2.
“Non capisco. Ha insistito tanto per comunicare direttamente con me e poi si è limitato a farmi i complimenti per gli ottimi risultati di Duke. Mi ha detto che quando se ne presenterà la necessità sarà un onore per lui averlo al suo fianco su Grendizer.”
“E tu?”
“Ho ringraziato… ma ho aggiunto che mi auguro che tale eventualità non si verifichi, che il nostro pianeta preferisce altri mezzi di risoluzione dei conflitti.”
Lenia inclinò la testa di lato. “Avrei voluto vedere la sua faccia, Alcaesar. Vega non ha mai accettato che le parole prendano il sopravvento sulle armi.”
“Ed è questo che mi preoccupa… invece ha mantenuto lo stesso sorriso stampato sulla faccia per tutto il tempo. Lo sai che non mi sarei messo in questa alleanza se non fossi stato costretto. Che non avrei voluto coinvolgere Duke…”
La regina di Fleed pensò al muro che suo figlio aveva eretto per impedire alla sua anima di franare.
“Lo so.”
Esitò un istante: sapeva che per suo marito questo era un argomento difficile. “É stanchissimo. E già domani dovrà riprendere quell’addestramento…” sospirò. “Spero che alla festa riuscirà a rilassarsi, è così cambiato.”
“Sta crescendo.”
“Sta male, Alcaesar. Lui ti adora… dovresti cercare di essergli vicino, di parlargli.”
Non riusciva a vedere tutta quell’adorazione di cui Lenia sembrava convinta… ogni volta che cercava di interessarsi a lui, il ragazzo sembrava non voler spingersi più in là dei monosillabi. “Di cosa?”
“Ha accettato di trasferirsi su Vega per te, perché tu gli hai insegnato che Fleed viene prima di tutto, anche di sé stesso. Hai idea di quanto possa essere stata dura per lui laggiù?”
“Solo chi non la conosce può credere che la vita di chi ha la responsabilità di un popolo sia facile.”
“Certo, ma lui è solo un ragazzo. Se tu gli facessi sentire che sei orgoglioso di lui… che ti preoccupi per lui. L’hai messo nelle mani di quel…” Lenia non riuscì a trovare parole migliori delle prime che le erano venute in mente. “...di quel dittatore sanguinario. Se capisse perché è stato necessario forse…”
“Capirà, a suo tempo. É solo un ragazzo, l’hai detto tu.”
“Ma Alcaesar…”
“Capirà anche troppo… non è meglio che viva questi giorni sereno? Se penso a com’ero io alla sua età… a quello che immaginavo...”
Alcaesar distolse gli occhi da quelli della moglie e le prese una mano.
“Ho paura che accettare il trattato non sia stato sufficiente. Che Vega non si accontenterà di un’alleanza sulla carta, della possibilità di usare Grendizer come deterrente. Quel sorriso, Lenia… quel sorriso era più spaventoso di una minaccia.”
“Al ricevimento verranno ospiti dai principali pianeti della nebulosa. Potrebbe essere l’occasione per tastare il terreno.”
Il re di Fleed tese un braccio per abbracciare la moglie.
“So che tu mi starai vicino. E che starai vicino anche a nostro figlio.”
Nostro figlio.
Era vero, Duke era figlio suo quanto Maria Grace, e lui l’aveva sempre considerata sua madre, il suo punto di riferimento quando il padre, come spesso accadeva, era impegnato e distante. Eppure era Alcaesar il suo modello… avrebbe fatto qualsiasi cosa per un suo cenno di approvazione.
“Credo sia meglio che ora mi consulti con il primo ministro. Dì a Duke che lo incontrerò alla cena ufficiale.”
Ha rinunciato ai suoi sogni per te… e tu non sei riuscito a trovare un minuto per salutarlo.Lenia chinò la testa in segno di saluto e lasciò la stanza.
Alcaesar guardò la regina allontanarsi lungo il corridoio con il passo leggero che l’aveva incantato la prima volta che l’aveva vista. Si prese la testa tra le mani. Suo figlio non aveva avuto l’adolescenza felice e spensierata che avrebbe voluto dargli; e, ormai ne era certo, anche quel periodo di relativa tranquillità sarebbe terminato presto.
“Vostro figlio si è fatto grande onore, ve lo invidio. Purtroppo io non ho che una figlia femmina, e non potrò mai provare lo stesso orgoglio che voi state provando in questo momento.”Non poteva esistere un modo di pensare più diverso dal suo di quello di Vega… su Fleed la guerra e la violenza erano indice di debolezza, non certo motivo di orgoglio. Ma forse la vita militare, forse proprio perché era così contraria alla sua indole, avrebbe dato a Duke quella capacità di affrontare le avversità che in quel momento lui sentiva sempre più venirgli meno. Sì, suo figlio era stato fortunato, col tempo se ne sarebbe reso conto. Ecco cosa gli avrebbe detto quella sera.
“Maestà, posso permettermi?”
Il primo ministro era sull’ingresso: gli fece cenno di entrare.
“Via, questo.”
La tuta grigia e arancio dei cadetti veghiani scivolò a terra, subito sostituita da un leggero chitone rosso allacciato sulla spalla destra.
“E quello come te lo sei fatto?”
A malapena nascosti dal lembo di stoffa che scendeva dalla fibula d’oro, tre profondi graffi spiccavano sul bianco della pelle di Duke.
“Me l’avevano detto che su Vega anche le ragazze giocano pesante”, rise Markus.
“Già. L’arbitro ha deciso che, poiché un terzo degli abitanti di Vega hanno artigli anziché unghie, la presa non poteva essere ritenuta irregolare… non la smetteva di sanguinare, mi hanno costretto a interrompere l’incontro. Ma è meno brutta di quello che sembra.”
Duke risistemò il drappeggio cercando di coprire la ferita.
“Dici che si nota molto? Pensavo di non fare il bagno…”
“Lei se ne accorgerà, e noterà anche quei lividi. Spero che si beva la storia dell’incontro di lotta…”
Un lampo risentito negli occhi blu cancellò l’ilarità dal viso di Markus. Duke doveva essersela vista davvero male per prendersela tanto.
“Mi auguro che tu gli abbia reso il servizio.”
“Beh, se uno ha la pelle blu scuro i lividi si notano di meno, ma fanno male ugualmente. Il bestione ha camminato storto per un po’.”
“Se tu non fossi così malconcio ti sfiderei io… hai messo su un po’ di muscoli, finalmente. Naida non mancherà di apprezzare… Duke? Ci sei? O sei ancora su Vega?”
“Mmmm.”
Davanti allo specchio della sua camera, Duke continuava ad aggiustarsi il chitone e i calzari. Impossibile nascondere i segni meglio di così… proprio quel giorno dovevano andare al lago?
“Smettila di preoccuparti. Le ragazze vanno matte per le cicatrici.”
“E tu come…”
“Esperienza, amico mio. Non ho passato sei mesi su un pianeta dove la più bella ha la faccia verde e le orecchie più grandi della faccia…”
“Piantala di dire stupidaggini e cambiati, che andiamo.”
“Stupidaggini? Vuoi dire che su Vega c’è una più bella di Naida? Parto subito.”
“Nessuna è più bella di Naida… su Vega e su Fleed.”
La mattinata stava ormai per finire. Ci sarebbe voluta una passeggiata di mezz’ora per arrivare alla loro spiaggia sul lago, quella su cui giocavano da bambini, e dove oggi… chissà. Di certo, niente sarebbe più stato come prima. Quella mezz’ora sarebbe stata la più lunga della sua vita… e Markus continuava a cincischiare.
Duke si diresse verso la porta sentendo lo stomaco contrarsi.
“E muoviti!”
“Ottima tattica, Maestà, quella di procrastinare. La proposta di fidanzamento deve essere preparata con ogni cura, per far sì che Fleed non possa rifiutarla.”
“A dire il vero, se non ho offerto la mano di mia figlia a quel fleediano è solo perché non mi avete ancora convinto che la vostra idea sia valida. Ci dev’essere un altro modo per prenderci Grendizer… maledizione, ormai l’armamento è quasi ultimato. Non possiamo lasciarlo in mano a quei…” cercò per un istante l’ingiuria più adatta e la sputò con disgusto. “Quei
pacifisti.”
“Un fidanzamento non è un matrimonio, Sire, non pregiudicherà eventuali soluzioni alternative. Ma per realizzare questa sarà necessario muoversi con rapidità… la festa per l’inizio della stagione è molto vicina, se ben ricordo.”
“Quella stupida festa. Uno spreco di risorse spaventoso, solo per permettere alla regina di sfoggiare il suo giardino.” Alla natura, su Fleed, si attribuiva un valore del tutto spropositato. Yabarn ridacchiò, seguendo il filo dei suoi pensieri: di certo la non più giovane Lenia era ancora una donna piacente.
“Evidentemente non ha di meglio da fare che potare rose… con un vero uomo al suo fianco avrebbe altro a cui pensare.”
Il generale Varg fu rapido nel riportare il discorso sui binari che aveva previsto. “Mi permetto di osservare, Maestà, che al ricevimento saranno presenti i rappresentanti di tutta la galassia. Forse potrebbe essere opportuno che quest’anno anche il pianeta Vega accettasse l’invito.”
“Sirius! Sirius! Dove sei finito?”
Quand’era l’ultima volta che l’aveva visto? Naida posò sulla tovaglia le larghe foglie che avrebbero fatto da piatti e le fermò con un sasso. Quando il fratellino aveva cominciato a prenderla in giro per le sue stramberie da femmina (“il pesce si mangia con le mani!”) lei l’aveva invitato ad andarsene a giocare da un’altra parte: ma non nel lago, lui lo sapeva bene. Ed ora…
Il piccolo chitone tortora gettato sul prato, i calzari poco più in là.
“Sirius!” La ragazza sollevò i lembi della lunga gonna ed entrò cautamente in acqua. Questa gliel’avrebbe pagata...
Un piede in fallo, qualcosa che le si avvinghiava alla caviglia: fece appena in tempo a ricordarsi di trattenere il fiato prima di scivolare all’indietro in un turbinare di bollicine.
Sirius riemerse qualche metro più in là.
“Ci sei cascata!”
Naida si rialzò scivolando sui sassi viscidi che ricoprivano il fondale, impacciata dalla stoffa azzurra che le si incollava alle gambe.
“Quando esci facciamo i conti!”
Era completamente fradicia, i capelli in faccia, la coroncina di fiori che aveva sistemato in testa galleggiava poco più in là, spezzata in due parti… Quella piccola peste le aveva rovinato tutto! Se pensava alla cura con cui aveva programmato ogni dettaglio perché la giornata fosse perfetta, le veniva da piangere.
Tornò ad abbassarsi, immerse la testa all’indietro in modo che l’acqua le ravviasse i capelli. Le alghe le si erano infilate nella scollatura… ecco, era orribile: ed era così che lui l’avrebbe vista. Tolse un ramoscello dai capelli e li torse per strizzarne via l’acqua.
Il sole ormai alto faceva brillare la superficie del lago. Duke camminava veloce per il sentiero spostando le fronde che pendevano lungo il passaggio con un gesto nervoso della mano: si era ripetuto il discorso decine di volte, e ogni volta gli sembrava meno convincente. Come poteva pretendere che lei si legasse a qualcuno che non aveva tempo da dedicarle e non ne avrebbe avuto ancora per anni… Naida conosceva bene la vita di corte, e proprio per questo sapeva che non era facile sottostare agli obblighi e all’etichetta che imponeva; e che la regina, pur molto amata dal sovrano, trascorreva gran parte delle sue giornate da sola.
Se avesse rifiutato l’avrebbe capita, certo… a ogni passo che l’avvicinava a lei, la paura del fallimento diventava certezza, e la voglia di tornarsene indietro per evitare di essere respinto aumentava. Se non fosse stato per Markus, che continuava a sorbirsi il cinguettio incessante di Maria pochi metri dietro di lui, avrebbe già ripreso la strada di casa. Ancora una curva, poi un’altra… dopo quella siepe sarebbero stati in vista della riva.
Sfiorò i rami odorosi sprigionando il ricordo di giornate estive che sembravano non finire mai e di sere trascorse, la schiena sulla sabbia ancora calda di sole, a immaginare quali mondi si celassero oltre le stelle…
Ecco, era là.
Ne distingueva il profilo in controluce: era seduta sulla grande roccia affacciata sul lago, intenta a pettinarsi i capelli che brillavano al sole di riflessi metallici. Una miriade di goccioline d’acqua scintillava sulla pelle vestendola di luce dorata.
Si sentì mancare il fiato… era così bella. Ora le avrebbe detto quello che doveva dirle, e poi si sarebbe finalmente reso conto che era impossibile, che per tutti quei mesi non aveva fatto che illudersi; e che pure era stato fortunato… tra poco non avrebbe più avuto nemmeno la speranza.
Si girò verso Markus, come a chiedergli conferma, e quello gli fece distrattamente cenno di andare avanti, che lui aveva da fare con Maria. Non aveva senso attendere… Duke si sistemò per l’ultima volta il drappeggio sulla spalla, tolse i calzari e corse verso il suo destino affondando i piedi nudi nella sabbia morbida.
Avvisata dallo scalpiccio, Naida si girò per un istante e con un gesto fulmineo si gettò in acqua, fuggendo verso l’isolotto che era stata la loro palestra di tuffi.
“Duke Fleed, non avvicinarti… e lo stesso vale per il tuo amico!”
Una leggera veste azzurra era stesa sulla roccia ad asciugare: Duke si fermò, turbato. Si conoscevano fin da piccoli, avevano sguazzato nudi in quell’acqua giornate intere ed ora lei sembrava vergognarsi… non importava, non poteva rimandare ancora: sarebbe rimasto a distanza, ma le avrebbe parlato. E se si fosse immerso, lei non avrebbe potuto vedere i lividi, e neanche quel maledetto sfregio. Si sfilò il chitone e si tuffò nell’acqua turchese.
“Markus, posso fare il bagno anch’io?”
“Aspetta Maria… da quanto tempo hai fatto colazione? Guarda che bello, Naida ha già preparato tutto… andiamo a prendere dei fiori?”
“Va bene”, acconsentì la bambina. “Ma dov’è Sirius?”
Le voci si stavano allontanando… pieno di gratitudine, Duke riemerse, tenendosi cauto a galla a diverse bracciate da Naida.
“Davvero vuoi che resti lontano?”
“Quel disgraziato di Sirius… mi ha fatto cadere in acqua e mi ha rovinato il vestito. Potrebbe saltar fuori da un momento all’altro.”
“Allora devo fare in fretta.”
Battendo adagio le gambe, Duke si avvicinò a Naida che era immersa fino alle spalle, i capelli a velarle la pelle diafana come un manto di oro verde. Ormai sarebbe bastato tendere una mano per sfiorarla… e lei non accennava a spostarsi. Prese coraggio e raggiunse l’isolotto, appoggiando la schiena sulla parete di roccia liscia.
“Qui si tocca.”
“Sì.”
Come aveva temuto: Naida taceva, e lui di colpo non si ricordava più niente di quello che si era preparato. La guardò con un misto di delizia e terrore: gli sorrideva… o stava ridendo di lui?
“Fare in fretta cosa?”
“Devo parlarti… devo chiederti”, si affannò.
Era evidente, stava ridendo. Accidenti, erano soli, la persona con cui avrebbe voluto passare ogni istante della sua vita era accanto a lui, nuda… e si sentiva paralizzato. Mandare al tappeto un energumeno veghiano era più semplice, e più piacevole.
“Dimmi.”
“Volevo… se hai pensato a quello che ci siamo detti l’ultima volta che ci siamo visti…”
“Sì.”
“Lo so che è presto, che non posso chiederti di decidere ora, che non sarà facile… che se dirai di no avrai ragione…” le parole gli uscirono di bocca in un flusso rapido e monocorde, mentre il rombo del sangue che gli pulsava alle tempie gli impediva di sentirne il suono. Vai avanti, si disse. Presto quella situazione incresciosa sarebbe finita…
“...ma se tu volessi…”
Wooosh.
Un violento scroscio d’acqua interruppe pietoso quella scena miserevole; quando, asciugandosi gli occhi, Duke provò a capire che cosa era successo, Sirius gli spuntò davanti spruzzando acqua dalla bocca.
“Ciao Duke! Hai visto che ho imparato a tuffarmi dallo scoglio più alto?” E senza neanche aspettare risposta ripartì mandando schizzi in tutte le direzioni. Il riso di Naida risuonava limpido come l’infrangersi di un cristallo...
Si guardò intorno come chi si è appena svegliato da un incubo. Lei si era allontanata appena in tempo: di sicuro aveva visto il fratellino che si preparava a saltare, e non aveva detto niente. Non ce n'era stato bisogno... una risposta chiarissima.
In silenzio, Duke si staccò dalla roccia e si preparò a ritornare a riva. Aveva aspettato tutti quei mesi per nulla: del resto era giusto così, lo aveva sempre saputo, no? Scivolò piano in avanti con la testa sott’acqua, trattenendo insieme il fiato e le lacrime. Aveva atteso quell’estate come nessun’altra, aggrappato a quella speranza, l’unica cosa che gli aveva dato la forza di andare avanti in quell’anno infernale… e quello successivo sarebbe stato anche più duro, e senza alcuna luce ad illuminarne gli abissi. Due colpi decisi di gamba lo portarono in profondità.
Poteva porre fine a tutto quel dolore. Poco più sotto c’era una piccola grotta sommersa, gli sarebbe bastato infilarsi là dentro, proseguire finché non fosse stato troppo tardi per uscire a riprendere aria.
L’acqua fredda e scura gli diede un brivido; ignorò le orecchie che gli fischiavano. Ecco, ormai l’imboccatura del cunicolo era vicina. Solo un piccolo sforzo… non sarebbe stata che una liberazione, ora che la sua vita aveva perso anche quel poco senso che aveva. L’apnea cominciava ad annebbiargli la vista, le braccia erano pesanti...
Sua madre. Maria. Suo padre.
Grendizer… Non poteva. Non poteva decidere per sé… non poteva più.
Alzò gli occhi verso il sole che filtrava lontano attraverso il verde cupo dell’acqua. Doveva risalire in tempo: doveva… battè convulsamente le gambe finché la luce non sembrò accecarlo. Riemerse con un grido, gli occhi che bruciavano, i polmoni che sembravano scoppiargli. Con poche bracciate si riportò vicino alla riva, galleggiando supino per riprendere fiato. Nessuno se n’era accorto...
“Sì.”
La carezza dei lunghi capelli verdi e poi del suo corpo.
“Sì. Ho deciso, Duke.”
Le sue braccia morbide lo cinsero a pelo d’acqua, le sue labbra lo cercarono.
“Non sono mai stata così sicura di qualcosa… se tu lo vuoi ancora.”
L’abbracciò, rotolando dolcemente nell’acqua bassa che lavava via le lacrime e la disperazione, sentendo la pelle di lei scivolare lieve sulla sua, chiedendosi cosa avesse fatto per meritarsi una tale felicità.
"Ma padre, un fleediano?"
La principessa Rubina si attaccò all'ultima frase di quell'assurdo discorso che il suo padre, e suo re, aveva appena finito di farle, per manifestare il suo sconcerto. Il suo debutto in società era previsto solo per l'anno successivo; era sicuramente troppo giovane per essere considerata in età da marito… ma in fondo si trattava solo di anticipare quello cui sapeva essere destinata. Però, con un fleediano?
Certo, il principe Duke passava per essere il più bel partito della nebulosa. Sapeva che frequentava l'Accademia su Vega, ma non l'aveva mai incontrato di persona: a lei uscire dal palazzo reale era precluso, e suo padre non aveva mai degnato il pur nobilissimo ospite di un invito a corte. Il motivo era ovvio: il disprezzo di Vega per quella stirpe di imbelli, lo stesso disprezzo che aveva portato l'imperatore a nascondere che anche la sua prima moglie, madre di sua figlia e probabilmente l'unica donna che avesse mai amato, era per un quarto di origini fleediane.
Era a quelle poche gocce di sangue, probabilmente, che doveva la pelle candida e i tratti delicati... ma non il carattere, rifletté. Vega era la sua patria, e se anche era in disaccordo con suo padre, avrebbe obbedito al suo re.
"Non c'è bisogno che te innamori, anzi. È lui che dovrà innamorarsi di te. Chiaro?"
La principessa chinò il capo.
"Sì, padre."
Dal giardino interno proveniva la voce di Naida che cantava accompagnata dalla sua arpa e dalla chitarra di Duke, mentre i bambini, cui si era unito il nipotino del giardiniere, giocavano rumorosi nel viola placido del tramonto.
“Avevi ragione. Dopo cena ho parlato con Duke. Mi è sembrato più maturo… più sereno. Penso che chiarirsi abbia fatto bene a tutti e due.”
“Sì.”
Affacciata al balcone dell’appartamento reale, Lenia vedeva nel cuore dei suoi ragazzi e sentiva la gioia di Duke, l’invidia affettuosa di Markus, l’eccitazione di Maria… improvviso, un presentimento le attraversò il cuore come una pugnalata.
Sta per finire, Alcaesar. Non ci sarà un’altra estate su Fleed.- continua - il thread per i commenti:
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