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Delari
view post Posted on 3/1/2018, 18:02 by: Delari     +1   -1
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Grand Pez di Girella

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Maria e Giuseppe in versione moderna
Altra storia raccontata da una levatrice.


Quell’anno il piano di servizio era stato clemente con me: ultimo turno serale il 22 dicembre, primo turno la mattina del 23, quindi vacanza. Mi sarebbe toccato passare il Capodanno in ospedale, ma questo almeno significava che potevo passare la vigilia di Natale con la mia famiglia, distesa sotto all’albero ebbra di liquore all’uovo e intenta a dimenticare l’ospedale almeno per un paio di giorni.

Ma avvenne un imprevisto. Una mia buona amica era da noi in ospedale da qualche giorno: soffriva di preeclampsia (o gestosi), un problema che familiarmente viene chiamato avvelenamento da gravidanza. A me questa espressione non piace, perché il corpo della donna incinta non contiene nessun veleno: una preeclampsia è una sorta di sindrome autoimmunitaria che il corpo della donna sviluppa verso la placenta. Di norma compare durante la seconda metà della gravidanza e si riconosce soprattutto da tre sintomi - pressione alta, concentrazione di proteine nell’urina, e immagazzinamento di acqua. Le conseguenze sono complicazioni a volte pericolose, a cominciare da rifornimento insufficiente del feto fino a riduzione delle funzioni degli organi della madre, soprattutto dei reni.
La preeclampsia è tuttora uno dei maggiori motivi per cui donne incinte possono morire, soprattutto se si trovano in un paese con insufficiente assistenza medica. Esistono forme leggere o difficili; a volte appare poco prima della data di nascita (dove con un po’ di organizzazione si può risolvere abbastanza bene), oppure già dopo la 20sima settimana di gravidanza. Il che complica molto le cose.

La mia amica, la signora A., era già arrivata alla 36esima settimana, ma nonostante le medicine che aveva preso per abbassare la pressione non stava per nulla meglio. Solo in quest’ultima settimana in cui si trovava da noi aveva messo su otto chili, nient’altro che acqua. Le sue dita non avevano più nessun contorno, sembravano salsicce deformate, la pelle luceva tanto era tesa. E non riusciva più a piegare le gambe per via dell’acqua nei muscoli e nelle ginocchia.

Di norma la vigilia di Natale tentiamo di mandare a casa più pazienti possibile; nessuna operazione fuorché in caso di emergenza. Se possibile mandiamo in „vacanza“ le donne incinte, cioè le spediamo a casa a festeggiare per qualche ora prima di tornare da noi.

Il giorno 23 capimmo che la mia amica avrebbe dovuto passare la vigilia in ospedale: la situazione era troppo critica. Il giorno dopo sarebbe stato avviato il parto.
E io mi trovai in un dilemma: durante tutta la gravidanza ero stata al suo fianco con aiuti e consigli, come potevo abbandonarla proprio ora? La mia amica piangeva, per il dolore nelle gambe e per la paura che potesse succedere qualcosa al suo nascituro. E anche per il Natale.
„Adesso abbiamo comprato l’albero e non possiamo neppure festeggiare,“ disse.
Il suo fidanzato cercava di consolarla: „L’anno prossimo ne avremo uno nuovo e imprecheremo perché il nostro bambino ci intralcerà tutte le volte che vorremo addobbarlo, te lo assicuro!”
Ma la donna non si tranquillizzava.

Chiamai mio padre, gli spiegai che in ospedale c’era un’emergenza. Non ce l’avrei fatta per la vigilia, gli dissi, forse per il pranzo del 25. Non sembrava molto contento.

Durante i turni tornavo a visitare la mia amica il più spesso possibile. La vigilia di Natale mi telefonò dicendo che aveva le prime doglie; mi avviai all’ospedale in abiti civili, dato che questa volta non ero di turno.
Quando entrai nella sua stanza sgranai gli occhi: il suo fidanzato aveva trasportato l’albero di Natale da casa e lo stava decorando! Sul vassoio si trovavano biscotti fatti in casa e nel sottofondo si sentivano canti natalizi. La donna incinta si trovava in mezzo a questo miracolo di Natale, ingrossata come una palla e tutta rossa in viso. Questa volta il Natale era venuto da lei, o come cantava il rocker di „Love, Actually”: Christmas is all around you.

Bussò e l’infermiera portò la cena; sentii l’odore di carne e cavolo rosso spargersi. A Natale anche la cucina dell’ospedale prepara qualcosa di speciale. „Vi lascio a mangiare,“ dissi e uscii dalla stanza.

I colleghi nella sala di ritrovo avevano già incominciato i preparativi per la nostra cena sociale, è una vecchia tradizione. Di norma prepariamo una raclette o una fonduta e ognuno partecipa in qualche modo. Il resto dell’anno riusciamo al massimo a mangiare una mela o un panino al formaggio disdegnato da qualche paziente, ma la vigilia di Natale eccezionalmente mangiamo tutti insieme, e stando seduti. In altre professioni questo sembrerà normale, ma per noi accade solo in occasioni speciali.
Raccontai alle altre del fidanzato della signora A., che aveva decorato la sua stanza con gli addobbi natalizi, mentre mangiavamo e ridevamo insieme.

Dopo feci un giro attraverso i corridoi abbandonati; avevo un mucchio di tempo. Nelle stanze trovai solo le donne che avevano assolutamente dovuto rimanere.
Passai per il reparto cure intensive, dove si trovano i prematuri. Come sempre sulle incubatrici si trovavano delle copertine rosse… ma quelle cos’erano? Calze di Natale? Trovai dei berrettini fatti a maglia, uno per ogni bambino, dovevano averli fatti le infermiere. Che bellissima idea! Quando sarà ora per voi di uscire di qui ed entrare nel freddo mondo saranno preziosissimi, pensai. Guardai i fragili corpicini nelle incubatrici, sperando che ce la facessero tutti. Mi venne quasi da piangere, quindi continuai per la mia strada. Volevo dare un’ultima occhiata alla mia amica.
Ma mi aspettava un bello spavento: la sua stanza amorevolmente decorata era deserta, e anche del suo fidanzato nessuna traccia.
Corsi alla sala di ritrovo delle infermiere. „Dov’è la signora A.?“ chiesi a tutte insieme, in preda al panico.
„Sectio.”
Oh, maledizione.
Mi dissero che la pressione della partoriente era salito ancora di più e che causa le doglie la placenta non avrebbe più potuto ossigenare sufficientemente il bambino.

Fui presa dalla paura. Avrei voluto fare qualcosa, ma non ero di turno, non potevo semplicemente correre in sala operazioni. Non mi rimase altro che rimanere in sala d’aspetto, là dove di solito si trova la famiglia. Mi fece una strana impressione, questo scambio di ruoli.
Intanto fuori era notte profonda. Pensai alla mia famiglia, che probabilmente adesso stava si scambiando regali.

Infine la mia collega uscì dalla sala operatoria: lessi nel suo sguardo che era andata bene. „Il piccolo è nato poco dopo la mezzanotte. La madre sta bene, circostanze permettendo.” Per il sollievo le cascai tra le braccia.

Quindi andai dalla mia amica: era ancora un po’ frastornata perché alla fine era andato tutto così in fretta, ma sorrideva tutta felice. Come il padre, che aveva suo figlio in braccio. Sembravano Maria e Giuseppe.
„Be’, io vado allora,“ dissi e lasciai i tre soli.

A casa cascai nel mio letto e riuscii a dormire per qualche ora. Il giorno dopo partii per la stazione con la mia valigia e un sacco pieno di doni.
Driving home for Christmas. Finalmente.



Traduzione: gennaio 2018
Disclaimer: eseguita senza fini commerciali, solo per uso privato.



Per i sempre graditi commenti: https://gonagai.forumfree.it/?t=71738486&st=195

Edited by Delari - 10/1/2018, 12:50
 
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