Penultima puntata!
CAPITOLO 6
Arrivarono alle prime luci dell’alba. Il centro era immerso in una quiete surreale, quasi onirica, che non lasciava presagire nessun pericolo incombente. Mentre si avviavano silenziosamente per i corridoi deserti, Venusia non poté fare a meno di chiedersi se a quell’ora avrebbero buttato giù dal letto il povero dottor Procton e si sentì terribilmente in colpa. Neanche a dirlo, invece, lo scienziato era già più che operativo in sala controllo, insieme ad un nugolo di insonni che tenevano gli occhi incollati ai monitor con aria concentrata.
“Ben arrivato, figliolo…” fu il saluto che il dottore rivolse ad Actarus, non appena lo vide comparire sulla soglia della sala controllo. Quindi, accortosi della figura di Venusia alle spalle del giovane, gli rivolse una vaga occhiata interrogativa.
“Padre” esordì Actarus facendoglisi incontro e stringendogli entrambe le mani “perdonami se ti ho fatto aspettare! Ho fatto … abbiamo fatto il prima possibile.”
Procton annuì, abbracciando con lo sguardo entrambi i giovani. Non poteva negare che gli facesse un certo effetto riavere Actarus lì, un misto di nostalgia e familiarità, come se il figlio adottivo non se ne fosse mai andato, ma allo stesso tempo fosse di nuovo sul punto di partire. Tuttavia, da uomo razionale qual era, dovette riprendere immediatamente il controllo delle sue emozioni: una questione molto più pressante attendeva di essere discussa.
“Venite” disse, facendo loro strada verso la mensa “ sarete affamati. Vi spiegherò tutto davanti ad una buona colazione.”
Pur scombussolati dal viaggio e tesi al pensiero di ciò che li aspettava, Actarus e Venusia approfittarono della generosa offerta del dottore per rifocillarsi. Procton li osservò per un po’ in silenzio, meditando su come affrontare il discorso.
“Dunque, padre…” esordì dopo poco Actarus, non riuscendo a trattenere un po’ di impazienza “cosa sai dirmi di quella capsula?”
“Niente che non ci abbiano già confermato le analisi di Fleed.” Lo scienziato assaporò un altro sorso di caffè, prima di proseguire: “Si tratta di una capsula biposto per viaggi interplanetari, la cui tecnologia fino ad ora non è stata pervenuta su nessun altro pianeta…”
“Tutto qui?” incalzò il giovane, avendo come l’impressione che non fosse tutto lì. Procton sospirò:
“In realtà ieri mattina ci siamo accorti di un minuscolo localizzatore, ben nascosto all’interno della capsula…”
“Un localizzatore?” scattarono all’unisono Actarus e Venusia: “Ma… è in funzione?” continuò la ragazza, iniziando a farsi prendere dal panico. Procton annuì, sbrigandosi ad aggiungere:
“Non volevo allarmarvi telefonicamente e a dirvi la verità non credo ci sia motivo di preoccuparsi eccessivamente, ma…”
“Ma?” incalzarono nuovamente i due, che ormai pensavano e reagivano all’unisono.
“Il nostro radar ha individuato un’astronave che sta per entrare nell’atmosfera… è a circa 5 ore dalla nostra posizione…”
“Che cosa?!” si allarmò Actarus, mentre Venusia cercava di riprendere fiato. “Ma padre!”
“Capisco la vostra reazione” ribatté uno stranamente pacato Procton “ma credetemi, si tratta di una singola astronave di modeste dimensioni…”
“Credi si tratti di una missione di salvataggio?” chiese Actarus tentando di recuperare un contegno.
“Avrebbe senso” continuò finalmente Venusia, lo sguardo pensieroso “magari stanno solo cercando di rintracciare questi fuggitivi, e non hanno intenzioni ostili…”
“Ma non possiamo rischiare!” concluse perentorio il giovane, rivolgendo uno sguardo severo ora a Venusia, ora al suo padre adottivo.
“Certo che no…” lo avallò prontamente Procton “per questo ti consiglierei di uscire con Goldrake tra un paio d’ore e di andar loro incontro…” Actarus annuì meccanicamente “per carpire quali siano le loro intenzioni…”
“E tenerli lontani dai centri abitati…”
“Esatto” Concluse il dottore alzandosi. “Ti fornirò subito le coordinate di una località sicura. ”
“Aspettate!” si intromise Venusia, alzandosi a sua volta e rivolgendo uno sguardo preoccupato ad Actarus: “Sarà meglio avvisare anche Tetsuya. Avere il Grande Mazinga nei paraggi potrebbe rivelarsi utile in caso di spiacevoli sorprese…”
“No, non credo sia necessario, Venusia. In fondo, si tratta solo di una modesta astronave…” Actarus sembrava sicuro delle sue parole. “Goldrake sarà più che sufficiente, non credi anche tu, padre?”
“Dimentichi il Goldrake 2…” ribatté prontamente lei, con l’aria di chi non si aspetta di essere contraddetta. Padre e figlio si scambiarono una rapida occhiata d’intesa, fu quindi Actarus a tentare di prendere la parola:
“Ascolta Venusia…”
“Actarus ti prego!” lo interruppe subito la ragazza, portandoglisi davanti e cercando con determinazione i suoi occhi: “non sono venuta fino a qui per restare a guardare…”
Procton fece per prendere la parola ed accorrere in soccorso del figlio, quando lo vide sorridere, non con arrendevolezza, ma con un’espressione di tenera consapevolezza.
“E va bene…” acconsentì, ponendole una mano sulle spalle, “ del resto se ti dicessi di no, sono sicuro che troveresti un modo per infilarti nella mia cabina di pilotaggio…” Venusia gli strizzò l’occhio, divertita. “Ma resta dietro di me e attieniti strettamente alle mie indicazioni, per favore.” Concluse con tono più fermo il giovane.
“Sissignore!” Venusia annuì sorridendo, mentre Procton si lisciava i baffi, assistendo un po’ attonito a cotanto siparietto.
***
“Qui Procton a Goldrake… Actarus, mi ricevi?” circa tre ore dopo, Actarus e Venusia sorvolavano una fitta foresta di conifere, la tipica vegetazione dell’Hokkaido.
“Qui Goldrake, siamo a T-10 dalla zona indicata!” replicò il pilota, lo sguardo ora sul radar, ora a scrutare l’orizzonte.
“Tenete gli occhi aperti, ragazzi” fu l’appello di Procton “dovreste trovarveli davanti a breve…”
“Ricevuto!” esclamarono all’unanimità Actarus e Venusia.
“Actarus il mio rilevatore di frequenze sta captando qualcosa!” comunicò la giovane all’interfono, appena un paio di minuti dopo. “Li vedo! A ore 2!” esclamò poi, con voce concitata. Actarus volse lo sguardo nella direzione indicata da Venusia. Respirò profondamente, cercando di ignorare la morsa che gli attanagliava lo stomaco.
“Resta dietro di me!” riuscì solo ad intimarle, mentre metteva a fuoco la grigia astronave, in realtà più grossa di quanto preventivato, che si avvicinava inesorabile.
“Actarus, che cosa vedi?” incalzò Procton, mentre il resto dei suoi collaboratori si radunava prontamente davanti al monitor.
“Confermo che si tratta di un oggetto volante non identificato… ma di una tipologia finora mai avvistata. Un momento!” scattò poi, zoomando su qualcosa che aveva catturato la sua attenzione.
“Di che si tratta?” chiesero concitati dalla base.
“C’è qualcosa sul fianco dell’astronave…”
“Lo vedo!” confermò Venusia “sembra uno smeraldo…”
Actarus tacque per una frazione di secondo, quindi riprese, con voce che suonava più rilassata:
“È uno stemma. Credo si tratti del pianeta Emerald, un satellite di Ruby…”
Mentre Venusia e Procton cercavano di inferire se si trattasse o meno di una buona notizia, videro Goldrake arrestarsi improvvisamente.
“Actarus!” chiamò immediatamente Venusia, allertandosi.
“Che succede figliolo?”
“Stanno… cercando di comunicare…” per un attimo, il Centro Ricerche e il Goldrake 2 furono immersi in un silenzio carico di tensione. Dopo una breve pausa, giunse di nuovo, confortante, la voce di Actarus: “Dicono che vengono in pace.”
“Ne sei sicuro?” fu la comprensibile replica del dottor Procton.
“Questo è quello che mi hanno detto… e parlano un ottimo fleediano…” ribatté candidamente il pilota di Goldrake.
“Che cosa vogliono?” si intromise Venusia, andando dritta al sodo.
“Stand by” fu la perentoria risposta di Actarus “sto cercando di capirlo anche io…”
“Va bene, restiamo in attesa!” Concluse Procton, prima di rivolgersi a uno dei suoi collaboratori:
“Hayashi, cosa sappiamo del pianeta Emerald?”
“Mi metto subito a ricercare informazioni, dottore!” rispose prontamente l’interpellato.
“Dottore!” chiamò Hanada, dall’altro lato della sala “venga a vedere! Il radar ha appena captato un altro oggetto che si sta avvicinando a velocità incredibile!” Procton impallidì, e si precipitò di nuovo all’interfono:
“Actarus, Venusia! Fate attenzione! C’è un altro oggetto in avvicinamento!”
“Che cosa?” esclamò la giovane, rispondendo per prima alla comunicazione.
“PUGNO ATOMICO ROTANTEEE!”
Prima ancora di capire cosa stesse succedendo, un boato assordante squarciò l’aria, mentre una sorta di razzo in rotazione si manifestava nel campo visivo del pilota di Goldrake.
“MAGLIO PERFORANTEEE!” comandò di riflesso Actarus, riuscendo ad intercettare l’arma a pochissimi centimetri dall’astronave emeraldiana. “Ma che diavolo?” imprecò quindi il giovane “È Tetsuya!!”
In pochi secondi, ecco l’imponente ed intimidatoria sagoma del Grande Mazinga comparire ad ovest, solo per arrestarsi a qualche metro di distanza dai presenti.
“Actarus!” chiamò a gran voce un seccatissimo Tetsuya, “che sta succedendo qui? Credevo avessimo un accordo!” e si apprestò ad agguantare il Grande Boomerang sul torso del suo robot.
“Lo avevamo!” ribatté immediatamente un altrettanto seccato Actarus “e infatti ti avrei chiamato se ce ne fosse stata necessità!” e, ciò detto, si precipitò sul Great per bloccargli le mani.
“Che diavolo credi di fare?!” protestò con veemenza il pilota di Izu, ingaggiando prontamente un corpo a corpo con Goldrake.
“Smettetela!” tuonò fermamente Venusia, “Tetsuya, questi visitatori non hanno intenzioni ostili, datti una calmata!” Nel frattempo, i poveri emeraldiani, confusi dalla situazione, avevano sospeso tutte le comunicazioni e si stavano allontanando in tutta fretta dalla scena.
“Dannazione!” si allarmò Actarus, cercando di divincolarsi dalla stretta dell’altro robot. “Sono Duke, principe di Fleed!” esclamò all’interfono, riprendendo il contatto con l’astronave emeraldiana. “Avete espresso il desiderio di un colloquio, ebbene fermatevi e parliamo!”
“Ma che lingua parla?” chiese un confuso Tetsuya, le cui competenze in fleediano erano decisamente scarse.
“Niente che tu abbia mai sentito prima, direi…” commentò lapidaria Venusia.
In seguito all’accorato appello del principe, l’astronave sembrò esitare un po’ prima di arrestarsi. Goldrake, il Goldrake 2 e il Grande Mazinga la tallonavano tenacemente, ma fortunatamente gli emeraldiani atterrarono non appena individuata una radura adatta.
“Aspettatemi qui, per favore!” intimò Actarus agli altri due piloti “Non voglio che si sentano intimiditi!”
“Ma… sei sicuro che sia prudente?” Per quanto si fidasse dell’istinto del giovane, Venusia non poté trattenere una nota di preoccupazione.
“Non mi sembra una grande idea!” le fece eco Tetsuya “Non sappiamo neppure che cosa vogliono!”
“State tranquilli! Il pianeta Emerald è da sempre un pianeta pacifico e neutrale, non credo abbiamo nulla da temere! E comunque sarò solo a pochi metri da voi…” si affrettò ad aggiungere, per placare ogni dissenso sul nascere.
“D’accordo restiamo in stand by…” fu la replica di uno stranamente obbediente Tetsuya “non che potremmo partecipare alla conversazione, del resto…”
***
Dal basso promontorio sul quale si era posteggiata, Venusia non aveva una chiara visione della radura, teatro di quel non previsto incontro interplanetario. Le sagome di Actarus e del capo della spedizione emeraldiana, che si trovavano a colloquio, erano completamente nascoste da una fitta vegetazione che la sua telecamera non riusciva ad eludere. La posizione di Tetsuya era invece più privilegiata, dal momento che il Grande Mazinga era ben piantato a poche decine di metri dalla radura e che il suo testone svettava sulla maggior parte degli alberi. Il giovane cercava di tenere Venusia aggiornata quanto poteva, ma dopo oltre quaranta minuti l’incontro tra Actarus e quello smilzo essere dalle sembianze umane e dalla carnagione bluastra non sembrava promettere particolari sorprese. Inoltre, una decina di minuti prima Tetsuya aveva ricevuto anche la telefonata di un furibondo Koji, che gli aveva sbraitato contro tutto quello che pensava di lui e di questa loro trovata di sparire nel cuore della notte senza metterlo al corrente di una situazione potenzialmente pericolosa. Complice la tensione per l’attesa e la stanchezza per la notte insonne, al povero pilota del Great non era rimasto altro da fare che lasciar sfogare il fratellastro e promettergli tutte le dovute spiegazioni appena si sarebbero rivisti.
Tamburellando nervosamente le dita sulla cloche, Tetsuya sentiva tutta l’adrenalina delle ore precedenti scivolargli via, lasciandolo spossato e svuotato di ogni energia. Crollato pesantemente sullo schienale, la radio silenziosa da qualche minuto, il giovane era sul punto di cedere al sonno, quando i suoi occhi furono catturati da nuovi movimenti nella radura. Tetsuya agguantò prontamente il trasmettitore:
“Venusia, mi ricevi? Sta succedendo qualcosa…”
“Che cosa vedi?” fu l’immediata risposta della pilota. La telecamera del Great zoomò sulla parte anteriore dell’astronave grigia, dove si stava lentamente aprendo un portellone.
“Credo che stia scendendo qualcun altro… teniamoci pronti!”
“Ricevuto!”
La tensione a bordo del Great si sciolse quando Tetsuya realizzò che la figura scesa dal veicolo spaziale e che aveva lentamente raggiunto Actarus e il suo interlocutore era quella di un uomo anziano dall’aria tutt’altro che temibile.
“Contrordine…” annunciò il pilota all’interfono “si tratta di un innocuo vecchietto che sembra a malapena reggersi in piedi…” Venusia tacque per qualche secondo, prima di chiedere ulteriori dettagli al collega. “Actarus gli ha stretto la mano, e ora si stanno separando dal capo della spedizione… solo che…”
“Solo che?”
“Beh pare che il vecchio stia salendo a bordo del Goldrake!”
“Ne sei sicuro?” domandò Venusia, titubante. Nel frattempo l’astronave emeraldiana, dopo aver riammesso a bordo lo smilzo interlocutore di Actarus, aveva acceso nuovamente i motori per riavviarsi da dove era venuta. Proprio mentre l’idea di mettersi in contatto col pilota di Goldrake attraversava le menti di Tetsuya e Venusia, il volto stanco ma rilassato del principe comparve sui loro monitor.
“Qui Goldrake, mi ricevete? La situazione è sotto controllo, possiamo rientrare alla base”.
“Aspetta, Actarus” replicò prontamente Venusia “chi è quell’uomo che è a bordo con te?”
Il giovane sorrise, lanciando un amichevole sguardo verso il suo passeggero:
“È un nostro ospite…Tranquilli, vi spiegherò tutto una volta arrivati al Centro!”
***
In effetti i due piloti non chiedevano altro, tuttavia, una volta arrivati al centro, dovettero aspettare che l’anziano ospite fosse accolto, decontaminato, rifocillato e sottoposto ad un altro colloquio con Actarus e il dottor Procton. Fu solo un paio d’ore dopo che il principe di Fleed raggiunse Venusia e Tetsuya al ranch Makiba, dove la giovane aveva cortesemente offerto ospitalità e un buon pranzetto al pilota del Great, in attesa di notizie dalla base. Il rombo della moto di Actarus interruppe l’allegro convivio, che vedeva Tetsuya impegnato a rispondere come poteva alle mille domande di Mizar sul Grande Mazinga, mentre un sospettoso Riger studiava a distanza l’intruso, rigorosamente tra un boccone e un altro. Quando la regale figura del principe comparve sulla porta, il ragazzino balzò immediatamente in piedi e gli corse incontro abbracciandolo calorosamente, seguito dallo scorbutico padre, che nascondeva con scarso successo una certa commozione per questa insperata visita.
“Papà! Mizar! Lasciatelo almeno entrare!” li riprese immediatamente Venusia, mentre Actarus elargiva sorrisi e convenevoli ai due vecchi amici.
“Va bene, va bene, non t’inquietare subito!” protestò Riger un po’ stizzito, poi, conducendo il giovane verso la tavola, aggiunse con fare cerimonioso: “Ecco, siediti qui e mangia pure tutto quello che vuoi, Actarus! Vado a prendere la mia migliore bottiglia di sakè!” annunciò entusiasta.
“Buona idea, papà!” lo avallò immediatamente Venusia, pronta a cogliere l’attimo: “anzi, Mizar, perché non lo accompagni anche tu in cantina e scegliete qualcosa di buono per l’occasione?” Il ragazzino sembrò tentennare un po’, ma fortunatamente Actarus aveva mangiato la foglia e si prodigò subito per dare manforte a Venusia:
“Ne sarei davvero contento, Mizar…” a quelle parole il fratellino non fu capace di dire di no, e si avviò fuori dalla stanza al seguito del padre, pur vagamente controvoglia.
Rimasti soli, Tetsuya e Venusia si avventarono come rapaci sul povero Actarus, il quale, per aggiungere ulteriore pathos alla rivelazione che stava per condividere (ma più plausibilmente per fame!), mandò giù un paio di bocconi di salmone marinato, prima di annunciare seraficamente:
“Si tratta di una fuga d’amore…”
“Una che?!” esclamò immediatamente Tetsuya, saltando sulla sedia.
“Sembra che la giovane principessa di Emerald si sia invaghita del nipote del precettore…” Venusia e Tetsuya si scambiarono uno sguardo interrogativo, mentre Actarus si serviva dalla pentola del riso: “Ovviamente, quando lo hanno scoperto, i genitori si sono opposti fermamente a questo rapporto e così i due giovani, forse con l’aiuto di qualcuno a corte, sono riusciti ad impossessarsi di una capsula e sono partiti alla volta di Fleed. Questo è stato all’incirca 10 giorni fa.”
“Che storia…” riuscì solo a commentare Venusia, sentendosi segretamente solidale con la giovane principessa.
“Scusa ma quindi chi sarebbe quel vecchio?” domandò Tetsuya, un po’ deluso dall’esito di tutta la situazione.
“Il precettore…”
“Il nonno del ragazzo…” commentò Venusia, facendo immediatamente due più due. Poi, rivolgendo uno sguardo di malcelata apprensione ad Actarus: “Ma quindi ora cosa intendi fare?”
Il principe allontanò da sé la ciotola vuota, sorridendo alla gentile ospite in modo riconoscente. Poi si alzò e si incamminò verso la finestra, regalando ai suoi ascoltatori ancora seduti un’altra pausa ad effetto.
“Ho già mobilitato la mia guardia reale per incrementare le ricerche. Trattandosi di due adolescenti persi su un pianeta sconosciuto, dobbiamo accertarci per prima cosa che siano al sicuro. E poi…”
Venusia sapeva che c’era dell’altro e si preparò emotivamente al colpo.
“E poi ho promesso che sarei rientrato subito su Fleed con il precettore, per occuparmi personalmente di questa faccenda. Partiremo domattina all’alba…” concluse, cercando lo sguardo di Venusia, che però non lo ricambiò.
“Quindi una volta ritrovati i due ragazzi, li riconsegnerai direttamente alle forze di Emerald?” si interessò Tetsuya, interrogandosi su quale fosse il miglior modo per evitare un incidente diplomatico interplanetario. Actarus assunse un’espressione seria:
“Non è così semplice. I ragazzi sono venuti a rifugiarsi su Fleed, e pertanto mi sento responsabile della loro incolumità. Per questo ho chiesto al resto della spedizione di rientrare su Emerald, lasciando solamente il vecchio precettore. Abbiamo concordato che, nell’interesse dei ragazzi e dei loro genitori, faremo il possibile per trovare un accordo che soddisfi tutti.”
“In bocca al lupo…” commentò d’impulso Tetsuya. “E Maria?”
“Tornerò a prenderla… al massimo tra un mese. Sono sicuro che questa permanenza fuori programma potrà farle solo che piacere!” concluse, con un sorriso rivolto a Venusia, che aveva iniziato a sparecchiare ad occhi bassi. Fu senza alzare lo sguardo che, dopo qualche minuto di silenzio, si decise finalmente a dire:
“Non pensi che invece potrebbe essere utile averla al tuo fianco? Essendo quasi coetanea della principessa magari potrebbe…”
“Veramente io avevo pensato a qualcun’altra…” la interruppe Actarus. La ragazza finalmente lo guardò, un po’ titubante. “Non ti piacerebbe venire con me, Venusia? Ho pensato che mi servirebbe davvero il tuo intuito in questa situazione…” La giovane impiegò qualche secondo a processare quelle parole, poi si sentì mancare il fiato, e come risultato se ne restò con i piatti sporchi in mano, impalata a guardare il principe che le sorrideva.
“E che diamine, Mizar! Se ti dico che è questo il sakè più pregiato mi devi credere! Sono o non sono io l’esperto qui?” si sentì sbraitare dal corridoio. Era evidente che la quiete stava per finire, ora che Riger e suo figlio stavano tornando vittoriosi dalla loro missione alcolica. E il momento magico di Venusia stava per essere interrotto… ancora una volta. Sembrava davvero una congiura di un destino sadico che continuava a mandarle seccatori sulla sua strada nei momenti meno opportuni! Questa volta, però, Venusia decise che ne aveva davvero avuto abbastanza. In una frazione di secondo mollò i piatti sulla prima superficie disponibile, si fiondò a chiudere la porta della cucina a chiave (facendola sbattere sul muso del padre) e si lanciò fulmineamente tra le braccia del suo Actarus. Dal canto suo, realizzando di essere improvvisamente finito in modalità terzo incomodo, Tetsuya si alzò e si diresse verso la porta, animato dal nobile intento di placare le ire di Riger e regalare qualche minuto di sospirata intimità ai due piccioncini. “Questa devo proprio raccontarla a Jun…” si sorprese a pensare un attimo prima di aprire la porta “qualcosa mi dice che avrei fatto meglio a mandare lei stavolta…” concluse ridendo tra sé e sé.
Nel frattempo, com’era prevedile, i due innamorati non si erano accorti di nulla, persi com’erano nel loro abbraccio appassionato e liberatorio.
“Oh Actarus!” sospirò finalmente Venusia, al culmine della gioia “non potevi rendermi più felice!”
“Sono felice anche io che tu venga.” Le fece eco dolcemente lui, prendendole il viso tra le mani: “ È da molto che volevo mostrarti Fleed.” Venusia annuì, con le lacrime agli occhi. “Ora devo solo trovare un modo per dirlo a tuo padre…”
Per commentare il "molto rumore per nulla" o la nuova configurazione planetaria dell'universo...
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