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.Luce.
view post Posted on 22/4/2023, 16:36 by: .Luce.     +1   +1   -1
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Professore della Girella

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COMPETIZIONI

1_259

I sudditi di re Vega, da tempo immemore, impiegavano ogni energia, studio, ricerca, per soddisfare ogni esigenza del loro sovrano. Da quando si erano formate Le Forze Alleate di Vega, numerosi pianeti, stelle e galassie erano finiti sotto il loro dominio: c’erano stati attacchi vandalici, stermini degli abitanti, sottratte le preziose materie prime del sottosuolo, carpite le nozioni della tecnologia che in alcuni pianeti era più avanzata di quella veghiana.
Hydargos, Gandal e Zuril avevano dato il meglio o, sarebbe il caso di dirlo, il peggio di loro stessi nell’eseguire le rappresaglie.

Nel tempo, alcuni validi collaboratori esterni scelti da re Vega avevano fatto la loro comparsa alla base lunare Skarmoon: non erano stati ben visti dai comandanti di ruolo, perché capivano che il loro posto sarebbe stato sostituito dai nuovi o, nella migliore delle ipotesi, ridotti alla stregua dei soldati, cioè, senza più voce in capitolo. Con in testa il motto che: “In amore e in guerra tutto è permesso”, li avevano eliminati senza pietà, quindi nessuno aveva usurpato il loro posto.
La conquista della Terra si stava rivelando un’impresa più ardua di quanto avessero mai pensato. Quel maledetto Goldrake aveva messo lì le sue radici e la difendeva ad ogni costo, con le unghie e coi denti, con l’aggravante che alla fine di ogni battaglia usciva vittorioso.
“Io voglio capire una cosa e, se qualcuno sarà in grado di spiegarmela, prometto di regalargli tutto ciò che desidera. Quando abbiamo attaccato Fleed, purtroppo Duke è riuscito a fuggire col suo robot, e questo per noi è stato un danno gravissimo e non preventivato, accidenti! Era in prigione quel maledetto ed è riuscito a fuggire!” ragionava tra sé Gandal seduto alla sua scrivania e, ad un tratto, battè il pugno sul tavolo con tutta la forza scaturita dalla rabbia repressa, poi proseguì coi suoi ragionamenti: “Non capisco il dannatissimo motivo del perché non se ne è andato in giro per lo spazio per i fatti suoi a divertirsi, vagare da un pianeta all’altro e così via. No! E’ arrivato sulla Terra? Sì, eccome! Ha parcheggiato alla base del Centro Ricerche e nemmeno la minaccia di un milione di bombe al vegatron sono capaci di schiodarlo da quel luogo che deve assolutamente essere solo nostro! Perché si ostina a difendere quel pianeta? Cosa gliene viene in tasca? Possibile che non gli passi mai per l’anticamera del cervello di fare le valigie senza salutare nessuno e volare qua e là per l’Universo senza pensieri di sorta, cioè viaggiare, divertirsi e magari incontrare tante belle ragazze aliene?”
Quest’ultimo pensiero sulle donne gli fece brillare gli occhi di desiderio, ma anche crollare repentinamente l’umore: lui non poteva certo dare appuntamento a nessuna, perché la sua metà era parte inscindibile di sé, poi era consapevole di non avere le attrattive e la faccia tosta di uno come Zuril ad esempio, e se anche questi impedimenti non ci fossero stati, il dovere del suo ruolo di Comandante era sopra tutto. Avrebbe dato la vita per il suo re, pensò alzandosi in piedi con lo sguardo verso il cielo e la mano sul cuore in segno di giuramento, fedeltà, abnegazione, eroismo.
Poi, il pensiero ossessivo riprese corpo e forma nella sua mente: “Se adesso Duke Fleed lasciasse la Terra, in un istante sarebbe nostra! Lui non dovrebbe più rischiare la vita per una missione senza attrattive per lui, può benissimo cercarsi un piccolo pianeta lontano e indenne da invasioni veghiane, fare la bella vita e chi s’è visto, s’è visto!”
Questi pensieri continui lo stavano portando verso uno stato morboso e pericoloso, quando improvvisamente il noto segnale di allarme della base prese a suonare con forza, segno che Vega li voleva tutti al suo cospetto.
Gandal arrivò trafelato nella sala del re, il quale, superbamente assiso sul trono, stava già impostando il suo piano.
“Dopo lunghi ripensamenti, ho deciso di impostare un nuovo metodo per individuare strategie vincenti finalizzate a sconfiggere i terrestri. Voi tre, Zuril, Gandal e Lady Gandal, avete il compito di studiare in modo autonomo un piano che sia inattaccabile e porti alla vittoria certa e totale.
La novità di questa cosa, sta nel fatto che ognuno di voi penserà all’attacco vincente in modo assolutamente individuale e, quando lo avrete concretizzato, sarò io a decidere quello giusto da mettere in pratica. Ora andate, e ricordatevi che il migliore di voi, avrà un avanzamento di grado e prestigio. Tutto chiaro?”
“Sì, maestà!” risposero ad una voce sola, poi filarono dritti nelle loro stanze e si chiusero bene a chiave.
Tutti e tre si sentivano motivati ed eccitati più che mai, ognuno di loro era convinto di essere il più bravo e il più furbo, già si vedevano su alti gradini imperiali cinti di vapori azzurri e ornati di medaglie, tutti i soldati e collaboratori facevano l’inchino in deferente e ossequioso rispetto… Poi, che altro? Meglio mettersi al lavoro, perché confusamente ricordavano un detto trito e ritrito: “Con acqua e chiacchiere non si fanno le frittelle.”

Lady Gandal si chiuse nel suo boudoir e prese a sfogliare un libro pieno di storie illustrate che aveva finito di leggere da poco. Era sicura che dentro quei racconti fantastici, pieni di fate, maghi, sortilegi, si nascondesse la strategia vincente per avere la Terra in pugno.
“Mmm, vediamo, vediamo… ecco l’indice: “Biancaneve”, “Cenerentola”, “Pelle d’asino”, “Pinocchio”, “Il lupo e i sette caprettini”. “Cappuccetto Rosso”. Con l’indice dall’unghia lunga e arcuata laccata di rosso vermiglio, la donna faceva scorrere i titoli sussurrandoli a bassa voce.
“No, ancora non ci siamo, questi non vanno bene… aspetta, aspetta! Forse ho trovato, eccolo qui: “Il pifferaio magico.”

Se facciamo qualche passo indietro, i lettori assidui, ricorderanno che la dolce metà di Gandal, aveva preso un certo gusto alla lettura e, anche se non era riuscita a coinvolgere il consorte in questa passione, lei era andata avanti per suo conto: dopo aver divorato, letto e riletto in solitudine “L’arte di amare”, non si era certo lasciata abbattere dall’indifferenza del marito, ma nella fornitissima biblioteca posta in fondo alla base lunare aveva trascorso molte ore a sfogliare grossi volumi. A quanto pareva, questa sua passione, stava per dare buoni e consistenti frutti a suo vantaggio. La donna, quindi, lesse con occhio avido tutta la storia:

“La storia si svolge nel 1284 ad Hameln (Bassa Sassonia). Un uomo con un piffero si presenta in città e propone di disinfestarla dai ratti; il borgomastro acconsente promettendo all'uomo un adeguato pagamento. Non appena il Pifferaio inizia a suonare, i ratti, incantati dalla sua musica, si mettono a seguirlo, lasciandosi condurre fino al fiume Weser, dove annegano.
La spergiura gente di Hamelin, ormai liberata dai ratti, decide incautamente di non pagare il Pifferaio. Questi, per vendetta, riprende a suonare mentre gli adulti sono in chiesa, attirando dietro di sé tutti i bambini della città…”


Un sorriso maligno e soddisfatto le illuminava il viso, mentre dall’ultimo cassetto della scrivania estraeva un flauto di legno, col quale era solita esercitarsi ai tempi della scuola.
“Perfetto, magnifico! Che idea meravigliosa! Con questo, mi reco alla base del dottor Procton in Giappone, quel dannato Centro è sorvegliato giorno e notte, all’interno del quale, ben nascosto, si trova Goldrake coi veicoli ausiliari. Sentiranno una deliziosa e gentile melodia che li farà uscire tutti, ma davvero tutti di lì e finalmente troveremo il nascondiglio del robot e sarà un gioco da ragazzi impossessarcene!”
Battè le mani tutta soddisfatta, poi un pensiero le bloccò tutto l’entusiasmo.
“Già, però questo è un normalissimo strumento musicale, come posso renderlo magico?”
Pensò alcuni istanti, poi riprese il libro e l’occhio cadde su un titolo: “Biancaneve”.
“Se non ricordo male, c’è scritto che una semplice mela è stata capace di far addormentare la fanciulla… vediamo come è successo.”
Le pagine illustrate arricchite di sottotitoli, le mostrarono una vecchia e orribile strega che gettava la mela dentro un pentolone pieno di liquido bollente, dove pareva uscire l’inferno e intanto recitava delle formule magiche.
Detto e fatto. Lady Gandal, col libro davanti, versò dentro un recipiente il flauto assieme al contenuto di alcune ampolle piene di sostanze multicolori e, con quelle mani stregate, ripeteva la formula scritta nel libro. Un’ora dopo, estraeva lo strumento tutta soddisfatta: lo avvolse con delicatezza in una garza di cotone, quindi decise che lei sola aveva trovato la chiave per conquistare la Terra senza colpo ferire.
“Sarò la numero uno! Mi prenderò un mare di rivincite, comanderò tutti a bacchetta, farò… sarò…”
Abbandonate le membra sulla poltrona di damasco, immagini di gloria si susseguivano rincorrendosi l’una con l’altra senza posa, mentre il piacere di assaporare la prossima vendetta non l’abbandonava un istante.

L’eminente Ministro delle Scienze Zuril non se ne stava certo con le mani in mano.
Da tempo era stato folgorato da un’idea, secondo lui geniale: era nel passato, nella storia antica che erano nascoste le soluzioni per il presente, basta solo saperle tirare fuori.
Zuril estrasse dalla cassaforte posta dietro l’armadio della sua camera, alcuni libri: “Non è terrestre”, “Astronavi sulla preistoria”, poi fece la sua comparsa una bozza di velivolo in pietra grezza, un reperto archeologico in realtà.
Quando si recava in missione sulla Terra, lo scienziato non si faceva mai mancare, oltre alla lirica, anche qualche visitina culturale nei musei sparsi sul pianeta.
Una volta aveva visto un gruppo di archeologi intenti a scavare e, quando il terreno arido aveva restituito alla luce quella cosa che tanto gli ricordava la nave madre di Vega, aveva deciso che doveva essere sua. Appena gli uomini si erano distratti un istante, lui l’aveva afferrata ed era subito scappato via, poi aveva acquistato libri che parlavano di alieni preistorici.
Da mesi, nel cuore della notte, studiava questa cosa, non ne aveva mai parlato con nessuno, ma ora era arrivato il momento di mostrare a re Vega che il passato tornava, ciò che si costruiva ieri era senz’altro meglio delle scoperte di oggi, ma, sopra ogni cosa, eccola qui l’arma infallibile!
Così pensò Zuril, mentre il brillio del suo sguardo era tutto un sottinteso di: sono il più bravo, ho trovato la soluzione a tutti i nostri problemi, diventerò anch’io re o poco meno.

Gandal era sceso in cantina, perché all’improvviso si era ricordato che una bomba originalissima, ma potentissima stava in quel seminterrato.
Lo stanzone era fresco e avvolto nella penombra: un odore stantio regnava sovrano.
Da una parte c’era una grande scaffalatura piena zeppa di provviste e cibi in scatola, mentre un angolo era adibito a magazzino per i missili, le armi, gli utensili.
Dopo qualche minuto, il comandante si era abituato alla semioscurità e, con grande gioia, vide ciò che a lui serviva: un grande barattolo di vetro sigillato, con dentro una salsa vermiglia condita con erbe dal sapore fortissimo, bastava che per un istante un disgraziato qualsiasi appoggiasse la punta della lingua per assaggiare quell’intruglio infernale e il poveretto sarebbe esploso all’istante.
“Ecco qua, una bomba a mano!”
Gandal teneva ben stretto il recipiente ed era al settimo cielo.
“Farò esplodere i terrestri, mentre il pianeta resterà intatto e tutto per noi. Manderò un pacco a quelli del Centro Ricerche con scritto: “Specialità esotiche - Omaggio” e in men che non si dica saranno disintegrati, che bello!”
Rideva forte e sguaiatamente, mentre saliva le scale saltellando, per recarsi nella Sala del Trono a mostrare la sua imbattibile genialata.
“Ho vinto! Sono sicuro che Vega mi elargirà tutti gli onori!”
Neanche si fossero dato appuntamento, la sua consorte e Zuril, stavano arrivando dai lati opposti del corridoio.
Tutti e tre erano gonfi e tronfi come tacchini, ostentavano superiorità e sicurezza, si guardavano son sorrisetti ironici pieni di sottintesi, finchè un ruggito del re, li fece sobbalzare.
“Ci siete? Avete svolto il compito che vi ho dato?”
“Sìììììì!” gridarono ad una sola voce, poi in fila indiana entrarono composti nella sala.
“Bene, siete stati svelti e puntuali, ora mostratemi le vostre scoperte: prima le signore, quindi venite avanti Lady Gandal.”
La donna fece un breve inchino, poi posò sul tavolo del re un involucro dove dentro era conservato il suo strumento di guerra: con delicatezza scostò la tela e un flauto di radica, fece bella mostra di sé.
Zuril, imitando i prestigiatori con mosse teatrali, materializzò dal nulla una strana cosa in pietra dura, che faceva vagamente ricordare una bozza di velivolo allo stato primitivo, una scultura di un principiante che frequenta il primo anno dell’Accademia di Belle Arti, uno che forse ha scelto un piano di studi non troppo consono alle sue reali attitudini.
Il Comandante Gandal, a piccoli passettini e con cautela estrema, posò a terra il vaso di vetro pieno di sugo dal colore repellente.
“Mi raccomando sire, faccia attenzione, è peggio della bomba atomica.”
Vega rimase in silenzio per lunghi minuti: fissò a lungo “le armi belliche” e ancora di più i tre personaggi, poi disse loro, scandendo bene le parole: “Grazie, per ora potete andare.”
Con un inchino cerimonioso lasciarono silenziosamente la stanza per tornare ciascuno nella propria.
Il re aprì il mobiletto dei liquori, si versò un’abbondante dose di grappa e la tracannò in un sorso solo, poi si mise in comunicazione con Rubi e intanto pensava: “Ma quei tre ci fanno o ci sono?”
“Rubinaaaaaa!” urlò con tutto il fiato che aveva. Subito la ragazza apparve sullo schermo.
“Ooohhh?!! Ma sei ammattito, cosa gridi? Mi sono presa un colpo, si può sapere cosa c’è? Guarda che se fai così ti viene un infarto, ti ricordi nell’ultima visita quello che ti disse il dottore vero? Niente sforzi, niente emozioni, niente arrabbiature. Ora ti calmi, e mi dici tutto, coraggio” gli ordinò la ragazza con piglio deciso e un’aria tra il preoccupato e il saccente.
“Non ho niente, niente” rispose il padre con lo sguardo basso.
“Ma… no dico, sto cominciando seriamente a pensare che in quella base ci sia una sorta di maleficio o non so che altro. Adesso parlo chiaro e ti dico tutto ciò che penso, è da tanto che queste cose le avverto, ma taccio, ora è il momento di chiarire una volta per tutte: io ormai vengo lì poco e se proprio devo dirla tutta e senza offesa naturalmente, te lo devo dire, per me non siete normali, no, per nulla! Non so se dipenda dall’aria, dal clima, dall’età che avanza, dalle sconfitte terrestri, tutte queste cose insieme più altre, ma io davvero non vi seguo, non vi capisco più, e non ne posso più!”
Rubina parlava seria con le mani sui fianchi, e aveva un tono da persona molto più adulta e matura di quanto non fosse; era decisa, non ammetteva mezze frasi e ambiguità. Era seccata e preoccupata al tempo stesso.
Ora teneva le braccia conserte e aspettava un cenno, una risposta dal proprio genitore, che in quell’ora pareva a lei che avesse perso tutta la sua arroganza, il suo prestigio, la sua sicurezza. Non era più un sovrano, sembrava un povero diavolo che ha smarrito la memoria e la strada di casa.
Re Vega posò lo sguardo angosciato su quei ridicoli oggetti infantili che i cuoi comandanti gli avevano proposto, spacciandoli per armi belliche infallibili; no, non poteva raccontare a Rubina un fatto simile, nemmeno lui riusciva a crederci, l’avrebbe preso per pazzo, ridicolizzato oltremodo, quindi rispose come meglio credette.
“No, niente di nuovo… cioè… anche oggi siamo stati sconfitti in battaglia.”
“Sai che novità!” disse Rubina con un sorriso ironico, mentre con la mano faceva segno di buttarsela alle spalle.
“Scusa, da quanto tempo succede così? Ho perso il conto, non mi stai dicendo cose tanto nuove, se permetti; comunque, hai i minidischi, mostri in quantità, validissimi collaboratori e domani è un altro giorno. Dà retta a me: adesso prendi qualche goccia di ansiolitico, fai un bel sonno di almeno dieci ore infilate e domattina vedrai tutto sotto una luce molto più chiara e ottimista. Scommettiamo che torni in pista più forte e vincente che mai?” disse la ragazza ammiccando con una strizzatina d’occhio.
“Dai, voglio vederti di nuovo in forma, domani mi faccio viva io e ti ordino fin da ora, di levarti dalla faccia quell’espressione da cane bastonato che proprio non ti si addice. D’accordo? Posso stare tranquilla? Promesso?”
Dopo alcuni secondi di silenzi, Rubina aggiunse: “Cosa credi, anch’io prendo delle belle sconfitte, mica tutti i genocidi che organizzo finiscono bene, sai? E con ciò? Vado avanti, ricomincio, non mi arrendo: vedi, questa sera esco, vado a ballare in un locale appena inaugurato.”
Fece un giro intorno a sé stessa e disse: “Come sto vestita così? Ti piace questa maglia tutta glitterata? A me sì, è all’ultima moda, anche. Ho messo i brillantini anche in mezzo ai capelli e mi vedo strepitosa.”
Alcuni secondi di silenzio, poi Vega, articolò faticosamente alcuni monosillabi.
“Buonanotte Rubina, divertiti più che puoi, ciao!”



FINE
 
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113 replies since 20/4/2016, 12:44   1873 views
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