È finalmente giunto il momento di onorare una certa promessa....
Quando, nei giorni passati, seguivo i tuoi scritti (di corsa, per causa di forza maggiore) la sensazione prevalente era quella di un' oppressione al cuore e di uno struggimento che non mi erano nuovi, erano le sensazioni che aveva suscitato in me la visione delle ultime tre "maledette" puntate e che mi avevano accompagnato negli anni, quando vi ritornavo di sfuggita con la memoria e da cui mi ritraevo all'istante, per evitare ricordi tenacemente vividi e dolorosi.
Ho finalmente un po' ( più
) di tempo, e sono andata a rileggermi la tua fiction, pensando che rivederla per la seconda volta, con maggiore calma e attenzione, mi avrebbe, in qualche modo, fatto mutare prospettiva. Ma così non è stato...
Lo struggimento e il magone sono gli stessi, anzi, si può dire che sono aumentati...e questo mi succede quando chi scrive è così in gamba da trascinarmi nel vortice dei suoi pensieri e delle sue parole e al contempo tocca corde comuni e sentimenti condivisi...
Non so chi ha detto che quando piangiamo , alla visione di un film, piangiamo sempre su noi stessi (un po' come quando sognamo sognamo sempre di noi - e questo lo ha detto Freud
): credo che con questa fiction, tu come scrittrice e io come lettrice , siamo dovute venire a fare i conti con tutte le emozioni, le sensazioni, le delusioni, tutto l'inespresso che ci ha accompagnato dalla visione dell'anime, tanti anni fa...e su cui ritorniamo come falene, perché quel fuggire (ecco, manco a dirlo, lapsus freudiano) tra le stelle ha tradito noi per prime che insieme a Venusia abbiamo imparato , parafrasando una tua stessa espressione che mi è piaciuta moltissimo, come nel cielo possano accadere cose terribili, oltre la poesia delle stelle: cose terribili come una partenza - verso altre stelle ed altri mondi - che sa tanto di abbandono, come un abbandono che è un tradimento , come un tradimento che rappresenta di fatto una fine, se accade nelle ultime puntate di una serie che è tanto durata e che tanto è stata amata, come una fine che sembra una fuga, tanto frettoloso e approssimativo e deludente è stato il finale...
La conclusione purtroppo era quella, e da essa non si poteva prescindere: sei stata bravissima a riempire il vuoto che ancora sentiamo con una straordinaria analisi e ricostruzione delle situazioni e dei sentimenti dei nostri personaggi, con uno scavo interiore e una sofferenza in cui, correggimi se sbaglio, confluiscono le esperienze dolorose della vita reale (ciascuno di noi purtroppo ha vissuto , credo, l'attesa lancinante di buone notizie riguardo un proprio caro in qualche anonimo corridoio di ospedale, ciascuno di noi ha sentito sulla propria pelle e nel proprio cuore la mancanza di senso e la spaventosa sensazione di sospensione che accompagna una perdita, reale o metaforica).
Actarus che perde la sua umanità, così faticosamente perseguita e raggiunta, man mano che con la mente e col cuore , prima ancora che fisicamente, si allontana dal pianeta azzurro che lo ha salvato e che egli ha salvato, è come se, estinto il debito di riconoscenza, ritornasse ad essere un "estraneo" a se stesso prima ancora che per gli altri...
Perché noi sappiamo, prima ancora di lui, meglio di lui, che ciascuna esperienza ci segna irreversibilmente, che per tornare indietro nel tempo non serve tornare indietro nello spazio, che la ricerca di quello che si è perduto può essere proficua solo se avviene dentro di noi...
Lo imparerà il nostro Duke, lo imparerà ancora una volta a sue spese e alle spese di quelli che gli sono cari e che gli vogliono bene...
Lo ha imparato Procton, che in quell'abbraccio così paterno ed affettuoso a Venusia è come se cercasse una consolazione per se stesso...lo imparano via via tutti i personaggi della tua fiction, ad esclusione di Venusia, forse, che l'ha già imparato tanto tempo fa, a sue spese, e che lo lascia andare proprio mentre gli dice: "Resta!".
Ora che ci rifletto, nella tua fiction lo imparano tutti in un abbraccio, dato o solo desiderato, o addirittura temuto...
Bellissima la tua fiction, struggente e crepuscolare, malinconica e ammaliante...mi perderei quasi, in essa...
Ma ciascuno di noi ha sviluppato i suoi personalissimi anticorpi ai mali del vivere...
I miei sono indubbiamente connessi ad una forma di ottimismo che, confesso, talvolta sconfina nella dabbenaggine, se così si può dire... talvolta rimane allo stato latente, ma quando sembra essere stato debellato, rispunta virulento...
Abbiamo più volte sviscerato assieme "quelle" puntate...mi piace pensare che tra i nostri tutto sia stato chiarito da tempo...il non detto e il non esplicitato non sempre è sinonimo di non vissuto e non reale...
Abbiamo convenuto quantomeno su un'ambiguità di segni: sarò una fanatica del lieto fine ma non sempre una partenza è la fine di tutto, come diceva quella canzone? ...
La lontananza è come il vento... Che dire di più? Ho dimenticato di dirti bravissima? A dire il vero mi sembra un po' poco...