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.Luce.
view post Posted on 22/4/2023, 16:40 by: .Luce.     +1   +1   -1
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Professore della Girella

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BUONE MANIERE

1_260

Nella grande cucina del ranch Betulla Bianca, Venusia stava finendo di rigovernare dopo un pranzo non molto tranquillo e soprattutto per lei, tutt’altro che piacevole.
Mentre finiva di asciugare gli ultimi piatti e bicchieri, il suo sguardo, tra l’apatico, l’assente e il malinconico, abbracciò tutta la stanza e, dopo un rapido inventario, si accorse che era ancora ben lontana dal finire di rassettare per dare almeno un’impronta di decenza a tutto l’ambiente.
Il tavolo era coperto dalla tovaglia tutta sporca e stropicciata con sopra avanzi di cibo, il pavimento denunciava la presenza di grosse e sporche impronte di scarpe maschili; pozzanghere qua e là di acqua e altre bevande, completavano questo quadro desolante.
Era rimasta sola in casa, gli ospiti se ne erano andati via tutti, non che fossero molti a dire il vero, solo due, ma c’era da chiedersi come avrebbero ridotto la casa se fossero stati cinque o sei.
Svolgeva il suo lavoro lentamente, non tanto per una stanchezza fisica, quanto morale, perché quei suoi due ospiti avevano davvero passato ogni limite. Si passò una mano sugli occhi quasi a voler scacciare via i pensieri, per un istante si velarono di lacrime, poi dalla finestra, vide suo padre arrivare di corsa a cavallo.
“Sono tornato, Venusia!” gridò Rigel, scendendo dall’animale in corsa prendendo bene la mira stavolta, quindi senza cadere e si precipitò in casa tutto allegro e contento.
“Eccomi qua, sono tornato prima del previsto e credo di avere fatto un ottimo affare. Ho appena acquistato una partita di puledri purosangue ad un prezzo favoloso, ho anche trovato un nuovo cliente che vuole il nostro latte, poi ho visto il nostro vicino, ho incontrato…”
Continuò a parlare per alcuni minuti, alla fine si decise a guardare in faccia la figlia, perché ancora non gli aveva rivolto la parola e, solo in quell’istante, l’espressione del suo viso lo colpì e addolorò senza spiegarsene il motivo.
“Venusia! Che hai? Ti è successo qualcosa di spiacevole, parla ti prego!”
La ragazza, lasciati a loro stessi piatti e bicchieri, si abbandonò sullo sgabello come priva di forze e, tenendo lo sguardo fisso a terra, si decise a parlare.
“Oggi, qui a pranzo, sono venuti Alcor e Banta, ricordi che già erano stati invitati?”
“Sicuro, io stesso avevo detto loro di fermarsi qui, anche perché la tua cucina è davvero insuperabile!”
Quelle parole parevano aver rotto gli argini, perché improvvisamente Venusia scoppiò in un pianto dirotto.
Rigel era senza parole: cosa poteva essere successo durante quelle ore? Il ranch era tutto in ordine, gli animali tranquilli, Mizar l’aveva appena visto nelle stalle, quindi?
“Come già sai, Alcor e Banta hanno mangiato qui” si decise a dire con voce bassa “solo che… alla fine del pranzo, mi…”
“Cosa, cos’hanno fatto, voglio saperlo!”
“M… mi hanno mancato di rispetto, tutti e due” disse lei in tono desolato e stanco.
Rigel si agitò tutto e divenne nervosissimo, quindi, dopo aver fatto per una decina di volte il giro attorno al tavolo correndo e aver ingollato una bottiglia di sake tutta in un fiato, iniziò a sbraitare agitando le braccia in modo convulso.
“Io, io, lo sapevo, lo sapevo, ma ora ci penso io, dove sono finiti quei due infami miserabili, mangia pane a tradimento, ladri, traditori, io li uccido, li faccio a pezzi, li disintegro, non mi sfuggiranno, li farò pentire di essere nati…”
“Lascia stare, non ne vale la pena, sai? E’ meglio essere superiori a queste cose.”
Lui la fissò con occhi stupiti e dilatati dalla meraviglia.
“Lasciar stare??!!! Maiiiii!!! Venusia, come puoi dire questo, sei fuori di testa? Bè, dopo quel che è successo, non c’è da meravigliarsene, ma io… io voglio far loro harakiri… no, quello è per suicidarsi, qui non c’entra nulla, io invece voglio farne polpette, chiarooooo??? Dove sono andati, lo sai? Li voglio qui subito per farli in mille pezzettini, poi cuocerli alla brace, anzi, meglio fritti, quindi prima vanno impanati, poi… poi, non lo so, ma non la passeranno liscia, mai e poi mai!
Non puoi davvero fidarti di nessuno nella vita! Banta l’ho sempre visto alquanto svitato, ma che arrivasse a questo, no! Alcor è pure laureato, viene dall’America, ha progettato il suo disco alla Nasa, come può ridursi in un lurido verme di questa portata, ma sono impazziti o cosa??!”
Un pensiero fulmineo attraversò la mente di Rigel, quindi con fare tra l’inquisitorio e il sospettoso, chiese: “Ma Actarus dov’era? Dimmi la verità Venusia, voglio saperlo, perché se c’era e non ti ha difesa è… è…. adesso non ho in mente l’aggettivo adatto, ci penserò dopo…”
Si fermò a pensare tenendo le braccia incrociate e le puntò il dito in tono accusatorio: “Anche lui ha fatto parte della combriccola di delinquenti??!!! Voglio saperlo, non provare a difenderlo sai, tanto scoprirò tutto lo stesso e nessuno sfuggirà alla forca!”
Così dicendo, Rigel balzò giù dal tavolo con un grosso tonfo, corse nella stalla per sellare il cavallo più veloce, quando di sentì toccare la mano da Venusia.
“Ti ho già detto di lasciar stare, credimi, non ne vale la pena, domani mi sarà già passato tutto e magari ci farò sopra una risata.”
Di nuovo, il padre la fissò senza capire, poi lei riprese: “Anche se hanno detto che la mia cucina va bene sì e no per il pastone degli animali e che Hara pensa di venire qui ogni giorno per provare ad insegnarmi qualcosa come atto compassionevole, anche se è sicura che sarà un’impresa impossibile, so che non devo prendermela, sono sciocchezze in fondo” disse Venusia con un lieve sorriso e un’aria più allegra.
“Mi ha ferito molto il fatto che lo dicevano ridendo a crepapelle, per loro è una cosa spassosissima, è quello che più mi ha fatto stare male, però, averne parlato adesso con te, mi è stato di conforto e ora non voglio pensarci più.”
Rigel la fissò basito: da un lato era sollevato di aver finalmente capito la situazione, perché sentir dire dalla figlia: “Mi hanno mancato di rispetto”, subito aveva respirato aria di tragedia, ma al tempo stesso c’era qualcosa che non gli tornava affatto, ed era deciso più che mai a far quadrare tutti i conti.
“Vieni Venusia, torniamo in casa, voglio vedere bene cosa manca, perché domani vado a fare provviste.”
“Ma papà, l’altro ieri Actarus è andato a Tokio e ha comprato scorte di cibo per almeno un mese.”
“Appunto, ma non si direbbe, voglio capire perché il frigorifero è quasi vuoto e pure la dispensa.”
Entrarono in casa e videro Mizar intenzionato a farsi un grosso panino per la merenda… però non sapeva come riempirlo.
“Venusia? Non c’è niente da mangiare? Hai cambiato posto alle cose?”
“No, però…”
Improvvisamente, la ragazza vide srotolarsi davanti agli occhi la pellicola del film di quello strano pranzo avvenuto poche ore prima. Alcor a Banta avevano fatto onore alla sua cucina, altrochè, tanto che alla fine avevano spazzolato il piatto con tutto il pane che c’era sulla tavola, poi ne avevano cercato dell’altro e si erano serviti da soli senza nemmeno chiederlo. Infine, a dimostrazione della loro totale ignoranza sulle più elementari norme di galateo, si dondolavano in bilico su una gamba della sedia, usavano gli stuzzicandenti senza ritegno, parlavano con la bocca piena, poi, dopo aver mangiato e bevuto come maiali, si erano burlati di lei dicendole che non era nemmeno capace di cuocere un uovo e avevano tolto il disturbo senza neanche fare l’atto di aiutarla a sparecchiare.
Rigel, intanto, faceva l’inventario dei beni commestibili e il risultato era deprimente: se volevano cenare, era meglio che si recassero al villaggio a fare rifornimento.
“Venusia? Conosci vero il detto: “Chi disprezza compra”, o se più ti piace “Chi disprezza apprezza?”
“Sicuro! Stavo appunto pensando la stessa cosa!” disse lei ridendo di cuore, poi c’è anche: “Chi la fa l’aspetti!”
“E’ proprio così, quindi, sai cosa facciamo? Che venga pure qui Hara a cucinare un bel pranzetto, poi sentirà tessere delle magnifiche lodi da noi, te lo dico io!”
“Non vedo l’ora! Naturalmente con ospiti di riguardo, cioè gli educatissimi e gentilissimi Alcor e Banta, che te ne pare?”
“Magnifico! Vedo però che si sta facendo ora di cena e, in fondo al viale, Actarus sta tornando con la moto. Corrigli incontro prima che spenga il motore e andate a comprare qualcosa insieme.”
Venusia sorrise come forse mai aveva fatto in vita sua e, dopo aver stampato un bacio al padre, corse fuori.
“Venusia, che succede, perché corri così?”
“Perché ho fretta di venire con te, andiamo.”
Lui la fissò stupefatto, ma felice.
“Andiamo, ma poi mi dici di che si tratta?”
“Certo, è una lunga storia, una specie di favola che parla di ricette, fate, folletti, stregoni e tanto altro. E’ molto lunga sai? Dura una giornata intera, ma ne vale la pena di sentirla.”
“Da quel che dici, mi pare molto interessante.”
“Non immagini nemmeno quanto!”
Venusia salì dietro e non si perse nemmeno un istante di quella gioia inaspettata: correvano contro vento e la brezza portava loro tutti i profumi e i colori di quella giornata che stava volgendo al termine.
C’è anche un altro detto, per chi non lo sapesse: “Dopo il brutto, viene il bello.”


FINE
 
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113 replies since 20/4/2016, 12:44   1873 views
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