LA GUERRA DI DUKE - ultima parte
Fu la madre di Rurik ad aprire insonnolita. Una guardia incappucciata le agitò in faccia la pistola laser. “Perquisizione! I suoi figli devono seguirci al Palazzo!”
“Mio figlio sta dormendo… non ha fatto niente.” Il calcio della pistola la colpì alla tempia, facendole perdere i sensi. Le guardie sciamarono nella casa, sollevarono di peso il marito che era corso ad aiutare la donna. Quello che sembrava il capo lo schiaffeggiò: “I vostri figli. Hrafin…” lesse lo schermo del comunicatore “…e Rurik. Sono implicati nell’attentato al governatore Varg. Se non oppongono resistenza sarà meglio per loro.”
Rurik guardò fuori dalla finestra: la casa era circondata, inutile tentare la fuga. Lanciò il segnale di allarme al comunicatore dei compagni, poi schiacciò il suo, distruggendolo. Cercò di assumere un’espressione di innocente stupore e uscì dalla sua stanza.
“Lasciate stare i miei genitori. Mio fratello è in viaggio per studio… state prendendo un grosso abbaglio.”
Due guardie lo immobilizzarono a terra, mentre le altre mettevano a soqquadro l’abitazione. La madre gridò.
“Se non troveremo niente di compromettente sarà libero già domani.”
Un bip metallico, sempre più forte. “Comandante, il rilevatore segnala qualcosa all’interno della parete.”
“Sfondatela!”
Le armi laser sottratte nell’ultimo assalto al deposito di armi di Vega si rovesciarono a terra sotto gli occhi stupefatti dei genitori. Rurik si diede dell’idiota: se ne avesse lasciata fuori una gli avrebbe fatto molto comodo.
“Loro non ne sanno niente… l’unico responsabile sono io.”
Dopo aver letto l’appunto di Varg, Barendos aveva sguinzagliato le sue guardie alla ricerca di armi o altri materiali sospetti nelle case di tutti coloro che erano stati a scuola con Bryn.
Nell’anticamera delle scuderie del palazzo, una decina di ragazzi ammanettati volse in silenzio gli occhi verso il nuovo arrivato: Rurik si guardò intorno e vide con sollievo che Naida non era tra di loro. Lui era poco più di una recluta, le informazioni che avrebbe potuto rivelare sotto interrogatorio sarebbero state ben poca cosa… per lei sarebbe stato diverso.
“
Comunicazione urgente.” La voce di Naida, insolitamente concitata. “
Tryg? È in corso un rastrellamento nella capitale. Hanno preso Rurik, e chissà chi altri.”
Il coordinatore rifletté. “Dovevamo aspettarcelo, Naida. Evacuiamo le sedi e stiamo pronti a reagire. Se saremo abili riusciremo a volgere la situazione a nostro vantaggio.”
Forse l’attentato era stato un errore, pensò Naida: ora erano tutti in pericolo. Si ricordò che il fratello di Rurik era alla base lunare, ed avvertirlo era compito suo.
Digitò la connessione con la morte nel cuore. Le grida di Hrafin la fecero sentire fortunata al pensiero che suo fratello Sirius era al sicuro, fuori dalla città assediata.
“
Markus di Altair 2 a base di Fleed… Markus a base di Fleed… Duke, se ci senti, vieni in aiuto…”
Il messaggio si era ripresentato per la seconda notte consecutiva. Duke si stropicciò gli occhi.
Non sto sognando. Controllò i codici di provenienza: senza dubbio, quelli della nave di Markus. Accese il microfono:
“Duke Fleed per Markus di Altair 2. Dove siete?”
“
In rotta verso Fleed.” La voce era disturbata e metallica. “
Cinquanta superstiti. I mostri di Vega ci attaccano…”
La comunicazione si interruppe.
Markus era vivo! Il suo migliore amico aveva bisogno di lui… non poteva stare con le mani in mano: Altair 2 non era lontano, se la nave era diretta verso Fleed li avrebbe raggiunti in breve tempo. Li avrebbe guidati verso la base lunare, cinquanta uomini in più avrebbero fatto comodo negli scontri che si preparavano.
Doveva dirlo a Lykus… no, meglio di no, si sarebbe opposto; dal giorno dell’attentato gli era diventato molto difficile parlare con lui. Se lo scopo dell’operazione cui il suo vice aveva tenuto tanto era quello di riportare il popolo di Fleed dalla parte dei ribelli, il risultato era stato un fallimento, e lui ne era ben consapevole. Duke, che pur avendolo messo in guardia aveva collaborato alla messa a punto del piano, si era impegnato a non rinfacciargli l’errore; ma Lykus sembrava aspettarsi un rimprovero da un momento all’altro, e le sue reazioni erano imprevedibili. Si esprimeva a monosillabi; nonostante le ferite gli facessero ancora male, aveva intensificato il lavoro di pattugliamento, e quando tornava si buttava spossato sulla branda senza rivolgere la parola a nessuno.
Decise che sarebbe andato da solo.
La solenne cerimonia commemorativa per la morte di Varg si svolse nella capitale sotto un cielo plumbeo. Tenuta sotto il controllo delle armi dalle guardie incappucciate, una folla grigia e silenziosa riempì la piazza: se alcuni piangevano sinceramente la morte di chi era riuscito ad apparire come un amico di Fleed, molti erano consapevoli che dopo i rastrellamenti di due notti prima la situazione sul pianeta era diventata estremamente precaria. Le notizie passavano sottovoce di bocca in bocca tra i presenti alla commemorazione, la prima occasione, dopo l’istituzione delle disposizioni speciali di sicurezza, in cui veniva permesso a molte persone di riunirsi. Giungevano voci di scontri nelle città più a nord, ma non c’era certezza, le comunicazioni erano impedite dalla polizia veghiana; si diceva che i ribelli avessero approfittato del momentaneo sbandamento del governo di occupazione per attaccare le sedi distaccate. Quello che era certo era che la capitale rimaneva saldamente nelle mani di Barendos, e che i pochi passanti che si incontravano per le strade un tempo frequentate camminavano veloci e con gli occhi bassi per evitare le onnipresenti guardie incappucciate e i loro brutali controlli a campione.
Barendos prese la parola: “Le indagini sull’attentato che ha portato alla morte del nostro amato governatore sono in corso e porteranno rapidamente a risultati conclusivi. La responsabilità dei ribelli è chiara, così come temiamo che sia da ravvisare una complicità da parte della famiglia reale di Fleed. Per questo motivo il re e la regina non sono presenti, come sarebbe stato previsto, a questa triste cerimonia. Se il loro coinvolgimento dovesse essere accertato, la condanna per tradimento sarebbe inevitabile. Ma io mi auguro che tali accuse siano infondate e che la collaborazione tra la casa reale di Fleed e l’Imperatore della Nebulosa possa proseguire senza che questo drammatico evento provochi conseguenze.”
Il patto era di resistere almeno un giorno, per dare modo ai compagni di organizzare la fuga. Rurik si era lasciato picchiare a sangue per proteggere i suoi amici; il vegatron gli aveva strappato urla, ma nemmeno una parola. Solo quando avevano minacciato di irradiare sua madre se lui non avesse parlato, era crollato. Aveva firmato il foglio che Barendos gli aveva messo davanti, prima di essere finito con un colpo alla nuca.
“
Goldrake, avanti!”
Il robot oltrepassò la barriera di radiazioni e fece rotta verso Altair 2; la prima luna spiccava insolitamente luminosa, rossa sullo sfondo scuro del cielo.
I minidischi di sorveglianza inviarono immediatamente alla nuova base, ormai operativa, le coordinate del punto da cui avevano visto sbucare Goldrake dal nulla. Barendos si sfregò le mani: la trappola aveva funzionato. L’attacco poteva avere inizio.
L’allarme richiamò tutti i residenti alla base fleediana in sala comando. Uno stormo di minidischi di proporzioni mai viste stava dirigendosi verso di loro.
“Ci hanno identificato”, disse semplicemente Lykus. “Mi aspetto che tutti voi facciate del vostro meglio.”
Il piano per reagire a un eventuale attacco era pronto da tempo, anche se nessuno aveva mai creduto che sarebbe stato messo in atto. Ciascuno andò in silenzio al posto che gli era stato assegnato: chi a difendere la struttura, chi a combattere sui dischi.
Prima di salire sul suo, Lykus cercò di raggiungere Duke, che in un appunto in sala comando gli aveva lasciato scritto che era andato in soccorso di Markus; ma il segnale era troppo disturbato, non c’era tempo da perdere.
Le speranze che qualcuno di loro si salvasse erano prossime a zero… passò accanto alla stanza dov’era rinchiuso Bryn.
D’impulso aprì la porta, parlò senza guardarlo in faccia: “Vega ci sta attaccando. Sei una persona mediocre, ma un ottimo pilota. Scegli tu da che parte stare.” Poi corse verso lo spazioporto inondato dalla luce rossa della luna.
Lo scontro fu tanto breve quanto disperato. Anche se i ribelli fleediani potevano fare poco contro un nemico tanto più numeroso e potente, combattevano senza tirarsi indietro, rispondendo colpo su colpo con determinazione e infliggendo perdite che il nemico non si sarebbe aspettato. Ma quando il mostro a forma di drago apparve al di sopra delle loro teste tutti ebbero la certezza che la battaglia era persa.
“Lykus, ma dov’è Goldrake?”
“In missione… forse è meglio così. Qui sarebbe stato inutile, una volta scoperta la base è indifendibile. Si renderà utile su Fleed.”
“Allora per una volta saremo noi a distruggere un mostro, finalmente” commentò calmo Hrafin.
“Sì. Io punto alla coda, ti lascio la testa.”
Diressero alla massima velocità i dischi contro il drago ed esplosero con lui.
Barendos scese dalla sua nave con un seguito di guardie ed esplorò la base lunare ormai distrutta: non c’era traccia di vita, i ribelli che non erano morti in combattimento avevano scelto di uccidersi piuttosto che cadere vivi nelle loro mani. Non poteva dar loro torto, pensò il comandante sogghignando. Cercò tra i cadaveri quello di Bryn, senza trovarlo: ma se si era infiltrato come pilota, probabilmente era a bordo di uno dei dischi che avevano abbattuto. Meglio così: non poteva rischiare che Vega venisse a sapere del loro piccolo segreto… Risalì sul suo veicolo e diede ordine alle guardie di far saltare quel che restava con le bombe al vegatron.
Fiamme radioattive avvolsero le costruzioni e lo spazioporto. Nell’infermeria, il fuoco divorò ogni cosa, anche il foglio ormai consunto ripiegato sotto il cuscino, una famiglia sorridente disegnata da una mano infantile.
Duke cominciava a sentirsi inquieto. La traiettoria era giusta: non poteva volerci ancora molto… ma dell’astronave di Markus non c’era traccia. Forse quella luce fioca in lontananza? Inserì la velocità fotonica.
Gli altoparlanti che diffondevano i messaggi pubblici si attivarono all’unisono su tutto il pianeta, ripetendo ossessivamente il comunicato:
“
In seguito al tradimento perpetrato dal re e dalla regina, il Grande Vega, Imperatore della Nebulosa, ha dichiarato guerra a Fleed. I sovrani verranno giustiziati. I cittadini che vorranno collaborare sono invitati a riunirsi nelle piazze per essere messi al sicuro.”
Nel cielo offuscato da una caligine rossastra, i mostri di Vega giungevano a portare la morte sul pianeta un tempo pacifico. I ribelli si prepararono a difendere le loro posizioni contro la guardia imperiale.
“
Base di Fleed a Goldrake! Duke, sono Tryg, rispondi! Vega ha dichiarato guerra! Duke, dove sei?”
“
Duke Fleed a Markus di Altair 2! Markus, ti prego, rispondi!”
Duke cercava di mettersi in contatto con il grande disco luminescente che galleggiava nello spazio di fronte a lui, ma senza risultato. Si avvicinò per guardare attraverso le feritoie, ma all’interno non c’era luce. Goldrake tese le mani avanti per toccarlo… e la lega leggera di cui era costruito si deformò. Un’intuizione spaventosa si fece strada nella mente del principe. Quello non era che un guscio vuoto, morto. Non c’era mai stato nessuno là dentro.
Una trappola.
Avevano voluto allontanarlo da Fleed… un sudore gelato gli scorse lungo la schiena. Invertì la rotta e inserì la velocità massima.
Era difficile risintonizzare il comunicatore sulle frequenze fleediane con le mani che gli tremavano per l’angoscia, mentre Goldrake sfrecciava a una velocità vicina a quella della luce.
Su una linea disturbata da fischi e crepitii Tryg fece appena in tempo a confermare ciò che Duke temeva: Vega aveva dichiarato guerra. L’aveva fatto allontanare con l’inganno per avere via libera e ora stava distruggendo il suo pianeta come aveva fatto con Altair 2.
“
Goldrake a base di Fleed… resistete. Sto arrivando.” Inutile continuare, la comunicazione era caduta.
Era tutta colpa sua. Si era lasciato ingannare ancora una volta: non c’erano scusanti, né vie d’uscita. Gridò, un grido lungo, da animale in gabbia. Era solo colpa sua.
I cittadini stavano seguendo le indicazioni degli altoparlanti: prima pochi, poi sempre più numerosi, rassicurati dalla presenza degli altri, si riversavano nelle piazze nella speranza che Vega non avrebbe comandato un genocidio. Dopotutto, si dicevano, chiunque avrà il potere avrà anche bisogno di qualcuno che lavori per loro… Barendos non sapeva se essere più soddisfatto del suo piano o sorpreso della stupidità di quel popolo incapace di reagire. Di una cosa era certo: meritavano di scomparire.
Tryg trovò Naida nella piccola aviorimessa in cui erano tenuti al sicuro i dischi del loro gruppo: combattere in strada era inutile, si poteva solo tentare di tenere impegnati i mostri, in attesa che Goldrake arrivasse.
Non c’era bisogno di parlare: si diressero ciascuno verso un veicolo e azionarono l’apertura dei portelloni…
Un colpo di pistola laser colpì Tryg alla fronte, e una guardia di Vega balzò fuori dall’abitacolo in cui si era nascosta, puntando l’arma contro Naida. La ragazza, colpita di striscio a una spalla, indietreggiò, finendo tra le braccia di un’altra guardia che le stava dietro. Gridò, tentando di divincolarsi, ma un colpo di taglio sul collo la tramortì, facendola cadere a terra nella pozza di sangue che si allargava intorno al compagno.
Il nuovo arrivato osservò il suo corpo esile e femminile al tempo stesso, i lunghi capelli lucenti. “Io aspetterei a ucciderla… è troppo carina per non divertirci un po’.”
Quello che aveva sparato rise. “Ottima idea!” Con un calcio verificò che il ribelle steso a terra fosse morto davvero, poi si avviò all’uscita con la prigioniera esanime caricata sulle spalle.
Finalmente giunse in vista del pianeta: entrambe le lune ora risplendevano della stessa luce rossastra, e Duke capì con sgomento che per la base non c’era più niente da fare. Erano riusciti a trovarla: anzi, forse era stato proprio lui a indicarla a Vega, uscendo senza precauzioni per gettarsi nella trappola che gli avevano teso.
La consapevolezza atroce di aver sbagliato tutto esplose nella sua mente. Se non poteva rimediare, avrebbe pagato il suo errore con la vita, avrebbe combattuto fino all’ultima goccia di sangue… inspirò profondamente. Doveva dominarsi, non lasciare che la disperazione prendesse il sopravvento. Se c’era ancora qualcosa che avrebbe potuto fare per Fleed, l’avrebbe fatto, e per riuscirci aveva bisogno di tutto il suo sangue freddo.
Lo spettacolo che vide abbassandosi sopra la capitale era agghiacciante: i minidischi sparavano sulla folla inerme riunita nelle piazze, i superstiti correvano impazziti inciampando nei corpi dei caduti, per essere a loro volta falciati senza pietà. Era la fine… tutto era rosso di sangue e di fuoco, delle fiamme che devastavano gli antichi palazzi orgoglio della città. Anche il palazzo reale stava bruciando… doveva raggiungere i suoi genitori, salvarli…
Un mostro, un enorme rettile corazzato, sollevò la testa e gli rovesciò contro una scarica purpurea di radiazioni.
“
Goldrake, fuori!”
Il vegatron gli bruciava il braccio destro, ma Duke si impose di ignorarlo. Le sue mani correvano agili sui tasti, i comandi mentali manovravano il robot con una naturalezza che lo faceva sembrare una parte del suo corpo. Impugnò l’alabarda spaziale e con quella tentò di tagliare la testa del mostro: ma quella si staccò dal corpo e, ruotando su stessa, colpì violentemente il torace di Goldrake, facendolo ricadere pesantemente sulla schiena, per poi tornare a vomitare il suo fuoco sulla cabina di pilotaggio.
“
Raggio antigravità!”
La testa si sollevò e Duke prese fiato, poi con il tuono spaziale fece esplodere prima la testa poi il corpo del mostro. Rimesso faticosamente il robot in piedi, si riagganciò all’astronave e osservò la città dall’alto: tutto emanava lo stesso mostruoso bagliore rosso. Si diresse verso il palazzo reale: un mostro alato stava incendiando la torre principale, e al suo arrivo cercò di sollevarsi in volo. Troppo tardi: le lame rotanti gli tranciarono prima le ali poi il lungo collo. Senza uscire dall’astronave, Goldrake sollevò il grosso corpo decapitato e lo scagliò nel cielo affinché lo scoppio non danneggiasse ulteriormente l’edificio già pericolante; poi si posò a terra nel giardino ormai distrutto.
Nel suo rifugio nel nord del pianeta, ancora non attaccato dai mostri di Vega, l’istitutore che aveva avuto in consegna Maria stava preparandosi a un lungo viaggio interstellare. Aveva giurato che avrebbe difeso con la sua vita la sicurezza della principessa: e anche se non gli piaceva l’idea di abbandonare il pianeta come un codardo, avrebbe mantenuto la sua parola. Cercò di usare il suo tono più rassicurante, camuffando il tremito della voce con un colpo di tosse:
“Coraggio Maria, dobbiamo partire”
“Andiamo a trovare la mamma?”
“Sì, principessa… andiamo a Fleed.”
La bambina scoppiò in un pianto disperato e improvviso: “Mamma! Mamma! Papà! Mamma e papà stanno male… è tutto rosso… mamma…”
Una visione… quel potere era tutt’altro che una benedizione, rifletté l’uomo. “No Maria, è solo un sogno, va tutto bene. Rialzati, dobbiamo fare in fretta.”
La piccola alzò gli occhi pieni di lacrime e afferrò obbediente la mano che lui le tendeva.
Duke scivolò agile fuori dall’abitacolo e si precipitò su per la scalinata, fino all’appartamento dove sapeva che i suoi genitori erano tenuti prigionieri. L’aria era impregnata di un fumo spesso, il braccio mandava fitte. Tutto era contaminato, distrutto… se solo fosse arrivato prima, invece di cadere nell’inganno di Vega, forse avrebbe potuto salvare le persone che aveva visto uccidere. I suoi compagni. Naida… chissà cosa ne era di loro. Si fermò lungo un corridoio, il respiro affannoso, il cuore che batteva impazzito. Che cosa aveva fatto…
Maria portò le mani alle tempie e gridò con tutto il fiato che aveva in corpo:”Duke! Duke! Duke!”
L’uomo le accarezzò la testa e mentì: “Stai tranquilla, Maria. Tra poco lo rivedrai.”
Il disco si sollevò da Fleed, diretto nello spazio profondo.
“
Duke!”
Tese le orecchie: per un attimo gli era sembrato di sentire la sua sorellina. No, era impossibile… strinse i pugni fino a conficcare le unghie nei palmi. Doveva agire, non dar modo ai pensieri di distrarlo. Doveva trovare i suoi genitori e caricarli su Goldrake.
Ecco la porta. Dalla stanza usciva una corrente arroventata: vicino alla finestra, due corpi a terra. Sua madre prona, la gola tagliata da parte a parte… era arrivato tardi, troppo tardi! Si inginocchiò accanto all’altro corpo: suo padre aveva una larga macchia di sangue tra il petto e l’addome, ma respirava ancora.
Gli sollevò dolcemente la testa e lui aprì gli occhi.
“Duke, figlio mio… sapevo che ti avrei rivisto…” lo sforzo di parlare assorbiva tutte le sue forze. “Tu lo sai vero, che sono stato costretto… avrebbero ucciso Maria. Avrebbero ucciso tua madre…”
“Non stancarti, padre.” Suo padre stava morendo… Duke si sforzò di sorridergli. “Non ho mai avuto dubbi sulla tua fiducia. Ora ti porterò al sicuro su Goldrake e poi tornerò a combattere contro Vega.”
“Duke… tua madre è morta, e io sto morendo. Vega ha vinto, e Fleed è distrutto, per sempre. C’è solo una cosa da fare.” La voce si fece all’improvviso ferma. “Non devi più combattere. Devi portare via Goldrake, subito.”
Duke si sentì gelare. Suo padre gli stava chiedendo di rinnegare tutto ciò per cui aveva lottato e sofferto, per cui i suoi amici avevano perso la vita.
“Ma padre, io voglio combattere… difenderò Fleed finché avrò respiro, e morirò difendendolo.”
“Fleed è finito, Duke. Difenderlo è inutile… devi preoccuparti del resto della galassia. Devi portare Goldrake dove Vega non potrà mai averlo… devi abbandonare il pianeta”
“Questo è fuggire, padre… questa è codardia. Non mi sono mai tirato indietro, non lo farò ora.”
“Questo è un ordine, il mio ultimo ordine. E so che lo rispetterai.” Chiuse gli occhi in uno spasmo. “Vai ora, e non voltarti indietro.”
Con delicatezza Duke adagiò il capo del padre morente sul pavimento, e si rese conto di avere le mani bagnate di sangue. Si avviò, la vista offuscata dal fumo denso che saturava le stanze, cercando a tentoni l’uscita e Goldrake.
Era la fine di tutto quello che aveva conosciuto fino allora. Il padre aveva ragione, il pianeta era perduto; ma che senso avrebbe avuto la sua vita senza Fleed? Markus era andato a morire su Altair 2, il destino di un principe era di finire con il proprio popolo. Fuggire sarebbe stato un tradimento.
Avrebbe combattuto fino allo stremo… e avrebbe disobbedito all’ultimo ordine di suo padre, del re. Anche quello sarebbe stato tradimento. Ed era vero, sarebbe stato inutile, sarebbe stato solo un modo di evitarsi una vita carica di sensi di colpa… sempre che fosse riuscito a sopravvivere.
Avrebbe spinto Goldrake fuori dall’atmosfera di Fleed, nello spazio profondo. Vega non lo avrebbe avuto, e mentre il robot correva veloce verso il nulla, Duke avrebbe potuto finalmente lasciare che la morte lo avvolgesse piano in un bozzolo di tenebre, come un ragno la sua preda.
Era quasi fatta… si diresse verso il rettangolo di luce rossastra che indicava il portale spalancato del palazzo. Un boato fortissimo, poi lo spostamento d’aria lo fece cadere in avanti. La ferita al braccio cominciò a pulsare violentemente. Duke cercò di alzarsi senza riuscirci, portò la mano sinistra alla spalla ma anche solo sfiorarla gli annebbiò la vista.
Non posso svenire ora… devo rimanere lucido. Con le ginocchia e il gomito sinistro puntati sul pavimento, chiamò a raccolta tutte le sue forze per rimettersi in piedi.
“Principe, ci rivediamo!”
La voce beffarda di Barendos echeggiò nella sala, poi i contorni della sua figura cominciarono a delinearsi sullo sfondo bruno di fumo.
Forse non sarebbe riuscito a raggiungere Goldrake… non doveva lasciarsi prendere vivo. Cercò di tendere il braccio destro verso la pistola laser che gli era sfuggita nella caduta, ma si accorse di non riuscire più a comandarlo. Era disarmato.
Un altro boato, ed un’altra scarica di vegatron lo investì. Il dolore, insopportabile, si estese dal braccio a tutto il corpo. Duke strinse i denti e si impose di rialzarsi: non sarebbe rimasto in ginocchio davanti al suo aguzzino.
“Coraggio principe, alzati… devo ammetterlo, hai combattuto bene. Peccato che tu sia arrivato tardi” rise sguaiatamente. “Chissà cosa ti ha trattenuto?”
Senza fiato per lo sforzo, ora Duke era in piedi di fronte al suo nemico: a schiena diritta anche se barcollante, il braccio sinistro con il pugno stretto per impedire alla mano di tremare, l’altro che pendeva inerte sul fianco.
“Infame. Hai distrutto il pianeta… non abbiamo più la nostra patria, ma non l’avrà neanche Vega.”
“Non capisco a chi ti riferisci quando dici
noi…il tuo popolo è finito, Fleed. Ma ci sono tanti altri pianeti, e conquistarli sarà più facile ora che possiamo avere Goldrake.”
Soddisfatto, Barendos puntò la pistola elettrica contro Duke per stordirlo. La caccia era stata fruttuosa: Vega sarebbe stato molto generoso con lui.
“A terra, Duke!”
Bryn?
I raggi della pistola laser colpirono Barendos al collo: il comandante veghiano cadde al suolo, la bocca piena di sangue.
“Fuggi!” Bryn fece appena in tempo a voltarsi e scaricare la sua arma contro le guardie che accorrevano in difesa del loro comandante prima di essere abbattuto. Dando fondo alle sue ultime energie, Duke strisciò nel fumo oltre il portone. Goldrake lo attendeva nel piazzale, la sua silhouette spiccava nel buio alla luce rossa delle esplosioni.
Si arrampicò a fatica fino all’abitacolo, pronto a eseguire gli ordini di suo padre. Doveva ignorare il terribile senso di vuoto che gli chiudeva lo stomaco, doveva obbedire… Il robot si sollevò, inseguito da uno stormo di minidischi; come un automa, Duke schiacciò i pulsanti per far partire le lame rotanti e distruggerli. Stava fuggendo…
Velocità fotonica!Goldrake si slanciò oltre l’atmosfera.
Era tutto finito? Le battaglie, il dolore, la speranza di salvare il suo pianeta… la strada che aveva percorso non l’aveva scelta lui, ma si era impegnato a seguirla fino in fondo, dando tutto sé stesso; non era bastato.
Guardò il suo mondo che si allontanava, avvolto in un’innaturale coltre rossa di morte, un puntino vermiglio presto invisibile nella distanza. Fleed non esisteva più, e neanche il suo principe… Ora che la sua guerra, e la sua vita, volgevano alla fine, poteva finalmente tornare a essere solo Duke. Non aveva più paura: lacrime di consolazione scorsero sul suo volto. Lasciò che la stanchezza lo vincesse e si addormentò come un bambino, mentre Goldrake sfrecciava nel vuoto.
FINE
(per commenti definitivi:
https://gonagai.forumfree.it/?t=66037619&st)
CODA
Le riserve energetiche di Goldrake si stavano ormai esaurendo. Al termine del suo lungo viaggio, il robot giunse in vista di un pianeta azzurro. Il pilota era incosciente ormai da molto tempo quando l'attrazione gravitazionale lo fece precipitare su una località sperduta del Giappone...
Edited by shooting_star - 5/7/2013, 23:18