il capo e vide che la tuta era quasi completamente intrisa di sangue, mentre sotto di lui si era formata una larga pozza vermiglia.
In quel momento realizzò che stava morendo dissanguato.
- N..no - esclamò in preda ad un'angoscia crescente, mentre la vista andava offuscandosi - Non...non voglio...mor... -
All'improvviso la porta si spalancò con un colpo secco: ombre confuse si avvicinarono, afferrandolo brutalmente e trascinandolo all'esterno, lasciando una macabra scia sul pavimento.
Hydargos osservò impassibile i suoi uomini scaricare in mezzo ai sassi il prigioniero inerme, quindi gli si avvicinò e spingendolo con la punta dello stivale, lo girò supino.

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- Stupido terrestre - sentenziò, constatando che non ne avrebbe ricavato più nulla - Uccidetelo - ordinò poi, rivolgendosi ai soldati - Abbiamo perso fin troppo tempo -
" E' finita" pensò Koji volgendo lo sguardo verso il sole che stava tramontando "...finita "
Non aveva più paura.
Era allo stremo e voleva solo chiudere gli occhi una volta per sempre
" Sappi che sarò lì ad aspettarti Koji... " sembrò sussurrargli allora il vento, mentre quel volto che amava prendeva forma sorridente nei suoi pensieri.
Lacrime incontrollabili presero a scivolargli lungo le tempie.
Non l'avrebbe rivista.
Mai più.
Uno degli alieni gli puntò il fucile in mezzo alla fronte, ma prima di fare fuoco, stramazzò esanime al suo fianco.
Koji fissò confuso il volto dell'alieno a pochi centimetri dal suo, poi urla concitate risuonarono nell'aria.
Qualcuno lo sollevò da terra, caricandoselo sulle spalle ed iniziando a correre ad una velocità incredibile.
Nella semi incoscienza, mentre lo sconosciuto s'inoltrava sicuro nel bosco, il giovane poteva vedere gli alberi scorrergli davanti come attraverso il finestrino di un auto in corsa.
L'uomo, che indossava una tuta di colore rosso, si fermò solo diverso tempo dopo, facendo scivolare delicatamente a terra il ferito ed adagiandolo sopra un mucchio di foglie secche.
Incapace di muoversi, Koji reclinò appena la testa per poterlo vedere in viso.
Attraverso la visiera di un casco integrale, riconobbe incredulo lo sguardo inconfondibile di Actarus.
- T..tu? - sussurrò a stento.
Il figlio del dottor Procton annuì silenziosamente, alzando la visiera e controllandogli preoccupato la ferita al fianco.
Un frastuono improvviso si levò in lontananza nel mezzo della vegetazione e alcuni uccelli si levarono in volo in un frullare frenetico d'ali.
- Stanno arrivando - esclamò Actarus voltandosi in quella direzione ed incupendosi in volto - Cerca di tenere duro Koji, hai capito? Tieni duro! - lo esortò, stringendogli una mano - Tornerò presto a prenderti, te lo prometto -
L'ombra imponente di un disco volante, sul quale al giovane Kabuto parve di scorgere qualcosa di simile ad un volto, apparve improvvisa e silenziosa appena sopra la cima degli alberi, stazionando sopra di loro.
Actarus gli lanciò un ultima occhiata di incoraggiamento e poi venne investito da un fascio luminoso proveniente dalla parte inferiore dell'ufo, sparendo alla vista.
Koji osservò l'oggetto prendere velocemente quota, mentre un rombo cupo attraversava il terreno, accompagnato dallo schianto secco delle piante che si spezzavano, quindi un altro ufo uscì dalla macchia, schizzando verso l'alto nella medesima direzione ed ingaggiando una furiosa battaglia.
In un ultimo sprazzo di lucidità, gli parve di vedere un robot antropomorfo sganciarsi dal disco di Actarus, poi tutto si fece buio.

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- Centro di Ricerche Spaziali, il giorno dopo, ore 20.45: "risveglio"

- Padre...si sta svegliando -
- Grazie al cielo! - esclamò sollevato Procton, accostandosi al letto dove giaceva Koji - Come ti senti figliolo? -
Per qualche istante lo sguardo del giovane vagò disorientato in tutte le direzioni, cercando freneticamente di mettere a fuoco l'ambiente che lo circondava..
- Sei al sicuro adesso - continuò Procton, posandogli una mano sulla fronte nel tentativo di tranquillizzarlo - Ti trovi al Centro di Ricerche -
Koji si limitò a fissarlo con aria smarrita, ma dopo un po' sembrò finalmente riconoscerlo ed accennò un vago sorriso.
Un uomo, vestito con un camice verde, si avvicinò al ragazzo, tastandogli il polso e controllandone i parametri vitali su un monitor.
- Allora dottore? - chiese in quel momento Actarus.
- Sta migliorando e questo grazie alla trasfusione con il sangue che gli hai donato - rispose soddisfatto il medico - Direi che è fuori pericolo -
Koji spostò stancamente la sua attenzione sul giovane, che stava seduto su una sedia a fianco del letto e mosse le labbra come per dire qualcosa.
Il figlio del dottor Procton, scosse la testa in un cenno di diniego.
- No...non sforzarti Koji - gli disse - Lo so che hai tante domande da farmi e ti assicuro che non appena starai meglio, avrai tutte le risposte che cerchi - lo rassicurò.
- Actarus ha ragione, ora devi solo riposare e rimetterti in forze - intervenne lo scienziato - Lo affido a lei dottore - si raccomandò poi, rivolgendosi al medico.
- Ci conti - replicò quest'ultimo, prendendo una piccola siringa contenente un liquido chiaro ed iniettandolo nel braccio del paziente.
Padre e figlio invece, uscirono dalla stanza.
Koji sospirò profondamente e mentre le palpebre diventavano sempre più pesanti per effetto dei medicinali, un nome si fece strada nei suoi pensieri.
" Duke Fleed..."
Ormai assopito, non ebbe modo di accorgersi della persona, che scivolata silenziosamente all'interno della camera, si era avvicinata al suo capezzale.
Una mano gentile gli sfiorò delicatamente il volto pallido.
- Koji...- sussurrò Sayaka con le lacrime agli occhi.

- Centro di Ricerche Spaziali, ore 23.00: "Sayaka"

- Per favore dottor Procton, non dica a Koji che sono stata qui - disse Sayaka, aprendo lo sportello dell'auto.
- Come vuole signorina Yumi, ma davvero non capisco - rispose lo scienziato, che l'aveva accompagnata nel parcheggio del Centro assieme ad Actarus - Sono certo che Koji ne sarebbe felice -
La ragazza sorrise malinconicamente.
- Non ne sarei così sicura...vede, fra noi ci sono state...ecco, come dire...delle incomprensioni - rispose lei imbarazzata
- La prego comunque di tenermi informata sulle sue condizioni -
- Lo farò senz'altro - la rassicurò l'uomo - E si ricordi che qui sarà sempre la benvenuta -
- Non so come ringraziarvi per avermi ospitata... e per tutto il resto - replicò Sayaka stringendogli la mano e sedendosi al posto di guida.
- E' sicura di non volersi fermare qui al Centro anche stanotte? - chiese Procton - La strada fino all'Istituto è lunga -
- Sono sicura - annuì lei - Preferisco rientrare -
- Posso accompagnarti con la moto se vuoi - intervenne il figlio dello scienziato.
- Sei gentile, ma non serve...davvero - mormorò lei, declinando l'offerta ed abbassando gli occhi, imbarazzata dallo sguardo particolarmente penetrante del giovane.
Sayaka chiuse la portiera e accese il motore, avviandosi lentamente verso il cancello principale, ma dopo alcuni metri si fermò ed abbassò il finestrino.
- Actarus! - chiamò.
Il giovane si avvicinò incuriosito all'auto della ragazza.
- Hai cambiato idea? - le chiese, chinandosi verso di lei.
Sayaka esitò un attimo, poi sfiorò con la mano un vistoso cerotto che Actarus portava sull'avambraccio sinistro.
- No, volevo solo dire che...ecco...ho la netta sensazione che tu e Koji diventerete presto buoni amici...insomma...tienilo d'occhio per me , ok? -
Il giovane la guardò perplesso per un istante, poi annuì, accennando un lieve sorriso.
I sentimenti che quella ragazza provava per Koji erano lampanti come la luce del sole.
- Stai tranquilla - la rassicurò.
- Grazie...- sussurrò lei, accennando un saluto e premendo sull'acceleratore.
Ben presto i fanalini di coda della macchina si dileguarono nella notte.
Procton posò una mano sulla spalla di Actarus.
- Che ne pensi figliolo? - gli chiese.
- Penso che l'amore fa fare le cose più strane - rispose quest'ultimo dopo un attimo di riflessione.

- Centro di Ricerche Spaziali, una settimana dopo, ore 07.30: "rivelazioni"


Semi seduto nel proprio letto, Koji chiuse con un sospiro lo sportellino del suo cellulare e proprio in quel momento qualcuno entrò discretamente nella stanza, cercando di non fare alcun rumore.
Pensando che si trattasse del solito infermiere, rimase invece piuttosto stupito nel trovarsi di fronte il figlio del dottor Procton.
Erano diversi giorni che non si faceva vedere.
Quest'ultimo chiuse piano la porta e si voltò verso di lui, reggendo un vassoio fra le mani.
- Ah...sei già sveglio - disse - Ti ho portato la colazione -
- Quale onore Actarus...ma forse dovrei chiamarti Duke Fleed, o sbaglio? - chiese di rimando Koji, senza nascondere una punta d'ironia nel tono di voce.
Il giovane sorrise senza replicare, quindi appoggiò il vassoio sul ripiano del comodino, girandolo in modo che Koji potesse mangiare comodamente e presa una sedia, si accomodò lì a fianco.
- Credo sia arrivato il momento di fare due chiacchiere - mormorò.
Respirò a fondo e dopo un momento di riflessione iniziò a parlare.
Koji ascoltò in silenzio per più di mezz'ora, incapace di dire qualsiasi cosa, mentre Actarus, con la voce a momenti rotta dalla commozione, raccontava di come Re Vega avesse invaso Fleed, il suo pianeta di origine, portando morte e distruzione fra la sua gente.

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Vide lacrime amare scivolare sul volto di quello strano giovane, quando questi provò a descrivere lo strazio nel vedere la propria famiglia sterminata senza pietà e di quando, ormai troppo provato per poter combattere, fosse stato costretto a fuggire a bordo di Goldrake, pur di non lasciarlo cadere in mani nemiche.
E poi la sua interminabile odissea nello spazio, ferito e alla deriva, finché aveva trovato rifugio in extremis sulla Terra, accolto in fin di vita da quell'uomo che ora chiamava padre.
-...e questo è tutto - concluse ad un certo punto Actarus, abbassandogli occhi sulle proprie mani appoggiate alle ginocchia e strette convulsamente a pugno - Ora sai tutto...spetta a te decidere cosa fare di queste informazioni -
- Mio dio..- sussurrò finalmente Koji, trovando il coraggio di aprire bocca solo dopo un interminabile silenzio e rendendosi conto che stava piangendo come un bambino - Io..io non so che dire...-
Poi, in un impeto di rabbia, urtò col dorso della mano il vassoio della colazione, rovesciando la tazza del caffè, che fortunatamente era quasi vuota.
- Non lascerò che quei bastardi riducano la Terra come Fleed! - esclamò vibratamente - Non lo permetterò! -
Actarus lo guardò sorpreso.
- Cosa vuoi dire? - chiese preoccupato - Non avrai intenzione di...-
- Tornerò a combattere con Mazinga Z! - lo interruppe Koji
- Non dire sciocchezze! - cercò di dissuaderlo Actarus - Il tuo robot non è abbastanza potente per affrontare le armate di Re Vega! -
- Non mi sottovalutare! - replicò duramente il giovane Kabuto, punto sul vivo - Non sono un pivello! -
- Calmati Koji, non ti sto sottovalutando - provò a dire Actarus - Quello che sto cercando di farti capire, è che i veghiani sono sicuramente più forti dei nemici che hai affrontato fin'ora: Goldrake è l'unica arma in grado di contrastarli ed io ti giuro che difenderò questo pianeta come se fosse il mio -
Koji mugugnò qualcosa d'incomprensibile, lanciando un'occhiata in cagnesco al suo interlocutore.
- Ascoltami - provò ad insistere Actarus - Quando sono arrivato sulla Terra, mi sono illuso di poter di poter vivere normalmente, come una persona qualsiasi e lasciare definitivamente tutto quell'orrore alle spalle ed invece il passato è tornato a perseguitarmi...- mormorò, deglutendo a fatica e fissando un punto imprecisato del pavimento - Se i veghiani sono arrivati fin qui, è solo colpa mia purtroppo - continuò amaramente, ma poi sembrò ritrovare un tono di voce calmo e risoluto - L'unica cosa che posso fare ora, è difendere la mia nuova patria e lo farò, anche a costo di rimetterci la vita, ma non intendo coinvolgere altre persone in questa faccenda, tanto meno te - concluse con un tono che non ammetteva repliche e tornando a fissare intensamente Koji.
- Sono già dannatamente coinvolto - dichiarò serio quest'ultimo, sostenendo senza battere ciglio quello sguardo penetrante e severo - Non ti lascerò affrontare tutto questo da solo -
Ci fu un minuto di interminabile silenzio, nel quale i due giovani sembrarono studiarsi attentamente, cercando di intuire l'uno i pensieri dell'altro.
Actarus si rese conto che nulla avrebbe fatto cambiare idea a quel giovane caparbio e negli occhi di Koji vide riflessa la propria identica determinazione.
- Non c'è niente che possa dire per farti farti desistere, vero? - gli chiese rassegnato.
- No - rispose semplicemente Koji - E poi ti devo la vita, dovrò pur ricambiare in qualche modo - continuò allegramente per stemperare la tensione e strizzandogli un occhio.
- Sei davvero un tipo testardo Koji - sorrise suo malgrado Actarus.
- Lo so! - ribatté prontamente quest'ultimo, quindi allungò il braccio, porgendogli la destra - Amici? - chiese.
Actarus esitò solo un istante e poi strinse con calore quella mano che gli veniva tesa.
- Amici - approvò, ridendo di cuore - Ma ora sarai stanco, è meglio che ti lascio riposare - aggiunse poi, alzandosi dalla sedia ed avviandosi verso la porta.
- Actarus! - lo chiamò invece Koji, quando ormai aveva la mano sulla maniglia - Un'ultima cosa -
- Dimmi -
- Lei è stata qui vero? - gli chiese a bruciapelo il giovane Kabuto.
- Di chi parli? - provò a tergiversare Actarus.
- Di Sayaka...ma comunque hai già risposto alla mia domanda - sorrise Koji - Non sei bravo a mentire -
Actarus lo guardò un po' imbarazzato.
- Mi ha fatto promettere di non dirti nulla - si giustificò - Ma come hai fatto a capirlo? -
- Stamattina ho sentito mio fratello al telefono...nemmeno lui se la cava con le menzogne -
Il figlio del dottor Procton lo squadrò un'ultima volta con aria perplessa e poi uscì dalla stanza.
" Decisamente l'amore fa fare cose strane " pensò, allontanandosi lungo il corridoio.

- Istituto per le Ricerche Fotoatomiche, cinque settimane più tardi, ore 15.15: "ritorno a casa"

Koji fermò la jeep, che gli aveva messo a disposizione il dottor Procton, nel parcheggio antistante l'entrata all'Istituto di Ricerca Fotoatomica e ne scese con il cuore in tumulto.
Era molto tempo che non tornava in quel luogo e si sentì travolgere da una valanga di ricordi.
Si guardò attorno: non era cambiato nulla, tutto era come lo aveva lasciato e per una attimo gli parve di non esserne mai andato.
Si diresse con passo deciso verso l'ingresso ed un uomo gli venne incontro sorridendo.
- Koji! - esclamò felice il professor Yumi - Benarrivato, non puoi immaginare quanto piacere mi faccia rivederti! - gli disse abbracciandolo calorosamente - Come stai? So che hai passato dei brutti momenti...ci hai fatto stare tutti in pensiero - lo rimproverò bonariamente.
- Sto bene professore stia tranquillo - rispose il giovane, non riuscendo a mascherare una certa commozione - Ho la pellaccia dura! -
- Sì - intervenne una voce - E pure la testa! -
Koji sussultò involontariamente ed una flottiglia di farfalle prese ad esibirsi in voli acrobatici all'interno del suo stomaco.
Sayaka emerse dalla penombra dell'atrio e tutto il risentimento di Koji, tutto il dolore provato in passato, si dissolsero come neve al sole, lasciando spazio solo ad un gran turbamento.
Pur essendo consapevole, che tornando all'Istituto l'avrebbe inevitabilmente incontrata, si era comunque illuso di poter dominare le proprie emozioni ed ora invece si sentiva come un coniglio in una gabbia di leoni.
- Bentornato Koji - lo accolse la ragazza, avvicinandosi timidamente e prendendolo per le mani - Ti trovo bene -
- Grazie...- balbettò il giovane, leggendo negli occhi di lei le sue stesse paure - Anch'io ti trovo bene -
Rimasero a guardarsi per un bel po', incapaci di esprimersi a parole e poi il rombo assordante di un gruppo di motociclette ruppe la quiete di quel pomeriggio di tarda estate.
- Kabutoooooooooooooooo - urlò qualcuno in lontananza - Hei! Kabutooo! -
Koji scosse la testa con l'aria di chi già sapeva che sarebbe accaduta una cosa del genere.
- Certo che il tempismo di Boss è sempre proverbiale - sussurrò dispiaciuto.
- Già...- commentò Sayaka, lasciando malvolentieri la presa.
Un attimo dopo, Boss, Nuke e Mucha piombavano nel parcheggio, fra urla e schiamazzi.
Con loro c'era anche Shiro, che seduto dietro a Boss, balzò giù dalla moto, correndo incontro al fratello.
- Fratellone! - lo salutò, gettandogli le braccia al collo.
- Shiro! - esclamò sorpreso Koji - Accidenti quanto sei cresc...-
Non riuscì a finire la frase, travolto dall'impeto dei suoi tre amici, in una bolgia di abbracci e pacche sulle spalle.
- Piano, piano ragazzi - intervenne ridendo Yumi - Così lo soffocate! -
Sayaka s'intromise afferrandolo per una mano.
- Coraggio Koji, entriamo - gli disse - Sono tutti ansiosi di rivederti -
L'accoglienza da parte del personale dell'Istituto fu ugualmente calorosa, in particolare quella dei dottori Sewashi e Nossori, che non riuscirono a trattenere le lacrime.
Fu solo dopo quasi un'ora, che Koji riuscì ad infilarsi nella sua vecchia stanza: finalmente solo, in uno stato mentale tra il confuso e l'euforico, si lasciò cadere su una poltrona, appisolandosi senza rendersene conto.
Si svegliò che era quasi sera, e la prima cosa che notò aprendo gli occhi, fu un elegante completo scuro da uomo, appeso ordinatamente ad un'anta dell'armadio.
- Già...la festa...- borbottò di malavoglia.
Per quella sera infatti, era stata organizzata una cena in suo onore, con tanto di accompagnamento musicale ed anche se la cosa non lo entusiasmava più di tanto, non se la sentiva di deludere le persone che si erano prodigate per dargli il benvenuto.
Controllò l'orologio.
- Dannazione! E' tardissimo! - esclamò nel panico più totale: aveva meno di mezz'ora per prepararsi.
Spogliarsi ed infilarsi sotto la doccia, fu la questione di un momento.
Ne uscì asciugandosi velocemente un paio di minuti dopo e si preparò ad affrontare la questione abito.
Per la sua indole, avrebbe preferito di gran lunga mettere i suoi soliti jeans e una maglietta, ma qualcuno di sua conoscenza non l'avrebbe mai perdonato per una cosa del genere.
Indossò quindi pantaloni e camicia, litigando ferocemente con i minuscoli bottoni dei polsini ed infine infilò la giacca, controllando il risultato finale allo specchio: gli stava a pennello.
Chi aveva scelto quel completo, doveva conoscerlo davvero molto bene e Koji, che aveva un vago sospetto sulla persona in questione, la ringraziò mentalmente per non aver infierito anche con una cravatta.
Diede un ultimo tocco alla camicia, slacciandosi un paio di bottoni sul petto, indossò le scarpe ed uscì dalla stanza, dirigendosi verso la sala dei ricevimenti.
Non mancava davvero nessuno, erano presenti tutti i dipendenti dell'Istituto, vecchi e nuovi, unici grandi assenti Tetsuya e Jun, che erano in viaggio per l'Europa, ma la cosa che gli fece più piacere, fu rivedere Misato.
Elegantissima in un abito lungo di seta verde scuro, la ragazza gli venne incontro, sfoggiando un sorriso radioso ed avanzando a braccetto dell'uomo che aveva sposato.
Attaccata alle sua gonna, c'era una bimbetta di circa due anni, che le assomigliava in tutto per tutto.
Parlarono piacevolmente e a lungo, servendosi nel frattempo al ricco buffet, mentre un gruppo di giovani musicisti suonava in sottofondo.
Poi Shiro gli si avvicinò, rifilandogli una leggera gomitata nel fianco.
- Guarda là - gli bisbigliò, strizzandogli un occhio con aria complice.
Koji si voltò e rimase senza fiato.
Sayaka varcò l'ingresso della sala, fasciata nel vestito blu che le aveva regalato e con i capelli raccolti morbidamente in uno chignon, mettendo così in evidenza il collo e le spalle nude.
Era splendida.
La ragazza si diresse senza esitazione verso il palco dove suonava il gruppo e dopo aver sussurrato qualcosa nell'orecchio del cantante, gli venne incontro, muovendosi sinuosamente su un paio di tacchi vertiginosi.
- Ti va di ballare? - gli chiese, guardandolo dritto negli occhi.
- Io...- provò a dire Koji, mentre le farfalle nello stomaco riprendevano allegramente le loro evoluzioni.
- Certo che gli va di ballare! - intervenne suo fratello, spintonandolo senza tanti complimenti verso la ragazza.
La band attaccò "Everybody hurts", una canzone dei R.E.M. che Koji amava particolarmente e Sayaka si strinse a lui, mettendogli le braccia attorno al collo.
Il giovane esitò solo un istante, poi le cinse la vita, scivolando con lei verso il centro della sala, dove già ballavano alcune coppie.
- Se non ci fossi io...- commentò Shiro, osservandoli soddisfatto e fiondandosi poi verso la tavolata dei dolci.
Danzarono stretti senza dire una parola per tutta la canzone e per le tre successive, poi Sayaka espresse il desiderio di uscire sulla terrazza, per prendere un po' d'aria.
- E' una bella serata vero? - disse lei, appoggiandosi con le braccia al parapetto.
Koji non rispose, ma si avvicinò abbracciandola da dietro ed invitandola a voltarsi.
- La cosa più bella di questa serata sei tu - le sussurrò dolcemente, cercando un po' titubante la sua bocca.
- Quanto mi sei mancato - mormorò allora Sayaka con occhi lucidi per l'emozione - Quanto mi sei mancato...-
La ragazza s'abbandonò contro il suo petto, inclinando appena la testa e socchiudendo le labbra.
- KABUTO! - sbraitò improvvisamente una voce alle loro spalle - Ah ecco dov'eri finit...-
- Boss...SPARISCI! - lo minacciò Koji, fulminandolo con lo sguardo.
- Veramente...io...volevo solo dirti che il professor Yumi ti sta cercando - balbettò imbarazzato l'amico, guardando di sottecchi prima uno e poi l'altra, dileguandosi quindi il più velocemente possibile.
- Comincio a credere che lo faccia apposta - ringhiò seccato Koji.
Sayaka sospirò rassegnata, sciogliendosi dall'abbraccio.
- Forse è meglio rientrare - suggerì la ragazza.

- Istituto per le Ricerche Fotoatomiche, il giorno dopo, ore 09.40: "scelte"

- Mi dispiace Koji, quello che mi stai chiedendo è impossibile -
- Come sarebbe a dire? - esclamò il giovane, fissando sorpreso lo scienziato seduto alla scrivania del suo studio, che con una sigaretta fra le labbra, stava cercando senza successo di far funzionare l'accendino - Forse non ha capito bene la situazione professore -
- Ho capito perfettamente Koji - replicò tranquillamente quest'ultimo, ricorrendo ad una scatola di cerini che teneva nel cassetto ed aspirando finalmente la prima boccata di fumo - Il dottor Procton è stato piuttosto esplicito in proposito ed ha ritenuto opportuno mettermi al corrente di ogni cosa - continuò, sostenendo lo sguardo irritato del ragazzo - Come te sono a conoscenza della presenza di Goldrake e della minaccia aliena che incombe su di noi, ma...-
- Ma? - lo interruppe bruscamente Koji, passeggiando nervosamente avanti e indietro per la stanza - Vuole forse farmi intendere che non sono all'altezza? E' questo che vuole dirmi? - lo sfidò - Durante la guerra con i micenei, le prestazioni di Mazinga Z sono state di gran lunga migliorate ed io sono sicuro di poter affrontare anche questo nemico, è un mio preciso dovere farlo, non posso tirarmi indietro - concluse in tono deciso, appoggiandosi con entrambi le mani alla scrivania e guardando Yumi negli occhi.
- Non sto mettendo in dubbio la tua esperienza o la tua abilità - replicò lo scienziato, alzandosi in piedi e dirigendosi verso la finestra - Il problema è un altro -
- Sarebbe a dire? -
Il professor Yumi rimase per un momento in silenzio, lasciando indugiare lo sguardo sul monte Fuji, che appariva in lontananza, appena velato da una leggera foschia.
- Vedi Koji, tutto è successo quando tu e Sayaka siete ripartiti per gli Stati Uniti, in seguito alla sconfitta di Micene - iniziò a raccontare dopo un momento di riflessione - I vertici dell'Esercito, facendo pressione sull'Organizzazione delle Nazioni Unite, hanno tentato in tutti i modi di entrare in possesso del Grande Mazinga e di Mazinga Z, facendo leva su una questione di sicurezza internazionale - spiegò amaramente - Secondo loro i due robot erano armi potenzialmente molto pericolose, inadatte a rimanere in mani civili e in quanto tali dovevano essere requisite -
- Sta scherzando vero? - esclamò in preda alla collera Koji, battendo i pugni sul ripiano del tavolo - Mazinga Z mi appartiene, è l'eredità che mi ha lasciato mio nonno e non possono avanzare alcun diritto! -
- Purtroppo non è così ragazzo mio - rispose l'uomo, avvicinandosi al giovane e posandogli una mano sulla spalla nel tentativo di calmarlo - L'unica cosa che sono riuscito ad ottenere, attivandomi presso alcune conoscenze piuttosto influenti, è stato una specie di compromesso -
- Che genere di compromesso? - sibilò Koji scuro in volto, svicolandosi dalla presa e lasciandosi cadere su una poltrona a braccia conserte.
- Disattivare definitivamente i due robot, privandoli del nucleo alimentato dall'energia fotoatomica - gli spiegò pacatamente Yumi.
- Co..cosa? - balbettò incredulo il giovane.
- Mazinga Z ed il Grande Mazinga verranno presto esposti in un padiglione speciale al Museo della Pace di Tokyo - continuò lo scienziato sullo stesso tono.
- E Tetsuya? Tetsuya non ha detto nulla? - insistette con foga il ragazzo - Non posso credere che non abbia reagito in alcun modo -
- Anche lui ha dovuto adeguarsi a questa decisione e si è dimostrato più ragionevole di te Koji - replicò asciutto il professore - Non c'era altra soluzione, credimi -
- Assurdo...tutto questo è assurdo - fu l'unica cosa che riuscì a commentare Koji, scuotendo la testa allibito.
Avevano combattuto, avevano rischiato la vita innumerevoli volte e come se non bastasse avevano perso le persone più care al mondo e tutto questo per cosa?
Solo per ricevere il peggiore dei benserviti.
Il giovane Kabuto scattò in piedi con i pugni serrati per la rabbia e dopo aver lanciato un'occhiata carica di risentimento in direzione dello scienziato, si diresse verso l'uscita senza dire una parola.
- Koji! Aspetta! - cercò di richiamarlo Yumi.
La porta si richiuse violentemente alle spalle del ragazzo, con un colpo che fece vibrare la parete.


- Istituto per le Ricerche Fotoatomiche, ore 11.30: "decisioni"

Giunto nel seminterrato, l'ascensore si aprì con un lieve fruscio e Koji avanzò silenziosamente nella penombra dell'hangar deserto: la Fortezza d'Acciaio era lì e si ergeva immensa ed immobile come la statua di una qualche divinità pagana.
Si avvicinò pensieroso, osservando dal basso verso l'alto quello che era stato il suo fedele compagno di mille battaglie e sfiorandone quasi con affetto la superficie levigata di uno dei piedi.
Non poteva credere a quello che era successo, non riusciva ad accettare che il suo Mazinga non si sarebbe mosso mai più ed era talmente furioso che aveva una gran voglia di mettersi ad urlare.
Ma non intendeva arrendersi e fu in quel momento che maturò una decisione.
Lanciò un'ultima occhiata a quel gigante addormentato e lasciò a malincuore l'hangar.
Qualche minuto più tardi era in camera sua, a frugare freneticamente fra i documenti che aveva recuperato fra le macerie del laboratorio segreto di suo nonno.
Avrebbe affiancato Actarus a qualsiasi costo e si sarebbe dato da fare con i mezzi che aveva a disposizione.
La sua intenzione era quella di modificare il nuovo velivolo che stava progettando, installando delle armi e mettendo in pratica tutte le nozioni che Juzo Kabuto gli aveva messo a disposizione, in modo da creare un mezzo che potesse essere di supporto a Goldrake.
Mentre radunava tutti plichi e gli incartamenti, notò qualcosa di strano: la copertina rigida di una delle cartelline appariva scollata in un angolo e lasciava intravedere qualcosa al suo interno.
Era un cd rom.
Lo rigirò incuriosito tra le dita; avrebbe voluto dargli subito un'occhiata, ma il suo pc era rimasto al laboratorio del dottor Procton.
Prese una valigia dal fondo dell'armadio e ci infilò dentro tutto il materiale, quindi iniziò a radunare i suoi vestiti, sistemandoci anche quelli più o meno ordinatamente.
Concentrato su quello che stava facendo, non si accorse che qualcuno aveva bussato alla porta socchiusa.
- Si può? - chiese Sayaka, entrando allegramente nella stanza, ma quando vide il giovane alle prese con i bagagli, cambiò totalmente espressione.
- Koji...- balbettò confusa - Cosa...cosa stai combinando? -
Il ragazzo si girò a fissarla imbarazzato, reggendo una pila di t-shirt fra le mani.
- Non ci posso credere...te ne vai di nuovo - mormorò la ragazza, scuotendo incredula la testa ed indietreggiando verso la porta.
- Sayaka...- provò a dire Koji, ma lei era già sparita nel corridoio.
Lasciò cadere le magliette e le corse dietro.
- Aspetta ti prego! - le disse, dopo averla raggiunta ed afferrata per un braccio.
- Lasciami...lasciami! - esclamò lei, cercando di divincolarsi, mentre lacrime di rabbia le correvano sulla gote, ma Koji la strinse ancora di più a sé, avvolgendola in un abbraccio.
- Per favore Sayaka, ascoltami - tentò di calmarla lui - Ci sono alcune cose che ti devo spiegare -
La ragazza però lo scostò bruscamente, allontanandosi di qualche passo e guardandolo per un istante con un'espressione indecifrabile, quindi s'allontanò senza aggiungere una parola.
Koji rimase immobile, sopraffatto dai sensi di colpa e la seguì con lo sguardo finché la vide scomparire dietro l'angolo.
- Ti amo - mormorò piano.

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- Istituto di Ricerche Fotoatomiche, ore 18.00: "commiato"

- Allora sei proprio deciso Koji? - chiese Yumi, mentre il ragazzo caricava i bagagli sulla jeep.
- Sì professore - rispose convinto.
- Non so cosa dire...mi spiace vederti partire, ma rispetto comunque la tua scelta - continuò l'uomo, posandogli le mani sulla spalle - Cerca di stare attento e di non commettere imprudenze -
- Stia tranquillo - annuì, mentre il suo sguardo scrutava ansioso fra tutte le persone lì presenti, all'inutile ricerca di Sayaka.
" Non ha voluto nemmeno salutarmi " pensò amaramente.
Sapeva di averla illusa: si era lasciato trascinare dai propri sentimenti, pur sapendo che la scelta di combattere a fianco di Actarus, lo avrebbe nuovamente allontanato da lei e tuttavia non aveva trovato il coraggio di confessarglielo a tempo debito.
Si sentiva come il peggiore dei traditori.
- Le spiegherò tutto io Koji, non ti preoccupare - lo rassicurò lo scienziato, che aveva intuito quali pensieri agitassero l'animo del giovane - Vedrai che capirà -
- Temo che questa non me la perdonerà tanto facilmente - mormorò Koji poco convinto, abbassando gli occhi a disagio.
- Fratellone - intervenne a quel punto Shiro - In bocca al lupo...mi mancherai -
- Anche tu ragazzino! - lo apostrofò affettuosamente Koji, arruffandogli i capelli - Cerca di studiare e di non far arrabbiare il professore ok? -
- Ehi! - replicò quest'ultimo, fingendosi offeso - Guarda che sono grande ormai!
- Certo, certo - commentò ridendo il fratello maggiore.
Poi fu la volta di Boss e soci.
- Verremo a trovarti Kabuto - dichiarò il suo corpulento amico, stringendogli calorosamente la mano - Promesso! -
- Ci conto Boss! - sorrise Koji commosso.
Sewashi e Nossori si fecero avanti con qualcosa tra le mani.
- Questa è per te figliolo - disse il primo, porgendogli un pacchetto.
Koji scartò incuriosito l'involucro, estraendone una tuta protettiva di colore blu, del tutto simile a quella che si era rovinata quando era stato ferito.
- Il tessuto è costituito da un filato derivato dalla lega NZ ed è antiproiettile, nonché termo adattabile - spiegò orgogliosamente Nossori - E poi c'è anche questa - aggiunse, consegnandogli una scatola.
Il giovane l'aprì e vide stupito che si trattava di un nuovo modello della sua vecchia pistola a raggi.
- Io non so che dire... - balbettò Koji confuso - Grazie! -
- Non devi ringraziarci - si schermì Sewashi - Lo abbiamo fatto con vero piacere e comunque ti raggiungeremo presto, così potremo aiutarti nella realizzazione del tuo progetto -
Koji li guardò con affetto: avevano sempre fatto tanto per lui, forse anche troppo e non poté trattenere le lacrime ripensando al professor Mori Mori, che a suo tempo si era sacrificato per salvargli la vita.
- Vi ho mai detto che siete due adorabili vecchietti? - disse con voce rotta, stringendoli entrambi in un abbraccio.
- Vecchietti? Noi? Bada a come parli giovanotto! - replicarono divertiti quelli, ma ugualmente emozionati.
Koji salutò infine tutte le altre persone presenti con un cenno della mano e s'accomodò al posto di guida.
Lanciò un'ultima speranzosa occhiata verso il laboratorio, ma di una certa ragazza nessuna traccia.
Con un sospiro avviò il motore e si mise in viaggio.
La sagoma dell'Istituto scomparve lentamente nello specchietto retrovisore e Koji accese la radio, sintonizzandola sulla prima stazione che riuscì a trovare.
"Everybody hurts" risuonò malinconicamente dalle casse dello stereo ed il ragazzo strinse convulsamente il volante, cercando inutilmente di trattenere i singhiozzi.

- Centro di Ricerche Spaziali, ore 22.30: "nuovamente in gioco"

Quella sera stessa, dopo il suo rientro al Centro di Ricerche Spaziali, Koji era stato invitato a cenare in compagnia di Actarus e di suo padre, in una piccola saletta a fianco dello studio privato dello scienziato, che aveva la prerogativa di affacciarsi su un'ampia terrazza, da cui si godeva uno splendido panorama sulla diga.
Il giovane aveva accettato per pura cortesia, cercando di comportarsi il più normalmente possibile, anche se in quel momento il cibo era decisamente l'ultimo dei suoi pensieri ed in cuor suo anelava solamente ad un po' di solitudine.
Il suo stato d'animo però non era passato inosservato.
Appena terminato il pasto, si erano accomodati sul balcone per il caffè ed Actarus aveva imbracciato la sua chitarra, improvvisando una serie di arpeggi.
Appoggiato con le braccia al parapetto, Koji se ne stava in silenzio con lo sguardo rivolto verso l'alto, contemplando assorto un cielo incredibilmente stellato, mentre una leggera brezza spirava piacevolmente dalle montagne, accarezzandogli il volto.
Il dottor Procton lanciò un'occhiata d'intesa all'indirizzo di Actarus e poi s'alzò dalla poltrona.
- Bene, credo proprio che adesso me ne andrò a dormire - dichiarò, svuotando la sua inseparabile pipa dopo la consueta fumata serale - Vi auguro la buonanotte ragazzi -
- Buonanotte! - lo salutarono i due giovani quasi contemporaneamente, mentre l'uomo lasciava la terrazza.
Koji rivolse la sua attenzione ad Actarus, osservando affascinato le dita del giovane che scivolavano abilmente sulle corde dello strumento.
- Te la cavi molto bene - disse ad un certo punto - Da quanto tempo la suoni? -
- Più o meno un anno - rispose Actarus, senza interrompere - Me l'ha regalata mio padre -
- Un anno? - esclamò meravigliato Koji - Accidenti! Faresti invidia ad un musicista di professione! -
- Dici? - rispose sorridendo il figlio del dottor Procton - Non credo di essere così bravo, per me è solo un piacevole passatempo -
- Chissà perché la cosa non mi sorprende più di tanto - commentò il giovane Kabuto - C'è qualcosa che non sai fare? -
- L'hai detto tu: non so mentire - replicò divertito Actarus - Mentre Koji Kabuto non è per niente abile a mascherare le proprie emozioni - aggiunse poi, stoppando le corde della chitarra con il dito indice e fissandolo con l'aria di chi la sa lunga.
Koji avvampò senza riuscire a controllarsi.
-...è così evidente? - mormorò imbarazzato.
Actarus si limitò ad annuire.
- Sayaka? - chiese poi.
- Già...- rispose Koji con un groppo alla gola, tornando a guardare il panorama per non farsi vedere il volto.
- Ti va di parlarne? -
Koji esitò un attimo, giocherellando nervosamente con l'orologio da polso.
- L'ho ferita Actarus - provò ad spiegare poi - L'ho ferita e questa volta temo di averla persa definitivamente -
A quel punto, spinto dal bisogno di confidarsi con qualcuno, lasciò che le parole scorressero da sole, raccontando ogni cosa all'amico.
Il figlio del dottor Procton lo ascoltò attentamente, quindi appoggiò con delicatezza la chitarra ad una delle sedie e si avvicinò al ragazzo, affacciandosi assieme a lui alla balaustra.
- A volte nella vita siamo costretti a fare delle scelte dolorose Koji e queste scelte possono allontanarci fisicamente dalle persone amate... - gli disse, seguendo con la coda dell'occhio la discesa fulminea di una stella cadente -...ma quell'amore non va perso, fa parte di noi e ci accompagna...sempre - continuò poi, cercando il suo sguardo - Dalle tempo...sono certo che superata la delusione, riuscirà a comprendere le tue motivazioni - lo rassicurò Actarus, posandogli una mano sulla spalla.
Koji lo guardò con gratitudine ed in quel momento ebbe la certezza di aver preso la decisione giusta.


Fu solo a notte fonda, dopo essersi alzato per andare in bagno, che il giovane ricordò improvvisamente il cd rom trovato fra gli appunti del nonno.
Corse ad accendere il computer e nel frattempo recuperò i documenti dal bagaglio ancora da disfare, poi sedette alla scrivania, sfilando il cd dalla sua custodia e rigirandolo un istante fra le mani.
Su uno dei lati c'era scritto qualcosa con un pennarello indelebile.
- Mazinkaiser - lesse perplesso Koji - Che diavolo è mazinkaiser? -
In preda ad una curiosità crescente, introdusse il dischetto nel portatile ed attese.
- Maledizione! - esclamò con disappunto - Ci vuole la password -
Fece diversi tentativi, inserendo parole chiave che potessero avere un qualche senso pensando suo nonno, ma senza risultato ed alla fine rinunciò, con l'intenzione di riprovare con più calma in un altro momento.
Estrasse il cd e lo nascose in fondo ad un cassetto, poi già che c'era, decise di controllare la posta elettronica.
Subito apparve una fila interminabile di messaggi, la maggioranza dei quali arrivavano dal suo amico di università Dave, ma ce n'erano anche alcuni del dottor Watson.
Aprì l'ultimo in ordine cronologico.
" Buonasera Koji, spero che tu legga almeno questa e-mail, sono settimane che non mi dai tue notizie, ma immagino che tu sia stato molto occupato. Come va? Hai scoperto qualcosa di interessante? "
" Leonard Watson "
Koji fissò lo schermo con un lieve sorriso sulle labbra, poi digitò senza alcuna esitazione la risposta.
" Salve dottor Watson, innanzitutto mi scuso per il mio silenzio, ma sono state settimane intense e come potrà immaginare non ho potuto fare ameno di andare a salutare mio fratello e gli altri amici. Anzi,sto pensando seriamente di fermarmi qui. Comunque non ho certo tralasciato i miei doveri. Temo però che rimarrà deluso da quanto sto per dirle: l'oggetto che è caduto sul Giappone è solo un meteorite, niente più."
" Koji Kabuto"

- Mi spiace Doc - mormorò il ragazzo - Ho fatto una promessa ad un amico -
In quel momento l'allarme risuonò acuto e straziante in tutto il Centro.
Il giovane balzò dalla sedia.
- Ci siamo! - esclamò - Sei di nuovo in gioco Koji Kabuto! -

FINE

link per i commenti: https://gonagai.forumfree.it/?t=20004611&st=540#lastpost



Edited by kojimaniaca - 26/11/2010, 18:21
 
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