Nuova puntata.
5.Da tempo, ormai, la sua vita aveva ripreso a scorrere abbastanza normalmente: il suo corpo si era irrobustito, le cicatrici erano praticamente scomparse, le visite di controllo nel Centro Medico si erano via via diradate. Hydargos continuava a trattarla con la consueta ruvida gentilezza, e Naida provava per lui una gratitudine profonda. In qualche modo lei, che aveva creduto di essersi inaridita, aveva ricominciato a sentire un certo attaccamento per quell’uomo ombroso che l’aveva salvata. Alle volte si era sentita persino vicina a provare qualche sprazzo di felicità... la speranza in un futuro migliore, che assieme all’attaccamento alla vita era la base stessa della sua esistenza, contribuì non poco a strapparla dall’abisso di disperazione grigia e gelida in cui aveva temuto di sprofondare.
In questo c’era però l’aiuto che le era venuto da Yorad. Naida continuava le sedute con lo psicoterapeuta telepate: senza di lui, difficilmente avrebbe potuto riprendere a vivere. Era stato lui ad impedirle di finire schiacciata dalla disperazione e dai sensi di colpa, lui ad insegnarle ad accettare anche il dolore più atroce, lui a darle la forza di non sfuggire a sé stessa. Se Naida aveva recuperato un certo equilibrio, lo doveva soprattutto a lui.
Hydargos, che aveva sempre guardato con diffidenza agli psicoterapeuti, aveva manifestato da subito la sua perplessità: davvero lei aveva bisogno di quelle sedute?
Naida si era sentita morire: se l’avesse voluto, lui avrebbe potuto impedirle di continuare le terapie: – Vuoi che non ci vada più...?
Persino ad Hydargos fu evidente la disperazione che aveva vibrato nella voce di lei: – La mia era solo una domanda. Se pensi di avere ancora bisogno di Yorad, continua ad andarci.
Nonostante le terapie, Naida si sentiva ancora fragilissima: per quanto avesse cercato di farsi una ragione di quanto aveva subito, alle volte era presa da attacchi di panico – sempre meno frequenti, per fortuna. Spesso doveva prendere gocce per dormire, e incubi vari funestavano il suo sonno. Fortunatamente, Hydargos non mostrava fastidio quando lei si svegliava piangendo e tremando: non era certo uomo capace di confortarla con parole dolci, questo no, ma era pur sempre una presenza paziente e rassicurante.
A parte i medici del centro, l’unico altro veghiano per cui Naida provava una certa simpatia, strano a dirsi, era Zuril. Era stato lui, su ordine di Re Vega, a condizionarla, causando involontariamente la morte del bambino, di cui aveva ignorato l’esistenza; però era anche stato lui a capire cosa stava succedendo e a salvarla dal morire dissanguata. E comunque, l’aveva sempre trattata con cortesia, come se lei fosse stata una donna libera e non una schiava, e per Naida, abituata all’indifferenza della quasi totalità dei veghiani, questo contava, e molto.
Non sapeva quanto ci fosse dell’opera di Yorad in questo suo nuovo modo di vedere e accettare le cose, e quanto fosse un suo personale percorso di maturazione; ma, nonostante quella sua fragilità emotiva che la faceva sentire tanto vulnerabile, Naida percepiva un qualcosa di nuovo, in sé stessa... una forza sconosciuta di cui ancora non conosceva la reale portata.
In qualche modo, Naida era cresciuta.
Il corridoio pareva singolarmente lungo e deserto. In preda a quell’inquietudine che mai l’abbandonava quando era al di fuori delle rassicuranti pareti del suo alloggio, Naida accelerò il passo. Hydargos insisteva perché lei uscisse, non vivesse confinata tra quattro pareti; un po’ per compiacerlo, e un po’ perché effettivamente non ne poteva più di restare rinchiusa, lei aveva obbedito, ricominciando a frequentare la videoteca – soprattutto negli orari in cui era sicura di non trovare troppa gente. Leggeva, visionava filmati, cercava qualsiasi materiale trattasse Fleed e la sua distruzione; aveva anche letto i resoconti di quanto era accaduto mentre lei giaceva al centro medico, in coma. Aveva letto delle battaglie contro Goldrake, le sconfitte subite da Vega; aveva potuto comprendere meglio il suo padrone, il suo essere sempre così ombroso.
Stringendo in mano i dischi che aveva preso in prestito per poterli visionare con comodo a casa, Naida accelerò il passo: non che fosse tardi, Hydargos certo non l’avrebbe rimproverata, ma… ma, aveva paura. Vega la terrorizzava. Nonostante la sua lunghissima permanenza al centro medico le avesse insegnato che esistevano anche veghiani gentili, Naida evitava con cura qualsiasi contatto con quelli che considerava degli oppressori, dei nemici.
Un rumore di passi la fece trasalire: doveva esserci qualcuno, lì vicino. In preda ad un timore irrazionale, Naida affrettò il passo, svoltò nel primo corridoio alla sua destra… e finì tra le braccia di un veghiano alto, dal viso oscuro.
Imbarazzatissima, lei mormorò una scusa e tentò di svincolarsi, ma lui la trattenne, mentre i suoi lunghi occhi gialli l’esaminavano con evidente compiacimento.
– Ma io ti ho già vista! – esclamò infine lui – Fammi pensare… Dove ci siamo incontrati?
– Non credo che ci conosciamo, signore – Naida tentò ancora di liberarsi – Lasciatemi andare, per favore.
Imperturbabile, lui la trattenne osservandone i capelli d’oro verde, la pelle bianca: – Tu non sei di Vega, devi essere di Fleed. A chi appartieni?
Naida alzò la testa: – Sono la schiava del Vicecomandante Hydargos – esclamò, sforzandosi di mostrarsi sicura di sé – Il mio padrone mi aspetta. Lasciatemi andare, o… – pensava di vedere quell’importuno sconosciuto ammutolire al nome di Hydargos, ma rimase allibita vedendolo gettare la testa all’indietro scoppiando in una gran risata.
– La schiava di Hydargos! – esclamò l’uomo, senza mollare la presa – Ma certo! Adesso mi ricordo, ti avevo vista a quella cena con Sua Maestà.
Naida rimase senza fiato: ricordava molto bene, ora, ricordava quel comandante che l’aveva guardata con insistenza, mettendola in imbarazzo… quel comandante Dantus che Hydargos non poteva soffrire. Disperata, gettò uno sguardo attorno a sé in cerca d’aiuto, ma il corridoio era totalmente deserto.
– Ti avevano condizionata per mandarti contro Goldrake – stava intanto continuando Dantus – Dicevano che eri rimasta sfigurata in un’esplosione.
– Infatti, signore – lei tentò ancora, del tutto inutilmente, di liberarsi.
– Sei rimasta ustionata, immagino – Dantus le fece scorrere una mano sul braccio – Ti hanno curata molto bene. Hai la pelle liscia, morbida.
Naida aveva ormai le lacrime agli occhi: – Signore, vi prego…! Il mio padrone…
– Credi che mi preoccupi di Hydargos? – rispose Dantus, sprezzante – Gli sono superiore di grado, non lo sai? Pensi che potrebbe dirmi qualcosa, se m’interesso alla sua schiava?
Ormai atterrita, Naida si dibatté con tutte le sue forze, mentre Dantus rideva e continuava a trattenerla; un rumore di stoffa lacerata, e la sua tunica le penzolò giù dalla spalla, mentre la manica strappata rimaneva nelle mani di lui. Naida afferrò i lembi della scollatura per coprirsi il seno, e Dantus la spinse contro una parete, appoggiando le mani ai lati di lei, intrappolandola.
– Lasciatemi stare! – Naida non riusciva più a controllare il tremito nella sua voce.
– Che ne diresti di cambiare padrone? – lui sembrava spogliarla con lo sguardo; le mise le mani sulle spalle nude, accarezzandola con compiacimento, e la sua voce si fece bassa, sensuale – Come pensavo, hai una pelle bellissima. Ti è rimasta qualche cicatrice?
Incapace di trattenersi, Naida scoppiò in lacrime: – Vi prego, lasciatemi stare…!
Per nulla turbato dal terrore di lei, Dantus la strinse tra le braccia, infilandole le mani sotto la tunica strappata, accarezzandole la schiena: – Sei fin troppo bella per Hydargos. Sei sprecata, per uno come lui. Pensavo di tenerti per qualche tempo, ma invece credo proprio che ti comprerò. Sarà interessante scoprire se ti è rimasto qualche segno, da qualche parte…
– Non potete farlo…! – lei non riusciva più a trattenere i singhiozzi.
– Certo che posso! – Dantus la spinse contro la parete, premendovela contro con il proprio corpo – Hydargos non potrà rifiutarsi, io sono suo superiore. Non ti piacerebbe diventare la mia schiava personale?
– Vi prego, no!
Lui rise: – Sarà meraviglioso farti cambiare idea – chinò la testa su quella di lei e s’impossessò della sua bocca, soffocandole in gola le proteste. Lei tentò un’ultima volta di liberarsi, di allontanarlo da sé inarcandosi all’indietro; i lembi del vestito le scivolarono dalle dita, e lui fu rapidissimo ad insinuarle una mano nella scollatura strappata, mentre continuava a baciarla per impedirle di urlare.
In un secondo, fu libera. Naida vacillò sulle gambe malferme, incredula, mentre Dantus, gli occhi sfavillanti di collera affrontava Zuril che l’aveva strappato alla sua preda.
– Non t’immischiare, Zuril! – esclamò Dantus, minaccioso – Non ti riguarda.
Impassibile, Zuril si pose tra Naida, ancora addossata alla parete metallica, e il suo aggressore: – Lasciala stare.
– Ma per piacere! – Dantus aprì le mani in un gesto che voleva sembrare conciliante – Zuril! Non vorrai litigare per… per una serva che chissà quanti si sono portati a letto!
Zuril gettò un’occhiata a Naida, che lo fissava implorante, supplicandolo con lo sguardo di non abbandonarla, poi tornò ad affrontare il collega, pacato come sempre: – Il problema, Dantus, è che lei non mi sembra proprio d’accordo. Credo che tu non le piaccia.
– Ti metti a fare il paladino delle schiave, adesso? – lo derise Dantus – Fatti gli affari tuoi e vattene.
– Una donna che ha bisogno d’aiuto è un affare che mi riguarda – Zuril appariva calmo, ma era in preda ad una collera gelida – Sparisci!
– Chi ti dice che abbia bisogno d’aiuto? – rise Dantus – Naturalmente lei protesta perché non può fare altrimenti, ma non mi sembrava che le dispiacesse troppo…
– Non è vero! – gridò impulsivamente Naida, raccogliendosi attorno al corpo i lembi della sua tunica – Io non volevo!
Dantus sorrise: – Le donne sono delle gran bugiarde.
– È meglio se ti allontani, e subito – Zuril strinse i pugni.
– Cosa mi faresti, sentiamo – Dantus si fece avanti, strafottente. Attaccò all’improvviso, sferrando un pugno verso la mascella di Zuril; il generale schivò d’un soffio colpendo a sua volta l’avversario con un potente diretto al fegato. Dantus si piegò in due, scosso dai conati di vomito.
Zuril strofinò le nocche contro l’altra mano, sovrastando l’avversario: – La questione è chiusa.
– Me… la… pagherai – Dantus faticava a respirare.
Zuril non lo degnò d’uno sguardo e si rivolse a Naida, prendendola per un gomito: – Vieni. T’accompagno al tuo alloggio.
Stringendosi addosso i pezzi del suo vestito, Naida gli trotterellò a fianco, mentre lui la guidava giù per il corridoio: – Signore, io… grazie. Se non ci foste stato voi…
– …Probabilmente adesso avresti un paio di cose da spiegare ad Hydargos – rispose leggermente lui.
Naida s’incupì: – Spero che mi crederà, io non volevo… ma lui… il comandante Dantus, voglio dire… io non volevo!
– Lo so – Zuril vide quel bel viso angosciato ed aggiunse: – Parlerò io con Hydargos. Sta’ tranquilla.
–
Che cos’è successo? – Hydargos passò con lo sguardo da Naida, in lacrime e con le vesti a brandelli, a Zuril: – Chi è stato?
– Dantus – rispose Zuril; poi riferì concisamente quanto era accaduto, mentre Hydargos lo ascoltava in silenzio, gli occhi che mandavano lampi.
– Quel bastardo…! – esclamò infine, ricadendo contro lo schienale della sua poltrona. S’accorse d’avere ancora davanti a sé il computer acceso e lo spinse da una parte. Il lavoro avrebbe aspettato.
– Io… io non volevo, signore! – pareva che Naida non fosse capace di dire altro.
In silenzio, Hydargos s’alzò, avvicinandosi alla sua schiava. Tese un braccio verso di lei, e per un attimo Zuril ebbe il timore che volesse schiaffeggiarla; invece Hydargos le passò la mano tra i capelli, in una carezza un po’ ruvida. – Mi dispiace, piccola. Andrò da Dantus e gli dirò il fatto suo. Non devi avere paura di lui.
– Signore, ha detto che vuole comperarmi – balbettò lei.
Hydargos scambiò un’occhiata con Zuril: – Ha detto proprio così?
Naida assentì: – Ha detto che prima voleva chiedermi in prestito, ma poi aveva deciso di comperarmi. Ha detto che può farlo, che non puoi rifiutarti perché lui ti è superiore… ma è vero? Può davvero farlo, signore?
Un’altra occhiata con Zuril: – Non lo farà, sta’ tranquilla. Vai a rivestirti.
– Sì, signore – si voltò verso Zuril – Grazie ancora, signore.
Zuril sorrise, si strofinò la mano con cui aveva colpito Dantus: – È stato un piacere, credimi. – attese che fosse uscita e si rivolse ad Hydargos: – Non è stata colpa sua.
– Credi che non lo sappia? – Hydargos strinse i denti. Naida era molto seria, per nulla provocante; eppure, proprio quel suo atteggiamento riservato poteva essere un richiamo irresistibile, per un uomo. – Pensi che Dantus faccia sul serio? Che la voglia davvero?
– Forse, non la voleva prima che io lo prendessi a pugni – visto che Hydargos era troppo soprappensiero per dirgli d’accomodarsi, Zuril prese posto da sé su una poltrona –
Adesso, però, è un’altra faccenda.
– È quel che penso anch’io – Hydargos prese una bottiglia e due bicchieri: – Prendi un goccio?
– Grazie – Zuril fece girare il calice tra le dita, osservando le sfumature verdi del liquore: – Naida è molto spaventata.
– Quel bastardo non poteva prendersela con qualcun’altra? – esplose Hydargos – C’è pieno di donne che sbavano per lui! Possibile che proprio con Naida, che ha paura persino della sua ombra… A proposito, non ti ho ancora ringraziato.
– Niente, niente. Piuttosto, cosa pensi di fare? Se Dantus vorrà comperare Naida, tu non potrai rifiutargliela.
– No, maledizione! – Hydargos sbatté il bicchiere sul tavolo – Se rifiutassi, lui andrebbe a lagnarsi con Re Vega, e allora…
– Cosa vuoi fare? – chiese seccamente Zuril, vedendo che s’avviava verso la porta.
– Andare a dargli il fatto suo – sbottò Hydargos.
– Finiresti nei guai, verresti condannato per aver aggredito un tuo superiore e ti porterebbero via Naida – osservò Zuril, calmissimo, appoggiandosi allo schienale della sua poltrona.
Hydargos sferrò un pugno alla porta: – E allora, che cosa posso fare?
Zuril congiunse le punte delle dita: – Una cosa sola – fece una breve pausa ed aggiunse: – Ricordati che
solo gli schiavi possono essere venduti.
Hydargos spalancò gli occhi: – Vuoi dire… liberarla?
– Perché no? Naida è stata una buona schiava, per te, o sbaglio?
– La migliore che potessi sperare – rispose, a mezza voce.
– Allora, forse è venuto il momento di premiarla. Liberala, e Dantus non potrà più portartela via.
Hydargos s’incupì. Libera, Naida avrebbe potuto andarsene, lasciarlo per sempre, e lui non avrebbe più potuto trattenerla… Non avrebbe avuto più la minima autorità, su di lei…
Zuril l’osservò, parve capire quale fosse il problema, e lasciò cadere, quasi per caso: – Naturalmente, ricorderai anche tu che uno schiavo, prima di essere libero, può trascorrere un periodo di semilibertà, in cui non può comunque essere venduto, né può lasciare il suo padrone. Basterebbe questo a salvare Naida da Dantus.
Il viso cupo di Hydargos si rischiarò immediatamente.
Zuril lo vide, e sorrise.
– Non credo che tu possa renderti pienamente conto dell’importanza del dono che ti viene fatto – Gandal sedette dietro alla propria scrivania – O sbaglio?
– No, signore – mormorò Naida, con un filo di voce.
– Me l’immaginavo. Per questo sei qui – Gandal accennò alle sedie davanti alla sua scrivania: – Accomodati. Anche tu, Hydargos.
Naida prese posto timidamente, tenendo le mani strettamente intrecciate in grembo. Era pallidissima, aveva gli occhi segnati da qualche ombra, i capelli verde dorato erano un po’ opachi, ma sembrava nel complesso in buono stato. Non mostrava alcuna traccia delle spaventose ustioni che l’avevano sfigurata, e si muoveva con scioltezza nonostante le fratture multiple che aveva subito. Koyra aveva fatto miracoli, con lei.
– Mi pare che sia in buona salute – osservò Gandal, rivolto ad Hydargos – Koyra che ne dice?
– Che non si aspettava un simile recupero – rispose lui, le mani intrecciate su un ginocchio.
–
Nessuno se lo sarebbe aspettato – puntualizzò Gandal; poi tornò a rivolgersi a Naida: – Hydargos ti ha spiegato cosa stiamo per fare?
Naida si schiarì la voce: – Ha parlato di un… cambiamento. Dice che sarò la sua concubina, ma non capisco… sono già la sua concubina, e non so…
– Non è esatto – Gandal intrecciò tra di loro le mani, un gesto che gli era abituale – Una schiava che convive con il suo padrone può essere definita comunemente una concubina, ma non nel linguaggio giuridico. Per la legge, schiava e concubina sono due figure completamente diverse.
Naida chinò la testa, non osava guardare negli occhi quell’uomo: – Non ne so nulla, signore.
– Siamo qui per questo – disse Hydargos, con la sua voce profonda.
– Una schiava – cominciò Gandal, appoggiandosi allo schienale della sua poltrona – non ha diritti. È un oggetto. Il suo padrone può venderla, scambiarla, cederla, torturarla e ucciderla. Questo, e il fatto che il servizio sanitario non sia gratuito, spiega perché gli schiavi abbiano generalmente una vita molto breve. È chiaro fin qui?
Naida sentì le lacrime d’umiliazione bruciarle gli occhi: – Sì, signore.
– Il dono che il tuo padrone intende farti è renderti giuridicamente una concubina. Si tratta di un vero atto di generosità da parte sua – ignorò il moto d’imbarazzo di Hydargos – perché nel farti questo regalo lui non acquista nulla, anzi, ha solo da perderci. Una concubina gode di uno stato di semilibertà, e questo stato è trasmesso automaticamente ai suoi figli; il che vuol dire che se ne avrai,
non saranno schiavi. Questo è sicuramente il punto più importante.
– Oh – Naida alzò la testa, guardò furtivamente Hydargos e poi tornò a chinare il capo, le guance rosse: – È un grande dono.
– Puoi dirlo – Gandal prese ad elencare i vantaggi, contandoli sulle dita: – Una concubina non può essere venduta o ceduta temporaneamente senza il suo assenso. Mai e per nessun motivo può essere separata dai suoi figli, per cui se verrai venduta, il tuo nuovo padrone dovrà mantenere anche loro assieme a te. Una concubina ha diritto all’alloggio, al cibo e ai vestiti. Una concubina è sottoposta alla legge di Vega, per cui non può essere torturata e uccisa dal suo padrone. Una concubina può avere delle proprietà, che però vengono amministrate dal padrone; la concubina può comprare e vendere le sue proprietà, e può fare testamento. …Ecco, mi pare sia tutto circa i diritti che acquisirai.
Naida era senza fiato: quello che su Fleed sarebbe stato considerato il minimo dei diritti umani, per Vega era un dono straordinario. A parte l’irritazione che provava, sentì un moto di sincera gratitudine per Hydargos: – Io… io… padrone, grazie, io…
– Veniamo ai doveri – tagliò corto Gandal, che provava imbarazzo nell’assistere a scene sentimentali – L’obbligo di fedeltà e obbedienza permane. Una concubina disobbediente e ingrata, o che scappa dalla casa del suo padrone viene punita molto severamente dalla legge. Una concubina che poi tradisce il suo padrone con un altro uomo viene messa a morte: tienilo bene a mente. Ho visto tante volte delle schiave che divenute concubine si sono insuperbite, si sono sentite autorizzate a seguire il loro capriccio e hanno pagato con la vita; per cui, stai molto attenta a non montarti la testa. – Gandal tolse da un cassetto un fascicolo che tese a Naida: – Prendi. Queste sono le leggi che riguardano il tuo nuovo stato. Troverai per esteso tutti i tuoi diritti e doveri.
Senza alzare gli occhi, Naida prese il fascicolo: – Grazie, signore.
Gandal porse ad Hydargos un paio di fogli: – Ecco l’atto, completo in ogni sua parte. Mancano solo le vostre firme.
Hydargos lo scorse velocemente: – Mi pare che sia a posto – appose la sua firma in calce all’atto, e fece segno a Naida di fare altrettanto. Gandal poi passò il documento nello scanner perché venisse registrato; quindi lo restituì ad Hydargos.
– Eccoti qui, e buona fortuna – disse, in tono non troppo convinto. Non era sicuro che donare diritti ad una schiava fosse una buona idea.
Hydargos porse solennemente il foglio a Naida: – Questo è tuo.
Lei arrossì: – Signore, io…
– Capisci cosa significa? – chiese lui, sempre un po’ ruvido – Non posso venderti. Non posso cederti. Dantus non potrà mai portarti via.
Naida sbarrò gli occhi, mentre a poco a poco il viso le s’illuminava: – Vuoi dire…?
– Sei salva. Lui non può farti niente.
– A meno che non sia tu a volerlo – intervenne Gandal, sarcastico; ma Naida non l’ascoltò. Pazza di gioia, guardò alternativamente Hydargos e quel foglio prezioso che le assicurava la salvezza.
– Signore, io… io non so come ringraziarti…
– Sono sicuro che troverai il modo – osservò Gandal, spegnendo lo scanner; vide Naida baciare appassionatamente Hydargos, e sogghignò: – Appunto. Sapevo che l’avresti trovato.
Al sicuro nel loro alloggio, Naida lesse e rilesse il foglio che le aveva dato Gandal. Chinandosi sulla sua spalla, Hydargos guardò le parole che stava leggendo e brontolò: – Non l’hai ancora imparato a memoria?
– Scusami, signore – lei gli rivolse un sorriso radioso.
– Hydargos – disse lui, burbero.
Naida batté le palpebre: – Scusa, signore…?
– Non sei più una schiava – lui evitava di guardarla, quasi avesse temuto di mostrare i suoi veri sentimenti – Sei una concubina. Non devi più chiamarmi “signore”, ma puoi usare il mio nome.
Lei lo guardò, improvvisamente seria; poi articolò, quasi con precauzione: – Vuoi dire… Hydargos?
Era bello, sentire la voce di lei pronunciare il suo nome; ma questo, lui non poteva certo dirglielo. – Certo, Hydargos. È così che mi chiamo, no?
Naida s’alzò, si avvicinò a lui e gli pose una mano sul braccio. Sorpreso, Hydargos si voltò a guardarla; lei s’alzò sulla punta dei piedi e lo baciò dolcemente sulle labbra.
Più tardi, mentre giaceva a letto con Naida che dormiva tra le sue braccia, Hydargos rimase a lungo sveglio, gli occhi fissi nel buio.
Lei era stata la donna amata da Duke Fleed. Lui aveva ignorato questo fatto fino al giorno in cui non aveva dovuto cederla a Sua Maestà perché la usasse come arma contro il loro nemico; e solo allora aveva capito quanto Naida fosse importante per lui. Se da subito lui avesse saputo chi era veramente Naida, come si sarebbe comportato? L’avrebbe trattata bene come aveva fatto fino ad allora? O l’avrebbe forse umiliata, maltrattata, sfogando su di lei il rancore che provava per Duke Fleed?
Guardò il viso dolce di lei, gli occhi chiusi dalle lunghe ciglia, i capelli d’oro verde che le scendevano giù per le spalle… no, se lui avesse saputo subito la vera identità della sua schiava, le cose sarebbero state ben diverse. Hydargos si conosceva bene, non si faceva illusioni sul proprio conto, ed era sicuro che si sarebbe vendicato facendo scontare a Naida l’amore che Duke Fleed aveva nutrito per lei… e adesso lei non sarebbe stata lì, addormentata serenamente tra le sue braccia…
Si sentì stringere il cuore al pensiero di quel che avrebbe potuto essere, e fortunatamente non era accaduto.
Alle volte, l’ignoranza non è il peggiore dei mali.
- continua -
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