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.Luce.
view post Posted on 22/4/2023, 16:49 by: .Luce.     +1   +1   -1
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Professore della Girella

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CAPODANNO SOTTO IL MARE

1_261

Una scossa di terremoto porta in superficie una nuova isola così Alcor e Maria fanno un'ispezione. Maria rimane incastrata sul fondo col Delfino Spaziale a causa di una manovra azzardata e presto Alcor, nel salvare la ragazza, si scontra prima con un branco di squali robot e poi con un tremendo mostro.
I due eroi tornano alla base e, dietro indicazione di Procton, tornano sul luogo dell'emersione dell'isola vulcanica dotati di una telecamera il cui scopo è quello di monitorare il fondale.

Al centro si intravedono immagini relative alla base sottomarina di Vega prima che la sonda venga distrutta ma è tutto previsto da Zuril, che intende sfruttare l'inferiorità di Goldrake a quelle profondità.
Actarus e Venusia, coi rispettivi mezzi, si immergono nel fondale dove si scontrano col mostro di Vega e il branco di squali meccanici. Il nemico prevale sul robot di Fleed e la situazione è disperata: dalla base non si può nulla e gli eroi vengono seppelliti da un ammasso di rocce. Actarus spinge Goldrake a tutta potenza rischiando la vita riuscendo a riguadagnare la superfice ed eliminare il nemico.


Questa è la sintesi della puntata n.66 di Goldrake, dal titolo: “Sotto il livello del mare”.
Qui di sotto, riscritta a modo mio.

Mattina del primo Gennaio al ranch Makiba


Mizar stava facendo volare il suo aquilone sotto lo sguardo approvato di Actarus, che lo incitava con queste parole: “Corri più forte che puoi, mi raccomando… ecco, così va bene.”
Il dottor Procton e Rigel sorseggiavano con calma tè giapponese, mentre Alcor e Venusia giocavano a volano; Maria invece, tentava di indossare per la prima volta un kimono.
“Hai perso, Venusia! Mizar, portami inchiostro e pennello, forza!”
“Oh no, abbiamo appena iniziato!”
“Sei fuori allenamento cara, eri tanto brava l’anno scorso, ricordi?”, poi, sogghignando, le sussurrò all’orecchio queste parole: “Tanto brava, al punto da perdere dei colpi di proposito… eh sì, così imbrattata di nero, avevi un’ottima occasione di filartela di nascosto con Actarus, ancora più dipinto di te…”, continuava Alcor con tono e sguardo sempre più maliziosi: “Con la scusa di lavarvi, vi siete chiusi dentro il bagno… poi… non ho mai saputo il resto… se, e come sia stato…”
Venusia divenne di fuoco e, con un’espressione che nessuno le aveva mai visto tanto feroce, gli tirò la pallina con tutta la forza, colpendolo bene in mezzo alla testa.
“Questo è quanto ti meriti, Alcor: come vedi, so prendere ancora molto bene la mira, ed è solo l’inizio, vedrai!”
“Oh, scusa, non te la prendere, in fondo non hai più bisogno di ricorrere a certi trucchetti per restare sola con lui… ormai è tutto alla luce del sole, e quindi…”
Alcor, benchè adulto da un pezzo, non aveva ancora capito quando era il momento di chiudere l’argomento, cioè non gli entrava in testa il detto: “Lo scherzo è bello quando dura poco”, perché subito dopo la sua ultima frase, un’altra pallina gli arrivò in mezzo alla fronte, da parte di Rigel stavolta.
“Non mi piacciono questi discorsi a Capodanno e per tutto il resto dell’anno, siamo intesi?” ringhiò il ranchero coi trentadue denti bene in vista.
“Ma io scherzavo…” disse Alcor tastandosi la nuca e la fronte: due bernoccoli stavano lentamente lievitando proprio in quei punti.
“E io dicevo sul serio!”
Procton intanto, rideva sotto i baffi, mentre Mizar dipingeva un bel cerchio nero intorno all’occhio della sorella confusa e rassegnata. Il dottore, come era nel suo stile, sistemò i vari battibecchi con classe e buongusto.
“Dignità Venusia, indossi il kimono!”
Rigel riprese a conversare con lui, dando fondo alla tazzina del tè, quando una violenta scossa, fece cadere tavolo, tovaglia e servizio di porcellana.
“Aiutooo! Il terremoto! Un’altra scossa, ma quanto dura?” brontolava Rigel da sotto il tavolo rovesciato.
“E’ meglio andare al laboratorio” decise il dottore e subito i quattro ragazzi lo seguirono: Alcor e Maria salirono svelti sulla moto, mentre Actarus e Venusia in automobile con Procton.
Rigel, arrabbiatissimo, gridava e sbraitava saltando: “Venusiaaa, ma non puoi restare con tuo padre almeno a Capodanno?”
Arrivati al Centro, capirono dai collaboratori e dalle immagini sul monitor che era opportuno controllare il fondale marino col Delfino spaziale.
“Bene, vado subito a prepararmi” decise Venusia, Maria la prevenne subito: “E’ meglio che oggi resti a casa con la tua famiglia.”
La comparsa sulla soglia della porta di Rigel inferocito all’ennesima potenza, fece desistere la ragazza, anche se una lieve supplica la rivolse ad Actarus, ma egli negò col capo, poi disse: “Maria, vai tu con Alcor!”
La ragazza salì di corsa a bordo del Delfino, mentre Alcor pilotava la Trivella.
Arrivati sul punto del mare dove il monitor aveva segnalato una presenza sospetta, Maria scese senza esitare, ma, pochi istanti dopo, fu catturata da una rete di grosse alghe.
“Aiuto! Sono bloccata e vicino a me, c’è un mostro!”
“Vengo subito Maria, non temere!”
Alcor si tuffò senza esitare, lasciando la Trivella sugli scogli: riuscì con l’arma a liberare il Delfino e ferire gli squali robot che volevano azzannarlo. Velocissimo nuotò fino alla superficie e appena in tempo raggiunse il suo disco, prima che il mostro di Vega lo aggredisse.
I due fecero subito ritorno alla base e Alcor dovette passare in infermeria, perché quei mostri lo avevano ferito alla gamba.
Nel frattempo, Zuril stava di guardia nella base sottomarina: doveva assolutamente fare in modo che Goldrake arrivasse in quel punto per poi catturarlo una volta per tutte.
“La sua potenzialità sott’acqua è davvero esigua: può venire con tutti i delfini spaziali che vuole, ma nessuno di loro, sfuggirà alla trappola che ho preparato. Sei finito, Goldrake!” dicevano Zuril e Gandal via radio, al colmo della soddisfazione.
Soddisfazione per lo scienziato fino ad un certo punto, però. Da giorni, aveva ricevuto l’invito per lo spettacolo di opera lirica che a Tokio faceva la sua comparsa in modo specialissimo proprio il primo gennaio. Lo spettacolo durava una giornata intera con i migliori musicisti, i cantanti più bravi e conosciuti del mondo, le opere più famose e suggestive, i costumi più ricchi, le scene più belle e curate che si siano mai viste.
Alla fine, aveva dovuto per forza rinunciare con grande rammarico e dolore.
Accidenti, proprio il primo dell’anno, re Vega aveva dato l’ordine perentorio di fare a pezzi, anzi, affogare sotto il livello del mare l’odiatissimo Goldrake? Non che anche a lui non facesse piacere, anzi, ma non si poteva fare il giorno dopo?
Tutti questi pensieri li aveva tenuti per sé, logicamente, ma, mentre Zuril sostava tutto solo nella base marina, il cuore e la mente venivano sempre più spesso rapiti dalla bellezza suggestiva di quel teatro imponente, che gli aveva fatto conoscere i terrestri da un’altra angolazione e, da parte sua, non aveva fatto nulla per impedire che il sipario di questa passione si spalancasse nella sua vita.

Contemporaneamente, nello studio di Procton, i collaboratori segnalavano nuove presenze sospette nel mare. Maria volle di nuovo uscire col Delfino insieme a Goldrake, ma si bloccò sulla porta, appena vide materializzarsi la figura di Venusia nel rettangolo.
“Questa volta andrò io insieme ad Actarus, tu e Alcor resterete qui.”
“E’ pericoloso, Venusia…” tentò di dissuaderla Maria.
“So manovrare molto bene il Delfino Spaziale” le rispose con fermezza, ma senza superiorità.
Dentro di sé aggiunse: “Ho cominciato prima di te sai, per quanto tu sia brava e abile, sei venuta dopo, un poco di umiltà ti farebbe solo bene. La guerra non è una gara per mettersi in mostra e far vedere a tutti la propria bravura, ma una lotta continua tra il bene e il male, ogni attacco è un’incognita, non sappiamo se ne usciremo vincenti e soprattutto vivi.”
“Andiamo Venusia, presto!” le disse Actarus, mentre già si infilava nel lungo corridoio diretto all’hangar.
“Un momento, aspettate” disse il dottor Procton, mostrando loro il video dove appariva il fondale in tutta la sua profondità.
“Goldrake si trova in grosse difficoltà quando è in mare, dovete fare in modo di non scendere oltre i quattrocento metri, più giù potrebbe essere fatale e noi non potremmo venire ad aiutarvi” spiegava il dottore, indicando, col metro posto sopra all’immagine, le misure esatte che i due piloti dovevano rispettare.
“Va bene, andiamo!”
Un minuto più tardi, Actarus e Venusia erano già a bordo dei rispettivi mezzi e scendevano diretti sotto il mare.
Zuril, di vedetta dentro la base marina, gongolava tutto soddisfatto: “Ecco Goldrake! Alghe robot in azione, presto!”
Come era avvenuto poche ore prima con Maria, delle alghe giganti bloccarono Goldrake e Delfino: l’alabarda spaziale le fece a pezzi in breve, ma, subito dopo, un ammasso di pesantissime rocce sommersero i due mezzi bloccandoli completamente.
“Evviva, ci sono riuscito, guarda Gandal, puoi cominciare a stappare una bottiglia, l’anno è iniziato benissimo per noi!”
“Ho visto, è magnifico, questa volta re Vega sarà soddisfatto di noi, la vittoria è nelle nostre mani!”
Goldrake e il Delfino Spaziale, intanto, erano al buio completo e incapaci di muoversi.
Riuscirono comunque a mettersi in contatto col Centro: Procton, preso atto della situazione, potè solo dire: “Noi purtroppo non possiamo venire ad aiutarvi, non arrendetevi, Goldrake deve fare il possibile, usare tutta la sua potenza per uscire.”
“Va bene: Venusia, hai sentito?”
“Sì, ma i cristalli sono rotti e l’acqua sta entrando.”
“Cerca di tamponare come puoi.”
“E’ quasi impossibile, poi mi manca l’aria…”
Actarus stette un attimo in silenzio, poi le disse: “Aziona i motori a tutta forza.”

Nel frattempo, Zuril si stava concedendo un “meritato riposo”: via radio, assisteva in diretta lo spettacolo che si svolgeva a Tokio. Era bellissimo, sembrava di essere lì. Con un sorriso che gli arrivava fino alle orecchie, canticchiava a memoria le note dell’opera: in quel momento, il tenore che stava interpretando la parte di Mario Cavaradossi in “Tosca”, intonava la famosa romanza:

E lucevan le stelle,
e olezzava la terra,
stridea l'uscio dell'orto
e un passo sfiorava la rena.
Entrava ella, fragrante,
mi cadea fra le braccia.
Oh! Dolci baci, o languide carezze,

mentr'io fremente
le belle forme disciogliea dai veli!
Svanì per sempre il sogno mio d'amore...
l'ora è fuggita,
e muoio disperato,
e muoio disperato!
E non ho amato mai tanto la vita!
tanto la vita.


Zuril non potè fare a meno di unirsi a quell’aria così struggente, quindi si alzò in piedi, la mano sul cuore, l’immagine di Rubina nello sguardo e, con un portento di voce fino ad allora sconosciuto, cantò fino a raggiungere il massimo dei decibel.
La base sottomarina ebbe così una forte scossa, un maremoto potentissimo e, in quell’esatto istante, le rocce che imprigionavano Goldrake e il Delfino si smossero: i due veicoli avevano già azionato i motori e, in una manciata di secondi furono liberi di correre fuori nel cielo blu.
“Tutto bene, Venusia?” le chiese subito Actarus con premura.
“Benissimo! L’aria fresca di gennaio è magnifica!”
“Torniamo subito alla base! Siamo ancora in perfetto orario per la festa di Capodanno!” le rispose felice, subito dopo aver distrutto il mostro che li aveva catturati con quelle alghe robot.
Il cielo era in parte coperto e qualche fiocco di neve scendeva sulla Terra, ma, in fondo all’orizzonte, il rosso del tramonto faceva capolino tra le nubi: una visone simbolica per la vittoria appena ottenuta, dopo la tempesta, il cielo si rischiara.
Tutto il ranch Makiba accolse con gioia il ritorno dei due eroi che se l’erano vista davvero brutta.
Rigel invece si comportava come niente fosse, stava col suo kimono blu, disteso sotto il portico.
“Era fredda l’acqua Venusia? Stai attenta a non prenderti un malanno proprio adesso che dobbiamo festeggiare, ora che finalmente ci siete tutti. Quanto mi avete fatto aspettare! Da stamattina non avete fatto altro che andarvene per i fatti vostri, mi avete lasciato solo, se non ci fosse stato Mizar, credo sarei morto di solitudine.”
Alcor e Maria si erano nascosti sotto un enorme drago fatto con stoffa colorata, poi tutti insieme brindarono al nuovo anno appena iniziato.

Zuril, aveva appena fatto ritorno alla base lunare: aveva un’espressione fiera e felice della vittoria che era convinto di avere ottenuto. Ne era così sicuro, che nemmeno si era preoccupato di controllare se Goldrake ancora stava sotto il livello del mare completamente sepolto dalle rocce.
Entrò nella sala del re senza chiedere permesso, dato che per lui era scontato considerarsi quasi al pari del sovrano: finora nessuno era riuscito a catturare, né tantomeno a distruggere Goldrake, e nel suo caso quasi senza colpo ferire. Poi, in questa sua impresa, si era divertito un mondo ad assistere in diretta col teleschermo il lunghissimo spettacolo lirico che si era svolto a Tokio.
Aveva unito l’utile al dilettevole, cosa voleva in più dalla vita?
Rubina, certo! Oh, ma ci sarebbe stato tempo anche per lei adesso, era più che sicuro che presto gli sarebbe cascata tra le braccia come una pera matura. Un uomo di successo come lui era indubbiamente ancora più affascinante di quanto già non lo fosse.
Gandal passò di lì guardandolo male e di sfuggita, mentre Lady Gandal si manifestava in tutta la sua ira, sdegno e livore.
“C’è nessuno qui? Maestà, dove siete? Sono tornato vincitore stavolta!”
Si avvicinò al tavolo, subito la sua attenzione fu catturata dalla visione di una grande busta intestata a lui. L’aprì sorridendo, già immaginava il contenuto della lettera, la quale riportava in calce, queste esatte parole:

Egregio Ministro Zuril,
Vi comunico che il Vostro mandato su Skarmoon finisce oggi stesso.
Questo che vedete, è l’iscrizione della durata di anni tre, per seguire un corso di canto a livello amatoriale. Il corso avrà luogo sul pianeta Terra, nella città di Tokio.
Al termine del corso, dovrete sostenere un esame della durata di giorni sette.
Se verrete promosso a pieni voti, otterrete una borsa di studio per studiare musica, questa volta a livello professionale, con la possibilità di farVi strada nel tortuoso e insidioso mondo dello spettacolo.


In fede,

Re Vega – Sovrano Assoluto di tutte le Galassie conosciute e sconosciute, nonché, dell’intero Universo -

Li, 1 Gennaio 1976.”


FINE
 
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