| Gli antichi saggi buddisti dicono che "per imparare, il primo passo é quello di svuotare noi stessi dai preconcetti"... Niente di più vero. Nella mia professione so che per poter ascoltare ed essere veramente d'aiuto devo liberarmi dal pregiudizio, inteso non nella sua accezione negativa ma nel concetto più ampio che ne diamo quando inevitabilmente incontriamo una persona che non conosciamo: tutti noi ci facciamo un'idea di lei, che piaccia o non piaccia, che ci appaia di primo acchito simpatica o antipatica. Questo é appunto un pregiudizio. Spesso poi le impressioni iniziali si confermano, altre volte invece si smentiscono e si scoprono persone di tutt'altra caratura, sia in positivo che in negativo.
L'esercizio non é dei più evidenti. Noi tutti siamo plasmati da una o dall'altra cultura, dal nostro idioma, dalla laicità o meno del nostro pensare, dalle idee politiche e, anche se non vogliamo ammetterlo, dall'impronta che una data fede lascia nella nostra cultura (e da noi inevitabilmente si tratta del cristianesimo nelle sue varie forme). Anche se ci diciamo "io sono aperto a tutto", il pregiudizio é in agguato, perché in fondo é anche un'arma di difesa che abbiamo verso l'ingerenza del prossimo... quindi ben e mal venga contemporaneamente, poi "basta" saperlo riconoscere e dargli il giusto peso.
E qui vengo al dunque: oggi, come già altre volte negli ultimi tempi, viene da me in visita una donna fuggita dalla Siria, nel nostro paese da 3 mesi con tutta la famiglia al seguito. La donna é evidentemente spaesata, non sopporta la nostra cucina, il freddo, non capisce la nostra lingua e chiaramente non si ritrova nelle nostre abitudini. Anche se non ha più le bombe sulla testa, la povertà e "il niente che va a braccetto con la paura", é evidente che non é felice.
Quello che fa male, ma fa male a me, a lei non so visto che é praticamente analfabeta (e non potrebbe essere altrimenti) é questo: ha 35 anni, ha avuto 8 figli (21, 16,15, 14, 12, 10, deceduto alla nascita, 4 anni)... fate voi il calcolo quando ha iniziato, e già questo, per quanto io possa essere comprensiva e aperta di mente, urta con il mio concetto di rispetto per la donna!!!! Del primo figlio si sono perse le tracce due anni fa, quando ancora era in Siria, non sa se sia vivo o morto... non accenna all'ISIS perché non lo conosce sotto questo aspetto e perché fa parte della loro vita, e "perdere" un figlio in questo modo é normale... ha dolori dappertutto, ha il volto di una bambina quando toglie il velo, il corpo é deforme per le gravidanze e le sue ossa sono fragili. È pallida perché anemica (del resto ha passato la vita a fare figli ed allattare in un paese in guerra) e dice di essere stanca (ha camminato e viaggiato nonché navigato sui barconi pieni di gente nell'ultimo anno). Lo dice con un sorriso, ma so che fra qualche mese arriverà da me piangendo perché forse si renderà conto che nessuno l'ha mai considerata come una donna, ma solo come un utero, senza che i suoi sentimenti venissero una volta ascoltati... ma con tanti doveri, o forse uno solo: fare figli e compiacere all'uomo che vuole popolare il mondo di figli maschi...
Il mondo é pieno di queste donne senza voce, perché non sanno cosa dire, e senza volto, perché viene loro negato di esporlo alla luce del sole...
Edited by pianetaazzurro - 11/3/2016, 18:03
|