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.Luce.
view post Posted on 22/4/2023, 16:30 by: .Luce.     +1   +1   -1
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Professore della Girella

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ESTATE TRA LE STELLE

1_257

Re Vega e Rubina

Il sole mattutino di giugno splendeva sulla spiaggia lambita dal mare liscio e calmo appartenente al pianeta Vega.
Quel giorno il sovrano aveva deciso di accompagnare lui stesso la figlioletta di appena cinque anni a divertirsi con la sabbia, nuotare, cercare granchi.
Aveva dato un giorno di libertà alla balia e intanto pensava al modo di indirizzare la mente della figlia verso fantasie di conquista più che ambiziose; per questo genere di cose non era mai troppo presto, anzi, meglio subito che poi, perché, se si prendono brutti vizi, quali il desiderio di pace e tranquillità, col tempo tendono a degenerare in deviazioni della personalità molto gravi alquanto subdole, e questo andava evitato come la peste.
Ad esempio, quel costume intero a pois rossi tutto frappe e fronzoli così esagerati, che la bambina sfoggiava con orgoglio, era già un grave errore: il classico capo di abbigliamento che indossano le persone tranquille, sottomesse, quelle che nell’infanzia giocano con le bambole, con la cucina fatta su misura per loro, poi, già dalla preadolescenza, mostrano un sospetto di esagerato romanticismo ai limiti della tossicità diabetica, illanguidito dallo sguardo dolce più del miele, con pericolosissima propensione alla vita matrimoniale, sintomatico della più grave malattia incurabile che inevitabilmente sfocia in: fidanzamento precoce con ragazzi a modo, posati, tranquilli, seguito da un matrimonio organizzato a tempo di record prima di raggiungere la maggiore età. In meno di un anno si profila già la prima nascita di un erede, in cantiere un discreto numero di pargoli ad allietare la loro vita piena di fiori, boccioli di rosa, cose belle e gentili, buoni propositi, educazione, addirittura, udite udite: aiuto ai bisognosi!
Nooo, impossibile! Mai e poi mai, peggio della peste!
Ma questo sarebbe ancora nulla: in questi soggetti è totalmente assente qualsiasi se pur remoto accenno di aggressività, ambizione, sete di potere, dominio, mai la più innocua bugia, che scandalo sarebbe per loro rubare, ad esempio, quel bellissimo asciugamano di spugna dell’albergo che li aveva ospitati per una sola notte!
Mai una lite tra le mura domestiche! Perché bisogna litigare? Chi l’ha stabilito? Si parla, si conversa, quando non si è d’accordo su qualcosa ci si viene incontro.
Questa volta faccio contento te, domani tu farai contenta me, semplice no?
“Terribile, è un incubo, devo fare subito qualcosa, spero solo di essere ancora in tempo” pensava e rimuginava continuamente tra sé re Vega, mentre con sguardo scrutatore non si perdeva nemmeno un movimento della figlia e tentava di immaginare strategie utili e infallibili per tamponare in tempo una simile catastrofe.
Nemmeno ricordava dove e da chi aveva appreso l’esistenza di questi modi di pensare e vivere, erano cose di una tale assurdità!
La bambina armeggiava con abilità sorprendente con il secchiello colmo d’acqua di mare, poi con la sabbia bagnata si accingeva a costruire castelli laboriosi, pieni di ponti, torrette, carrozze, abitanti.
“Però, è brava e veloce, accidenti! Potrebbe iscriversi alla facoltà di architettura da grande, ha buon gusto e ci sa fare. Certamente, questa sua dote va poi sviluppata in senso espansionistico e di conquista: una volta conquistato un pianeta e fatta strage degli abitanti, ricostruirlo come pare a noi, tenercelo solo per noi, comandare sempre e solo noi, questo è ovvio.”
Dopo che gran parte della mattina era trascorsa in questo modo, a Rubina venne la voglia di fare un tuffo tra le onde.
Sulla riva si teneva un corso di nuoto per bambini e principianti; un gruppo di circa 20 persone ce la stava mettendo tutta per vincere la paura dell’elemento liquido, sperando che il loro sogno di nuotare da soli fino al largo si avverasse al più presto.
Rubina li osservò attenta per alcuni minuti, poi decise di snobbarli e dirigersi verso gli scogli usando i braccioli di gomma come salvagente.
Nonostante avesse solo cinque anni, era già piuttosto esperta, si muoveva con grazia e scioltezza, anche se i suoi occhi attenti continuavano a fissare senza posa nella direzione dei suoi castelli di sabbia: sembrava li stesse controllando, quindi decise ben presto di tornare a riva.
“Tra poco esploderanno delle bombe e distruggeranno tutto!” disse Rubina tutta eccitata e con gli occhi che brillavano.
Il padre la osservò distrattamente senza capire: di certo la sua fertile fantasia infantile si stava popolando di immagini senza una logica, o forse quella notte aveva avuto un incubo.
Pochi minuti dopo, dall’interno delle costruzioni di sabbia, dei bagliori sprizzarono fuori emettendo scintille colorate.
Un gran botto e tutto esplose come fosse scoppiata una bomba; dei castelli non c’era rimasto più nulla, solo sabbia fangosa, dove a tratti si poteva intravedere un debole fumo dovuto all’esplosione.
“Ma… Rubina… cosa significa, mi spieghi cosa sta succedendo?”
Lei aveva un sorriso estasiato che le arrivava alle orecchie, si alzò e con calma serafica, abbinata ad un tono adulto e professionale, si decise a notiziare il proprio genitore.
“Ho messo delle bombe a orologeria e tutto è andato a meraviglia, il mio piano è stato perfetto!” disse con aria di superiorità, mentre un pericoloso febbrile luccichio nello sguardo la diceva lunga sul suo stato di bambina innocente; poi con un’alacrità che non aveva mai avuto, cominciò a sistemare tutti i suoi oggetti e a prepararsi per il ritorno.
Stupefatto, re Vega la fissava come in trance, poi riuscì a chiederle: “Ma… non è ancora presto? Vuoi già tornare a casa?”
“Sì, e subito anche. Le stesse bombe che sono scoppiate qui, le ho piazzate presso altre costruzioni sulla spiaggia, tra pochi minuti esploderanno, quindi filiamocela di corsa.”
Il padre la seguì senza fare una grinza: doveva ancora rendersi conto della portata di ciò che aveva appena visto e udito.
“Prima di arrivare a casa, fermiamoci a fare delle compere. Questo orrendo costume finisce dritto filato nell’inceneritore, ne voglio subito uno con delle stampe come piacciono a me; teschi, bombe, draghi, belve feroci, squali…”
Rubina comandava, dirigeva, pretendeva, come se nella vita non avesse fatto altro.
Toni bassi e gentili, vocina di miele, nasino all’insù e occhioni come Bambi.
Finalmente il padre cominciava a capirla, ed era tutto soddisfatto del pericolo scampato.
“Meno male! Per fortuna! È davvero figlia mia, ha preso tutto da me! Che soddisfazione essere padre! Cioè, un momento: ha preso da me nel carattere, ma l’aspetto no, ed è questo il bello! Chi potrebbe non essere conquistato da lei? Chi potrebbe immaginare cosa si nasconde dietro quello sguardo di cielo, quella figurina aggraziata, quel visino angelico, quella vocetta da uccellino?”
La accarezzò con lo sguardo tenendola per mano e ad ogni passo si riempiva di orgoglio paterno.
“Infelice e perduto chiunque finirà nella sua rete! Non se ne accorgerà mai, oppure lo vedrà troppo tardi. Cara, carissima Rubina, nessuno sa e saprà mai quello che tu nascondi dietro la maschera.”

Gli sguardi ammirati e quasi commossi dei passanti erano la diretta conferma di quanto sopra.
Re Vega e la figlia attraversavano con noncuranza il lungomare, accompagnati dalla lieve brezza portatrice di tanti odori: della vicina estate, dell’acqua di mare, della pineta, delle vacanze, dei villeggianti, dei sogni ad occhi aperti, della sete di dominio e potere.

Un giorno… di tutto questo rimarrà solo un lontano ricordo… tutto deve sparire… noi soli abbiamo il diritto a restare, comandare, distruggere…


Zuril e Fritz

“Infame traditore, bugiardo, delinquente, criminale, bastardo, falso… Ti odio, sparisci!”
Il rumore di un cristallo in frantumi tagliò l’aria, poi, all’improvviso, un silenzio irreale entrò con prepotenza nella stanza, reclamando tutto lo spazio e l’attenzione per sé.
Il pavimento della stanza del soggiorno era interamente ricoperto di vetro, mentre dall’altro lato, nella camera da letto matrimoniale, Zuril tentava in tutto i modi di fermare la sua consorte, voleva spiegarle, dirle che non era come pensava, c’era una spiegazione, dopotutto avevano un bambino piccolo, non poteva abbandonarli, solo una madre snaturata poteva pensare di fare una cosa tanto mostruosa.
“Le possibilità di cambiare le hai avute da me un milione di volte, ma non è servito a niente! Tu non cambi e non cambierai mai, lo so! Vuoi tutto, non ti accontenti mai, uno come te non deve sposarsi e tantomeno avere figli! Corri dietro a tutte le donne che vedi, sono diventata lo zimbello di tutti, non hai un minimo di rispetto per noi!” Con modi bruschi e spicci, Lya preparava le sue cose alla rinfusa, voleva andarsene subito di lì, la misura era ormai colma da un pezzo.
“No, non puoi, ricordati che sei sposata con me, abbiamo un bambino piccolo, non puoi lasciarlo, sei un’egoista senza cuore…”
Il viso di lei fu tutt’uno con un’espressione mista a rabbia repressa, odio, orrore, disgusto.
“Ma senti chi parla! Spero che Fritz non ti assomigli in niente, non lo abbandono, cosa credi? Sono diversa da te!”
Tutto il disprezzo per lui era evidente nello sguardo e nella voce.
“Questi pochi giorni di vacanza voglio che li passi con te, poi fra due settimane sistemeremo ogni cosa, puoi giurarci!”
La donna uscì di corsa, col bagaglio colmo di abiti che a stento entravano nella valigia; era tutta sudata, un fremito in tutto il corpo, voleva andarsene al più presto, non pensare più a che razza di uomo si era legata.
Nella sua cameretta, il piccolo Fritz giocava sul pavimento di legno scuro: voleva costruire un enorme palazzo coi mattoncini di plastica. Era tutto impegnato il quel lavoro che lo appassionava, la mente era distaccata dalla realtà.
“Cosa stai facendo? Lascia subito stare quella roba, non è per uno come te, per ciò che dovrai essere un giorno!”
Così dicendo, Zuril, con una sola mano, rovesciò a terra la costruzione.
Il pianto disperato del bambino invase ogni angolo della casa.
“Devi essere coraggioso, hai capito? Devi essere forte, il più forte!” gridava con voce sempre più alta e imperiosa, di rimando Fritz si disperava ancora di più.
Alla fine decise di lasciarlo solo e, come consolazione, gli promise che il mattino seguente sarebbero partiti per quel grande lago pieno di pesci, sarebbero stati lì molti giorni a divertirsi.
Il bambino, distrutto dalle emozioni di quella giornata da incubo, si addormentò sul parquet e così rimase fino al mattino seguente.
“Basi architettoniche: istruzioni” lesse Zuril con vivo interesse, quindi prese tutti i mattoncini e, prima dell’alba, aveva costruito un grande palazzo con giardini a terrazze, un patio interno, scale, fontane, animali in pietra.
“Sono un genio! È da qui che si comincia a conquistare l’universo!”

Ranch Makiba

“Sei sicuro di aver preso tutto Mizar?”
“Sono più che sicuro, ora si è fatto tardi e devo partire, ciao a tutti!”
“Ciao, telefonaci appena arrivi, mi raccomando!» gli disse Venusia salutandolo con la mano.
Mizar salì sull’autobus al volo, diretto alla piazzetta del vicino villaggio, dove i suoi compagni di scuola lo stavano già aspettando. Una bella ed entusiasmante avventura li attendeva: 15 giorni di vita da scout in mezzo ai boschi, montagne, ruscelli, laghi, stretti sentieri, pendii.
Zaino in spalla, tenda da campeggio e sacco a pelo: non vedeva l’ora di arrivare, era la prima volta che passava le vacanze senza la sua famiglia per un bel po’ di giorni, ed era tutto eccitato.
Erano i primi giorni di agosto e tutti gli ospiti del ranch sentivano il caldo e il bisogno di staccare la spina, ma i mostri di Vega non andavano certo in vacanza, quindi essere sempre vicini al Centro e con gli occhi bene aperti era un obbligo.
Rigel controllava gli animali nelle stalle, intanto Venusia e Maria rigovernavano la cucina, quando, all’improvviso, il segnale lampeggiante e inequivocabile dell’orologio che Actarus teneva al polso fece capire che tutti loro dovevano essere pronti per decollare coi loro dischi.
“Uno stormo di minidischi è stato appena avvistato, correte subito qui” disse il dott. Procton e, prima che potesse finire la frase, Venusia e Actarus erano già balzati sopra la jeep, Maria e Alcor avevano lasciato una gran nuvola di polvere con la loro moto, che era già partita ancora prima di ascoltare la conversazione.
Arrivati al Centro, presero la strada che li conduceva alle rispettive navette e si lanciarono nello spazio.
Tre formazioni di minidischi vennero prontamente distrutte dal tuono spaziale, più lontano Alcor aveva già individuato il mostro.
“Di questo me ne voglio occupare io da sola!” lo prevenne subito Maria, trattenendo a fatica il tono tra l’arrogante e il saccente.
“No, Maria non puoi, fermati subito, devi rientrare in formazione!”
La ragazza fece naturalmente di testa sua e con la bomba termica aveva reso quasi innocuo il mostro veghiano, quindi, con un missile ben assestato, Alcor lo ridusse in polvere.
Intanto Venusia si era agganciata a Goldrake ed erano scesi nel fondo marino, perché, dall’Istituto, Hayashi aveva segnalato una presenza sospetta; perlustrarono molto bene la zona circostante senza notare nulla di strano.
Usciti dal mare si sganciarono, ma decisero di tenere comunque gli occhi bene aperti e continuarono un lungo giro esplorativo. L’unica cosa che notarono dopo due ore di volo furono soltanto delle strane bolle che uscivano dalla superficie marina.
Procton li invitò a rientrare alla base, era sicuro che non c’erano altri segnali di allarme.
Quello che i terrestri non sapevano era che dalla base lunare Skarmoon, Zuril, Gandal e signora si stavano dando alla pazza gioia. Loro sì che avevano deciso di prendersi delle lunghe e meritate ferie.
Com’era possibile tutto ciò, dato che il loro sovrano li controllava in ogni mossa e pretendeva il rendiconto di qualsiasi impresa?
Semplice: in quel periodo estivo non era presente e nemmeno lo vedevano dallo schermo.
Re Vega, Rubina, Barendos e Zigra erano lontani, molto lontani, precisamente stavano perlustrando palmo a palmo ogni pianeta, stella o galassia disabitati dell’intero universo.
La loro idea era quella di rifornirsi di nuove materie prime, costruire armi belliche nuove ed imbattibili, avere dei mostri così potenti da sbriciolare Goldrake e veicoli ausiliari con uno solo sguardo inceneritore.
Dopo una decina di giorni di viaggio, in effetti avevano scoperto nuovi mondi, si rendevano conto che era ben diverso cercare pianeti dal computer alla base lunare e andarci invece di persona.
Sapevano che i loro sudditi avrebbero continuato le invasioni terrestri come sempre avevano fatto, erano completamente tranquilli; senza ombra di dubbio lavoravano, studiavano, si impegnavano, li avevano lasciati quando il nuovo mostro Gas-Gas era pronto e collaudato, quindi di sicuro era già sceso in combattimento.
Tutti contenti, ogni giorno scendevano su una nuova stella e, con avidità e prepotenza, sottraevano a piene mani tutto ciò che potevano.
Avevano progettato di stare lontani almeno un mese, ma, dopo 20 giorni, erano così soddisfatti che decisero di rientrare, anche perché le loro astronavi non ce la facevano più a contenere tutto quel materiale prelevato.
La vacanza di agosto alla base lunare procedeva in questa maniera: al mattino si alzavano tardi, si facevano servire dai soldati in tutto e per tutto, poi, con la nave madre, andavano in gita verso costellazioni sempre nuove.
All’ora di pranzo facevano il picnic in prossimità di un laghetto, si tuffavano, giocavano a golf e a canasta, nel tardo pomeriggio rientravano senza fretta mezzo assonnati e, una volta arrivati, facevano in modo di non lasciare traccia alcuna di queste scorribande.
Il mostro inviato sulla Terra era stato abbattuto quasi senza colpo ferire, perché il pilota designato si era messo a frignare e pestare i piedi per un’ora buona con loro tre: voleva seguirli, andarsi anche lui a divertire e, se non lo avessero accontentato, quella sera stessa, re Vega avrebbe avuto un resoconto dettagliatissimo delle loro gite fuori porta, con tanto di orari, foto, registrazione delle conversazioni che non lasciavano scampo a dubbi.
Per forza di cose, si erano dovuti arrendere e accontentarsi di guidare il disco col telecomando.
La base sottomarina in Giappone era diventata, per i nostri tre vacanzieri, un’ottima occasione per il sub e, quando non c’era nessun terrestre nei paraggi, per fare anche surf.
Quando si stancavano, rientravano e giocavano a carte: ogni partita sfociava inevitabilmente in un litigio e arrabbiatissimi prendevano la strada verso Skarmoon.
Ecco spiegato il motivo di quelle strane bolle segnalate dal Delfino Spaziale.
Una sera, rientrati da una giornata infernale piena di litigi per cose futili, stanchi e affamati, sudati e scarmigliati, notarono che la porta della Sala del Trono era solo accostata: strano, quando il re era partito, l’aveva chiusa a doppia mandata. Sentirono un parlottio sommesso e pochi istanti dopo, nel corridoio, si materializzò re Vega in persona con l’umore alle stelle, cordiale e ben disposto come mai l’avevano visto prima.
“B… bentornato maestà, già di ritorno? Perché non ci ha avvertito, volevamo riceverla con tutti gli onori…” balbettavano Zuril e Gandal, mentre la sua gentile metà si era defilata prontamente nel bagno: tutta quella sudata si faceva sentire e non era opportuno che il sensibile olfatto del re rimanesse offeso.
“Va benissimo così! Ho delle magnifiche novità, questo viaggio è stato molto più proficuo di quanto immaginassi, venite, voglio mostrarvi le meraviglie che ho portato.
Vi vedo in forma e pimpanti più che mai, molto bene, io non sono stanco per niente, quindi insieme guarderemo tutto il filmato.”
“Q… quale filmato? Non capisco… riuscì a sillabare Gandal con fatica.
Zuril si sentiva la gola arsa, con lo sguardo cercava la bottiglia senza trovarla.
“Quello del mio viaggio e quello su di voi, sulle cose che avete fatto in queste tre settimane, così saremo in grado di fare meglio ogni cosa, ho capito che bisogna toccare tutto con mano, non serve a nulla stare a guardare.”
“Ma… noi non abbiamo registrato niente qui… il mostro Gas-Gas è stato sconfitto, stiamo imbastendo cose nuove, ad ogni modo aspettavamo il vostro ritorno per…”
“Lo so! Ho messo delle telecamere su ognuno di voi! È molto creativo, perché così si capiscono meglio gli errori, se qualcosa non ha funzionato lo si vede bene subito. Eh sì, sbagliando si impara!”
Così dicendo spense tutte le luci e il film “Vacanze nella galassia” ebbe inizio.


FINE
 
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113 replies since 20/4/2016, 12:44   1873 views
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