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Dalla spada all'alabarda spaziale, L'eroe dal mito classico a quello moderno

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view post Posted on 15/1/2015, 19:11     +1   -1
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Professore della Girella

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L'eroe, nell'era moderna, è colui che compie uno straordinario e generoso atto di coraggio, che comporti o possa comportare il consapevole sacrificio di sé stesso, allo scopo di proteggere il bene altrui o comune."


Nel contributo di Wiki ho letto inotre questo riferimento alla lingua latina: la parola eroe pare "ricollegabile etimologicamente anche verbo latino servo (inteso nell'accezione di 'preservare'): da ciò deriverebbe l'aspetto degli eroi come protettori degli uomini per il quale erano venerati nell'antichità. In molti racconti un eroe è un uomo o una donna (di solito il protagonista) che possiede caratteristiche ed abilità maggiori di qualsiasi altra persona, che lo rende capace di compiere azioni straordinarie a fin di bene, per cui diventa famoso. Queste capacità non sono solo fisiche, ma anche mentali."


ossia



:wub: :wub: :wub:
 
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Eliodora
view post Posted on 15/1/2015, 19:15     +1   -1




@ Aster: sui mostri della mitologia greca bisognerebbe aprire un altro thread :innocent.gif:

@josomeda: bravo tu ma anche la prof...;) un tema del genere sviluppa e presuppone capacità analitiche, sintetiche e di collegamento, naturalmente da esercitare sui contenuti...un ottimo allenamento per sviluppare elasticità mentale ed abilità argomentativa...
Diciamo che sto proponendo la traccia, lo svolgimento a voi che avete una visuale più ampia e potete spaziare su più generi....;)

@ Delari e Daisuke Umon: una risposta di natura "etimologica" ;)

Il termine epopea deriva dal greco epopoiìa, a sua volta derivante da epos verso e poiéo, faccio, compongo ( quindi dallo stessa radice di poesia ποίησις : composizione, ma con una accezione prevalentemente pratica, come cercherò di approfondire in seguito; quindi epopea ha il significato originario di narrazione in versi di imprese straordinarie compiute da eroi.

Il termine eroe, come, giustamente riportato da Daisuke, ha un evidente legame con il termine latino servo nel significato che viene fondamentalmente mantenuto nei vari verbi italiani serbare ( con trasformazione della v in b), preservare, conservare. Entrambe le forme si possono ricondurre ad un'unica radice indoeuropea che presentava una s iniziale e una v intervocalica che in greco tendono a cadere , per cui abbiamo il termine attestato (σ)ήρ(F)ως.

Gli eroi , in origine, erano semidei, figli un mortale e di una divinità ( Achille, ad esempio, figlio di Peleo, un mortale, e di Teti, divinità del mare, o Enea, figlio di Anchise e di Afrodite), che occupano un gradino intermedio tra gli abitanti del cielo e della terra. Sono personaggi straordinari e capaci di grandi imprese, ma le loro passioni, i loro sentimenti e il loro modo di agire sono simili a quelli degli uomini. Alcuni di loro compiono gesta titaniche imposte loro da divinità malvage o invidiose, come Ercole che deve compier sette fatiche, e talvolta in queste loro imprese vengono in aiuto degli uomini ( ne consegue l'idea di eroi come protettori). Di qui al considerare eroi esseri semplicemente mortali ma coraggiosi, valorosi e provvisti di eccezionali doti fisiche, morali o intellettive (Ettore, Odisseo, Aiace) il passo è breve.
Eroi semidei ed eroi umani vivono e combattono fianco a fianco, accomunati dalla sorte mortale cui nessuno, sia pure il figlio di Zeus Sarpedonte, può sfuggire.

Segue parte seconda...purtroppo non posso rispondere in maniera continuativa...

Edited by Eliodora - 15/1/2015, 19:28
 
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Queen Fleed
view post Posted on 15/1/2015, 19:16     +1   -1




CITAZIONE (pianetaazzurro @ 15/1/2015, 19:11) 
MrFoRApl

:wub: :wub: :wub:

:face24.gif: :wub: :face15.gif: e, per sempre grazie, signor Kazuo Komatsubara!!!
gif
 
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Eliodora
view post Posted on 15/1/2015, 20:42     +1   -1




Parte seconda ;)

La produzione epica arcaica quindi, per almeno quattro secoli, si attua in pieno clima di oralità, vale a dire che i poeti ( prima aédi cantori, dal verbo άείδω, poi rapsódi cucitori di canti , in una certa maniera assemblatori di canti, da ράπτειν cucire e οδάς canti) componevano migliaia e migliaia di versi "improvvisando" nelle varie occasioni pubbliche ed affidandosi esclusivamente alla memoria e a una tecnica che si definisce "formulare" , consistente nella ripetizione, a determinate condizioni metriche, di parti di verso cola, di interi versi, di strutture simili o eguali, di "scene tipiche", veri e propri cliché :innocent.gif: narrativi e compositivi.

Ad esempio, sono scene tipiche i combattimenti tra eserciti nemici, scene di ambascerie, duelli, descrizioni delle forze militari, la morte degli eroi, il compianto sul loro cadavere , i giochi funebri in loro onore. È come dire che si ripetono simili a se stesse con variazioni minime , composte da bravi "artigiani della parola", vale a dire ποιηταί poeti.

Bisogna infatti sottolineare una diversità di fondo tra la poesia antica e quella moderna: il poeta non è il genio creatore che esprime in forma originalissima e del tutto personale sentimenti ed emozioni sue proprie, espressione del suo mondo e del suo io, ben attento a marcare la sua indipendenza e la sua diversità da quelli che lo hanno preceduto, dai contemporanei e , possibilmente, anche da coloro che lo seguiranno.
In questa fase non c'è il diritto d'autore, la poesia non è espressione diretta dell'io e Omero, probabilmente, non è mai esistito. La letteratura orale è anonima e la poesia è un manufatto simile a tutti gli altri che accompagnano la vita quotidiana con la loro utilità. L'idea dell'arte per l'arte è di là da venire e tutta l'epica assolve ad una funzione eminentemente pratica ( pragmatica).

In un mondo in cui non esisteva un sistema statale di istruzione e in cui il mantenimento e la conservazione dei valori e dei comportamenti così come delle pratiche quotidiane era indispensabile per garantire la sopravvivenza della società di cui era espressione la poesia epica si caratterizza per finalità didattiche e paideutiche.

Cerco di spiegarmi meglio: quando leggiamo, nel primo canto dell'Iliade, dell'assemblea dei principi achei che si consultano circa le cause dell'epidemia che sta decimando l'esercito greco, quando seguiamo la descrizione particolareggiata della costruzione di una zattera da parte di Odisseo che anela ad allontanarsi dall'isola di Calipso o di come i soldati erigono pire per cremare i cadaveri non stiamo altro che leggendo delle pratiche della vita quotidiana della società del tempo. Questa è la finalità didattica, di insegnamento del sapere pratico da trasmettere alle nuove generazioni.

Prima di passare a quella paideutica o educativa, una piccola notazione: nella società arcaica greca il sistema valoriale di riferimento è quello della "vergogna". Di "civiltà della vergogna" parlano Allen e Dodds, in contrapposizione alla moderne "civiltà della colpa".

In una civiltà orale l'aspirazione massima per l'individuo è che si parli, naturalmente bene, di lui; o meglio, che lui "sia detto", con una costruzione che in ambito strettamente linguistico si chiama "costruzione personale".
Che si parli di sé, che il ricordo di sé venga tramandato è l'unico modo per garantirsi l'immortalità . E quale migliore maniera di conquistare la fama ( δόξα doxa ) se non compiendo imprese straordinarie ed atti eccelsi di valore degli di essere tramandato ai posteri e quindi di essere resi immortali dalla poesia? Ecco spiegato il comportamento di Achille che potendo scegliere, preferirà una vita breve ma gloriosa ad una vita lunga ma oscura.

Come si raggiungono la buona fama ( ευδοξία eudoxìa) e l'onore (τιμή timé), che, si badi bene è un riconoscimento sociale pratico, costituito da doni, parte di bottino e cariche elevate?

Rispondendo a quelle che sono le aspettative della società di appartenenza, al suo "orizzonte di attesa" : i migliori ( άριστοι, àristoi ) sono coloro che non deludono le aspettative della comunità, aspettative riguardanti le azioni e risultati che il ruolo sociale che ciascuno occupa richiede: l'uomo deve essere un buon soldato, il condottiero o il principe deve essere saggio nelle decisioni e valoroso in battaglia, pronto a morire per la difesa della sua patria, il soldato semplice obbediente agli ordini dei capi , lo straniero non deve tradire i suoi ospiti, la moglie deve essere fedele al marito e sovrintendere all'amministrazione della casa, lo schiavo deve essere rispettoso del proprio padrone è così via , secondo schemi ;) fondamentalmente fissi, che permettono tuttavia variazioni notevoli.

Achille, Agamennone, Menelao, Ettore, Paride, Odisseo, Priamo sono tutti eroi , e però ciascuno ha una sua straordinaria caratterizzazione , che non viene da alcun scavo psicologico, impensabile all'epoca, ma da come parlano e come agiscono, anch'essi all'interno di schemi fissi ( il generale superbo, l'eroe impulsivo, l'eroe maturo e responsabile, il vile, l'astuto) , fornendo precisi modelli di comportamento, positivo o negativo, da seguire o meno.

Infatti non risultare all'altezza delle attese della propria comunità comporta senso di inadeguatezza ( vergogna) e sanzioni sociali quale quella fortissima del disonore (ατιμία ).

In breve non viene detto cosa bisogna fare per essere considerato il migliore ma si mostra come il migliore e per come si comporta in determinate circostanze o, al contrario, si rappresenta la vergogna di un comportamento disonorevole e non rispondente ai parametri sociali di riferimento....

Scusate il post chilometrico, la prossima volta è quella di Ettore, lo giuro! ;)

Edited by Eliodora - 15/1/2015, 21:09
 
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view post Posted on 15/1/2015, 22:02     +1   -1
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CITAZIONE (Queen Fleed @ 15/1/2015, 19:16) 
CITAZIONE (pianetaazzurro @ 15/1/2015, 19:11) 
MrFoRApl

:wub: :wub: :wub:

:face24.gif: :wub: :face15.gif: e, per sempre grazie, signor Kazuo Komatsubara!!!
gif

Ragazze se mi postate foto così, mi distraete di brutto! :face8.gif:
:wub:
 
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view post Posted on 15/1/2015, 22:08     +1   -1
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Grazie... aspettiamo!

ehm... intendevo la terza parte di Eliodora

poi è vero, ci stiamo distraendo :wub: :wub: :innocent.gif: :innocent.gif: :innocent.gif:
 
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view post Posted on 15/1/2015, 22:14     +1   -1
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CITAZIONE (Eliodora @ 15/1/2015, 20:42) 
Achille, Agamennone, Menelao, Ettore, Paride, Odisseo, Priamo sono tutti eroi , e però ciascuno ha una sua straordinaria caratterizzazione , che non viene da alcun scavo psicologico, impensabile all'epoca, ma da come parlano e come agiscono, anch'essi all'interno di schemi fissi ( il generale superbo, l'eroe impulsivo, l'eroe maturo e responsabile, il vile, l'astuto) , fornendo precisi modelli di comportamento, positivo o negativo, da seguire o meno.

Infatti non risultare all'altezza delle attese della propria comunità comporta senso di inadeguatezza ( vergogna) e sanzioni sociali quale quella fortissima del disonore (ατιμία ).

In breve non viene detto cosa bisogna fare per essere considerato il migliore ma si mostra come il migliore e per come si comporta in determinate circostanze o, al contrario, si rappresenta la vergogna di un comportamento disonorevole e non rispondente ai parametri sociali di riferimento....

Scusate il post chilometrico, la prossima volta è quella di Ettore, lo giuro! ;)

Interessantissimo,Eliodora!
Ti chiedo quindi un chiarimento riguardo la caratterizzazione dei personaggi.
Secondo te gli antichi "modelli" erano pertanto "semplici",cioè o erano solo positivi o solo negativi?esiste per loro una specie di percorso di formazione?
 
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view post Posted on 16/1/2015, 00:08     +1   -1
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Modelli, ok; però lo stesso personaggio puo apparire molto diverso da un mito all'altro. Lo stesso Ulisse, che nell'Odissea è un eroe "nobile", nell'Iliade appare ben diverso, a tratti francamente odioso. Nei vari miti in cui si parla di lui, Ulisse appare srmpre come un uomo estremamente scaltro ed intelligente; ma é l'unica caratteristica "fissa" che vefiamo di lui. Ulisse è presentato anche come mentitore, avido, opportunista, vigliacco. In un mito arriva a meditare di uccidere a tradimento il suo grande amico Diomede per avere lui solo la gloria d'aver trafugato ai Troiani il Palladio (una statua di Atena). Tra l'altro ne esce ingloriosamente, perché Diomede, che non è cretino, lo scopre e lo prende a calci nel didietro. Ulisse rappresenta quindi l'uomo intelligente e basta, le sue altre caratteristiche sono secondarie a questo suo ruolo e quindi possono variare a seconda dei casi? Praticamente, ogni personaggio ricopre un ruolo (il forte, il saggio, il vile, il orepitente) e il resto del duo carattere conta poco? Sarebbe così?
 
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Eliodora
view post Posted on 16/1/2015, 10:28     +1   -1




Chiedo scusa, non riesco a rispondere rapidamente: ho l'intera famiglia ammalata e sono costretta ad accorrere ai vari capezzali - con il particolare insignificante che si trovano talvolta a qualche chilometro di distanza...- :29784128hj5.gif:

Andiamo per ordine:

@Daisuke:

Complimenti! Bella domanda! ;)

Di primo acchito mi viene da rispondere di no. L'evoluzione di un personaggio all'interno di un'opera presuppone un progetto e un piano dell'opera, quindi una visione complessiva dell'autore e un autore che ne ipotizzi lo sviluppo a dimostrazione o a conferma di una tesi che egli assume come propria.

Contempla inoltre uno studio del personaggio, del suo carattere e dei suoi comportamenti, il tutto filtrato dalla sensibilitá di chi scrive o compone.

Per l'epica arcaica parliamo di tradizioni, di miti e di racconti orali, che si sono sviluppati per quattro secoli in maniera piuttosto fluida, ad opera di un imprecisato numero di aédi, che sicuramente hanno sviluppato personaggi in sé coerenti, ma con fluttuazioni legate all'innesto di altre lezioni del mito, talvolta in sé contraddittorie, perché derivanti da differenti tradizioni locali.

Intendo dire che la tradizione ha affidato alla trasposizione letteraria l'idea di un Agamennone capo superbo ed arrogante o di un Odisseo astuto e versatile (πολύτροπος); lo sforzo delle varie generazioni di aédi e di rapsódi è piuttosto quello di rimanere fedeli, per quello che è possibile, al personaggio che è a loro pervenuto, perché i valori poetici vigenti sono quelli della ripetizione e della continuità, gli unici che possano garantire la sopravvivenza della società che li ha elaborati.

Piuttosto, se di evoluzione del personaggio si vuole parlare, bisognerebbe vederlo in un'ottica diacronica , in una sorta di continuum ideale tra autori successivi e differenti generi letterari.

Ad esempio l' Andromaca dell'Iliade, che appare solo in due momenti in tutta l'opera, verrà ripresa da Euripide nella tragedia omonima, ma l'autore sceglierà di trattare una parte del mito che la vede, dopo la morte di Ettore e la caduta di Troia ( ed essendo tutto ciò sottinteso e presupposto come noto alla collettività degli spettatori) schiava e compagna di letto del figlio dell'uccisore del marito, Pirro o Neottolemo, a cui ha partorito anche un figlio, ed odiata dalla legittima moglie di costui che, in sua assenza, ne trama la morte.
Ad Euripide non interessa lo scavo psicologico, almeno nel senso moderno del termine, ma dimostrare l'infelice sorte dei vinti e lo fa in un momento storico particolare: la sua città è imbarcata nella guerra del Peloponneso in lotta con Sparta ed ha appena subito una cocente sconfitta nella spedizione contro Siracusa.

Virgilio nell' ENEIDEsi riallaccia dal punto di vista della storia alla caduta di Troia e volutamente riprende personaggi ed eventi omerici, cosicché Enea arriva nella terra dei Ciclopi poco dopo che vi è passato Ulisse, infatti Polifemo è già accecato, e fa riferimento a quella parte del mito ancora successiva a quella trattata da Euripide: Andromaca , alla morte di Pirro, ha sposato Eleno, fratello di Ettore e compagno di schiavitù che ,insieme ad un piccolo numero di profughi troiani è giunto in Epiro,, dove ha fondato una piccola Troia.
Qui appunto la incontra Enea, donna ormai persa nel passato e nel ricordo del primo marito. Al vedere Ascanio, figlio di Enea, viene assalita dal ricordo del piccolo Astianatte, figlio suo e di Ettore, precipitato giù dalle mura proprio da Pirro, durante la presa della città. L'omaggio ad Omero è evidente, ma Virgilio è latino, autore colto e consapevole, contemporaneo di Augusto, vissuto quindi almeno sette secoli dopo il supposto Omero, in pieno classicismo augusteo vuole dare a Roma il suo poema e dimostrare che questa è stata voluta ab aeterno da sempre, intende dimostrare il dolore dei vinti e di coloro che sono costretti ad abbandonare la propria terra, sulla scorta della propria personale esperienza, e persegue fini eziologici , cercando nel passato mitico la giustificazione di realtá contemporanee, in questo caso l'amicizia tra l'Epiro e Roma in seguito alla vittoria di Ottaviano...non so se mi spiego.

Se vogliamo quindi vedere una "evoluzione del personaggio all'interno del singolo autore, quindi,non possiamo cercarla in epoca arcaica. Diverso è per l'età classica, nella tragedia ( ma in quella più antica di ha bisogno di tre tragedie, una trilogia): così incontriamo un Edipo che all'inizio del dramma è cieco( non vede o si rifiuta di vedere la realtà) ed alla fine si acceca per non vedere...
Famoso è l' άρτι μανθάνω arti mantáno: ora capisco! di sofoclea memoria, ma anch'esso da ricondurre alla poetica dell'autore per cui su certe cose è bene non indagare perché è meglio non sapere, la conoscenza è fonte di dolore e l'ostinazione nel perseguirla è solo un atto di ybris
tracotanza che porterà immancabilmente l'eroe verso la sua rovina.

Il problema di fondo è che l'uomo greco, fino all'età ellenistica, è solo un cittadino e come tale interessano solo gli aspetti connessi alle necessità ed alle esigenze della polis.

Solo con l'avvento dei regni ellenistici e la conseguente scomparsa delle poleis il cittadino diventando suddito e quindi un privato, si rinchiude in se stesso, comincia ad analizzare i suoi sentimenti e nella commedia di Menandro si inizia a vedere un primo rudimento di evoluzione psicologica...

Edited by Eliodora - 16/1/2015, 10:32
 
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view post Posted on 16/1/2015, 10:29     +1   -1
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Grand Pez di Girella

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Alla definizione "eroe" vorrei aggiungere la seguente citazione da "Treccani": Gentiluomo -
QUOTE
Chi, anche non nobile di nascita, rivela educazione fine, indole cavalleresca, modi signorili e rettitudine di costumi: per ciò che piacevol gentile uom mi parete, vi menerò da lei (Boccaccio); essere un vero g.; comportarsi da g.; dimostrare coi fatti di essere un gentiluomo.
 
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Eliodora
view post Posted on 16/1/2015, 12:41     +1   -1




@ Delari: potremmo dire che un gentiluomo potrebbe anche non essere un eroe e che non sempre un eroe è un gentiluomo...;)

@ Aster:
CITAZIONE (H. Aster @ 16/1/2015, 00:08) 
Modelli, ok; però lo stesso personaggio puo apparire molto diverso da un mito all'altro. Lo stesso Ulisse, che nell'Odissea è un eroe "nobile", nell'Iliade appare ben diverso, a tratti francamente odioso. Nei vari miti in cui si parla di lui, Ulisse appare srmpre come un uomo estremamente scaltro ed intelligente; ma é l'unica caratteristica "fissa" che vefiamo di lui. Ulisse è presentato anche come mentitore, avido, opportunista, vigliacco. In un mito arriva a meditare di uccidere a tradimento il suo grande amico Diomede per avere lui solo la gloria d'aver trafugato ai Troiani il Palladio (una statua di Atena). Tra l'altro ne esce ingloriosamente, perché Diomede, che non è cretino, lo scopre e lo prende a calci nel didietro. Ulisse rappresenta quindi l'uomo intelligente e basta, le sue altre caratteristiche sono secondarie a questo suo ruolo e quindi possono variare a seconda dei casi? Praticamente, ogni personaggio ricopre un ruolo (il forte, il saggio, il vile, il orepitente) e il resto del duo carattere conta poco? Sarebbe così?

Beh, anche questa niente male..;)
Mi riallaccio a quanto risposto a Daisuke nella prima parte e che tu stesso noti. Non esiste un mito "monolitico" ma esistono, più che vari miti, varie lezioni ( versioni o letture) di un mito che fioriscono intorno a qualche personaggio o intorno ad un nucleo originario che ha incontrato particolare fortuna e questo può avvenire in maniera sincronica ( più o meno nello stesso periodo ma in luoghi differenti) o in prospettiva diacronica ( nel corso dei secoli).

Le cause possono essere innumerevoli: finché siamo in clima di oralità è spiegabile con la natura stessa di una letteratura prettamente parlata e quindi fluida per definizione a causa di tutte le varianti che, in maniera più o meno inconsapevole, può apportare il compositore/ cantore/ narratore.
Non irrilevante è il luogo d'origine del mito in questione: zone diverse hanno versioni differenti dello stesso mito a seconda che l'eroe sia un "amico" o un "nemico" della comunità o addirittura di comunità alleate o storicamente "amiche". In alcuni casi si bandisce il culto di alcuni eroi eponimi (letteralmente che hanno dato il nome o hanno fondato una città e di conseguenza protettori della comunità) di città nemiche e nello stesso mito delle origini di Roma coesistono tradizioni differenti: quello che rivendica un'origine latina - e quindi autoctona- della città e allora abbiamo il riferimento alla città di Alba Longa, Numitore, Rea Silvia , Romolo e Remo; poi c'è quello che ne nobilita le origini riconducendole all'origine divina di Enea, il capostipite, in quanto figlio di Venere; e quello ancora , evidentemente ostile e "diffamatorio" ;) che narra di come Romolo, per popolare la città appena nata, conceda diritto di asilo a tutti gli schiavi in fuga, ladri, assassini e via dicendo delle città latine vicine...
Quando si fissa per iscritto la tradizione orale le cose cambiano nella forma ma non nei fatti: le variazione apportate al testo scritto si limitano drasticamente ( nasce la filologia e , in qualche maniera molto rudimentale, il diritto d'autore nel senso che si cerca comunque di avere certezze sull'attribuzione dell'opera) ma quello che veniva fatto precedentemente in maniera che poteva talvolta essere inconsapevole ora diventa pratica universalmente accettata e addirittura teorizzata. Pindaro, infatti, alla fine dell'età arcaica parla di "norma del polpo" , come infatti il polpo cambia colore in base all' ambiente marino in cui si trova il poeta deve essere in grado di adattare il suo racconto alle esigenze del genere e della committenza. Potrebbe apparire ipocrisia, ma non dimentichiamo che la poesia antica ha finalità eminentemente pratiche: serve a..., è grande se ottiene i suoi scopi ( è di Pindaro la metafora della freccia che coglie il bersaglio).

Così in età classica Euripide, che pure è il più moderno dei tragediografi, nella sua straordinaria Medea delle varie versioni del mito che prevedevano anche che i figli non fossero stati uccisi dalla madre, ma dagli abitanti di Corinto ( con cui, evidentemente non correva buon sangue ;) ), sceglie proprio quella in cui è Medea stessa a ucciderli per conferire maggiore drammaticità alla sua tragedia.

In età ellenistica poi, quando tutto è stato ormai detto e conosciuto e si è in piena civiltà del libro, i poeti ellenistici cercano dei miti le versioni meno note, più preziose e talvolta anche più oscure, per gareggiare in bravura con i loro pari nel chiuso delle corti ( è finita per sempre la funzione pragmatica di una poesia "politica" nel senso che dalla città nasce, dalla città viene commissionata e ha la città come destinataria) oppure accade che un brillante retore come Luciano utilizza il mito di Achille all'incontrario. In un viaggio nell'Oltretomba Achille si lamenta di aver rinunciato alla vita per la gloria ed afferma che, se potesse nuovamente scegliere, preferirebbe essere un oscuro contadino pur di godere ancora della vita mentre la bella Elena, per cui tanti giovani e valorosi eroi hanno perduto la vita non è altro che un mucchietto di ossa...siamo evidentemente in piena cultura antieroica, con il crollo e il totale rinnegamento degli antichi ideali eroici.

Tornando alla tua domanda: Iliade ed Odissea costituiscono di fatto opere a se stanti , costituitesi da una selezione, di fatto, di canti e tradizioni preesistenti, : altri canti sono stati accantonati, per motivi di vario genere ( non pertinenti, in qualche modo, al disegno narrativo, portatori di lezioni non spendibili nell'ottica compilativi prescelta, incoerenti, perché più antichi, con la trama e i modelli prescelti,ecc.,) , e sono confluiti in cicli epici minori che in qualche maniera ci danno spiegazioni dell'antefatto della guerra di Troia e dei fatti successivi alla sua caduta.

D'altronde l'Iliade comincia in medias res con l'ira di Achille e termina con i giochi funebri per la morte di Ettore. Rimangono fuori altre tradizioni epiche, che a loro volta costituiscono cicli narrativi autonomi, come la saga degli Argonauti e il racconto dei "ritorni" nóstoi in patria degli eroi greci che hanno conquistato Troia, di cui è un esempio l'Odissea.

Iliade ed Odissea appartengono a periodi compositivi diversi: l'Iliade è chiaramente più antica. La società di riferimento è una società basata sulla kalokagatía: l'eroe si caratterizza per essere kalós kái agatós bello e valoroso, l'antieroe è Tersite, deforme e vile, perché esorta i compagni a lasciare Troia e a tornarsene a casa propria, non perdendo la vita per le beghe e le ripicche dei principi achei.

Posizione pienamente condivisibile ai nostri occhi moderni... evidentemente i contemporanei non la pensavano così se Odisseo :innocent.gif: lo colpisce duramente con lo scettro del comando costringendolo al pianto e alla fuga vergognosa, ma , cosa ancora più significativa, la turba dei soldati semplici approva ridendo l'azione del principe condividendone in pieno le ragioni... altrettanto avrá fatto la comunità che fruiva dell'opera, perché questa doveva rispondere anch'essa alle aspettative, l'orizzonte di attesa, degli ascoltatori.

L'Odisseo dell'Iliade presenta alcuni tratti che a noi possono sembrare in contraddizione ( e nemmeno tanto) con quello che di lui verrà detto in seguito, ma di certo ci fornisce uno spaccato piuttosto realistico di quello che dovevano essere questi principi achei ( e non dimentichiamo che se, come tu stesso dici, il fatto che la sua impresa a tradimento dell'amico finisca miseramente è un altro indizio di giudizio morale, un modello proposto al negativo).
Nei fatti costoro sono pirati, predatori e conquistatori, giunti ad assediare Troia che era una ricchissima cittá collocata in posizione strategica ( magari poi si autoassolvono prendendo a pretesto la vendetta per il rapimento di Elena, ma la storia - e le storie- da sempre, la fanno i vincitori) capricciosi, litigiosi, arroganti e spesso crudeli...ma trasfigurati dalla poesia e tutti kaloí kái agatoí ;)

L'Ulisse dell'Odissea rappresenta un nuovo ideale di uomo certamente più moderno, che non si basa più sulla forza fisica ma sulla métis, un particolare tipo di intelligenza, un' intelligenza pratica in grado di risolvere i problemi e di fornire soluzioni.

È questo ormai il modello che interessa. Dico sempre che se invece di Odisseo nella grotta del Ciclope ci fosse stato Achille costui lo avrebbe ucciso nel sonno ( se pure ;) ) e avrebbe fatto la fine...del sorcio perché non sarebbe stato in grado di smuovere il masso che Polifemo aveva posto davanti all'entrata della caverna chiudendosi dentro.
Odisseo non ha più bisogno di Atena che lo trattenga prendendolo per capelli ;) , l'uomo greco sta interiorizzando sentimenti e pensieri, e , come Odisseo stesso dice, a lui che meditava , questo parve nell'animo il pensiero migliore: non uccidere il Ciclope, ma accecarlo, per renderlo inoffensivo e far sì che, togliendo il masso gigantesco che chiude la grotta, permetta una via di fuga a lui e ai suoi compagni...

Questo è il modello di uomo che interessa al pubblico dell'Odissea...
I romani, che nei confronti dei greci provavano una irriducibile diffidenza , faranno risaltare , del carattere di Ulisse, quell'aspetto della scaltrezza che sconfina nell'inganno e nel tradimento e faranno dire a Laoconte davanti al cavallo di legno, trappola ideata da Ulisse e lasciato come insidiosissimo dono sul lido di Troia: Timeo Danaos et dona ferentes temo i Greci anche quando portano doni, estendendo il giudizio di Ulisse come ingannatore, falso e machiavellico traditore, a tutto un popolo...
Poi ci sarebbe Dante...;)

Edited by Eliodora - 16/1/2015, 14:18
 
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CITAZIONE (Eliodora @ 16/1/2015, 12:41) 
Poi ci sarebbe Dante...;)

Ecco i cari versi!
"Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza".

Ma questa, dai miei ricordi scolastici, era tutta un'interpretazione dantesca, ricordo bene?
 
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view post Posted on 16/1/2015, 14:13     +1   -1
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Professore della Girella

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Altra mia considerazione.

Darei per assodato che l'eroe, sin dall'origine, ha indubbiamente una forza fisica e intellettuale superiore alla media.
Nel mondo "classico" su queste forze, che possono essere orientate al bene o al male, ancora non agisce il libero arbitrio (qualche divinità scende in campo per "tirare i capelli", infatti!).
La dimensione della lotta dell'eroe, in quell'epoca, quindi è ancora "piccola": è la città - stato (se non ho male interpretato).

Questo forse perchè in quel periodo storico per l'uomo greco tutto il suo mondo è circoscritto alla sua polis.
Mi riallaccio a questo tuo pensiero:

"Il problema di fondo è che l'uomo greco, fino all'età ellenistica, è solo un cittadino e come tale interessano solo gli aspetti connessi alle necessità ed alle esigenze della polis."

Ecco la mia domanda: l’eroe greco diventa il cittadino modello (inteso nel senso virtuoso, cioè da imitare posivitamente) perchè tutte le azioni da esso svolte sono/dovrebbero essere orientate alla salvezza della polis?
Mi correggo: l'eroe greco rappresenta esso stesso una collettività?
Si può dire che l'eroe greco è "patriottico"?

Ma mi sembra di aver capito che i "nostri" eroi classici incarnano non solo virtù, anche vizi.

Quindi, più che modelli totalmente virtuosi a cui tendere, essi assumono il ruolo di modelli comportamentali positivi o negativi a seconda del contesto?
 
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Eliodora
view post Posted on 16/1/2015, 14:58     +1   -1




Comincio dalla fine... per Dante hai perfettamente ragione.
Ci torno appena possibile, solo una piccola considerazione: ogni generazione pone al passato domande sul proprio presente... :innocent.gif:

CITAZIONE (Daisuke_Umon @ 16/1/2015, 14:13) 
Altra mia considerazione.

Darei per assodato che l'eroe, sin dall'origine, ha indubbiamente una forza fisica e intellettuale superiore alla media.
Nel mondo "classico" su queste forze, che possono essere orientate al bene o al male, ancora non agisce il libero arbitrio (qualche divinità scende in campo per "tirare i capelli", infatti!).

Più che nel mondo classico ciò avviene nel mondo arcaico, e precisamente nell' Iliade; nell'Odissea, più moderna, già Odisseo trova in se stesso le ragioni del suo agire ma gli dei continuano ad avere ancora un gran peso, specie nelle circostanze "esterne". Nell'età classica ci si comincia ad interrogare al riguardo ed Euripide giunge a criticare l'intellettualismo etico di ambito socratico affermando che non basta conoscere che cosa sia il male per praticarlo, bisogna anche volerlo praticare.


CITAZIONE
La dimensione della lotta dell'eroe, in quell'epoca, quindi è ancora "piccola": è la città - stato (se non ho male interpretato).
Questo forse perchè in quel periodo storico per l'uomo greco tutto il suo mondo è circoscritto alla sua polis.

I poemi omerici compaiono in Grecia intorno all'VIII sec. a. C., dopo il cosiddetto Medioevo ellenico - seguito alla caduta del regno miceneo - unitamente alla nascita della polis. Essi raccontano, per trasmissione orale, i fatti accaduti intorno al XII sec.a.C. ad opera degli achei ( i micenei stessi) che nella loro espansione nel Mediterraneo arrivano fino nella Troade, assediano e conquistano Troia. Il mondo cui fanno riferimento, quindi, è precedente a quello della polis ed ha valori differenti: l'eroe acheo o troiano combatte innanzitutto per la sua gloria personale, un po' di meno quello troiano, che combatte anche per difendere la propria patria. Ma il trofeo più ambito è per tutti conseguire una buona fama. Gli eroi omerici sono individualisti e si affrontano prevalentemente in duelli.
Con l'affermazione degli ideali comunitari e collettivi della polis cambiano i modelli di eroismo. La tattica di combattimento utilizzarla è quella oplitica che sintetizza in maniera efficacissima quello che è il ruolo del cittadino: l'oplita non combatte solo per se stesso, ma deve provvedere a proteggere il compagno affianco ed essere pronto a morire per quelli che ha alle spalle: solo dalla tenuta dell'intera compagine dipende la sopravvivenza della cittá e dei suoi abitanti.


CITAZIONE
Mi riallaccio a questo tuo pensiero:

"Il problema di fondo è che l'uomo greco, fino all'età ellenistica, è solo un cittadino e come tale interessano solo gli aspetti connessi alle necessità ed alle esigenze della polis."

Ecco la mia domanda: l’eroe greco diventa il cittadino modello (inteso nel senso virtuoso, cioè da imitare posivitamente) perchè tutte le azioni da esso svolte sono/dovrebbero essere orientate alla salvezza della polis?

L'eroe dell'età classica sì, certamente...;)

CITAZIONE
Mi correggo: l'eroe greco rappresenta esso stesso una collettività?

Il suo comportamento è quello che la comunità di appartenenza si aspetta da lui, altrimenti è colpito da una fortissima sanzione sociale. Naturalmente quello che si aspetta la comunità cambia nel tempo. Ti rimando a quanto detto sopra.


CITAZIONE
Si può dire che l'eroe greco è "patriottico"?

C'è una consapevolezza di appartenere ad una comune nazione greca che si contrappone al restante mondo barbarico ( non nel senso di persone più incivili ma di persone estranee alla mentalitá greca . Barbaro, per onomatopea, è chi non è greco per nascita e quindi balbetta la lingua greca, non la parla fluidamente).
In età classica potremmo dire che l'eroe greco più che patriottico è "politico: ciò che accomuna i greci, oltre tutte le loro divisioni, è la consapevolezza di essere cittadini, quindi liberi, contrapposti a tutti gli altri , per esempio il mondo orientale, in cui si è sudditi. Rivendicano con orgoglio il fatto di essere soggetti solo alle leggi mentre gli altri obbediscono a un sovrano.
Di questo hanno una, direi superba, consapevolezza.

CITAZIONE
Ma mi sembra di aver capito che i "nostri" eroi classici incarnano non solo virtù, anche vizi.

Quindi, più che modelli totalmente virtuosi a cui tendere, essi assumono il ruolo di modelli comportamentali positivi o negativi a seconda del contesto?

Hai inteso perfettamente...;)

Devo interrompere...

Edited by Eliodora - 16/1/2015, 15:45
 
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view post Posted on 16/1/2015, 15:04     +1   -1
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Uao, la conversazione è affascinante.
Grazie per le precisazioni e, se riesco, a stasera!
 
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115 replies since 15/1/2015, 19:11   1430 views
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