Parliamo un poco del registro.
Concordo in pieno con Delari e Shooting: penso che sia necessario adeguare il proprio stile di scrittura e il ritmo narrativo a quel che si vuol raccontare. Questo non solo “rende” maggiormente in termini di descrizione, ma il mutare di stile e ritmo fa sì che la lettura risulti più variata e piacevole.
Intendiamoci un poco: come si fa?
(Quel che segue è tutto rigorosamente IMHO, visto che parlo per esperienza personale e mi riferisco a come agisco io. Poi, ognuno di noi avrà sicuramente i propri sistemi).
Innanzitutto, faccio presente che un conto è lo stile “normale”, un altro quello umoristico: se per un racconto normale bisogna badare a stile, ritmo, descrizioni eccetera, il secondo richiede tutto questo più il fatto di far ridere. Semplicissimo. ^^
Liquido brevemente lo stile umoristico, che meriterebbe un thread a sé (un altro!!!): in pratica, tutto quel che è indicato per la prosa drammatica qui è tabù. Esatto contrario. La narrazione umoristica permette di usare termini anche ridondanti e desueti, purché ovviamente messi nel loro giusto contesto. Gli stessi termini, usati per una scena drammatica, farebbero ridere. Ma di pena.
Torniamo allo stile “normale”.
Sappiamo tutti che le scene di un racconto non sono tutte uguali: un conto è un momento calmo e contemplativo, un altro una scena d’azione. Questo, beninteso, anche se il protagonista resta lo stesso: se descrivo Actarus che suona la chitarra guardando la luna è un conto, se lo stesso Actarus sta combattendo con un mostro la faccenda è diversa.
Nel primo caso abbiamo la calma: possiamo permetterci frasi lunghe, piane.
Actarus sta osservando il panorama? Allora vai di descrizione: aggettivi e complementi possono arricchire le frasi.
Actarus è in piena introspezione, sta ripensando a vecchi ricordi, sta analizzando i propri sentimenti? E qui ci si può anche scatenare con frasi lunghissime, complicate da subordinate varie. Basta star attenti a non esagerare: troppa introspezione risulta davvero indigesta. Se si tratta di un paragrafo o due, passi; se di più, e se davvero tutto ciò è necessario ai fini della storia, meglio comunque tagliare, o interrompere di tanto in tanto con un pensiero diretto o un’azione.
Aggiungo pure: e se in pieno “viaggio sentimentale” si può aggiungere uno scatto di rabbia o una battuta umoristica, meglio! Si stempera un po’ il tutto.
Ben diverso se Actarus sta combattendo: qui il ritmo dev’essere decisamente serrato, e più il combattimento è feroce, più è necessario essere stringati. Per cui: frasi semplici, corte o cortissime, neanche a pensarci di usare subordinate varie… oltretutto si dovrebbero utilizzare i congiuntivi, e questi sono poco adatti per una scena di sangue e violenza. Anche complementi e aggettivi è meglio ridurli al minimo: la frase corta e secca dà più il senso della rapidità, del dramma. Più il dramma è drammatico, più lo stile è meglio sia scarno. Per cui, tagliare spietatamente.
Teniamo presente però che anche una scena d’azione, se lunga o molto lunga, stanca.
In questi casi, si può spezzare il tutto: magari c’è un istante di pausa in cui i contendenti si stanno studiando (e qui si può inserire un pensiero del protagonista, che spezza il ritmo frenetico).
Meglio ancora, si può troncare la scena e far vedere qualcosa che avviene in contemporanea: magari mostriamo Procton e gli assistenti che commentano lo scontro.
Per un effetto più “forte”, aggiungiamo Rigel che ne spara una delle sue. Una battuta umoristica può sembrar fuori luogo, in uno scontro, ma è utilissima se prelude a una scena particolarmente cruenta: un attimo prima il lettore sorride, un attimo dopo inorridisce… e non molla la lettura.
Per cui: più la scena è drammatica, o peggio, a rischio lacrime e melassa, più io taglio. Un dramma troppo carico diventa indigesto, due colombi che tubano troppo fanno salire la glicemia o annoiano mortalmente.
Un’altra volta parliamo dei dialoghi romantici… confesso di preferire certe scene d’azione, piuttosto. Mi danno meno pensiero. ^^