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.Luce.
view post Posted on 22/4/2023, 16:12 by: .Luce.     +3   +1   -1
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Professore della Girella

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VITA D'ARTISTA

1_307

“All’alba viiinnnceerooooooooò!!!”
Così intonava l’aria della famosa opera lirica di Puccini, Zuril una mattina appena sveglio, mentre allo specchio della sua camera da letto rimirava la sua immagine.

Da quella sera di aprile in cui aveva debuttato come spettatore al teatro di Tokio, l’arte gli era entrata nelle vene come una malattia; di nascosto seguiva musica classica su internet, le biografie dei compositori, canticchiava da solo, gli sembrava di avere una voce da tenore, quasi come il famoso Mario del Monaco di cui aveva scoperto l’esistenza navigando senza sosta nel web durante la notte, anzi, ancora qualche esercizio e lo avrebbe superato in decibel, sicuro, poi il suo aspetto fisico era da premio Nobel, Strega, Campiello… poi… tutti gli altri per quanti ce ne stanno, altrochè!
“Chi è il più bello del reame? Ma io, che discorsi! Chi mi resiste? Nessuna, è ovvio!” ripeteva ad alta voce, mentre lucidava il computer oculare e le sue ali da pipistrello venivano rimesse a nuovo con un gel ultima generazione.

La memoria lo riportava a quella sera famosa in cui, appena uscito da teatro, lo sguardo fisso a terra sulla strada bagnata dal recente acquazzone primaverile, la mente nello sconcerto più totale, mentre continuava a chiedersi: “Che ci faccio qui, si può sapere? Ma che c’azzecca questa roba con gli attacchi terroristici? “Però, che bella serata, ce ne fosse un’altra, magari…” In quel groviglio di sentimenti contrastanti, una mano delicata si era fermata sulla sua spalla e, girandosi di scatto, aveva visto una fanciulla davvero niente male che lo invitava per gli spettacoli futuri.
“L’altra sera sono venuta qui col mio fidanzato, rappresentavano l’Aida, una cosa unica, perché nelle scene entrano gli animali veri, sì, i cavalli, gli elefanti, una cosa da mozzare il fiato.
Lui, beh, lui non faceva che dormire, una figura pessima mi ha fatto fare. Del resto, anch’io non facevo altro che sbadigliare quando lo seguivo nelle sue gare di pallacanestro, per cui, lasciarci, è stato l’inevitabile epilogo di una storia che ormai si trascinava da anni e resisteva solo per abitudine.”
Erano usciti a cena… e poi… “Non si dice, non sta bene, ad ogni modo, il meglio di tutti sono io!”

L’epilogo di tutto ciò su Skarmoon era stato da dimenticare. Che terribile figura!
Gli avevano riso tutti dietro, Rubina in primis; quanto era diventata antipatica in quel periodo!
“Davvero odiosa e insopportabile! Mi controllavano in ogni mossa, ho fatto davvero la figura dell’idiota irrecuperabile… però, sotto sotto…”
Con inguaribile ottimismo e sicurezza estrema, pensava: “Primo: il mio posto non l’ho perso, ma solo migliorato, tiè! Secondo: sono diventato ancora più bello, lo specchio non dice mai bugie, ancora tiè! Terzo: il più furbo sono sempre io! Vado sulla Terra, terrestre en travesti, butto bombe a destra e a manca, attentati a profusione. Ma prima, una bella overdose di teatro, minimo dieci ore in dolce compagnia s’intende, eh, mica son scemo, che diamine! Ma la cosa più bella è che da Skarmoon non possono più controllarmi, neanche per idea, ho capito il trucco è un gioco da ragazzi, così faccio quello che mi pare e piace. Tiè, tiè e per chi non ha capito, ancora tiè! Ora vado!”

Si ammirò ancora allo specchio emettendo un poderoso do di petto mentre intonava un brano del “Trovatore”, quindi uscì fuori fiero, gonfio e tronfio come un tacchino, con l’aria di chi non riesce a trattenere un: “Fate largo, donne chi mi resiste, arrivoooooooo…”

Sul suo disco aveva già riposto l’abito da sera ben piegato e sistemato, poi le bombe e le armi c’erano tutte, tutto a posto, quindi poteva partire.
Atterrò su una vasta pianura ai margini della grande città e rapido organizzò il susseguirsi degli eventi mediante un calcolo e inventario.
“Dunque, le armi ci sono, la piantina, il monitor è a posto… questa bomba la devo piazzare dentro quel palazzo in centro, l’altra...” Un sorriso lo illuminò tutto: “Questi sono i biglietti per tre spettacoli, uno di seguito all’altro, molto bene.”
Mentre guidava in picchiata verso la Terra, senza sosta emetteva gorgheggi e frammenti di arie prese qua e là da opere, operette e musica leggera.
Con gli occhi della mente vedeva lo svolgersi della serata, poi i ricordi tornavano alle ultime ore passate alla base lunare, alla sua camera, con tutta quell’arte sparsa in ogni angolo.
“Che nessuno debba mai vedere quella roba, per carità! Potrei considerarmi solo un uomo morto.”
Sicuro più che mai di sé rideva, cantava e parlava ad alta voce; all’improvviso ricordò che nella giornata sarebbero dovuti entrare nella sua camera Gandal con la sua gentile metà e anche Hydargos a ritirare dei fascicoli nuovi.
“Nooooo! Non è possibile! Appena entreranno vedranno tutto, non ho nascosto i dvd, gli spartiti, gli oggetti ricordo!” gridò disperatissimo. “Come faccio? Sono già atterrato, tornare indietro? No, troppo tardi… un momento, c’è Hydargos, proprio lui: gli dirò di entrare per primo e far sparire il tutto.”
Tentò invano di contattare il suo sottoposto, ma niente, non dava segni di vita.

Improvvisamente, dal monitor gli apparve l’immagine di Rubina.
“Toh, qual buon vento? Sua Altezza desidera?” l’apostrofò Zuril con malcelata ironia.
La risposta silenziosa fu un gigantesco pallone di gomma da masticare rosa esploso.
“Però, che educazione”, pensò Zuril. “A occhio e croce, deve averne ingollate almeno cinque, viste le dimensioni! E che eleganza, che debba partecipare ad un concorso?”
Rubina aveva i capelli raccolti in due trecce e sulla sommità del capo un grosso bigodino, mentre un altro arrotolava la frangia. Una tuta da ginnastica grigia e informe la paludava tutta.
“Io non desidero proprio niente, ho solo visto il segnale lampeggiare e sono venuta a vedere.”
L’aria annoiata e assente era ben stampata su tutto il viso.
“Per favore, puoi mandarmi Hydargos? Devo parlargli un momento.”
“Non c’è”, rispose lei con un sospiro.
“Come? Ma quando torna?”
“Non torna. È nelle miniere infernali di Giove per tutto il mese. Lo sai pure, non ricordi?”
Zuril ricordò, e la sua ansia crebbe.
“Se non c’è altro, io vado.”
“Noooooo, Rubina aspetta un momento, non andartene.”
“Cosa devo fare, ti decidi? Ho da fare, spicciati!”
Decise di chiedere la sua collaborazione, ormai non aveva scelta.
“Dovresti… no, non posso…”
“Dovrei? Cooosaaaa? Ti decidi a parlare?”
“Vai nella mia camera, poi ti dò le istruzioni io: prima di entrare chiudi gli occhi, non devi vedere niente.”
Rubina aprì due volte la bocca prima di riuscire ad articolare una sillaba, quando ebbe recuperata la favella gli disse: “Zuril, ma ci fai o ci seiiiiii???” Con la mano gli faceva il gesto per indicargli che stava vaneggiando.
“No, è che… sono cose riservate, molto intime.”
“Sai quanto interessa a me delle tue conquiste! Ci sono le foto delle tue donne, e allora?
Non sono gelosa né mi scandalizzo, quindi dimmi cosa devo far sparire, così quando arriverà la tua nuova fiamma prima di te, non scoprirà nulla” disse lei con tono tra l’annoiato e il saccente.
“Non si tratta di questo, è ben altro”, sospirò lui.
“O ti decidi a parlare chiaro, o interrompo la comunicazione subito. Non ne posso più!”
“Va bene, la porta è solo accostata, entra pure.”
Rubina entrò masticando gomme e caramelle; davanti allo specchio sistemò meglio i due bigodini e gli elastici alle trecce.
“Ci sono. Cosa devo mettere sotto sequestro?” domandò al limite della pazienza.
“Ecco, sul tavolo ci sono dei dvd, degli spartiti, dei libri, dei souvenir; nascondi tutto nell’armadio e chiudi a chiave.”
“Tutto qui? Bella roba! C’era bisogno di fare tutte queste scene?”
Rubina impilò i libri, in fretta buttò i dvd in una scatola in modo sgarbato; la sua attenzione fu improvvisamente catturata da uno scialle nero, sembrava una mantiglia spagnola e da un paio di nacchere di legno. Il prezioso indumento di pizzo se lo sistemò sulle spalle, poi prese a rigirarsi davanti allo specchio, e intanto cercava di infilarsi tra le dita quegli strani strumenti facendoli suonare.
Ad un tratto cominciò a ridere a più non posso, Zuril tentò di fermarla, ma lei niente, non sentiva.
“Vedo che quando sei solo, ti conci davvero bene! Il grande illustre scienziato non la smette mai di stupirci!”
“Chiudi tutto ed esci subito, sparisci! Ah, intanto che ci sono, se mi permetti un consiglio Rubina, ti puoi iscrivere ai concorsi di: Miss Eleganza, Miss Simpatia e Miss Educazione, ti garantisco che li vinci tutti e tre senza meno! Sicuro! Dammi retta, prima classificata!”
“Va bene, ciao, personaggio illustrissimo!”
La ragazza uscì dalla camera e tornò al suo tapis roulant.

Zuril, un tantino più sollevato, era arrivato nei pressi del teatro di Tokio: da lontano, Kaori, gli faceva segno di saluto sventolando i biglietti per l’ingresso.
“Eccoti finalmente, entriamo subito, tra dieci minuti inizia.”
Lui le sorrise contento prendendola per mano. Sul portone principale si arrestarono increduli, quando lessero in un cartello:
“Spettacoli sospesi”
Ma come? E perché? Nessuno li aveva avvertiti.
Entrarono da una piccola porta laterale e subito si imbatterono nel custode.
“Scusi, come mai è tutto annullato?” domandò Kaori, elegantissima nel suo abito di seta verde.
“Mah, un fatto improvviso. Il tenore ha avuto un attacco di tracheite, broncopolmonite e annessi, quindi non ha più voce: il sostituto è dovuto partire per impegni improrogabili, quindi siamo davvero nei guai, perché stasera ci sono degli ospiti di riguardo venuti apposta, ora come facciamo? Va bene non portare in scena tutti e tre gli spettacoli previsti, ma almeno uno bisogna farlo. Che figura ci facciamo, altrimenti?”
Il direttore d’orchestra apparve all’improvviso. Era un uomo alto e imponente, sempre sicuro di sé, ma in quella circostanza pareva rimpicciolito, totalmente smarrito e incredulo.
Zuril e Kaori si guardarono, poi lei ebbe un’idea fulminea.
“Si può fare!” disse con un sorriso.
“Cosa, si può fare?” domandò il maestro.
“Lo spettacolo, sì, dico davvero. Questo signore che vedete, ha una voce prodigiosa unita ad una discreta esperienza nel campo; se rimandate la messa in scena di un’ora, e nel frattempo gli fate fare delle prove, vi sorprenderà.”
Zuril, dopo un attimo di sorpresa, si gonfiò tutto e diede la sua totale disponibilità.

Sul palco, la soprano provava una famosa romanza della Boheme.
Il direttore intanto, dava delle dritte a Zuril, testando la sua voce.
“Devo dire niente male, del resto non portiamo tutta l’opera, ma solo delle suite, quindi tenga sempre l’occhio puntato verso il suggeritore, segua me per andare a tempo e il gobbo, dove sono scritte le parole. Se la sente?”
“Sicuro, prima devo fare delle telefonate urgenti, scusatemi”. Con passo celere si avviò nel camerino e prese contatto con Hydargos, il quale stava semi incarcerato nelle miniere infernali di Giove.
“Non posso muovermi di qui, sono ordini.”
“Adesso gli ordini te li dò io, chiaro? Devi subito scendere sulla Terra e disporre le bombe alla base del Centro Ricerche, poi tra alcune ore ti raggiungo, capito?”
“No, non capisco… ma poi, quello non era compito tuo?”
“Ho da fare: appena sono libero ti raggiungo, non discutere e spicciati!”
Chiuse la comunicazione e subito bussò alla porta il sarto per la prova costume.

La scaletta appesa in ogni camerino riportava l’elenco in esatto ordine cronologico di tutti i brani artistici.

Nabucco: coristi in “Va pensiero”
La Traviata – “Coro delle zingarelle” – parte cantata e ballata.
Zuril – tenore e Aika – soprano in: “Che gelida manina” e “Sì, mi chiamano Mimì”
Turandot – coristi
Cavalleria Rusticana – coristi
Madama Butterfly-Aika – soprano in: “Un bel dì vedremo”


Le luci si offuscarono al terzo e ultimo squillo del campanello, quindi tutti gli artisti furono pronti dietro le quinte.
Aika strinse forte le mani a Zuril con un: “In bocca al lupo, forza!”
“Cosa significa?”
“Devi rispondere crepa, no?”
“Cosaaa? E perché mai dovrei augurarti di crepare?”
“Ma nooo! Oh, ma di dove sei, di un altro pianeta?”
“Mah, quasi quasi.”
“Ssst, silenzio!” ordinò una voce nell’oscurità.

Finito il primo pezzo ci fu un lungo battimani, poi entrarono le zingarelle cantando e ballando una danza che Zuril ricordava molto bene durante una certa “vacanza romana”, in cui lo spagnolo Miguel, aveva mostrato a lui e Hydargos certi balli andalusi, poi aveva concluso con: “…ho avuto modo di conoscere la bravissima e bellissima ballerina di flamenco Lucero Tena… ho studiato con lei un certo periodo, vedete? Lei aveva inventato un suono unico con le nacchere e me l’ha insegnato…”
Che esperienza meravigliosa era stata quella! Del resto, lui non aveva accantonato quella passione che nascondeva gelosamente nel segreto della sua camera… segreta fino ad un certo punto. Poche ore prima, Rubina aveva visto quegli oggetti e si era burlata di lui… beh, ma in fondo chissenefrega, vah!
Dietro le quinte non riusciva a stare fermo, muoveva anche lui i piedi a passo di danza, finchè un’occhiataccia della maschera lo fermò.

Terzo quadro: Aika e Zuril entrarono. Lui, nella parte di Rodolfo, uno squattrinato pittore bohemien, aveva fatto entrare in casa la sua vicina e ora intonava una dolce melodia.
Il suggeritore era ben piazzato in mezzo al palcoscenico dentro un buco e teneva in vista le parole dell’opera.
Il tenore iniziò per primo.
Ricordiamo che, per l’occasione, Zuril aveva cambiato il colore dell’epidermide da verde in color carne terrestre e l’occhio mancante dal computer oculare era stato sostituito da un occhio finto. Il risultato era che non vedeva più come prima, quindi iniziò bene nel gestire il suo pezzo, poi lo sguardo finì nella parte di lei, quindi cominciò a saltare di palo in frasca.
Aika, gli diede di gomito sussurrandogli: “Quella è la mia parte, sono io che devo cantare mi chiamano Mimì.”
Di rimando, Zuril le sussurrò: “Ma il tuo nome, non è Lucia?”
“Idiota! Non è il momento di fare battute, riprendi il filo piuttosto, sei fuori tempo!”
Nonostante svariati incidenti, il pezzo terminò e il pubblico, pur confuso, applaudì.

Dietro le quinte, Aika lanciò una fila di improperi all’indirizzo del collega: lui incassò il tutto con eleganza, poi le consigliò: “E’ meglio che ti spicci col cambio d’abito, tra poco devi cantare “Un bel dì vedremo”, se la scaletta non m’inganna.”
“Non lo canto, faccio harakiri, che razza di figura mi hai fatto fare! Io in scena non ci tornerò mai più, almeno fino a quando non troverò il chirurgo più bravo del mondo che mi cambi i connotati, perché il coraggio di presentarmi alla gente non ce l’ho né adesso, né maiiiii!” urlò la soprano al colmo di una crisi di nervi.
Zuril osservò meglio la donna e ne dedusse che era davvero bella, quindi la mano, anzi, la zampaccia verde come la chiamava Rubina, (divenuta color carne terrestre per l’occasione), sfiorò il generoso decolletè che la soprano esibiva.
La prassi vuole che, dopo un simile contatto, cinque dita della signora offesa si stampino sulla faccia del maleducato di turno, e così avvenne anche in quell’occasione, abbinato all’altrettanto stra usato epiteto: “Porco!”
Il grande scienziato accusò il colpo con classe estrema (tanto aveva la pelle dura, eh, che sarà mai?), poi, visto che le esibizioni erano finite, uscì con tutti gli artisti sul palco per gli inchini di ringraziamento.

Il pubblico pareva soddisfatto, quindi Zuril, tutto gasato per il successo ottenuto e col pensiero rivolto al prossimo successo delle bombe che sarebbero esplose al Centro Ricerche, si pose in mezzo al palco ed emise un poderoso: “All’albaaa viiineceerooooooò” che ci stava come i cavoli a merenda, ma ottenne comunque un ulteriore scroscio di applausi.

Uscì svelto dalla porta laterale e contattò Hydargos, il quale rispose subito ed era al settimo cielo.
“Ce l’abbiamo fatta! Anzi, IO ce l’ho fatta! Sì, ho fatto saltare in aria tutto, il Centro, la fattoria, Goldrake, i veicoli, tutto!” disse gasato al massimo.
“Un momento, spiegami bene… ma… sei sicuro? Voglio controllare.”

Venti minuti dopo si incontrarono. Hydargos mostrò a Zuril le foto con i risultati delle bombe esplose.
Lo scienziato si soffermò a lungo ad osservare le immagini, poi decise di recarsi sul luogo del delitto per accertamenti. Confrontò le fotografie coi luoghi; strano, non c’erano tracce di esplosioni. Riguardò meglio, poi il suo sguardo interrogativo si posò sul suo sottoposto.
“Qui sembra tutto in ordine. Cosa hai fatto coi tasti? Mostrami bene.”
Hydargos spiegò bene nei dettagli tutta l’operazione e alla fine di quel resoconto, una lampadina si accese nella testa di Zuril.
“Nooooo!!! Non è possibile!”
“Cosa, non è possibile?”
“Hai usato il generatore di miraggi! Sì, quella toppata che si rivelò poi un vero fallimento!
Ci siamo dimenticati di far sparire quel sistema. Tu hai creduto di piazzare delle bombe da Procton, perché si era innestato un miraggio… invece sono esplose nel vuoto!”
“Nooooo, non ci credoooo! E adesso cosa facciamo?”

Zuril ebbe un’idea fulminea.
“Ho trovato! Torniamo alla base lunare di corsa, e sempre correndo, dopo aver preso il necessario, torniamo sulla Terra per finire questa dannata missione, ecco!”

Velocissimi raggiunsero Skarmoon. Silenzio e deserto ovunque: in punta di piedi entrarono nella sala di comando buia e deserta.
Il novello tenore intonò un’aria della Boheme adeguata alla situazione: “… al buio non si trova… ma per fortuna, è una notte di luna… e qui la luna l’abbiamo vicino.”
“Veramente ci siamo sopra”, rettificò Hydargos.
A tentoni cercarono l’interruttore. Un attimo prima di premere il tasto, illuminata a giorno, la stanza apparve ai loro occhi… solo che non era vuota.

Re Vega, Gandal e signora sullo sfondo; dalla porta laterale usciva Rubina con in mano le armi funzionanti e, mentre le sventolava sotto i loro occhi increduli con indosso la mantiglia spagnola e un abito folkloristico accennando sensuali passi di danza, intonava questa melodia:


Ma ‘ndo vai se la banana non ce l’hai?
bella Hawaiana attaccate a sta banana …
’ndo vai se la banana non ce l’hai?
Vieni con me te la farò vedé vengo con te
me la farai vedé




FINE

Edited by .Luce. - 28/4/2023, 10:48
 
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