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ON WRITING, i trucchi del mestiere...

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view post Posted on 4/2/2015, 23:22     +1   -1
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Fratello di Trinità e Bambino

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Ti sei spiegata benissimo, sono io che non avevo capito.

Leggere con occhio "tecnico" lo faccio da sempre: anche da piccola ero interessata a capire perché una storia mi sembrasse scritta bene e un'altra no. Rileggere un pezzo che mi piace, capire cosa mi sia piaciuto e tentare di riprodurlo (NON copiarlo) è un esercizio che trovo utilissimo: si impara davvero tanto.

Ho imparato molto anche da libri brutti: cercar di capire perché siano malriusciti, e NON imitarli, è anche questo IMHO un buon esercizio.

A livello di costruzione storia faccio lo stesdo anche con i film (ottimo sistema per visualizzare le scene d'azione) e con i fumetti. Per la scrittura umoristica, analizzare le strip è fondamentale: impari i tempi comici, come preparare una battuta e come dirla. In questo campo, ho imparato tantissimo da Reg Smythe: le sue vignette di Andy Capp sono capolavori di ritmo e perfidia.
 
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Queen Fleed
view post Posted on 4/2/2015, 23:49     +1   -1




Buonasera a tutti!
Mi accingo ad intrufolarmi in questo post, sperando che l'alabarda della severissima prof. Shooting Star mi lasci indenne!!! :hate-mirror.gif:
Scherzi a parte, ciò che Shooting Star ha fatto notare, per la buona riuscita di un racconto, è sacrosanto. L'uso corretto della grammatica è presupposto base per poggiare penna su carta e deve essere accompagnato dalla chiarezza espositiva e dalla "intelligenza" della storia raccontata.
La descrizione dell'ambientazione, i dialoghi, il susseguirsi degli eventi, la ratio di un comportamento piuttosto che di un altro e la coerenza nel far muovere un personaggio entro certi schemi non è lavoro per chiunque.
Nel momento in cui rilevo errori grammaticali e lacune nella logicità di un racconto, ammetto che la pressione mi schizza verso vette inimmaginabili anche se non smetto di leggere. Anzi, inizio anche io a correggere mentalmente ed a stendere un racconto parallelo che abolisca le parti che non mi piacciono.
Ho sempre letto di tutto (tranne i romanzetti rosa che mi davano l'orticaria al solo vederne le copertine!) ed ho sviluppato le mie preferenze. Scrivo perché il mio lavoro lo richiede, non ho mai sofferto della "sindrome da foglio bianco" ma non credo pubblicherò racconti. Il tempo è sempre troppo tiranno e, a mio avviso, per scrivere un buon racconto, bisogna riuscire a ritagliarsene a sufficienza; colpa anche di un mio difetto: se attacco a scrivere, non smetto più :huh.gif:
:ruota:
 
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view post Posted on 5/2/2015, 01:28     +1   -1
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Comm.Grand.Pres. della Girella

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Ma no, non sono affatto severissima... e soprattutto sono una scrittrice molto dilettante - perfezionista quanto si vuole, ma dilettante, e più mi rileggo più me ne accorgo. Ciò non toglie che prenda la scrittura maledettamente sul serio: del resto, mentre il necessario tocca farlo bene, il superfluo si desidera farlo anche meglio, proprio perché non è necessario ma è fonte di piacere e soddisfazione. Almeno per me è così :). L'intento del thread è soprattutto quello di scambiare pareri ed idee per aiutarsi a migliorare a vicenda.
Riguardo al rendere "l'ambientazione, i dialoghi, il susseguirsi degli eventi, la ratio di un comportamento piuttosto che di un altro e la coerenza nel far muovere un personaggio entro certi schemi", non so se sia un lavoro per tutti: ma di certo è una cosa che si può imparare. Il problema maggiore semmai è trovare il tempo, visto che anch'io una volta iniziato a scrivere non smetto più e purtroppo o per fortuna ho un lavoro che mi assorbe molto ed un marito da sfamare almeno tre volte al giorno... ma la necessità di scrivere è tale che il tempo si trova. :)
Se mai decidessi di provare sappi che sarai la benvenuta... e che la dipendenza da tastiera è una brutta bestia :via:
 
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view post Posted on 5/2/2015, 07:27     +1   -1
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@Aster: ci ho riflettuto. Per me il cambiamento è arrivato quando ho cominciato a scrivere per essere letta. O forse ne sono diventata consapevole in quel momento perché è avvenuto abbastanza da poco e decisamente da grande.
 
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view post Posted on 5/2/2015, 08:14     +1   -1
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Fratello di Trinità e Bambino

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Il mio cambiamento dev'essere stato graduale. Ho iniziato a scrivere per essere letta a 15 anni: preparavo i copioni per delle recite. Più che altro è cambiato il mio atteggiamento verso quello che scrivo, più che verso quel che leggo. Scrivere per gli altri è molto diverso che scrivere per sè stessi: per me è soprattutto un fatto mentale. Un tempo sarei morta di vergogna se si fosse letto quel che scrivevo... e tutt'ora non mi piacerebbe proprio che accadesse.
 
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view post Posted on 5/2/2015, 12:20     +1   +1   -1
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Che Dio benedica i nickname... :via:
 
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view post Posted on 5/2/2015, 18:50     +1   -1
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Parliamo un poco del registro.

Concordo in pieno con Delari e Shooting: penso che sia necessario adeguare il proprio stile di scrittura e il ritmo narrativo a quel che si vuol raccontare. Questo non solo “rende” maggiormente in termini di descrizione, ma il mutare di stile e ritmo fa sì che la lettura risulti più variata e piacevole.

Intendiamoci un poco: come si fa?
(Quel che segue è tutto rigorosamente IMHO, visto che parlo per esperienza personale e mi riferisco a come agisco io. Poi, ognuno di noi avrà sicuramente i propri sistemi).

Innanzitutto, faccio presente che un conto è lo stile “normale”, un altro quello umoristico: se per un racconto normale bisogna badare a stile, ritmo, descrizioni eccetera, il secondo richiede tutto questo più il fatto di far ridere. Semplicissimo. ^^
Liquido brevemente lo stile umoristico, che meriterebbe un thread a sé (un altro!!!): in pratica, tutto quel che è indicato per la prosa drammatica qui è tabù. Esatto contrario. La narrazione umoristica permette di usare termini anche ridondanti e desueti, purché ovviamente messi nel loro giusto contesto. Gli stessi termini, usati per una scena drammatica, farebbero ridere. Ma di pena.

Torniamo allo stile “normale”.
Sappiamo tutti che le scene di un racconto non sono tutte uguali: un conto è un momento calmo e contemplativo, un altro una scena d’azione. Questo, beninteso, anche se il protagonista resta lo stesso: se descrivo Actarus che suona la chitarra guardando la luna è un conto, se lo stesso Actarus sta combattendo con un mostro la faccenda è diversa.
Nel primo caso abbiamo la calma: possiamo permetterci frasi lunghe, piane.
Actarus sta osservando il panorama? Allora vai di descrizione: aggettivi e complementi possono arricchire le frasi.
Actarus è in piena introspezione, sta ripensando a vecchi ricordi, sta analizzando i propri sentimenti? E qui ci si può anche scatenare con frasi lunghissime, complicate da subordinate varie. Basta star attenti a non esagerare: troppa introspezione risulta davvero indigesta. Se si tratta di un paragrafo o due, passi; se di più, e se davvero tutto ciò è necessario ai fini della storia, meglio comunque tagliare, o interrompere di tanto in tanto con un pensiero diretto o un’azione.
Aggiungo pure: e se in pieno “viaggio sentimentale” si può aggiungere uno scatto di rabbia o una battuta umoristica, meglio! Si stempera un po’ il tutto.

Ben diverso se Actarus sta combattendo: qui il ritmo dev’essere decisamente serrato, e più il combattimento è feroce, più è necessario essere stringati. Per cui: frasi semplici, corte o cortissime, neanche a pensarci di usare subordinate varie… oltretutto si dovrebbero utilizzare i congiuntivi, e questi sono poco adatti per una scena di sangue e violenza. Anche complementi e aggettivi è meglio ridurli al minimo: la frase corta e secca dà più il senso della rapidità, del dramma. Più il dramma è drammatico, più lo stile è meglio sia scarno. Per cui, tagliare spietatamente.
Teniamo presente però che anche una scena d’azione, se lunga o molto lunga, stanca.
In questi casi, si può spezzare il tutto: magari c’è un istante di pausa in cui i contendenti si stanno studiando (e qui si può inserire un pensiero del protagonista, che spezza il ritmo frenetico).
Meglio ancora, si può troncare la scena e far vedere qualcosa che avviene in contemporanea: magari mostriamo Procton e gli assistenti che commentano lo scontro.
Per un effetto più “forte”, aggiungiamo Rigel che ne spara una delle sue. Una battuta umoristica può sembrar fuori luogo, in uno scontro, ma è utilissima se prelude a una scena particolarmente cruenta: un attimo prima il lettore sorride, un attimo dopo inorridisce… e non molla la lettura. ;)

Per cui: più la scena è drammatica, o peggio, a rischio lacrime e melassa, più io taglio. Un dramma troppo carico diventa indigesto, due colombi che tubano troppo fanno salire la glicemia o annoiano mortalmente.

Un’altra volta parliamo dei dialoghi romantici… confesso di preferire certe scene d’azione, piuttosto. Mi danno meno pensiero. ^^
 
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Eliodora
view post Posted on 5/2/2015, 20:29     +1   -1




Continuo a leggere i vostri interventi, sempre più interessanti, ... e mi convinco sempre di più che non è per me ;) davvero qui si entra nel vivo della materia e la maestria delle autrici è tale da fare apparire semplice a scontato quello che semplice e scontato non è affatto.

Se devo parlare con cognizione di causa devo riferirmi a quello che ,come lettrice, mi affascina e colpisce.
Sono vari e differenti i modi dello scrivere e ciascuno ne ha uno che gli è congeniale: è come se fosse la sua firma.
Intendo dire che una scena di battaglia o una descrizione richiedono certamente registri e scelte stilistiche differenziate. Per fare un solo esempio, il ritmo serrato - come è stato giustamente e chiaramente detto- può essere ottenuto con l'asindeto e la paratassi ( Veni, vidi, vici) al contrario il polisindeto e un'architettura complessa del periodo così come verbi di modo indefinito sono modi della meditazione e della descrizione, vedi l'Infinito di leopardiana memoria.

Ma c'è come un marchio di fabbrica che caratterizza il singolo autore ( o autrice ;) ), un modo tutto suo che rimane costante pur nel necessario cambio di registri e di situazioni narrative: Cesare e Tacito sono agli antipodi e sono entrambi grandissimi ( a mio modestissimo parere i più grandi della latinità) : credo che riuscirei a distinguere un loro passo solo a sentirne la lettura ... così ancora accade mutatis mutandis con gli strumenti musicali ciascuno dei quali, necessariamente, produce un suono suo proprio, diverso da quello di tutti gli altri, pur eseguendo lo stesso brano...

Diverso è il modo di Aster, Shooting e Calatea - e non dimentichiamo gli autori del forum ;)- nel narrare e nel descrivere, nel creare e nell'inventare...quello che è il loro comune denominatore è la capacità di coinvolgere il lettore, stupirlo e trascinarlo, emozionarlo ( delectare, movere, flectere, diceva il nostro caro vecchio Cicerone, a sua volta apprendendolo dai grandi autori e retori greci), impedendo ad una lettrice "cerebrale" come me di applicare , ad ogni piè sospinto, tutti gli strumenti di analisi del racconto e di smontare il bellissimo giocattolo , con il rischio di rovinarlo o romperlo del tutto.
Forse , a pensarci bene, il mio personalissimo criterio per apprezzare o meno un racconto è proprio questo: impedirmi di riflettere e razionalizzare, non lasciarmi il tempo di andare a spulciare quali meccanismi narrativi siano stati o no messi in atto e trascinarmi e sedurmi (nella piena accezione di secum ducere ) con l'incalzare del ritmo narrativo, con la pienezza della descrizione, con la "verità" dei personaggi, con la limpidezza e/o lo splendore delle scelte lessicali, con il lampo geniale dell'invenzione, nel riso come nel pianto...

Da qualche parte ho sentito che ci accorgiamo di aver letto un bel libro quando, giunti all'ultima pagina, proviamo lo stesso dispiacere che si sente nel separarsi da un vecchio amico...
È quello che mi succede con le vostre FF, con l'aggravante che ogni volta a me accade di provare il desiderio di conoscerne altri...;)
 
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view post Posted on 5/2/2015, 22:32     +1   -1
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Fratello di Trinità e Bambino

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Più che altro, IMHO il problema con le scene d'amore è il rischio del trito e dello smielato. Una delle prossime volte affronto pure quest'argomento.
 
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view post Posted on 6/2/2015, 01:24     +1   -1
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@Aster: quoto, e rilancio.
Ciascun personaggio ha il suo modo di parlare: se lo si riesce a gestire bene, chi legge può spesso identificarlo senza bisogno di farne il nome (poi è sempre bene farlo lo stesso, ma non è questo il punto). Ad esempio, Duke tende un po' a parlare come un libro stampato: forse dipende anche dal fatto che la lingua che parla non è la sua. A Koji si addice un lessico un po' meno ricercato ed espressioni più colloquiali; a Danbei... beh... come dice anche Gigi, le sue battute non sarebbero bene in bocca ad Umon. Ma al di là dei personaggi noti, di cui è sufficiente imitare lo stile, il modo di parlare è fondamentale anche per identificare e delineare i personaggi nuovi: le parole giuste possono disegnare una personalità senza bisogno di aggettivi, e chi legge può farsi di lui il parere che preferisce - o almeno così crede ;).
Nei racconti umoristici l'uso, anche calcato, di registri e cliché permette di caratterizzare i personaggi in modo efficace: penso al linguaggio generalmente freddo e compito dello Zuril di Aster, che nasconde la perfidia che ben conosciamo, o - mi cito, perdonatemi - la mia Lady Gandal, che cerco di far parlare come le riviste femminili che detesto...
Aggiungo che oltre alle parole dette dai singoli personaggi un elemento fondamentale sono i verbi che ne accompagnano l'enunciazione: oltre agli scontati "dire" e "raccontare" tanti possono renderci udibile la voce del personaggio, da quelli che evocano il tono di voce come "sussurrare" e "strillare", a quelli che richiamano animali, da "cinguettare" o "ruggire". Sempre meglio usare un verbo specifico, magari se è il caso appartenente a un ambito semantico inaspettato, che usare un verbo generico con un avverbio... ma io gli avverbi li evito appena posso, e di questo forse dovrei parlare in altra occasione.

Riguardo le scene d'amore, anch'io pensavo che le scene d'azione fossero più ansiogene, ma mi sbagliavo. In compenso alla fine sono più facili, sarà che non sono una donna d'azione ;) . Il rischio melassa c'è sempre però, ed anche di più quello di cadere nei clichè: gli innamorati hanno il difetto di credere sempre di essere i primi a provare sensazioni e sentimenti che tutti hanno provato prima di loro e che tutti proveranno dopo di loro, difficile rappresentarli in modo non noioso e non pedestre. Ed anche le attività che all'innamoramento seguono :via: tendono ad essere, come dire sempre quelle... facile diventare ripetitivi, l'originalità è un miraggio.

@Eliodora: troppo buona... :wub:
Riguardo l'analisi testuale: come notava anche Queen, basta un errore - non solo ortografico - per farmi uscire dallo stato di grazia di lettrice per farmi precipitare in quello a me altrettanto congeniale che mi vede impugnare la matita rossa e blu. Una storia deve essere davvero buona per riuscire ad arrivare prima a cuore e stomaco che al cervello. Se qualcosa di nostro con te c'è riuscito è una vera soddisfazione.

@Gigi: confesso che non ho capito a cosa ti riferisci con la citazione di Cicerone - non la traduzione, il suo significato nel contesto. Quale simbolismo è chiaro?
 
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view post Posted on 6/2/2015, 09:07     +1   -1
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IMHO, l'autore deve essere il più possibile spontaneo e "fresco", non ingessato in schemi: preferisco un racconto ingenuo ma sentito, ad uno stilisticamente perfetto e rigido.

Le scene d'amore e le battaglie rischiano di scivolare nella radiocronaca minuto per minuto che, se per le battaglie è passabile, per le scene d'amore è terribile. In questo caso meglio lasciare le deduzioni alla fantasia del lettore o vai di forbici per tagliare senza pietà. Altri pericoli per le scene romantiche sono la melassa o lo scivolare in genere per soli adulti. Meglio tagliare.
 
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view post Posted on 6/2/2015, 11:01     +1   -1
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srotolatore di girelle

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torno sul terreno e riapro la sezione delle opinioni personali, che ovviamente continuano ad influenzare quello che faccio anche dall'altra parte della pagina....

parlando di scene d'azione e di battaglia, personalmente penso che il "minuto per minuto" non solo sia passabile, ma adirittura obbligatorio in alcuni momenti ed in alcuni generi, in particolare se stiamo parlando di robottoni è dura prescindere dalla battaglia quotidiana. L'unico caso che conosco in cui un autore ha scelto di far svolgere una battaglia senza mai mostrarla è il finale di evangelion, col risultato di dover fare un paio di film per spiegare cosa stava succedendo. Ovviamente la parte difficile di un medium statico (scrittura semplice o fumetto che sia) è di rendere il dinamismo della situazione in modo convincente e senza appesantire il tutto. Prendo ad esempio le scene di trasformazione e/o agganciamento tipiche dei robottoni:
Provate a leggere questa sequenza:
"un pistone all'interno del torace sganciò la spalla ed il fianco dallo scheletro del torso, mentre le gambe si raccoglievano ed entravano a rinforzare la struttura stessa. Contemporaneamente, la navicella compì una serie di manovre per allinearsi al robot. Dei portelli sul retro della navicella si aprirono per lasciare uscire una coppia di pugni di dimensioni maggiori che, attratti da un campo elettromagnetico così forte da rendersi visibile si allinearono con le braccia del robor antropomorfo. L'enorme leone meccanico si schierò al centro della formazione a croce, poi raccolse le zampe anteriori attorno all'articolazione circolare della spalla. Gli arti posteriori si distesero in modo innaturale, mentre gli artigli si ritraevano all'interno delle zampe; allo stesso tempo il muso del leone e la criniera si spostarono per scoprire nel corpo dela bestia meccanica una cavità in cui si innestò Antares. Quando Gumper andò ad accogliere la parte inferiore delle zampe di Beralios, coprendo quella superiore con dei pannelli di rinforzo, la trasformazione in Daltanious fu completa e Kento potè riprendere il comando."
Ho cercato di rendere la trasformazione di Daltanious in modo decente, ritengo di essere stato anche troppo dettagliato, ma la sequenza (che conosco a memoria ed adoro, per la cronaca è la seconda versione della trasformazione, quella con qualche errore di allineamento inspiegato) mostra molti dettagli in più eppure dura pochi secondi.
Quindi in casi come questo trovare l'equilibrio tra dettaglio e scorrevolezza è un'impresa improba. Questo vale per qualunque azione ricca di dettagli, comprese le scene hot.
Lungi da me il voler dire che la parte di ragionamento o introspezione sia più facile (io faccio più fatica su quella, in effetti), ma presenta criticità diverse, cioè la necessità di esprimere delle sensazioni che noi stessi a volte non sappiamo verbalizzare in modo chiaro.
La difficoltà tecnica nei dialoghi, per me, è che ogni dialogo ha tre componenti distinte, canonicamente la componente verbale (le parole), la metaverbale (il tono e l'inflessione) e la non-verbale (espressione del viso, linguaggio del corpo) e per rendere tutte e tre le componenti si deve violentare il ritmo del dialogo stesso.
insomma, direi che scrivere narrativa è decisamente una sfida, indipendentemente dal genere, e che si può essere soddisfatti quando si riesce a trasmettere almeno una parte ragionevole del proprio messaggio.
 
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view post Posted on 6/2/2015, 14:52     +1   -1
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Joso, hai la capacità di rendere avvincente anche una trasformazione di robot. Ci sono due tipi di radiocronaca: quella che ti tiene ancorato alla sedia col fiato sospeso e quella durante la quale ti leggi un libro o chiacchieri col vicino. Sarebbe preferibile scriverne una del primo tipo per una battaglia.
 
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view post Posted on 6/2/2015, 15:14     +1   -1
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Descizione magistrale, joso :dio: :dio: :dio:

Nelle scene d'azione, che sono essenzialmente visive, il minuto per minuto è obbligatorio, sono d'accordo: il punto è scegliere quale parte dell'azione mostrare, posto che la presa diretta non è possibile e che come joso fa notare quello che si vede è molto di più. Punto importante, questo, ma che necessita di essere dettagliato: nell'anime, o in una qualsiasi scena reale, si vede molto di più, vero, ma si vede anche molto di superfluo, molto "rumore". Una buona descrizione elimina il rumore e permette di mostrare solo quello che è necessario, o meglio di dosare quanto il lettore deve o può vedere; può spiegare, ad esempio, il perché di determinate manovre, che allo spettatore distratto o non troppo dotato di senso di osservazione (a me, per intendersi) sfugge. Il risultato è che la lettura è per me un'esperienza molto più visiva della visione stessa; e dopo, nel rivedere la stessa scena, anche se già vista centinaia di volte (in questo momento penso alla descrizione del rientro di Grendizer nello Spacer nella ff di josomeda, cap.6), mi appare molto più nitida. Ma forse questo ha più a che fare con me e con la mia dipendenza da parole che con la scrittura in generale.

Anche la sovrabbondanza di particolari nello scrivere ha comunque un suo scopo: come quando ascoltiamo una persona che parla troppo in fretta o guardiamo un dipinto ricchissimo di particolari, o un film in altissima definizione, veniamo investiti da una massa di stimoli che non ci preoccupiamo di decifrare tutti, per coglierne solo il succo. E' una funzione estremamente complessa, quella che permette all'intelletto umano di non essere sopraffatto dall'eccesso di informazioni e che fa sì che riusciamo a riassumere concetti e figure in pochi tratti di penna o matita. Potremmo definire il sovraccarico visivo un effetto speciale, di grande impatto se usato con il giusto equilibrio.

I dialoghi richiedono anch'essi grande sintesi: impossibile rendere le inevitabili pause, le costruzioni a senso, le ripetizioni che sono tipiche del parlato, la lettura diventerebbe lenta e faticosa; ma il rischio è avere personaggi che parlano come se stessero leggendo. Pensiamo al ritmo dei dialoghi negli "sceneggiati" degli anni '60 e confrontiamoli con le serie americane attuali, in cui diversi personaggi parlano contemporaneamente: quest'ultima caratteristica (introdotta, pare, da ER Medici in prima linea) è stata accettata relativamente da poco, ed è comunque assente in certe produzioni televisive nostrane, dove ognuno parla quando è il suo momento. Ne guadagna la fruibilità a scapito del realismo.

Nello scrivere è difficile raggiungere il realismo "guidato" di una discussione concitata, che dev'essere necessariamente breve ma contenere tutti gli elementi necessari. Come risolvere? Io cerco di usare parole "dense", che rendano o evochino il più possibile gli aspetti meta- e non-verbali del dialogo, e curo molto la punteggiatura; e sfrondo, sfrondo, sfrondo. Non direi che i dialoghi siano facili, e li riscrivo in innumerevoli versioni finché si avvicinano a ciò che ho in mente; ma per le scene di azione devo proprio cambiar modo di vedere. Ci sto lavorando, ma quello sì, che è difficile...
 
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view post Posted on 6/2/2015, 15:48     +1   -1
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Guarda che anche nelle scene d'azione bisogna sfrondare, altrimenti ne va del ritmo. Se stai descrivendo uno scontro feroce non puoi perderti in particolari, altrimenti rallenti tutto: descrivi solo l'essenziale. Del resto, lo stesso protagonista non può certo fermarsi a guardare il panorama!

Quanto alla descrizione di Joso (ottima!!): così particolareggiata, io non la metterei mai in pieno combattimento, rallebterebbe il ritmo. Piuttosto la metterri prima, in un momento tranquillo, magari con qualcuno che assiste ammirato; in piena lotta no, il robot esce dal disco e stop. IMHO, ripeto.
 
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