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.Luce.
view post Posted on 22/4/2023, 16:24 by: .Luce.     +1   +1   -1
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Professore della Girella

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ALTA SOCIETA’

1_20

A partire da questo dialogo, preso dal doppiaggio del film “Goldrake addio”, decisamente stravolto rispetto all’episodio originale (Rivoluzione nello spazio), ho avuto l’idea di scrivere una storia ancora più assurda, ancora più fuori dalla realtà dell’anime: qui davvero ci ho messo molta fantasia.

Scena e dialoghi della barchetta sul lago.

Rubina: “Sai, Actarus, stavo pensando a quante stelle ci possono essere nell’universo intero.”
Actarus: “Tante, ma nessuna è bella come i tuoi occhi.”
Rubina: “Ho passato con te i più bei giorni della mia vita.”
Actarus: “Che peccato che domani dobbiamo partire.”
Rubina: “Noi dobbiamo rivederci! Ci troveremo qui il prossimo anno.”
Actarus: “Sì Rubina, te lo prometto, non posso vivere senza di te.”
Rubina: “Oh Actarus, adesso dimmi che mi vuoi bene.”
Actarus: “Sì, sì.”


Questo dialogo avvenne alla fine di una vacanza della durata di tre settimane, quindi prima ci furono svariati eventi, incontri, colpi di scena.

Il pianeta Bez era una stella non troppo grande, pacifica, poco abitata, circondata dal mare, vaste spiagge, l’entroterra con laghi, fiumi, ruscelli, una vegetazione lussureggiante, clima costante, niente inquinamento.
Questa piccola stella, nella parte esterna verso sud, vantava un grande edificio tutto bianco e verde a ridosso di una vasta spiaggia, dove la sabbia era quasi impalpabile, luogo ideale per ospitare giovani benestanti, che per la prima volta avevano il permesso di andare in vacanza da soli: prima tappa verso l’indipendenza, finalmente lontani da genitori apprensivi e sempre pronti a vietare tutto.
La struttura comprendeva personale preparato e responsabile, in grado di sorvegliare adeguatamente i teenagers, intrattenerli, coinvolgerli in attività di gruppo, farli divertire e tanto altro.

In un luminoso mattino di inizio luglio, atterrarono su Bez un ragazzo e una ragazza, che, a giudicare dal loro aspetto, sembravano aver appena varcato la soglia della pre-adolescenza; appena le rispettive astronavi, guidate dai loro precettori, toccarono il suolo, si congedarono velocemente dagli stessi con un saluto rapidissimo, senza la minima ombra di rimpianto o nostalgia e con un sorriso che arrivava alle orecchie. Corsero alla reception, dove subito ebbero la conferma della loro prenotazione, chiave della camera, un libretto con la piantina del luogo, gli orari dei pasti, degli svaghi, numeri di telefono per ogni necessità, la raccomandazione di divertirsi e usare il loro tempo al meglio, di fare tutto il possibile perché questo soggiorno fosse per ognuno di loro indimenticabile.
Un ascensore imbottito come scrigno li accolse, salì al terzo piano e si aprì su un corridoio di marmo bianco.
In fondo, una vetrata alta fino al soffitto faceva da cornice ad una pineta e sulla destra si intravedeva uno scorcio di laghetto, dove alcune vele navigavano, lasciandosi trasportare dalla brezza.
I due ragazzi, rispettivamente Actarus e Rubina, tenevano ben stretta in mano la chiave della loro stanza e già la mente febbrile si popolava di fantasie su cosa avrebbero fatto più tardi, domani, dopodomani: una voglia pazzesca di non stare mai fermi.
“Ciao, mi chiamo Rubina e sono veghiana, tu invece?” chiese la fanciulla tendendo la mano paffuta al ragazzo che le stava a fianco.
“Io sono Actarus e vengo da Fleed, piacere di fare la tua conoscenza” le rispose stringendo la mano di lei, con una presa forte e virile.
“Ci vediamo più tardi.”
“A dopo” gli rispose con un sorriso civettuolo sulle labbra e la testa inclinata di lato.
Rubina entrò nella camera avvolta nella penombra e subito sorrise. Era come l’aveva vista sul monitor quando era ancora su Vega; aveva chiesto un letto a baldacchino tutto rosa, poltroncine di raso e velluto, la specchiera come lei aveva desiderato, cioè la riproduzione esatta della casa della Barbie che a lei piaceva tanto e con la quale giocava sempre.
“Mi metto subito il costume, secchiello, paletta, formine, salvagente a forma di cigno e rimango in spiaggia fino al tramonto!”
Uscì dalla camera col due pezzi a fiori pieno di frappe e volants, zoccoletti ai piedi, Actarus la raggiunse subito e insieme scesero diretti verso il mare.
In quell’ora c’era il pieno di gente: ragazzi del luogo, villeggianti con famiglie al completo, convalescenti, rampolli provenienti da altre galassie e piuttosto spocchiosi, che non davano confidenza a nessuno, bambini e anziani.
“Ehi, Rubina, ma dove vai con quel coso, guarda che non si nuota mica così!”
“E come allora? Io senza salvagente non mi bagno nemmeno i piedi.”
Actarus le rivolse un sorriso gentile e di rimando: «Ma se usi sempre quello non imparerai mai, prova dove si tocca, ti aiuto io, vedrai che è facile.”
“Ho paura, no, no, ti prego…” gli rispose con voce petulante e piagnucolosa.
“Dai, vieni con me.”
La prese per mano e la guidò verso il mare, dove da un lato c’era una corda per tenersi.
Molti bambini e ragazzi si tenevano in equilibrio con una mano alla rete, con l’altra abbozzavano qualche movimento circolare nell’acqua.
“Ecco, fai come loro: poco alla volta acquisterai più sicurezza e starai a galla senza paura.”
Rubina era titubante, tuttavia si mise d’impegno nell’impresa.
Dopo qualche minuto ci prese gusto e cominciò a divertirsi: emetteva gridolini di paura, rideva e coi piedi batteva forte nell’acqua, provocando spruzzi chilometrici assieme ad altre sue coetanee.
Da lontano ammirava Actarus, che con altri giovani si spingevano al largo nuotando in un perfetto e sincronizzato stile libero.
Era prossimo mezzogiorno, quando l’altoparlante avvertiva gli ospiti del resort di prepararsi in tempo per l’ora di pranzo.
Rubina posò i piedi sul fondale marino e subito un granchio, decisamente affamato, le addentò l’alluce.
Urla di terrore e dolore tagliarono l’aria, quindi il bagnino corse prontamente verso la fanciulla gocciolante col granchio in bella vista, che non si decideva a mollare il dito; la prese tra le sue forti braccia e corse in infermeria.
Una giovane e gentile dottoressa, evidentemente abituata a quel genere di incidenti, con ferma sicurezza tranquillizzò Rubina; uno spray antidolorifico calmò il dolore all’istante e un cerotto rosa di Hello Kitty consolò abbondantemente la spaventata ragazzina.
Fuori, nel bianco corridoio, Actarus l’attendeva con un sorriso rassicurante.
“Come stai? È passato il male? Ti senti di mangiare qualcosa, vero?”
Ancora lievemente sotto shock, Rubina gli sorrise di rimando e, aggrappandosi al braccio di lui, un tantino zoppicante, si decise a seguirlo in sala da pranzo.
Il cameriere si avvicinò al piccolo tavolo rotondo, dove i due giovani si erano appena seduti, e porse loro la lista del menù del giorno.
Si avvicinò alla ragazza e le suggerì piano, ammiccando con fare scherzoso, ma al tempo stesso, mantenendo un tono serio e professionale: “Desidera un bel risotto al granchio, signorina? Quello che lei ha pescato poco fa era bello grosso, succoso e saporito. Ora che gli abbiamo fatto passare la voglia di attaccarsi alle sue estremità, l’unico modo per vendicarsi è ripagarlo con la stessa moneta. Che ne dice?”
Rubina impallidì e, sconvolta, negò violentemente col capo.
“No, no e poi no! Quel brutto mostro non voglio vederlo nemmeno dipinto, la prego! Mi porti una pastina in brodo, grazie” rispose la ragazza, con voce decisamente tremante e spaventata.
Il cameriere trattenne a malapena un sorriso divertito, fece un lieve inchino e si avviò spedito in cucina con le ordinazioni.
I due ragazzi avevano fatto amicizia fin da quel primo giorno di vacanza, si erano sentiti subito in sintonia, quindi, dopo qualche ora di riposo pomeridiano, decisero di fare una passeggiata all’ombra della pineta, in compagnia di qualche rivista e un buon libro.
Entrati in confidenza, raccontarono di sé, dei lori rispettivi pianeti, della loro vita, gli studi intrapresi, le loro famiglie, gli svaghi, le passioni, le conoscenze, gli usi e costumi della loro terra.
“Tra poche ore inizia la musica nella sala da ballo, ho visto che c’è un corso di “baby dance”, perché non ci andiamo?” chiese Rubina al principe di Fleed.
“Volentieri, ho visto che c’è più di una sala da ballo e con diversi tipi di musica, quindi possiamo dedicarci a svariate danze.”
Verso l’imbrunire, Rubina cercò nel suo guardaroba il completino pieno di strass coi pompon, i nastri e le farfalle. I sandali rosa fuxia, coi brillantini e tacco cinque, la facevano audace.
Entrò nella sala piena di bambini, i quali, al ritmo della musica, tentavano di seguire il maestro ballerino nei primi rudimenti del ballo.
Actarus la osservava da lontano con sguardi di incoraggiamento, poi Rubina si staccò dal gruppo e gli chiese di accompagnarla al bar.
“Tutto questo movimento mi ha messo una gran sete, andiamo a prendere una gazzosa?”
“Sicuro, vieni!”
Nel piano bar, brillavano per la loro presenza i più nobili e ricchi ereditieri delle vicine galassie.
Non facevano nulla, tranne osservare con noncuranza le ragazze più belle, tenere il bicchiere di liquore sempre in mano per darsi un tono, scambiarsi notizie e novità sui succosi pettegolezzi del loro ambiente.
“Niente male quella, cosa dici se…” chiese il principe ereditario di Galar al duca di Zari.
“Ma non vedi che è una bamboccia, guarda come si veste! Perdi solo il tuo tempo a starle dietro, credimi, per noi ci vuole ben altro! Una come quella che sta passando adesso!” gli rispose di rimando, indicando con lo sguardo una ragazza vestita in una maniera che lasciava ben poco all’immaginazione e tutta la sua persona era un implicito invito ai ragazzi a farsi avanti senza troppe formalità.
“Per questo mi piace! Cosa scommetti che riesco a sedurla? È così stupida e ingenua che mi cascherà tra le braccia come una pera cotta! Poi, lo stile Lolita mi è sempre piaciuto.”
“Contento te. Vada per la scommessa, io dico che ti manda al diavolo, invece!”
“Una gazzosa, per favore… anzi no, meglio un’aranciata!” ordinò Rubina al cameriere, ma il principe di Galar la prevenne con un: “Ciao, piacere di conoscerti, mi chiamo Gex, aspetta, ti offro io da bere.” “No, ma io…” balbettò Rubina confusa.
“Due doppi cognac, subito!”
“Ma…”
Il giovane era alquanto sicuro di sé, scrutava la ragazza con occhio pieno di malizia, tutta la sua persona tradiva la buona discendenza, ma lasciava al contempo trapelare che, a dispetto della sua giovane età, aveva già alle spalle una vita vissuta, vizi malsani, quella prepotenza mal dissimulata di chi è abituato a comandare, farsi ubbidire, ottenere tutto e subito: dai subordinati, dalle donne, dalla vita.
Sul bancone fecero la comparsa i due bicchieri ordinati: Rubina ne assaggiò un piccolo sorso e tutta la sua espressione fu terribilmente disgustata, mai aveva assaggiato qualcosa di tanto orribile.
Con decisione allungò la mano verso la zuccheriera e, senza esitare, prese il barattolo e versò lo zucchero senza parsimonia dentro il cognac, mescolando bene col cucchiaino.
Gex rimase letteralmente basito, ma subito un sorriso gli allargò la bocca e il cuore.
“Versa pure e bevilo tutto in un fiato. Questa sera ho fatto tombola!” pensò malignamente soddisfatto.
Prima che Rubina portasse alle labbra quella bevanda micidiale, una mano calda la prese per il gomito e la portò lontana da quel posto infernale.
“Ma… Actarus, che ci fai… finalmente, ti avevo perso di vista.”
Lui la guardava preoccupato e sollevato ad un tempo. Meno male! Era arrivato per un soffio.
Le porse subito un bicchiere colmo di acqua frizzante aromatizzata, poi, senza parlare, la guidò più avanti, in una sala dove c’era una musica dai toni bassi e una penombra lasciava intravedere coppie che si lasciavano trasportare dalle note.
Anche i due giovani si unirono al gruppo e insieme provarono il primo ballo lento della loro vita, quello che non si dimentica più, quello che con un salto ti porta avanti all’improvviso, tra gli adulti; ti senti grande, diverso, soprattutto quando c’è già sintonia nella coppia.
Fuori, l’aurora faceva capolino in fondo al mare.
Così passavano i giorni e la vacanza era ormai agli sgoccioli.
Durante quelle settimane, Rubina aveva finalmente imparato a nuotare, lasciato perdere la “baby dance” assieme ai cerotti Hello Kitty, i lecca lecca, le gare a chi faceva i palloni più grossi con le gomme da masticare, relegato in fondo alla valigia l’orsacchiotto di peluche, il salvagente, i lustrini, il gusto kitsch.
In cambio aveva acquisito buon gusto e maniere raffinate, modi più adulti, una certa scaltrezza da usare all’occorrenza e questo soprattutto era avvenuto per la vicinanza di un ragazzo davvero speciale, che l’aveva fatta sentire unica.
E fu così che arrivò il giorno dell’episodio della barchetta citato in prima pagina.


E poi scoppiò questa maledetta guerra!

Il giorno stabilito per la partenza, una notizia totalmente inaspettata, un fulmine a ciel sereno sconvolse tutti gli ospiti della vacanza del pianeta Bez.
Re Vega aveva attaccato Fleed di sorpresa e voleva sottomettere tutta la nebulosa.
Ci fu un improvviso fuggi fuggi, nervosismo, notizie contradditorie e confuse sentite di sfuggita via radio si materializzarono in quel luogo ameno.
Rubina e Actarus si salutarono di corsa: dovevano tornare a casa, capire cos’era successo, fare qualcosa.
“Noi siamo amici Actarus, sono certa che tutto ciò che è accaduto sia dovuto solo a malintesi…”
“Sì Rubina, ma ora dobbiamo lasciarci, addio!” E di corsa il principe salì sulla navetta.
“Arrivederci, scrivimi e ricordati di telefonarmi appena arrivi a casa, dammi subito tue notizie, non farmi stare in pensiero!” gli gridava lei dalla spiaggia, salutando nervosamente con la mano, mentre il ragazzo era già volato in alto con l’astronave guidata da un suo suddito e diretta verso Fleed.


FINE
 
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