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DAITARN 3 CONTRO LUPIN 3! E il passato di Banjo!

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joe 7
view post Posted on 12/3/2011, 14:52 by: joe 7     +1   -1

Ill.mo Fil. della Girella

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Riassunto: Lupin III, Goemon e Jigen sono andati a New York nel palazzo della Krask Corporation, sede segreta dei Meganoidi, gli acerrimi rivali di Banjo, il pilota del Daitarn 3, per andare su Marte e rubare l’oro ivi nascosto. Inoltre, Fujiko Mine, della banda di Lupin, fa finta di essere una giornalista ed intervista Banjo per avvicinarsi a lui e rubare anche l’oro che Banjo possiede.
In questo momento, Banjo sta raccontando alla falsa giornalista il suo passato: suo padre, un famoso scienziato di nome Haran Sozo, viene costretto da Kronin Krask a lavorare su Marte e a trasformare Krask stesso in Don Zauker, il nemico per eccellenza di Banjo. Inoltre, soggiogato da Krask, lo scienziato trasforma suo figlio Ded in meganoide e dovrà trasformare in meganoidi anche sua moglie Midori e suo figlio Banjo…


Mentre su New York erano calate le ombre della sera, nei sotterranei del palazzo della Krask Corporation Lupin III stava lavorando alacremente davanti al pannello di controllo del computer. Conosceva mille trucchi per le rapine telematiche, anche se non erano il suo campo preferito: i soldi aveva sempre voluto vederli in concreto. Comunque, la sua esperienza fu messa a dura prova: i computer della Krask Corporation erano diversi da quelli comuni. Alla fine emise un sospiro di soddisfazione: Lupin aveva vinto il duello. Obbedendo ai comandi, lo sportello dell’enorme astronave si aprì davanti a lui.
“Jigen, Goemon, andiamo!” disse lui, iniziando a salire a bordo.
“Un momento, Lupin…andiamo dove?” chiese Jigen, a dir poco perplesso.
“Su Marte, no? L’oro è li!” rispose lui, indicando in alto col dito, col tono di chi dice un’ovvietà.
“Aspetta un momento, Lupin!” obiettò Goemon “Laggiù ci sono i Meganoidi, se ho capito bene! Non possiamo metterci a combattere contro un esercito!”
“E chi ha parlato di combattere?” disse il ladro gentiluomo, guardandolo con finto stupore. Poi, con il suo caratteristico sorriso beffardo, si avvicinò a loro e disse:
“Ascoltate bene quello che faremo…”

Nello stesso tempo, su Marte, l’esercito meganoide si stava riorganizzando e i soldati effettuavano le loro esercitazioni consuete: tiro a segno, lotta libera, guida di astronavi e simili. Tutto era supervisionato dai tre comandanti di punta: Harrison, Demian e Rasputin.
Il comandante Harrison, un uomo alto e con un fisico da atleta, era avvolto da un mantello nero, dello stesso colore dei suoi capelli. La barba e i baffi curati, anch’essi neri, sottolineavano uno sguardo attento e profondo. Tra i tre comandanti, era il più abile nella tattica. Dall’alto di una piattaforma, osservava in piedi a braccia incrociate i lavori della sua Macchina della Morte, o Death Battle, che erano quasi ultimati. Anche per l’Omegatron mancava poco: bisognava essere pronti per quel momento.

Nel reparto addestramento, il comandante Demian, un uomo della stessa altezza di Harrison, ma più slanciato e coi capelli neri piuttosto lunghi e lisci, osservava con attenzione il campionario di spade, naginata, falci e altre armi bianche appese sul muro. Il combattimento con le lame è sempre stato il suo preferito, in particolare quello con le spade. Con un sorriso, alla fine scelse una spada lunga e ben affilata: i suoi occhi sottili scintillarono nel vederla muoversi nell’aria.
“Iniziamo!” gridò.
I dieci robot programmati girarono subito attorno a se stessi, facendo muovere le loro lame come dei terribili mulinelli. Il comandante Demian si tolse il mantello rosso e saettò attraverso i dieci robot senza essere stato colpito nemmeno una volta. I meganoidi osservarono stupiti che aveva già estratto la spada senza che se ne fossero accorti. I robot si voltarono verso di lui, che nel frattempo aveva mostrato loro le spalle, e lo aggredirono sollevando le loro lame. Demian non si voltò nemmeno: con tutta tranquillità, rinfoderò con calma la spada. Appena l’arma rientrò completamente nel fodero, i robot scoppiarono tutti in mille pezzi tagliati con gran precisione.
I meganoidi rimasero sconvolti. Demian si rimise addosso il mantello e disse al sovrintendente:
“Non sono soddisfatto. Dì alla sezione ricerche che voglio robot più veloci!”
“S…sissignore!” rispose lui, spaventato.
Demian si allontanò senza dire più nulla.
Non è possibile, pensò il sovrintendente, neanche questa volta sono riuscito a vedere la sua spada!

Nel reparto del poligono di tiro, erano appena stati allestiti 350 bersagli mobili. In mezzo all’area di tiro stava una donna dai capelli biondi con un cappello nero in testa. Sopra la sua divisa di meganoide portava un impermeabile, anch’esso nero lucente, attillato e stretto con delle cinghie. Aveva due cinture incrociate che portavano due pistole specializzate a sparare proiettili laser. Il volto serio della donna era coperto da un’ombra cupa dalla quale si vedeva brillare solo un occhio freddo e spietato. Quella donna era temuta anche dai suoi stessi soldati: era la comandante Rasputin.
“Avanti!” disse lei, facendo sobbalzare l’intendente.
“Va…va bene!”
I bersagli mobili iniziarono a muoversi e divennero via via sempre più veloci, fino a diventare indistinguibili. Rasputin non si mosse minimamente, continuando ad osservare in basso, come per concentrarsi. Poi, in un momento, alzò la testa e sparò in successione con le due pistole. Più che una raffica di spari, sembravano quasi una sola esplosione continua. Il poligono di tiro per un attimo sembrò attraversato da un lampo. Le pistole tornarono nel fodero, mentre tutti i bersagli erano stati centrati. Rasputin era tornata a guardare verso il basso.
“Quanti spari ho fatto?” disse senza muoversi.
“E…esattamente 350, comandante”
“Non mi va. E’ stato troppo semplice. Aumenta i bersagli e falli muovere di più, la prossima volta!”
“Sarà…sarà fatto!”
La donna comandante se ne andò in un silenzio di tomba: nessuno osava nemmeno guardarla negli occhi.
L’intendente emise un sospiro di sollievo dopo che Rasputin era uscita.
Anch’io sono un meganoide come lei…eppure mi fa davvero paura solo a vederla!

Nell’area più riservata del castello meganoide su Marte, la comandante suprema Koros si sedette, presa dallo sconforto, con le braccia appoggiate sulle ginocchia. I suoi tentativi di rianimare l’eccelso Don Zauker si erano rivelati completamente inutili. I viaggi che aveva fatto in segreto sulla Terra, gli scienziati rapiti: tutto era stato tentato. E tutto si era sempre concluso con un fallimento, compreso l’ultimo suo tentativo, fallito pochi minuti fa. Il risultato delle analisi è stato sempre lo stesso: Don Zauker è vivo, ma non è possibile contattarlo in nessun modo.
Persino una meganoide come Koros cominciò a sentire la stanchezza.
Possibile che non esista un modo per farlo tornare come prima? La vittoria finale è quasi alla nostra portata, grazie all’Omegatron: ma a che serve se Don Zauker non può più svegliarsi?
All’improvviso, ricevette una comunicazione dalla stazione di controllo.
“Cosa succede?” chiese Koros, infastidita “Avevo detto che non volevo essere disturbata!”
“Perdono, altezza Koros. Ma è appena successo qualcosa di molto strano. Qualcuno ci sta contattando dalla sede di New York della Krask Corporation, direttamente dall’astronave C7. E non è uno dei nostri.”
“Cosa?” esclamò Koros, sorpresa, alzandosi subito in piedi “L’avete identificato?”
“Per la verità, è stato lui a dirci chi è”
“E chi sarebbe?”
“Si fa chiamare Lupin III, altezza Koros. E vorrebbe parlare con voi.”

Intanto, sulla Terra, l’intervista a Banjo sul suo passato andava avanti. Fujiko Mine, sotto mentite spoglie e con l’identità della giornalista Hitomi Kant, commentò:
“E quindi suo padre, a causa della soluzione che Don Zauker gli aveva iniettato, trasformò suo fratello Ded in un meganoide?”
“Purtroppo sì” disse Banjo, con uno sguardo lontano. Solo lui sapeva cosa stava osservando. Pensare a Ded gli dava una tristezza infinita.
“Ma, se ho capito bene, suo padre non era pienamente responsabile dei suoi atti. Come mai lo odiò per questo, allora?”
“Il punto è che allora non lo sapevo. Ma, per capire meglio, continuiamo la storia: il peggio – purtroppo – deve ancora venire.”

Ded fu un meganoide perfetto, tanto che in un primo tempo né Banjo né sua madre Midori se n’erano accorti. Anzi, non sapevano nemmeno dei piani di Krask: la faccenda di chiamarlo Don Zauker era sembrata per loro una di quelle eccentricità da ricchi. Ma, a poco a poco, Midori cominciò a sospettare qualcosa. Suo marito, il dottor Sozo, non si comportava più come prima: a tratti era preoccupato, in altri momenti sembrava un’altra persona, a causa del siero che Krask gli aveva iniettato. Ad un certo punto, Midori affrontò il marito a viso aperto:
“Cosa sta succedendo, Sozo?”
“Di…di cosa parli?” chiese lui, sorpreso.
“Non far finta di cadere dalle nuvole. Sta venendo qui dalla Terra un mar di gente che vuole diventare meganoide: alcuni lavorano per la Krask Corporation, altri sono persone poco raccomandabili. Credo che siano yakuza (la mafia giapponese). Sono venute anche delle persone importanti, come il rappresentante greco della Krask Corporation, Neros Kalandrakis, per esempio, che è diventato un meganoide ad ora ha la pretesa di farsi chiamare comandante Neros. Oppure il rappresentante francese, Maicol Sandrak, e anche lui si fa chiamare comandante. E tutti indossano una divisa. Sozo, cosa sta succedendo qui?”
“Bè…credo…credo che si mettano quelle divise per adattarsi meglio all’ambiente marziano…” balbettò lo scienziato.
“Non prendermi in giro. Noi non ci vestiamo così e ce la caviamo benissimo. Anzi, è addirittura vietato per noi indossare quelle divise. Banjo ne voleva una e glie l’hanno negata. E tutti obbediscono a quel buffone di Krask e alla sua leccapiedi. Sozo, starete mica mettendo su un regime militare?”
Ormai lui non poteva più fingere. Inoltre, era costretto a dover fare una cosa orribile: trasformare sua moglie Midori e suo figlio Banjo in meganoidi. Ma, almeno con Midori, doveva dirle tutto. Prese carta e penna (l’unico modo per comunicare senza essere ascoltati) e scrisse: “Siediti e fai come dico. Ti dirò tutto per scritto. Non fare domande.”
Lo fece leggere a Midori, facendo l’occhiolino e dicendo:
“Non devi preoccuparti, cara. Su, cambiamo argomento, parlami un po’ di te. Facciamo quattro chiacchiere”
Lei capì: la situazione era peggiore di quello che temeva. Si misero a sedere e fecero del loro meglio per sostenere una conversazione banale, mentre Midori leggeva con apprensione quello che gli scriveva a mano a mano il marito. A volte scriveva lei le domande.
Midori non dimenticò più quel momento: da allora, la sua vita cadde a pezzi.

Banjo continuò a fare il suo lavoro in mezzo agli scienziati, anche se lui era rimasto un po’ sorpreso dai cambiamenti che erano accaduti ultimamente: tutte quelle divise, quegli strani regolamenti.
Mentre un giorno stava portando un paio di casse contenenti materiale di laboratorio, a sorpresa incontrò Leilah Shinozuka, l’aiutante di Don Zauker / Krask, che lo guardò incuriosita.
“Ah…” disse lei “adesso ricordo. Tu sei il figlio del dottor Sozo, vero? Come hai detto che ti chiami?”
“Haran…Haran Banjo” rispose lui, un po’ intimorito. Non aveva ancora molta esperienza con l’altro sesso, ed era rimasto colpito del fatto che una vera bellezza come Leilah gli avesse rivolto la parola. Arrossì senza rendersene conto. Lei sorrise: in un certo senso era un po’ divertita.
“Haran Banjo. Ho capito, vedrò di ricordarmelo” rispose, mettendogli una mano sul capo e sfregandogli i capelli “Ti stanno diventando un po’ verdi i capelli, ragazzo” osservò.
“Lo so. E’ una reazione chimica dovuta all’ambiente di Marte, mi ha spiegato mio padre. Mi aveva anche dato una lozione per proteggermi i capelli, ma non ho voluto usarla. I capelli mi piacciono così.”
“Capisco” Leilah sorrise di nuovo. La semplicità di quel ragazzo la divertiva. Quasi provò dispiacere per lui: sapeva che un giorno avrebbe capito cosa stava succedendo. Ma i piani di Don Zauker dovevano andare avanti.
“Dove stai andando, adesso?”
“Da mio padre. Mi ha appena chiamato”
Forse è il momento in cui lo trasformerà in meganoide, pensò Leilah con una certa tristezza.
“Vai, allora”
“Va bene”
Banjo corse in fretta, seguito dallo sguardo pensieroso di Leilah. Poi lei distolse gli occhi e si diresse altrove. C’erano molte cose da fare, e il tempo era poco.

“Eccomi, papà!” disse Banjo.
“Bene. Metti qui quelle casse e seguimi” disse il dottor Sozo con aria misteriosa. Banjo lo seguì incuriosito. Entrarono tutti e due in un ascensore che scese in profondità, fino a raggiungere un ampio hangar dove c’era l’assistente Minamoto e molti droidi adibiti alla catena di montaggio. Stavano costruendo qualcosa di così grande che Banjo non capiva cosa fosse.
“Cos’è quella roba, papà?”
“Non dirlo a nessuno, Banjo. Nemmeno a tua madre. Sto costruendo il mio capolavoro: non hai idea di quanto ci sarà necessario. Ho deciso di chiamarlo Daitarn 3”
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Prossima puntata (Sabato 2 Aprile): Lupin III e Koros; Daitarn 3 inizia a vivere!

Secondo il programma , Sabato prossimo (19 Marzo) posterò il seguito della fanfic di Mineo, mentre il Sabato successivo (26 Marzo) posterò il seguito della fanfic dell'Ombra

Da adesso, posterò qui solo i personaggi nuovi che compariranno (purtroppo non ho fatto i disegni di Demian, Harrison e Rasputin, ma appena possibile li farò... :29784128hj5.gif: )

Se volete scaricare la puntata in formato word, qui sotto c'è l'allegato.

Se volete commentare, qui c'è il link: https://gonagai.forumfree.it/?t=47313943&st=75#lastpost



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