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CALATEA's FICTION GALLERY, Solo autore

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view post Posted on 2/8/2013, 10:33     +1   -1
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Comm.Grand.Pres. della Girella

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-Ecco perché Righel non è mai stato preso come ostaggio!-

Alla fattoria era ora di cena.
Il robot di Vega era stato distrutto da ore, ed i ragazzi erano tornati da un pezzo.
Venusia aveva cucinato e chiamato tutti a raccolta, mancava Righel.
Mizar era stupito.
-E’ sempre il primo ad arrivare! Dove si sarà cacciato?-
-Cerchiamolo!-
Si divisero per la proprietà ma non trovarono nulla.
Alcor fu lapidario.
-Starà dormendo ubriaco da qualche parte.-
Venusia era esterrefatta.
-Alcor, ma che dici. Deve essergli successo qualcosa. Actarus ti prego cerchiamolo nel bosco!-
-Ogni scusa è buona per rimanere da sola con il tuo ragazzo, vero sorellina?-
-Mizar vergognati!-
-Ma dai, dovresti essere contenta di non avere tuo padre tra i piedi per un po’!-
-Alcor, ti ci metti anche tu?-
Actarus cercò di mettere pace.
-E’ troppo buio per cercare indizi. Domani mattina, se ancora non sarà tornato, lo cercheremo anche nel bosco. Ora andiamo a mangiare.-
“E magari stasera si cucca pure...”

Quando fu stanco, Righel si ritirò nuovamente nella cella.
Pochi istanti dopo gli fu recapitata la cena.
-La camera sarà spoglia e poco accogliente, ma l’ospitalità quasi perfetta!-
Quando si fu riposato riprese deliziosamente a bighellonare per la base.
Il posto che lo affascinava di più era il laboratorio scientifico: tutte quelle provette, quegli strani raggi, tanti bottoncini luminosi da schiacciare...
Gli esperimenti erano nel caos: se l’obiettivo era di creare un topo cyborg veniva fuori una gallina, se l’obiettivo era una nuovo raggio mortale, ne usciva un fertilizzante. Tecnici e scienziati iniziarono a pensare che gli strumenti fossero posseduti.
Nella base intera si diffuse la paura dei fantasmi.
Venne organizzata una squadra acchiappa fantasmi...anche i loro strumenti funzionavano male...
-Comandante, i soldati le chiedono il permesso di buttare il prigioniero nello spazio!-
-Giammai!!! Mi serve!!! E’ il perno centrale del mio piano perfetto!!!-
-Comandante...i soldati minacciano uno sciopero...-
-Ma perché??-
-Deve essere colpa sua tutto questo trambusto! E’ iniziato tutto da quando è arrivato qui quel tipo. Buttiamolo nello spazio!-
-Assolutamente no!!!!!!!!!!!! Mi serve!!!-
-Come facciamo!-
-Fategli un esorcismo...legategli una treccia di aglio al collo...mettetegli in mano una scopa... insomma fate come vi pare ma lasciatemi lavorare!!!! Non posso pensare con questo caos!!-

Quella mattina alla fattoria si svegliarono tutti molto più riposati.
Alcuni avevano dei sorrisi più ampi del solito...
Quando a metà mattina Venusia fece notare che il padre non era ancora tornato, si provvide a perlustrare di nuovo la proprietà ed i dintorni, con poco impegno per la verità.
Actarus trovò tracce di una navetta nel bosco, ed Alcor qualche traccia di colluttazione nella stalla.
L’unica deduzione possibile era che si fosse trattato di un rapimento.
-Poveracci...dovunque lo abbiano portato farà danni!-
Actarus trattenne a stento una risata, ricordava fin troppo bene il pasticcio con il TFO.
-Dai Alcor, non essere irriverente!-
Venusia fulminò entrambi i ragazzi con gli occhi.
-Vergognatevi!!! Povero papà!-
-Poveri veghiani, vorrai dire!-
Alcor schivò a stento il forcone che la ragazza gli tirò contro.
-Actarus cosa facciamo?-
-Purtroppo possiamo solo aspettare. Non sappiamo dove possa essere.-
-E se gli succedesse qualcosa?-
-Tranquilla tuo padre sa come difendersi!-
“Sono i veghiani che non sanno come difendersi da lui...e noi possiamo goderci un po’ di libertà...”

I soldati veghiani allo stremo scesero in sciopero.
Una delegazione munita di cartelli stazionava fuori dalla sala dove il comandante stava ancora perfezionando il suo piano.
Hydargos uscì trionfante.
-Ho trovato il piano piùcheperfetto!!! Questo non potrà fallire!!!-
Un mormorio di sfiducia serpeggiò tra gli scioperanti.
-Che avete da dire voi???-
-Nulla comandante...a parte il nostro slogan “butta il terrestre piccolo e brutto nello spazio nero”!!!-
Hydargos pensò qualche istante.
-Troppo lungo! Accorciatelo!!!-
Si allontanò per andare nel reparto scientifico.
-Dovete costruire un robot con queste precise caratteristiche! Altrimenti il mio piano piùcheperfetto andrà a farsi benedire!-
-Comandante, in queste condizioni non possiamo garantire né il risultato, né il tempo che impiegheremo per eseguire il progetto!-
Gli occhi di Hydargos si strinsero come due fessure.
-Ed io vi torturo tutti!!!-
-Agli ordini comandante!!!-

-Cinque giorni, ci sono voluti...cinque giorni per costruire un robottino...non ci si crede! Ma perché tutte a me devono capitare? Per fortuna Gandal ancora non è tornato!!!-
Hydargos si stava recando a vedere il robot frutto del suo ingegno, ovunque nella base segni di devastazione e macchinari rotti.
“Dovrò far risistemare tutto prima dell’arrivo di Gandal.”
Quando vide il risultato degli sforzi degli scienziati sbiancò.
Il robot era decisamente asimmetrico...tutto asimmetrico: un braccio più lungo dell’altro, lo stesso dicasi delle gambe, il volto deforme, il disco non si sarebbe mai potuto chiudere...un vero obbrobrio!
-Cosa...cosa è ‘sto coso...Cinque giorni per ‘sto coso!!!! Ma voi siete pazzi!!! Mi riderà dietro...Duke Fleed mi riderà dietro!!!!-
-Comandante, è il massimo che siamo riusciti a fare in queste condizioni...e ringrazi la sua buona stella che nonostante tutto il robot funziona.-
-Ma perché tutte a me???? Portate il prigioniero!!!-
Righel si era goduta tutta la scena e trovò più prudente farsi trovare in cella per non offendere i suoi ospiti. Era rimasto male tuttavia per lo scarso apprezzamento tributato ai suoi sforzi per migliorare la macchina in costruzione.

-Continua-

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-Ecco perché Righel non è mai stato preso come ostaggio!-

Cinque giorni di pace e totale libertà alla fattoria.
Qualcuno aveva un aspetto più soddisfatto di altri...
L’allarme rovinò l’atmosfera idilliaca.
Tutti si recarono al Centro Ricerche per saperne di più.
-Ecco il segnale che abbiamo rilevato, ma è strano.-
-Un’astronave di Vega Actarus?-
-Non credo, Alcor. Si muove in modo anomalo...sembra andare a zigzag...ora in avvitamento...ma che fa torna indietro???-
-Sentite ragazzi, uscite a controllare, non si sa mai!-
-Ricevuto!-
-Ti prego Actarus, se mio padre fosse prigioniero nel robot, salvalo!-
-Contaci!-
“Accidenti, e mi toccherà salvarlo...fine dei giochi...”

Hydargos apparve nello schermo del robot!
-Ma che cavolo fai! La leva verde è per andare avanti, la leva blu per la retromarcia! Accidenti, ti abbiamo colorato le leve apposta per facilitarti il compito!!!-
-Ah..già...ma tu urli sempre tanto??? Prenditi un antiacido e mangia più leggero diamine!-
“Se i terresti sono tutti come lui, come accidenti facciamo a perdere tutte le battaglie, vorrei sapere??? Almeno con lui ai comandi Duke Fleed non potrà attaccare il robot! Sono un genio!!!”
Righel avvistò Goldrake.
-E’ quello il tizio che devo battere? Sarà un gioco da ragazzi!!-
Actarus ed Alcor erano interdetti.
-Ma che gli è successo ai veghiani, quel coso è orrendo e tutto storto!-
-Non è detto che non sia un avversario temibile, Alcor.-
-Ci vedo lo zampino del vecchietto, tu no?-
-Forse...-
-Ehi, voi due, che confabulate...ci sono pure io! Alcor togliti di mezzo, devo battermi con quello con le corna!!!-
-Righel, sei tu??-
-E chi credevi che fossi. Sono stato ospite di gentilissimi spaziali, li ho aiutati un sacco ma non sembravano contenti, non volevano che mi disturbassi troppo.-
-Ma non puoi attaccarci! Noi siamo i buoni!!-
-Ah si? Tu forse, io quello non lo conosco!-
-Come “tu forse”, Righel! Ma che dici???-
Hydargos, urlò nel comunicatore.
-Terrestre! Smettila di chiacchierare con loro e attacca!!!-
-Quale pulsante hai detto che dovevo spingere???-
-Quello giallo! Diamine quello giallo!!!-
Dei raggi gialli vennero emessi dalla bocca del robot di Righel.
Vennero facilmente schivati.
-La leva viola ora, quella viola!-
Missili partirono dalle mani del robot.
-Lame rotanti!-
-Pulsante verde, verde verde!-
-Ho capito!! Non sono stupido!-
-Ah no??? Non me ne ero accorto!!-
Raggi acidi vennero emessi dalle antenne del robot.
Schivati.
-Leva lilla!-
-Questa?-
-No quella è quella viola di prima, l’altra. sulla sinistra!-
-Non succede niente!-
-Come non succede niente!!!!-
-Non funziona!!! Perché esce fumo dal quadro comandi???-
-Buttati addosso a Goldrake con la leva verde poi in sequenza leva gialla e pulsante rosso!!-
-Aspetta non posso ricordare tutto...hai detto leva gialla pulsante verde...-
-NO!NO!NO!NO! Leva verde, poi gialla e pulsante rosso.-
-Più piano...dunque leva rossa...poi...-
Il robot veghiano compiva evoluzioni veramente bizzarre, si contorceva sparava a raffica nell’aria. La cabina si riempì di fumo per via di vari cortocircuiti nella console di comando.
-Alcor, qualcosa non va qui dentro, forse ho pigiato un pulsante sbagliato..-
-Forse eh??-
-Terrestre il pulsante rosso ora! Quello rosso!!!!-
-Quello rosso dici? Se ci tieni tanto ti accontento!-
Righel spinse il pulsante rosso, ma contemporaneamente Goldrake con l’alabarda spaziale recise la testa del robot, salvando il malcapitato dall’esplosione.
Righel era affranto.
-Ma guarda cosa hai combinato!!! Sei proprio maldestro! Ora lo spaziale si dispiacerà!-
-Maldestro io??? Portalo a casa Alcor che è meglio!!!-
-Ricevuto amico!-

Sulla base Skarmoon Hydargos era depresso.
-Il mio piano piùcheperfetto...in fumo...per colpa di un terrestre idiota...almeno lo sciopero è finito...ed anche i malfunzionamenti...e la manutenzione sta sistemando...speriamo facciano in fretta! Forse era vero che il terrestre, oltre che scemo, portava iella!!!!-
-Comandante, il generale Gandal sta per atterrare!-
-E ci mancava solo lui...ora che gli dico...i fantasmi...una possessione...un meteorite...si, forse il meteorite è la scusa migliore...un litro di vino, subito!!!!!!!!!!!!!!-

Alla fattoria dopo i baci e gli abbracci tutti a tavola!
-Purtroppo non ho trovato una spaziale per fare tanti spazialini, mi spiace ragazzi...-
Un accesso di tosse generale e prolungato scosse la tavola.
-Avete dato da mangiare agli animali, vero?-
-Si papà!-
-E pulito le stalle?-
-Si papà!-
-E voi due siete stati a distanza vero???-
Alcor trattenne a stento le risate.
Venusia diventò viola.
Actarus sfoggiava una faccia impassibile, gli mancava solo l’aureola.
-Ma certo Righel.-
“Fine della pacchia!!!”

Fine???

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L'altra notte, i tuoni, la pioggia, il vento, le porte che cigolavano, mi hanno fatto ritornare in mente un racconto che amo molto....

Omaggio ad Oscar Wilde

Era una notte buia e tempestosa.
Alla fattoria Makiba tutti dormivano, quando improvvisi un suono di catene ed un gemito prolungato interruppero la quiete tra un tuono e l’altro.
“Senta, lei, signor fantasma, qui noi lavoriamo sodo: sa tra gli animali e gli attacchi degli spaziali, le nostre giornate sono piene! Ci faccia il piacere di farci dormire la notte! Questo olio lo uso con gran successo per la mia mitragliatrice a manovella, lo usi su quelle catene! Buona notte.”
Righel richiuse con poca grazia la porta in faccia ad un attonito fantasma.
L’attonito salì le scale e riprese il suo lamento spettrale e lo scuotimento delle catene.
Un’altra porta si aprì ed un cuscino colpì in pieno volto lo spettro, subito dopo un secondo cuscino proveniente da una seconda porta aperta, raggiunse il medesimo bersaglio.
“Vogliamo dormire! Basta!!!” Fu l’unanime urlo che si udì nel corridoio.
Il fantasma si rifugiò immediatamente nel solaio dell’abitazione con il cuore che batteva come un tamburo: mai gli era capitato, da spettro, di provare una tale paura.

All’alba Venusia trovò una macchia rossa alla base delle scale, si mise d’impegno per pulirla e con l’aiuto di uno smacchiatutto ci riuscì. Più tardi gli occupanti della magione riuniti per la colazione, commentarono gli avvenimenti della notte appena trascorsa.
“Cosa accidenti ci fa un fantasma qui alla fattoria?”
“Dovresti saperlo tu, Righel, la fattoria è la tua!”
“Ma fino ad oggi non c’è mai stato!”
“Bisogna mandarlo via! La notte, quando non attaccano i veghiani, voglio dormire!”
“Perché, Alcor non dormi già abbastanza di giorno?”
“Zitta tu, testa matta!”
“Come ti permetti?”
La voce imperiosa di Righel rimise i due contendenti al loro posto.
“Ora basta! Tutti al lavoro che si è fatto fin troppo tardi!”

La notte seguente era buia ma non tempestosa.
Il fantasma decise di utilizzare una nuova tecnica per spaventare gli abitanti della fattoria.
Un lugubre lamento riempì i corridoi, ed una figura spettrale con la testa staccata dal collo e poggiata sulla mano, aleggiò per il caseggiato.
Una porta si aprì.
“Senta signor fantasma, lei deve fare attenzione a quello che ingurgita la sera: questo è un potente digestivo, ne prenda un cucchiaio subito dopo mangiato e vedrà che riuscirà a digerire anche i sassi, così potremo dormire tutti!”
Demoralizzato lo spettro lamentoso si diresse al piano superiore.
Appena arrivato all’altezza della prima porta del corridoio, dal soffitto cadde una figura bianca che iniziò ad oscillare avanti ed indietro.
Dopo aver lanciato un terribile urlo, il fantasma si ritirò nel suo nascondiglio in preda al terrore.
Smaltita un po’ la paura lo spettro ritornò sui suoi passi per stringere un’alleanza con il nuovo venuto.
“Salve, sono sir Simon di Canterville, posso conoscere il tuo nome?”
Il nuovo venuto non rispose e continuò a dare le spalle al fantasma. Indignato sir Simon afferrò l’altro per una spalla. Il nuovo venuto si smontò e rivelò la sua vera natura: un fantoccio con un cartello attaccato davanti: “O ci lasci dormire o e te ne torni a casa tua!”
Fuori di se dalla rabbia il fantasma distrusse il fantoccio e ritornò nel suo nascondiglio.
La mattina dopo Venusia trovò di nuovo la macchia rossa alla fine delle scale.

I successivi tentativi del fantasma di spaventare gli occupanti della fattoria furono un fiasco e scatenarono gli scherzi di Alcor e Maria.
Appena prima dell’alba, Venusia trovò una figura pallida poggiata ad un raggio di Luna.
“E’ lei il fantasma?”
“Certo signorina, vuole farsi gioco di me anche lei?”
La ragazza guardò quella figura pallida e scoraggiata con simpatia.
“La vuole una tazza di latte caldo?”
Il fantasma fissò i suoi occhi acquosi in quelli della giovane, ed dopo alcuni istanti accettò.
Davanti ad una tazza di latte fumante i due iniziarono a parlare.
“Qual’è il suo nome?”
“Sono sir Simon, milady.”
“Come mai è qui?”
“Il mio castello è stato distrutto, è rimasto solo il primo mattone ed io, condannato a rimanere attaccato al maniero, sono rimasto attaccato a quel mattone. Il suo spiritoso amico lo ha trovato in Svizzera e lo ha portato con sé quando siete rientrati. Ed ora, eccomi qui a farmi trattare come l’ultimo degli stolti da due ragazzi maleducati!”
“Suvvia sir Simon, non siate troppo severo.”
“Troppo severo? L’unico scopo della mia esistenza è spaventare i vivi, e quei due e vostro padre si prendono gioco di me e mi deridono.”
“Capisco che dev’essere frustrante, ma…”
Actarus fece il suo ingresso nella cucina ed il fantasma si irrigidì.
“Buon giorno Venusia, e buon giorno a lei…”
“E’ sir Simon Actarus, si stava lamentando degli scherzi di Alcor e Maria.”
Con un sospiro il ragazzo si servì una generosa tazza di latte fumante.
“Li ho rimproverati tutti e due, ma non è servito a nulla. Mi scuso per il comportamento di mia sorella.”
“Lei ha il temperamento di un principe.”
Actarus sorrise.
“E lo è…” Rispose per lui Venusia, con orgoglio.
“Davvero? Quindi quella…”
“...Piccola peste è una principessa, si.” Concluse per lui Actarus.
“Mi perdoni principe ma non si direbbe.”
“Concordo.” Disse Actarus sorridendo.
Il sole stava ormai diventando alto.
“Devo salutarvi ora, amici miei, milady per cortesia, potrebbe non pulire la macchia di sangue prima che l’abbiano vista gli altri? Almeno proveranno un sincero stupore o almeno fastidio.”
“Certamente sir Simon.”
Quando gli altri scesero per colazione il fantasma era ben nascosto nel suo rifugio e la macchia ben visibile alla fine delle scale.
Ci vollero tanto olio di gomito ed una generosa dose di smacchiatutto perché Righel riuscisse a cancellarla.

Erano ormai diverse notti che il fantasma aveva desistito dai suoi inutili tentativi di spaventare gli occupanti della fattoria, e se non fosse stato per la macchia che tutte le mattine rifioriva magicamente alla fine delle scale, non si sarebbero ricordati della sua presenza. Solo Actarus e Venusia tutti i giorni prima dell’alba prendevano una tazza di latte con sir Simon.
Due figure si avvicinarono al fabbricato, quella notte, muovendosi con circospezione. Aprirono la porta cercando di non fare il minimo rumore e salirono le scale in punta dei piedi con le scarpe in mano.
Qualcuno li aveva visti e si preparava alla vendetta: una corda tesa sull’ultimo gradino legata ad un tavolinetto pieno di cianfrusaglie si impigliò nel piede di una delle due figure. Il malcapitato cadde rovinosamente portandosi dietro il tavolinetto e producendo un gran fracasso.
Due porte lungo il corridoio si spalancarono e le luci si accesero rivelando le due figure ignote.
Alcor e Maria, con le scarpe ancora in mano, e l’espressione colpevole aspettavano la sfuriata di un giustamente adirato fratello ed amico. Cosa che avvenne puntualmente.
L’alba successiva dentro al latte il fantasma ricevette una generosa dose di brandy

Purtroppo la guerra incombeva sulla dimora Makiba come sul resto della Terra, e di notte non solo ragazzi impertinenti cercavano di introdursi senza fare rumore.
Quelle figure silenziose il fantasma le aveva individuate già dal confine della proprietà, e con la sensibilità data dalla lunga esperienza, aveva compreso che si trattava di nemici.
Si preparò al meglio con il suo armamentario: catene, testa sulla mano, abiti rilucenti al buio e occhi rossi in un viso cadaverico.
Si appostò in cima alle scale per accogliere gli intrusi.
Nel momento in cui i malcapitati varcarono la soglia, il fantasma si librò nell’aria e piombò sui nemici con urla, lamenti e gran fracasso. A nulla valsero i colpi di disintegratore diretti contro di lui dai veghiani atterriti. Il fracasso fece svegliare gli occupanti della magione che corsero armati verso l’origine del clamore. I veghiani furono respinti senza perdite e la famiglia, ormai sveglia, si riunì intorno al desco per assaporare una generosa dose di latte caldo e brandy insieme ad un soddisfatto sir Simon.

Fu proprio un’idea dello spettro: i veghiani, oltre ad essere dei nemici, erano molto impressionabili, indubbiamente sul loro pianeta non erano presenti i fantasmi.
Alla fine di uno degli innumerevoli scontri, il primo mattone del castello dei Canterville fu applicato all’astronave di Zuril. Quella stessa notte il fantasma di sir Simon infestò la base Skarmoon impedendo ai veghiani di riposare con tranquillità e donando gran soddisfazione ad un noto spettro.
Sicuri della copertura della notte due figure con le scarpe in mano salirono in punta dei piedi la scala, ignari del filo teso sull’ultimo gradino e legato ad un preciso tavolinetto pieno di cianfrusaglie.
Un fratello sorrise al rumore improvviso e si preparò a sfoggiare un cipiglio severo.

Per i vostri pensieri:
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view post Posted on 12/9/2013, 10:44     +1   +1   -1
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E se dopotutto non fossero tutte rose e fiori?

Incomprensioni

Sono innumerevoli i compiti del principe e della nuova principessa di Fleed.
Venusia non si lamenta, il lavoro non l’ha mai spaventata, ed è anche un modo per sentire di meno la mancanza di Actarus: mentre i suoi compiti si svolgono prevalentemente nel palazzo e nella capitale, lui è spesso fuori, a volte anche per giorni, il master si divide tra i due principi.
Presto Alcor e Maria torneranno sulla Terra e lei sarà più sola.

Actarus è orgoglioso della sua principessa, è riuscita a farsi amare da subito dai cittadini, ed ha preso con grande impegno i suoi nuovi doveri, ne è sempre stato sicuro.
Il fatto di essere spesso lontano da lei lo fa soffrire.
Quando torna al palazzo dopo essere stato lontano alcuni giorni si sente come un adolescente al primo ballo, impaziente di vederla e di stringerla.
Quello che rimpiange di più della Terra, oltre la libertà, è la condivisione del tempo con Venusia, le cavalcate, le risate insieme, i baci rubati quando il padre non era presente, sussurrare una lingua solo loro. Certo la loro intesa è totale, ed è felice di questo, ma non è la stessa cosa. Invidia Alcor e Maria che presto saranno di nuovo a casa...perché la Terra è la sua seconda casa, e gli manca molto.

Alcor e Maria sono partiti da mesi e Venusia si sente molto sola: Actarus è sempre più spesso lontano da lei, e quando è a palazzo è occupato e distratto, non le dedica molto tempo: certo gli impegni sono tanti, però...lei non chiede molto, una passeggiata, o magari ritirarsi in camera un po’ prima per poter parlare liberamente solo loro due.
Per fortuna il lavoro la assorbe molto.

Actarus a volte si sente schiacciare dal suo ruolo, è sempre troppo impegnato e le responsabilità sono pesanti.
Adora la sua principessa, e si rammarica di poterle dedicare troppo poco tempo, ma non può fare diversamente.
Il suo errore più grande è quello di non riuscire a staccare mai la spina, a volte anche di notte, quando dovrebbe pensare solo al lei, qualche problema si affaccia alla mente e lo distrae, Venusia se ne accorge e ne soffre, sente come se lei gli stesse sfuggendo tra le mani.

Non si riconosce più, ha perso peso e appetito, non ricorda più da quanto tempo non ride.
Non ha mai creduto di essere la donna più bella del mondo, ma ha sempre saputo di essere molto graziosa, ed Actarus la faceva sentire bella, ora si sente un frutto secco ed ha solo ventiquattro anni, chissà come potrà sentirsi a sessanta.
Il palazzo sembra diventato la sua prigione: gli impegni sono talmente tanti che trovare il tempo per uscire nel parco è un’impresa, come se ne avesse voglia poi.
Vede Actarus raramente, anche quando è a palazzo, a volte non si ritira neanche in camera per dormire, o forse non ha voglia di stare con lei.
Possibile che sia tutto finito?
Lei lo ama, forse più di prima, ma lui? Riuscissero almeno a parlare, ma il principe sembra non sentirne la necessità, o fugge per non affrontare il problema. Forse non è un male che non sia riuscita a rimanere incinta: un bambino ha bisogno di amore ed in questo momento è davvero poco. Ora poi, non c’è proprio pericolo, non vuole che lui conti le sue ossa quando la abbraccia.

L’ha vista sfiorire sotto i suoi occhi e non è riuscito a fare nulla per impedirlo. E’ solo colpa sua, non avrebbe mai dovuto permetterle di rimanere su Fleed, è stato egoista, ma anche ora il pensiero di separarsi da lei lo atterrisce. Non saprebbe dire da quanto tempo non vede il suo dolce sorriso, e forse è la cosa che gli manca di più.
Non vuole parlare di questo con Venusia per non dover ammettere che sia tutto finito tra loro, la ama troppo per accettarlo. Prima o poi dovrà farlo, dovrà lasciarla andare, ma non è ancora pronto. Per questo si ritira in camera quando lei già dorme, o non si ritira affatto, è già da un po’ che lei non sembra gradire l’inimità. Adorava il modo in cui lei si accucciava tra le sue braccia dopo aver fatto l’amore, ora fugge anche un semplice abbraccio.
Avrebbe dovuto prevederlo, Venusia è una creatura nata libera, ha sperato che l’amore avrebbe potuto rendere accettabile una gabbia dorata, ma una prigione è sempre una prigione. Si odia per quello che le ha fatto.

L’infelicità dei principi è diventata così evidente che la più anziana delle cittadine che lavorano al palazzo si decide a parlarne con il master.
Doran si è reso conto del problema da tempo, ma Actarus non vuole parlarne.
Questa sera dovrà farlo, se la voce si spargesse anche in città sarebbe un vero problema.
Il principe è come al solito nel suo studio.
-Duke, dobbiamo parlare.-
Quando comincia così, l’argomento è uno solo.
-No, sono affari miei e basta!-
-Non sono solo affari tuoi, sei il futuro re, ed i cittadini iniziano a parlarne.-
-I pettegolezzi ci sono sempre e non sono mai stati un problema.-
-Devi fare qualcosa, per te e per lei, vi state distruggendo.-
Si alza di scatto, gli occhi due lame d’acciaio: non è pronto, non vuole lasciarla andare.
La voce calma non riesce a mascherare la collera.
-Cosa dovrei fare secondo te, riportarla sulla Terra, cacciarla?-
-Prima di prendere una qualsiasi decisione, dovreste parlare, non credi?-
Risponde con tristezza e rassegnazione.
-Non c’è nulla di cui parlare.-
-Ricordi quando i tuoi genitori andavano sull’isola per alcuni giorni? Perché non vi prendete un po’ di tempo per stare tra voi?-
-Ci sono troppe cose da fare.-
-Dovete imparare a delegare, vi siete accollati tutto il peso di un intero pianeta. Non potete andare avanti così, ne abbiamo già parlato, né io né tuo padre abbiamo mai fatto tutto da soli.-
Il principe è troppo stanco per controbattere, è da un anno che Doran insiste su questo argomento.
-Prendetevi due giorni, andate sull’isola, penso io a tutto ed il pianeta non andrà a rotoli per così poco.-
-Non vorrà venire.-
-Chiediglielo, io dico che sarà entusiasta.-
Una debole speranza si fa strada, ci si aggrappa con tutto il suo essere, deve funzionare.
Prende il coraggio a due mani e va da lei.
Venusia è già in camera, ma sta ancora lavorando. Si sorprende nel vederlo così presto, ma ancora di più la sorprende la proposta: due giorni lontani da tutto. Non sa cosa pensare, ma il viso tenero e speranzoso di Actarus la convincono, sorride per la prima volta da mesi, accetta.


-Continua-

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-Incompressioni-

L’isola è un posto magnifico è molto piccola, ma rigogliosa, al suo interno, sepolta dalla vegetazione, una grande casa è stata fatta costruire dal nonno di Actarus, per trovare un po’ di ristoro lontano da tutti. Spesso anche i genitori del principe si erano ritirati in solitudine.
La navetta atterra sulla spiaggia, a parte i due principi l’isola è deserta.
I due ragazzi si tengono per mano, Venusia è estasiata.
-E’ bellissimo qui. Ci venivi spesso?-
-A volte con la mamma e Maria, più spesso venivano i miei genitori.-
Camminano sulla sabbia in silenzio, si siedono poco lontano.
Hanno paura di parlare, temono che sia la fine di tutto.
Dopo diverso tempo con un sospiro Actarus si alza e si toglie l’abito.
-Vieni a fare un bagno?-
Venusia lo ha osservato, il fisico perfetto sembra scolpito nel marmo, anche lei era orgogliosa del suo corpo esile e sinuoso, ora non ha nessuna intenzione di farsi vedere.
-No grazie, magari dopo.-
Vorrebbe tanto nuotare anche lei, invece lo osserva mentre si allontana con ampie bracciate.
Le lacrime scorrono da sole sul viso di Venusia, non fa neanche in tempo ad asciugarle.
Quando Actarus esce dall’acqua se ne accorge e le si inginocchia accanto.
-Cosa hai, perché piangi?-
Allunga una mano per carezzarle il viso, ma Venusia l’allontana con mala grazia.
L’ultimo sprazzo di speranza si spegne lasciando il ragazzo completamente vuoto.
La disperazione prende il sopravvento ed il principe si alza, c’è rabbia nella sua voce.
-Non avrei mai dovuto farti rimanere su Fleed, non avrei mai dovuto legarti a me!-
La ragazza lo guarda con orrore, si alza, arretra di pochi passi e poi fugge via.
Actarus rimane impietrito per alcuni istanti, quando si riscuote la rincorre, non impiega molto per raggiungerla, ma Venusia si gira come una furia e tenta di colpirlo con violenza, riconosce l’espressione negli occhi di lei, l’ha già vista negli occhi di un’altra ragazza che lo ha quasi ucciso, deve fare attenzione.
Venusia riprende la sua fuga e si addentra nel folto della vegetazione, Actarus la segue, ma evita di avvicinarsi troppo, meglio che lei si stanchi prima di affrontarla.
La ragazza corre e piange, e presto rimane senza fiato, lui è molto vicino, in preda al dolore si gira e tenta di colpirlo nuovamente, Actarus le blocca i polsi con facilità e le ferma le mani dietro la schiena. Quando Venusia smette di dibattersi le lascia i polsi e la stringe forte, non riesce a parlare non può credere di averle fatto tanto male, non l’ha mai sentita piangere in quel modo.
Lentamente la ragazza si calma. Sono in mezzo al verde aggrappati l’uno all’altra. Durante la fuga lei si è graffiata, Actarus la solleva sulle braccia e la conduce attraverso la vegetazione fino ad una sorgente termale che alimenta un piccolo laghetto, con lei tra le braccia si immerge.
Il nodo che gli serrava la gola si scioglie.
-Perdonami, sono un bastardo!-
L’intensità con cui lo dice scuote Venusia.
-No, no!-
-Perdonami non pensavo quello che ho detto!-
Lei cerca le sue labbra per farlo tacere. Si baciano e fanno l’amore con disperazione.
Rimangono abbracciati a lungo nell’acqua calda in silenzio.
Venusia si riscuote per prima.
-Actarus, cosa ci è successo? Come siamo arrivati a questo?-
-Non lo so.-
Actarus la osserva.
I timori di Venusia riemergono con prepotenza, si scosta da lui ed inizia ad uscire dall’acqua, è contenta di avere ancora indosso il suo abito.
Il ragazzo è confuso, le afferra una mano.
-Cosa è successo?-
-Nulla.-
Lei tiene gli occhi bassi. Le lascia la mano.
In silenzio si avviano verso la grande casa immersa nella vegetazione.

Cucinare da sola è come tornare indietro nel tempo. Actarus la osserva con affetto poggiato allo stipite della porta alle sue spalle, ha già preparato la tavola come faceva a volte sulla Terra.
Mangiano in silenzio, Venusia ha decisamente fame.
Rimesso tutto in ordine Actarus propone di esplorare l’isola.
Si sentono rinascere camminando liberi nel verde, per godere una vista migliore si arrampicano su alcuni alberi, si scoprono a ridere insieme.
-Venusia, non so da quanto non ridevo più.-
-Anche io!-
Sono arrivati alla spiaggia. Actarus la prende per una mano e la tira.
-Vieni in acqua, voglio farti vedere una cosa!-
Venusia si ritrae.
-Dimmi cosa c’è che non va?-
-Nulla.-
-Allora perché mi allontani?-
Lo sguardo fisso in terra, milioni di pensieri si affollano nella sua mente. Cosa rispondere, che si sente confusa, che non sa se lui la ama ancora, che si vergogna del suo aspetto ma che è arrabbiata con se stessa per questo? Vorrebbe solo poter tornare indietro nel tempo a quando tutto era così chiaro.
Non ottenendo risposta Actarus desiste.
-Si sta facendo tardi, meglio tornare indietro.-
Dopo una cena silenziosa, Actarus invita Venusia a guardare le stelle, strano ma in tutto il tempo che è stata su Fleed non ha mai avuto la possibilità di guardare il cielo di notte, ed è magnifico. Sdraiati sulla sabbia i due ragazzi desiderano la stessa cosa senza saperlo.

Dalla soglia della camera, Actarus la osserva mentre si dirige verso la stanza da bagno.
-Se vuoi posso andare in un’altra stanza?-
Venusia risponde senza neanche riflettere.
-No!-
-Sei sicura?-
-Si.-

-Continua-

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-Incomprensioni-

E’ appena sorto il sole, Venusia apre gli occhi.
Actarus è già sveglio, o non ha dormito affatto. Seduto con la schiena poggiata ai cuscini, il volto serio, non le augura neanche il buon giorno.
-Venusia dobbiamo parlare.-
La ragazza guarda ostinatamente fuori dalla finestra, l’unica cosa che riesce a pensare è che questa sia la fine.
-Cosa vuoi fare? Sono pronto ad accettare qualsiasi cosa deciderai, ma non posso più vederti così, e non posso più vivere così.-
Non riesce ad articolare una risposta, un nodo le serra la gola.
Actarus aspetta per un tempo che sembra eterno, poi sospira e si muove per scendere dal letto.
Deve parlare, ora o mai più. Un sussurro.
-Io voglio te!-
Rimane come sospeso, la speranza si riaccende.
-Allora perché mi allontani?-
Aspetta, cerca di mettere ordine nei suoi pensieri e nel fiume delle sue emozioni, ma deve parlare altrimenti la loro storia non avrà neanche una possibilità.
Lentamente, spiega che si è sentita messa da parte e sola, schiacciata dalle responsabilità, che ha perso il gusto di mangiare, che non si accetta.
Si lascia circondare dalle sue braccia forti.
Actarus le chiede perdono, l’ha trascurata ed ha permesso che si sentisse sola, si è fatto sommergere dai suoi doveri quando è lei il centro della sua vita. Anche lui si è sentito solo e rifiutato.
Non hanno mai smesso di amarsi, è stato tutto un orribile malinteso.
Hanno molto da doversi perdonare e da recuperare.
Rimangono abbracciati in silenzio per diverso tempo.
Actarus si poggia su un gomito per guardarla, lentamente fa scorrere la mano sul corpo di Venusia, scosta il tessuto e le carezza la pelle.
-Non sei pelle ed ossa, hai perso peso, ma sei sempre molto bella.-
Si amano

Giocano nell’acqua come due ragazzini.
-Aspettami qui.-
Actarus si immerge per alcuni minuti, quando emerge ha qualcosa tra le mani.
-Guarda.-
Schiude le mani e rivela un fiore stupendo.
-Che bel fiore!-
-Non è un fiore, è un pesce.-
Il ragazzo libera la piccola creatura che nuota come un fiore sospinto dal vento.
Venusia lo osserva incantata.
-E’ bellissimo, è questo che volevi farmi vedere ieri?-
-Si.-
-Grazie.

Il rientro alla quotidianità non è stato facilissimo.
Sono riusciti dopo diversi giorni a trovare un gruppo di cittadini cui delegare diversi compiti.
Ora hanno più tempo.
E’ passato più di un mese da quando sono tornati dall’isola ed Actarus e Venusia sono più innamorati che mai.
Quella mattina, nel suo studio ha trovato un grande vaso di vetro con dentro un paesaggio marino in miniatura ed alcuni pesci fiore, come li chiama lei. Li ha osservati per alcuni minuti incantata, poi è corsa fuori verso lo studio di Actarus. Improvvisamente è costretta a fermarsi ed appoggiarsi al muro, sono giorni che soffre di fastidiosi capogiri, ma questo è molto forte: le si piegano le gambe, si accascia e perde conoscenza.
Quando Doran lo ha chiamato si è sentito gelare il sangue.
Ha portato Venusia in camera ed ha chiamato il medico.
Lei si è ripresa in fretta e sostiene di non avere nulla, si è trattato di un semplice capogiro, ma nessuno vuole rischiare sottovalutando il problema.
Il dottore visita Venusia, poi proietta un’immagine virtuale dell’interno del suo corpo a mezz’aria sopra il letto.
-Ecco il responsabile del malessere della principessa!-
Il tono di voce è divertito, ma Actarus si avvicina preoccupato.
-E’ grave dottore?-
Anche Venusia è in apprensione.
Il dottore sorride malizioso.
-Grave...non lo definirei grave...impegnativo magari.-
Con pochi gesti ingrandisce la parte centrale dell’immagine virtuale.
-Ecco il birbante!-
Appare evidente un puntino che pulsa ritmicamente.
-Quello è...-
-Si principessa, lo è proprio. Congratulazioni!-
Actarus è senza fiato. Allunga la mano verso quel cuoricino che batte.
Si riscuote in fretta.
-Dottore come mai questo malessere?-
-In parte è normale, in parte l’organismo della principessa sta dando vita ad un esserino per lei alieno e non sarà facile. Faremo del nostro meglio per rendere la gravidanza meno pesante possibile. Per ora godetevi la novità, congratulazioni!-

Quando la notizia si è sparsa, i cittadini sono stati molto felici.
Il principe ha in seguito emesso un comunicato ufficiale.
Actarus si sente incredulo e grato per questo dono, non è del tutto sicuro di meritarselo, ma c’è, una nuova vita. Suo figlio, quando si ripete queste parole nella mente sente un’onda di gioia che gli si diffonde dentro.
Venusia è felice ma preoccupata, il medico è stato chiaro, la gravidanza sarà pesante.
I primi mesi sono i più difficili, la ragazza è sempre molto stanca, nello studio del principe è stata portata una chaise longue perché lei si possa riposare quando vuole e non sia mai sola.
I medici hanno studiato dei ricostituenti naturali per aiutarla.
Con il procedere della gravidanza l’organismo di Venusia si adatta e la situazione migliora, fino all’ottavo mese, quando la stanchezza si riaffaccia prepotente.
Il parto è atteso con sollievo ma anche con preoccupazione.
Il principino nasce con gran fatica della mamma, ma è un bimbo splendido, con dei grandi occhi blu.
Per la firma del contratto di matrimonio e l’incoronazione del nuovo re e della nuova regina è stata organizzata una festa sontuosa. Alcor, Maria, il professor Procton e Mizar sono tornati sul pianeta per l’occasione. Alcor si diverte a chiamare il professore “nonno”, ma lui non se la prende, tutt’altro, non solo ha i figli che ha sempre desiderato, ora anche un nipote.
Dopo l’ultima poppata il piccolo si è finalmente addormentato. All’esterno i cittadini ancora festeggiano.
Venusia osserva il suo re che depone il bimbo nella culla.
-Sei felice?-
-Non lo sono mai stato tanto in tutta la mia vita. Grazie!-

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FF spudoratamente ispirata ad i recenti fatti di cronaca e ad un racconto letto almeno dieci anni fa su Lanciostory o Skorpio non ricordo più…

Vega 100 anni prima di re Yabarn

Pianeta florido ma sovrapopolato, Vega era ipertecnologico e tanta tecnologia aveva bisogno di enormi quantità di energia. La stessa produzione alimentare necessitava di vegatron per mandare avanti gli enormi impianti per la preparazione ed il confezionamento.

Due famiglie si spartivano la fetta maggiore della produzione alimentare sul pianeta:
la famiglia Shin allevava, macellava e confezionava carne; la famiglia Mez pescava, preparava e confezionava pesce.

“Signor Shin, le entrate sono in grande crescita. Questo semestre abbiamo avuto un incremento del 30%.”
“Ottimo! La pressione su quei piccoli produttori della regione orientale è servita.”
“Non pensa di essere stato troppo duro con loro, signore?”
“Impara Lorn, in amore ed in affari tutto è lecito! Quegli sciocchi pensavano di poter fare affari alle mie spalle? Avevano capito decisamente male: o con me o contro di me...hanno solo capito che è più conveniente stare con me.”
“Ma…”
“Qualche morto in più sono meno bocche da sfamare, su questo pianeta siamo troppi!”

“Quali sono le proiezioni per il prossimo semestre, Seth?”
“Si prevede una crescita del 20% signor Mez, da quando i pescatori dell’isola di Liss hanno smesso di lavorare, i loro compratori si sono rivolti a noi.”
“Devo dire che quella “tempesta” che ha affondato quasi tutte le loro barche è stata provvidenziale. Ricordami di dare un extra al reparto scientifico: quella macchina per la creazione di onde anomale è un portento!”

“Lorn, cos’è questa voce sul bilancio? Smaltimento?”
“Signor Shin, è quello che paghiamo alla ditta di smaltimento dei rifiuti tossici derivanti dalla produzione…”
“E’ una cifra esorbitante! Bisogna trovare una compagnia più conveniente!”
“E’ questa la compagnia più conveniente, signore…”
“Allora bisogna trovare un modo alternativo per smaltire questi rifiuti.”
“La nuova legge sullo smaltimento è molto rigida, signore.”
“Sciocchezze! C’è sempre un modo per aggirare le leggi!”

“Signor Mez, deve autorizzare questo pagamento.”
“Cosa? E’ una fortuna! E questa azienda a cosa ci serve?”
“E’ l’azienda che smaltisce per noi i rifiuti pericolosi derivanti dalla lavorazione del pesce signore, per la nuova legge anti inquinamento è obbligatorio rivolgersi ad una ditta accreditata.”
“Leggi, leggi inutili per spillarci soldi e basta! Bisogna trovare un metodo alternativo!”

“Allora Lorn a che punto siamo con la registrazione della nuova ditta per lo smaltimento dei rifiuti.”
“I permessi sono quasi tutti a posto, aspettiamo solo l’ispezione...ma signore, cosa facciamo ispezionare se non c’è…”
“Questo non è un problema, basta elargire una tantum: sempre meglio che quel salasso tutti i mesi!”

“Signor Mez...lei capisce noi non possiamo concederle l’accreditamento se…”
“Se? Guardi nella busta vedrà che troverà molto interessante il contenuto.”
“Beh, certo...ma lei capisce ci sono delle leggi da rispettare…”
“Potrei raddoppiare il contenuto della busta, lei cosa ne penserebbe?”
“Certo, la sua è una famiglia rispettabile, e la vostra un’azienda solida. Sono certo che sarà tutto in ordine.”

“Signor Shin, abbiamo tutti i permessi in regola. Possiamo da oggi smaltire i nostri rifiuti in proprio.”
“Ottimo, tutti soldi risparmiati!”
“Signore, dove pensa di smaltirli?”
“Abbiamo ettari ed ettari di terra che necessita di essere concimata…”
“Ma signore, gli animali mangiano l’erba e bevono l’acqua su quei terreni...si contamineranno…”
“Cosa importa!”
“Ma signore anche le persone si ammaleranno…”
“Ti ripeto: siamo troppi su questo pianeta!”
“Ma anche lei e la sua famiglia mangiate…”
“Mica scherzi! Mai permetterei ai miei di mangiare la carne che produciamo! Ed ora meno che mai! Noi mangiamo il pesce di Mez, quello è un buon prodotto!”

“Signor Mez, è arrivato l’accreditamento per lo smaltimento dei rifiuti.”
“Benissimo! Un salasso in meno! Con tutto il mare a nostra disposizione, perché sprecare tutti quei soldi!”
“In mare signore? Ma il pesce…”
“Il pesce, il pesce...chi se ne importa del pesce!”
“Noi mangiamo il pesce signore…”
“Male, molto male! La mia famiglia ed io non abbiamo mai mangiato il nostro pesce, noi mangiamo la carne di Shin! Loro si che producono un ottimo prodotto!!”

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Marcus

La conversazione con quell’uomo è stata sgradevole, come tutte le volte; è inquieta anche con se stessa perché non riesce a mantenere la calma con lui: non può farci nulla è una delle pochissime persone che non sopporta e non stima affatto, non solo per le sue azioni, ma soprattutto per come tratta il figlio.
Ricorda ancora come fosse ieri:

-Maestà una comunicazione da Altair 2, un cittadino dice che deve parlarle urgentemente del principe Marcus.-
Marcus: il figlio della sua amica e di quell’uomo orribile.
Sullo schermo era apparso il volto tirato di un uomo anziano.
-La ringrazio maestà per aver accettato di parlarmi. Sono il padre di Vareena, la...-
-So chi è Vareena, cosa deve dirmi di Marcus?-
L’anziano aveva iniziato a piangere.
-Maestà qualche giorno fa il ragazzo è venuto da noi con dei brutti segni sulle braccia. Oggi mia figlia mi ha fatto arrivare un messaggio nel quale mi pregava di contattarla: Marcus provoca costantemente il padre ed il re non lo tollera e lo punisce duramente. La prego lo porti via prima che succeda qualcosa di irreparabile.-
Si era precipitata su Altair 2 con una scusa ed aveva visto il ragazzo: non solo aveva le braccia piene di lividi, ma anche un occhio nero che spiccava sul volto emaciato. Si era sentita stringere il cuore: come era possibile arrivare ad alzare le mani su un ragazzino di poco più di dodici anni? Come aveva fatto la sua amica ad innamorarsi di quell’uomo orribile?
Il re era stato particolarmente arrogante ed offensivo, ma aveva accettato di farle portare via Marcus.
Mentre lasciavano il palazzo avevano visto una figura nascosta nell’ombra di un corridoio buio, il ragazzo si era avvicinato subito: Vareena, l'amate del re, senza uscire dall’ombra, gli aveva accarezzato il volto gli aveva fatto promettere di comportarsi bene su Fleed, lo aveva pregato di non odiarla, ed aveva ringraziato lei con le lacrime agli occhi per aver accolto la sua preghiera, poi era corsa via.
Marcus aveva mantenuto un’espressione dura per tutto il tempo finché l’astronave non aveva lasciato il suo pianeta, poi era scoppiato a piangere tra le sue braccia fino ad addormentarsi.

Da quel giorno erano passati quattro anni.
Ora eccoli i suoi due ragazzi: Duke più posato e riflessivo, e Marcus un autentico discolo, ma entrambi onesti, generosi e coraggiosi.
-Marcus, ho parlato con tuo padre. Devi tornare per qualche giorno su Altair 2 per la nascita di un bimbo di Vareena.-
Il volto del ragazzo si è trasformato in una maschera di collera repressa.
-Mi spiace, ma non ho intenzione di partecipare a questa farsa odiosa!-
-Mi piacerebbe molto dirti che puoi non andare, ma purtroppo questa volta è necessario. Partirai dopodomani nel pomeriggio, rimarrai tre giorni. Pensala come un’occasione per andare a trovare i nonni.-
Già i nonni. Non certo i suoi: erano i genitori di Vareena, ma lo avevano sempre trattato come un nipote e lui li aveva sempre considerati come nonni, tra loro c’era affetto vero e si rifugiava sempre a casa loro quando qualcosa non andava.
-No, non voglio andare. E se mio padre non mi facesse più tornare?-
-Devi sostenere un esame a fine anno scolastico, e devi completare gli studi, perché tuo padre dovrebbe impedirtelo? Oltretutto non credo che vorrà sfidare ufficialmente Fleed.-
-Ti accompagno io Marcus.-
Il ragazzo si gira stupito verso l’amico.
-Davvero Duke lo faresti?-
-Certo, ho sempre desiderato visitare Altair 2. Posso vero mamma?-
-Se lo desideri, certo.-
La regina non può impedirsi di avere timore per quei due giovani.

Duke non riesce a prendere sonno, non ha nessuna voglia di incontrare il re di Altair 2, si è offero di accompagnare il suo amico solo per l’affetto che gli porta, perché ha paura che da solo faccia qualche sciocchezza.
Il padre di Marcus ha sempre avuto decine di amanti, compresa Vareena, Marcus è convinto che sia questo il motivo per cui sua madre si sia ammalata e sia morta così giovane. Tolta di mezzo la moglie, si è portato ufficialmente nelle sue stanze la giovanissima Vareena, ma non l’ha voluta sposare e tradisce anche lei con tutte le donne che vuole.
Forse è questo il motivo per cui Marcus non si lega a nessuna ragazza, ma accetta la corte di tutte e dispensa le sue attenzioni a quelle di loro che lo desiderano.

Il viaggio verso Altair 2 è stato pesante e molto silenzioso.
Alla vista del palazzo Marcus si tende come una corda di violino ed avverte l’amico su alcune regole di condotta.
-Duke, non puoi salutare Vareena, né rivolgerle la parola, mai, neanche nei corridoi, se ci sono altri presenti.-
-E perché?-
-E’ la concubina del re, è come se non esistesse.-
Nella sala delle udienze il re li accoglie in piedi, dietro di lui è seduta una donna giovane, tiene la testa bassa ed ha un bimbo piccolissimo in braccio.
I due ragazzi non chinano la testa in presenza del sovrano che fa finta di non aver notato la scortesia.
-Marcus, ti trovo cresciuto, stai bene. E tu devi essere il giovane principe di Fleed, benvenuto. Andate pure a riposare il viaggio è stato lungo.-
Una volta soli Marcus dà libero sfogo ai suoi pensieri.
-Ci ha liquidati in fretta. Meglio! Almeno non ho dovuto mentire e dire di essere felice di vederlo, o di essere tornato.-
La cena viene servita ai due ragazzi nella loro stanza.
Un leggero tocco alla porta fa sobbalzare Marcus che la apre in fretta e fa entrare la giovane Vareena e la abbraccia.
-Marcus, sono così felice di vederti: sei cresciuto, sei diventato così bello!-
-Vareena, tu come stai?-
-Così...hai visto che bel bimbo?-
-Si...Lyda, come sta e Nher?-
-Sono con i miei, stanno bene. Li vedrò domani, sono così felice. Andrai a trovarli vero?-
-Certamente.-
-Li farai felici. Principe Duke, ringrazi ancora sua madre per aver ascoltato le mie preghiere. Ora devo andare.-
Marcus esce per primo per controllare che il corridoio sia libero, poi la giovane donna scappa veloce.
Quando la porta è chiusa Duke sfoga la sua curiosità.
-Pensavo che la odiassi?-
-Vareena? No è solo una povera vittima.-
-Non capisco: è l’amante di tuo padre e lo era anche prima che morisse tua madre? Come puoi non odiarla.-
Marcus si sdraia sul letto, guarda il soffitto e con voce stanca risponde all’amico.
-Vareena mi ha fatto da sorella maggiore, da amica, e quando ne ho avuto bisogno mi ha difeso come meglio ha potuto: credo che a volte mio padre l’abbia picchiata per questo. La sua unica colpa è di essere innamorata persa di quel bastardo di mio padre!-
-Non credo di riuscire a capire, ma rispetto i tuoi sentimenti.-
-Grazie. Domani andremo a trovare i nonni e conoscerai Lyda e Nher.-
-Chi sono?-
-I miei fratelli.-

-Continua-

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-Marcus-

I nonni sono due anziani molto affettuosi ed espansivi, vivono in una modesta casa in città e crescono i due figli di Vareena e del re: Lyda, bella ragazzina di tredici anni, e Nher di sei.
Marcus tratta i due ragazzini come fossero suoi fratelli in tutto e per tutto.
-Le sembra strano principe?-
-Duke, per favore signore.-
-Nonno.-
-Nonno, si, non riesco a comprendere bene questa situazione.-
-Vareena è mia figlia, ma è una povera sciocca innamorata di un uomo orribile. Hanno avuto dei figli, lui li sfoggia nelle occasioni ufficiali, ma per il resto del tempo non li vuole tra i piedi e la costringe a portarli da noi ed a vederli pochissimo. Marcus è sempre stato un ragazzo buono e sensibile, e li ha sempre considerati come suoi fratelli e li ha difesi spesso.-
-Difesi?-
-La gente è cattiva a volte...loro sono i figli della concubina del re...non hanno posto...-
-E’ ridicolo!-
Duke ha risposto con sdegno, il vecchio sorride e gli poggia la mano sulla spalla.
-Sei proprio figlio dei sovrani di Fleed. Se tua madre non avesse portato Marcus via di qui, non so come sarebbe finita.-
Rimangono alcuni minuti in silenzio a guardare il principe giocare con i suoi fratelli.
-Anche il nuovo bambino verrà allontanato dalla madre?-
-Purtroppo si.-
-Perché Vareena lo accetta?-
-Perché è una sciocca innamorata di un mostro.-

La cerimonia per la presentazione del nuovo nato è una vera farsa: nessuno può parlare con Vareena o con i suoi figli seduti in un angolo della grande sala, il bimbo nato da poco è in una culla vicino al re. Tutti passano e fanno le congratulazioni al sovrano, ben sapendo che allontanerà il bambino quanto prima. Qualcuno rivolge la parola a Marcus con fare comprensivo, molti gli rivolgono sguardi complici: è evidente che il re non gode di molta stima.
-Non vedo l’ora che sia tutto finito! I miei fratelli sembrano statue di sale, oggetti d’arredamento! E’ insopportabile!-
Duke tenta di calmare la collera dell’amico.
-Stai calmo, guarda Lyda ti sorride, non vorrai che i tuoi fratelli ti vedano litigare con tuo padre davanti a tutti? Domani ripartiremo per Fleed e loro saranno con i nonni.-
-E nulla sarà cambiato!-
-Avrai modo di cambiare le cose tra qualche anno, nel frattempo cerca di non rovinare tutto.-

Sono passati due anni da quel giorno, ma sembra un’eternità: Vega ha scatenato una sanguinosa guerra per conquistare la nebulosa, Duke si sente impreparato, troppo giovane per tutto questo.
-Marcus, come vanno le cose su Altair 2?-
-Oh a meraviglia! Mio padre mi ha scaricato tutto sulle spalle, se ne frega della guerra e del pianeta e di tutti gli abitanti! Ha detto che sono grande a sufficienza per occuparmi di tutto!-
Il principe di Fleed si sente uno sciocco, lui ha suo padre e sua madre per aiutarlo e consigliarlo, il suo amico ha un intero pianeta sulle spalle ed è solo.
-Dai Duke! Parla: lo so qual’è il motivo per cui mi hai chiamato.-
-E’ una sciocchezza, Marcus, davvero.-
-Un fidanzamento imposto non è una sciocchezza, Duke. Cosa intendi fare?-
-Al posto mio che faresti?-
-Accetterei senza battere ciglio! Un matrimonio è meglio di una guerra!-
-La penso allo stesso modo.-
-Allora hai accettato?-
-Si. Ma non mi fido di Vega.-
-Perché?-
-Sono mesi che chiede a mio padre di consentirgli di usare il Green per un progetto speciale al quale dovrebbero partecipare anche i nostri migliori scienziati. Indovini di cosa si possa trattare?-
-E tu pensi che il fidanzamento con Rubina serva a...-
-E tu no?-
Marcus osserva l’amico dal grande schermo del terminale.
-Senti, magari avesse fatto a me la proposta! Per un po’ almeno sarete al sicuro, ti consiglio di non abbassare la guardia. Lo sai che puoi contare sempre su di me, vero?-
-Certo Marcus, e tu potrai sempre contare su di noi! Se hai bisogno mio padre sarà lieto di darti dei consigli.-
-Sicuramente ne avrò bisogno. E stai su: una ragazza è sempre meglio di una guerra ricordalo!-
-Lo ricorderò amico. A presto.-

Marcus osserva con curiosità ed apprensione il grande robot che sta per posarsi a terra.
Quando vede il suo amico quasi non lo riconosce tanto è sconvolto ed affaticato.
-Duke, per amor del cielo che ti è successo?-
Il principe di Fleed cade in ginocchio di fronte al suo amico e piange come un bambino, Marcus gli si inginocchia davanti.
-Dannazione Duke! Cosa accidenti è successo!-
Con fatica il ragazzo inizia a parlare.
-Quali sono le ultime notizie che avete avuto da Fleed?-
-Quelle che mi hai dato tu l’ultima volta che ci siamo sentiti: che Rubina era ripartita. Poi le comunicazioni si sono interrotte, lo sai.-
-Qualche settimana dopo re Vega ha chiesto il permesso di atterrare su Fleed, pensavamo volesse parlare del matrimonio, invece in pochi minuti ci ha fatti prigionieri sterminando la scorta di mio padre. Ha chiuso i miei e Maria nelle loro stanze al palazzo ed ha imprigionato me in una colonna di tortura in un enorme hangar con i migliori scienziati di Fleed: voleva che rivedessero i progetti e costruissero questo enorme robot da guerra, io servivo per convincerli a non fare sciocchezze. Ma siamo stati più furbi.-
Un sorriso folle compare sulle labbra di Duke Fleed.
-Hanno fatto in modo che solo io potessi avvicinarmi a Goldrake, mi hanno detto quando fuggire...-
Il ragazzo si interrompe troppo emozionato per proseguire. Marcus ha una terribile sensazione: non vorrebbe sentire altro, ma è necessario.
-Coraggio Duke: cosa è successo?-
-Non è servito a nulla: avevano scatenato già l’offensiva con un numero impressionante di astronavi e robot, la città era in fiamme invasa dal vegatron...sono sceso da Goldrake per salvare i miei, ma sono arrivato tardi...Marcus...-
Duke si aggrappa alle braccia del suo amico terreo in volto quanto lui.
-Mio padre era già morto, un veghiano ha sparato a mia madre poco distante da me...non ho potuto fare niente, niente...ho sentito Maria che mi chiamava, ma non sono riuscito a vederla...c’erano fiamme e fumo ovunque...in qualsiasi direzione guardassi solo corpi...Marcus il mio pianeta è morto come tutti!-
Sopraffatti dall’orrore i due ragazzi singhiozzano insieme.

-Continua-

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-Ho fatto nascondere il robot, Duke. Ora puoi riposare.-
-Non riesco neanche a chiudere gli occhi..vedo sempre le stesse immagini...perché non sono morto anche io con loro?-
-Non lo so...se vuoi posso chiedere al medico di darti qualcosa per...-
-Non voglio nulla!-
Marcus si sente perso nel vedere il suo migliore amico ridotto in quello stato. Amava i sovrani di Fleed come fossero i suoi genitori, ancora non riesce a credere a quello che è successo.
-Senti, i nonni sono venuti per vedere come stai, posso farli entrare?-
Desideroso di sollievo e conforto Duke accetta di vedere i due affettuosi anziani.

Le astronavi veghiane bersagliano il suolo di Altair 2.
-Sono stato io a portarli qui, hanno seguito me!-
Duke è terrorizzato.
-Hanno attaccato tutti i pianeti che si sono trovati sulla loro strada. Non sei stato tu! Ti proibisco di pensarlo!-
-Devo combatterli!-
-Devi fuggire! Non sei in condizione di batterti!-
Lo spostamento d’aria di un’esplosione fa volare Marcus fuori dal parapetto, Duke si sporge terrorizzato credendo di vedere l’amico morto al suolo: il principe di Altair2 si è salvato per un soffio aggrappandosi ad una piccola sporgenza dell’intonaco, ma non resisterà a lungo.
Duke tende le mani.
-Coraggio Marcus, afferrale!-
-Non ci arrivo Duke, vattene!-
-Scordalo! Non ti lascerò mai! Afferra le mie mani!-
-Non ci arrivo!-
Duke si toglie la sciarpa e la tende verso l’amico.
-Afferrala e tirati su, io ti reggo!-
Il raggio al vegatron di un minidisco ferisce Duke al braccio.
-Ahhh! Forza Marcus!-
Le mani del principe di Fleed sanguinano per l’attrito con la stoffa. Marcus con un grande sforzo riesce a salire. I due ragazzi si ritrovano seduti in terra senza fiato.
-Grazie, ti devo la vita!-
-Non ci pensare. Devi difendere il tuo pianeta, non devi permettere a Vega di fare qui quello che ha fatto su Fleed.-
-Si esco subito. Mettiti in salvo, non devono trovarti! Cercheremo di nasconderti con della nebbia anti rilevamento. Non guardarti indietro Duke! Mai! Devi portare Goldrake al sicuro per combatterli: se lo trovano è la fine per tutti!-
Il principe di Altair 2 si alza di scatto e corre verso lo spazioporto.
Con le lacrime agli occhi il principe di Fleed corre verso Goldrake sperando di non aver visto il suo amico per l’ultima volta, e pregando che non succeda nulla alle tante persone buone che ha conosciuto sul pianeta.

-Principe Marcus. Arrenditi e risparmierò tutti gli abitanti di questo pianeta.-
Il ragazzo è sulla sua potente astronave circondato da decine di astronavi nemiche, al suolo i robot hanno smesso di vomitare vegatron aspettando una sua risposta. Ha le lacrime agli occhi per la rabbia e lo sforzo, i volti delle persone che ama e di cui non conosce la sorte si alternano nella sua mente.
-Cosa volete da me? Avete già vinto!-
-Vuoi salvare la tua gente o no?-
-Certo che voglio!-
-Allora arrenditi! O finiremo in fretta il lavoro!-
Ci pensa ancora qualche istante, poi dichiara la resa.
-Va bene, mi arrendo.-
Un enorme robot inghiotte l’astronave del principe e la porta nello spazio.
-Distruggete tutto! Abbiamo ottenuto quello che volevamo.-

Fa fatica a tenere gli occhi aperti: sono giorni che viene sottoposto a torture per fiaccare il suo spirito. Sa perfettamente qual’è il loro scopo: una volta vinta la sua volontà condizioneranno la sua mente per fare di lui quello che vogliono.
Non conosce le sorti del suo pianeta né del suo amico Duke, ma non vuole diventare una pedina di quel mostro di Yabarn: ha orrore di quello che potrebbe diventare nelle sue mani.
-Non durerò ancora a lungo Duke, mi dispiace...penso che mi costringeranno a combattere contro di te...ed io sono sempre stato il pilota migliore...-
Una risata sommessa si trasforma in un accesso di tosse.
-Non voglio dimenticare...la mamma, i nonni, i miei fratelli, tuo padre e tua madre e te...e Kyran...-
Un altro accesso di tosse gli toglie il respiro.
-Non ho avuto il tempo di presentartela...la bella e selvaggia Kyran...con i suoi capelli rossi, le forme generose e le labbra di miele...gestisce una taverna e si sceglie gli amanti che vuole...ti sarebbe piaciuta, sai...ha una sottile lama d’acciaio nella veste e la usa su chi non la rispetta...-
Nuovamente una risata si trasforma in un accesso di tosse, del sangue gli riempie la bocca.
-Non mi uccideranno...gli servo...e non ho nulla per uccidermi, altrimenti...Duke, non voglio tasformarmi in un mostro!-
Lacrime di rabbia e frustrazione gli rigano il volto.
-Promettimi che non esiterai ad uccidermi se dovessi incontrarmi...ti prego...-

Il Comandante Marcus lascia la base veghiana a bordo di un robot con le fattezze di un cavallo.

Fine

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What if....
Il bene dei molti viene prima del bene del singolo

Non c’è alcun dubbio, non più.
La vita di Actarus e la salvezza della Terra vengono prima di qualsiasi altra cosa.
Ha preso la sua decisione anche se questo le costerà forse più della vita.
Si costringe a sorridere all’immagine che le rimanda lo specchio, il risultato le sembra grottesco.
Chiude gli occhi, abbassa la testa: ha già pianto troppo, basta.
“Il bene dei molti viene prima del bene del singolo”.
Quanto detesta che Actarus le citi questa frase, ma ora…
Stringe con forza il bordo del lavandino, alza la testa con fierezza, riapre gli occhi.
Lo specchio le rimanda l’immagine di uno sguardo determinato

Maria riflette andando nello studio del professor Procton: Actarus è guarito da quindici giorni, la ferita che si era aggravata tanto da far temere per la sua vita, è sparita grazie a Marcus, il miglior amico di un tempo.
-Professore, posso parlarti?-
-Certo Maria, siediti.-
-Sono in pensiero per Venusia: è sempre preoccupata, distratta e stanca. Pensavo fosse per la ferita di Actarus, ma ora che è guarito la situazione non è cambiata.-
-Ne hai parlato con tuo fratello?-
-No, quando c’è lui Venusia è tranquilla, normale insomma, è quando lui non c’è che...ho provato ad accennarlo ad Alcor, ma non si accorge mai di niente!-
Il professore riflette per qualche momento: in effetti anche lui si è accorto che c’è qualcosa di strano.
-Non ti preoccupare, le parlerò io.-

Guarda fuori dalla finestra del suo studio, la decisione che deve prendere non è affatto facile.
Sospira, chiude gli occhi: infrangere un segreto non è cosa da lui, ma non può fare altro.
-Actarus vieni nel mio studio, per favore.-
Non si gira quando il ragazzo entra nella stanza.
-Padre, volevi vedermi?-
-Si...devi parlare con Venusia.-
Il tono di voce del professore ed il fatto che non si sia girato, mettono in allarme il ragazzo.
-Cosa succede?-
-Non posso essere io a dirtelo. Tutto quello che posso fare è dirti che devi parlare con lei.-

La trova nella lavanderia, alla fattoria. La osserva, non visto, per alcuni minuti, ma non nota nulla di strano nel comportamento della ragazza, e questo lo fa preoccupare ancora di più.
-Venusia.-
-Ciao, mi aiuti con queste lenzuola?-
-Mio padre mi ha detto che mi devi dire qualcosa.-
La ragazza non alza il viso, non si sente ancora pronta, ha una gran voglia di piangere.
-No davvero.-
Le prende il volto tra le mani.
-Venusia, mio padre era seriamente preoccupato, ed ora lo sono anche io. Cosa succede?-
Evita di guardarlo negli occhi, ripensa alla conversazione avuta qualche ora prima con il professore.
-Cosa succede...Perché non hai detto nulla?...Ha il diritto di sapere!-
-Ti prego, dimmi cosa succede!-
Non riesce più a tacere, non può fare altro che guardarlo negli occhi e dirgli la verità.
In un attimo è chiusa tra le sue braccia protetta, al sicuro, un’onda di sollievo la pervade.
Lo sente trattenere il fiato per alcuni istanti, per poi espirare lentamente, una lacrima le bagna la spalla.
-Perché non hai detto nulla?-
-Non mi avresti più permesso di combattere al tuo fianco.-
-Sei stata una stupida! Hai rischiato la tua vita e quella di questa creatura, per cosa?-
-Per la tua vita e quella di altre milioni di persone! “Il bene dei molti viene prima del bene del singolo”, me lo hai insegnato tu, Actarus.-
Rimangono abbracciati per diverso tempo, la mente rivolta a più di quattro mesi prima.
Lo aveva trovato semi svenuto nella stalla, dopo cena.
La battaglia era stata dura, ed Actarus aveva già ricevuto il trattamento per le radiazioni, ma indubbiamente non era bastato.
-Actarus, come ti senti? Chiamo Alcor!-
-No, ti prego...ora mi passa.-
-Scotti! Ti porto al Centro!-
Venusia aveva aiutato Actarus a salire sulla sua moto e lo aveva portato al Centro Ricerche, dove il professor Procton gli aveva somministrato un secondo trattamento per sfiammare la ferita.
Venusia lo aveva poi accompagnato nella sua stanza ed aiutato a stendersi sul letto. Quando si era girata per uscire Actarus l’aveva trattenuta per un polso con fermezza.
-Ti prego...non mi lasciare solo!-
Non lo aveva mai visto così vulnerabile e spaventato.
Era rimasta con lui.
Quella notte avevano condiviso amore, dolore e disperazione.

“Zuril, qual’è la situazione?”
“Maestà, la base Skarmoon ha quasi esaurito le scorte di energia; tutti i nostri sforzi per acquisire nuove scorte dal Pianeta Blu sono fallite a causa di Goldrake. Siamo nell’impossibilità di portare nuovi attacchi per il momento.”
“Gandal?”
“Sire, dopo la distruzione del pianeta Vega, molti mondi sotto il nostro controllo si sono ribellati: stiamo perdendo influenza nella nebulosa.”
Yabarn riflette in silenzio per alcuni minuti.
“Zuril, soluzioni?”
“Io proporrei di sedare le rivolte sui pianeti con risorse energetiche sfruttabili: con una buona scorta potremo rinnovare gli sforzi per sconfiggere Goldrake e conquistare questo pianeta.”
“Concordo, maestà.”
“Era anche la mia opinione, procedete. Non dobbiamo però allentare la sorveglianza.”
“Certo sire.”

-Continua-

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-What if-

Quando apre gli occhi è ancora buio, le braccia di Actarus la circondano, alle loro dita due fascette d’oro ancora lucide, regalo del professore. Ripensa a quando avevano comunicato a tutti la notizia del bimbo in arrivo, quasi sei mesi prima: Righel li aveva guardati con severità aspettando che Actarus si impegnasse formalmente. Lei invero non avrebbe voluto, le sembrava di forzargli la mano, ma Actarus era stato irremovibile.
Maria era stata felicissima, come Mizar del resto, Alcor invece si era alzato dalla sedia furibondo e si era allontanato con la moto a tutta velocità. Quando era rientrato, diverse ore dopo, avevano avuto un’accesa discussione: le aveva detto che era stata una pazza, le aveva rinfacciato tutte le volte che aveva rischiato di morire contro i mostri di Vega, tutte le volte che era caduta con il Delfino, avrebbe potuto perdere il bambino, o peggio, le aveva promesso che non le avrebbe più permesso di salire sul suo mezzo. Venusia aveva risposto che era stata una sua scelta, ed era tuttora una sua scelta, avrebbe combattuto finché ne avesse avuto il fiato. Actarus non era intervenuto: era fin troppo chiaro che la pensasse come Alcor ma non voleva litigare con lei.
Per fortuna gli attacchi dei veghiani si erano interrotti: nessuno dei ragazzi si illudeva, sarebbero sicuramente ripresi più feroci di prima.

L’allarme risuona nella base poche ore dopo.
Venusia vede i suoi compagni partire per rischiare la loro vita, ma questa volta non ha la forza di seguirli.
Mentre i ragazzi stanno combattendo contro il mostro, un boato scuote la base dalle fondamenta: un commando di incursori sta cercando di superare le difese del Centro Ricerche.
-Maledizione, come hanno fatto ad eludere i sensori? Chiudiamo la cupola, subito!-
-Professore, l’esplosione deve aver fatto dei danni, la cupola non si chiude!-
-Actarus è una trappola siamo sotto attacco! Tornate alla base appena possibile! Venusia nasconditi nella stanza del computer centrale, è la più protetta della base, ti farò raggiungere dal medico!-
-Ma professore...-
-Vai sbrigati!-
Le mette tra le mani un disintegratore. Venusia frastornata, si allontana alla massima velocità consentita dal suo stato.

Dagli schermi di sorveglianza, nella stanza del computer centrale, Venusia segue con apprensione l’avanzata del commando all’interno della base, contrastata dal personale armato e dal professore, al suo fianco il dottore è preoccupato quanto lei.
-Venusia, mi ricevi?-
-Si professore.-
-Non ti muovere da lì. Stanno cercando te. Hai capito? Sei il loro obiettivo! Non ti muovere!-
Un gruppo di incursori riesce a forzare le difese del personale della base ed a guadagnare terreno sono ormai molto vicini alla sala controllo. Il professore è in pericolo: se venisse catturato, lei non potrebbe fare altro se non consegnarsi, e sarebbe la fine di tutto.
Ha una sola possibilità.
-Dottore, io non posso stare qui senza fare nulla. Devo andare!-
-Sei pazza, nel tuo stato è un rischio enorme!-
Venusia controlla un’ultima volta la posizione degli incursori nemici sui monitor.
-Dottore, se vuole venire con me si sbrighi!-
-Va bene non posso lasciarti andare sola.-
Con circospezione, escono dalla stanza.

Il rombo dei motori del Delfino Spaziale si sente chiaramente in tutta la base.
-Venusia! Non puoi! Torna indietro, immediatamente!-
Venusia ha il fiato corto.
-Hayashi sei in cuffia?-
-Si! Ti prego torna indietro, non rischiare!-
-Vado dove non possono rilevarmi! Dillo ad Actarus.-
-Ti prego rientra! Ti proteggiamo noi!-
-E chi protegge voi? Chiudo. Si regga forte dottore!-
Venusia compie una virata stretta per fronteggiare i minidischi che si sono alzati in volo per seguirla. Con abilità e sangue freddo ne abbatte un buon numero. Dopo una manovra diversiva, protetta dalla nebbia antiradar, si avvia nel posto sicuro che ha scelto.
I minidischi rimasti la perdono di vista e perlustrano la zona.
-Ministro Zuril, l’abbiamo persa! Non riusciamo a rilevarla, ci è sfuggita!-
-Incapaci! Continuate a perlustrare la zona, allargate il giro! Incursori prendete in ostaggio il professor Procton o qualcuno dei suoi e fatevi dire dove si è nascosta! Voglio quel bambino ad ogni costo!-
-Ricevuto!-

-Professore, siamo costretti a ripiegare in un corridoio di servizio! I corridoi delle camere sono occupati dai nemici!-
-Dirigetevi alla sala di decollo! Non devono penetrare!-
-Ricevuto professore!-
Il commando di Vega non è molto numeroso, ma estremamente efficiente. Hanno bloccato l’accesso alla sala di controllo e tengono in scacco gli occupanti; sono di fronte alla sala di decollo: chiunque provi ad uscire cadrà nelle loro braccia, non possono entrare perché un gruppo armato blocca loro l’ingresso.
-Ragazzi, la situazione è critica! Dovete rientrare subito!-
Actarus, Alcor e Maria stanno facendo del loro meglio per sbarazzarsi il prima possibile del mostro di Vega.

-Continua-

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Edited by calatea4 - 17/10/2013, 08:50
 
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Al Centro Ricerche la situazione è in stallo.
-Padre stiamo rientrando!-
Hayashi prende le comunicazioni in cuffia perché i nemici non sentano.
-Actarus, rientra dall’ingresso più lontano dalla base. Tutto il primo ed il secondo piano sono compromessi. Alcor, Maria non potrete uscire dalla sala di decollo: è assediata! Sbrigatevi!-

Venusia riesce ad uscire dal Delfino solo con l’aiuto del dottore, lo sforzo è stato enorme nelle sue condizioni e sono iniziate le doglie.
Il dottore la fa sedere con le spalle poggiate alla roccia.
-Dobbiamo contattare il professore, sarebbe troppo pericoloso se il bambino nascesse qui.-
-Non possiamo...contattare nessuno...queste rocce ci proteggono...bloccano qualsiasi segnale in entrata ed in uscita.-
-Ho bisogno di materiale sterile, di ossigeno!-
Istintivamente il dottore ha alzato il tono di voce.
-Parli piano dottore...i segali sono bloccati ma...le vibrazioni delle nostre voci sono rilevabili...nella cabina di guida sul fianco destro c’è uno sportello...c’è del materiale che potrebbe esserle utile...e due bombole di ossigeno...-

Appena atterrati Alcor e Maria partecipano alla difesa della sala di decollo.
-Non possiamo continuare così, non andiamo da nessuna parte! Copritemi, io esco!-
-Aspetta Alcor! Dove va quel condotto?-
Maria indica il condotto di aerazione.
-In tutte le direzioni, perché?-
-Anche alle loro spalle?-
-Si, certo. C’è una griglia d’uscita proprio dietro di loro!-
-Alcor, aiutami a salire!-
-E’ troppo pericoloso, vado io!-
Una risatina.
-Sei troppo ciccione, non ci passi!-
-Peste! Poi facciamo i conti!-
L’attesa è snervante: mentre Maria scivola nel condotto, i suoi compagni non smettono di sparare per distrarre i veghiani; dalla griglia chiusa diversi colpi di disintegratore contro gli uomini del commando, contemporaneamente Alcor e gli altri intensificano gli sforzi. In breve riescono ad avere la meglio sugli occupanti. Fatta uscire Maria, si precipitano verso la sala di controllo.
Actarus, esce dal condotto segreto.
Ora gli uomini del commando sono presi tra tre fuochi, e le sorti dello scontro si capovolgono.
Eliminati tutti i nemici, il professore prende subito in mano la situazione, bloccando le parole in bocca a chi cerca notizie.
-Preparate il mezzo di soccorso. Alcor, Maria, organizzate due gruppi di uomini e setacciate l’intera base: non voglio brutte sorprese! Dobbiamo riparare immediatamente la cupola! Hayashi, dove si è diretta Venusia?-
Actarus si allarma.
-Come? Venusia non è qui?-
Hayashi è mortificato.
-E’ partita con il Delfino. Ho cercato di convincerla a tornare indietro, ma non mi ha ascoltato. Ha detto che si sarebbe diretta dove non potevano rilevarla e che dovevo dirlo a te, Actarus.-
Il ragazzo riflette alcuni istanti.
-Nella Valle dell’Inferno, è andata certamente lì.-
-Bene. Sbrighiamoci! Passiamo per l’uscita sotterranea di Goldrake, eventualmente qualcuno ci stia sorvegliando! Chiunque ci voglia raggiungere faccia altrettanto!-

L’ha coperta perché non senta troppo freddo, le ha somministrato l’ossigeno quando ha perso conoscenza, per ora può solo farle coraggio ed aspettare, sperando che gli aiuti arrivino il prima possibile.
Venusia è spaventata non solo per il parto imminente, ma anche per la mancanza di notizie, non può impedirsi di immaginare il peggio.
Dopo un tempo che gli è sembrato interminabile, il dottore sente il suono inconfondibile di un motore.
-Venusia, coraggio, forse sono arrivati. Mi affaccio per controllare, torno subito.-
Prende il disintegratore e con cautela si affaccia all’ingresso della caverna.
E’ con enorme senso di sollievo che si sbraccia per indicare la sua presenza.
Il primo a scendere dal mezzo di soccorso è Actarus.
-Venusia sta bene?-
-E’ in travaglio da quando siamo atterrati! Dobbiamo fare in fretta, non manca molto!-
Il ragazzo non aspetta che il dottore finisca di parlare e si precipita nella grotta.

Qualche mese prima, in uno dei rari momenti di serenità, Venusia gli aveva posto una domanda: se avesse mai pensato di avere un figlio, un giorno. Si era stupito: non era da lei porre una simile domanda, e la ferita era una spada di Damocle che avrebbe potuto porre fine alla sua vita in qualsiasi momento.
Con tono brusco le aveva risposto che non pensava di poter generare, con tutte le radiazioni che aveva in corpo e che probabilmente sarebbe morto prima di poterci anche solo pensare.
L’aveva ferita, se ne era reso subito conto, ma non aveva idea di quanto: non sospettava che il miracolo si fosse già compiuto.
Questo bambino è un vero miracolo perché è nato, perchè è sano e perché è il suo.
No, non aveva mai pensato di poter avere un bimbo suo tra le braccia, e non avrebbe mai immaginato quale enorme emozione si potesse provare.

La barella con sopra Venusia entra nell’infermeria, seguita da Actarus con in braccio un fagottino.
Il ragazzo si ferma davanti a Righel, si inginocchia e gli tende il bimbo, si alza e fissa gli occhi in quelli del padre, gli poggia la testa sulla spalla e piange, in silenzio.
Allarmata Maria fa la domanda che è nella mente di tutti.
-Venusia...sta bene, vero?-
Il professore sorride.
-Si, è solo esausta: il parto è stato faticoso.-

E’ sveglia già da un po’: nonostante lo sfinimento non è riuscita a riposare troppo. Actarus seduto sulla sedia la testa poggiata sul letto, dorme ancora.
Ha preso una decisione difficile, e sarà ancora più dura da comunicare, ma è l’unica via d’uscita, la sola cosa che si possa fare, lacrime silenziose le rigano il viso.

-Continua-

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E’ da poco mattina quando il professore entra nella stanza per conoscere le condizioni di Venusia.
-Come ti senti?-
-Bene. Dobbiamo parlare professore!-
-Più tardi.-
-No, ora! Cercavano me, ma volevano il bimbo, vero?-
-Credo di si.-
-Qui non sarà mai al sicuro.-
Actarus interviene con fermezza.
-Andrai via con lui immediatamente.-
Il dolore sul volto della ragazza è palese.
-No. I veghiani mi cercherebbero fino in capo al mondo!-
-Ti nasconderemo.-
-Sarebbe inutile Actarus, e lo sai. C’è un’unica soluzione.-
-Quale?-
-Allontanare il bimbo, far credere a tutti che sia morto!-
Rimane come impietrito, quella parola ha il potere di risvegliare i suoi ricordi peggiori, ed è terribile sentirla associata a suo figlio.
Venusia, con il pianto nella voce, tenta ancora di spiegare.
-Actarus, ci ho pensato a lungo, e non vedo altre soluzioni.-
Con un sospiro, il professore interviene ed è costretto a dare ragione alla ragazza.
-Actarus, Venusia ha ragione: i veghiani non crederanno mai che madre e figlio siano morti, li cercherebbero e finirebbero per trovarli. Purtroppo, anche se dolorosa, è una scelta obbligata.-
Actarus si gira di spalle a guardare fuori della finestra. Parla solo dopo aver ripreso il controllo della respirazione.
-Va bene.-
-A chi pensi di affidare il bimbo, Venusia?-
-Ci sono solo due persone di cui mi fido.-

Ha aspettato che il padre lasciasse la stanza e senza una parola, evitando di guardarla in volto è scappato via: sa di aver sbagliato, ma ha bisogno di aria.
La moto corre senza meta per strade sterrate.
E’ in collera con lei: proteggere è suo il compito, perché non ha fiducia?
Quel bimbo lo ha conquistato prima ancora di nascere ed ora che lo ha visto, che lo ha tenuto tra le braccia, non può pensare di lasciarlo andare con un altro che sarà suo padre, forse per sempre.
E’ in collera anche con se stesso: il sollievo che ha provato sapendo che Venusia rimarrà con lui, al suo fianco, lo spaventa. Come può essere così egoista da gioire se sua moglie continuerà a rischiare la vita al suo fianco?
La moto slitta sul terriccio di fronte alla grande diga.
E’ solo.
Un urlo di rabbia erompe dal suo petto.
Perché?
Ha fatto così tanto male da meritare tutto questo?

Venusia ha cercato riparo nello studio del professore, non vuole dover parlare con nessuno.
Le hanno consigliato di non alzarsi dal letto per tutto il giorno, ma vuole e deve essere presente: sta per consegnare il suo bimbo ad una persona della massima fiducia, ma potrebbe non vederlo mai più.
Non ha neanche potuto allattarlo, e non potrà mai farlo.
Avrebbe potuto non averlo mai concepito per via delle radiazioni, o perderlo per la guerra, o sarebbe potuto nascere con delle malformazioni: invece è sano ed è il loro miracolo, e sarà cresciuto da genitori amorevoli, ma forse non saranno loro due.
Actarus è andato via con la moto senza una parola, non lo vede da alcune ore, se avesse perduto anche lui per sempre?
Non ricorda di essersi mai sentita così sola.
La porta si apre e lei non se ne accorge neanche.
E’ la voce a scuoterla.
-Perdonami, avevo bisogno stare da solo per riflettere.-
Gli sorride con affetto.
-Non importa, ora sei qui.-
Il rumore di un elicottero cattura la loro attenzione.
-E’ arrivato, dobbiamo andare.-
Actarus prende la mano di Venusia, si dirigono nella sala riunioni.
Alcor, Maria ed il professore sono già lì.
Maria è sorpresa di vedere l’amica.
-Venusia, non dovresti essere già in piedi! Sei così pallida!-
Una voce nuova fa girare tutti i presenti.
-Buon giorno!-
-Tsurugi! Che ci fai qui?-
Il professore prende la parola.
-Sedetevi tutti, per favore. Ufficialmente l’elicottero di Tetsuya è venuto a portare dei macchinari elettronici per le riparazioni, ufficiosamente ci serve il suo aiuto.-
Alcor reagisce, aggressivo.
-Per cosa?-
-Calmati Alcor! Il commando che ci ha attaccato ieri è venuto per Venusia, ma è molto probabile che il suo vero obiettivo fosse il bimbo. Non è al sicuro qui.-
-Allora Tetsuya è venuto per portare al sicuro Venusia con il bambino?-
-Solo il bambino.-
Maria è esterrefatta.
-Cosa? Non è possibile! Venusia dì qualcosa!-
Venusia tiene gli occhi bassi ed i pugni serrati.
Il professore riprende il discorso.
-Statemi a sentire! La decisione è stata presa da Venusia ed Actarus. Per la sicurezza del bambino Tetsuya lo porterà in segreto in un luogo sicuro. Per tutti il bimbo sarà morto!-
Alcor e Maria non possono credere alle loro orecchie.
-Fratello, come puoi?-
-Actarus?-
Il ragazzo spiega con fatica la sua idea.
-Ha ragione Venusia, i nostri nemici non crederebbero mai alla scomparsa di madre e figlio, le darebbero la caccia e finirebbero per trovarla. E’ più facile far credere che il bimbo sia morto.-
Il professore riprende la parola per aiutare suo figlio.
-Ragazzi, sforzatevi di capire: è ragionevole pensare che siamo tutti costantemente spiati. E’ per la sicurezza di questo bambino: nessuno di noi saprà dove sarà custodito, per tutti sarà morto. Solo noi in questa stanza ed il dottore sappiamo la verità.-
Dopo alcuni istanti di silenzio Tetsuya prende la parola guardando negli occhi Actarus con fermezza.
-Ho bisogno di sapere una cosa: siete veramente sicuri della vostra decisione?-
Con altrettanta fermezza Actarus restituisce lo sguardo, stringe la mano di sua moglie e risponde.
-Si!-
-Bene, allora andiamo.-
Tetsuya, Actarus e Venusia si alzano ed escono dalla stanza.
Maria ha le lacrime agli occhi.
-Professore, è crudele!-
-Si, lo è! Ma non temere, Vega pagherà anche questa!-
I due ragazzi sono stupiti: non hanno mai sentito quel tono di voce e quelle parole di vendetta sulle labbra del professore.

-Continua-

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Nell’infermeria tutto il necessario per il bambino viene posto nella sacca che Tetsuya ha portato.
Sopra a tutto viene adagiato, in tutta sicurezza, il bimbo.
Venusia depone un bacio sulla fronte di suo figlio.
Actarus si sfila il ciondolo dal collo e lo mette nella sacca, bacia anche lui la fronte di suo figlio.
-Tetsuya, se dovesse succederci qualcosa...intendo a tutti noi...promettimi che gli parlerai delle sue origini, quando sarà in grado di capire.-
-Contaci amico! Sarà sempre vostro figlio.-
I due ragazzi si stringono la mano. Con un gesto del tutto inconsueto per lui, Tetsuya carezza la guancia di Venusia.
Il professore li ha raggiunti.
-Tetsuya, è meglio che tu ti affretti.-
Il ragazzo lascia la stanza con la sacca ed il suo prezioso contenuto.
Gli altri sono rimasti nell’infermeria in silenzio, come svuotati, a guardare la porta che si è chiusa dietro Tetsuya. Con enorme stanchezza Venusia si riscuote.
-Devo parlare con mio padre.-
Il professore viene in suo aiuto.
-Non ti preoccupare mi occupo di tutto io. Actarus portala in camera, avete un gran bisogno di riposare.-

L’ultimo atto della farsa è una semplice cerimonia funebre.
Mizar non riesce e non vuole credere alla morte del bimbo, ma il dolore nello sguardo di sua sorella e di suo cognato, anche se composto, è reale.
Il giorno dopo all’ora di pranzo, il ragazzino si reca al Centro Ricerche con l’intenzione di sapere la verità. Trova la sorella nella sala comune mentre legge un libro.
-Buon giorno Venusia.-
-Ciao, Mizar. Cosa hai tra le braccia?-
Mizar mostra un piccolo coniglietto bianco.
-Che delizia! Come hai fatto a convincere papà a regalartene uno?-
-Non è per me, era per il bambino.-
Il sorriso si spegne sulle labbra della ragazza, ma non smette di carezzare il coniglietto.
-Venusia...dov’è il bimbo?-
La ragazza fa molta fatica a dirlo, le si incrina la voce.
-E’ morto...-
-Io non ci credo che sia morto!-
Mizar mostra tutto il suo dolore e la sua collera.
-Non ci credo! Dimmi dove lo avete nascosto! Dov’è?-
Sopraffatta Venusia scappa via in lacrime e sbatte contro Alcor poco oltre la porta.
Il ragazzo la abbraccia e cerca di calmarla.
Actarus e Maria arrivano poco dopo.
Actarus carezza la testa di Mizar e senza dire una parola, prende in braccio Venusia per portarla in camera.
Il ragazzino è costernato.
-Mi dispiace è tutta colpa mia!-
Alcor si fa spiegare con calma l’accaduto.
-Tranquillo Mizar, le passerà...è un momento delicato. Vedrai che non rimarrà in collera con te.-
Maria carezza a sua volta la testa del ragazzino.
-Rimani a pranzare con noi, ci farai compagnia. Bisogna anche trovare qualche carota per questa piccola meraviglia pelosa!-

-Sire, la principessa Rubina è atterrata.-
-Gandal, come mai mia figlia è sulla base Skarmoon?-
-Non ne so nulla sire!-
Alcuni minuti dopo Rubina arriva al cospetto del padre.
-Padre.-
-Benvenuta, figlia. Come mai hai lasciato Ruby?-
-La situazione sta precipitando. Le colonie si ribellano perché i metodi dei tuoi governatori sono troppo spietati. Anche su Ruby stento a mantenere il controllo, i tuoi uomini non eseguono sempre i miei ordini.-
-I tuoi sistemi sono troppo teneri: non sono colonie sono territori conquistati!-
-Lo capisco, ma per mantenere l’ordine non si può sempre usare il pugno duro!-
-Sei venuta solo per dirmi questo?-
-Padre, abbiamo perso il nostro pianeta, la nostra gente è decimata, so che qui avete grande penuria di energia. Perché ostinarsi nel conquistare questo pianeta: solo per vendetta?-
-Di cosa parli?-
-Duke...ho saputo tutto.-
-Voglio questo pianeta per noi! Perché sia la nostra nuova patria!-
-Ci sono tanti pianeti vuoti, anche più allettanti di questo. Lo fai per vendetta! Vuoi vendicarti di Duke.-
-No! Voglio questo pianeta.-
-Padre, forse potrei riuscire a convincere Duke a trattare la pace con te? Forse c’è un margine di accomodamento...-
-Per cosa?-
-Avevi un accordo con il re di Fleed e Duke...-
-Loro lo hanno infranto!-
-Lo capisco...lasciami tentare, ti prego!-
-Se ci tieni tanto...provaci pure!-
Rubina lascia la stanza seguita da Lady Gandal.
-Zuril! Cerca di trovare un modo di sfruttare a nostro vantaggio l’idea di mia figlia. Stavo pensando...Rubina ha bisogno di un marito...distruggi Duke Fleed e sarà tua!-
Zuril rimane per alcuni istanti in silenzio riflettendo sulla portata delle parole di re Vega.
-Sire! Mi dimosterò degno della vostra fiducia!-

-Continua-

Per le sempre graditissime opinini:
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