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Delari
view post Posted on 24/11/2017, 11:16 by: Delari     +1   -1
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Grand Pez di Girella

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Ce la faccio da sola, avevo detto…
Levatrice racconta di una sua paziente.

Non so più quando capii che era sola. Forse quando passò tanto tempo per guardare le copertine dei nostri opuscoli che le avevo dato da leggere - su di una si vedeva una coppia felice, dove lei si accarezza il pancione mentre lui sorride un po’ stupidamente. Sull’altra un neonato nudo adagiato tra i suoi genitori su un divano lussuoso, il tutto fotografato in un appartamento d’epoca inondato di luce. Sembrava che la donna paragonasse ogni dettaglio di queste immagini con la propria situazione, per poi giungere alla conclusione che non era per nulla così idilliaca.
Era completamente sola, me lo sentivo in qualche modo. E pensai che sarebbe ora di distribuire opuscoli nuovi nel nostro ospedale, del tipo che non raccontano di agiatezza e matrimoni felici come se fossero la cosa più naturale del mondo, quando spesso la verità non è così. Inoltre nei testi è automaticamente menzionato che il marito rispettivamente compagno naturalmente si trova sempre al fianco della donna in attesa. Perché non si può scrivere semplicemente „accompagnatore”?
Al secondo appuntamento la donna doveva compilare un catalogo di domande con il mio aiuto. „Ci viene richiesto di notare la situazione attuale della donna in attesa, per motivi di statistica,” le spiegai. „Attualmente è sposata e convive con qualcuno?” „Sto da sola,” sbottò lei. Come se si trattasse di confessare una colpa.
Naturalmente mi rompevo la testa su chi fosse il padre e perché non si facesse mai vedere. Anche la mia collega della ricezione mi chiese: „Sai qualcosa su di lei? Non ha nessuno?” Non era una domanda maligna, solo curiosità. Penso sia umano. Ma cosa fa questo chiacchiericcio con le donne sole, quando se ne accorgono? Quindi mi strinsi nelle spalle senza rispondere.

La società in cui viviamo sembra liberale, ma se aspetti un figlio e non fai parte del solito moglie-marito-figlio-tanto-desiderato devi sempre spiegarti, specie se sei nubile, o omosessuale. Come se fosse un dovere spiegare come è avvenuta la procreazione. Non è abbastanza risaputo da dove vengono i bambini, allora?
Ho visto spesso coppie in rapporti che oggi si chiamano disfunzionali, dove i due si trattavano con sgarbo, mancanza di rispetto, disinteresse; ma in questi casi nessuno si chiedeva „Come avranno fatto quei due a fare un figlio?” Se invece arriva una donna da sola, anche se è perfettamente serena, sembra che chiunque abbia il diritto di domandare chi è il tizio da cui è rimasta incinta, se forse ha avuto un rapporto con un uomo sposato, e via dicendo.
D’accordo, la donna in questione non era serena. Sentivo che la gravidanza non era stata programmata, che le aveva scombussolato la vita. E che anche se nel frattempo erano passate 36 settimane, la sua vita era come una casa con la porta sfondata dove dalle fessure entrava il vento freddo dell’incertezza.

Alcune settimane dopo dovetti avviare il parto, perché la data era ormai oltrepassata; e mentre aveva le doglie all’improvviso la donna si confidò con me. Forse perché appunto non le avevo fatto domande. Forse anche perché una sala parto diventa spesso un posto chiuso e raccolto dove le donne sono tra di loro e si sentono accettate, in tutti i sensi.
Aveva sempre desiderato un rapporto stabile, mi raccontò, solo che non le era mai andata bene. Gli uomini che si interessavano a lei volevano storie brevi e senza impegni. E spesso le era toccato il ruolo dell’amante, come nell’ultimo caso, un rapporto sporadico con un ex collega.
„Non volevo costringerlo ad accettare il figlio, sa cosa intendo? Mi sembrava una follia.” Annuii.
Era successo così, mi disse, non aveva mai preso i contracettivi regolarmente, e quella sera aveva bevuto troppo.
„All’inizio ho pensato a un aborto, ma non ne trovavo il coraggio. Non ci riuscivo. Mi capisce?”
Mi aveva guardata intensamente, come se si aspettasse che io le dicessi che aveva fatto la cosa giusta - io, la levatrice che stava per aiutarla a partorire il suo bambino.
Quel giorno per giunta ci fu un turno catastrofico e mi toccò fare la spola da una sala parto all’altra; sembrava che tutta la città avesse deciso di partorire proprio oggi. Andavo lo stesso regolarmente dalla donna solitaria; mi faceva male il pensiero che non ci fosse proprio nessuno con lei, neppure per portarle un bicchiere d’acqua o massaggiarle un po’ la schiena.

A un certo punto, quando era quasi ora e la donna aveva già le doglie molto forti, la mia collega bussò alla porta.
C’erano tre donne alla ricezione, disse: la madre della partoriente e due sue amiche. La quasi madre esclamò: „Avevo detto che ce la faccio da sola!” Ma vidi che sul suo viso si stava spargendo una luce.
Quando aveva preso appuntamento con me, la donna aveva detto sin dall’inizio che non sarebbe venuto nessuno, anche se le avevo detto ripetutamente che poteva portare chiunque volesse.
„Possono entrare?” mi chiese. La mia risposta diede il via alla fase finale del parto.

Le tre donne formarono subito una squadra dove una toglieva le copertine di plastica dall’armadietto mentre l’altra andava a prendere acqua calda per le compresse. Incitavano la partoriente neanche come se fossero state delle cheerleader professioniste; mancavano soltanto i pompon. Quando fece capolino il medico di guardia, sgranò tanto d’occhi: „Ma che fate qui, un party tra ragazze...?”
Poco dopo la neo nonna recise il cordone ombelicale. Piangevamo tutte e cinque, noi donne.

La neo madre non era stata sola. Questa volta, no.



Traduzione: novembre 2017
Disclaimer: eseguita senza fini commerciali, solo per uso privato.


Recensioni e commenti sono sempre graditi... https://gonagai.forumfree.it/?t=71738486&st=195

Edited by Delari - 24/12/2018, 17:09
 
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