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Quello che (forse) non sapete di... "Curiosità su anime, cartoni animati e altro...", "Bia, He man, Fantaman, Piccole donne, Goldrake, Gigi la trottola e tanto altro"...

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view post Posted on 28/3/2023, 18:30     +1   -1
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Io SONO la Girella

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Lucy May: il sogno australiano della famiglia Popple
La famiglia Popple parte per l'Australia per una nuova vita che si rivela irta di difficoltà e colpi di scena

Viaggi transoceanici e il desiderio di una nuova vita non sono un tema inusuale quando si parla di anime degli anni ’80. Sono temi che ritroviamo anche in Lucy May, la storia di cui parleremo nel corso di questo nuovo appuntamento con la nostra rubrica. Quando una famiglia inglese decide di cercare fortuna e di realizzare un sogno partendo per l’Australia, ha inizio un’avventura lunga 50 episodi che si rivelerà però molto diversa da ciò che i protagonisti di aspettavano. Andiamo dunque a scoprire cosa accade alla famiglia Popple quando si mette in viaggio e con un grande sogno alla volta dell’Australia.

Lucy May: la trama

Una speranza chiamata Australia

Siamo nel 1827 quando la famiglia Popple arriva in Australia dopo un viaggio di circa 3 mesi a bordo di una nave. Il padre Arthur, la moglie Annie e i figli Clara di 16 anni, Ben di 15, Kate di 10, Lucy May di 8 e Tob di 2 anni sono partiti dall’Inghilterra con un grande progetto: quello di metter in piedi una fattoria che col tempo possa diventare un’azienda agricola modello. Arthur è stato infatti attirato nel paese da promessa del Governo di terreni distribuiti gratuitamente ai coloni che ne facessero richiesta. Con queste premesse, Arthur, che è un agricoltore, trasporta tutta la sua famiglia in Australia, una terra ancora poco abitata e, per questo, non particolarmente sviluppata dal punto di vista organizzativo e burocratico. Una volta arrivati, infatti, ciò che trovano è una situazione molto diversa da quella sperata e le difficoltà iniziano sin da subito.

Brutte notizie per la famiglia Popple

Arthur capisce sin da subito di dover cambiare i suoi piani. Prima rinuncia alla casa prefabbricata che aveva portato con se in viaggio con grande fatica per mancanza di trasporti adatti, così anche il sogno di costruire una fattoria sfuma, almeno per il momento. L’uomo è anzi costretto a trovare un impiego grazie al quale racimolare poi del denaro per poter acquistare la sua agognata fattoria. Intanto vivono in una piccola casetta nella periferia di Adelaide mentre Arthur inizia a lavorare a cave di pietra. Anche il resto della famiglia inizia ad ambientarsi, soprattutto la piccola Lucy May che realizza anche il suo sogno di avere un cucciolo di cane, Piccolo, che cresce con grande amore. Le cose iniziano ad ingranare per tutta la famiglia: Clara trova un lavoretto e arriva anche il suo ragazzo, John. Intanto Arthur riesce a racimolare il denaro per acquistare la sua fattoria ma accade qualcosa che interrompe l’idillio.

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Il dramma di Arthur

Il signor Petiwell, uomo burbero ed egoista arrivato anche lui dall’Inghilterra sulla nave sulla quale hanno viaggiato i Popple, soffia la fattoria alla famiglia, offrendo un prezzo più alto. L’agognata fattoria rimarrà ancora un sogno per i Popple che, poco più di due anni dopo, vivono sì in una casa un po’ più grande della prima ma continuano ad essere ostacolati dall’invidioso e vendicativo Petiwell, loro vicino di casa. I problemi non vengono mai da soli perché, poco dopo, Arthur viene coinvolto in un incidente alla cava durante il quale si rompe una gamba. Questo lo costringe a rimanere fermo per un mese, mettendo la famiglia in difficoltà economiche. Una situazione che lo getta nella totale depressione e lo porta a cedere all’alcol. Sarà con l’aiuto della famiglia che si rimetterà in piedi e deciderà di tornare a lavorare.

L’incidente di Lucy e i Princeton

In attesa che Arthur torni a lavorare, la famiglia è costretta a vendere una pecora per avere di che mangiare. La pecora in questione è proprio quella a cui Lucy May ha cresciuto per anni e alla quale è molto affezionata. Questo la sconvolge e, mentre cammina in strada triste, viene colpita da un cavallo che la scaraventa a terra bruscamente. Viene subito soccorsa da Frank Princeton, lì di passaggio, che prende la bimba priva di sensi e la porta nella sua sontuosa residenza.

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Princeton e sua moglie sono subito colpiti da Lucy perché somiglia in modo incredibile alla loro bambina morta, decidono dunque di tenerla a casa loro, anche perché al suo risveglio Lucy fa capire di aver perso la memoria. Rimane con loro per un po’, fino a quando è il cane Piccolo a vederla per strada e riconoscerla. Alla sua vista, anche Lucy ritrova la memoria e torna dunque a casa sua. La famiglia Princeton non è però disposta a perdere la piccola Lucy. Frank fa allora un’offerta ad Arthur: un lavoro presso una sua grande fattoria. Lui, seppur titubante, accetta.

Il finale

La signora Princeton continua a non volersi separare da Lucy May, in cui rivede sua figlia Emily. Propone allora alla famiglia Popple di poterla adottare: Lucy crescerà così come loro erede, nel gran lusso, mentre i suoi veri genitori avranno in dono un grande appezzamento di terreno dove creare la fattoria tanto desiderata. I Popple rifiutano ma Lucy, per il bene della sua famiglia, decide di accettare la proposta, anche perché suo padre Arthur, afflitto dai problemi economici, torna a bere. Frank Princeton però comprende la situazione e rifiuta l’offerta di Lucy May, colpito dal gesto fatto dalla piccola per la sua famiglia. Decide perciò di aiutare suo padre, vendendogli il terreno e dandogli la possibilità di pagarlo a rate. Finalmente, circa 4 anni dopo il loro arrivo in Australia, i Popple realizzano il sogno di avere una fattoria tutta loro.

Lucy May: curiosità

Lucy come Flò

Nel corso della nostra rubrica ci siamo già imbattuti in una storia simile a quella di Lucy May. Una famiglia che si imbarca dall’Inghilterra per l’Australia con il sogno di una nuova vita l’abbiamo infatti conosciuta quando ci siamo immersi nella storia della piccola Flò. Anche in quel caso una numerosa famiglia si getta all’avventura verso una terra sconosciuta (ci troviamo anche nello stesso periodo storico), ma nel caso di Flò, la sua nave naufraga, costringendo la sua famiglia a ricominciare la sua vita su un’isola deserta.

Southern Rainbow

Lucy May è una serie animata prodotta nel 1982 dalla Nippon Animation e, come altre di cui abbiamo già parlato in precedenza, fa parte del World Masterpiece Theater, serie animate ispirate a romanzi della letteratura per ragazzi mondiale, soprattutto di origine occidentale. In questo caso il romanzo a cui è ispirato l’anime è Southern Rainbow scritto da Phyllis Piddington.

La sigla

La sigla italiana di Lucy May è cantata da Cristina D’Avena, con testi e musica di Luciano Beretta e Augusto Martelli.

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I personaggi

Lucy May – La protagonista della serie. All’inizio della serie ha 8 anni e fa parte della famiglia Poppler.
Kate – Sorella e compagna di giochi di Lucy May.
Clara – La figlia maggiore della famiglia Popple. All’inizio della storia accusa problemi di salute. Sulla nave che la porta in Australia conosce un marinaio, John, che la raggiungerà poi ad Adelaide e la sposerà.
Benjamin – Secondogenito della famiglia Popple col sogno di diventare un dottore.
Toby – Il più piccolo della famiglia, ha solo 2 anni all’arrivo in Australia.
Arthur – Il padre di Lucy May col sogno di costruire una fattoria.
Annie – Madre di Lucy May .
Piccolo – È un dingo, un cane selvatico australiano che viene adottato dalla famiglia Popple.
Sig. Petiwell – Arrogante ed egoista possidente inglese, metterà più volte in difficoltà la famiglia Popple.
Frank Princeton – Ricco proprietario terriero, soccorre Lucy dopo il suo incidente e la porta nella sua residenza.
Sylvia Princeton – Moglie di Frank, ha perso da poco tempo sua figlia Emily, e ritrova in Lucy una bambina molto simile a lei, tanto da volerla adottare.




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Hela Supergirl: la diversità è semplicemente unicità
Un anime che racconta la diversità affrontata nel mondo dei bambini e la voglia di essere accettati per quello che si è

Facciamo un salto nel 1982 in questo nuovo appuntamento con la nostra rubrica degli anime degli anni ’80 per rivivere la storia di Hela Supergirl. Un anime non proprio tra i più noti di quegli anni che conta soltanto 26 episodi che in realtà avrebbero però dovuto essere di più. Hela Supergirl è una serie animata che arriva sugli schermi giapponesi molto tempo prima. È il 1971 quando va in onda per la prima volta ed è ispirata al manga di Shōtarō Ishinomori ‘Okashina Okashina Anoko’.

Lo stile anime degli anni ’70 incontra in questa serie molti riferimenti noti che andremo a scoprire nel corso dell’articolo, il tutto legato da una storia che, come vedremo, è stata probabilmente interrotta troppo presto.

Hela Supergirl: la storia dell’anime

Hela arriva in città

L’anime rende evidente sin dai primi minuti il mood che permea la storia. Protagonisti assoluti sono un gruppo di bambini e l’ambiente predominante è quello scolastico. Un piccolo gruppo di bambini – destinati poi a diventare i fidati amici della nostra protagonista – vengono bullizzati in strada da un gruppetto di ragazzini che utilizza un grande cane randagio per spaventarli. A salvarli è proprio Hela, questa piccola bambina dall’aspetto buffo che nasconde però delle capacità uniche nel suo genere.

hela supergirl

Hela addomestica in un attimo il cane rabbioso, mandandolo contro i bulli che lo avevano addestrato. I ragazzini comprendono dunque che la bambina ha la capacità di comunicare con gli animali e presto scoprono che quello non è il suo unico super potere.

Le grandi capacità di Hela

Poco dopo scopriamo che la piccola Hela si è appena trasferita in città e si trova proprio nella scuola dei ragazzi che ha salvato (e dei bulletti). La bambina fa subito amicizia con Miko – che diventerà la sua migliore amica – e Taiei che saranno al suo fianco in tutte le avventure che vedranno protagonista. Con lei anche l’inseparabile cane parlante Bubu, in qualche modo l’unico familiare di Hela che ha perso entrambi i suoi genitori.

Dopo le presentazioni alla classe, Miko e Taiei comprendono che Hela non sa solo parlare con gli animali. È infatti dotata di una super forza, un’inaudita velocità e altre capacità fisiche che la rendono subito appetibile a tutti i club sportivi della scuola. La vediamo infatti all’opera prima nel baseball, poi nella pallavolo e in entrambi i casi lascia tutti senza parole.

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Chi è davvero Hela?

Hela è però una grande maestra nell’arte del ninjutsu ed è qui che scopriamo la sua vera identità. La bambina è l’ultima discendente del leggendario ninja Sarutobi Sasuke ed è proprio grazie al durissimo addestramento ninja che ha ricevuto che è oggi dotata di tutte queste abilità. La storia della nostra protagonista va avanti con la ricerca di una famiglia che la accolga. Hela non ha una vera casa, né parenti ed è proprio per questo motivo che cambia continuamente città e scuola.

La sua ricerca però si interrompe proprio grazie all’amica Miko. La ragazzina riesce a far accogliere Hela in casa sua, dove vive con i nonni che sono per lei come genitori. Grazie a lei, la nostra protagonista può finalmente stabilirsi e dare poi il via ad una lunga serie di avventure che la vedranno spesso nei guai.

Il (non) finale

Nel corso dei vari episodi di Hela Supergirl la nostra protagonista si caccia in un bel po’ di guai e di avventure che riesce quasi sempre a risolvere grazie ai suoi straordinari poteri e all’aiuto dei suoi inseparabili amici. All’inizio dell’articolo accennavamo al fatto che la storia è stata interrotta troppo presto, in effetti il 26esimo episodio – che è l’ultimo andato in onda in Italia – non è in realtà quello finale. La storia è stata interrotta a causa del poco successo dell’anime nel nostro paese, lasciando di fatto incompiuta la vicenda.

Ma cosa accade nell’ultimo episodio andato in onda? In città arriva Heva che è di fatto una bambina identica alla nostra Hela se non fosse per l’accento americano. Heva arriva proprio dall’America ed è in vacanza con sua madre dalla quale fugge per poter visitare la città e poter vedere il monte Fuji. Heva incontra però gli amici di Hela che credono sia quest’ultima. Una situazione che dà il via ad una lunga serie di malintesi che verranno risolti solo sul finale. Hela e Heva si incontreranno, faranno amicizia e sarà proprio la nostra protagonista a farle vedere il Fuji.

hela supergirl finale

Hela Supergirl: curiosità e considerazioni sull’anime

Un anime e tanti (troppi?) riferimenti

Anche a chi non l’ha visto ma si è limitato a leggere questo articolo appare evidente che Hela Supergirl è un anime che non ha un unico tema o riferimento. Diventa quasi difficile definire qual è il genere di quest’anime che, in realtà, non si rifà ad un solo filone. Potrebbe inizialmente apparire una serie improntata sullo sport, viste le origini della protagonista e le sue prodezze in campo, eppure il mood cambia dopo poco, concentrandosi su altro.

L’anime si concentra infatti sulle abilità paranormali di Hela. Questo riporta alla mente prodotti come “Doraemon” o “Carletto il principe dei mostri” anche per la presenza al fianco della protagonista di inseparabili personaggi secondari senza poteri. Se poi andiamo a considerare anche le caratteristiche fisiche dei protagonisti e i disegni dell’anime voliamo dritti ad altri riferimenti degli anni ’70. Il risultato è un anime sì piacevole ma che sembra avere la pretesa di fare più di ciò che realmente può.

Hela, apripista per le future ‘maghette’

Se, tra le caratteristiche dell’anime prima citate, ci focalizziamo sul filone della magia, possiamo arrivare a definire Hela Supergirl una sorta di apripista per le maghette che spopoleranno in tutti gli anni ’80. La magia, che in questo caso sembra solo un pretesto per dare alla protagonista capacità tali da poter risolvere vicenda anche molto complicate, è in realtà il vero filo motore della storia.

A differenza degli anime che troveremo successivamente, qui le capacità paranormali della protagonista non arrivano da folletti o esseri di un altro mondo ma sono stati conquistati con fatica e sudore. Le situazioni che vive Hela e che supera grazie alle sue abilità fungeranno da spunto per il filone delle maghette; in questo caso però, il tema della magia sarà affrontato in modo più leggero e con toni molto più colorati.

I temi principali dell’anime

Tra le mille avventure che Hela affronta nel corso dell’anime c’è spazio anche per vicende più intime e personali. Hela non è sempre una bambina allegra e avventurosa ma, in molti punti, racconta le sue fragilità e si isola pensando ai cari che non ha più. Hela è sola e all’inizio cerca una famiglia che si prenda cura di lei. La trova in quella dell’amica Miko che decide di adottarla. Proprio quello dell’adozione è uno dei temi principali dell’anime che dà una svolta alla storia stessa. Hela può finalmente mettere radici e abbandonare il timore di dover lasciare ancora una volta tutti. Certo, il tutto è reso ‘digeribile’ ad un pubblico di minori che è il principale destinatario dell’anime.

Hela ha in sé e nella sua storia un altro importante tema che è quello della diversità. La protagonista non è solo una bambina senza famiglia, che vaga alla ricerca di qualcuno che si occupi di lei, ma è anche dotata di capacità inusuali per una bambina e di poteri straordinari. L’unico che inizialmente la comprende è il suo cane Bubu, unico amico e confidente; la situazione però cambia quando viene finalmente ‘accettata’ dai nuovi amici per ciò che è realmente. Hela non ha bisogno di nascondere i suoi poteri, né vuole farlo, è per questo che si espone fin dai primi minuti dell’anime. D’altronde ciò che l’anime vuole dirci è che la sua diversità coincide con la sua meravigliosa unicità e, in qualche modo, Hela sembra averlo capito.

La sigla

La sigla italiana di Hela Supergirl è cantata da Nico Fidenco.



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Lulù, l’angelo tra i fiori: quando l’altruismo è il più forte dei poteri
Per l'Europa alla ricerca del prezioso Fiore dai sette colori, tra nemici e insegnamenti



La battaglia per la salvezza della Terra dalle mire di robot nazisti, vissuta nella rubrica della scorsa settimana con Kyashan, lascia spazio alla storia molto più leggera di oggi. Fiori e magia si intrecciano in Lulù, l’angelo tra i fiori, titolo dell’anime che scopriremo questa settimana. Siamo nel 1981 quando arriva in Italia per la prima volta questa serie televisiva prodotta dalla Toei Animation ambientata (almeno inizialmente) in Francia. Successivamente sarà replicata su vari canali – da Rete 4 a Italia 1 fino a Boing – fino al 2018.
Ma di cosa parla Lulù, l’angelo tra i fiori?

Lulù, l’angelo tra i fiori: la trama

Dundù, Nanà e il Fiore dai Sette Colori

In una cittadina francese, un cane e una gattina parlante scatenano il panico tra i cittadini. Loro sono Dundù e Nanà e rivelano di essere alla ricerca di una ‘ragazza dei fiori’. La trovano in Lulù, una dolce ragazzina dai capelli biondi che vive con i suoi due nonni fiorai. Lulù non è spaventata da questi animali parlanti che, anzi, partecipano alla festa del suo 15esimo compleanno, ed è qui che viene spiegata l’esistenza degli angeli dei fiori. Moltissimi anni prima, gli uomini e gli angeli dei fiori vivevano pacificamente sulla terra, ma i primi diventarono prepotenti e violenti e gli angeli decisero di lasciare il pianeta e popolarne un altro, che chiamarono Stella dei Fiori. Alcuni angeli, però, rimasero sulla Terra e si sposarono con gli umani. Lulù è una loro discendente. Dundù e Nanà sono stati incaricati dalla regina degli angeli di fiori di trovarla perché soltanto Lulù è in grado, in quanto discendente, di trovare il raro Fiore dai sette colori che fiorisce sulla Terra. Chi lo troverà, avrà il potere nelle sue mani e potrà dare il via alla successione al trono su Stella dei Fiori.

Il viaggio di Lulù e l’incontro con Celi

Lulù accetta l’incarico e, per riuscire nella sua missione, Nanà e Dundù le danno una spilla a forma di fiore, dono della regina del loro pianeta. Con questa la protagonista avrà il potere di trasformarsi, indossare gli abiti e ottenere le capacità di cui ha bisogno a seconda delle esigenze del momento. Così inizia il viaggio che porterà Lulù in giro per tutta l’Europa alla ricerca di questo potente fiore da consegnare alla regina. Durante la sua avventura, la protagonista sarà sempre accompagnata dai due spiriti sotto sembianze di cane e gatto e incontrerà molte persone in difficoltà che aiuterà. Tuttavia, nel farlo non sarà sola. Lulù incontrerà un giovane fotografo che deciderà di unirsi al suo viaggio, Celi, ragazzo gentile e, ovviamente, amante dei fiori. Ad ogni persona che i due aiuteranno, Celi regalerà dei semi di fiori da piantare, proprio in ricordo dell’aiuto ricevuto da lui e Lulù. Tra il ragazzo e la protagonista nascerà, nel corso del lungo viaggio, un forte sentimento che si tramuterà in amore.

Togenicia Vs Lulù

Se Lulù troverà il supporto di Celi in questo lungo viaggio, dall’altra parte sarà fortemente ostacolata da una strampalata coppia di cattivi: la fata Togenicia e il suo servo Yavoque, una sorta di uomo-procione. La prima ambisce ad impossessarsi del Fiore dai Sette Colori e regnare sul pianeta Stella dei Fiori. Lei stessa ne è d’altronde un’abitante seppur di una tribù ‘avversaria’, quella del Fiore Spinoso. Togenicia segue dunque Lulù nel suo viaggio in attesa che lei trovi il Fiore per poterglielo rubare. Per ostacolarla, spesso userà il suo potere, il vento del polline, una sorta di uragano. La dispettosa fata sarà perciò infuriata quando Lulù, a metà del suo viaggio di ricerca, deciderà di abbandonarlo per tornare a casa dopo aver ricevuto una brutta notizia: suo nonno sta male.

Chi è davvero Celi?

Lulù abbandona la sua ricerca e torna a casa per assistere suo nonno ma, una volta arrivata, scopre qualcosa di inaspettato. Ogni persona che nel suo viaggio ha aiutato, ha spedito a lei una parte dei semi di fiore regalati da Celi come ringraziamento. I nonni di Lulù li hanno piantati nel loro giardino, creando uno spettacolo meraviglioso. Per vendicarsi dell’interruzione della ricerca del fiore, Togenicia cerca di distruggere questo giardino ma è proprio qui che all’improvviso sboccia il Fiore dai sette colori, nato dall’affetto e dalla stima di chi ha donato quei semi a Lulù. La potenza del Fiore scaccia via i due furfanti, poi, subito dopo, Lulù si mette in viaggio per riportarlo al Re e alla Regina di Stella dei Fiori. Qui arrivano due rivelazioni per lei inaspettate: la prima è la proposta del Re di diventare regina sposando suo figlio, la seconda è che il figlio maggiore del Re è proprio il suo amato Celi.

Il Finale

Lulù è sconvolta: non credeva che l’affascinante e gentile ragazzo di cui si è innamorata fosse in realtà l’erede al trono di Stella dei Fiori. Il Re svela di aver inviato suo figlio sulla Terra per studiare gli umani e imparare ad essere un buon sovrano. Nonostante desideri rimanere su quel pianeta e stare con lui, Lulù rifiuta perché non vuole abbandonare i suoi nonni. Il Re comprende e Celi pure, per questo si arriva ad una decisione inaspettata: il trono andrà al figlio minore mentre Celi potrà tornare sulla Terra e stare con Lulù. I due avranno però una missione: diffondere l’amore per i fiori tra gli umani. I due sono al settimo cielo e tornano sulla Terra insieme e felici. E Togenicia? Abbandona le sue mire al trono di Stella dei Fiori e si dice invece pronta a diventare regina della Terra. Ovviamente, non senza il suo servo Yavoque.

Lulù, l’angelo tra i fiori: curiosità

Lulù come Sandy

L’abbiamo ormai capito, il mondo degli anime degli anni ’80 è popolato da due tipi di protagonisti: giovani ragazzi orfani destinati a salvare il mondo con un super robot combattente e ragazzine maghette aiutate da simpatici folletti. Lulù, ovviamente, fa parte di questo secondo e vastissimo gruppo. Per lei niente formule magiche ma solo uno specchietto in cui far riflettere un fiore qualsiasi ed ecco che la magia è fatta. Il potere di Lulù, come accade con Sandy dai mille colori, è dunque strettamente legato ai fiori, seppur con modalità diverse. E, come lei, anche Lulù ha al suo fianco due ‘spiritelli’ provenienti da un altro pianeta dei Fiori che la aiutano ad affrontare le varie difficoltà.

Giapponesi e ‘pollice verde’

Ma Lulù – così come tutte le sue colleghe maghette – non vuole solo far divertire il suo pubblico con mille avventure. Di fondo, l’anime, nel corso dei suoi 50 episodi, ha un vero e proprio obiettivo pedagogico: insegnare allo spettatore attraverso la sua protagonista. Se lei, di volta in volta, impara a mettere in discussione se stessa, ad essere generosa e, soprattutto, a rispettare e amare i fiori e la natura in generale, la stessa cosa viene trasmessa a piccoli e grandi che si trovano dall’altra parte dello schermo. D’altronde, il ‘pollice verde’ è per i giapponesi un tema molto importante, che ritroveremo spesso nei vari anime (Kyashan ne fa addirittura la sua missione di vita!)

La sigla

La sigla dell’anime “Lulù l’angelo tra i fiori” è stata scritta da Lucio Macchiarella, su musica e arrangiamento di Mike Fraser e Douglas Meakin. Il titolo è ‘Lulù’ ed è cantata dai Rocking Horse.

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I personaggi

Lulù – Protagonista dell’anime. Bellissima e dall’animo puro, vive con i nonni ed è una discendente degli spiriti dei Fiori.
Celi – Misterioso fotografo e ragazzo affascinante che incontra la protagonista durante il suo viaggio e si unisce a lei. Si scoprirà essere l’erede al trono del regno dei fiori.
Nanà – Gattina parlante che è in realtà uno spirito dei fiori mandato sulla terra per cercare il Fiore dei Sette Colori.
Dundù – Cane parlante che, come Nanà, è in realtà uno spirito dei fiori.
Togenicia – Nemica di Lulù, è uno spirito che fa parte di una tribù nel mondo delle Stelle dei Fiori e vuole appropriarsi del Fiore dai sette Colori per diventare regina.
Yaboki – Servo di Togenicia, buffo e maldestro.



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Lovely Sara: affrontare i drammi con una bontà ‘eccessiva’
Una piccola principessa che perde tutto ma, con la sua bontà senza limiti, riesce a trovare il suo meritato lieto fine

Dal futuro torniamo al passato, dallo spazio arriviamo ad una Londra del 1885, tra carrozze e nobiltà con la protagonista di questa nuova rubrica dedicata agli anime degli anni ’80. Lovely Sara è il titolo della storia di cui parleremo questa settimana, che ci riporta con la mente ad uno dei classici più amati di quegli anni, rimasti nel cuore di tanti anche per le successive trasposizioni della storia in film di successo come La piccola principessa del 1939 con Shirley Temple o il più recente film del 1995 di Alfonso Cuarón. La serie animata, in particolare, ha avuto un grandissimo successo, tanto da essere distribuita in tutto il mondo. D’altronde non si può rimanere non coinvolti dalla storia della piccola e dolce Sara. Andiamo dunque a scoprirla.

Lovely Sara: la storia

Dall’India a Londra

Le vicende, come accennato, sono ambientate nella Londra del 1885. Sara Morris ha 10 anni e, insieme al suo papà, è arrivata in Europa da poco, dopo aver lasciato l’India. Il padre è molto facoltoso e desidera per la sua unica figlia la migliore istruzione, è per questo che ha contattato il prestigioso collegio della città, dove alloggiano solo bambine dell’aristocrazia, diretto dalla severa Miss Minci. Sara e suo padre hanno un rapporto fortissimo: rimasta orfana di sua madre, la ragazzina ha vissuto sempre al fianco del suo unico genitore che la venera e vizia. Dopo essersi assicurato che il collegio abbia tutti i confort di cui sua figlia necessita, la saluta, pronto a ripartire per l’India e riprendere in mano i suoi affari. I due si lasciano con la promessa di scriversi ogni settimana.

Una drammatica notizia

Sara inizia dunque la sua vita nel collegio femminile di Miss Minci. Nonostante il lusso in cui ha sempre vissuto, la bambina è gentile, buona con tutti e non fa alcuna distinzione di classe. Inoltre è molto ben educata, raffinata e intelligente, cosa che attira le invidie e ostilità della sua amica di classe Lavinia, fino a quel momento la migliore della classe. Anche Miss Minci però non guarda di buon occhio Sara ma continua a trattarla con riguardo solo per la ricchezza di suo padre e per mantenere il buon nome del collegio. Tutto però cambia quando, nel giorno del suo compleanno, Sara riceve terribili notizie: non solo suo padre è morto in India, colpito da una febbre tropicale, ma ha anche perso tutta la sua ricchezza per un investimento che è risultato essere un grande imbroglio.

Una vita stravolta

Da questo momento la vita di Sara cambia del tutto e sprofonda in un baratro. La bambina non è cacciata dal collegio solo perché Miss Minci teme ne risenta il suo buon nome, ma la priva comunque di tutto ciò che ha per venderlo e pagare i debiti della bambina. Infine la sbatte in soffitta, in una stanza lugubre in cui vivrà d’ora in poi come sguattera, lavorando dunque al suo servizio. Non solo Sara sarà costretta a svolgere le mansioni più ingrate, ma sarà maltrattata da tutti coloro che avevano sviluppato un’antipatia nei suoi confronti, come Lavinia. Al contrario verrà aiutata da tutte le altre persone che hanno imparato ad amarla: le sue amiche, la sguattera Becky, il giovane cocchiere Peter. Sara, nonostante la sua nuova e difficile condizione, non perderà la sua bontà e la gentilezza che continuerà a mostrare anche a coloro che tratta male.

Un uomo misterioso dall’India

Le giornate di Sara vanno avanti tra commissioni e faccende faticose. Sono però intervallate da brevi momenti in cui può dedicarsi a una delle sue attività preferite: fantasticare guardando fuori dalla finestra. È proprio facendo questo che un giorno nota in una casa vicina un uomo che si circonda di servitori e di manufatti indiani. In realtà l’uomo, che si chiama Mr. Chrisford, è colui che ha imbrogliato il padre di Sara, proponendogli il falso affare della miniera che gli ha poi fatto perdere tutto. Pentito, l’uomo è volato a Londra per trovare la bambina, figlia dell’uomo, e adottarla. Come Sara nota lui, anche lui, insieme al suo avvocato, nota Sara. Pian piano si affeziona a lei, chiedendosi il perché della sua umile condizione nonostante modi e comportamenti ben distanti da quelli di una sguattera. È per questo che inizia a farle arrivare segretamente cibo e coperte, cosa che verrà però scoperta da Miss Minci che, temendo siano risultato di furti, la punirà severamente.

Il finale

La situazione di Sara continua a precipitare, tanto che è costretta a scappare dal collegio e farsi ospitare dalla famiglia di Peter, iniziando poi a lavorare come fiammiferaia. Sarà la scimmietta di Chrisford a cambiare le sue sorti: Sara, ritrovato l’animaletto, lo riporta al suo possessore. Qui, con una breve chiacchierata, Sara dimostra di non essere una sguattera ma una ragazzina ben educata e con modi da nobile. La protagonista racconta poi a Chrisford la sua storia e l’uomo comprende che è proprio lei la bambina che stava cercando, così la adotta. Tornata facoltosa, Sara decide però di non vendicarsi di Miss Minci e tutti coloro che l’hanno trattata male in quel periodo. Rimane anzi al collegio a concludere la sua educazione, sovvenzionandolo con una cospicua donazione. Lavinia però decide di tornare in America, sentendosi ormai battuta dalla rivale. Infine Sara e Mr. Chrisford decidono di tornare in India per qualche mese e godersi insieme una vacanza.

Lovely Sara: curiosità e considerazioni

Una storia, tante differenze

Lovely Sara, come altri anime che abbiamo raccontato nei vari appuntamenti della nostra rubrica, fa parte del progetto World Masterpiece Theater. Si tratta, ricordiamo, di anime tratti da romanzi per ragazzi provenienti soprattutto dall’occidente, prodotti con cadenza annuale. Tra quelli che abbiamo già osservato nelle scorse settimane c’è, ad esempio, Anna dai capelli rossi, Flo la piccola Robinson, Lucy May e Pollyanna. Ciò che va osservato in questo caso sono le varie differenze che esistono tra la trasposizione anime della storia e quelle dei film a cui abbiamo fatto cenno all’inizio dell’articolo.

L’anime resta quasi perfettamente fedele al romanzo La piccola principessa di Frances Hodgson Burnett, soprattutto per le vicende riguardanti il padre di Sara. Non accade lo stesso nei film. Ad esempio nella versione del 1995, l’uomo viene dichiarato morto in un conflitto di guerra (e non per febbre tropicale) quando in realtà è gravemente ferito e soffre di amnesia. Le ricchezze, invece, non sono state perse in un affare-imbroglio ma sequestrate dal governo britannico.

Una bontà “eccessiva”?

È proprio da una differenza tra anime e romanzo che nasce un’importante considerazione su Lovely Sara. A colpire è il fatto che nel romanzo Sara, alla fine, non solo non perdona Lavinia e non stringe amicizia con lei, ma nega anche la cospicua donazione al collegio di Miss Minci, cosa che invece accade nell’anime. Nelle pagine scritte, insomma, la bambina mantiene quel tratto tipicamente umano di chi non riesce a dimenticare una mole così gravosa di torti subiti, capendo che non tutti posso essere ‘cambiati’ e ‘redenti’. Al contrario, l’anime ci riporta immediatamente nei valori giapponesi in cui tante volte in queste settimane ci siamo imbattuti. Il sacrificio del protagonista, il perdono, un’empatia quasi inumana che va però coniugata anche col tipo di spettatori a cui è rivolto l’anime. L’insegnamento che ne si può trarre è, infatti, la positività, la determinazione e serenità con le quali Sara affronta le ingiustizie, che le torneranno indietro sotto forma di forza e maturità.

Una triste realtà

Un altro aspetto su cui l’anime pone l’accento è proprio la condizione che la protagonista vive una volta persa la sua ricchezza. Sara è una sguattera, una bambina di 10 anni costretta a lavorare. Proprio quello del lavoro minorile è un tema fondamentale di Lovely Sara, soprattutto perché all’epoca, nella realtà, era un grave problema della società. Il cartone animato si pone come compito proprio quello di sensibilizzare il pubblico sul tema. Va detto che tale tema è così importante che nell’ottica del progetto World Masterpiece Theater altre opere sono state incentrate su tale questione.

La sigla

La sigla “Lovely Sara” è cantata da Cristina D’Avena. La musica è di Giordano Bruno Martelli, con testo di Alessandra Valeri Manera.

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I personaggi

Sara Morris – La protagonista della storia. Ha 10 anni, è di famiglia ricca ma rimane orfana dopo la morte della madre poco dopo la nascita e del padre all’inizio dell’anime.
Miss Geltrude Minci – La direttrice del collegio in cui viene lasciata Sara dal padre. È molto severa e nutre per la protagonista sentimenti di astio.
Becky – È una ragazza di 13 anni, molto povera, che fa la sguattera nel collegio. Diventerà una grande amica di Sara.
Lavinia – Alunna proveniente dagli Stati Uniti, perde la sua posizione di ‘preferita’ nel collegio con l’arrivo di Sara. Per lei sviluppa quindi un sentimento di astio che la porta a trattarla male e umiliarla.
Miss Amelia Minci – Sorella e succube della direttrice. Al suo contrario è simpatia e ben disposta verso Sara.
Margherita e Lalla – Alunne del collegio, grandi amiche di Sara.
Peter – Inizialmente il cocchiere di Sara, diventerà poi suo grande amico.
Jessie e Barbara – Le due migliori amiche di Lavinia, spesso complici nelle sue cattiverie verso Sara.
Molly e James – I due cuochi del collegio, cattivi nei confronti di Sara e Becky.
Monsieur Dupont – L’insegnate di francese del collegio.
Mariette – Inizialmente la cameriera personale di Sara, poi costretta ad abbandonare il collegio.




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Jane e Micci: due destini ‘scambiati’, due classi a confronto
La storia di due bambine scambiate nella culla e il confronto tra due classi sociali drammaticamente differenti

Uno scambio di identità, un grande sogno ricco di ostacoli e classi sociali opposte a confronto: sono questi i temi su cui si basa l’anime degli anni ’80 di cui parleremo in questo nuovo appuntamento della nostra rubrica. Jane e Micci, che nella versione italiana diventano Nicoletta e Michele, sono le due protagoniste dell’anime, sicuramente non tra i più noti di quegli anni, che arriva in Italia nel 1984 ma nasce in Giappone nei primi anni ’70, prodotto dallo studio di animazione Mushi Production, che sarebbe poi diventato il celebre Nippon Animation. La storia parte da un presupposto: cosa accadrebbe se alla nascita il braccialetto identificativo di due neonati venisse scambiato, per errore o volutamente? Da qui ha inizio la complicata storia delle nostre Jane e Micci.

Jane e Micci: la storia

Uno scambio di destini

L’anime ci presenta subito le sue due protagoniste e, soprattutto, la loro condizione economica. Jane e Micci vivono da 17 anni l’identità dell’altra: la prima è cresciuta come figlia della modesta famiglia Mine. Suo padre è un venditore ambulante, sua madre una casalinga e ha un fratellino. Micci, invece, è cresciuta come la figlia del presidente di un’importante società, il signor Koda, dunque in una famiglia molto facoltosa. A scambiarle dopo la loro nascita è stata un’infermiera, la signorina Noara, il cui obiettivo era quello di vendicarsi del signor Koda. Prima di conoscere la sua attuale moglie, Koda ha avuto una storia d’amore con questa infermiera, poi abbandonata perché l’uomo preferì a lei quella che è poi diventata la madre di Micci, figlia del suo capo. Al loro amore preferì, dunque, un matrimonio vantaggioso per la sua carriera. È quindi la cocente delusione d’amore a portare la donna a scambiare le due bambine subito dopo la nascita e a portare avanti per tutta la sua vita questa vendetta.

Gli inganni dell’infermiera Noara

Un salto temporale ci porta dal momento dello scambio a quello in cui le due ragazze, 17 anni dopo, si incontrano. Jane lascia la scuola serale per frequentare una classica scuola, ed è qui che incontra Micci. D’ora in poi nella loro vita interverrà però spesso l’infermiera Noara che le ha scambiate. La donna cercherà, con piccoli indizi e manovre, di interferire nelle loro vite sia private che professionali, alimentando l’odio che Micci prova nei confronti di Jane. Sarà proprio l’infermiera, infatti, a svelare a Micci con una telefonata anonima che avrebbe presto conosciuto la sua ‘vera identità’, e quindi Jane. Questo primo avvertimento dà il via al sospetto che Micci continuerà a provare nei confronti di Jane che si trasformerà poi in astio.

Un sogno in comune

D’altronde a legarle non è soltanto lo scambio alla nascita, ma anche il sogno che entrambe vogliono realizzare: diventare delle cantanti di successo. Un sogno che per Jane è però ancor più complesso proprio a causa della sua situazione familiare. Le sue umili origini vengono aggravate quando suo padre si ammala. Jane è costretta a trovare un lavoro per aiutare la sua famiglia e pagare i ricoveri ospedalieri del padre. È a questo punto che Micci ci mette il suo zampino, chiedendole di lavorare come sua assistente. Chiaramente il suo vero obiettivo è quello di ostacolare la scalata di Jane al successo, umiliandola. Ma questo non frena la ragazza che, mentre Micci segue costose lezioni di canto, si conquista da sola poco a poco l’affetto del piccolo pubblico, iniziando a cantare in piccoli locali.

La verità svelata al mondo

È proprio cantando per piccoli locali in giro per il Giappone che Jane si fa conoscere dal pubblico, iniziando la sua difficile scalata nel mondo della musica. Ricordiamo però che l’infermiera Noara è sempre in agguato e pronta a mettere zizzania e disseminare discordia. D’altronde il suo obiettivo, soprattutto quando le due ragazze iniziano a diventare note cantanti in Giappone, è quello di svelare al mondo il loro segreto, mettendo in crisi la famiglia Koda. Ed è proprio quello che fa: arrivati al 24esimo episodio di Jane e Micci, Matilde Noara (questo il nome nella versione italiana) convoca i giornalisti e svela loro tutta la verità sulle due ragazze. Sarà poi convocata dalla polizia e a loro confermerà la storia in quanto lei stessa autrice dello scambio delle due bambine alla nascita.

Il finale

Ora che la signorini Noara ha svelato tutta la verità, Jane e Micci devono fare i conti con una realtà che mai si sarebbero aspettate. Inizialmente incredule, le due ragazze capiranno successivamente che è invece tutto reale. Micci, sconvolta, scapperà di casa, mentre Jane dovrà affrontare drammi ancor più grandi. La ragazza, nel mezzo di un concerto, riceverà una telefonata che le annuncerà la morte di suo padre. Segue un momento di grande tristezza per una e di smarrimento per l’altra ma le loro strade sono ancora destinate a incontrarsi. Micci verrà ritrovata in ospedale e sarà proprio Jane, insieme alla sua famiglia, a rimanerle vicina fino al suo risveglio. Un gesto che romperà ogni tipo di dissapore passato tra loro. Ormai come sorelle, nell’ultima scena Micci accompagna al pianoforte Jane nella sua più importante esibizione sul palco.

Jane e Micci: curiosità e considerazioni

Una lotta di classe

C’è un aspetto su cui si fonda l’intero anime, che d’altronde onnipresente negli anime degli anni ’70 e in parte anche ’80, ed è la differenza tra due classi sociali ben distinte. Il binomio più vecchio della storia, povero-ricco, è qui alla base di due destini che finiscono per intrecciarsi. Jane cresce nella famiglia Mine, molto modesta, ma sviluppa valori quali il sacrificio, la dedizione, l’amore incondizionato. Micci cresce nella ricca famiglia Koda e ci viene presentata con un carattere superficiale, viziato, dedito alle apparenze. E proprio questa dualità si presente nell’unico aspetto che le accomuna: l’amore per la musica.

Jane canta non solo per guadagnare e poter aiutare la sua famiglia, ma perché ha la vera necessità di esprimersi attraverso la musica dopo aver vissuto molteplici angherie e proibizioni. La sua musica è perciò intensa, vera, incanta chi la ascolta perché racconta una verità. Al contrario la musica di Micci bada alle apparenze, al guadagno, rivelandosi senz’anima. D’altronde Jane, prima di raggiungere il successo, dovrà affrontare drammi e difficoltà senza precedenti; invece la carriera di Micci nella musica si rivelerà effimera.

Il primo anime musicale della storia?

Jane e Micci è considerato il primo anime musicale della storia. Le due ragazze sono insomma le prime ‘idol’, personaggio che avrebbe poi popolato gli anime degli anni ’80. D’altronde di differenze con gli anime musicali più recenti ce ne sono, e non superficiali. In una società logorata dal dopoguerra, dalla criminalità e dalle ingiustizie sociali, una ragazza povera come Jane ha solo un obiettivo da voler raggiungere: l’affermazione personale per dire addio ad una condizione misera. È per questo che nell’anime non c’è spazio per i sentimenti personali, per l’amore, come invece accade in anime successivi a questo.

Una ‘rivincita musicale’

Va inoltre sottolineato un altro aspetto che appare lampante nella visione dell’anime. Lo stesso binomio tra i due tipi di musica di Jane e Micci è quello attraverso il quale il Giappone sembra voler sottolineare la distanza con il mondo occidentale. Come abbiamo accennato prima, i tempi sono quelli del dopoguerra, conflitto dal quale il Giappone esce sconfitto e incontra l’occupazione americana. Questa premessa serve a comprendere la differenza nella musica suonata e cantata da Jane, popolare, drammatica e, alla fine ‘vincente’; e quella più superficiale, potremmo dire commerciale e ‘occidentalizzata’.

La sigla

L’omonima sigla dell’anime è cantata da Nico Fidenco. È scritta inoltre da Ugo Caldari sulla musica dello stesso Fidenco.

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I personaggi

Jane/Nicoletta – Protagonista dell’anime. Cresce nella famiglia Mine ma in realtà e figlia dei coniugi Koda. Ha una grande passione per il canto.
Micci/Michela – Co-protagonista dell’anime. È la vera figlia dei Mine ma cresce con i Koda. Viziata e gelosa di Jane, cercherà di ostacolarla nella sua scalata al successo.
Sumiyo Kōda / Alessandra – Madre di Micci (ma in realtà di Jane).
Daijirō Kōda / Giulio – Padre di Micci (Ma in realtà di Jane).
Michiko Nohara / Matilde – L’infermiera che scambia Jane e Micci nella culla per vendicarsi del signor Koda.
Isao Egawa / Edgardo – Maestro di canto di Jane.
Shinsuke Mine / Giovanni – Padre di Jane (ma in realtà di Micci). Morirà alla fine dell’anime.
Shizuko Mine / Maria – Madre di Jane (ma in realtà di Micci).
Kazuo Mine / Lino – Fratellino di Jane
Jun Nohara / Giancarlo – Discografico e fratello dell’infermiera.




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L’Ape Maia: il viaggio più bello e difficile è quello della crescita
Più che un semplice anime per bambini: la storia di questa simpatica apina è un vero e proprio percorso pedagogico



C’è un anime degli anni ’80 che gli adulti di oggi ancora ricordano con grande affetto e dolcezza, considerandolo uno dei migliori visti durante l’infanzia: L’Ape Maia. Le avventure di questa piccola ape, simbolo della curiosità infantile, si sono tramandate per generazioni grazie alla messa in onda in Italia in vari decenni e su canali diversi.

Diretto nel 1975 da Hiroshi Saito – sceneggiatore di anime come Heidi e L’Isola della piccola Flo – l’anime è una co-produzione nippo-austro-tedesca degli studi Nippon Animation e Apollo films. Una collaborazione che d’altronde affonda radici ancor più profonde visto che la trama centrale di Nisan Takahashi è basata su una raccolta di novelle dell’autore tedesco Waldemar.

La prima serie de L’Ape Maia è composta da 52 episodi di 22 minuti ciascuno, creata nel 1975 da Nisan Takahashi. Nel 1982 fu prodotta una seconda serie composta sempre da 52 episodi di 22 minuti. Arrivato in Italia agli inizi degli anni ’80, l’anime venne trasmesso su Rai Uno, riscuotendo un enorme successo. Arrivò poi su Canale 5 e su Junior Tv, per poi approdare nei primi anni 2000 su Italia 1.

L’Ape Maia: cosa racconta l’anime?

Storia di un’ape curiosa

L’Ape Maia è essenzialmente un kodomo. Una parola questa che letteralmente in giapponese vuol dire ‘bambino’ e che, applicata al mondo anime, vuole indicare un prodotto dedicato all’infanzia. Partendo da questo presupposto, è chiaro che L’Ape Maia racconti una storia semplice, adatta ai più piccoli. Questo però non deve trarre in inganno: adatta ai più piccoli non vuol dire priva di significato o semplicistica.

lape maia

L’Ape Maia è la storia di una piccola ape che, come ogni bambino, vuole scoprire il mondo. La sua curiosità la porterà ad affrontare numerose avventure nel corso dei vari episodi (che non sono pochi!), ognuno dei quali avrà per lei un insegnamento o una risposta a una delle sue tante domande.

Un viaggio alla ricerca di risposte

La nostra Maia è una simpatica e vivace ape nata da poco, il cui tratto distintivo sono i riccissimi capelli biondi. La sua curiosità la porta ad allontanarsi dal suo alveare per scoprire il mondo e trovare risposte alle sue tante domande. In questo percorso Maia non è certo da sola ma viene affidata alle cure di Cassandra, un’ape adulta.

Maia parte così per il suo lungo viaggio che si svolge quasi del tutto all’interno del Prato dei papaveri, un vero e proprio regno degli insetti. È qui che Maia incontra personaggi che saranno poi fulcro delle sue avventure. Alcuni di questi, come il ragno Tecla e il lombrico Max, saranno ricorrenti nei vari episodi, altri invece solo comparse, centrali dunque per un solo episodio. Ricordiamo, infatti, che gli episodi de L’Ape Maia sono autoconclusivi.

Un acerrimo nemico

Maia non è da sola in questo turbinio di avventure. La dolce apina è infatti affiancata da una serie di amici a cui è impossibile non affezionarsi. C’è Willy, un’altra ape che ha la caratteristica di essere molto pigra ma che viene suo malgrado spesso coinvolta nelle avventure dell’amica; c’è Flip, la cavalletta giramondo col cappello a cilindro e c’è Alessandro, un topo colto e saccente.

ape maia will

Le avventure di Maia non sono però sempre allegre e prive di ostacoli. Nel corso della storia si scopre infatti che le api hanno un acerrimo e pericoloso nemico: i calabroni. L’anime rappresenta attraverso questi nemici la parte più pericolosa e crudele del mondo; quella distruttiva contro cui bisogna lottare, sì, ma non da soli. E arriviamo così al finale de L’Ape Maia.

Come finisce l’Ape Maia?

Ci sono anime che sono ricordati per il loro protagonista e per alcune sue avventure ma di cui si ignora completamente il finale o, dopo tanti anni, si è dimenticato. È sicuramente questo il caso dell’Ape Maia. Abbiamo accennato al fatto che questo anime è composto da episodi pressoché autoconclusivi, tuttavia questo non implica l’assenza di un vero e proprio finale. La prima serie de L’Ape Maia ha anzi una conclusione molto significativa.

Dopo la loro lunga serie di avventure, Maia e l’amico Willy decidono di tornare al loro alveare ma devono fare i conti con la loro regina. La situazione però viene stravolta dal rapimento della nostra protagonista da parte dei calabroni. Maia, nel loro covo, viene a contatto con la loro principessa e riesce a scoprire che i calabroni stanno preparando l’invasione al loro alveare. Maia riesce a fuggire e, con l’aiuto di Willy, ad avvisare le altre api che riescono a preparare una difesa, facendo fallire miseramente l’attacco dei calabroni.

L’alveare è salvo e i meriti vanno proprio a Maia e Willy che vengono così riaccolti nella loro casa. Maia, infine, viene nominata maestra: farà da insegnante alle api più piccole.

L’Ape Maia: curiosità e considerazioni

Il valore pedagogico dell’anime

Il viaggio che intraprende l’Ape Maia nell’anime è lo stesso che intraprendono i suoi piccolo spettatori. Il valore pedagogico di questo prodotto è eccezionale se si pensa a ciò che i bambini degli anni ’80 (ma anche degli anni successivi) hanno imparato attraverso le avventure di questa piccola Ape. Maia, d’altronde, è una bambina con le stesse curiosità, lo stesso desiderio di scoprire il mondo e le tante domande che ogni bambino pone agli adulti durante la crescita. La differenza sta che ogni sfumatura del genere umano viene qui ricreata attraverso similitudini nel regno degli insetti.

Così, attraverso le avventure di una piccola Ape, i bambini imparano a scoprire il mondo, ad apprezzare le piccole cose e, soprattutto, a rispettare per la natura. L’ambientazione, d’altronde, gioca un punto a favore in questo senso. La natura, la sua bellezza e i suoi simpatici abitanti sono inevitabilmente un elemento attrattivo per i più piccoli. Disegni e ambientazioni aiutano a mantenere alta l’attenzione mentre Maia, come ogni bambino che si rispetti, vola alla ricerca di spiegazioni e risposte.

Un anime senza adulti diretto anche agli adulti

Va però sottolineato ancora che Maia non è sola in questo viaggio. La piccola Ape non può trovare da sola le risposte a tutte le sue domande, anche perché molte sono difficili, complesse. Ecco allora che è accompagnata in tutto il suo viaggio da alcuni amici, in particolare Flip e Alessandro, che fungono da adulti pazienti e sapienti e seguono la nostra protagonista durante il suo viaggio che è in tutto e per tutto un percorso di apprendimento.

Flip e Alessandro sono la metafora degli adulti umani – nell’anime totalmente assenti – che affiancano i bambini nel loro percorso di crescita. Un messaggio importante che rende questo anime diretto non solo ai più piccoli ma che mira a ricordare ai più grandi che c’è sempre da imparare e che bisogna essere pazienti e pronti ad affiancare i bambini in un percorso difficile come quello della crescita.

L’importanza delle radici

Un ultimo insegnamento, tra i più importanti, arriva attraverso il finale. La curiosità di Maia la porta a lasciare casa, le sue radici, per intraprendere il proprio percorso di vita. Eppure, dopo tante avventure e imprevisti, la nostra protagonista ha un solo pensiero: quello di tornare a casa, nel suo alveare. Proprio per questo alveare metterà a rischio la sua vita quando i calabroni la cattureranno.

Rischiare per i suoi affetti, per ciò che rappresenta la sua casa è una decisione che Maia affronta senza paura perché per lei necessaria. Una scelta che alla fine la premia e che si fa simbolo di una delle più belle metafore dell’anime: i più piccoli, così come gli adulti, potranno affrontare il mondo da soli se legati a forti radici rappresentate dagli affetti. L’unione e l’amore saranno sempre le armi più forti attraverso le quali poter combattere le ostilità.

La sigla

La prima serie dell’anime venne trasmessa con la celeberrima sigla contata da Katia Svizzero “L’Apemaia“. Nelle successive repliche essa venne poi sostituita da “L’Apemaia va” in apertura e “L’Apemaia in concerto” in chiusura, entrambe sempre cantate da Katia Svizzero.

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CITAZIONE (Minerva X @ 27/3/2023, 16:51) 
In effetti il gruppo dei sette fratelli di Coccinella somiglia molto al gruppo di Daltanious con però per me una gran differenza tra i due protagonisti: tra Kento e Kaji, pur somigliandosi un po' caratterialmente(impetuosi, irrequieti e rozzi entrambi), c'è una notevole differenza, Kento è simpatico, scherzoso e solare, Kaji è di un'odiosita' e antipatia assurda per me

Io credo che la differenza principale è che Kaji è il vero fratello maggiore e si trova a fare le veci del genitore non avendone la maturità. Kento invece è uno spirito libero che è considerato come un fratello maggiore dagli altri membri della comunità.
Kaji adotta una certa autoritarietà e cerca di darsi un tono (anche se poi fa sempre figuracce) mostrandosi impaziente con i fratellini e talvolta prepotente, Kento invece è generoso ma più un compagno di malefatte o "cattivo esempio" quando insegna loro a lottare, fa il sumo o all'inizio li trascina a rubare
 
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I predatori del tempo: ridere insieme ai cattivi
Un anime della serie Time Bokan dove è impossibile non ridere insieme al trio di 'cattivi'



Se Yattaman è rimasto nel vostro cuore, non potrete non apprezzare I predatori del tempo, anime che appartiene alla stessa serie, la Time Bokan, dedicata, appunto, ai viaggi nel tempo.

Prodotta quindi dalla Tatsunoko, questa serie animata nasce in Giappone nel 1980 e arriva in Italia solo qualche anno dopo, nel 1985. Come in Yattaman, anche ne I predatori del tempo la trama si sviluppa sullo stesso pretesto: la lotta tra due squadre rivali, i buoni e i cattivi, per salvare/cambiare il tempo. Il tutto in un’atmosfera per nulla seria ma, anzi, spesso comica.

I predatori del tempo: la storia dell’anime

La ‘polizia’ del tempo

Come dicevamo, fulcro di questo anime sono i viaggi nel tempo. Ci troviamo nel futuro, dove viaggiare nel tempo è ormai una consuetudine, al punto che per regolare tali viaggi e controllare che non venga modificata la storia, esiste una polizia adibita. Su una base spaziale lontana migliaia di chilometri dalla Terra c’è una base spaziale gestita dal dottor Tonnan. Questi guida una serie di squadre adibite a controllare ed intervenire in prima persona per evitare che qualcuno modifichi il flusso degli eventi e, dunque, la storia. Ad aiutarlo c’è un robot, Hinebot, che riesce a carpire messaggi importanti riguardanti problemi nel tempo.

predatori del tempo squadre

Il dottor Tonnan nell’anime guida soprattutto due squadre, che sono poi i nostri protagonisti. Da una parte c’è la squadra composta dai giovani Hikaru e Nana; dall’altra un bizzarro terzetto composto da Atasha, Sekovitch e Dowalski.

Chi sono i cattivi?

Ma allora chi sono i cattivi della serie? Se il duo composto da Hikaru e Nana rappresenta la fazione dei ‘buoni’, in realtà il trio formato da Atasha, Sekovitch e Dowalski rappresenta quella dei ‘cattivi’. Questo trio di scansafatiche viene infatti intercettato da un misterioso personaggio incappucciato, Tomomot, che non mostra mai il suo volto e contatta i tre sempre attraverso un computer.

Questo cattivo rivela loro di aver un libro che racchiude la storia così come da lui concepita e che molte delle cose che sono in realtà accadute non coincidono con quanto da lui scritto. Ecco perché incarica i tre di cambiare alcuni importanti momenti della storia a suo favore. In cambio promette loro di realizzare i loro più grandi sogni, rendendoli tre personaggi importanti e ricordati da tutti.

Cattivi e buoni ‘sotto copertura’

Allettati dalla proposta, i tre accettano la missione e si trasformano nei malvagi Predatori del Tempo; un compito che gestiscono in segreto e, dunque, ‘mascherati’ proprio perché al contempo rimangono anche nella Pattuglia del tempo. A partire dall’episodio 4 appare anche un nuovo personaggio, Gekigaski, addestrato per entrare a far parte della Pattuglia del Tempo. Il ragazzo si unisce alla squadra del trio e, dall’episodio 13, entra a far parte dei Predatori del Tempo.

predatori del tempo anime

I tre però non sanno che i giovani Hikaru e Nana sono i due eroi mascherati noti come I Salvastoria che intercettano sempre le loro malvagie missioni, impedendo loro di portarle a termine. Il professor Tonnan, infatti, riesce ad intercettare i messaggi di Tomomot grazie al robot Hinebot, ricavandone una data e un luogo. È lì che poi spedisce la sua squadra speciale. Il dottore però non sa che Hikaru e Nana sono I Salvastoria e che il bizzarro trio compone i Predatori del tempo.

Il finale

Sul finale della serie tutti i nodi vengono al pettine. Tomomot chiede ancora al trio di agire per una missione malvagia: evitare che i genitori del professor Tonnan si mettano insieme e che lui nasca. Anche questa volta però i tre vengono sconfitti prima del peggio. Al contempo però si scopre che il robot Hinebot non captava i messaggi ma li trasmetteva e che dietro Tomomot e i Predatori in realtà c’è Gekigaski. Con le sue capacità l’affascinante ragazzo è riuscito a creare un programma, Tomomot appunto, che non è dunque una vera persona.

Lo scopo di Gekigaski era quello di cambiare il corso della storia per impedire agli umani di progredire e causare poi la distruzione della Terra, come da lui previsto alla fine dei suoi studi. Il Trio intanto viene arrestato ma lui riesce a farli fuggire. Il finale dell’anime ha però dell’eclatante: proprio i tre, guidati da Gekigaski, si sacrificheranno per quella stessa Terra che il cattivo voleva distruggere, fermando la cometa di Oboler che si stava dirigendo verso il pianeta.

I predatori del tempo: curiosità e considerazioni

Quei simpatici cattivi…

I predatori del tempo, ancor più di Yattaman, mettono al centro dell’attenzione non gli eroi ma i cattivi. È impossibile per il pubblico dell’anime non simpatizzare per il bizzarro trio alle prese con missioni impossibili invece che con il duo di buoni. Quasi ci si schiera dalla loro parte negli scontri a spasso nel tempo che, alla fine, si concludono sempre con la disfatta dei tre. Trovarne il motivo non è difficile: è l’umorismo che permea la serie a rendere impossibile odiare i villain di turno.

predatori del tempo2

L’umorismo dichiaratamente demenziale de I predatori del tempo – lo stesso che troviamo nelle altre serie Time Bokan – è ciò che conquista lo spettatore, ancor più della battaglia interna tra le due fazioni. Motivo per il quale è difficile schierarsi da una parte o dall’altra. Ciò che più si desidera è infatti godersi la comicità della serie e dei suoi personaggi stereotipati.

La risposta agli anime ‘troppo seri’

Riconoscere gli anime della serie Time Bokan non è certamente impresa ardua. Oltre alla caratterizzazione fisica dei personaggi pressoché uguale in tutte le serie animate (tanto che a volte distinguerli da serie a serie è molto complicato), l’elemento unico e presente in tutte è proprio questo umorismo demenziale che nasce però con uno scopo ben preciso.

Ribadiamo infatti che le serie animate della Time Bokan nascono in contrapposizione agli anime seri e impegnati che dominano gli anni ’80. Guerre spaziali, drammi familiari, robottoni che combattono per la salvezza di un pianeta spesso allo stremo, sono infatti gli elementi che invadono le storie in onda sul piccolo schermo in quegli anni.

Punto debole e punto forte

Per quanto la serie sia effettivamente divertente, ciò che può annoiare de I predatori del tempo è la sua schematicità. Ogni episodio è infatti strutturato allo stesso modo: parte dallo stesso presupposto per poi svilupparsi e concludersi con la sconfitta dei cattivi (cosa che accade per circa 50 episodi!). Unica eccezione è il finale che esce sicuramente fuori da questo schema che potremmo definire banale.

Se questo è probabilmente il maggiore punto debole della serie, è anche vero che oltre alla simpatia di situazioni e personaggi, a renderla godibile è anche la presenza a riferimenti storici che si mescolano a miti, fiabe, leggende e luoghi comuni (nel primo episodio, ad esempio, si parla della scoperta dell’America ad opera di Cristoforo Colombo).

La sigla

La sigla dal titolo I Predatori del tempo è cantata da I Cavalieri del Re e scritta da Riccardo Zara.

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I personaggi

Atasha – Leader dei Predatori del tempo, è la protagonista femminile. Ha circa 30 anni ed è una donna affascinante, tanto che i sue due scagnozzi sono entrambi innamorati di lei.
Sekovitch – È il cervellone del trio, dal carattere spigoloso, e l’aspetto segue lo stereotipo delle altre serie Time Bokan.
Dowalskij – Non poteva mancare l’omone dalla grande forza, altro elemento tipico di queste serie. Eccelle negli sport ma non brilla per intelligenza.
Gekigaski – Inizialmente membro della Pattuglia del tempo, poi dei Predatori del tempo, si scoprirà essere la mente malvagia dietro il trio.
Hikaru Oshino – Ragazzo della Pattuglia del tempo, è uno dei Salvastoria.
Nana Mikazuki – Ragazza della Pattuglia del tempo e secondo elemento dei Salvastoria.
Direttore Tonnan – È il comandante della Pattuglia del Tempo.
Hinebot – Il robot che aiuta il direttore Tonnan nelle sue missioni di ‘salvataggio’ nel tempo.




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Tom Story: un anime spensierato dal forte valore morale
L'anime che racconta le avventure Tom Sawyer e Huckleberry Finn, racchiudendo tutti i canoni del World Masterpiece Theater



Torniamo a dedicarci al progetto World Masterpiece Theater in questo nuovo appuntamento con la rubrica degli anime degli anni ’80. Dopo il racconto di Peline Story di qualche settimana fa, oggi è tempo di vivere le avventure dell’anime Tom Story. Creato dalla Nippon Animation nel 1980 e trasmesso inizialmente in Giappone dalla Fuji TV, l’anime si ispira a due popolari romanzi: Le avventure di Tom Sawyer e Le avventure di Huckleberry Finn.

Tom Sawyer è il protagonista principale della nostra storia ma, nelle sue avventure, è affiancato costantemente da Huckleberry Finn, con cui va a creare un duo di piccoli combinaguai. Va detto che i due romanzi a cui si ispira l’anime, scritti da Mark Twain, fanno parte di un gruppo più vasto, a cui si aggiungono Tom Sawyer Detective e Tom Sawyer Abroad, una sorta di sequel in quanto tutti collegati tra loro.

Tom Story: la storia dell’anime

Chi è Tom Sawyer

Il mood dell’anime è quello tipico del World Masterpiece Theater: paesaggi campestri, bambini grandi protagonisti e temi che toccano il cuore. La serie in questo caso è ambientata al villaggio di Saint Petersburg, una cittadina immaginaria del Missouri. Ci troviamo durante l’estate di un anno della seconda metà del XIX secolo e, tra case coloniali e un sfondo storico che fa cenno anche alla tratta nei neri in America, conosciamo il nostro piccolo protagonista: Tom Sawyer.

Tom è un bambino irrequieto, sempre pronto all’avventura e costantemente nei guai. Dopo essere rimasto orfano di entrambi i genitori è stato adottato da una zia, Polly, già madre di una ragazza Mary. Con Tom, zia e cugina vive anche il fratello minore Sid con cui però non va sempre d’accordo.

Tom e Huckleberry: l’amicizia alla base dell’intera storia

Dopo aver conosciuto Tom immerso nella quotidianità della sua famiglia, lo vediamo anche nell’ambiente scolastico. Anche qui le cose non cambiano: Tom non ama affatto studiare ed è anzi costantemente in punizione per le sue burle all’insegnante e la sua distrazione in classe. La sua grande passione è quella di giocare con gli amici. È qui che conosciamo Huckleberry Finn, un bambino che non è visto di buon occhio da gran parte del villaggio perché considerato un monello e fannullone.

tom story

In realtà Huckleberry vive in condizioni di povertà e non è seguito dai genitori, visto che l’unico che ha, suo padre, è violento e alcolizzato. Tom però non bada a ciò che dice il villaggio e, anzi, trascorre gran parte del suo tempo con lui cacciando animali selvatici, giocando ai pirati sul fiume e andando alla ricerca di tesori nascosti. Proprio questo li porterà nel mezzo di una situazione pericolosa e complicata.

Tom e l’amore per Becky

Il protagonista di Tom Story non è soltanto un bambino irrequieto e pasticcione ma dimostra anche di avere un gran cuore. Lo si vede chiaramente quando nella storia arriva la piccola Becky. Figlia del nuovo giudice del villaggio, Becky incontra Tom poco dopo il suo trasferimento e i due fanno subito amicizia. Lui, però, si innamora della bambina a prima vista e per lei sarà disposto anche a ‘sacrificarsi’, dicendosi colpevole di marachelle compiute però dalla bambina.

tom story becky anime

Becky entrerà a far parte del gruppo di amici capeggiato da Tom e Huckleberry, finendo spesso nei pasticci. Uno di questi occupa tutta l’ultima parte dell’anime, così come accade nel libro di Twain, e riguarda addirittura un omicidio.

Il finale

Tom Sawyer è suo malgrado testimone dell’omicidio del dottor Robinson per mano de L’indiano Joe, un uomo dal passato turbolento. La colpa dell’omicidio ricade però su un’altra persona e sarà proprio Tom, con la sua testimonianza, a scaglionarlo. L’indiano Joe intanto si nasconde e si imbatte, all’interno di una grotta, in un tesoro di alcuni banditi. La felicità di questa scoperta però dura poco: Joe muore durante un inseguimento con lo sceriffo del villaggio.

Saranno Tom e Huckleberry a ritrovare questo tesoro. Con l’intervento del giudice, i due potranno tenere metà per uno delle monete ritrovate e iniziare una nuova vita. Huck, nel particolare, sarà adottato da una signora ricca e inviato finalmente a scuola. Il denaro non cambia però i due bambini che, nell’ultima immagine dell’anime, finiscono nuovamente in punizione.

Tom Story: curiosità e considerazioni sull’anime

Un’amicizia oltre il pregiudizio

Anche Tom Story come gli altri anime che fanno parte del progetto World Masterpiece Theater fa della sua più grande forza la genuinità dei sentimenti. L’intero anime, infatti, poggia le basi sull’amore, che viene riproposto in varie sfaccettature e situazioni. Il primo esempio di questo amore, quello più potente che troviamo nell’anime, è l’amicizia di Tom e Huckleberry Finn.

Huck è un bambino solo, abbandonato dalla società che lo vede come un individuo da evitare proprio a causa della sua condizione di povertà. Tom, però, è un bambino e non ha in se quella malizia degli adulti; è così che va oltre l’apparenza, portando lo spettatore a scoprire che dietro ciò che viene mostrato c’è molto di più. Huck è in realtà un bambino abbandonato a se stesso che si arrangia come può, vivendo in un capanno e procacciandosi il cibo da solo. L’incontro con Tom sarà anche per lui un’epifania: Huck scoprirà l’amicizia vera, l’affetto incondizionato e senza pregiudizio. I due diventeranno grandi amici e saranno pronti anche a sacrificarsi l’uno per l’altro. Proprio grazie a Tom, Huck avrà poi una seconda possibilità: quella di iniziare una nuova vita.

Il riscatto sociale

Questo ci porta ad un altro tema dell’anime: quello del riscatto sociale. Tom Sawyer e Huckleberry Finn, alla fine della storia, vivono una sorta di upgrade: si ritrovano improvvisamente ricchi e, per di più, Huck viene adottato da una signora benestante. Ci si aspetterebbe dunque che il finale dell’anime ce li mostri in condizioni differenti da quelle mostrate all’inizio e invece ciò che accade è la più giusta delle conclusioni.

Il denaro e la vita più agiata non cambiano Tom e Huck. È per questo che nel finale li ritroviamo insieme a scuola, fianco a fianco, mentre vengono ancora una volta rimproverati dalla maestra a causa della loro pigrizia e dei loro pasticci. Tom e Huck sono gli stessi dei primi episodi, con la differenza che le avventure vissute fianco a fianco hanno reso la loro amicizia più forte che mai. Questo è per loro il valore primario nella loro esistenza.

Conclusioni

Tom Story è, in conclusione, una serie sicuramente spensierata, ricca di avventure divertenti ed entusiasmante, che contiene un forte valore sociale e morale. Tom, a suo modo, combatte per l’amicizia ma anche contro le disuguaglianze, mettendosi al pari di coloro che sono posti ai margini della società. Il protagonista è infatti ‘usato’ dal narratore anche come mezzo per raccontare il disagio di molti: coloro che non sono tutelati, i più deboli, spesso scambiati per delinquenti e persone poco raccomandabili.

Tom insegna dunque allo spettatore ad andare oltre l’apparenza, messaggio che incarna, d’altronde, lui stesso. Questo bambino pasticcione, che ne combina di ogni colore, è in realtà un protagonista dal grande cuore, che racchiude il coraggio di combattere e mettersi in discussione per i suoi valori.

La sigla

La sigla italiana di Tom Story ha come titolo ‘Tommy‘. Cantata da La banda di Tom, pseudonimo del Banco del Mutuo Soccorso, è stata scritta da Francesco Di Giacomo, Onirico e Sherpa, su musica di Rodolfo Maltese, Onirico e Sherpa.




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I 10 PEGGIORI TRADITORI DI SEMPRE NEGLI ANIME

Gli anime sono pieni di personaggi malvagi, alcuni dei quali sono ovviamente cattivi fin dall'inizio. Altri cattivi, nel frattempo, aspettano il momento giusto per colpire e tradire le persone che un tempo si fidavano di loro.

Ecco la lista dei 10 peggiori traditori degli anime:

10 - Amy Kirio (Benvenuto alla Scuola dei Demoni, Iruma-Kun!)

Amy Kirio è una studentessa della Scuola di Babyl che è stata manipolata da Baal, un demone malvagio. Ha tradito Iruma Suzuki e l'intera scuola e ha cercato di ucciderli.

9 - Solf J. Kimblee (Fullmetal Alchemist: Brotherhood)

Solf J. Kimblee è un serial killer che ha lavorato per il governo di Amestris. È un uomo sadico e spietato che non ha esitato a tradire il suo stesso paese per raggiungere i suoi obiettivi.

8 - Nikki Hanada (Dr. Stone)

Nikki Hanada era un membro della squadra di Tsukasa Shishiō ma è stato convinto da Senku Ishigami ad abbandonare la causa distruttiva di Tsukasa e ad unirsi al Regno del Potere. Ciò ha contribuito a ribaltare la situazione nelle disperate Guerre di Pietra.

7 - Akira Hayama (Food Wars!)

Akira Hayama è uno chef che è stato tradito dai suoi genitori quando era bambino. Questo lo ha portato a diventare un uomo freddo e calcolatore e ha tradito tutti i suoi compagni studenti e la loro fiducia in lui quando ha iniziato a cucinare per il regime egoista di Azami.

6 - Suguro Geto (Jujutsu Kaisen)

Suguro Geto era un amico e compagno di classe di Satoru Gojo col quale ha avuto un litigio durante l'adolescenza. Suguro iniziò a credere nella supremazia degli stregoni e voleva spazzare via tutti gli umani non stregoni, qualcosa che Satoru non avrebbe mai potuto accettare. Per scoprire il motivo per cui Geto in Jujutsu Kaisen 2 diventa un villain, leggete questo articolo.

5 - Yuga Aoyama (My Hero Academia)

Yuga Aoyama è un Pro Hero che è nato Senza Quirk. I suoi genitori hanno stretto un patto disperato con All For One per dare al figlio un Quirk in cambio dell'uso di Yuga come doppio agente. Yuga ha tradito gli eroi e ha aiutato All For One a fuggire dalla prigione, tuttavia in seguito si è pentito delle proprie azioni in quanto affezionatosi ai suoi compagni di classe esprimendo loro la volontà di redimersi.

4 - Capitano Barbanera (One Piece)

Il Capitano Barbanera è un pirata che ha tradito la sua ciurma per impossessarsi del Frutto Oscuro del Tremor. Era un pirata ambizioso e senza scrupoli e non ha esitato a tradire i suoi amici per raggiungere i suoi obiettivi.

3 - Black Zetsu (Naruto)

Black Zetsu era un essere senziente che aveva manipolato gli eventi del mondo da secoli. Era in realtà un'estensione della volontà di Kaguya Otsutsuki, e il suo obiettivo era riportarla in vita. Ha tradito Madara Uchiha e l'Akatsuki contribuendo alla caduta di entrambi.

2 - Sosuke Aizen (Bleach)

Sosuke Aizen era un Capitano della Soul Society che ha tradito la sua posizione per raggiungere i suoi obiettivi personali. Era un abile stratega e manipolatore e ha usato le sue abilità per mettere in atto il suo piano di conquistare il mondo. Il suo tradimento ha portato alla guerra fra la Soul Society e gli Arrancar e ha causato la morte di molti innocenti. Se volete scoprire quali sono i 10 personaggi di Bleach che non meritano la redenzione, leggete questo articolo.

1 - Griffith (Berserk)

Griffith è uno dei personaggi più controversi e discussi di tutti gli anime. Il suo tradimento dei suoi amici e alleati, Guts e Casca, è uno dei momenti più scioccanti e sconvolgenti di tutta la storia degli anime. Griffith era un leader carismatico e promettente, e la sua ascesa come divinità oscura è stata un duro colpo per tutti quelli che lo conoscevano.

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LE 10 MIGLIORI DICHIARAZIONI ROMANTICHE NELLE SERIE ANIME!

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In una scena della Sirenetta del 2023, una volta divenuta umana la protagonista conosce, andando al mercato, una donna che le spiega che le forchette non si usano per pettinarsi.

L'attrice che interpreta questo breve cameo è nientemeno che Jodi Benson, la donna che aveva donato la sua voce ad Ariel nella versione cinematografica del 1990.


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