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Dalla spada all'alabarda spaziale, L'eroe dal mito classico a quello moderno

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Eliodora
view post Posted on 16/1/2015, 12:41 by: Eliodora     +1   -1




@ Delari: potremmo dire che un gentiluomo potrebbe anche non essere un eroe e che non sempre un eroe è un gentiluomo...;)

@ Aster:
CITAZIONE (H. Aster @ 16/1/2015, 00:08) 
Modelli, ok; però lo stesso personaggio puo apparire molto diverso da un mito all'altro. Lo stesso Ulisse, che nell'Odissea è un eroe "nobile", nell'Iliade appare ben diverso, a tratti francamente odioso. Nei vari miti in cui si parla di lui, Ulisse appare srmpre come un uomo estremamente scaltro ed intelligente; ma é l'unica caratteristica "fissa" che vefiamo di lui. Ulisse è presentato anche come mentitore, avido, opportunista, vigliacco. In un mito arriva a meditare di uccidere a tradimento il suo grande amico Diomede per avere lui solo la gloria d'aver trafugato ai Troiani il Palladio (una statua di Atena). Tra l'altro ne esce ingloriosamente, perché Diomede, che non è cretino, lo scopre e lo prende a calci nel didietro. Ulisse rappresenta quindi l'uomo intelligente e basta, le sue altre caratteristiche sono secondarie a questo suo ruolo e quindi possono variare a seconda dei casi? Praticamente, ogni personaggio ricopre un ruolo (il forte, il saggio, il vile, il orepitente) e il resto del duo carattere conta poco? Sarebbe così?

Beh, anche questa niente male..;)
Mi riallaccio a quanto risposto a Daisuke nella prima parte e che tu stesso noti. Non esiste un mito "monolitico" ma esistono, più che vari miti, varie lezioni ( versioni o letture) di un mito che fioriscono intorno a qualche personaggio o intorno ad un nucleo originario che ha incontrato particolare fortuna e questo può avvenire in maniera sincronica ( più o meno nello stesso periodo ma in luoghi differenti) o in prospettiva diacronica ( nel corso dei secoli).

Le cause possono essere innumerevoli: finché siamo in clima di oralità è spiegabile con la natura stessa di una letteratura prettamente parlata e quindi fluida per definizione a causa di tutte le varianti che, in maniera più o meno inconsapevole, può apportare il compositore/ cantore/ narratore.
Non irrilevante è il luogo d'origine del mito in questione: zone diverse hanno versioni differenti dello stesso mito a seconda che l'eroe sia un "amico" o un "nemico" della comunità o addirittura di comunità alleate o storicamente "amiche". In alcuni casi si bandisce il culto di alcuni eroi eponimi (letteralmente che hanno dato il nome o hanno fondato una città e di conseguenza protettori della comunità) di città nemiche e nello stesso mito delle origini di Roma coesistono tradizioni differenti: quello che rivendica un'origine latina - e quindi autoctona- della città e allora abbiamo il riferimento alla città di Alba Longa, Numitore, Rea Silvia , Romolo e Remo; poi c'è quello che ne nobilita le origini riconducendole all'origine divina di Enea, il capostipite, in quanto figlio di Venere; e quello ancora , evidentemente ostile e "diffamatorio" ;) che narra di come Romolo, per popolare la città appena nata, conceda diritto di asilo a tutti gli schiavi in fuga, ladri, assassini e via dicendo delle città latine vicine...
Quando si fissa per iscritto la tradizione orale le cose cambiano nella forma ma non nei fatti: le variazione apportate al testo scritto si limitano drasticamente ( nasce la filologia e , in qualche maniera molto rudimentale, il diritto d'autore nel senso che si cerca comunque di avere certezze sull'attribuzione dell'opera) ma quello che veniva fatto precedentemente in maniera che poteva talvolta essere inconsapevole ora diventa pratica universalmente accettata e addirittura teorizzata. Pindaro, infatti, alla fine dell'età arcaica parla di "norma del polpo" , come infatti il polpo cambia colore in base all' ambiente marino in cui si trova il poeta deve essere in grado di adattare il suo racconto alle esigenze del genere e della committenza. Potrebbe apparire ipocrisia, ma non dimentichiamo che la poesia antica ha finalità eminentemente pratiche: serve a..., è grande se ottiene i suoi scopi ( è di Pindaro la metafora della freccia che coglie il bersaglio).

Così in età classica Euripide, che pure è il più moderno dei tragediografi, nella sua straordinaria Medea delle varie versioni del mito che prevedevano anche che i figli non fossero stati uccisi dalla madre, ma dagli abitanti di Corinto ( con cui, evidentemente non correva buon sangue ;) ), sceglie proprio quella in cui è Medea stessa a ucciderli per conferire maggiore drammaticità alla sua tragedia.

In età ellenistica poi, quando tutto è stato ormai detto e conosciuto e si è in piena civiltà del libro, i poeti ellenistici cercano dei miti le versioni meno note, più preziose e talvolta anche più oscure, per gareggiare in bravura con i loro pari nel chiuso delle corti ( è finita per sempre la funzione pragmatica di una poesia "politica" nel senso che dalla città nasce, dalla città viene commissionata e ha la città come destinataria) oppure accade che un brillante retore come Luciano utilizza il mito di Achille all'incontrario. In un viaggio nell'Oltretomba Achille si lamenta di aver rinunciato alla vita per la gloria ed afferma che, se potesse nuovamente scegliere, preferirebbe essere un oscuro contadino pur di godere ancora della vita mentre la bella Elena, per cui tanti giovani e valorosi eroi hanno perduto la vita non è altro che un mucchietto di ossa...siamo evidentemente in piena cultura antieroica, con il crollo e il totale rinnegamento degli antichi ideali eroici.

Tornando alla tua domanda: Iliade ed Odissea costituiscono di fatto opere a se stanti , costituitesi da una selezione, di fatto, di canti e tradizioni preesistenti, : altri canti sono stati accantonati, per motivi di vario genere ( non pertinenti, in qualche modo, al disegno narrativo, portatori di lezioni non spendibili nell'ottica compilativi prescelta, incoerenti, perché più antichi, con la trama e i modelli prescelti,ecc.,) , e sono confluiti in cicli epici minori che in qualche maniera ci danno spiegazioni dell'antefatto della guerra di Troia e dei fatti successivi alla sua caduta.

D'altronde l'Iliade comincia in medias res con l'ira di Achille e termina con i giochi funebri per la morte di Ettore. Rimangono fuori altre tradizioni epiche, che a loro volta costituiscono cicli narrativi autonomi, come la saga degli Argonauti e il racconto dei "ritorni" nóstoi in patria degli eroi greci che hanno conquistato Troia, di cui è un esempio l'Odissea.

Iliade ed Odissea appartengono a periodi compositivi diversi: l'Iliade è chiaramente più antica. La società di riferimento è una società basata sulla kalokagatía: l'eroe si caratterizza per essere kalós kái agatós bello e valoroso, l'antieroe è Tersite, deforme e vile, perché esorta i compagni a lasciare Troia e a tornarsene a casa propria, non perdendo la vita per le beghe e le ripicche dei principi achei.

Posizione pienamente condivisibile ai nostri occhi moderni... evidentemente i contemporanei non la pensavano così se Odisseo :innocent.gif: lo colpisce duramente con lo scettro del comando costringendolo al pianto e alla fuga vergognosa, ma , cosa ancora più significativa, la turba dei soldati semplici approva ridendo l'azione del principe condividendone in pieno le ragioni... altrettanto avrá fatto la comunità che fruiva dell'opera, perché questa doveva rispondere anch'essa alle aspettative, l'orizzonte di attesa, degli ascoltatori.

L'Odisseo dell'Iliade presenta alcuni tratti che a noi possono sembrare in contraddizione ( e nemmeno tanto) con quello che di lui verrà detto in seguito, ma di certo ci fornisce uno spaccato piuttosto realistico di quello che dovevano essere questi principi achei ( e non dimentichiamo che se, come tu stesso dici, il fatto che la sua impresa a tradimento dell'amico finisca miseramente è un altro indizio di giudizio morale, un modello proposto al negativo).
Nei fatti costoro sono pirati, predatori e conquistatori, giunti ad assediare Troia che era una ricchissima cittá collocata in posizione strategica ( magari poi si autoassolvono prendendo a pretesto la vendetta per il rapimento di Elena, ma la storia - e le storie- da sempre, la fanno i vincitori) capricciosi, litigiosi, arroganti e spesso crudeli...ma trasfigurati dalla poesia e tutti kaloí kái agatoí ;)

L'Ulisse dell'Odissea rappresenta un nuovo ideale di uomo certamente più moderno, che non si basa più sulla forza fisica ma sulla métis, un particolare tipo di intelligenza, un' intelligenza pratica in grado di risolvere i problemi e di fornire soluzioni.

È questo ormai il modello che interessa. Dico sempre che se invece di Odisseo nella grotta del Ciclope ci fosse stato Achille costui lo avrebbe ucciso nel sonno ( se pure ;) ) e avrebbe fatto la fine...del sorcio perché non sarebbe stato in grado di smuovere il masso che Polifemo aveva posto davanti all'entrata della caverna chiudendosi dentro.
Odisseo non ha più bisogno di Atena che lo trattenga prendendolo per capelli ;) , l'uomo greco sta interiorizzando sentimenti e pensieri, e , come Odisseo stesso dice, a lui che meditava , questo parve nell'animo il pensiero migliore: non uccidere il Ciclope, ma accecarlo, per renderlo inoffensivo e far sì che, togliendo il masso gigantesco che chiude la grotta, permetta una via di fuga a lui e ai suoi compagni...

Questo è il modello di uomo che interessa al pubblico dell'Odissea...
I romani, che nei confronti dei greci provavano una irriducibile diffidenza , faranno risaltare , del carattere di Ulisse, quell'aspetto della scaltrezza che sconfina nell'inganno e nel tradimento e faranno dire a Laoconte davanti al cavallo di legno, trappola ideata da Ulisse e lasciato come insidiosissimo dono sul lido di Troia: Timeo Danaos et dona ferentes temo i Greci anche quando portano doni, estendendo il giudizio di Ulisse come ingannatore, falso e machiavellico traditore, a tutto un popolo...
Poi ci sarebbe Dante...;)

Edited by Eliodora - 16/1/2015, 14:18
 
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