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Delari
view post Posted on 8/12/2017, 18:02 by: Delari     +1   -1
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Grand Pez di Girella

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“Suvvia, fai il tuo dovere…”
Racconto satirico


Quel giorno, quando Elena a colazione gli chiese di andare in cantina a prendere la cassetta con gli addobbi natalizi, Enrico gemette interiormente: addio, ricominciava la tortura.
Non era solo che sua moglie adorasse decorare la casa: andava matta per tutto ciò che luccicava. Puntualmente, ogni anno a dicembre andava in concorrenza con tutte le massaie del mondo, anche se secondo suo marito la sua collezione di addobbi natalizi era già superiore a quella di un grande magazzino. Non bastavano le palline per l’albero, alcune candele e un po’ di lametta, no no no: tutto doveva scintillare, luccicare, risplendere. In breve il pavimento di casa sarebbe stato cosparso da un’infinità di cavi elettrici necessari per rifornire le fonti di luce che avrebbero illuminato la casa dentro e fuori. Ormai Enrico si era convinto che sarebbe stato più efficiente togliere il fusibile centrale che organizzare ogni anno la famigerata conferenza globale e rompersi la testa su come impedire il crollo totale del clima.
Mentre beveva un punch alla frutta da una tazza rossa con le alette dorate (sarebbero tornati al caffè servito nelle tazze normali solo dopo il 6 gennaio), Enrico tentò di prepararsi mentalmente alle settimane seguenti. Per lui ogni anno significavano il preludio di una battaglia da cui non poteva mai uscire vincitore.
Il problema maggiore era quello dello spazio: sapeva che sua moglie lo avrebbe fatto traslocare in cantina, piuttosto che rinunciare al pupazzo di neve gonfiabile in entrata.
E il punto più cruciale di tutti era quello dell’albero natalizio. Guai se questa sera si fosse fatto vedere senza abete! O con un abete troppo piccolo. O non abbastanza verde. O non abbastanza diritto… L’anno scorso le aveva detto che forse sarebbe stato meglio se andasse lei a procurarlo. Ma lei gli aveva risposto che comprare l’albero era tradizionalmente il compito dell’uomo di casa, e che poteva anche lui fare il suo dovere, tanto per cambiare. E a parte quello, anche i mariti delle sue amiche ce la facevano, dunque dov’era il problema?
Non era proprio così: gli altri mariti andavano da un venditore di abeti, ne sceglievano uno non troppo costoso e abbastanza bello, lo pagavano e tornavano a casa, dove tutta la famiglia li accoglieva come eroi perché erano riusciti, sudando e respirando affannosamente, a trasportare un pezzo di natura nella grotta casalinga. Mentre nel suo caso doveva ritornare sui suoi passi almeno due volte, perché avrebbe potuto giurarci che Elena lo avrebbe rispedito dal venditore a trovare un altro albero, più grande, più bello, più diritto eccetera.
E alla fine non era mai soddisfatta: forse era per quello che lo nascondeva sotto a tutte quelle decorazioni. Qualche anno fa le aveva proposto che forse sarebbero bastati un paio di rami in un vaso, ma lei gli aveva solo gettato uno sguardo che lo chiamava un blasfemo, e aveva continuato ad assortire i fili argentati.

Quella sera quando Enrico tornò a casa armato di albero natalizio, notò subito che lo zerbino era stato scambiato con uno decorato da angioletti barocchi. Alla porta era stata appesa una corona con stelle di Natale rosse, frutti brinati e fiocchi dorati. Interiormente si preparò al peggio.
Era peggio ancora: non riuscì neppure ad aprire la porta. Chiamò la moglie attraverso la fessura della porta, ma lei non lo sentì perché dal salotto proveniva la melodia di „Rudolph the Red-Nosed Reindeer“ in stereo. Quindi Enrico spinse la porta con la spalla e, ritraendo molto la pancia, riuscì ad entrare. Scoprì che la porta non era agibile causa pupazzo di neve artificiale, gonfiato a più non posso e posto nell’ingresso. „Buona sera,” gli disse nel passare.
Veramente si erano messi d’accordo che avrebbero deposto questa mostruosità secondo lui disgustosa sul balcone, in mezzo alle ghirlande di luci e gli alberelli cosparsi di neve falsa. Ma probabilmente quest’anno il pupazzo non aveva più trovato posto, soppiantato magari da un furgone della Coca Cola con un Babbo Natale al volante. Enrico poteva solo sperare di non trovarselo a letto, un giorno.
Stava per svignarsela furtivamente quando lo vide sua moglie. „Ah, eccoti! E l’albero?“
Enrico riuscì a farlo entrare in salotto nonostante le decorazioni sparse, con il risultato di fargli perdere mezzo chilo di aghi. Quello che seguì se lo era già aspettato. „Coooosa, così piccolo! E tutto storto! Ma non ce ne erano di più belli? Dovevo saperlo che se mandavo te…”
Enrico sospirò tra sé e sé e rifletté che forse avrebbe fatto meglio a rifugiarsi dentro al presepe fino a Natale. In guisa di asino o di bue magari. Non che avesse fatto molta differenza, ma almeno sarebbe stato più tranquillo. Ma gli venne in mente la storia del criceto morto qualche anno prima: avevano pensato che fosse scappato, ma dopo qualche giorno lo avevano trovato in un angolino del presepe. A quanto pare aveva fatto indigestione di muschio artificiale e poi aveva fatto la classica fine del topo. Enrico si domandò quanto ci sarebbe voluto finché Elena, nella frenesia di addobbare la casa, si fosse accorta che anche suo marito era misteriosamente scomparso.
Chissà come si sentivano Maria e Giuseppe in mezzo a tutto questo sfarzo! A Betlemme erano certamente in una situazione più modesta, e anche più contemplativa. Nonostante gli abiti di seta e velluto, in confronto al resto della casa perfino i Re Magi sembravano un po’ underdressed.
Sopra al tavolo da cucina una cometa si accendeva e spegneva in giallo e rosso, illuminando il suo sguardo corrucciato che si posava su un angolo dell’appartamento dopo l’altro: Babbi Natale, palline decorative, renne, candelieri, rami decorati, chincaglierie dovunque. L’intera casa scintillava e luccicava.
Esausto, Enrico si lasciò cadere sul divano… e subito sentì uno scricchiolio sospetto. Si era seduto su un pezzo di decorazione, lasciando solo frammenti di vetro. Prima che riuscisse a farli scomparire con discrezione gli comparve davanti sua moglie: gli mostrò uno dei pezzi e gli chiese se forse non capiva cosa avesse fatto, che quella era stata la punta dell’albero natalizio, di vetro soffiato proveniente dalla Turingia e raffinata con un disegno argentato, al prezzo di 52,- €. Dopo avere deglutito, Enrico si era limitato ad andare a prendere paletta e ramazza. Intanto sua moglie aveva fatto miracolosamente comparire da un cassetto un’altra punta per l’albero, esattamente uguale. Quindi salì su una scaletta per appendere una ghirlanda sopra alla porta della camera da letto.

Enrico decise di fuggire di casa per fumarsi tranquillamente una pipa. Fuori faceva già buio; per poco non finì addosso al suo vicino, che stava appena tornando a casa con un abete sottobraccio.
„Ciao! Anche voi avete già l’albero?“ gli chiese.
Enrico si limitò a un lieve sorriso. Infilò la mano nella taschina interna del suo cappotto, accese la batteria, e il suo naso si illuminò di rosso come un semaforo. Quindi appoggiò una candela elettrica su ogni orecchio, si mise su una gamba e, canticchiando „Jingle Bells” davanti all’esterrefatto vicino, fece una piroetta.
Avrebbe anche fatto una buona figura, se non fosse scivolato e finito nella neve lungo e disteso…



Traduzione: dicembre 2017
Disclaimer: eseguita senza fini commerciali, solo per uso privato.



Se vi va, commentate qui: https://gonagai.forumfree.it/?t=71738486&st=195
 
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