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NORA K.KABUTO'S FICTION GALLERY, Solo autore

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Nora K. Kabuto
view post Posted on 18/1/2015, 12:02     +1   -1




Salve a tutti, è con lieto piacere(o meglio dire: timore) che apro la mia personale galleria di piccole fanfiction.
Spero di non aver sbagliato a creare codesta galleria senza chiedere permesso agli admin, in tal caso, chiedo scusa. Non si sa mai. :29784128hj5.gif:


Questa mia prima flashfic appartiene al mediometraggio La Grande Battaglia Dei Dischi Volanti, nonchè opera ispiratrice di Ufo Robot Grendizer.
Potrei definire questa operetta un "piccolo tentativo introspettivo" dei pensieri di Duke Fleed, nei ultimi secondi di film, oh beh, ci ho provato. (?)
Spero che possa essere di vostro gradimento!



Ode a Telonna



Se solo ti avessi potuta salvare, prima che enalasti l'ultimo respiro tra le mie braccia.
Se solo fossimo nati in un tempo differente, in cui le guerre fossero state bandite per la loro innorridità.
Se solo la pura follia del potere non avesse preso possesso del corpo di tuo padre, sovrano assoluto di Yaban, noi due, rispettivamente principe e principessa, avremmo potuto vivere assieme ed amarci come qualunque altro essere vivente in questa immensa galassia.

Telonna, amore mio.

Ancora rimembro i nostri momenti felici di gioventù, tempi di pace e giustizia, immersi nella immortale bellezza della natura.
Giocavamo, ci rincorrevamo a vicenda, costruivamo delle ghirlande di fiori fingendo di essere sovrani di popoli nati nella nostra fanciullesca immaginazione.
Dai giochi col tempo sono iniziati i nostri primi baci, le prime passeggiate con le nostre mani congiunte l'una all'altra e le prime, timide esperienze.
Ed ora, cosa rimarrà di concreto in questi straziantemente dolci ricordi di felicità?
Il tuo corpo, ora, è adagiato su un letto di fiori dal candido color, la cui bellezza effimera non sarà mai eterna, bensì ciclica; e così, come uno di quei fiori, tu ritornerai da me, bella e amata come allora e come sempre sarai.
Non ho potuto costruirti una degna tomba, ma forse tu avresti preferito che il tuo corpo non venisse nascosto sotto un cumolo di terreno, come predice la lunga tradizione del tuo popolo.
Un popolo ingiusto e selvaggio, il cui nome provoca morte e distruzione, portando con sè innocenti la cui vita avrebbe potuto rendere questo universo un posto migliore .
Partendo una seconda volta verso lo spazio infinito, osservo le stelle e mi sembra che una di loro si sia appena formata, brillante tant'è in confronto alle sue sorelle millenarie.
Lotterò per porre fine a questa guerra senza scopo e senza vincitori, e nei momenti più buii avrò negli occhi la tua immagine, contornata da bianchi fiori ed illuminata da quella nova stella che d'ora ammiro, che porterà nel mio cuore il tuo splendido nome.
Telonna, principessa di un popolo dal nome bellico.
Un titolo che mai avresti dovuto possedere.

Edited by Nora K. Kabuto - 1/2/2015, 12:27
 
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view post Posted on 18/1/2015, 12:28     +1   -1
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Fratello di Trinità e Bambino

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Ti ho aperto un thread di commenti. ;)

Chi volesse esprimere la propria opinione, può farlo qui. Grazie. https://gonagai.forumfree.it/?t=70171290
 
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Nora K. Kabuto
view post Posted on 30/3/2015, 19:19     +1   -1




Dopo quasi quattro mesi dal mio piccolo lavoretto, ho deciso di sfidare le mie capacità per lavorare alla mia prima fanfiction a più capitoli: nonchè un ipotetico seguito di quella fantastica serie quale è Ufo Robot Grendizer, finita ahimè, in modo fin troppo aperto e frettoloso.
Spero di riuscire ad arrivare fino alla fine, visti tutti gli eventi e i personaggi nuovi che ho in mente!
Prima di dare inizio alla lettura, vorrei dettare qualche piccola nota per non confondere:
1. I personaggi(e alcuni mecha)avranno il nome originale giapponese, poichè ho intenzione di usare i nomi dell'adattamento francese più in là con i capitoli, ed ho una motivazione ben precisa.
2. I capitoli avranno il nome di un fiore che rappresenta appieno il capitolo, con accanto il suo significato nel linguaggio dei fiori.
E se mai passassi da queste parti... Valeria-senpai , ti ringrazio di cuore per il betareading e per avermi aiutata!
Detto ciò, cominciamo con questa nuova follia!

Il canto di Garla

Capitolo 0: Elleboro- Follia

Sfregò le mani contro i pantaloni, tentando in quel modo di poter creare un minimo di calore che lo avrebbe ristorato. Non che fosse la cosa che gli mancava, ma in quel momento era ciò di cui aveva più bisogno.
Quella cella era gelida, come un pezzo di Polo giunto in quel luogo. E lui stava man mano congelando in quella prigione di ghiaccio. Nascose il viso tra le ginocchia, alitando in modo che l'aria calda della sua bocca gli potesse sciogliere almeno un po' la patina fredda sul naso. In un primo momento, aveva tentato di fuggire, ma il suo tentativo di evasione era stato fermato sul nascere, costandogli anche una rigida punizione.
Non sapeva cosa contenesse quella sostanza che gli avevano iniettato nel corpo, ma dalle battute di basso livello delle guardie, doveva trattarsi di una sostanza stupefacente capace di ridurre la capacità mentale dell'individuo.
Oppure di trasformare la vittima in un kittamuert, qualunque cosa significasse nel dialetto del popolo.
Darsi alla fuga era inutile, questo lo aveva compreso.
Se fosse riuscito in qualche modo a scappare dalle prigioni e raggiungere la superficie, i sintomi della relativa esposizione dei tessuti biologici alle radiazioni avrebbero distrutto le sue difese.
Dalle sue esperienze al contatto delle radiazioni vegatron, aveva mente chiara sulle sofferenze a cui sarebbe andato incontro senza le adeguate protezioni, ora sotto la custodia delle guardie scelte.
Dapprima avrebbe manifestato sintomi lievi come nausea e vomito, in seguito un periodo di latenza di apparenti buone condizioni e poi disturbi cutanei, gastro-intestinali o cerebrovascolari, portandolo infine ad un doloroso asfissiamento. Il tutto nel giro di poco più di ventiquattr'ore, o di meno.
In alternativa, se fosse riuscito a sopravvivere -miracolosamente- al contatto con l'atmosfera ionizzata, ben presto sarebbe divenuto facile preda per le pericolose creature della superficie.
Da quanto era riuscito a vedere, questi esseri non si differenziavano molto da quelli che un tempo erano la fauna di Fleed, ma il loro atteggiamento era unanime: irrazionalmente violento.
Certamente era un'altra causa della continua esposizione diretta alle radiazioni, e solo la Sacra Stella poteva dire quali sofferenze avevano sopportato quelle povere bestie: leucemie, tumori, deformazioni mentali e fisiche, mancanza di cibo e quant'altro. Inoltre, scappando si sarebbe macchiato delle colpe condannatagli dal Grande Consiglio; tradimento e abbandono della propria gente.
Due pene che secondo le nuove leggi dettate dal nuovo sovrano, un ragazzetto dai capelli di color arancio che pareva si chiamasse Saif, erano scontabili unicamente con la morte.
Anche se oramai il titolo di principe non avesse più significato e Duke fosse consapevole del fatto che non sarebbe mai stato investito del ruolo di regnatore del suo pianeta, o meglio dire, di quello che era rimasto dalla grande distruzione, sapeva di dover sottostare al volere del popolo. Forse in balia del delirio, al nobile oramai solo di cuore, gli sembrò di udire la voce del caro padre defunto.
<< Duke, ricorda che la famiglia reale è il corpo del volere dei sudditi. Noi esistiamo solo per loro, non siamo superiori a nessuno. >>
Un sorriso sottomesso comparve sul volto di Duke, come per far capire allo spettro del padre di aver compreso finalmente le sue preziose parole, soddisfatto anche di se stesso.
Un altro brivido pervarse il suo corpo e sentì che le dita dei piedi avevano perso la sensibilità. Dopo pochi minuti sarebbe stato capace di staccarle senza provare dolore, se le sue memorie scolastiche non lo stavano traendo in inganno, come forse la sua mente stava già eseguendo con maestosa perfezione.
Se i fleediani reputavano un giovane un sovrano migliore del primogenito dei precedenti regnanti Melisma e Kentauri, allora non doveva assolutamente ribellarsi.
Duke avrebbe scontato la condanna datagli da un giusto processo, in rispettoso silenzio, come solo un degno principe avrebbe potuto mai fare.


Pochi minuti dopo sarebbe stato condotto nel punto di ritrovo della Prima Città, un luogo in cui si eseguivano le decapitazioni ai condannati a morte, e il popolo aveva il diritto di assistere sia per dare un cruento esempio ai bambini, sia per il semplice gusto di vedere sangue cosparso a pochi metri di distanza.
Di questo però a Duke non era stato riferito.
Non era a conoscenza di come sarebbe morto.
Ma questo, oramai, contava ben poco.

Dal silenzio delle prigioni si sentirono dei passi svelti ma pesanti, come se la persona in questione stesse camminando sulla punta dei piedi con indosso, a suo malgrado, scarpe di un materiale legnoso.
I passi cessarono e si potè udire un colpetto metallico, molto vicino, dalla forza con cui Duke riuscì a percepirlo.
Che fosse già giunta l'ora della sua morte?
Voltò lentamente lo sguardo verso l'esterno della cella.
L'espressione che prima era di tetra rassegnazione, si trasformò in una di stupore incerto.
Mai avrebbe pensato di poter rivedere quel viso in vita sua, ma forse quella piccola donna che stava cautamente inserendo una chiave nella serratura della cella non era colei che Duke credeva.
Non vi era più un confine tra la gotica immaginazione e la realtà: disformava forme e colori, persone con oggetti.
Cercare di dare un senso a quelle sensazioni alienanti stava divenendo sempre più complesso, ma nel vedere la sorellina sana e salva, un barlume di speranza sorse nel giovane.
Fin troppe domande comparvero nei suoi pensieri, ma solo il nome di lei uscì dalle sue labbra secche.
<< Maria...?>>
Fu un lieve mormorio, impercettibile, detto con paura, quasi come una domanda.
Una domanda a cui la ragazza non ebbe alcuna intenzione o capacità di dare una risposta.
Dopo un paio di tentativi di inserire la chiave nella serratura nel verso corretto, e qualche imprecazione poco signorile, la ragazzina riuscì ad innescare il meccanismo di apertura della cella.
Le sbarre si divisero e sia le parti superiori che quelle inferiori dell'incastro si ritirarono in grandi cerchi metallici posti sul soffitto e nel pavimento.
<< Maria, sei tu? >>
Duke ripropose la domanda, ma anche questa volta non ottenne alcuna risposta, ad eccezione di un ambiguo sorriso sul volto della ragazzina; un misto tra la gioia ed un accenno di cattiveria, come un bambino quando è sul punto di compiere un dispetto per vendicarsi su qualcosa o qualcuno.
In quel momento Duke non seppe come intrepretare quell'espressione.
Ella tese il braccio verso il giovane principe e Duke fece altrettanto, nonostante il suo corpo non stesse facendo altro che tremare.
Duke quasi sobbalzò al contatto con la mano della sorellina, in quanto la sensazione di freddo che dominava il suo corpo sembrò scomparire. Anche l'intero ambiente sembrò trasformarsi, ma in una delle calde e luminose giornate terresti i cui ricordi erano ancora saldi nella sua mente, assieme alle persone con cui era riuscito a costruire un legame nel corso degli anni.
Le forme si distorsero, i muri scomparirono e al di sotto, il pavimento costruito con terra compattata iniziò a fiorire sotto gli occhi di Duke, fino a divenire un grande e vasto prato decorato da centinaia di fiori con centinaia di colori dalle mille sfumature.
La terra risalì fino alla superficie, facendolo ritornare nei luoghi amati.
Chiuse per un istante gli occhi.
Quanto li riaprì, in lontananza apparve la fattoria Shirakaba.
Inoltre dai vari rumori di arnesi e versi di animali, sembrava che i membri della famiglia Makiba fossero già intenti nei loro lavori mattutini.
<< Daisuke-san!>>
Una voce in lontananza chiamò il moro a se', una voce che conosceva fin troppo bene.
Da dietro il possente tronco d'un albero, comparve una minuta figura femminile, nelle sobrie e comode vesti da lavoro contadino e con un cappello di paglia appena appoggiato sulla testa.
<< Daisuke-san? Stavi dormendo? Sù, vieni, sta per nascere un puledrino! >>
Lo esortò Hikaru, venendogli incontro.
Cosa stava accadendo in quel momento?
Che stesse sognando un ricordo?
Che quella scena fosse reale, e quindi, chi era il vero Duke?
Il Duke rinchiuso in una cella sotterranea, o Daisuke, il modesto lavoratore di campi?
E se il Duke catturato fosse stato solo un lungo e sofferto incubo da cui si era liberato?
Scosse la testa a questo pensiero, anche se in cuor suo non avrebbe screditato di non aver abbandonato la Terra in quella mattina primaverile.
L'abbandono del globo celeste non era stata una sua vera scelta. A guidarlo in quelle settimane di indecisioni, trascorse nella speranza di vivere in pace sulla Terra, era stato un secondo Duke, che ritornava alla ribalta nei suoi esami di coscienza.
In quel momento, terminata una lunga guerra per proteggere una seconda patria, che senso avrebbe avuto tornare su un pianeta morto?
La fotografia scattata di Rubina non dava nessuna certezza sulla sopravvivenza di forme di vita umane o animali, o anche il formarsi di fonti naturali adatte alla rinascita di una landa desolata e contaminata. Nonostante le prove, il secondo Duke lo aveva costretto a salutare, per sempre, quelle persone che erano state capaci di trattarlo da loro pari.
Nessun titolo nobiliare, nessuna formalità tra imperi differenti, nessun tentato matrimonio politico, nessuno che affidasse sulle sue spalle il potere di guidare o distruggere un'intera specie.
Era questa la vita che il vero, unico, Duke andava cercando da lunghi anni.
Con questi pensieri, in un attimo di disperata ingenuità , si alzò dal prato e si avvicinò lentamente ad Hikaru, sussurandole con un accenno di incertezza: << Andiamo a vedere questo nuovo puledro...? >>
Volle credere di esser ancora Daisuke.
Ma proprio come quando volle sperare nella madre che aveva sconfitto la morte, l'ingenuità divenne sua nemica.

Un attimo.
Un sorriso sul viso di lei.
Una fine lama trapassò il braccio destro di Duke.
Tutto intorno scomparve, ad eccezione di Hikaru che trafiggeva con violenza il petto di Duke con una spada.
La bianca maglietta della ragazza si tinse di sangue vivo e Duke fu costretto ad assistere alla ripugnante scena inerme.
Senza potersi muovere.
Non sentiva dolore.
Nemmeno un leggero fastidio.
Sentiva solo che il suo corpo andava sempre di più ad escoriarsi.
<< Perchè... >> Disse quasi a stento la vittima, ma si trattenne dal pronunciare il nome della fanciulla, in quanto la figura davanti a sè assunse un aspetto completamente estraneo.
L'ultima cosa che vide furono gli occhi dall'iride azzurra della donna, contornati da intense sfumature violacee e una ferita cucita all'angolo della bocca.
<< Per Fleed! >> Disse ella, contenta, col sorriso ambiguo che prima era sul volto di Maria.

D'un colpo tutto scomparve nella più completa oscurità e il corpo di Duke cadde a terra, come morto.

Edited by Nora K. Kabuto - 1/4/2015, 23:54
 
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