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Micchi's fanfiction gallery, solo autore

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view post Posted on 12/7/2019, 20:32     +3   +1   -1
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Pregiudicato per Girellate

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Salve forum! Come paventato, eccomi qua con i primi capitoli di una fanfiction che ho scritto un paio di anni fa, dopo aver rivisto la serie del GM per la prima volta dopo tantissimi anni. La trama nasce dall'esigenza di regalare un po' di meritato spazio e un po' di background a Tetsuya e Jun, cose che purtroppo vengono parecchio a mancare nella serie. :cry:

Spero solo di essere riuscita nel mio intento narrativo senza stravolgere troppo i personaggi... aspetto con ansia i commenti, visto che non l'ho ancora sottoposta a nessuno (vi toccherà fare da cavie!) :dio:

CAPITOLO 1 - LEI


Non capisco il motivo di tutta questa agitazione. Proprio tu, che hai fatto dell'auto controllo il risultato più importante degli anni di addestramento, che appena qualche ora fa hai sconfitto l'ennesimo mostro guerriero con consueta lucidità e freddezza, adesso sei lì a giocare nervosamente con la tua forchetta e ad agitare di continuo le gambe sotto il tavolo, manco ti avesse morso una tarantola. Fingo di non notare le occhiatine casuali e indagatrici che ogni tanto lanci alla nostra ospite, ma sei seduto proprio di fronte a me, è impossibile che non ci faccia caso. E non solo perché questa è la peggiore bistecca all'occidentale che abbia mai mangiato.

Hai iniziato a fare battute sulla giovane dottoressa Karen Jones da giorni prima che arrivasse, "finalmente un altro esemplare di sesso femminile!", "allora non esisti solo tu sulla faccia della terra!". È da una settimana che mi suona di continuo questo tuo mantra nelle orecchie, quasi quasi ti preferivo quando mi rimproveravi di essere troppo scarsa negli allenamenti. Come se avessi chiesto io di diventare tua sorella adottiva/compagna di addestramento/partner in battaglia per 10 anni. Come fossi stata io a volere che tu diventassi tutto il mio mondo.

" volevo scusarmi ancora per tutto il disturbo che vi ho dato", e' proprio la voce della dottoressa Karen a distogliermi dai miei pensieri. "Se penso che una creatura di Micene si è impossessata delle mie sembianze, mettendo a repentaglio le vostre vite...". Vedo il dottor Kabuto pulirsi educatamente la bocca, in procinto di rispondere, ma non fa nemmeno in tempo a trovare le parole giuste per rassicurare la nostra ospite che arriva, puntuale, il tuo intervento:

" non hai motivo di scusarti, Karen. È vero, in questa occasione ci hanno teso un bel tranello, ma qui alla fortezza siamo abituati ai tiri mancini di Micene, e come hai visto non è stato un problema sistemarli".

Strano tu non abbia aggiunto "per me", penso, ma in effetti come slogan pubblicitario era già abbastanza completo così com'era. Karen ti ringrazia con un sorriso, che tu ricambi ostentando fin troppa sicurezza, i vostri sguardi si incrociano per qualche secondo, prima che Karen torni a rivolgere il suo nel piatto. Per qualche strano motivo, i tuoi occhi improvvisamente trovano i miei, forse alla ricerca di una conferma a quello che hai capito, o speri di aver capito. Non posso far altro che roteare i miei verso l'alto, prima di cercare rifugio in shiro, a cui mi affretto a chiedere:

"Buono eh?" Relativo a qualsiasi cosa ci sia nel suo piatto. Credo di non averla nemmeno sentita, la sua risposta.

"Allora propongo un altro Brindisi alla nostra gradita ospite, a cui rinnovo l'invito a fermarsi fin quando lo desidera!", esclama, cerimonioso il dottor Kabuto. I bicchieri tintinnano accompagnati dai sorrisi dei commensali, mi unisco all'atmosfera generale sperando che il vino sciacqui un po' via l'inquietudine che mi sta salendo dentro. Mi fingo interessata allo scambio di complimenti tra Karen e il dottore sui loro reciproci risultati accademici; vorrei solo che la cena finisse, o che qualche allarme suonasse, qualsiasi cosa pur di non continuare ad aver davanti quel tuo sguardo. Lo sguardo di quando stai per attaccare e sai di avere buone possibilità di vittoria, uno sguardo che ho imparato a conoscere e che mi ha sempre infuso coraggio e sicurezza, quasi avesse qualche potere di contagio. Solo che stavolta, accorgendomi del sorriso complice con cui la dottoressa Karen lo ricambia, mi provoca solo una fortissima morsa che mi attanaglia lo stomaco.

CAPITOLO 2 - LUI

Stavolta c'è mancato davvero poco. Certo che l'imperatore delle tenebre e quella maledetta marchesa Yanus si stanno facendo sempre più astuti e spregiudicati. Non possiamo, non posso permettermi nemmeno un attimo di distrazione, devo fare di tutto per tenere sempre alta la guardia. Devo proteggere la vita qui alla fortezza, le persone a cui tengo... Se cadessimo noi, il mondo verrebbe conquistato in un momento, e tutti i sacrifici fatti in questi anni sarebbero totalmente inutili.



" volevo scusarmi ancora per tutto il disturbo che vi ho dato. Se penso che una creatura di Micene si è impossessata delle mie sembianze, mettendo a repentaglio le vostre vite...". Si in effetti sarebbe stato meglio evitare gli ospiti internazionali in un momento come questo, ma capisco anche che non possiamo fermare le attività del Laboratorio. E poi so quanto siano importanti questi accordi con il centro di ricerca di Houston, per il dottore. E' li che studia suo figlio. Comunque , a dire la verità, non mi dispiace che LEI sia qui. Sento una strana energia dentro di me, da quando è qui. Magari è fisiologico, visto che non conosco altre donne oltre a Jun, che praticamente ho visto crescere.

" non hai motivo di scusarti, Karen. È vero, in questa occasione ci hanno teso un bel tranello, ma qui alla fortezza siamo abituati ai tiri mancini di Micene, e come hai visto non è stato un problema sistemarli".

Certo che è bella, Karen. Una bellezza molto diversa da Jun, con quei capelli biondi e quegli occhi del colore del mare... Non pensavo nemmeno che esistessero occhi di quel colore. Mi sorride, riconoscente. Solo non capisco perché il battito del cuore mi sia accelerato. Sarà bene distogliere lo sguardo, non posso permettermi debolezze. Al dottore non farebbe piacere sapermi in preda a queste sensazioni adolescenziali.

Mi chiedo se anche Jun si sia accorta di quel sorriso o se magari sia stata solo una mia fantasia. Strano, non ha quasi toccato cibo, chissà che le passa per la testa. A giudicare dall'occhiata di sufficienza che mi ha lanciato, non credo le vada di parlarne, almeno non con me. Meglio così, del resto non posso farle da baby sitter a vita. È forte e addestrata abbastanza per imparare a gestire le sue emozioni.

"Allora propongo un altro Brindisi alla nostra gradita ospite, a cui rinnovo l'invito a fermarsi fin quando lo desidera!" Dottore, attento a quello che desideri. In un momento del genere una persona come Karen potrebbe solo attirare ulteriori attenzioni da parte dei micenei. Di nuovo quel suo sorriso, stavolta non mi sono sbagliato, era rivolto a me. Non ho molta esperienza in fatto di donne, ho avuto ben altro a cui dedicarmi nella vita, ma devo ammettere che anche il solo pensiero che mi rivolga delle attenzioni mi fa sentire pieno di energia, pronto ad affrontare qualsiasi cosa. Resta pure quanto vuoi, Karen, e porta pure a termine il tuo lavoro qui alla fortezza. Proteggere te, il dottore, e tutti coloro che ne hanno bisogno, è compito mio e del grande Mazinga. È la missione che sono nato per compiere.

Edited by .Luce. - 16/8/2022, 14:25
 
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view post Posted on 12/7/2019, 22:12     +3   +1   -1
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Pregiudicato per Girellate

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Secondo round... speriamo di aver capito come si fa! :-)

CAPITOLO 3 - LEI

"Strano..." Il dottor Kabuto interrompe all'improvviso il silenzio della sala comandi, distogliendo me e gli altri impiegati dai nostri pensieri. "Gli attacchi di Micene sembrano essersi bruscamente interrotti da quasi una settimana".

" speriamo sia un buon segno" prorompe il dottor Hito, dal monitor di destra "magari si stanno ancora leccando le ferite dell'ultima battaglia". Vedo il dottore accarezzarsi il mento, con sguardo cupo, prima di rispondere:

"Temo che sia esattamente l'opposto. Sono sicuro che stiano approntando qualche nuova strategia d'attacco". Mi guarda, preoccupato. Annuisco e aggiungo:

"Questa è proprio la quiete prima della tempesta. È proprio in momenti così che la nostra guardia deve restare alta". Un attimo di silenzio, poi vedo un pensiero attraversare improvviso la mente del dottore.

"A proposito, che fine ha fatto Tetsuya? È qualche ora che non lo vedo..." D'istinto lo vedo cercare la risposta in me, come se fossi legata a lui da qualche vincolo di telepatia. Distolgo lo sguardo, laconica, mentre è ancora il dott. Hito a intervenire:

"Ah dottore. Tetsuya ha lasciato detto che si allontanava un paio d'ore in moto..."

Di nuovo quella morsa allo stomaco.

"È uscito con la dottoressa Karen", esclama malizioso shiro, le mani dietro la testa per ostentare indifferenza, "stamattina lei gli ha chiesto di accompagnarla a vedere la via del mare al tramonto". E , come se non bastasse, aggiunge concretizzando i pensieri di tutti i presenti:"qui gatta ci cova, tra quei due".

"Via, Shiro, non essere impertinente!" Lo rimprovero, ma è più che altro uno sfogo alla mia inquietudine. Vedo il dottor Kabuto rivolgermi uno sguardo tra il sorpreso e il perplesso, in effetti in oltre dieci anni di convivenza non ha mai dovuto preoccuparsi della nostra vita sentimentale. Non fosse altro perché non ne abbiamo mai avuta una degna di questo nome.

" ah questa non me l'aspettavo. Beh, Karen è di certo molto affascinante, però non vorrei che Tetsuya perdesse di vista le sue priorità proprio in un momento del genere!" . La prego non me lo chieda. "Tu non ne sai niente, Jun?" Sfuggo il suo sguardo, cercando di articolare una risposta che suoni meno di stizzita di: " non ho idea del perché quell'idiota anaffettivo all'improvviso si sia trasformato in un docile agnellino, pronto a scattare alle moine della prima barbie in visita dagli Stati Uniti... Né tanto meno mi interessa saperlo!", quindi opto per un più diplomatico:

"A me non ha detto nulla". Ma, prima ancora di riuscire a mettere un filtro ai miei pensieri, ecco che le mie labbra si lasciano sfuggire un ulteriore, indesiderato commento: " comunque non dovrebbe sorprendersi, dottore. In fondo Tetsuya non è altro che un ragazzo di ventitre' anni, non sta facendo niente di strano" . Inaspettatamente, Kabuto mi rivolge uno sguardo intenerito. "E poi..." Qualcosa mi dice che ancora non ho finito di scavarmi la fossa " e poi certe cose non si possono impedire, succedono e basta. Anche contro la nostra volontà". Prego che il tremito malinconico della mia voce non sia giunto alle orecchie del dottore, ma nel dubbio accenno un sorriso e mi defilo in fretta fuori dalla stanza, con la scusa di controllare come procedono i preparativi per la festa di saluto a Karen. Le porte automatiche si chiudono alle mie spalle. Mi appoggio al muro e tiro un lungo sospiro di sollievo, che diavolo mi prende? Tutti questi anni passati a reprimere, ad autoconvincermi che quello che provo, no, che credo di provare sia sbagliato, sciocco, infantile, dettato solo dalle circostanze, dal fatto che TU sia sempre stato tutto ciò che vedevo, tutto ciò che conoscevo, tutto ciò che desideravo... Se TU e il dottor Kabuto sapeste, se anche solo sospettaste... Perderei sicuramente la vostra stima, che ho conquistato con tanti sacrifici. Farei la figura della debole, della sentimentale. E nella nostra guerra, in questo nostro mondo, non c'è spazio per le debolezze né tantomeno per i sentimentalismi.

Qualcuno si schiarisce la voce alle mie spalle: " va tutto bene, Jun?" Silenzioso come un ninja, il dottor Kabuto si è materializzato accanto a me. Sfodero il più determinato dei miei sguardi e il più convincente dei miei sorrisi: " certo, perché non dovrebbe?"

"Mi chiedevo..." Continua lui, rivolgendomi uno dei suoi famosi sguardi indagatori "se c'è per caso qualcosa che devi dirmi". Sospiro.

"Dottore, gliel'ho già detto. Non so niente di Tetsuya, lo sa benissimo anche lei che non è tipo da condividere quello che pensa..."

"Lo so, lo so. Non mi preoccupo di lui", si affretta a ribadire, mettendo le mani avanti. " parlavo di te. Poco fa mi sei sembrata..." Questa conversazione promette decisamente male. Devo trovare una via di fuga, adesso. Per fortuna il provvidenziale rombo di una moto mi cava prontamente d'impaccio.

" devono essere tornati. Ne approfitto per andare a parlare con Karen e per definire gli ultimi dettagli della sua festa di saluto". Esclamo, tutto d'un fiato. Kabuto inarca le sopracciglia, credo che la mia manovra di ritirata sia risultata abbastanza goffa, per cui mi affretto ad aggiungere, con un'amichevole pacca sulla spalla al dottore. " cmq non capisco la sua preoccupazione per me, dottore. glielo dico sempre, ha il cuore troppo tenero!" E mi allontano, con un convincente occhiolino. Dio, fa' che l'abbia bevuta.

Compiaciuta per la mia performance e soddisfatta di aver scampato un tale pericolo, non mi accorgo che sto dirigendomi verso l'entrata della fortezza, praticamente verso la tana del leone. La luce del sole appena tramontato si riflette sul candore del ponte levatoio, irradiando di dorata serenità il mare e la scogliera circostanti. Ed è lì che ti vedo, che vi vedo. Hai accostato la moto poco distante dalla porta d'ingresso, probabilmente per far scendere la tua accompagnatrice, prima di andare a parcheggiare nel garage al piano di sotto. E ve ne state così, in piedi accanto alla tua moto, lei ti porge il casco che tiene tra le mani, tu ringrazi con un cenno del capo. I vostri occhi sembrano legati da un filo invisibile, lei non smette di sorridere, tu sembri sempre un po' teso, ma nel tuo sguardo mi pare di scorgere una tenerezza che non credo di aver mai visto prima. Almeno, mai rivolta a me. Davvero non so bene cosa dovrei provare, chissà se questo dolore acuto allo stomaco, come se qualcuno mi stesse prendendo a pugni, sia normale. Forse la risposta più ovvia e' "gelosia": in fondo siamo cresciuti insieme, abbiamo condiviso dolore, paure, sacrifici, a volte anche sogni e qualche vittoria. Ma in tutti questi anni a me non è stato mai concesso chiederti di accompagnarmi a vedere il tramonto sulla via del mare, né di restare semplicemente a guardarti negli occhi, smettendo finalmente di preoccuparmi di ciò che vi avresti letto. Ma la cosa più assurda è che non l'ho nemmeno mai desiderato! No, tutto quello che mi è sempre bastato era la nostra quotidianità: gli allenamenti, le tue sfuriate, i battibecchi, ma anche i giochi, gli scherzi, le nuotate al mare e le occasionali chiacchierate al chiaro di luna. È tutto. Certo, magari, una parte di me ha sempre continuato a sperare che un giorno, alla fine della guerra, finalmente ti saresti reso conto di cosa si nascondeva dietro ai miei dispetti e ai miei sguardi furtivi... A dire la verità però sono contenta per te. Il buonumore che hai ostentato per tutta la settimana è stato a tratti irritante, è vero, ma è stato anche bello vedere quel l'espressione quasi rilassata sul tuo volto, quel tuo sorriso che quando non è volto schernire qualcun'altro, sembra così caldo... Forse in fondo è questo quello che dovrei provare. Da buona amica/compagna/sorellastra dovrei mettere da parte i miei egoismi ed essere partecipe di questa tua nuova felicità, seppur già destinata a concludersi tra 2 giorni su un volo diretto in Texas. Ora è giusto così. Cerco di ripetermelo anche mentre lei ti accarezza dolcemente il viso, mentre si alza in punta dei piedi per sfiorarti le labbra con un bacio. Tu che resti sempre un po' impalato, il casco in mano, ma almeno non ti tiri indietro. Sorrido amaramente, pensando invece alla tua reazione l'ultima volta che ho inventato uno stupido stratagemma per abbracciarti. Le lacrime mi pungono gli occhi, il respiro si è fatto pesante. Va bene, è meglio che vada... Cerco solo un modo per risvegliarmi da questa specie di trance.

Per fortuna ci pensa un allarme, improvviso, acuto, inaspettato. Sono loro, i mostri combattenti sono tornati. "Jun! " la tua voce che mi chiama, mi riporta alla realtà. Sei già di fronte a me, lo sguardo serio, severo, in allerta. "Che accidenti fai qui impalata? Dobbiamo andare, muoviti!" . "Muovermi io? Stavo uscendo a cercarti, dove diavolo ti eri cacciato tu?" Ribatto, per fortuna lo shock non mi ha del tutto inebetita. Mi guardi sorpreso, direi quasi che ti senti in colpa: " d'accordo, torna in sala controllo e resta in stand by. Se siamo fortunati posso cavarmela da solo con il grande mazinga". E, senza darmi il tempo di replicare, ti avvii verso la rampa di lancio del brain condor, pronto come sempre a sorreggere il peso della battaglia con le tue sole spalle.

CAPITOLO 4 - LUI

Il mare al tramonto, le onde che si infrangono ritmiche sul bagnasciuga, gli ultimi raggi del sole che irradiano di luce dorata questi luoghi a me così cari. Chissà se dopo questa guerra saranno ancora gli stessi. Tutto assorto nei miei pensieri, quasi mi dimentico del perché sono lì, di chi mi ha portato lì .

"E così è qui che vieni a rilassarti?" Mi chiede Karen, mentre si scosta con grazia i capelli biondi dal viso. Le rivolgo un sorriso, forse un po' spavaldo, e commento:

"Rilassarmi... Mi sa che nel mio vocabolario non è contemplata questa parola". Per tutta risposta, lei mi appoggia delicatamente una mano sulla spalla:

"Hai ragione, scusami. A volte dimentico quanto tu sia coinvolto in prima persona in questa guerra, di quanto tu stia sacrificando".

La tristezza nella sua voce mi fa sentire un po' in colpa, così le sorrido e rispondo, cercando di ostentare calma e sicurezza: "non preoccuparti. Io e Jun ci siamo addestrati per anni per questa situazione. E i sacrifici sono il nostro contributo alla pace nel mondo, così come tu con le tue ricerche ne dai uno anche più importante". Non so cosa io abbia detto, stavo solo cercando di rassicurarla e forse di apparire meno presuntuoso ai suoi occhi, ma la sua reazione mi coglie non poco di sorpresa:

"Tetsuya..." Sussurra, e prima di fare in tempo a mettere a fuoco la situazione mi trovo le sue braccia intorno al collo, la sua guancia appoggiata alla mia. Non so per quanto tempo resto così, in apnea. Sento le orecchie rombarmi e i pensieri fluire a rallentatore, e mi detesto per questa mia incapacità di reagire, di corrispondere un gesto di questo tipo. Di che tipo, poi? Di stima, di affetto? O magari sta solo cercando di dimostrarmi che prova pena per me? Cerco di riprendere il controllo del mio corpo, per quanto possibile, e timidamente appoggio le mani sui suoi fianchi. La verità è che non so niente di donne, né di come relazionarmi con loro. Non credo di essere nemmeno mai stato abbracciato, in 23 anni di vita. Anche se... una persona che ha sempre cercato di donarmi un po' di calore umano in effetti c'è. Mi viene in mente quella mattina di qualche mese fa... Correvamo in moto sulla spiaggia, io che come al solito cercavo di metterla alla prova, di insegnarle a stare in guardia contro gli attacchi a sorpresa del nemico. E lei, per tutta risposta, scivolò sul bagnasciuga, la moto che le intrappolava le gambe. Mi ha fatto credere di essersi ferita a un piede, il tutto per farsi prendere tra le braccia e aiutare a rialzarsi. Un gesto così infantile, che sul momento mi fece proprio saltare i nervi, ma forse anche la mia reazione fu esagerata. Ricordo che mentre la tenevo bloccata sulla sabbia, Jun mi guardava con un misto di stupore e timore. In realtà non so bene nemmeno io che cosa avessi in mente, che tipo di pensieri quel contatto mi stesse provocando...

"Va tutto bene?" È la voce di Karen a riportarmi alla realtà. Certo che c'è solo una cosa più stupida che reagire come uno stoccafisso al l'abbraccio di una bella donna: mettersi a fare pensieri strani su un'altra, che poi sarebbe pure mia sorella adottiva. Complimenti, Tetsuya.

"Si, scusami... È che pensavo a Jun". È ufficiale, sono un idiota. L'espressione interrogativa di Karen me lo conferma. Credo di essere avvampato, come un ragazzino. " l ho lasciata sola alla fortezza, siamo in attesa di un attacco imminente e non mi sento tranquillo. A te dispiace se rientriamo? " mi è parso che Karen abbia alzato gli occhi al cielo, per una frazione di secondo. Il tutto mi fa sentire ancora più inadeguato.

"Certo, tanto il sole ormai è tramontato". E mi precede verso la moto, tenendomi la mano. Mentre sfreccio con la moto lungo la ben nota strada costiera, per non pensare alle braccia di Karen che mi cingono la vita, al suo corpo sempre più stretto alla mia schiena, mi concentro sull'inquietudine sempre maggiore che mi sale dentro. È tutto troppo tranquillo, e ciò non può che essere un cattivo presagio. Sì, mi dico, l'attacco deve essere vicino , forse questione di qualche ora. Forse, dopotutto, non è stata una grande trovata allontanarmi con Karen, anche se per poche ore. Non credo che il direttore approverebbe, e l'ultima cosa che voglio è tradire la sua fiducia proprio ora. E poi non posso lasciare un'eventuale difesa solo sulle spalle di Jun. Per quanto lei si impegni, per quanto cerchi sempre di dimostrarci quello che vale, Venus e' ancora ben distante dalle potenzialità del grande mazinga. E Jun, per quanto si sforzi, non avrà mai la stessa lucidità che ho io di fronte al nemico.

In preda a queste considerazioni, non mi accorgo che sto già attraversando il ponte levatoio che porta all'ingresso della fortezza. Accosto poco distante dall'entrata, aiutando Karen a scendere.

"Vado a parcheggiare la moto, ti risparmio il giro nel seminterrato" le dico, strizzandole l'occhio, mentre mi porge il casco che le avevo prestato. Vorrei allontanarmi ma mi ritrovo riflesso nel suo sguardo, che ancora una volta mi lascia impreparato sul da farsi. È uno sguardo che emana dolcezza e calore, che brilla di un misto di timore ed eccitazione che non riesco a comprendere, ma che mi sembra di aver già visto. " grazie, Tetsuya, per il romantico tramonto" e mentre penso a quale possa essere il collegamento tra i miei meriti ed un quotidiano fenomeno astronomico, mi rendo conto dove ho visto quello sguardo. È lì ad attendermi tutte le volte che torno vittorioso da una battaglia, o quando mi riprendo da qualche brutta ferita; e' uno sguardo che a volte scorgo solo di sfuggita, nei rari momenti di relax che gli ultimi anni ci hanno concesso, e che troppo spesso viene mascherato da quella finta espressione da dura con cui vuole farci credere di saper tenere sotto controllo le sue emozioni. E, mentre le labbra di Karen mi sfiorano, tutto quello a cui riesco a pensare è che voglio ancora rivedere quello sguardo negli occhi di Jun.



Ed eccolo, acuto, improvviso, il tanto atteso allarme. L'adrenalina mi sale immediatamente al cervello, ricordandomi perché sono lì, quali sono le mie responsabilità. "Oddio che succede?" Esclama Karen, guardandosi intorno. Le cingo le spalle con le mani: "ascoltami bene, entra immediatamente dentro la base e vai al centro di controllo. Il personale ti indirizzerà al rifugio" le indico l'ingresso con un cenno del capo, "non hai motivo di preoccuparti, è normale amministrazione per noi", cerco di rassicurala con il mio miglior sorriso spaccone. Mentre corriamo verso l'ingresso, mi accorgo di una figura impalata sulla porta, gli abiti civili, l'espressione di chi è lontano anni luce. Perché è lì... Da quanto tempo è lì. Jun mi guarda ma non mi vede. Il suo sguardo assente mi fa provare una strana inquietudine, ma non posso preoccuparmene in questo momento. Non con un attacco imminente. La scrollo per le spalle e chiamo il suo nome. Jun torna in se' immediatamente, quasi scattando sull' attenti. Non mi viene altro da urlarle che un rimprovero:

"Che accidenti fai qui impalata? Dobbiamo andare, muoviti!"

"Muovermi io? Stavo uscendo a cercarti, dove diavolo ti eri cacciato tu?" E' evidente che ce l'ha con me, ma mi fa piacere constatare che non c'è più traccia del l'espressione dimessa di poco fa. Le dico di tornare in sala controllo e di restare in stand by. È inutile coinvolgerla in questa battaglia, se non c'è motivo. Sicuramente penserà che lo faccio perché non la reputo all'altezza, ma per ora va bene così. È questa la parte che devo recitare, per il bene di tutti.

***

Per assicurarmi che non vi ricorda troppo Piccoli problemi di cuore ;-): https://gonagai.forumfree.it/?act=Post&CODE=00&f=6883196
 
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view post Posted on 14/7/2019, 19:24     +1   +1   -1
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CAPITOLO 5 - LEI

Se c'è una cosa che il tempo di guerra ci ha insegnato, è proprio il saper approfittare al meglio di ogni momento di pace. Dell'attacco portato a compimento ieri dall'esercito di Micene non c'è quasi più traccia oggi, se non nel via vai di operai e tecnici che viene dalla sala riparazioni del Grande Mazinga, e in un paio di nuove ferite sul corpo del suo pilota. Oggi però è giorno di festa, mi ha ripetuto stamattina il dott. Kabuto, Karen ripartirà domani per gli Stati Uniti, ed il nostro compito, prima del ricevimento di stasera, sarà fare del nostro meglio per rendere questa sua ultima giornata in Giappone il più piacevole possibile.

"Compito di Tetsuya, non mio" ho replicato, con una punta di acidità al dottore, avviandomi fuori dalla sala controllo. Mi accorgo che Kabuto sta soffocando a stento un sorrisetto, e non faccio in tempo a sgusciare via dall'impaccio che lui rimbecca:

"Certo, ma non ce lo vedo Tetsuya che l'accompagna a fare shopping..." Mi volto di scatto, una parola ha catturato il mio interesse:

"Shopping??" Gli faccio eco, scandendo il più possibile il termine, che spero di non aver frainteso. Il dottore si schiarisce la voce, credo per soffocare una risata:

"Pensavo... Che tu e Karen potreste andare insieme in città e comprarvi qualcosa per il ricevimento di stasera. Ovviamente a spese mie." Sbatto gli occhi, incredula. Un po' offeso per la mia reazione, il dottore si sbriga ad aggiungere, come per giustificarsi: "Consideratelo un regalo per la sua partenza... E per il tuo impegno nell'organizzazione della sua festa d'addio" . E mi strizza l'occhio. Devo dire che non sono abituata a queste manifestazioni di generosità da parte sua, e il tutto mi provoca una reazione incontrollata:

"Grazie mille dottore!! Mi ha risollevato la giornata! " esclamo, gettandogli le braccia al collo. "Vado subito a cercare Karen!" Concludo, con un occhiolino. Poi ci ripenso, sono sicura che sarà ancora in camera di Tetsuya a tenergli compagnia... In effetti l'ultima cosa che voglio in questo momento è trovarmi davanti a un altro romantico quadretto, che rovinerebbe il mio già precario buonumore. "Ripensandoci... Penso che la farò chiamare! " la butto lì, con nonchalance. Il dottor Kabuto scuote la testa, lanciandomi uno sguardo che sembra quasi malizioso:

"Jun... Non è che puoi evitarlo per sempre." Le mie sopracciglia si inarcano prima che me ne possa rendere conto. Incasso il colpo, ma sono pronta a controbattere:

" Non si tratta di questo. Sto solo cercando di dare un po' di spazio ai due piccioncini". Ok, forse ho pronunciato la parola "piccioncini" con appena una punta d'astio, l'occhiata che mi lancia il dottore la dice lunga. Comunque non gli do tempo per rispondere, mi precipito alla postazione delle comunicazioni interne e agguanto il microfono: "la dottoressa Jones è desiderata in sala controllo", comunico, meravigliandomi di quanto calmo e amichevole risulti ora il suono della mia voce.

***

Qualche ora dopo, eccoci sfrecciare lungo il ponte levatoio, di ritorno da un bel pomeriggio di shopping. Non è stato difficile, per fortuna, andare d'accordo con Karen: è bastato tenere la conversazione focalizzata sulle nostre rispettive situazioni professionali o sui nostri gusti in fatto di abbigliamento. Ho fatto del mio meglio per consigliarla in modo disinteressato e le ho sciorinato complimenti e apprezzamenti quando la sua scelta è caduta su un elegante tubino blu, semplice, ma dal taglio perfetto, che mette in risalto il suo fisico da modella e si sposa perfettamente col colore dei suoi occhi. Non nascondo di aver anche pensato, con un sorriso amaro, alla faccia che avrebbe fatto Tetsuya nel vederla così agghindata, ma non sono riuscita a formulare nessuna frase che non tradisse una punta di gelosia. Dal canto suo, Karen ha supportato la mia scelta di un bellissimo abito nero con gonna tagliata trasversalmente ed una morbida scollatura. Mi è sembrata genuinamente sincera quando mi ha sorriso, all'uscita dal camerino, dicendomi, mentre esaminavo allo specchio pregi e difetti di quell'abito:

"Sei davvero perfetta, Jun. Il taglio di questa gonna fa sembrare le tue gambe ancora più slanciate"

"Ma... Non trovi sia troppo corto? " non voglio fare la falsa pudica, è solo che non voglio apparire fuori luogo. Karen mi ha aiutato a sistemare la scollatura:

"Ma di che ti preoccupi? " ha detto, abbassando lo sguardo "Sono sicura che lascerai Tetsuya senza parole". Beh di certo sul momento ad esser rimasta senza parole sono stata io. Una frase del genere, detta da lei non aveva senso. Onestamente non sono riuscita a trovare un modo indiretto per chiederle spiegazioni, quindi mi sono limitata a scuotere la testa e a rispondere, fingendo noncuranza: "ah ah questo è impossibile. Credo non si sia nemmeno ancora reso conto che sono una donna. E poi...sono sicura che tutte le sue attenzioni saranno giustamente rivolte a te", ho aggiunto, abbassando a mia volta gli occhi. Mi sono accorta che Karen avrebbe voluto ribattere, ma sembrava trattenersi. Dal canto mio volevo solo evitare di approfondire una questione che sembrava metterci a nostro agio quanto camminare in un campo minato, quindi mi sono limitata a sorridere e a ricacciarmi velocemente nel camerino, condividendo ad alta voce con Karen la soddisfazione per il futuro acquisto.

***

Al nostro ritorno, la fortezza ci appare animata da un gran trambusto: la ditta di catering sta allestendo la sala principale sotto la supervisione dello stesso Kabuto.

Mi affaccio per chiedergli se ha bisogno di una mano, ma mi intima di farmi trovare pronta in mezz'ora.
"Ah Jun, già che ci sei passa a vedere che a che punto è Tetsuya." E figuriamoci. "Gli ho chiesto di indossare qualcosa di elegante, ma ho paura che si stia strangolando con la cravatta." Il solo pensiero mi fa scoppiare a ridere, sciogliendo un po' di tensione.
"D'accordo dottore, mi vesto e vado a vedere come procede la sua trasformazione in damerino". E così, circa trenta minuti dopo, mi precipito fuori dalla stanza, dopo aver rinunciato ad acconciarmi i capelli. Ferma di fronte alla tua porta ho un attimo di esitazione prima di bussare, una sensazione nuova, vista la nostra normale condizione di intimità quasi fraterna. "Posso? Sei presentabile?" chiedo in tono scherzoso, per mascherare il mio imbarazzo.

"Si entra pure" rispondi, in tono serio.

"Mamma mia che voce da funerale" ti canzono aprendo la porta e cercandoti rapidamente all'interno della stanza "non si direbbe che stai per partecipare ad una... Festa..." Ed eccoti lì. Devo dire che lo scenario paventato dal dott. Kabuto non si discosta molto dalla realtà dei fatti, visto che ti trovo impacchettato in un completo all'occidentale, fisso davanti allo specchio mentre armeggi con il nodo della cravatta con aria di chi sta cercando un modo veloce per farla finita. Soffoco una risata.

"Che c'è, mi trovi ridicolo? Guarda che se è così siamo in due!" In realtà ti trovo incredibilmente attraente, ma questo ovviamente non posso dirtelo.

"Ma no, figurati, è solo che non ho mai visto nessuno farsi il nodo alla cravatta come si fa con i lacci delle scarpe!" Ti volti di scatto, pronto a ribattere, ma per qualche strano motivo stavolta abbandoni l'idea. Mi accorgo che il tuo consueto sguardo indagatore mi sta scrutando da cima a fondo, ma ovviamente non mi dai né tempo né modo di interpretarlo.

"Non è colpa mia se il direttore mi ha obbligato a mettere la cravatta. L'ho fatto solo per farlo contento... Ma tu piuttosto, come ti sei conciata? Quasi quasi non ti riconoscevo!"

"Beh se è un modo per azzardare un complimento hai ancora molto da lavorare caro mio... Spero che per la tua bella dottoressa saprai fare di meglio!" Ribatto prontamente, molto piccata. Intanto devo constatare amaramente che la profezia di Karen, sul lasciarti senza parole, non si è neanche lontanamente avverata. Però nominare "la bella dottoressa" ti ha provocato una reazione, perché sei visibilmente arrossito... Un evento raro quasi quanto un'eclissi solare. Il mio istinto di sopravvivenza mi dice che è meglio chiudere questa conversazione e cercare una via di fuga. Il ricevimento mi aspetta, con ospiti, musica e per la prima volta in vita mia, spero con litri di alcol. " Comunque il direttore ci aspetta. Io intanto salgo, se vuoi gli dico che ti stai incipriando il naso..." e mi avvio alla porta.

" Dai Jun aspetta un attimo..." Conosco quel tono, è in genere preludio a una richiesta. Mi volto, ostentando la massima tranquillità. "Non è che hai idea di come si allacci questa specie di corda infernale?"

"Se vuoi provo con un nodo scorsoio..." ribatto, lanciandoti un'occhiata di sufficienza. In effetti non ci vuole una scienza, l'ho visto fare qualche volta al dottore quando ero più piccola, e sono una buona osservatrice. Tu accenni a una risata:
"Quasi quasi sarei tentato di lasciarti fare..." dici avvicinandoti e porgendomi le due estremità della cravatta " almeno metteresti fine alle mie sofferenze di stasera" commenti, strizzandomi l'occhio. E saresti tu quello a soffrire.
"Quante storie, per un semplice smoking!" sbuffo, e d'istinto tirò le due estremità della cravatta verso di me. Pessima idea. In realtà mi aspettavo un "Ahia, fai piano!" da parte tua, ma stranamente hai sopportato la strattonata in silenzio. Ho quasi timore ad alzare gli occhi, e in effetti quando lo faccio mi accorgo di essere a un paio di centimetri da te, dalle tue labbra... a un paio di maledetti centimetri dal bacio che sogno di darti da chissà quanti anni. guardarti negli occhi mi sembra una pessima idea, così cerco di concentrarmi sulla mia missione: il nodo alla cravatta, ma per quanto mi sforzi non riesco a ricordare nemmeno da che parte si cominci. Per quanto mi sforzi, non riesco a controllare minimamente il tremito delle mie mani. E il tuo silenzio non fa che mettermi ancora più a disagio. Sento i tuoi occhi su di me, non so se tu sia in grado di elaborare un pensiero complesso che riguardi i sentimenti di una donna, specialmente i miei nei tuoi confronti, eppure percepisco che questa tensione stavolta la senti anche tu. Fortunatamente, nonostante le mille avversità, il nodo ha miracolosamente preso forma tra le mie dita tremanti. Ora devo solo fare un ultimo sforzo e allontanarmi da te, cosa che sembra la parte più difficile. "Ecco fatto, vai e fatti onore" balbetto con un mezzo sorriso, la prima frase fatta che mi viene in mente. Accenni a un sorriso anche tu, è la prima volta che mi pare di vederti imbarazzato:
"Per un attimo ho pensato che volessi davvero strozzarmi!" la butti li, forse per sdrammatizzare. La tensione non accenna a lasciare il mio corpo, unita alla frustrazione per la mia mancanza di autocontrollo. Devo uscire subito da questa stanza e faccio per avviarmi di nuovo alla porta, quando sento la tua voce pronunciare una parola che non fa proprio parte del tuo vocabolario:
"Grazie Jun. Mi hai salvato."
"Beh ogni tanto succede" rispondo in tono scherzoso, facendo per chiudermi la porta alle spalle.
"Comunque..." Continui, quasi esitando. "Quel vestito... Ti sta bene. Stai bene con quel vestito." Ti ringrazio con un piccolo cenno del capo, e chiudo la porta. Forse è la cravatta che ti blocca la circolazione dell'ossigeno al cervello, penso trattenendo una risatina, perché quello sembrava quasi un complimento.
 
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view post Posted on 14/7/2019, 20:05     +1   +1   -1
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Terzultimo capitolo, l'ultimo in stile "flusso di coscienza", prima di passare la parola al narratore onnisciente... cosa passerà nella testa di Tetsuya dopo il movimentato pomeriggio del giorno prima?

CAPITOLO 6 - LUI

Quando un vociare confuso e il trambusto dei veicoli in transito sul ponte mi svegliano da un lungo sonno senza sogni il sole è già alto nel cielo. Lo scontro di ieri sera si è rivelato più lungo del previsto, ma per fortuna né la Fortezza né il Grande Mazinga hanno riportato particolari danni. Quanto a me... Niente che una lunga dormita non possa risolvere. Non appena riesco a mettere a fuoco la stanza, mi accorgo di una presenza seduta accanto al letto. In questi casi capita spesso che sia il viso di Jun la prima immagine che mi accoglie al risveglio, di solito insieme a Shiro. A quanto pare oggi c'è qualcosa di diverso nell'aria.

"Buongiorno, fratellone!" Mi saluta il ragazzino con entusiasmo. Cerco di mettermi a sedere, in effetti qualche dolore intercostale lo avverto. Niente di mortale comunque.

"Ah Shiro sei tu... Ma quanto ho dormito?" Biascico, muovendomi lentamente per valutare i danni riportati.

"Perché aspettavi qualcun'altra?" È la strana risposta che mi sento arrivare. Gli rivolgo un'occhiata interrogativa, cosa che lo invoglia prontamente a proseguire. "Stai tranquillo, Karen è passata prima a vedere come stavi, ma ti ha trovato che dormivi e così..." Fortunatamente riesco ad interrompere quel flusso di parole senza senso lanciandogli la maglietta del pigiama in faccia, gesto che Shiro accoglie con un "ehi!" di protesta.

"Dacci un taglio, ragazzino!" Esclamo, il più bruscamente possibile. Raggiungo la sedia dove ricordo di aver buttato in fretta e furia i miei vestiti ieri sera "piuttosto, non dovresti essere a scuola tu?"

"Guarda che sono le 14 di sabato pomeriggio..." Borbotta lui un po' offeso. "E Jun dove si è cacciata?" Incalzo io, in effetti mi pare davvero strano che non sia ancora venuta a buttarmi giù dal letto.

"Pare che abbia accompagnato Karen a fare shopping..." Lo guardo sorpreso. Ho come il sospetto che qualcosa mi sfugga. "Sai, per il ricevimento di stasera..."

Giusto. Il ricevimento. Karen è in partenza. Karen, che ieri mi ha baciato. In un lampo rivedo chiaramente tutti gli avvenimenti dell'ultima settimana. Per qualche strano motivo, una bellissima donna straniera mi ha reso oggetto delle sue attenzioni, avvicinandosi sempre di più senza che io sia ancora riuscito a capire come mi faccia sentire la cosa. Non che lei non mi piaccia, anzi. Non che il suo gesto di ieri non mi abbia lusingato, anche se nel trambusto della situazione credo di non aver nemmeno avuto il tempo di processarlo. Congedo Shiro accompagnandolo fuori dalla stanza e mi infilo sotto la doccia, sperando che l'acqua fredda mi schiarisca un po' le idee. In questo momento il dubbio che mi assale è che non ho la minima idea di cosa lei si aspetti da me, né di come dovrei comportarmi. Certo potessi parlarne a qualcuno...ma a chi? Il direttore? Per carità, non saprei da dove cominciare, e poi il nostro rapporto non ha mai previsto scambi di consigli in materia di donne. Magari finirebbe pure per pensare che sto perdendo di vista la mia missione. No, meglio evitare. Forse Jun potrebbe darmi qualche consiglio, in fondo è una donna, ma certo se dovessi basarmi su di lei per capire come funziona il genere femminile, tanto varrebbe alzare subito bandiera bianca. E poi in questi giorni e' stata parecchio sfuggente. Se non la conoscessi bene direi che sta quasi sforzandosi di evitarmi, specialmente quando mi sorprende in compagnia di Karen. Scoppio in una mezza risata tra me e me, mentre agguanto un asciugamano. "Sembra quasi che il candidato ideale a questo tipo di confidenze sia proprio Shiro!" Sempre assorto nei miei pensieri, quasi non mi accorgo che qualcuno sta bussando alla porta. Infilo i pantaloni e la prima t-shirt che trovo e mi precipito ad aprire.

"Ah direttore... scusami credo di aver dormito più del previsto!" Esordisco con fare apologetico, grattandomi imbarazzato la nuca.

"Stai tranquillo, l'importante è che ti sia completamente ripreso. E poi qui è tutto quasi pronto per il ricevimento, si inizia tra tre ore." Lancia un'occhiata frettolosa all'orologio, e una indagatrice a me. La cosa mi preoccupa non poco. "Dimenticavo..." La butta là, in modo puramente voluto "stasera avremo ospiti di gran riguardo dai migliori centri di ricerca del Giappone. Mi raccomando, voglio vederti in giacca e cravatta." Questo è un colpo basso, e lui lo sa bene. Accenno a una lieve protesta.

"Ma dottore! Non credo di aver mai nemmeno posseduto un completo elegante in vita mia! Se vuoi posso mettermi la divisa da pilota!" Provo a sdrammatizzare, ma lui continua, con tono stranamente affettuoso:

"Stai tranquillo, ho io qualcosa per te, che serbavo per un'occasione speciale." Le sue parole mi colgono non poco di sorpresa, e abbasso gli occhi un po' emozionato. Il dottore mi assesta una pacca sulla spalla, e, prima di avviarsi, conclude con tono malizioso: "e poi non vorrai mica far sfigurare la tua bellissima dama!"

Anche lui? No questo è troppo, non mi va di diventare lo zimbello della Fortezza.

"Non è come credi! io e Karen non..." Cerco di protestare, il dottore si ferma, mi lancia uno sguardo divertito con la coda dell'occhio e commenta: "Oh ma io non mi stavo affatto riferendo a Karen!" E, dopo essersi schiarito la voce, quasi a voler soffocare una risata, sparisce nel buio del corridoio.

Il senso di quelle parole non mi suona molto chiaro nemmeno dopo un paio d'ore. Ho provato a cercare il direttore subito dopo aver saziato il mio bisogno più impellente (il cibo), ma era inavvicinabile, circondato da squadre di camerieri in divisa e operai che allestivano la sala ricevimenti. Non mi ha nemmeno consegnato personalmente il famoso completo all'occidentale che mi ha fatto fare su misura da un sarto, uno che dicono sia molto famoso in città. Non che ne abbia mai capito niente di abbigliamento, io. Essere alla moda non è mai stata una priorità, durante la mia adolescenza. Comunque, mentre mi metto addosso questi preziosissimi capi, poco prima dell'inizio della festa, tutto quello che mi viene in mente è che mi danno l'aria di uno che sta per partecipare a un matrimonio all'occidentale. O a un funerale. Questa maledetta cravatta poi... Ma non esistono delle istruzioni per capire come diavolo va annodata?

***

Toc, toc. "Posso, sei presentabile?" È la voce di Jun che interrompe la mia lotta impari con quel pezzo di stoffa infernale. Senza distogliere gli occhi dallo specchio la invito ad entrare. La sento proferire qualche commento sarcastico sul mio tono di voce, o magari sul mio aspetto, ma non le presto troppa attenzione. Non ho certo voglia di cadere in qualche provocazione proprio adesso... sono già abbastanza irritato di mio.

"Che c'è, mi trovi ridicolo? Guarda che se è così siamo in due!" Sbotto poco garbatamente, sto davvero per abbandonare la lotta con la cravatta.

"Ma no, figurati, è solo che non ho mai visto nessuno farsi il nodo alla cravatta come si fa con i lacci delle scarpe!" ridacchia lei. Mollo il maledetto pezzo di stoffa e mi volto di scatto verso Jun, pronto a controbattere che potrebbe rendersi utile invece di stare lì a sfottere. Ma qualcosa mi fa desistere dal mio proposito. C'è qualcosa di familiare, eppure di incredibilmente diverso, nella figura che è in piedi accanto a me, e che mi fissa con le braccia conserte e un sorriso sarcastico. Le fattezze sono quelle della ragazza che conosco bene, che è cresciuta insieme a me, ma c'è qualcosa nel suo viso, nell'abito elegante, lungo, che le fascia dolcemente il corpo lasciandole scoperte maliziosamente le gambe, che mi mette un po'a disagio. Mi accorgo dello sguardo un po' troppo invadente che le sto rivolgendo e cerco immediatamente di rompere quell'imbarazzante silenzio. E lo rompo nell'unico modo che conosco, attaccando.

"Non è colpa mia se il direttore mi ha obbligato a mettere la cravatta. L'ho fatto solo per farlo contento... Ma tu piuttosto, come ti sei conciata? Quasi quasi non ti riconoscevo!" In realtà quello che vorrei dirle è che non ho mai visto niente di più bello, e che improvvisamente mi sono reso conto di una cosa importante: che Jun è davvero tutto quello che un uomo possa desiderare. Distolgo lo sguardo, cercando di accantonare questi pensieri senza senso, e mi preparo ad incassare la sua risposta, anche più piccata del solito.

"Beh se è un modo per azzardare un complimento hai ancora molto da lavorare caro mio... Spero che per la tua bella dottoressa saprai fare di meglio!"

La mia bella dottoressa? Ci risiamo, a quanto pare la mia gentilezza nei confronti di Karen è stata fraintesa anche dalla persona che mi conosce meglio al mondo. Del resto, come darle torto? Mi sono lasciato completamente trasportare da una situazione per me nuova e tutto sommato intrigante, ho cercato la compagnia di Karen per tutta la settimana, e non mi sono mai tirato indietro di fronte alle sue richieste, né ai suoi approcci. Mi pare evidente che a Jun tutto ciò non sia sfuggito, compreso il bacio di ieri, ma quello che vorrei capire ora è se i suoi silenzi, il suo evitarmi e le sue risposte ancora più pungenti del solito, che sono andate avanti tutta la settimana, siano stati un modo per inviarmi un messaggio preciso. Un messaggio che mi getta nel panico e mi esalta allo stesso tempo. Mi risveglio dai miei pensieri appena mi accorgo che Jun si sta congedando in tutta fretta, e non mi viene modo migliore per trattenerla che tornare al mio proposito iniziale: avere un supporto nella mia infinita battaglia con il nodo della cravatta.

"Se vuoi provo con un nodo scorsoio", commenta sarcastica, ma nonostante le sommesse proteste alla fine accetta la sfida e prende tra le dita le estremità del maledetto pezzo di stoffa. "Quante storie per un semplice smoking!" Sbuffa, inchiodando lo sguardo all'altezza del collo della camicia, e, per sottolineare la rassegnazione con cui si accinge a svolgere questo spiacevole compito, strattona le due estremità della cravatta, attirandomi ulteriormente verso di lei. Compio uno sforzo sovrumano per non perdere l'equilibrio e non caderle addosso, anche se d'istinto sto per appoggiarle le mani sui fianchi. Vedo le spalle di Jun irrigidirsi, mi sembra quasi che trattenga il fiato per un paio di secondi. Uno strano silenzio piomba tra di noi, interrotto solo dal nostro respiro. Cerco i suoi occhi, ma sono coperti dalla frangia, allora concentro la mia attenzione sulle sue labbra: non mi sbaglio, c'è una tensione che avverte anche lei, altrimenti non si spiega perché continui a mordersi il labbro inferiore. Mi sento come trascinato da una forza magnetica, alimentata dalla sua vicinanza, dal suo profumo, e avrei quasi voglia di abbattere anche quel l'ultima distanza tra di noi. Mi chiedo se Jun me lo lascerebbe fare... Ma da dove vengono questi pensieri? Come è possibile che questa forza, questa attrazione, sia venuta fuori dal nulla? Possibile che nel tentare di aprirmi a Karen, abbia in realtà fatto entrare un altro sentimento che era lì in agguato da chissà quanto tempo?

"Ecco fatto, vai e fatti onore" improvvisa, la sua voce mi riporta alla realtà. Faccio appello a tutta la mia razionalità per riprendere il controllo di quella situazione surreale.

"Per un attimo ho pensato che volessi davvero strozzarmi", balbetto, a voce bassa. Non so se il mio tentativo di sdrammatizzare sia andato a buon fine. Vedo Jun cercare nuovamente l'uscita. "Grazie, Jun. Mi hai salvato." Riesco a dirle, mentre lei di spalle apre la porta. Mi lancia un'occhiata sfuggente, per quanto mi sforzi non riesco a trattenerla un secondo di più in quella stanza. "Beh ogni tanto succede" conclude con un sorriso triste, facendo per chiudersi la porta alle spalle. D'improvviso mi rendo conto che vorrei che non andasse. Non so se sia più per necessità di capire cosa sta succedendo, o solo per prolungare quella sensazione di calore misto a timore che mi ha avvolto per qualche minuto... Vorrei solo tenerla di nuovo accanto a me e provarla ancora... Anche solo per qualche minuto. Sono il primo a sorprendersi quando mi sento biascicare con tono impacciato questo commento: "Comunque...Quel vestito... Ti sta bene. Stai bene con quel vestito."

Mi sento un idiota. E la sua non reazione a questo tentato complimento me lo conferma. Qualcosa mi dice che sarebbe stato meglio non aprirle certe porte.

***

Per far sapere a Tetsuya che invece era ora di aprirle certe porte: https://gonagai.forumfree.it/?t=76810056#lastpost
 
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view post Posted on 18/7/2019, 19:39     +1   +1   -1
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Penultimo capitolo!

CAPITOLO 7 - LORO

Senza accorgersene, Jun trascorse buona parte del ricevimento a fare avanti e indietro dalla cucina, controllando e dando direttive ai camerieri. Abituata com'era al suo ruolo di supporto, le veniva del tutto spontaneo lavorare dietro le quinte, lasciando la scena ai suoi uomini - il direttore e Tetsuya.
Sorrise compiaciuta quando si accorse che il suo partner, arrivato in ritardo e con l'aria più torva del solito, era stato reso subito oggetto delle attenzioni di alcuni colleghi e vecchi amici del dottor Kabuto, ai quali si era unita immediatamente anche Karen. Le lodi del dottore, che lo esibiva con orgoglio quasi paterno, mescolate ai commenti e alle domande interessate che gli scienziati gli rivolgevano, avevano contribuito a rilassare un po' l'espressione di Tetsuya, che sembrava quasi stesse godendosi la serata. Mentre lo osservava, intento a sorridere e azzardare qualche battuta in mezzo a quel gruppo di sconosciuti, accanto ad una bellissima donna che lo guardava con ammirazione, Jun si sentì quasi una sciocca per il siparietto di un paio d'ore prima, per aver continuato ad indugiare in certi pensieri, ed aver contribuito a creare, ne era sicura, una situazione di estremo imbarazzo tra loro due. Doveva essere felice per lui, invece: Tetsuya si meritava un piccolo momento di gloria, si meritava la stima del direttore per cui si dava anima e corpo in tutto quello che faceva, e in fondo si meritava anche di godersi una serata romantica in compagnia di quella bellissima straniera. Certo, Jun non avrebbe voluto sapere assolutamente niente a riguardo, ma si sarebbe imposta di essere contenta per lui.

"Allora propongo un Brindisi al nostro coraggioso pilota" esclamò d'un tratto il prof. Shirada, che seguiva da molti anni le ricerche del dottor Kabuto e ne aveva sempre ammirato il carattere innovativo "è merito del suo coraggio e del suo spirito di sacrificio se possiamo tutti portare avanti il nostro lavoro e le nostre ricerche."
"E continuare a sperare in un futuro migliore!" Aggiunse Karen, rivolgendo a Tetsuya un languido sguardo.
Il giovane ricambiò gli attestati di stima con un sorriso un po' imbarazzato: per quanto il suo ego si sentisse gratificato, non riusciva ad essere totalmente a suo agio in certi contesti mondani. Il dottor Kabuto, accortosene, gli mollò una pacca sulla schiena e cercò di deviare le attenzioni dal suo tesissimo pupillo. " beh a onor del vero dovremmo anche ricordare il contributo della nostra Jun Hono..." Esclamò ai colleghi, cercandola con gli occhi, poi si rivolse a Tetsuya: "ma dov'è, come mai non è qui?"
Fu Karen a localizzarla per prima, sempre accanto alla postazione del catering, ma intrattenuta da tre giovani ben vestiti, e dal solito Boss che teneva la situazione sotto controllo a distanza ravvicinata.

" È lì, dottore. Qualcosa mi dice che è alquanto impossibilitata a muoversi in questo momento." Commentò, strizzando l'occhio a Kabuto.

"Ah ah beh, vedo che i nuovi ricercatori dell'istituto di ingegneria robotica dell'Università Waseda non hanno perso tempo!" Ironizzò il dottore, lanciando un'occhiata complice a Tetsuya, il quale però, a sua volta, aveva recuperato l'espressione accigliata di qualche ora prima e stava letteralmente fulminando con gli occhi il povero Boss.

"Che idiota! Sono mesi che le sbava dietro e poi non sa nemmeno intervenire quando c'è bisogno" pensò seccato, mentre intorno a lui piovevano commenti sulla bellezza della sua partner, cosa che contribuì ancora di più ad irritarlo.
"Beh lo dico sempre. Prima o poi io e Tetsuya ci troveremo con file di pretendenti qui fuori per quella ragazza... Ci toccherà assumere delle guardie del corpo!" Esclamò Kabuto, sventolando pericolosamente il bicchiere ed assestando un'altra vigorosa pacca dietro la schiena del giovane, gesto che gli fece comprendere con un certo disagio che quello strano e puzzolente liquore occidentale stava decisamente facendo effetto anche su una delle menti più brillanti del Giappone.

La piega che la conversazione stava prendendo, le risate sempre meno contenute dei presenti unite all'espressione sempre più omicida di Tetsuya, fecero comprendere a Karen che era giunto il momento di defilarsi, possibilmente in compagnia dell' accigliatissimo pilota, che sguardo assassino a parte, in effetti in giacca e cravatta faceva davvero la sua figura.

"Via, dott. Kabuto, in fondo che c'è di male? È giovane e bellissima, ha tutto il diritto di divertirsi un po'..." commentò Karen con fare un po' civettuolo, anche se, a giudicare dall'occhiata che Tetsuya le rivolse, si disse che forse la povera Jun tutto quel diritto poi non ce lo aveva. Almeno non per il suo partner. Fortunatamente, le note di una romantica canzone si diffusero improvvisamente nella sala, pretesto che fu immediatamente colto dalla giovane scienziata:

" Adoro questa canzone!" Esclamò enfaticamente. Quindi si appoggiò dolcemente al braccio del pilota: " Tetsuya, che ne dici? Ti va di ballare?"

Gli sguardi maliziosi di Kabuto e gli altri gli luminari che seguirono l'invito di Karen, misero il giovane nell'impossibilità più completa di rifiutare, per quanto non sapesse nemmeno da dove iniziare, né tantomeno si sentisse particolarmente esaltato da quella nenia insopportabile.

"V...volentieri, Karen. Anche se ti confesso che non sono un esperto ballerino". Balbettò Tetsuya, al limite dell'imbarazzo. Ovviamente anche il suo acconsentire fu seguito da qualche risatina maliziosa e da commenti tipo: " Con una dama così imparerai subito!" oppure " Il segreto è lasciarsi andare..." e altri incoraggiamenti più da caserma, che da istituto di ricerca. Era davvero evidente che il tasso alcolico nel sangue di quel gruppo di scienziati fosse ormai ingestibile, così come la loro molesta allegria.

"Ti prego andiamocene di qui!" ringhio' Tetsuya a bassa voce, afferrando Karen e trascinandola in mezzo alla pista. Seguì qualche tentato applauso, mentre i due giovani, stretti in un timido abbraccio, cercavano un angolo al riparo da occhi e commenti indiscreti.
"Rilassati e segui la musica..." sussurrò Karen, avvolgendo il collo e le spalle del giovane con le sue braccia. A quel contatto, a Tetsuya sembro' quasi mancare il fiato, e constatò che rilassarsi e addirittura sentire la musica sarebbero state due eventualità decisamente irrealizzabili.

"Ma...ma è normale dover stare così stretti?" Tentò di protestare, più che altro per preservare un minimo di dignità. Soprattutto nel caso in cui Jun si fosse accorta... Ma Jun era lì, penso' con inquietudine. E doveva essersi accorta. Questa considerazione lo mise ancora più a disagio, e, incurante dell'occhiataccia con cui la bella Karen aveva risposto alla sua domanda, Tetsuya iniziò a perlustrare tutta la sala, cercando con gli occhi la sua partner. Karen avvertì il suo corpo irrigidirsi, quasi fosse stato colpito da qualcosa. Alzò la testa, che giaceva sulla spalla di lui, e cercò di seguire il suo sguardo con discrezione. La scena che sembrava aver scosso il giovane era in realtà abbastanza normale, soprattutto in una serata come quella: Jun che ballava sorridente con un bel ragazzo dall'aria un po' intellettuale, il quale aveva appoggiato comprensibilmente una mano dietro la schiena scoperta di lei e teneva l'altra nella sua, mantenendo una cortese distanza di sicurezza. Seccata, Karen si staccò dal suo cavaliere.

"Finalmente respiro..." Ironizzò Tetsuya, cercando di distogliere l'attenzione dalla morsa che gli attanagliava lo stomaco. Karen sospirò e scosse la testa.

"Guarda che incenerire con lo sguardo tutti quelli che le si avvicinano non li farà volatilizzare..." sentenziò, con aria sconfitta. Poi aggiunse, evitando lo sguardo interrogativo di lui: "Forse invitarla a ballare potrebbe essere una buona alternativa."

Punto sul vivo, Tetsuya sobbalzò e rivolse immediatamente uno sguardo imbarazzato e apologetico alla sua dama. "Non volevo apparire distratto... È solo che Jun è un po' ingenua e voglio controllare che non si cacci nei guai." Karen inarcò brevemente le sopracciglia: questo ostinarsi a negare l'evidenza era forse un modo giapponese di preservare la propria intimità, si disse, ma iniziava anche un po' ad irritarla.

"Ascolta Tetsuya..." Iniziò con voce dolce che non mascherava però una nota di incertezza, "tu mi piaci." Per tutta risposta, il fiero pilota trasalì e la guardò ad occhi sgranati. Karen emise un ulteriore sospiro di sconforto "Pensavo di piacerti anche io ma..."

"È così." Replicò timidamente Tetsuya, non riuscendo a nascondere il suo disagio. "È solo che non sono abituato... io non..." Alzando gli occhi, in cerca di una qualsiasi indicazione che potesse suggerirgli cosa fare, la sua attenzione fu improvvisamente catturata da un particolare: Jun era sparita. Perlustrò rapidamente la sala, e quando capì cosa stava succedendo, sentì un pugno allo stomaco: anche il suo cavaliere non si vedeva. E Boss se ne stava con aria mogia a consolarsi davanti al buffet. L'incoerenza tra le parole di speranza che aveva appena udite e la tensione vedeva ora negli occhi di lui esasperò la pazienza di Karen.
"Forse chiarirti le idee su cosa vuoi davvero potrebbe essere un buon inizio!" sentenziò lei, seccata, e si staccò dal titubante abbraccio del suo cavaliere. "Va' da lei..." Sospiro', voltando lo sguardo. Tetsuya trasalì, sentendosi un idiota. Ma sapeva anche che non si sarebbe dato pace se non avesse visto con i suoi occhi se quello che temeva si stesse avverando.
"Scusami..." biascicò prendendole la mano. Karen aprì un sorriso di circostanza e si voltò, decisa ad unirsi al gruppo di giovani ricercatori dell'Università Waseda. Ostentando calma e noncuranza, Tetsuya lasciò la sala e si avviò lungo il corridoio che portava alla terrazza. Non sapeva spiegarselo, eppure sentiva che se anche Jun avesse cercato un po' di pace, o un posto per schiarirsi le idee al riparo dalla gente, istintivamente si sarebbe rifugiata lì. Del resto, era quello che facevano entrambi ormai da molti anni. Il dubbio che gli attanagliava lo stomaco, però, non era tanto se l'avesse trovata, ma come e con chi l'avrebbe trovata. Poco importava, ormai. Doveva sapere, se non altro per accertare la responsabilità della sua partner nella debacle con Karen di poco prima.

Tetsuya si fermò di botto sulla soglia della terrazza: non si era nemmeno accorto di aver percorso correndo l'ultimo tratto del corridoio, e ora la cravatta gli stava letteralmente bloccando il respiro. O forse era l'immagine di quella bellissima ragazza, con la schiena scoperta e le mani appoggiate alla balaustra, che fissava solitaria la pallida ma perfetta luna piena che si rifletteva sul mare?

***

"Ecco dove ti eri cacciata!" proruppe il giovane, spuntando dalla penombra. Jun trasalì. Appena pochi minuti prima aveva lasciato Tetsuya stretto alla bellissima ricercatrice americana, accennando a qualche passo di danza, gli occhi negli occhi... Quell'immagine era uno dei motivi per cui si era divincolata dall'abbraccio del suo cavaliere e, approfittando dell'attimo in cui si era assentato, si era ritirata a riflettere al chiaro di luna. Tetsuya era davvero l'ultima persona che si aspettava di vedere in quel momento. "Che c'è, aspettavi qualcun altro?" Chiese lui piccato.

"Ero solo scesa a prendere un po' d'aria..." Replicò pacatamente Jun, sorridendo in direzione della splendida luna. "E sono rimasta a contemplare questo spettacolo." Tetsuya le si piantò accanto, appoggiandosi alla balaustra e dando le spalle al mare:

" strano, avevi tutta l'aria di trovarti perfettamente a tuo agio prima, in mezzo a quei damerini" ironizzò, evitando accuratamente di incrociare lo sguardo di lei. Per tutta risposta Jun lo fulminò con un'occhiataccia:
"Beh mai quanto te", commento' seccata. Per qualche secondo, i due rimasero a guardarsi con aria indagatrice, cercando reciprocamente di intuire cosa si celasse dietro le parole dell'altro. Quei lunghi attimi di silenzio contribuirono a far realizzare ad entrambi una cosa: per quanto bene si conoscessero, c'erano ancora degli aspetti delle loro vite che non avevano mai condiviso, e delle emozioni che probabilmente non avrebbero mai saputo esprimere, schiacciati com'erano dal peso delle loro responsabilità. Fu Jun a interrompere il silenzio, sospirando: "A proposito, dove l'hai lasciata la tua bellissima dama?" . Tetsuya abbassò di nuovo gli occhi, accennando uno dei suoi soliti sorrisetti di scherno:
"Beh spero ad una compagnia migliore della mia." Jun inclinò lievemente la testa, cercando con insistenza il suo sguardo. "Sei proprio uno stupido... Guarda che lei era più che contenta della tua compagnia." Esclamò, chiedendosi come fosse possibile che quell'idiota non se ne fosse accorto. E poi aggiunse, stufa di attendere una reazione del partner che non arrivava: "Mi sembra che te lo abbia fatto capire più che abbondantemente che le piaci... Per tutta la settimana." Concluse, e si voltò dandogli le spalle. Nel nuovo silenzio che seguì, Jun fece in tempo a mordersi le labbra e a maledirsi per la sua onestà. Andava bene un po' di incoraggiamento, ma buttare Tetsuya direttamente tra le braccia di Karen era un po' troppo in effetti.
"Guarda che me ne sono accorto, non sono mica così sprovveduto..." Iniziò lui, con tono decisamente serio. Jun si voltò a guardarlo. "Però non ci posso fare niente. Non sono fatto per queste cose." Concluse, con il solito sorrisetto di scherno.
"Questo non è vero!" Replicò d'istinto lei, poggiandogli delicatamente una mano sul braccio. Poi, un po' imbarazzata per la sua impulsività e intimidita dallo sguardo attonito di Tetsuya, si ritrasse e tornò ad appoggiarsi alla balaustra, guardando la luna. "Voglio dire... So che non siamo abituati a considerare certe cose come parte della nostra vita... Ma questo non significa che ci sia qualcosa di male a lasciarsi andare una volta ogni tanto..." Per un attimo, i due restarono nuovamente in silenzio, scambiandosi un lungo e profondo sguardo. Improvvisamente, Tetsuya scoppiò a ridere, lasciando la partner alquanto infastidita.
"Si può sapere che c'è di tanto buffo?"
"Scusami," replicò lui, cercando di darsi un contegno per non irritarla ulteriormente "è che non ti facevo così romantica." A quella reazione, Jun fu quasi tentata di andarsene, abbandonando il partner a se stesso e alla sua autocommiserazione. Possibile che ogni volta che tentava di aprirsi a lui finisse sempre x scontrarsi con un muro? Si limitò pertanto a rivolgergli l'ennesima occhiataccia e a replicare:
"Nel caso non te ne fossi accorto non sono un robot. E nemmeno tu lo sei." completò, assumendo una posa che Tetsuya conosceva bene: braccia incrociate sul petto e testa voltata in direzione opposta a dove era lui. Percependo il pericolo, il giovane cercò di riparare, addolcendo un po' il tono:

"Dai, non intendevo questo. Mi sono solo sorpreso di vedere che tra la guerra e tutto il resto abbia trovato anche il tempo di filosofeggiare sull'amore..."
La canzonò affettuosamente, strizzandole l'occhio. Già, la guerra... Penso' Jun, assumendo un'espressione cupa. Tutto quello che conosceva e che aveva sempre conosciuto. La costante della sua giovinezza. Il mantra che aveva scandito le sue giornate all'insegna degli allenamenti per 10 anni. E poi c'era lui, Tetsuya, che aveva fatto del suo essere soldato l'essenza della propria vita. A pensarci bene, in effetti ce n'erano di similitudini tra guerra e amore: entrambi erano fatti di strategie, di successi e ritirate, di esaltanti vittorie e dolorose sconfitte. E poi di attese... Attese di un momento propizio che sarebbe anche potuto non arrivare mai. L'eco di queste considerazioni lasciò in Jun un malessere indicibile, reso ancora più insopportabile dalla consapevolezza che non sarebbe mai riuscita a comunicarlo al suo compagno di battaglia e amico d'infanzia. Si sentì pervadere da un senso di smarrimento, unito a un freddo pungente che l'avvolgeva come la stretta di un nemico, e decise che era il momento di ritirarsi. "Beh io torno su, sento un po' freddo..." disse improvvisamente, massaggiandosi le braccia per infondersi un po' di calore. Inaspettatamente, con un gesto che sorprese entrambi, Tetsuya si sfilò la giacca e la poggiò sulle spalle della compagna. "Tieni, metti questa, tanto a me non serve". A Jun servì qualche secondo per processare. Un gesto così galante non era certo prerogativa del ragazzo che conosceva bene, e gli rivolse uno sguardo un po' allibito. Tetsuya se ne avvide e si pentì un po' di tanta audacia:

"Non fare quella faccia... Cercavo...cercavo solo un modo per sbarazzarmi di quello straccio!" Balbettò, un po' imbarazzato. Il calore e il profumo che emanava quella giacca contribuirono a sciogliere del tutto la tensione nel corpo di Jun, che accennò ad una timida risata. Tetsuya scosse la testa: " Non c'è niente da fare... Io non capirò mai voi donne!" Esclamò fingendosi esasperato. In realtà gli faceva piacere vedere che la tristezza era sparita dagli occhi di Jun. Non era da lei mostrarsi così dimessa. Al suo posto di nuovo quello sguardo, così dolce, così intenso, se ne sentiva quasi avvolto. O meglio trafitto, a giudicare dalla morsa allo stomaco. Ricordò improvvisamente quando aveva visto un'espressione simile l'ultima volta. Non era negli occhi di Karen, il giorno prima, di ritorno dal mare, un attimo prima che lei...?

Jun non si sentiva a disagio dal quel silenzio, ma si lasciava cullare dal rumore delle onde del mare. Al chiaro di luna, i lineamenti di Tetsuya apparivano quasi eterei, la sua strafottenza da guerriero tutto d'un pezzo sembrava sparita dal suo sguardo, lasciando il posto solo ad un malcelato timore misto ad un timido desiderio. Esattamente lo stesso che provava Jun. Quanto lo aveva detestato, quando erano più piccoli, per il suo modo presuntuoso e arrogante di affrontare gli allenamenti, per il suo voler sempre primeggiare, e per la sua insistenza nel voler dimostrare a lei e al dottore che era il migliore, e che non aveva bisogno di nessuno. Poi lentamente aveva imparato ad apprezzarne la determinazione, la tenacia e l'integrità morale e alla fine se ne era innamorata perdutamente, per il suo spirito di sacrificio e il suo senso di giustizia. Per il suo essere spietato con gli ingiusti e protettivo con i più deboli. Certo, nessuno riusciva ad irritarla a farla stare male come lui, ma questo continuo essere messa alla prova l'aveva anche spronata a crescere e a diventare quello che era. Tetsuya era tutto per lei, e ora Jun non voleva che passasse un minuto di più senza che lui lo sapesse. Aveva paura della sua reazione, questo sì, ma era pronta a subire le conseguenze del suo atto di coraggio. Che senso aveva aspettare ancora, quando la guerra era lì, onnipresente, pronta a prendersi tutto in un attimo di distrazione? O magari sarebbe spuntata un'altra donna dal nulla, che sarebbe riuscita a dirgli quello che lei non aveva mai potuto o saputo dimostrargli. Il solo pensiero la gettava nel panico. No, si disse, non poteva correre dei rischi del genere. Fece un passo verso di lui, stringendosi nella giacca. "Ti ringrazio" disse, rivolgendogli il più dolce dei suoi sorrisi "Ora va un po' meglio." Mentre Tetsuya si chiedeva il perché lei stesse ancora tremando, sentì la mano di Jun stringergli delicatamente la sua e la vide sollevarsi sulle punte. Prima ancora che riuscisse a rendersi conto di cosa stesse succedendo, le loro labbra si incontrarono, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Per quanto si sforzasse, nei secondi che seguirono non riuscì a pensare a niente: la sua mente finalmente sgombra da ogni pensiero e preoccupazione, di sottofondo solo il leggero sciabordare delle onde...dentro di se' percepiva solo un'enorme senso di calore, che lentamente si dipanava per tutto il suo essere. Questo non era successo quando era stata Karen a baciarlo. Dal canto suo Jun sentiva il suo corpo percorso da brividi così intensi da non sapere più come riuscire a celarli. Era soddisfatta del suo coraggio, ma non aveva molto riflettuto su come procedere dopo il suo atto di forza. Si staccò un po' stordita da Tetsuya, che ovviamente era rimasto impietrito e la fissava come se la vedesse per la prima volta in vita sua, e accennando ad un sorriso di circostanza, optò per una celere ritirata.
"Scusami non avrei dovuto..." Farfugliò al limite dell'imbarazzo. "Meglio che vada". Gli porse timidamente la giacca e fece per voltarsi, quando si sentì afferrare il braccio da una stretta sicura, che conosceva molto bene. Prima ancora di riuscire a processare l'accaduto, Jun si ritrovò attirata al punto di partenza, intrappolata nell'abbraccio del suo partner. Cercò preoccupata i suoi occhi e si accorse che riflettevano la sua stessa insicurezza, ma anche la stessa voglia di infrangere quell'ultima barriera, di provare a lasciarsi andare. Durante il lungo, intenso bacio che seguì, Jun non mosse un muscolo, incredula e terrorizzata com'era all'idea di rovinare la magia. Cercò di non pensare più a niente, se non a quello che provava in quell'istante, e quell'improvviso senso di euforia e libertà la ripagò in un attimo di tutte le paure e le tribolazioni degli anni precedenti. Quando finalmente la stretta si allentò e si ritrovarono per un attimo occhi negli occhi, sembrò ad entrambi di esser tornati da un lungo viaggio in un'altra dimensione. Ovviamente fu Tetsuya il primo a recuperare il controllo della situazione. "Sarà meglio tornare su," bisbigliò con un'espressione serissima "il direttore si starà certamente chiedendo dove siamo finiti." Jun si limitò ad annuire e precedette il suo partner verso l'accesso al corridoio, che entrambi percorsero in silenzio e senza incrociare un solo sguardo, tutti presi com'erano a recuperare il loro consueto ruolo.

***
Per unirsi al coro degli Alleluja e per ogni altra considerazione :-): https://gonagai.forumfree.it/?t=76810056&st=15#newpost
 
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Ultimo capitolo... o meglio:

EPILOGO

Il trillo della sveglia sorprese Tetsuya già vigile, in contemplazione del silenzio e del senso di pace che lo circondavano. Non ricordava nemmeno lui da quanto tempo non si sentiva così rilassato e appagato, e per qualche minuto cercò di godere ancora di quella surreale atmosfera nella quale era immerso. Accanto a lui qualcosa si mosse impercettibilmente, emettendo un flebile mugolio. Un po' titubante, il giovane rivolse lo sguardo in direzione della fonte di calore che giaceva alla sua sinistra: nella penombra, si accorse che Jun era ancora rannicchiata su un fianco, il viso appoggiato sulla spalla di lui, il corpo che per tutta la notte non aveva smesso di cercare un contatto con il suo. Tetsuya non riusciva a scorgere l'espressione del viso di lei, coperto com'era da una cascata disordinata di capelli neri, ma poteva giurare che fosse ancora addormentata. Davanti ad uno spettacolo del genere dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per non ricominciare il discorso interrotto appena un paio d'ore prima. Nella quiete del primo mattino, gli eventi della sera prima si riaffacciarono con prepotenza alla sua memoria, trascinandosi dietro un turbine di emozioni che ancora non riusciva a processare. In tutto questo una sola costante: Jun, la sua partner, la ragazza che conosceva da sempre e che con pochi, dolcissimi gesti lo aveva portato a scoprire e a confrontarsi con degli aspetti di se stesso che nemmeno pensava di possedere.

La sveglia suonò di nuovo, scuotendo Tetsuya dalle sue fantasie. Perché diavolo l'aveva impostata così presto di domenica? Il suo unico impegno oggi, emergenze a parte, non era...

"Accidenti...Karen..." Biascicò, tirandosi su a sedere.

"Deve esserci stato un malinteso...io mi chiamo Jun." Gli fece ironicamente eco una voce suadente, ancora un po' minata dal sonno. Tetsuya si voltò di scatto, ritrovandosi subito riflesso nello sguardo malizioso della sua partner, che si era girata in posizione prona, il mento appoggiato sulle mani.

"Scusami lo avevo dimenticato." La canzono' lui, scivolando di nuovo sotto le coperte.

"Ah è così eh?" Ribatté lei, stando allo scherzo. E intanto colse il pretesto per portarsi di nuovo sopra di lui. Tetsuya non ci mise molto a capovolgere la situazione a suo favore, portando avanti un gioco che sarebbe potuto proseguire all'infinito.

"Avevo promesso a Karen di portarla all'aeroporto stamattina." Sussurro' sfiorandole l'orecchio con le labbra. "E' questo che avevo dimenticato".

"Ah beh, se lo avevi promesso alla tua Karen..."Lo stuzzicò Jun, cercando di ignorare i brividi che le scendevano lungo la schiena. "Farai bene a sbrigarti, allora, non vorrai farla aspettare!" E, così dicendo, lo spinse di forza verso il bordo del letto, per poi rannicchiarsi di nuovo sotto le coperte.
Tetsuya non riuscì a trattenere una risata, e si sorprese a pensare che l'ultima cosa che avrebbe voluto era proprio lasciare quella stanza, interrompere quel momento.
"Ma sentitela!" Finse di protestare, mentre, ignorando i vestiti sparsi sul pavimento, finalmente recuperava dall'armadio qualcosa di più consono a lui. "Si dà il caso che quello sia il mio letto!"
D'istinto Jun si voltò per ribattere, ma davanti all'immagine di lui che si vestiva, allontanò in fretta lo sguardo, imbarazzata. Le ci sarebbe voluto un po', pensò, prima di abituarsi a quella nuova quotidianità. Sempre che fosse diventata la quotidianità, concluse, mordendosi le labbra.
"Senti... Vuoi che vada?" Gli domandò, dopo un attimo di esitazione. Accortosi dell'improvviso disagio di lei, anche Tetsuya fu preso da un momento di smarrimento. Afferrò la giacca e le chiavi della macchina e si avviò verso la porta:
"Resta quanto vuoi, è ancora presto". Jun gli rivolse un sorriso riconoscente, che lui ricambiò, prima di appropinquarsi all'uscita. La ragazza si maledisse per la sua insicurezza. Dopo tutta la passione e la tenerezza che si erano scambiati quella notte, non poteva lasciare che l'imbarazzo e il disagio prendessero il sopravvento.

"Aspetta, Tetsuya!" Lo chiamo', tirandosi su dal letto, avvolta come poteva nel lenzuolo. Il giovane si voltò, letteralmente senza fiato per la bellezza di lei. "Va tutto bene, vero?" Riuscì solo a dirgli, rivolgendogli il sorriso più dolce che poteva. Tetsuya appoggiò le chiavi sulla scrivania e si avvicinò di nuovo al letto, dove sorprese Jun con un lunghissimo bacio:
"Diciamo di sì," sussurrò scostandole i capelli dal viso "se escludiamo il fatto che darei tutto per non dover uscire da questa stanza." Stavolta fu lei a gettargli le braccia al collo, lasciando cadere le lenzuola che la avvolgevano.

Quando guardò di nuovo l'orologio, Tetsuya si rese conto che era trascorsa un'altra mezz'ora. "Accidenti sono davvero in ritardo!" Esclamò, cercando di recuperare un contegno. Jun lo guardava con aria colpevole. E ne aveva tutti i motivi, si disse lui, visto che gli faceva perdere del tutto il senso del tempo.
"Per carità vai vai! Karen non deve perdere l'aereo per niente al mondo!" Esclamò lei, fingendosi allarmata. Il ragazzo scosse la testa, abbozzando un sorrisetto:
"Stupida..." Sentenziò, lasciando la stanza, non prima di averle lanciato un'altra occhiata. Per un risveglio così, pensò mentre correva verso la hall, poteva benissimo sacrificare tutte le colazioni del mondo.

"Ah eccoti, ragazzo..." Fu un Kabuto già vigile e in piena attività a salutare Tetsuya alla fine del corridoio. "Se sei qui per Karen e' andata via in taxi da un po'. Manda a tutti i suoi saluti."

"Ma come?! Mi aveva detto 8:30, mancano ancora 5 minuti!" esclamò il giovane, tra il sorpreso, il risentito e l'insonnolito. Il dottore gli rivolse uno sguardo paternalistico:

"Te lo ha confermato ieri sera?" Chiese, prevedendo già la risposta.

"N-no, ma ne avevamo parlato due giorni fa al mare e le avevo promesso di accompagnarla. Sono un uomo di parola io!" Aggiunse, un po' offeso. Kabuto si lisciò il pizzetto:

"Certo, ma avresti dovuto confermarle le tue intenzioni ieri sera. Nella vita non si può mai dare niente per scontato..." Sentenziò annuendo. Il povero pilota abbassò gli occhi e serrò le labbra. La paternale delle 8:30 di domenica mattina era un po' troppo da digerire, anche se sapeva di essersela in parte meritata. Si lasciò andare ad un enfatico sospiro:

" Perfetto! Devo proprio aver fatto la figura del cafone!"

"Non necessariamente..." Lo rassicurò Kabuto, con un paio di delicate pacche sulla schiena, "hai solo fatto le tue scelte. E Karen si è regolata di conseguenza ed ha fatto le sue. È così che funziona nei rapporti umani..."
Seconda lezione nell'arco di due minuti. Il Direttore era decisamente in vena di dispensare perle quella mattina, si disse Tetsuya, ma non ebbe niente da ribattere a quella ineccepibile logica. "Beh visto che sei in piedi, pensavo che magari potremmo rivedere un po' le strategie della scorsa battaglia e fare un piano per le prossime, che ne dici?"
E figuriamoci. Il povero pilota, nonostante la mente a migliaia di anni luce quella mattina e ancora in parte annebbiata dal sonno, sapeva che non poteva rifiutare. Tuttavia aveva una necessità impellente che nemmeno l'iperattivo Kabuto poteva impedirgli di soddisfare.

"Va benissimo, dottore. Ma... Ti dispiace se prima faccio colazione?" L'uomo scoppiò in un' inaspettata risata.

"Ma certamente, ragazzo mio... Vieni, ti faccio compagnia."

Giunti in cucina, mentre Tetsuya si avventava come un falco su una tazza di caffè solubile e un toast, il dottore seduto al tavolo si guardava insistentemente intorno, come in cerca di qualcosa.

"Che strano..." Proruppe, "pensavo che Jun fosse già in piedi a quest'ora. In genere è sempre mattiniera, anche la domenica... Tu l'hai vista stamattina?" Il giovane riuscì a fatica a mandar giù un pezzo di toast, limitandosi a scuotere la testa, gli occhi fissi sulla tazza di caffè.

"Capisco..." Kabuto si appoggiò allo schienale, tamburellando le dita sul tavolo. Il silenzio piombato in quel momento tra i due aveva un che di decisamente inconsueto. Il dottore, gomiti sul tavolo e mento appoggiato sulle mani, tornò a rivolgersi a Tetsuya : "Di' un po'..." Inizio' laconico, prima di fissare gli occhi sul volto del malcapitato:"non è che tu e Jun avete fatto le ore piccole stanotte?"

E fu un vero e proprio miracolo quello che impedì al prode pilota del Grande Mazinga di strozzarsi col caffè.

*** THE END***

Per sincerarsi delle condizioni del povero Tetsuya, o per protestare contro la palese operazione di fan service :innocent.gif:

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Eccomi di ritorno con una nuova fanfiction, in due parti, frutto della mia frustrazione post Infinity. I toni di questo racconto sono forse un po' più seri del precedente, ma rispecchiano lo stato d'animo di una povera giovane, al nono mese di gravidanza, che si ritrova a gestire l'incubo di una nuova guerra e la sparizione del marito a pochi giorni dal parto. Fortunella, eh? :-) Buona lettura!

LA BATTAGLIA DI JUN

Il bagliore che irrompe improvviso nella stanza in penombra coglie tutti - medici e ostetriche, di sorpresa. Fanno appena in tempo a scambiarsi qualche rapido sguardo perplesso ed interrogativo che un fragore esplode con potenza tutto intorno a voi, facendo tremare pareti, apparecchiature e lembi. Stordita dal dolore, affaticata dal travaglio che ormai ti immobilizza da ore, cerchi di dare una spiegazione logica a quei fenomeni, di soffocare l'inquietudine con cui convivi da giorni, perché senti che questa bambina ne ha già subita troppa. Provi con tutta te stessa a concentrarti sul tuo respiro, ad uniformarti agli "Uno, due, tre, spinga!" che l'inarrestabile ostetrica dalle grandi mani rossastre ha ripreso immediatamente a scandire, ma il tuo pensiero torna sempre a lui. Tetsuya...Da quando lui, il tuo partner, compagno di mille battaglie ed ora padre di tua figlia è risultato disperso in battaglia, e poi apparentemente condannato ad un destino anche più inquietante, ti è sembrato di vivere nell'angosciante attesa di un "Ci dispiace, ma purtroppo..."
Eppure hai sempre ricacciato indietro quei pensieri. Ti sei detta che, dopo tutto quello che avete passato insieme fin da piccoli, spezzare questa vostra nuova felicità sul nascere sarebbe troppo crudele, troppo ingiusto per essere vero. Eppure la vita non è giusta, questo lo hai imparato sulla tua pelle fin da bambina.

"Spinga, Jun! Ci siamo quasi!"
"Ci siamo quasi..." Ti ripeti, mentre fai appello a tutte le tue forze per riuscire in un'altra, disperata spinta, "Dove sei..." Le lacrime che ti rigano il volto non esprimono più solo un dolore fisico. Chiudi gli occhi e ti sembra di vederlo, disteso accanto a te sul letto, la sera prima che partisse per la missione in Texas.
"Sei sicura che nascerà all' inizio di giugno?" Sussurra, accarezzandoti delicatamente la pancia. Sentì ancora il calore della sua mano. C'è qualcosa in quel gesto che ripete spesso, nella tenerezza del suo sguardo, qualcosa che non avevi mai visto prima in lui e che ti riempie di dolcezza. Appoggi la tua mano sulla sua:
"Stai tranquillo, i medici me lo hanno garantito.” Lo rassicuri con un sorriso. "E poi..." Continui scompigliandogli affettuosamente i capelli, "credi che voglia nascere senza che il papà sia lì a fare il tifo per lei?" Inaspettatamente ti stringe tra le braccia, con forza. Avverti una strana tensione nel suo corpo, niente di inaspettato comunque, specie prima di una missione così lunga. Non ricordi per quanto siete rimasti così, in silenzio, incapaci di dar voce alle vostre preoccupazioni. In fondo però, il bello del vostro rapporto è sempre stato quello: riuscire a leggervi dentro, a capire cosa si nascondesse dietro un silenzio o uno sguardo senza bisogno di esternarlo a parole. È il lato positivo dell'essere cresciuti insieme, dopo tutto.

"Coraggio, Jun! La bambina è in posizione da un pezzo!" La voce dell'instancabile ostetrica ti riporta alla realtà, una realtà fatta però di dolore ed angoscia. La donna si scambia un'occhiata d'intesa con il ginecologo: " se continua così dovremo considerare il cesareo..." Non sai bene nemmeno tu come dovrebbero farti sentire quelle parole. Tutto quello che vuoi è che quello strazio finisca, il dolore, l'attesa, l'ansia...
"Fate..." La tua voce arriva in un sussurro, "fate quello che dovete..." Perdonami, Tetsuya. Aggiungi mentalmente. Ti si stringe il cuore, ma senti sia giunto il momento di guardare in faccia la realtà: Tetsuya potrebbe non tornare, stavolta. Koji, Shiro ed il resto delle forze alleate stanno lottando strenuamente per distruggere l' Infinity e ricacciare il Dottor Hell da dove è venuto. E Tetsuya... Beh nella sua attuale posizione potrebbe anche risultare uno dei danni collaterali di questa battaglia. Condannarne uno per salvarne... Quanti? Il futuro dell’intera razza umana è in ballo. Razionalmente l'esito di questa situazione ti sembra quasi scontato. Il tuo dovere ora è concentrarti su tua figlia e renderla la tua priorità... Devi essere pronta ad affrontare la realtà, per quanto dolorosa. In fondo lo devi a questa bambina, che qualche ora fa stavi per sacrificare nel disperato tentativo di salvare il tuo amore. Nel disperato tentativo di tenerti stretta una speranza di felicità che avevi così duramente costruito. Solo ora ti rendi conto di quanto folle tu sia dovuta apparire, tanto ai soldati che ti hanno prontamente immobilizzata, quanto alla povera Sayaka, accorsa trafelata dal suo semi-appuntamento con Koji.

Assorta nei tuoi pensieri e sempre più stordita dal dolore, ti accorgi a malapena del trambusto che si è creato intorno a te. Un paio di infermiere sono state improvvisamente chiamate fuori dalla stanza, il ginecologo parlotta con l'ostetrica, che ti guada con aria indecifrabile da dietro l'enorme mascherina. Vorresti chiedere spiegazioni, ma un'altra, improvvisa contrazione ti toglie il respiro.

"Sono tornato!"
"Hai fatto tardi oggi... Il meeting si è protratto più a lungo del previsto?" Tetsuya si era sfilato la giacca della divisa, lanciandola come di consueto su una sedia, prima di rispondere.
"Conference call con Huston...lo sai che le cose vanno sempre per le lunghe quando si parla di politica e cooperazione internazionale!” sbuffa, avvicinandosi al frigo.Tu non lo ascolti, fingi di essere presa dalla rivista di moda che tieni in mano, mentre in realtà il cuore ti batte all'impazzata all'idea di quello che hai scoperto oggi, quando hai ritirato le ultime analisi. Come dargli la notizia? Non ti aspetti certo che non sia felice, del resto è lui che ha espresso per primo il desiderio di diventare padre, appena poco più di un mese fa. Tuttavia sai bene anche tu che il desiderare qualcosa e il trovarsi di fronte ad una effettiva realtà sono due cose completamente diverse e non puoi fare a meno di chiederti come gestirete il tutto, considerando soprattutto la particolarità del vostro lavoro. "Ennesima trasferta in vista?" Chiedi, con fare disinteressato.
"Pare di sì, ma non prima di qualche mese..." E' la sua risposta, mentre tira fuori una bottiglia di birra dal frigo. Poi si lascia cadere seduto sul davanzale, di fronte a te, ad ammirare il tramonto. Certo, non è il panorama che gustavate dalla Fortezza delle Scienze anni prima, ma ormai è parte integrante della vostra routine. Gli lanci un'occhiata sfuggente, prima di alzarti e dirigerti a controllare il pollo che arrostisce nel forno.
"Beh mi raccomando, non prendere impegni tra fine maggio e inizio giugno..." Cominci, evasiva. Tetsuya non ci mette molto a capire che stai covando qualcosa.
"Perché? Che succede tra maggio e giugno?" Incalza prontamente, portandosi in piedi di fronte a te, con aria indagatrice. Per tutta risposta gli sorridi, un po' emozionata, e d'istinto gli prendi dolcemente una mano e la appoggi sul tuo grembo, continuando a guardarlo negli occhi. Ti basta un attimo per renderti conto che non hai bisogno di dire altro: Tetsuya ha capito, ed ora ti guarda, incredulo, il collo della bottiglia di birra che scivola lentamente giù dalle sue labbra.
"Jun... Stai dicendo che..." Non ricordi neanche se gli hai risposto, o se è bastato quel tuo radioso sorriso a dargli conferma di quello che aveva intuito. Ricordi però come il suo volto si sia illuminato improvvisamente, di come ti abbia sollevata tra le braccia ridendo, del lunghissimo, appassionato bacio che è seguito e dello stato di (inconsueto) idillio in cui avete vissuto i giorni successivi. La verità è che per due orfani come voi avere un figlio, costruire una famiglia, è sempre stato molto più che una sorta tappa prevista dal percorso di crescita: è stato un desiderio di rivalsa nei confronti della vita, la speranza di poter dare a qualcuno quell'amore che voi non avevate potuto ricevere, o almeno non da due genitori convenzionali. E quello che ti ferisce di più ora, mentre senti la testolina di tua figlia trovare finalmente la via fuori dal tuo grembo, è che sei convinta che avreste fatto un ottimo lavoro come genitori. E senti che daresti tutto per poter avere questa opportunità dalla vita.

"Forza Jun... Un ultimo sforzo!” Una voce alle tue spalle, minata dall'emozione, ti scuote dal tuo torpore. Una voce che riconosceresti tra mille, che significa tutto per te. Il ritmo del tuo respiro, che hai così a fatica regolarizzato, si perde per una frazione di secondo. Cerchi di voltarti, madida di sudore, combattendo contro le lacrime. Testuya ti stringe la mano, il volto teso ma sorridente. Sotto al camice sterilizzato indossa ancora la tuta da combattimento, in testa ha una fasciatura che ha l'aria di un medicamento frettoloso.
"Sei qui..." Riesci solo a sussurrare, schiudendo un tremante sorriso.
"Ti avevo promesso... Che non avrei preso impegni…” replica quasi con il fiato corto, il tono di chi sta cercando di apparire ironico, mentre in realtà non riesce nemmeno a camuffare in parte la sua tensione. Poi si sporge delicatamente verso di te, cercando di avvicinarsi al tuo orecchio per bisbigliare qualcosa, qualcosa che non vuole condividere con nessun altro, perché appartiene solo a voi due. Come quella creatura che, con tutta la forza che hai ritrovato in questo momento, sei finalmente riuscita a mettere al mondo.

FINE PRIMA PARTE - Per congratularsi con la cicogna, giunta a destinazione nonostante gli attacchi del Dott. Hell: https://gonagai.forumfree.it/?t=76810056
 
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Seconda e ultima parte! Anche qui chi ha presente Infinity e Interval Peace coglierà più riferimenti, ma spero che il racconto "si faccia leggere" comunque! ;-)



Appena due giorni dopo siete sulla via di casa, tutti e tre. Con enorme sollievo hai appreso che tutte le ferite riportate da Tetsuya sono puramente superficiali e che se la caverà con qualche altro giorno di assoluto riposo.
"Ci proverò, ma non prometto niente…” ha risposto laconico il fiero guerriero al medico dall'aria severa, lanciandoti un'occhiata complice, seguita da uno sguardo pieno di tenerezza alla piccola Aiko. La "figlia dell’amore": questo è il nome che avete scelto, forse un po' vecchio stampo, magari un po' banale, vi siete detti, ma tutto sommato pienamente rispondente a quello che questa bambina significa per voi, e a ciò che vi suscita guardarla dormire.

"Grazie di tutto, Sayaka. Ti sei data davvero troppo disturbo per noi!" Esclami sorridendo dolcemente alla vostra accompagnatrice, mentre ti appresti a richiudere la portiera della macchina. La povera direttrice dell’ Istituto Fotoatomico non si è davvero risparmiata nell'ultimo periodo, dividendosi tra i suoi impegni lavorativi e il sostegno a Koji durante la lunga degenza. In tutto questo si è anche fatta in quattro per te, per assicurarsi che non ti mancasse niente, soprattutto nei giorni immediatamente seguenti al ricovero di Tetsuya e alla nascita di Aiko.

"Figurati, nessun disturbo! E poi..." Continua sporgendosi per stringere la manina della piccola, che scalcia vivacemente tra le forti braccia del papà, " darvi un passaggio è solo una scusa per passare un po' di tempo con questa cuccioletta!"

"Questa diavoletta, vorrai dire!" Ribatte Tetsuya, con una risata. "Guardala com'è vispa alle nove di sera!" Poi continua, sollevando Aiko all'altezza del suo viso: "Qualcuno ha intenzione di fare bagordi stanotte eh?" Scoppiate tutti a ridere.

"Comunque non preoccuparti, Sayaka…” concludi rivolgendoti alla tua amica, decisa a lasciarla andare a riposarsi, " domani pomeriggio saremo di nuovo in ospedale a vedere come sta Koji. Non è vero, Tetsuya?" Comprensibilmente, il povero pilota non sembra esternare il massimo della gioia, ma del resto capisce anche lui che essere vicini a Koji e Sayaka in questo momento è il minimo che possiate fare per ricambiare la cura che lei vi ha dimostrato.

"Sicuro, già sento la mancanza di quel posto!" Ribatte sarcastico il giovane, suscitando l'ilarità di Sayaka, che, finalmente si congeda.

Rimasti soli, vi scambiate un lungo e solenne sguardo, prima di entrare nel quieto cortile del vostro edificio, e di apprestarvi a salire silenziosamente le scale. In quel momento, anche quell'appartamentino angusto, che a dir la verità non ti ha mai interamente convinta, e ancora in disordine dopo il primo attacco del Dottor Hell, ti sembra il posto più bello del mondo. Certo, avrete molto da fare nei prossimi giorni per sistemarlo e renderlo a misura di bambina, ma in questo momento ogni impegno ti appare più leggero, e ti sembra di avere a disposizione tutto il tempo di cui avete bisogno. In piedi davanti alla finestra, al buio, culli dolcemente tua figlia cercando di non pensare al tuo stato d'animo l'ultima volta che hai lasciato quella casa. La paura di non rivedere più Tetsuya, il pensiero che questa bambina non avrebbe mai conosciuto suo padre sono ormai solo un lontano ricordo, eppure percepisci che hanno lasciato qualcosa dentro di te, e il tremore che improvvisamente scuote il tuo corpo ti fa capire quanto traumatizzato sia ancora il tuo sistema nervoso. Trasalisci improvvisamente, quando ti senti stringere all'altezza della vita da un abbraccio solido e caldo.

"Incredibile, si è addormentata..." Sussurra Tetsuya appoggiando il mento alla tua spalla, senza accennare ad allentare la sua stretta. “Stai tranquilla, da domani penseremo a tutto..." Prosegue poi, quasi indovinando i tuoi pensieri. Annuisci mestamente, lo sguardo sempre rivolto sul volto placido della piccola. A Tetsuya non sfugge il velo di tristezza che per un attimo adombra la tua espressione.

“Dimmi la verità, Jun… questa volta pensavi che non sarei tornato, vero?” Le sue parole ti colgono alla sprovvista. Ti volti a guardarlo con aria sorpresa, prima di ribattere prontamente:

“Ma che stai dicendo? Non ho dubitato nemmeno per un secondo che saresti tornato da noi!”

La faccia e il sorriso ironico di Tetsuya la dicono lunga su quanto non si sia bevuto neanche una parola. A quel punto sospiri sconfitta, tornando a guardare Aiko: “La verità è che in certi momenti ho avuto così paura che credevo di impazzire…” ammetti in un sussurro. Lui abbassa gli occhi, l’espressione cupa. “Però…” continui, cercando il suo sguardo, “mi sono imposta di essere forte per lei, per la nostra bambina. Sapevo che, indipendentemente da quello che sarebbe successo, questo è ciò che avresti voluto.”

Il volto di Tetsuya si illumina con un sorriso: “ E brava la mia Jun…” esclama dandoti un affettuoso buffetto sulla guancia, “ E io sapevo che, indipendentemente da quello che sarebbe successo, la nostra bambina avrebbe potuto contare sulla mamma migliore del mondo!” E ti intrappola di nuovo nel suo abbraccio.

“Smettila, ma se non so nemmeno da dove cominciare!” ti schernisci prima di affondare il viso nell’incavo della sua spalla. Restate così per qualche minuto, tutti e tre stretti in un tenero abbraccio, mentre Tetsuya ti accarezza dolcemente i capelli.

“Lo sai?” è ancora lui a rompere il silenzio, “quando combattevo le prime battaglie, anni fa, pensavo che i sentimenti…l’amore… fossero qualcosa da tenere il più lontano possibile, perché avrebbero solo potuto indebolirmi e rendermi più vulnerabile.” Alzi gli occhi a guardarlo, e nella penombra lo vedi sorridere, con aria consapevole. Non ti è mai sembrato più adulto. Lui riprende la parola: “Invece questa volta è stato proprio l’amore a darmi la forza di resistere, a darmi la motivazione per tornare da voi, dalla mia famiglia…” conclude, rivolgendo di nuovo un tenero sguardo prima a te e poi alla bambina. Dopo una nuova pausa, è di nuovo lui a riprendere la parola: “Ti ringrazio, Jun.” Sussurra quasi timidamente, abbassando gli occhi.

“Per che cosa?”

“Io non avrei mai immaginato che sarei riuscito ad avere una famiglia, a diventare padre. E devo tutto a te.”

Abbassi gli occhi anche tu, cacciando indietro le lacrime. Non sei abituata a sentirlo parlare così schiettamente dei suoi sentimenti.

“Tecnicamente… abbiamo collaborato entrambi a questo progetto…” riesci solo ad asserire, con un dolce sorriso, prima di abbandonarti di nuovo nel suo abbraccio. Nel nuovo silenzio che segue, ti ritrovi a riflettere su quanto sia cambiato Tetsuya negli ultimi anni. La tragedia della morte del dott. Kabuto, dalla quale non si è mai completamente ripreso, la sua convalescenza, il rapporto conflittuale con Koji ed il consolidamento della vostra relazione, hanno lentamente trasformato il giovane impulsivo e spesso arrogante in un uomo ugualmente forte e determinato, ma che sa anche fare i conti con le sue fragilità e non ha paura di mostrarle.

“Beh, basta sentimentalismi!” taglia corto all’improvviso, recuperando prontamente l’immagine del ruvido pilota che lo fa sentire decisamente più a suo agio: “piuttosto, sarà il caso di approfittare di questa inaspettata quiete ed andarcene un po’ a letto anche noi, che dici?”

“Non chiedo di meglio…” rispondi senza indugio, con un radioso sorriso.

La luce soffusa che illumina la camera da letto la fa sembrare ancora più piccola di quanto non sia in realtà, ma anche più intima. Mentre guardi Tetsuya che, con aria solenne, si appresta a mettere Aiko nella culla per la sua prima notte a casa, ti sorprendi a pensare, con una nuova punta di tristezza, a quanto vorresti poter condividere questo nuovo capitolo della vostra vita con il dottor Kabuto, il vostro tutore. Certo ti domandi anche se avrebbe approvato il risvolto che ha preso la vostra relazione - in fin dei conti intendeva crescervi come fratello e sorella! - ma in fondo sei convinta che sarebbe senz’altro partecipe di questa vostra felicità.

“Che ti prende, Jun? Hai un’aria stranamente assente stasera…” le parole di Tetsuya ti riportano alla realtà. Non gli sfugge davvero niente in questi giorni, che la paternità lo abbia reso più arguto? Scuoti la testa, come per risvegliarti dal torpore:

“Non è nulla, davvero…” ti affretti a rispondere sorridendo. E, per allontanare ogni dubbio dal tuo sospettoso compagno, ti adagi finalmente sul letto accanto a lui, distraendolo con un bacio. Il giovane prontamente ti agguanta, attraendoti a lui. Cerchi di divincolarti dalla presa, divertita. Hai voglia di parlare in quel momento, senti che hai così tante cose da condividere con lui: “Pensavo che mi piace sempre di più… ” esordisci allusiva.
“Che cosa?” è la comprensibile replica di un confuso Tetsuya.
“Questa casa…” lui ti guarda insospettito, “tutto sommato ci ha portato fortuna!” concludi, strizzandogli l’occhio.
“Hai visto?” risponde il prode pilota, che ha lottato per averla, e il cui ego sta ora palesemente cantando vittoria: “donna di poca fede!”
Sei sul punto di ribattere ma un vagito proveniente dalla culla di Aiko ti fa desistere. Il tempo di risistemarle amorevolmente il ciuccio in bocca e di voltarti per riprendere la conversazione che ti accorgi che l’instancabile guerriero è già crollato abbracciato al cuscino!

FINE

Per richiedere una serie dedicata a "Casa Tsurugi", o per pretendere un po' di sacrosanta privacy per i due neo-genitori: https://gonagai.forumfree.it/?t=76810056&st=45#lastpost

Edited by MicchiUzuki - 26/8/2019, 21:19
 
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Anche se sono un po' latitante in questo periodo e nonostante sia ancora a metà scrittura di questo raccontino, ho pensato di iniziare a postarlo per vedere un po' che effetto fa (magari mi torna pure l'ispirazione!). L'idea, come avevo anticipato a qualcuno, era quella di creare una sorta di crossover più o meno comico con tutti i nostri personaggi preferiti, ma non so ancora bene dove mi condurranno gli eventi.
Per il momento non gli ho ancora nemmeno dato un titolo... pensavo quasi di chiamarlo "Io ci ho provato", tanto per non suscitare aspettative! :-) Speriamo in bene!

CAPITOLO 1

- Un weekend al mare tutti insieme, che idea fantastica! -
Seduta sul sedile posteriore, Maria riusciva a stento a contenere il suo entusiasmo. Aveva aperto tutti i finestrini al massimo, canticchiava tenendosi graziosamente il cappello smosso dal vento e saltellava da una parte all’altra della vettura. Accanto a lei, con un placido sorriso, Venusia non sembrava affatto disturbata da questa sua incontenibile vitalità, ma le rivolgeva sguardi carichi di affetto fraterno.
- È vero, Koji ha avuto davvero una bella idea. Quale modo migliore per festeggiare tutti insieme questa vostra visita inaspettata… - disse e, voltandosi mestamente verso il finestrino, con gli occhi carichi di lacrime, - dopo più di due anni…
- Quindi è stata un’idea di Koji?! - esclamò di rimando Maria, il timbro di voce più alto di un paio di decibel e le guance che alternavano 50 sfumature di scarlatto. Una violenta sterzata la fece piombare rovinosamente su Venusia.
- Eh già, chi l’avrebbe mai detto che Koji fosse un uomo così pieno di iniziativa?! - commentò Sayaka tra i denti, prima di tornare a premere con decisione l’acceleratore.
Pressata contro lo schienale del sedile del passeggero, Jun schioccava nervose occhiate ora ai segnali stradali, ora alla loro irritatissima guidatrice designata, ora alla giovane e graziosa passeggera nel retro, che aveva preso a guardare il panorama con aria nostalgica.
- Guarda che il mare non scappa, non c’è bisogno di sfondare la barriera del suono! - mormorò Jun all’amica, assicurandosi che il suo commento fosse accuratamente coperto dalla musica dell’autoradio. Sayaka non la degnò nemmeno di un’occhiata:
- Prima arriviamo, meglio è. - rispose perentoria. Jun si chiese se non fosse il caso di insistere perché si dessero il cambio alla guida. Sicuramente ne avrebbero guadagnato tutte in salute.
- Ti prego, non costringermi a dover fare conversazione con quella! - aveva esclamato supplichevole Sayaka quando l'amica glielo aveva accennato un paio d’ore prima, avventandosi subito sulle chiavi della macchina. Davanti a quelle parole la povera Jun si era vista costretta ad alzare bandiera bianca. “Sarà un luuungo weekend!” si limitò a sospirare rassegnata, sistemandosi i grandi occhiali da sole e tornando a tenere d’occhio i limiti di velocità segnalati.

***

- Un weekend al mare tutti insieme, che idea stupida!
- Hai detto qualcosa, Tetsuya? - chiese educatamente Actarus, rivolgendo prontamente lo sguardo verso il guidatore.
Abbassa quella radio, non riesco a sentire nemmeno i miei pensieri! - gli fece eco, meno garbatamente, Koji. Il ruvido pilota del Great fu sul punto di controbattere qualcosa di poco lusinghiero nei confronti dell’intelligenza del fratellastro, ma per una volta, si morse la lingua.
- Stavo solo… dicevo che non mi sento molto tranquillo all’idea di lasciare il Centro completamente scoperto per 2 giorni! - spiegò Tetsuya, cercando di apparire calmo e ragionevole. Dal sedile posteriore Koji balzò in avanti, lanciandogli un’occhiataccia:
- Cosa credi che io non abbia messo in preventivo i rischi? - prese a dire, con fare battagliero: - ma è anche vero che l’ultimo attacco risale a più di anno fa, e inoltre siamo a poche decine di chilometri di distanza! - Per tutta risposta, Tetsuya gli rivolse un'occhiata poco convinta.
- C’è qualcosa che ti preoccupa, Tetsuya? - incalzò prontamente Actarus, con voce rassicurante. Fu ancora Koji a controbattere:
- Lascialo perdere… Tetsuya non è capace a rilassarsi! E poi… - continuò, con una leggera pacca sulle spalle al regale amico: - dopo tutto questo tempo che tu e Maria avete trascorso lontani dalla Terra mi sembrava giusto farvi vedere una delle località di mare che preferisco! - Actarus sorrise riconoscente, prima di accorgersi di essere osservato, attraverso lo specchietto retrovisore, da un insolitamente silenzioso Tetsuya. Il principe rivolse un cordiale sorriso anche a lui, che lo costrinse a distogliere rapidamente lo sguardo. Actarus poteva percepire la diffidenza di Tetsuya, in fondo non si conoscevano affatto ed il suo improvviso e non annunciato ritorno sulla Terra doveva averlo insospettito. Si augurò, tuttavia, che non ci fosse niente nel suo atteggiamento a tradire la sua preoccupazione, nessun indizio che lasciasse trasparire che la loro non era, purtroppo, solo una visita di cortesia.
- Ma guarda quel cretino! - sbraitò improvvisamente Tetsuya, frenando di botto. Boss gli aveva appena tagliato la strada in moto. Koji abbassò il finestrino, pronto a riprendere l’incosciente amico:
- Hey Boss! Se hai intenzione di farti ammazzare per ammiccare alle ragazze che passano, almeno non portarti dietro Shiro! - i due gli risposero con una linguaccia ed una irriverente risata. Anche Actarus si unì all'ilarità generale, e strizzando l’occhio all’amico:
- Senti da che pulpito! - esclamò, canzonandolo: - non dirmi che hai messo la testa a posto, amico mio?
- Ah ah, se dici così vuol dire che non mi conosci bene come credevo! - e scoppiarono a ridere all’unisono. Sentendosi un po’ tagliato fuori da tanta complicità, Tetsuya tornò a concentrarsi sulla strada e sullo scintillante azzurro del mare che iniziava a fare capolino tra dolci colline in lontananza. Contagiato da un clima di tanta serenità, decise che avrebbe messo da parte i propri sospetti, almeno per il momento, e che avrebbe cercato di godersi due giorni di inaspettato relax…
- Ma che cavolo… dove diavolo corre Sayaka? - Tetsuya fece appena in tempo ad accostarsi sulla sinistra, per dare modo ad un’impaziente Sayaka di sorpassarlo. Nei pochi secondi che la fiammante berlina della giovane impiegò per passare avanti, Tetsuya si ritrovò ad incrociare lo sguardo della povera Jun che implorava soccorso. In genere gli occhioni spauriti della sua partner erano quanto occorreva al suo personale allarme interno per attivarsi, e fu così il povero pilota fu costretto a constatare che l'idea del tanto auspicato relax si allontanava sempre di più, proprio come la fiammante berlina di Sayaka.

***
Sembra più un teaser che un capitolo, ma per ogni considerazione: https://gonagai.forumfree.it/?t=76810056

Edited by MicchiUzuki - 19/9/2019, 20:41
 
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view post Posted on 26/9/2019, 19:46     +1   +1   -1
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Ed eccoci con un nuovo capitolo di questa ff senza nome... per esigenze narrative ho dovuto un po' estremizzare i personaggi, ma spero che non risultino troppo caricaturali. In ogni caso, mi cospargo preventivamente il capo di cenere! :innocent.gif:

CAPITOLO 2
L’arrivo degli aspiranti vacanzieri alla locanda fu salutato da una nuvola di polvere sollevatasi in seguito al rocambolesco arresto della vettura di Sayaka, che era giunta per prima a destinazione.

- Siamo arrivate! - annunciò. Le sue parole furono stranamente accolte da uno spettrale silenzio, che la costrinse a scollare lo sguardo dal quadro della macchina per rivolgere un’interrogativa occhiata alle sue 3 passeggere. Ed eccole lì le povere malcapitate, che lentamente riprendevano colore e ricominciavano a respirare. - Tutto bene?- chiese la spericolata sbattendo gli occhioni, con l’espressione più innocente che aveva in repertorio. Gli ultimi chilometri, percorsi come se avessero avuto le armate del Dottor Hell alle calcagna, avevano spento il sorriso anche alla sempre-su-di-giri Maria, che fu la prima a precipitarsi fuori dalla vettura senza proferire parola.
- S-sì grazie, Sayaka… - rispose diplomaticamente Venusia, più per educazione che per altro. - Ora che siamo qui anche meglio. - si affrettò a concludere con un sorriso. A Sayaka venne il dubbio che le parole di Venusia implicassero dell'altro, ma decise di non farci caso ed di limitarsi a ricambiare il sorriso. Dal canto suo, Jun stava ancora cercando di capire se avesse un attacco di cuore in corso. Si slacciò la cintura, evitando accuratamente di guardare Sayaka e concentrandosi solo sul cuore che le batteva a tremila. Nonostante la tentazione di inveire contro la spericolata amica, decise che per solidarietà femminile e per quieto vivere avrebbe fatto appello a tutta la sua pazienza e avrebbe lasciato correre, almeno per questa volta. In fondo, anni di convivenza con quell’amabile personaggio di facile gestione che era Tetsuya Tsurugi l’avevano aiutata a sviluppare tutta la tolleranza che le sarebbe servita in questa e altre sette vite.

L’auto dei ragazzi fu invece accolta da una festante Maria, che si precipitò scodinzolando ad aprire la portiera del fratello.
- Mio Dio, Actarus! Hai visto che meraviglia di posto? - esclamò con una giravolta. Assistendo alla scena dal sedile del guidatore, Tetsuya si guardò intorno interrogandosi sul perché non riuscisse ad individuare l’evidente bellezza di quel parcheggio. Poi però si rese conto che Boss e Shiro mancavano all’appello e decise di concentrare le sue energie sul cercare di contattarli e sperare che non si fossero lanciati in un imprevisto tuffo dal guardrail. Dal canto suo Actarus, sempre composto nel suo regale portamento, ascoltava con un cristallizzato sorriso il fiume di parole che sgorgava dalla bocca della sorellina limitandosi ad annuire, quando Koji spuntò dalle retrovie per pavoneggiarsi davanti alla giovane:
- Sono proprio contento che ti piaccia, Maria! Sai, la prefettura di Kanagawa è famosa per le sue spiagge e la sua incantevole costa!
- Quindi siamo a Kanagawa? - l’entusiasmo di Maria parve aumentare esponenzialmente nell’udire tale rivelazione: - che meraviglia! Ho sentito che si può anche vedere il monte Fuji da certe zone… e poi….

L’incessante cinguettio tra Koji e Maria aveva già sfinito il povero Actarus, il quale pur essendo partecipe della gioia dei due ritrovati piccioncini, sentiva che non avrebbe potuto sopportare oltre quel loro palese (e molesto!) flirtare. Educato sì, paziente pure, regale per ovvi motivi, ma santo proprio no. In più, da qualche secondo, i suoi occhi avevano cercato e finalmente trovato qualcosa che gli stava decisamente più a cuore delle bellezze di Kanagawa: il dolce sorriso di Venusia. Impalata accanto al cofano della macchina di Sayaka, la giovane lo guardava a distanza, con l’aria di chi sta meditando su come e quando passare all’azione. Realizzando che, dal suo frettoloso arrivo sulla terra un paio di sere prima, non gli era ancora stato concesso un momento di intimo ricongiungimento con la sua bella, Actarus si risolse a non indugiare oltre e, dribblando con maestria sorella e amico che gli si erano piantati davanti, con un paio di regali falcate raggiunse l’emozionata fanciulla.
- Venusia… - iniziò sfoderando il consueto sguardo magnetico e sorriso da seduttore.
- Actarus… - fece lei di rimando, augurandosi che nessuno potesse percepire il cuore che le batteva all’impazzata.
- Venusia… - ripetè il principe, prendendole le mani. Jun e Sayaka interruppero immediatamente quello che stavano facendo - controllare l’email di conferma della prenotazione - e si fermarono, tra l’incuriosito ed il divertito, a fare da spettatrici a cotanto sospirato incontro.
- Sei un po’ pallida, - esordì Actarus, a cui, nonostante lo sforzo mentale non era venuto niente di più brillante per rompere il ghiaccio dopo due anni di separazione, - è andato bene il viaggio? - e con questa domanda si guadagnò l’immediata ed eterna inimicizia di Sayaka.
- Cosa? Oh, certo, grazie! - rispose soavemente lei, che via via andava recuperando tutto il colorito perso e anche di più. Restarono un attimo in silenzio, in timida contemplazione l’uno dell’altra: - E.. e tu? - riuscì solo a domandare Venusia, maledicendosi a sua volta per le deludenti abilità oratorie. Per una frazione di secondo, Jun e Sayaka alzarono contemporaneamente gli occhi al cielo, alquanto frustrate per l’andamento della conversazione.
- Benissimo, grazie. Vieni, lascia che ti aiuti con i bagagli! - si offrì prontamente Actarus, conducendola con fare galante verso il cofano aperto. Sperava se non altro di potersi ritagliare qualche minuto con lei, al riparo da occhi e orecchie indiscreti, mentre si avviavano insieme verso la locanda. Venusia accennò ad un ringraziamento, mentre seguiva inebetita ogni movimento del principe, guardandolo come se si aspettasse di vederlo moltiplicare pani e pesci da un momento all’altro.
- S-sì grazie… n-no non c’è bisogno… - balbettava timidamente, quasi stesse cercando di ricordarsi come si articola una frase di senso compiuto. Jun e Sayaka si lanciarono un’occhiata tra il perplesso e l’intenerito.
- Figurati, mi fa piacere! È questa? - continuava cavallerescamente Actarus, stendendola definitivamente con uno dei suoi famosi principeschi sorrisi, mentre armeggiava con sicurezza tra le varie borse nel cofano.
- Ehi Maria, ti serve una mano con la valigia? - fu la domanda che spense seduta stante il sorriso di Sayaka. Con un paio di balzi, Koji piombò tra Actarus e Venusia e, incurante della magia che aveva brutalmente spezzato, si mise a rovistare energicamente nel portabagagli.
- Ma no, non preoccuparti, non vorrei fosse troppo pesante… - ribatteva intanto una cerimoniosa Maria, svolazzando in direzione dell’auto di Sayaka.
- Ma guardatelo… il cavalier servente! - ringhiò quest’ultima tra i denti, stritolando il cellulare come se fosse un bicchiere di carta, mentre bramava di poter fare altrettanto col collo del fedifrago compagno.
- Troppo pesante? - replicava intanto l’incosciente Koji, ancora in palese modalità flirt - ma con chi credi di avere a che fare! - e, sollevato il trolley con ostentata disinvoltura: - Ecco qua, niente di più facile!
Grazie mille, Koji! - cinguettava la principessa, sbattendo amorevolmente gli occhietti.
- Ma di niente! È tutto qui?
- No, in realtà non è tutto qui… - fu la risposta che gli giunse dalla direzione opposta, una risposta che gli fece gelare il sangue nelle vene. Irrigiditosi, Koji si voltò lentamente in direzione di quella voce così familiare, imbattendosi in una espressione che gli era altrettanto familiare.
- Sa..Sayaka, ciao… - balbettò il malcapitato, schiudendo il sorriso più innocente che possedeva.
- Ciao caro Koji… - fu l’immediata, piccatissima replica. - Sono qui da 10 minuti, non te ne sei accorto?
Il giovane balzò come fulminato:
- Ma certo, scherzi? - s’affrettò a rassicurarla lui, scodinzolando vistosamente mentre s’allontanava da una confusa Maria, - ecco, stavo giusto per chiedere anche a te se posso aiutarti con il bagaglio… - concluse con un nuovo, splendente sorriso. Sayaka si limitò per qualche secondo a squadrarlo con sufficienza, senza proferire parola. Poi, proprio mentre Jun e Venusia si chiedevano in quale modo la giovane avrebbe inferto il colpo di grazia, Sayaka gli rivolse un falsissimo sorriso e puntò il ditino verso una sorta di frigorifero fucsia che giaceva nel bagagliaio.
- Qu-quello è… - annaspò il povero Koji, iniziando a rimpiangere il suo cavalleresco gesto, nonché le sue decisioni sentimentali degli ultimi 5 anni.
- … il mio bagaglio. - s’affrettò a completare Sayaka, senza accennare a spegnere il sorriso.
Alle spalle di Koji, Actarus e Tetsuya si lanciarono un’occhiata d’intesa: nella posizione in cui si trovava l’amico, un attacco congiunto Vega-Micene non solo sarebbe stato preferibile, ma anche auspicabile a quel punto. Ma Koji era pur sempre un eroe pluri-salvatore del mondo ed era soprattutto decisamente poco propenso a perdere la faccia di fronte alla sua principessa appena ritrovata. Ignorando tutte le legittime domande che avrebbe voluto rivolgere a Sayaka circa la natura, la funzione e la motivazione legata a quella mastodontica valigia, Koji depose il trolley di Maria, spinse il modesto borsone che portava a tracolla dietro la schiena, e fissando la ragazza con aria di sfida, sollevò con relativa disinvoltura il frigo-bagaglio, poggiandolo sonoramente a terra e afferrandone il manico.
- Ecco qua! - esclamò festante, - vedi? due mani, due valigie… elementare Watson! - concluse il temerario, senza risparmiarle la citazione da sbruffone.
- Due mani, due DONNE, due valigie, razza di dongiovanni! - lo maledisse mentalmente Sayaka, tutt’altro che impressionata dalla performance di lui.
- Allora? che aspettate, andiamo! - Esclamava intanto vittoriosamente Koji, mentre si avviava verso l’entrata della locanda, con al seguito gli incerti Maria, Actarus e Venusia.
- Ti ringrazio Sherlock! - lo canzonò dalle retrovie un’imperterrita Sayaka, mentre chiudeva la portiera della macchina, - sarai così gentile anche da portarmelo su per le scale, vero?
La testa di Koji parve incassarsi tra le sue spalle, ma solo per una frazione di secondo.
Sa-sarà un vero piacere… - rispose tra i denti, senza nemmeno voltarsi. A Maria, che lo guardava con apprensione, non sfuggirono però la fronte imperlata di sudore e la vena che gli pulsava ferocemente sulla tempia.
- Stupido sbruffone… - commentò Sayaka, rimasta volutamente indietro con Jun.
- Però mi dispiace che si sia dovuto caricare anche le mie cose… - replicò l’amica, con aria colpevole. - Poverino, proprio questa volta che abbiamo deciso di partire con un’unica, pesantissima valigia! - ridacchiò tra sé. Sayaka fece un gesto di noncuranza con la mano.
- Beh ben gli sta! Mettersi a fare il gatto morto con quella proprio davanti a me, neanche fossi trasparente… Mi dà il voltastomaco!
- Senti, Sayaka… - percependo il pericolo, Jun si preparò ad intervenire con il predicozzo delle grandi occasioni, ma l’amica l’anticipò.
- Ah, al diavolo! - tagliò corto, dirigendosi finalmente verso l’entrata - facesse quello che vuole, io ho tutta l’intenzione di godermi il weekend! - e in un baleno la sua espressione era passata dall’ira funesta all’incontenibile entusiasmo: - andiamo Jun! dobbiamo assicurarci la camera doppia con vista mare! - esclamò, saltellando allegramente in direzione della locanda.

Rimasta sola, Jun decise di concedersi un paio di minuti per riprendersi dall’accaduto. In mezzo al quel trambusto non si era nemmeno resa conto, fino a quel momento, che Shiro e Boss non erano ancora arrivati, cosa che però non sembrava preoccupare troppo il resto del gruppo. D’istinto iniziò a guardarsi intorno, mentre frugava nella borsetta alla ricerca del cellulare.
- Stanno arrivando, si sono fermati all’autogrill perché Shiro doveva andare in bagno… - proruppe una ben nota voce alle sue spalle, indovinando incredibilmente i suoi pensieri. Jun trasalì e si voltò di scatto, lanciando una preventiva occhiataccia in direzione del suo interlocutore. Tetsuya se ne stava appoggiato al portabagagli, braccia incrociate al petto e consueta espressione torva. Era evidente che l’atmosfera del weekend di vacanza non lo aveva ancora nemmeno lontanamente contagiato.
- Li hai chiamati? Benissimo, grazie. - tagliò corto lei, facendo per andarsene. Un’altra discussione con lui era l’ultima cosa che avrebbe sopportato in quel momento. Intuendo le intenzioni della giovane, Tetsuya si staccò rapidamente dalla vettura e le si parò davanti, bellicoso:
- Mi spieghi che vuol dire che sei in camera doppia con Sayaka? - iniziò, con tono stizzito.
- Significa che dormiamo insieme, - ribatté Jun, con l’aria di chi sta ribadendo un’ovvietà - o pensavi che avrebbe diviso la stanza con Maria?
- Ma… non poteva dormire con Koji? - incalzò lui, visibilmente confuso - o mi sono perso qualcosa?
Jun sospirò, era ovvio che non poteva sottrarsi al confronto con il partner, ed evidentemente aveva un paio di cose da spiegargli:
- Nel caso non te ne fossi accorto gli equilibri nel gruppo sono un po’… particolari. Quindi abbiamo pensato che fosse meglio dividerci tra ragazzi e ragazze, per non creare situazioni imbarazzanti. - Tetsuya assunse l’espressione del bimbo a cui hanno improvvisamente tolto il giocattolo preferito:
- Ma come? E noi come facciamo? - si allarmò, avendo però cura di moderare il tono della voce, in modo da non essere udito da anima alcuna. Jun lo fissò dritto negli occhi, con aria di sfida.
- Non facciamo, - sentenziò - mi pare ovvio. - E, voltandogli le spalle, fece di nuovo per andarsene. Neanche il tempo di mettere insieme tre passi, che la mano di Tetsuya le aveva già agguantato il polso, costringendola a girarsi.
- E dai, Jun… sono tre notti! Mi fai dormire con Kabuto e l’alieno per tre notti!- davanti a quell’espressione da cane bastonato, Jun dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per non scoppiare a ridergli in faccia. A dirla tutta, una parte di lei (una enorme parte di lei) si sentiva profondamente gratificata per l’accorata esternazione del partner, soprattutto perché fino a poco più di sei mesi prima l’immagine di un Tetsuya che la implorava di passare la notte insieme aveva solo popolato i suoi sogni più audaci. Tuttavia Jun era anche consapevole che la posta in gioco era molto alta, e che purtroppo non poteva cedere di un passo.
- Ci sono sempre Shiro e Boss… - concluse freddamente, voltando lo sguardo.
- Ma scusa, non ci sono stanze singole? Potrei prenderne una io così da non destare sospetti … e avere un po’ di privacy per noi due…- insistette lui, impostando scientemente la voce in modalità “seduttore”.
- È una locanda tradizionale, Tetsuya… è già tanto se abbiamo trovato 4 stanze libere.
Davanti a tale affermazione, il persistente pilota del Great fu quasi sul punto di dichiararsi sconfitto. Al contrario, la tenace pilota di Venus era pronta a colpire ed affondare: - Comunque, se è la privacy che cerchi, resta sempre quell’altra soluzione…quella più a lungo termine, diciamo… - iniziò, evasiva. Nella testa di Tetsuya risuonò prontamente l’allarme pericolo.
- Di nuovo con quella storia? - si inalberò immediatamente, - credevo ne avessimo già parlato… e ti ho detto che è troppo presto!
- Ma come fa ad essere troppo presto? - e l’indice della collera di Jun passò da 0 a 100 in un nano secondo, - te lo sei scordato che viviamo insieme da tipo 15 anni?
- Certo, ma dormiamo insieme da tipo 15 mesi, o te lo sei scordato? - replicò lui sullo stesso tono. Jun era livida di rabbia:
- Ma se non sono neanche 7 mesi!
- Appunto! A maggior ragione, è troppo presto!- ribadì lui, cocciutamente. Fu così che la conversazione finì nel solito, ineludibile vicolo cieco. Jun che sbuffava frustrata, mentre Tetsuya le voltava le spalle, incollerito. L’annosa questione del “prendere casa insieme” sembrava davvero un ostacolo tanto insormontabile da mettere alla prova anche l’affiatamento di una coppia che aveva affrontato e vinto ben altre sfide nella vita. Da una parte c’era Jun, benedetta ragazza, con il suo desiderio di indipendenza ed intimità, che non vedeva l’ora di condividere la quotidianità con il suo partner, possibilmente lontana da centri di ricerca e strutture affini; dall’altra lui, Tetsuya, uomo di poche pretese e non propriamente un entusiasta del cambiamento, che si accontentava di condividere la camera da letto, possibilmente al riparo da occhi indiscreti. A ben vedere, tutto si riduceva alla diversa percezione che i due avevano dell’altro in quel particolare momento della loro vita: per Tetsuya, Jun era come una macchina lanciata a tutto gas giù per una discesa; per Jun, Tetsuya era come un autocarro che arrancava in salita… col freno a mano tirato.
- Io vado dentro, tanto è inutile discutere con te! - sbottò infine lei, dirigendosi verso la locanda. In fondo Sayaka aveva ragione, non era il caso di farsi rovinare quella breve, insperata vacanza da stupidi litigi senza senso. Tetsuya decise di non seguirla, un po’ per ribadire il suo disappunto, un po’ perché in effetti non aveva nessuna fretta di andare a fare il terzo incomodo tra Koji ed Actarus. Sarebbe pure rimasto a misurare il perimetro del parcheggio a grandi falcate in attesa di Boss e Shiro, se non fosse giunto l’accorato grido di Maria a metterlo in allarme:
- Oh mio Dio, Koji! Stai bene? - neanche un minuto dopo, Jun si affacciò sulla soglia della locanda, agitando una mano per attirare la sua attenzione:
- Sbrigati Tetsuya, ci serve aiuto! - esclamò preoccupata, - Koji è caduto dalle scale, credo si sia fatto male!
E con quelle premesse, si disse Tetsuya, quasi quasi c’era davvero da sperare in un attacco nemico.

Per commenti, pernacchie, improperi vari :-) : https://gonagai.forumfree.it/?t=76810056

Edited by MicchiUzuki - 5/12/2019, 22:58
 
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Pregiudicato per Girellate

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Nuovo semi-febbricitante capitolo, speriamo non ci siano troppi strafalcioni! :innocent.gif:

CAPITOLO 3

La Yamaguchi Inn, dove il gruppo alloggiava, era una ryokan, una locanda tradizionale su due piani, struttura in legno e pannelli in carta di riso. Aveva un accesso alla grande spiaggia pubblica e uno alle onsen private visto che, come avevano spiegato i coniugi Yamaguchi, proprietari dell’attività, “di qualcosa si doveva pur vivere anche d’inverno”. Quella degli Yamaguchi era una delle locande più antiche e più famose di Kanagawa, ma non certo una delle più lussuose. Figurarsi quindi la faccia di Kazue-san, la signora, quando si era vista varcare la soglia della reception dal celebre e baldanzoso pilota di Mazinger Z, seguito da due deliziose donzelle, nonché da un affascinante e misterioso giovane dall’aria occidentale e dal nobile portamento, uno che “doveva essere per forza un attore”. Per celebrare al meglio l’inatteso arrivo di quel nugolo di ospiti d’eccezione, quel venerdì sera i coniugi Yamaguchi avevano chiuso la locanda e si erano messi ai fornelli per offrire agli stimati clienti un banchetto degno di quella ricorrenza.
E così, un paio d’ore dopo il loro rocambolesco ingresso, e rientrato lo spavento seguito alla caduta di Koji (solo un polso slogato, ossia “un graffio per uno come me!”), l’allegra comitiva sedeva attorno ad una lunghissima tavola rettangolare, imbandita con tutte le specialità regionali ed una generosa selezione di sakè.

- Ecco qui, ragazzi, mangiate pure a sazietà e fatemi sapere se desiderate altro! - si congedò Kazue-san, profondendosi in cerimoniosi inchini.
- Non doveva disturbarsi così tanto per noi, signora Yamaguchi! - replicava intanto un’imbarazzatissima Jun, mentre con la coda dell’occhio rivolgeva furibondi sguardi a Boss, che, presa in parola la sig.ra Yamaguchi, si era avventato sulle pietanze come se fosse stato reduce da uno sciopero della fame di settimane.
- Figuratevi, per noi è un onore avere in questa umile locanda la Mazinger team e i suoi amici!
- Ma che dice? siamo noi ad esservi grati per l’ospitalità, - aggiunse Sayaka rispondendo cortesemente ad un altro inchino - non è vero, Koji?
L’interpellato non rispose, tutto preso com’era a commentare con Maria la foto di un matsuri, e completamente lanciato in quella che sembrava una lezione sulla storia delle tradizioni popolari giapponesi. Il sorriso di Sayaka si tramutò in una smorfia di rassegnazione, mentre in lei si faceva strada sempre più forte il desiderio di rompergli anche l’altro polso.
- Ah il matsuri del quartiere di Chiyo! - si intromise il sig. Taro Yamaguchi, entrato a rimpinguare i rifornimenti di sakè. - La festa più importante della nostra località! Si terrà dopodomani sera, lo sapete?
I volti delle ragazze si illuminarono mentre Shiro e Boss si lanciarono un’occhiata complice, forse pregustando altre leccornie e belle ragazze in kimono:
- Che fantastica coincidenza! Sono così contenta! Grazie Koji!- esclamò Maria, lanciandosi in un improvviso tuffo su Koji, il quale prima arrossì, poi impallidì, incrociando lo sguardo di Sayaka.
- Eh..eh che ti prende, Maria? non è mica il primo matsuri a cui partecipi, no? - annaspò il giovane, cercando di rompere l’imbarazzo.
- Esatto, - s’intromise amorevolmente Venusia, poggiando una mano sulla spalla all’amica - se ne organizzano alcuni anche vicino al nostro ranch, oltre alla festa di Capodanno… vi ricordate quando ci siamo stati insieme? - e con lo sguardo cercò immediatamente Actarus. Il giovane, che sorseggiava in silenzio un bicchiere di sakè, per un attimo apparve come perso nei suoi pensieri. Poi abbassò fugacemente i magnetici occhi azzurri, prima di rivolgerli su Venusia:
- Come potrei dimenticare quei giorni felici… - sospirò, - per non parlare della tua bellezza in abiti tradizionali, Venusia… - colpita e affondata, la giovane sgranò gli occhi e arrossì, senza riuscire ad emettere alcun suono. Dall’altro lato del tavolo, Tetsuya inarcò invece i sopracciglioni, un po’ sorpreso da cotanta esternazione di interesse. Chissà se erano tutti così diretti gli uomini su Fleed nei confronti delle donne. Tetsuya non seppe darsi una risposta, mentre cercava anche di capire se provasse più ammirazione o fastidio nei confronti di quella strana creatura che era il loro regale (e inatteso) ospite. Quasi involontariamente cercò, e subito incrociò, lo sguardo di Jun, che a sua volta lo fissava con un’inequivocabile espressione che sembrava voler dire: “guarda e impara come si trattano le donne, zotico!” Touché. Uno a zero per l’alieno. Per nascondere il suo disagio, e per stemperare l’atmosfera della stanza che si era decisamente surriscaldata, il seccato pilota del Great agguantò un bicchiere e si rivolse cordialmente al signor Yamaguchi:
- Ottimo questo sakè! Posso averne dell’altro, per favore?

***

E così, ben satolli e discretamente inebriati di alcol, i giovani stabilirono che il miglior modo di concludere la serata sarebbe stato in ammollo alle onsen della locanda. Il fatto poi che queste avessero un ambiente riservato agli uomini e uno alle donne fu in effetti provvidenziale, poiché contribuì a stemperare un po’ le tensioni di varia natura che si erano andate acuendo a cena. Graziosamente immerse in vapori e profumi, le ragazze si godevano finalmente un po’ di intimo e meritato relax, interrotto solo dal chiacchiericcio di Maria, che aveva preso a raccontare nostalgicamente a Venusia quanto le fosse mancata la sua vita sulla Terra negli ultimi due anni. La vasca dei ragazzi era invece immersa in un profondo silenzio, a metà tra l’imbarazzato ed il meditativo. Tuttavia, guardandoli in faccia, era facilmente intuibile quali fossero i pensieri che impegnavano le loro instancabili meningi: Shiro si stava chiedendo se non fosse il caso di trovarsi un gruppo di amici più vicini alla sua età e con interessi più affini ai suoi; Boss ispezionava la parete che divideva i due ambienti, sperando di individuare un buco, magari lasciato da qualche precedente pervertito, dal quale riuscire a sbirciare le meraviglie che si celavano dietro quel divisorio; Koji rimuginava su quale scusa inventarsi per convincere Maria a restare un po’ più a lungo sulla Terra, possibilmente senza attirarsi le ire funeste di Sayaka; Actarus, ad occhi chiusi, si domandava quando sarebbe giunta “quella certa risposta” dal dottor Procton a compromettere definitivamente l’atmosfera di vacanza; infine, un tutt’altro che rilassato Tetsuya si divideva tra il tenere sotto controllo Boss e i suoi loschi propositi e il lanciare occhiate indagatrici al principe di Fleed, esaminandolo con la stessa ammirazione e diffidenza con la quale un ornitologo contemporaneo esaminerebbe un dodo.
Intanto, due piani più su, i coniugi Yamaguchi avevano riservato ai preziosi ospiti una sorpresa d’eccezione: avevano messo a loro disposizione un intero piano della locanda, una suite che raramente affittavano alla loro modesta clientela, la quale consisteva in un’ unica, grande stanza in cui i nostri avrebbero potuto vivere e dormire insieme per i successivi due giorni e tre notti.
- Quindi ci fanno fare il bagno separati ma ci fanno dormire insieme? - fu lo spontaneo commento che un confuso Shiro rivolse al fratello.
- Certo che non conosci proprio niente delle tradizioni giapponesi, Shiro! - lo redarguì prontamente Boss, salendo in cattedra: - non lo sai che anticamente nelle famiglie si dormiva tutti in un unico ambiente? E noi siamo proprio come una grande famiglia! - concluse annuendo a se stesso e, mentre avvinghiava il ragazzino in un amichevole abbraccio, lanciava inequivocabili occhiate a Jun, deliziosa nel suo yukata blu a fiori bianchi.
- È davvero gentile da parte della padrona di casa riservarci questo appartamentino… - aggiunse Maria, a cui il relax termale non aveva certo spento l’entusiasmo - in questo modo potremo trascorrere più tempo insieme! Sarà tutto più intimo e più divertente! - concluse sbattendo gli occhioni a destra e a manca.
- Ti piacerebbe - ribatté mentalmente Sayaka, ricambiandola con l’ennesima occhiataccia.
Seduto sul davanzale, leggermente in disparte dal gruppo, Actarus era rimasto a rimirare il cielo stellato, come sua consuetudine. Improvvisamente lanciò un rapido sguardo all’orologio e si alzò:
- Beh io propongo di iniziare a sistemarci per la notte, visto che si sta già facendo tardi… - suggerì, pacato.
La proposta del giovane fu accolta da qualche lieve protesta, soprattutto da Koji, Shiro e Maria. Tetsuya invece riuscì a malapena a soffocare una risatina, avendo realizzato con orgoglio che la palma del più noioso, dell’ “ammazzafeste”per eccellenza, almeno per quella sera non sarebbe toccata a lui.
- Actarus ha ragione - fu la placida voce di Venusia a dar man forte, come sempre, alla proposta del giovane fleediano: - in fondo domani ci aspetta una lunga giornata al mare, e sarà bene fare il pieno di energie!
- Perfettamente d’accordo! - le fece eco Jun, che si era portata avanti col lavoro ed aveva praticamente già steso il suo futon accanto alla parete sotto alla finestra. Previdente come al solito, la bella pilota di Venus si era detta che, onde evitare attacchi molesti ed indesiderati dall’inarrestabile Boss, sarebbe stato meglio coprirsi le spalle…nel vero senso della parola! Attaccando un lato del futon al muro sperava infatti di doversi preoccupare solo di un “vicino di letto”, e a tal fine iniziò a rifilare fugaci occhiatine languide in direzione del suo primo e unico candidato, un quantomai distratto e taciturno Tetsuya, sperando che cogliesse il messaggio. Sfortunatamente per lei, Boss era decisamente il più sveglio quando si trattava di donne e, fiutata immediatamente l’insperata opportunità, agguantò un altro futon e si lanciò come un rapace in direzione di Jun, al grido:
- Io pure voglio dormire sotto la finestra! Jun aspettami, arrivoooo!
Preso in contropiede, ma fortemente deciso a non lasciare impunito questo ennesimo attacco del “rivale”, senza nemmeno rendersene conto Tetsuya attraversò in un balzo la stanza e fu a un passo dall’agguantare Boss per il collo, quando gli giunse, piccata, la voce della bella partner:
- Ah no, non pensarci nemmeno! - esclamò glaciale Jun, atterrando il molestatore con una elementare mossa di judo: - il tuo russare è proverbiale quanto la tua scarsezza in battaglia! - e ciò detto, lasciò il povero ragazzone a lamentarsi a terra con ossa e cuore spezzati, mentre tutto attorno si levavano risatine poco solidali. Ma Jun era una donzella sensibile, e davanti a una scena del genere si sentì talmente in colpa che fu quasi sul punto di scusarsi con Boss ed aiutarlo a rialzarsi, quando si accorse del sorrisetto compiaciuto che le stava rivolgendo il suo Tetsuya, e tanto ci volle perché si dimenticasse immediatamente del povero Boss e iniziasse a crogiolarsi in pensieri di ben altra natura. Dal canto suo, ormai convinto di essersi assicurato un’invidiabile postazione accanto alla sua bella, il prode pilota del Great fece per agguantare un altro futon con l’intenzione di stenderlo, o meglio di piantarlo a mo’ di bandierina vicino a Jun, quand’ecco, inaspettato, il giovane Shiro batterlo sul tempo:
- Dormo io vicino a Jun! - proclamò perentorio, lasciando il fratellastro a guardarselo allibito. Un po’ delusa, Jun si limitò a rivolgere al ragazzino un sorriso di circostanza, prima di incrociare lo sguardo di Tetsuya, che aveva l’aria di un Winnie the Pooh a cui hanno rubato il miele. A Shiro non sfuggì questo singolare scambio di occhiate e malizioso sentenziò, rivolto al giovane:
- Comunque non c’è problema, se vuoi dormire tu accanto a Jun ti cedo volentieri il posto…
- A-assolutamente no! Ma che ti viene in mente? - sbraitò di rimando Tetsuya, più brusco del solito: - non dire stupidaggini! - e voltò loro le spalle. L’enfatica (ed ingiustificata) reazione del pilota del Great non passò inosservata agli altri presenti, come non passò inosservata la scarica di raggi fotonici che gli arrivò seduta stante dagli occhi di una furente Jun.
- Vieni, Shiro, mettiti qui vicino a me. - disse lei amorevolmente, aiutandolo a sistemare il futon: - staremo più freschi sotto la finestra… - e, dal semplice tono di voce della ragazza, Tetsuya realizzò con terrore che avrebbe pagato quell’esternazione più avanti, probabilmente in comode rate mensili.

***

Intanto, approfittando del trambusto generale, Actarus e Venusia si erano appartati in un angoletto nel lato opposto dello stanzone, in cerca di un po’ di insperata intimità. Inginocchiati accanto ai loro futon, sistemavano silenziosamente il coprimaterasso e le lenzuola. I loro occhi si cercavano e si incontravano continuamente: Actarus però sembrava non riuscire a sostenere lo sguardo di lei per più di pochi secondi, pur non esimendosi dal donarle continuamente accattivanti sorrisi. Questo era più che sufficiente per Venusia: da quando lo aveva visto ricomparire nella sua vita così improvvisamente e dopo così tanto tempo, aveva giurato a se stessa che si sarebbe limitata a vivere al meglio ogni momento con lui, senza farsi domande su cosa le riservasse il futuro.
- Sei sicuro che starai comodo?
- Come dici? - la dolce voce di lei aveva sorpreso Actarus a milioni di anni luce, riportandolo prontamente sulla terra.
- Sul futon… - aggiunse sorridendo lei, mentre lo aiutava a sistemare la federa del cuscino. - Non ci hai mai dormito, vero?
Il giovane si lasciò andare ad una risata liberatoria:
- Forse sì… credo mi sia capitato un paio di volte!
- Beh non deve essere stata un’esperienza memorabile, visto che non te ne ricordi… - ridacchiò a sua volta lei, passandogli il cuscino.
- Può darsi, ma nemmeno così drammatica… - le fece eco lui, e, nel ricevere il cuscino, si premurò di sfiorarle romanticamente le mani. Venusia avvampò, ma si guardò bene dal ritirare la mano. Non si sarebbe fatta scrupoli nemmeno se in quel momento Rigel in persona fosse piombato sbraitando nella locanda.
- Non avevamo… futon … alla fattoria… - annaspò ancora la giovane, nell’ammirevole tentativo di mandare avanti la conversazione, nonostante il suo stato mentale. E fu di nuovo un’ombra di malinconia, quella che intravvide nello sguardo del principe.
- Mi manca, lo sai? - sospirò lui, lo sguardo rivolto verso la luna che faceva capolino dalla finestra: - La fattoria Makiba… la nostra quotidianità…persino il buon Rigel! - esclamò sorridendo.
Impulsivamente, Venusia scaraventò di lato il cuscino e gli prese le mani tra le sue. Actarus la guardò ermeticamente, ma non sembrò sorpreso. Infinite erano le domande che tempestavano la mente di lei e che avrebbe voluto rivolgergli: “Perché sei tornato? Quando ripartirai? Mi porterai con te? Ti sono mancata?” Tutte domande legittime, lo sapeva anche lei, ma che conoscendo il personaggio lo avrebbero solo allarmato e fatto chiudere in se stesso come un armadillo spaventato. E poi lei non era più una ragazzina insicura (se mai lo era stata): era una giovane donna che aveva combattuto e sofferto, e che aveva imparato a trasformare la sofferenza in forza. Se solo lui avesse capito, se solo l’avesse vista per quello che era realmente forse…
- Ma quindi io dove dormo? - la civettuola voce di Maria, che si aggirava per la stanza come un fantasma in yukata bianco, destò bruscamente Venusia dai suoi pensieri. Alla giovane bastò un’occhiata all’espressione furente di Sayaka, che si era sistemata accanto alla parete con Koji vicino, per presagire che un’altra tempesta era in arrivo e che, di lì a poco, il loro idillio sarebbe stato interrotto per la seconda volta in poche ore. Donna d’azione, Venusia decise di non rassegnarsi al destino avverso e, ricatturato lo sguardo di Actarus, gli disse soavemente:
- Beh spero che vorrai visitare la fattoria prima di ripartire… mio padre e Mizar ne sarebbero molto felici. - e, non vista, suggellò il tutto con un fugace bacio sulle labbra di lui. Questa volta l’affasciante principe di Fleed accusò un po’ il colpo, sorpreso (e lusingato) da tanta audacia, ma non ebbe modo di proseguire in alcun modo la conversazione, dal momento che, alle sue spalle, si stava consumando un nuovo atto della tragi-commedia “Il triangolo no”.
- Ma che vuol dire io vicino a Boss!? - sbraitava intanto Koji, agitando il pugno che gli era rimasto sano. Sayaka gli fece cenno di star zitto, e gli indicò discretamente il povero amico che, isolato, dolorante e affranto, aveva adagiato il futon in un angolo della stanza e si era coricato sotto le lenzuola senza dire una parola.
- Vuoi veramente lasciarlo lì tutto solo e sconsolato? - lo pungolò ancora lei, rincarando la dose: - Bell’amico che sei, ma non ce l’hai un cuore?
Koji sì, aveva tanti difetti, ma un cuore decisamente ce l’aveva. Mortificato, rivolse un altro sguardo al solitario posto letto di Boss, uno più accigliato a Tetsuya, costretto accanto a Shiro e malamente arrotolato nelle lenzuola con l’aria di uno che stava già scontando un’ingiusta punizione, e infine uno colmo di nostalgico desiderio a Maria, che si stava adagiando sconfitta nel futon accanto a Sayaka.
- Al diavolo… - brontolò, avviandosi in direzione di Boss, mentre si malediceva per il suo senso dell’amicizia e si augurava che questa buona azione fosse servita ad accumulare karma positivo per i prossimi giorni. In effetti, rimuginava tra sé e sé una mezz’oretta dopo, quando le luci della suite si erano spente, sembrava proprio che il destino si stesse accanendo contro di lui, che tanto aveva voluto e si era adoperato per questa breve vacanza. Incapace di dormire, si rigirò sbuffando un paio di volte e trovò molto d’aiuto, invece di contare le pecorelle, passare in rassegna tutte le possibili strategie che lo avrebbero portato, la sera dopo, ad aggiudicarsi il posto dei suoi sogni: quello tra Sayaka e Maria.

Per passare un calmante al pilota dello Zetto, e a tutta l'allegra combriccola: https://gonagai.forumfree.it/?t=76810056

Edited by MicchiUzuki - 10/10/2019, 21:56
 
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Pregiudicato per Girellate

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Nuovo capitolo! Dopo la vivace serata finalmente i nostri riescono a mettere piede in spiaggia...

CAPITOLO 4

Com’era prevedibile, per Actarus quella fu una notte particolarmente agitata. Emozioni e turbamenti vari, uniti al caldo umido di fine luglio, gli avevano preso in ostaggio mente e corpo impedendogli di lasciarsi andare al riposo. Per questo si era alzato ben prima dell’alba e, zigzagando con passo felpato tra i futon dei vari amici addormentati, aveva deciso di recarsi in spiaggia per schiarirsi un po’ le idee e godersi lo spettacolo del sole che nasceva sul mare.
Camminò per qualche metro lungo il bagnasciuga, lasciando che l’acqua gli sfiorasse i piedi: sensazione tutta nuova quella per lui, visto che, durante la sua residenza in Giappone, aveva vissuto principalmente tra montagne e boschi. Tuttavia non poteva negare che quel paesaggio costiero, con il flessuoso arenile che si estendeva per chilometri in intima vicinanza alla cittadina addormentata, i colori del cielo e del mare che si fondevano e quel salutare profumo di salsedine, non aveva davvero niente da invidiare ai luoghi a lui più cari. Si disse che Koji non aveva esagerato nel decantare le bellezze di Kanagawa, e, ripensando alle risate, ai battibecchi e ai banchetti del giorno prima fu assalito da una nostalgica sensazione di appartenenza, di familiarità, alla quale avrebbe voluto aggrapparsi con tutte le forze che aveva. E poi c’era lei, Venusia. Erano bastate poche ore insieme perché i sentimenti che credeva assopiti tornassero prepotentemente in superficie, più invadenti che mai. Ed il comportamento della giovane non lasciava dubbi in merito a ciò che l’essersi ritrovati significasse per lei. Sarebbe riuscito a lasciarla andare anche questa volta? Stringendo i pugni nelle tasche, Actarus improvvisamente si trovò a sfiorare un oggetto che lo riportò suo malgrado alla brusca realtà.
- Padre… - mormorò tra sé, fissando il telefono, ormai muto da ventiquattro ore, tramite cui il Dottor Procton aveva promesso di mettersi in contatto con lui, “non appena avrebbe ricevuto i risultati”. - Devo sapere! devo avere una risposta entro oggi!

***
Un paio d’ore più tardi, dopo essersi ritrovati tutti puntuali all’appuntamento con la colazione, i membri della Mazinger team facevano gradualmente il loro ingresso in spiaggia. Koji e Boss avevano a malapena appoggiato i borsoni accanto agli ombrelloni ancora da piantare e si erano fiondati immediatamente in acqua, trascinando anche Maria tra risate e schizzi. Shiro sembrava intenzionato a seguirli a ruota, ma Tetsuya lo afferrò al volo per la collottola:
- Magari prima aiutami a sistemare ombrelloni e lettini! - lo rimbeccò, acidissimo: - Per chi mi avete preso, per il vostro bagnino personale? - Era evidente che qualcuno si era svegliato male, si disse il ragazzino, o più probabilmente non gli aveva ancora perdonato “l’innocente battutina” della sera prima.
- Non preoccuparti Tetsuya, - si era intromesso cordialmente Actarus: - ci penso io a darti una mano. - La sua offerta fu ricompensata con un’occhiataccia da parte del pilota del Great.
- Grazie, Actarus! - esclamò con gratitudine un sollevato Shiro, sfilandosi rapidamente dalla stretta dell’adirato fratellastro.
- Non scordarti la crema solare! - lo redarguì Sayaka, già in costume e occhiali da sole strategici, con i quali avrebbe potuto monitorare il comportamento di Koji dal bagnasciuga, senza destare particolari sospetti. Shiro sbuffò ed iniziò a rovistare nei vari borsoni a caccia dell’indispensabile lozione, mentre Sayaka strascinava via il lettino verso la riva.
- A..aspetta Sayaka! - la bloccò Tetsuya, raggiungendola con fare circospetto: - Sai dov’è finita Jun? - la ragazza fece per pensarci un po’ su, poi la buttò lì con nonchalance:
- L’ho vista che si appartava col bagnino…
- Che cosa?! - sbottò furente il pilota del Great, pronto ad evocare mentalmente il Doppio Fulmine su tutto il litorale di Kanagawa, quando Sayaka gli scoppiò candidamente a ridere in faccia:
- Rilassati, Otello, è solo tornata in stanza a cambiarsi le infradito, sarà qui a momenti…
Il respiro di Tetsuya tornò a regolarizzarsi, anche se non riuscì a trovare una degna replica per controbattere alla palese presa in giro della collega, che salutò bruscamente con uno “tsk!”, prima di ritornare ad armeggiare con l’ombrellone.

Nel frattempo Actarus aveva apparentemente abbandonato il proposito di aiutarlo, dedicandosi invece ad intrattenere Venusia bagnasciuga, dove li stava raggiungendo anche Sayaka.
Un’occhiata al romantico quadretto e Tetsuya si rese amaramente conto che il compito di allestire la postazione marittima per tutta la combriccola sarebbe toccato proprio a lui e a lui solo. Sconfitto, ma conscio della veridicità del detto “chi fa da sé fa per tre”, il giovane agguantò il bastone dell’ombrellone e si apprestò a scavare con meticolosità un profondo buco entro cui assicurarlo. Tempo pochi secondi, nemmeno sufficienti ad imprecare mentalmente contro il suo aver acconsentito a quella “stupida trovata” di Koji che era la vacanza di gruppo, che un paio di “wow!” seguiti da un fitto chiacchiericcio si levarono a disturbare il suo operato. Più seccato che incuriosito, Tetsuya alzò lo sguardo per capire cosa avesse suscitato tanto scalpore intorno a lui, quando con suo sommo sgomento si rese conto di conoscere alquanto bene la causa di tale agitazione. Bellissima nei suoi bikini e pareo bianchi, grandi occhiali da sole da diva ed aria innocente nell’armeggiare nella sua borsa da mare, Jun sfilava letteralmente lungo il bagnasciuga, inconsapevole di essere l’oggetto degli sguardi (e dei desideri) di una sostanziosa parte dei bagnanti. Sentendo la collera montargli fin dentro le orecchie, ma non riuscendo a trovare un modo per sfogarla che non implicasse spargimenti di sangue, Tetsuya serrò la mascella e tornò ad accanirsi con rabbia sul famoso buco per l’ombrellone. Mai e poi mai avrebbe dato soddisfazione alla sua partner di vederlo così alterato per colpa sua … e del suo audacissimo bikini a triangolo.
- Scusate il ritardo! - salutò leggiadra la fanciulla, avvicinandosi agli amici in riva al mare.
- Eccoti qui! - rispose allegramente Sayaka, ben adagiata sul lettino: - vieni a stenderti vicino a me che si sta benissimo!
- Ben arrivata! - la salutò cordialmente Actarus, concedendosi una fugace distrazione da Venusia.
- Vengo subito! - esclamò Jun, agitando la mano in direzione di Sayaka: - posso prendere uno di questi lettini?
Mentre un indaffarato Tetsuya si limitava a risponderle con un’occhiataccia, Actarus si era già materializzato accanto alla giovane, pronto a dare un’ennesima lezione di bon ton all’accigliato pilota del Great.
- Ecco qui! Lascia, faccio io… - fece galantemente il fleediano, sollevando senza sforzo un lettino e regalandole uno dei suoi sorrisi più accattivanti. - Dove lo preferisci? - Imbarazzata e lusingata, Jun si limitò a sbattere gli occhioni, ricambiando titubante il sorriso. Davanti a quella scena, la già provata pazienza di Tetsuya se ne andò definitivamente a farsi benedire. Aveva tollerato tutto di quell’alieno: che fosse ripiombato sulla Terra dal nulla, che sembrasse saper sempre fare e dire la cosa giusta, che se ne andasse in giro con un’aurea di mistero che non prometteva nulla di buono, che ammaliasse tutti quelli che incontrava sul suo cammino - Kabuto compreso, ma questo no. Che sconfinasse nel suo territorio, attentando alle attenzioni della sua partner, quello era proprio troppo. In realtà per il povero Actarus era del tutto normale intervenire laddove una gentil donzella si fosse trovata in difficoltà, (specie poi se questa gentil donzella era di una bellezza oggettivamente mozzafiato), ma ora che la macchina delle paranoie mentali di Tetsuya si era messa in moto, nulla poteva fermarla.
- Non disturbarti, Actarus, ci penso io… - esordì Tetsuya, comparso fulmineamente in mezzo ai due, con quello che voleva essere un sorriso amichevole ma che invece risultava abbastanza intimidatorio. E, così dicendo, gli sfilò il lettino dalle mani. Per nulla scompostosi, ma anzi abbastanza divertito, Actarus alzò le mani e gli rivolse un sorriso ancora più cordiale:
- Ma certo… - disse solo. - In tal caso, vedrò di rendermi utile in qualche altro modo… - E si diresse a sistemare gli ombrelloni. Jun era ancora un po’ incredula per la scena alla quale aveva assistito, e si sarebbe sicuramente divertita a punzecchiare Tetsuya, se non fosse che, dopo l’infelice uscita di lui la sera prima, l’unica cosa che le avrebbe dato soddisfazione sarebbe stata sbattergli ripetutamente la testa al muro. Si limitò quindi a voltargli platealmente le spalle, non dopo avergli intimato:
- Il lettino puoi sistemarmelo accanto a Sayaka, grazie! - e se ne andò lasciandolo impalato sul bagnasciuga, col lettino in mano e l’aria di chi si è appena beccato il Grande Boomerang sui denti.

***
Intelligentemente, Venusia non era rimasta a fare da spettatrice alla “simil-tenzone” di pochi minuti prima: dopo l’audace mossa della sera precedente, si era infatti imposta di non esporsi oltre nei confronti di Actarus, ma di limitarsi ad osservarlo a distanza per capire se e come avesse elaborato il suo romantico gesto. Inoltre, l’esperienza le aveva insegnato che era totalmente inutile essere gelosa dell’affasciante principe, dal momento che vantava la fila di ammiratrici più lunga, variegata e tenace della galassia. La giovane ne approfittò quindi per raggiungere Koji, Maria, Boss e Shiro in acqua e per distrarsi per qualche minuto con un’improvvisata partita di pallavolo. E così tra scherzi, risate e schiamazzi, si accorse del tempo che era trascorso solo quando realizzò di avere i polpastrelli ammollati ed il naso arrossato per via del riverbero dei raggi sull’acqua.
- Io esco, ci vediamo a riva! - salutò in direzione di Maria, che aveva ora iniziato una battaglia di schizzi con Koji e Shiro, e sembrava aver perso la cognizione del tempo.
- Va bene, a dopo! - le rispose la giovane, inseguita da un divertitissimo Shiro.
- Ehi, Venusia! - la chiamò Koji, quando era ormai a metà strada: - ma dov’è finito Actarus? Perché non gli dici se si unisce a noi?
Realizzando improvvisamente che il principe mancava all’appello, la ragazza prese a guardarsi scrupolosamente intorno. Tuttavia, oltre a Jun e Sayaka che prendevano il sole sul bagnasciuga e a Tetsuya in procinto di tuffarsi, non vide nessun altro accanto alla loro postazione. Per quale motivo Actarus non era lì? Che fosse successo qualcosa? Pur dubitando dell’utilità di quella soluzione, decise di intercettare il pilota del Great prima che si buttasse in acqua:
- Scusami… hai per caso visto Actarus?
Tetsuya si guardò rapidamente intorno, fingendo di non aver minimamente fatto caso alle mosse del principe, quando in realtà “per caso” aveva notato che si era allontanato da almeno una ventina di minuti in direzione della locanda. Si disse però che condividere troppi particolari con la sua interlocutrice sarebbe stato poco saggio, a meno che non volesse apparire come uno stalker. Si limitò quindi a fare spallucce e ad asserire:
- Non saprei, è da un po’ che non lo vedo… sarà andato a fare una passeggiata.
Sul volto di Venusia si materializzò qualcosa di molto vicino alla delusione. Avrebbe potuto anche aspettarmi… si disse con amarezza, ma ritenne non fosse il caso di dare a vedere il suo stato d’animo e concluse, rivolgendo un cortese sorriso a Tetsuya:
- Una passeggiata… ottima idea! Ti ringrazio, andrò a cercarlo! - e si incamminò proprio verso la locanda, lasciando il suo interlocutore a guardarla incuriosito e ad interrogarsi su chi, fra il principe e la sua bella, fosse il più bizzarro.

Senza indugiare oltre, Tetsuya entrò di due o tre passi in acqua. Il ritrovato contatto con l’oceano, per lui così familiare seppure ormai non più parte della sua quotidianità, lo rimisero immediatamente di buon umore. Con un agile tuffo si immerse nelle profondità azzurre, tenendosi a debita distanza dagli schiamazzi di Kabuto e compagnia bella, e lasciandosi cullare finalmente dalle onde e dal confortante garrito dei gabbiani. La rigenerante sensazione dell’acqua sulla pelle e la piacevole spossatezza data dalla nuotata lo catapultarono in un attimo nei luoghi e nelle atmosfere in cui era cresciuto, regalandogli un senso di pace misto a nostalgia che gli fecero completamente dimenticare tutti i malumori delle ultime ore. Così si riavviò verso la riva, purificato nel corpo e nello spirito e talmente in armonia con il mondo, da decidere di offrire il calumet della pace alla sua battagliera compagna. Jun ebbe quasi un colpo nel vederselo riemergere dalle acque proprio lì davanti, e per un attimo perse il filo della conversazione con Sayaka, tutta presa com’era a rimirarselo avidamente da dietro gli occhiali da sole. Tetsuya si scompigliò leggermente i capelli con le mani, sfoderò il sorriso delle grandi occasioni, e si diresse fiero ed impettito verso i lettini delle due ragazze.
- Com’era l’acqua? - gli chiese prontamente Sayaka, onde evitare che la conversazione si tramutasse immediatamente in un battibecco tra i due.
- Fantastica, dovreste approfittarne! - rispose giovialmente lui. Poi lanciò un’occhiata di soppiatto a Jun, imperturbabile dietro i suoi strategici occhialoni. Pur deluso dalla freddezza della ragazza, Tetsuya si risolse a fare lui il primo passo, almeno per stavolta, e si sorprese a chiedersi che cosa avrebbe fatto l'affascinante e spigliato alieno al suo posto. In attesa di una folgorazione che non arrivava, il giovane decise di applicare il motto "la miglior difesa è l'attacco" e, ostentando una sicurezza che non aveva, la buttò lì:
- Ehi Jun, ti va di fare una passeggiata? - Tuttavia la ragazza non lo degnò nemmeno di uno sguardo:
- Perché dovrei, sto benissimo dove sono. - sentenziò, acidissima.
Deluso ed indispettito, Tetsuya incassò il colpo, ma non lo diede a vedere. Jun aveva sempre avuto il potere di fargli perdere le staffe con due parole, e purtroppo doveva constatare che più il loro rapporto si faceva intimo, più la questione peggiorava.
- Fa’ un po’ come ti pare… - fu il lapidario commento con cui il giovane si congedò, prima di ributtarsi di nuovo tra le onde, in cerca di un po’ di quiete.
Non si era neanche allontanato di tre passi, che Jun si abbassò finalmente gli occhiali e gli rivolse un’occhiata dispiaciuta, pur guardandosi bene dal richiamarlo. Accortasi dell’espressione corrucciata dell’amica, Sayaka non poté fare a meno di lasciarsi andare ad una risatina:
- Non posso crederci che stiate giocando a questo gioco! - esclamò, divertita.
- Come dici?
- Dico - proseguì la giovane, lanciando a Jun un’occhiata maliziosa - che non mi sembra abbia molto senso che facciate finta di niente quando lo abbiamo capito tutti che vi siete messi insieme…
- Ma cosa?! Guarda che io… noi… - annaspò la bella pilota di Venus, palesemente presa in contropiede: - come fai a dire una cosa del genere?
Il sorrisetto di Sayaka si fece ancora più malizioso, mentre si abbassava gli occhiali per guardarla dritta negli occhi:
- Evidentemente non siete così discreti come credete…durante i vostri incontri notturni... - sentenziò. La povera Jun impallidì, poi avvampò, mentre sentiva il suo desiderio di privacy farsi vera e propria necessità. Messa alle strette, si rese conto che non aveva molto senso negare, quindi optò per la mezza verità più diplomatica che le venne in mente:
- Beh noi… il fatto è che siamo ancora in fase di rodaggio, stiamo… processando la situazione…
- No ma figurati, che fretta c’è? - la punzecchiò ancora Sayaka, tornando ad adagiarsi contro lo schienale - in fondo sono solo 15 anni che vi conoscete!
Non sapendo che ribattere, né dove guardare, la povera Jun sospirò sconfitta e si tirò su a sedere. Concentrò lo sguardo sul mare azzurro, ed ecco che i suoi occhi furono catturati da quadretto estremamente interessante, qualcosa da poter utilizzare per cambiare bruscamente argomento:
- E invece tu che mi dici del tuo problema? - chiese, volutamente evasiva. L’amica la guardò interrogativa:
- Di quale problema parli?
Jun indicò con discrezione il gruppo che giocava in acqua da oltre un’ora:
- Di quel problema laggiù: quello con gli occhi azzurri e il costume a pois… - affondò, non sentendosi affatto in colpa per aver girato il coltello nella piaga. Sayaka sbuffò, raccolse le ginocchia al petto e vi appoggiò il mento, lo sguardo lontano.
- Diciamo che non sarebbe proprio un mio problema, se solo Koji sapesse comportarsi… - Sentendosi ora in colpa, Jun si affrettò a replicare, con un sorriso poco convincente:
- Capisco… ma sai com’è fatto Koji! Sono sicura che non lo fa con malizia! - In realtà Sayaka sembrava non ascoltarla del tutto, ma appariva assorta nei suoi pensieri:
- A dirti la verità quella ragazza mi fa un po’ pena… - disse, lasciando l’amica abbastanza di stucco.
- Ti fa pena? - ripetè Jun, sperando di non aver frainteso. Sayaka si voltò a guardarla, con l’aria pensierosa:
- Sì… Non hai sentito che cosa diceva ieri sera alle onsen? - l'altra ci pensò un po’ su.
- Parlava della sua nuova vita su Fleed, di come sta collaborando col fratello alla ricostruzione del pianeta… e di come muore di nostalgia tutte le volte che pensa alla sua vita sulla Terra…
- Esatto. - Sayaka tornò di nuovo a sdraiarsi, inforcando gli occhiali: - ha vissuto qui per tanti anni, prima di essere sradicata e costretta a rifarsi una vita in un ambiente a lei totalmente sconosciuto. - Jun annuì alle parole dell’amica, che concluse: - onestamente io non so se riuscirei a sopportare una cosa del genere…

***
Il pannello scorrevole, che fungeva da ingresso della suite, si aprì delicatamente, quel tanto che bastò a destare Actarus dai suoi pensieri. L’esile figura di Venusia, in bikini e jeans corti, si materializzò sull’uscio:
- Ah eccoti qui, Actarus… mi stavo preoccupando…
Il giovane si staccò dal davanzale, sul quale si era appoggiato da ormai qualche decina di minuti, e le si fece incontro.
- Perdonami, non intendevo impensierirti - iniziò apologetico - è solo che faceva molto caldo e… avevo bisogno di un po’ di riparo dal sole.
Venusia inarcò brevemente le sopracciglia, guardandolo con l’aria di una che si sarebbe aspettata una scusa migliore. Anche Actarus si rese conto che avrebbe potuto fare di meglio, ma decise che la cosa migliore fosse virare rapidamente su un altro argomento: - ma ora va molto meglio! - esclamò con ritrovato vigore: - stavo giusto per tornare da voi! Potremmo farci una nuotata tu ed io, che ne dici? - concluse, tentando il colpo di grazia con uno dei suoi magnetici sorrisi. Venusia vacillò un pochino, ma, seppur molto, molto allettata dalla proposta, dovette fare i conti con il suo sesto senso che aveva iniziato a lanciare fortissime grida dall’allarme.
- Actarus… - iniziò, avvicinandosi delicatamente e poggiandogli con dolcezza una mano sul braccio. Al giovane bastò incrociare fugacemente lo sguardo di lei per rendersi conto che era già stato praticamente messo in un angolo. - Non mentirmi, per favore… che cosa c’è che non va?
Ed eccola lì, la temuta domanda. Semplice, diretta, impossibile da evitare. Cosa fare? Actarus passò rapidamente in rassegna le più plausibili risposte con cui avrebbe potuto cavarsi fuori da quell’impaccio, ma più pensava, più gli sembrava di scavarsi la fossa con le sue mani. E poi non voleva, non poteva mentire a quella ragazza. Non poteva guardarla negli occhi e dirle che tutto andava bene, non era questo che lei si meritava. Eppure non poteva essere completamente onesto, perché conoscendo Venusia gli avrebbe immediatamente offerto il suo aiuto e lui non voleva esporla nuovamente. Non quando la natura di quella nuova minaccia gli era ancora del tutto sconosciuta. Combattuto, Actarus si allontanò di qualche passo da lei, dandole le spalle.
- Ecco io… - iniziò, misurando accuratamente le parole: - probabilmente stasera dovrò rientrare al Centro. - Scioccata, Venusia si portò una mano davanti alla bocca. Per risultare più convincente, lui tornò a guardarla negli occhi e le strinse le spalle con le mani: - Ma si tratta solo di una precauzione, ti prego di credermi!
A quelle parole, il sesto senso di Venusia aveva ormai dichiarato lo stato d’emergenza.
- Vengo con te! - fece d’impulso lei.
- No! - ribatté deciso lui. Poi aggiunse, più dolcemente, prendendole il viso tra le mani: - ti assicuro che non ce n’è bisogno. Mio padre… il dottor Procton… sta svolgendo dei test su un reperto che abbiamo rinvenuto qualche giorno fa su Fleed, e mi ha solo chiesto di tornare per verificare alcuni dati.
Venusia si limitò a guardarlo senza rispondere. Una parte di lei riteneva impossibile che Actarus si fosse concesso una vacanza con la minaccia di un attacco incombente, ma d’altro canto Koji era stato parecchio insistente al riguardo. E poi c’era Maria... che lo avesse fatto per lei? Per permetterle di trascorrere un po’ di tempo in spensieratezza con gli amici? Venusia si fidava della prudenza di Actarus e voleva tanto credergli, ma quali che fossero le motivazioni che lo richiamavano alla base, si disse che non poteva lasciarlo andare da solo.
- Di che reperto si tratta? - si limitò a chiedere. Actarus la guardò esitante.
- Se te lo dico mi prometti che non insisterai per venire con me?
Venusia fece per ribattere che no, non avrebbe potuto promettere una cosa del genere, quand’ecco il pannello della stanza aprirsi un’altra volta.
- Perdonatemi, sono venuta a cambiare la biancheria! - esordì un po’ imbarazzata la sig.ra Kazue. Non le ci volle molto per capire di essere entrata nel peggior momento possibile e cercò rapidamente di recuperare a tale mancanza: - ma.. ma posso tornare tra poco, se preferite.
Sorridendo cordialmente, Actarus la tranquillizzò:
- Ma no, non si preoccupi, stavamo andando via! Non è vero, Venusia? - e, cantando mentalmente vittoria per il pericolo scampato, circondò con un braccio le spalle della giovane.
- C..certo - balbettò lei, maledicendo il destino che continuava regolarmente a metterle guastafeste tra i piedi nei momenti meno indicati. La coppia si diresse fuori dalla stanza, scandendo i propri passi con frequenti inchini, che la locandiera ricambiò cerimoniosa. Una volta fuori, Actarus sembrava esser stato improvvisamente assalito da un sospetto buonumore.
- Andiamo Venusia, non vedo l’ora di farmi un bel tuffo! - esclamò precedendola verso la spiaggia, mentre la giovane teneva tenacemente il passo:
- Aspetta, Actarus! Non c’era qualcosa che dovevi dirmi?
Il principe si arrestò improvvisamente, provocando una sorta di fortuito tamponamento a catena con la ragazza, che gli stava alle calcagna. Sull’onda emotiva del momento, sentendo di aver scampato l’inquisizione e soprattutto il rischio di dover trascinare Venusia in una situazione potenzialmente pericolosa, Actarus la prese improvvisamente tra le braccia e le sussurrò:
- Te l’ho detto, non è niente di cui tu debba preoccuparti. E ora andiamo a goderci il resto della giornata… - E così dicendo, si incamminò verso il mare con una paonazza Venusia in braccio, tra gli sguardi invidiosi delle bagnanti e quelli sorpresi ed incuriositi di molti degli uomini, a partire da un quantomai attonito Tetsuya.

- - continua...

Per unirsi agli sguardi invidiosi delle bagnanti, o per ogni altra considerazione: https://gonagai.forumfree.it/?t=76810056
 
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view post Posted on 16/11/2019, 19:03     +1   +1   -1
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Pregiudicato per Girellate

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Complice il lavoro e il "blocco creativo" riesco a postare solo oggi... come vi dicevo è stato un capitolo un po' sofferto, ma spero risulti gradevole. Ci avviciniamo alla parte più "seriosa" della vicenda, con il gran finale tra due capitoli! ;-)

CAPITOLO 5

La fatidica telefonata dal dottor Procton arrivò quella sera, poco dopo l’ora di cena. Il mini ricevitore, che Actarus aveva saggiamente impostato in modalità silenziosa, vibrò furtivamente nella tasca del giovane, il quale, colto di sorpresa, balzò improvvisamente in piedi e, senza proferir parola, si catapultò fuori dalla stanza.
Seduto in un angolo della stanza accanto a Shiro e a Koji, da una ventina di minuti Tetsuya si fingeva interessato all’infinita selezione delle foto scattate in giornata, che il ragazzino stava mostrando ad entrambi. Si trattava principalmente di poco variegate panoramiche della spiaggia o di scatti “a tradimento” che ritraevano vari malcapitati del gruppo in posizioni ed espressioni poco lusinghiere.
- Certo che se la nostra autostima dipendesse dalle tue foto staremmo davvero messi male… non lo credi anche tu, Tetsuya? - commentò Koji, lanciando un’occhiata complice al fratellastro, il quale, per tutta risposta, continuò a fissare il vuoto come ipnotizzato.
- Ehi Tetsuya! Sei tra noi? - esclamò il giovane, tra il sorpreso e lo stizzito. L’altro sobbalzò:
- Come dici? Scusa non ti stavo ascoltando… - Shiro e Koji si scambiarono un’occhiata maliziosa.
- In effetti l’ho notato che sei un po’ distratto in questo periodo… - cominciò laconico il pilota dello Zetto, lasciando che fosse il fratello minore ad assestare il colpo di grazia:
- Mica ti sarai innamorato? - immancabilmente, fu un’occhiataccia di Tetsuya a replicare alla loro frecciata:
- Senti un po’… - iniziò lui con fare circospetto, fissando negli occhi Koji: - non ti sei accorto che quel… ehm.. tuo amico si comporta in modo decisamente strano?
A quelle parole, lo sguardo del ragazzo si incupì:
- Che cosa stai insinuando? - ribatté severamente. Conoscendo Tetsuya, si aspettava un po’ di diffidenza iniziale nei confronti di Actarus, ma tanta persistenza da parte sua cominciava davvero ad irritarlo.
- Dico solo che mi sembra passi parecchio tempo per conto suo… - si affrettò a rispondere Tetsuya, con tono conciliante. - Insomma, che spesso e volentieri sparisca senza motivo… non ci hai fatto caso?
Per tutta risposta, Koji scoppiò a ridere:
- Ma non ti viene in mente che potrebbe avere semplicemente bisogno del bagno?! - replicò, avendo cura di non farsi sentire dalle ragazze, che sorseggiavano tè poco distanti, intrattenute da un nuovamente galvanizzato Boss. - Certo che ti fai sempre più paranoico…
Tetsuya sbuffò, e fu sul punto di controbattere qualcosa di meno diplomatico, quando il pannello scorrevole che si apriva annunciò il ritorno del regale lupus in fabula.
- Va tutto bene, Actarus? - lo salutò premurosamente Venusia. Il giovane ostentò il suo sorriso più rassicurante.
- Ma certo… ero solo andato in bagno.
L’occhiata che Koji lanciò a Tetsuya fece desistere quest’ultimo da ogni tentativo di proseguire con quella conversazione.

***
Appena un paio d’ore dopo la stanza appariva completamente immersa nel buio e nel silenzio, interrotto solamente dal sonoro russare di Boss. Contemplando gli amici così pesantemente abbattuti dal sole e dalla giornata di mare, Actarus constatò con ironia che dove avevano fallito i vari nemici, era invece riuscita una semplice vacanza. Prima di varcare la soglia della stanza per raggiungere la vettura inviata dal centro di ricerca, il suo ultimo sguardo fu per Venusia, che dormiva accanto a Maria, graziosamente avvolta nel lenzuolo. Tale piacevole immagine gli fece tirare un definitivo sospiro di sollievo: la giovane sembrava aver desistito all’idea di accompagnarlo al centro, in particolare dopo avergli strappato la promessa che lei e Koji sarebbero stati prontamente avvisati in caso di necessità. Complimentandosi con se stesso per le proprie capacità persuasive e forte di aver lasciato i suoi amici al sicuro, Actarus scese furtivamente le scale scricchiolanti e varcò con sicurezza la porta della locanda. Davanti a lui, nel quieto parcheggio, un fuoristrada fece rapidamente lampeggiare gli abbaglianti, per segnalare la propria presenza. Senza indugiare oltre, il giovane si avviò in direzione della vettura, quando una poco amichevole voce maschile lo sorprese alle sue spalle:
- Dove te ne vai così di corsa nel cuore della notte, eh Principe di Fleed?
- Tetsuya… - Actarus sospirò, irritato più dalla perdita di tempo che dal tono del giovane. In realtà una parte di lui avrebbe voluto puntualizzare che era decisamente molto più sospetto un tipo che se ne stava appostato fuori dalla porta di una locanda, completamente da solo e al buio: - ti sei messo a fare il cane da guardia? - chiese in modo provocatorio. Prevedibilmente, Tetsuya scattò irritato e con un balzo gli si parò davanti:
- Non che siano fatti tuoi, ma non riuscivo a dormire… - poi continuò, lanciandogli un’occhiata bieca: - Tu piuttosto… vuoi spiegarmi una buona volta che sta succedendo? Possibilmente senza mentire… - concluse puntandogli il dito al petto. Al povero principe non restò che sospirare rassegnato ed arrendersi all’idea di dover vuotare il sacco. In fin dei conti, Tetsuya si sarebbe potuto rivelare un valido alleato in caso di necessità, e soprattutto, considerò amaramente Actarus, quello era il modo più rapido ed efficace per levarselo dai piedi.
- D’accordo, ti dirò tutto… - capitolò il fleediano mentre spingeva Tetsuya a qualche passo di distanza dall’entrata, per evitare altre orecchie indiscrete.

- Accidenti, da qui non sento niente! - nascosta dietro la porta socchiusa, Jun e le sue orecchie indiscrete sbuffavano con frustrazione. Era stata svegliata poco prima da strani movimenti all’interno della stanza e, accortasi che il futon di Tetsuya era vuoto, si era avvolta nel suo yukata ed era scesa a cercarlo. Magari, si era detta speranzosa, nella quiete della notte avrebbero potuto parlarsi apertamente, come non riuscivano a fare di giorno… Tuttavia, la scena che si era trovata davanti era stata tutt’altro che tranquillizzante: Tetsuya e Actarus, uno di fronte all’altro in stile duello western ravvicinato, immersi in una tensione a dir poco palpabile.
- Ma che diavolo succede… - in quel momento, uno scricchiolio proveniente dalle scale la fece sobbalzare. Venusia si era materializzata alle sue spalle, completamente vestita e con le scarpe in mano. Prima ancora che Jun potesse travolgerla con lo tsunami di domande che la stava assalendo, la ragazza si pose eloquentemente un dito sulle labbra e le fece cenno di spostarsi dall’entrata. Jun obbedì automaticamente, incapace di dare un senso a quella situazione.
- Va tutto bene - si decise finalmente a mormorare Venusia, indovinando i pensieri dell’altra: - di’ a Koji e Maria di non preoccuparsi per favore, saremo di ritorno entro domani sera. - a quelle parole, Jun si limitò a sbattere gli occhioni confusa, ma prima ancora che potesse articolare una risposta di senso compiuto, vide Venusia scattare come un ninja verso il fuoristrada, palesemente non vista né da Actarus né da Tetsuya che ancora parlottavano di spalle. I due si allontanarono un paio di minuti dopo: Actarus, finalmente libero da ostacoli, si mise a correre verso la vettura che lo aspettava e Tetsuya si diresse con passo deciso verso la locanda. Un’occhiata allo sguardo di lui e Jun capì immediatamente che il “tutto bene” paventato da Venusia non rispecchiava nemmeno lontanamente la realtà. Ormai ufficialmente allarmata e seccata da tutti quei misteri, la battagliera fanciulla si parò, mani sui fianchi, davanti all’entrata. Colto alla sprovvista, Tetsuya le franò quasi addosso.
- Jun! - esclamò sorpreso - poi la strattonò via dalla porta, per evitare di svegliare quelle poche anime che ancora riuscivano a dormire: - si può sapere che ci fai qui?
- Potrei farti la stessa domanda! - ribatté lei sfilando bruscamente il braccio dalla stretta di lui: - ti dispiace spiegarmi che sta succedendo?
Questa volta fu il prode pilota del Great a dover ammettere che la verità era probabilmente la via più celere ed indolore per cavarsi da quell’impaccio. Strinse dunque le spalle della sua compagna, per costringerla a guardarlo, e poi iniziò con aria solenne:
- Ascoltami bene, non abbiamo molto tempo. C’è un problema al centro del dottor Procton… - Jun assunse un’espressione grave, mentre Tetsuya sembrava ponderare accuratamente le parole: - Actarus mi ha spiegato di che si tratta, non credo sia un’emergenza, ma è bene che anche io torni subito all’Istituto e mi metta in stand by, in caso ci fosse bisogno…
- Del Grande Mazinga? - lo interruppe la ragazza, ora decisamente allarmata.
- Esatto…
- Ma non è il caso di svegliare Koji e ripartire tutti?
- Actarus mi ha chiesto espressamente di non farlo. Dice che non c’è motivo di allarmare Maria e Koji. Vuole che la sorella si goda qualche giorno di spensieratezza… - Concluse Tetsuya annuendo convinto alle sue parole. Jun abbassò gli occhi, chiedendosi sospettosa che fine avesse fatto tutta la diffidenza di Tetsuya nei confronti del fleediano. In effetti, anche lei comprendeva le motivazioni di Actarus e si fidava del giudizio del suo partner, tuttavia la potenziale minaccia la riportò immediatamente in modalità guerriera. Jun sapeva cosa doveva fare. Determinata alzò gli occhi, che incontrarono immediatamente quelli di Tetsuya. Fece per palesare la sua intenzione di ripartire con lui, ma fu bruscamente anticipata:
- Voglio che anche tu resti qui… - intimò il giovane, intuendo ancora una volta cosa le passava per la testa.
- Che cosa? Ma perché? Non posso darti una mano con Venus?
- Per ora non mi sembra ci sia bisogno di un’eccessiva mobilitazione… - fu la diplomatica risposta di lui, che scalpitava invece all’idea di recuperare le chiavi della macchina e tornare a Tokyo il più in fretta possible. Accorgendosi dell’occhiata stizzita di Jun, Tetsuya capì che sarebbe stato più saggio cercare un’altra argomentazione: - davvero, Jun. - iniziò prendendole il viso tra le mani: - ho bisogno di saperti qui. Sarai il mio punto di contatto in caso di emergenza. Fidati di me…
La ragazza gli rivolse uno sguardo di malcelato disappunto, ma si rese conto che in effetti quella era la soluzione migliore per tutti.
- E va bene, farò come dici… - convenne con tono deluso: - ma sta’ attento per favore.
Tetsuya le rispose sfoderando il suo sorriso più riconoscente, prima di avviarsi fulmineamente su per le scale.

***
Nel frattempo la corsa di Actarus era giunta al termine: il principe aveva fulmineamente raggiunto il fuoristrada e, tuffandosi letteralmente sul sedile del passeggero, aveva esordito:
- Scusa il ritardo, Hamada! Possiamo andare! - Tuttavia, tutto preso com’era ad allacciarsi la cintura, non aveva fatto caso alla scarsa reattività del guidatore. Quando finalmente si voltò a guardarlo, trovò Hamada che lo fissava a sua volta con aria incerta: - Che succede? - incalzò, impaziente. L’altro replicò con un impercettibile movimento del capo verso il sedile posteriore.
- Perché temporeggi, Hamada? - si intromise dalle retrovie la voce di Venusia - Abbiamo già perso abbastanza tempo!
Appena realizzato quello che stava succedendo, il povero Actarus effettuò una torsione quasi innaturale del busto che lo portò pericolosamente vicino a strozzarsi con la cintura di sicurezza.
- Venusia! - esclamò allarmato, comprendendo in un solo instante come lui e le sue supposte “capacità persuasive” fossero stati completamente sbeffeggiati. - Ma… tu… io… si può sapere perché…- boccheggiò, cercando di reprimere la collera che tutti i contrattempi di quella serata gli avevano finalmente fatto montare.
- Vuoi veramente metterti a discutere ora? - fu la comprensibile risposta di Venusia: - non è il caso di raggiungere il centro il prima possibile piuttosto?
Actarus crollò sfinito contro lo schienale, gli occhi al cielo. Conoscendo la determinazione, ma anche l’altruismo e lo spirito di sacrificio che caratterizzavano Venusia, non capiva come avesse anche solo potuto dubitare del fatto che lei lo avrebbe seguito. In fondo, però, erano proprio queste le doti che ammirava di lei, con le quali quella semplice e coraggiosa fanciulla lo aveva irrimediabilmente conquistato. Il principe si voltò di nuovo verso di lei, questa volta regalandole un sorriso riconoscente:
- Hai ragione, sarà meglio mettersi in viaggio. - le disse porgendole la mano, che lei prontamente strinse tra le sue: - Ti racconterò tutto strada facendo.
- Non aspetto altro… - gli fece eco una trionfante Venusia, ricambiando il sorriso.

Le tre ore di viaggio che separavano Kanagawa dal centro per le ricerche spaziali sembravano scorrere al rallentatore. Actarus ne aveva approfittato per mettersi in contatto nuovamente con Procton, per informarlo della loro posizione, e intanto teneva sveglio il povero Hamada con continue domande e supposizioni in merito al misterioso reperto. Complice il sonno (erano partiti all’una passata, ed erano ormai in viaggio da oltre due ore), Venusia stentava a mettere insieme tutti i tasselli del puzzle presentatole da Actarus.
- Quindi sei sicuro al 100% che questa capsula per viaggi intergalattici sia l’unica presente su Fleed? - gli chiese dopo un’altra lunga pausa, che aveva fatto ripiombare la vettura in un sonnolento silenzio. Il giovane continuò a fissare un punto indefinito sulla strada davanti a lui:
- La nostra guardia sta continuando ad effettuare giri di ricognizione, ma a tutt’oggi non è stato rinvenuto niente di simile in nessun’altra area del pianeta. Ho incaricato i miei uomini più fidati di continuare le ricerche, e ho chiesto loro di tenersi quotidianamente in contatto o con me o con il centro.
- E non c’è modo di sapere da quanto tempo si trovi lì? - questa volta Actarus si voltò, guardandola con aria pensierosa:
- Purtroppo no… - disse cupamente: - potrebbe trattarsi di settimane, oppure di mesi… ma come ti dicevo, appena rinvenuta la capsula ed effettuati i primi test con i mezzi che avevamo a disposizione, siamo subito partiti per farla analizzare anche dal dottor Procton.
- E non vuoi dirmi che cosa ha scoperto?
Actarus si lasciò sfuggire un sospiro:
- Mio padre mi ha solo detto che aveva qualcosa da mostrarmi, per questo ci siamo accordati che sarei ripartito prima. Ma non so altro… - Concluse, voltando lo sguardo. Vedendolo così inquieto, Venusia si sporse verso di lui e gli poggiò delicatamente una mano sulla spalla:
- Hai fatto la cosa giusta… vedrai che ci sarà una spiegazione più che logica. E poi… - aggiunse abbassando timidamente gli occhi e con voce rotta dall’emozione: - sono sicura che il dottor Procton sarà stato felicissimo di ricevere la tua visita. Noi tutti lo siamo stati…
- Venusia… - sussurrò il giovane dolcemente, accarezzandole il viso.
- È… è vero - si intromise un imbarazzatissimo Hamada, per stemperare un po’ la romantica atmosfera che si stava creando all’interno dell’auto: - ci ha fatto veramente piacere rivedere te e Maria dopo così tanto tempo.
Ricompostosi, Actarus si lasciò andare ad una sommessa risata:
- Mai quanto ha fatto piacere a noi ritrovare voi! Non so neanche io come ho fatto a tenere Maria lontana dalla Terra per due anni!
- Lontana dalla Terra… o da Koji? - insinuò maliziosamente Venusia, sollevata che il giovane avesse ritrovato il buonumore, almeno per il momento.

Fortunatamente, a oltre 100 chilometri di distanza, la giovane principessa di Fleed dormiva ancora troppo pesantemente per accorgersi delle orecchie che le fischiavano in piena notte.

Per fischi all'autrice, o consigli su come uscire da blocchi creativi: https://gonagai.forumfree.it/?t=76810056
 
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Penultima puntata!

CAPITOLO 6

Arrivarono alle prime luci dell’alba. Il centro era immerso in una quiete surreale, quasi onirica, che non lasciava presagire nessun pericolo incombente. Mentre si avviavano silenziosamente per i corridoi deserti, Venusia non poté fare a meno di chiedersi se a quell’ora avrebbero buttato giù dal letto il povero dottor Procton e si sentì terribilmente in colpa. Neanche a dirlo, invece, lo scienziato era già più che operativo in sala controllo, insieme ad un nugolo di insonni che tenevano gli occhi incollati ai monitor con aria concentrata.
“Ben arrivato, figliolo…” fu il saluto che il dottore rivolse ad Actarus, non appena lo vide comparire sulla soglia della sala controllo. Quindi, accortosi della figura di Venusia alle spalle del giovane, gli rivolse una vaga occhiata interrogativa.
“Padre” esordì Actarus facendoglisi incontro e stringendogli entrambe le mani “perdonami se ti ho fatto aspettare! Ho fatto … abbiamo fatto il prima possibile.”
Procton annuì, abbracciando con lo sguardo entrambi i giovani. Non poteva negare che gli facesse un certo effetto riavere Actarus lì, un misto di nostalgia e familiarità, come se il figlio adottivo non se ne fosse mai andato, ma allo stesso tempo fosse di nuovo sul punto di partire. Tuttavia, da uomo razionale qual era, dovette riprendere immediatamente il controllo delle sue emozioni: una questione molto più pressante attendeva di essere discussa.
“Venite” disse, facendo loro strada verso la mensa “ sarete affamati. Vi spiegherò tutto davanti ad una buona colazione.”
Pur scombussolati dal viaggio e tesi al pensiero di ciò che li aspettava, Actarus e Venusia approfittarono della generosa offerta del dottore per rifocillarsi. Procton li osservò per un po’ in silenzio, meditando su come affrontare il discorso.
“Dunque, padre…” esordì dopo poco Actarus, non riuscendo a trattenere un po’ di impazienza “cosa sai dirmi di quella capsula?”
“Niente che non ci abbiano già confermato le analisi di Fleed.” Lo scienziato assaporò un altro sorso di caffè, prima di proseguire: “Si tratta di una capsula biposto per viaggi interplanetari, la cui tecnologia fino ad ora non è stata pervenuta su nessun altro pianeta…”
“Tutto qui?” incalzò il giovane, avendo come l’impressione che non fosse tutto lì. Procton sospirò:
“In realtà ieri mattina ci siamo accorti di un minuscolo localizzatore, ben nascosto all’interno della capsula…”
“Un localizzatore?” scattarono all’unisono Actarus e Venusia: “Ma… è in funzione?” continuò la ragazza, iniziando a farsi prendere dal panico. Procton annuì, sbrigandosi ad aggiungere:
“Non volevo allarmarvi telefonicamente e a dirvi la verità non credo ci sia motivo di preoccuparsi eccessivamente, ma…”
“Ma?” incalzarono nuovamente i due, che ormai pensavano e reagivano all’unisono.
“Il nostro radar ha individuato un’astronave che sta per entrare nell’atmosfera… è a circa 5 ore dalla nostra posizione…”
“Che cosa?!” si allarmò Actarus, mentre Venusia cercava di riprendere fiato. “Ma padre!”
“Capisco la vostra reazione” ribatté uno stranamente pacato Procton “ma credetemi, si tratta di una singola astronave di modeste dimensioni…”
“Credi si tratti di una missione di salvataggio?” chiese Actarus tentando di recuperare un contegno.
“Avrebbe senso” continuò finalmente Venusia, lo sguardo pensieroso “magari stanno solo cercando di rintracciare questi fuggitivi, e non hanno intenzioni ostili…”
“Ma non possiamo rischiare!” concluse perentorio il giovane, rivolgendo uno sguardo severo ora a Venusia, ora al suo padre adottivo.
“Certo che no…” lo avallò prontamente Procton “per questo ti consiglierei di uscire con Goldrake tra un paio d’ore e di andar loro incontro…” Actarus annuì meccanicamente “per carpire quali siano le loro intenzioni…”
“E tenerli lontani dai centri abitati…”
“Esatto” Concluse il dottore alzandosi. “Ti fornirò subito le coordinate di una località sicura. ”
“Aspettate!” si intromise Venusia, alzandosi a sua volta e rivolgendo uno sguardo preoccupato ad Actarus: “Sarà meglio avvisare anche Tetsuya. Avere il Grande Mazinga nei paraggi potrebbe rivelarsi utile in caso di spiacevoli sorprese…”
“No, non credo sia necessario, Venusia. In fondo, si tratta solo di una modesta astronave…” Actarus sembrava sicuro delle sue parole. “Goldrake sarà più che sufficiente, non credi anche tu, padre?”
“Dimentichi il Goldrake 2…” ribatté prontamente lei, con l’aria di chi non si aspetta di essere contraddetta. Padre e figlio si scambiarono una rapida occhiata d’intesa, fu quindi Actarus a tentare di prendere la parola:
“Ascolta Venusia…”
“Actarus ti prego!” lo interruppe subito la ragazza, portandoglisi davanti e cercando con determinazione i suoi occhi: “non sono venuta fino a qui per restare a guardare…”
Procton fece per prendere la parola ed accorrere in soccorso del figlio, quando lo vide sorridere, non con arrendevolezza, ma con un’espressione di tenera consapevolezza.
“E va bene…” acconsentì, ponendole una mano sulle spalle, “ del resto se ti dicessi di no, sono sicuro che troveresti un modo per infilarti nella mia cabina di pilotaggio…” Venusia gli strizzò l’occhio, divertita. “Ma resta dietro di me e attieniti strettamente alle mie indicazioni, per favore.” Concluse con tono più fermo il giovane.
“Sissignore!” Venusia annuì sorridendo, mentre Procton si lisciava i baffi, assistendo un po’ attonito a cotanto siparietto.

***
“Qui Procton a Goldrake… Actarus, mi ricevi?” circa tre ore dopo, Actarus e Venusia sorvolavano una fitta foresta di conifere, la tipica vegetazione dell’Hokkaido.
“Qui Goldrake, siamo a T-10 dalla zona indicata!” replicò il pilota, lo sguardo ora sul radar, ora a scrutare l’orizzonte.
“Tenete gli occhi aperti, ragazzi” fu l’appello di Procton “dovreste trovarveli davanti a breve…”
“Ricevuto!” esclamarono all’unanimità Actarus e Venusia.
“Actarus il mio rilevatore di frequenze sta captando qualcosa!” comunicò la giovane all’interfono, appena un paio di minuti dopo. “Li vedo! A ore 2!” esclamò poi, con voce concitata. Actarus volse lo sguardo nella direzione indicata da Venusia. Respirò profondamente, cercando di ignorare la morsa che gli attanagliava lo stomaco.
“Resta dietro di me!” riuscì solo ad intimarle, mentre metteva a fuoco la grigia astronave, in realtà più grossa di quanto preventivato, che si avvicinava inesorabile.
“Actarus, che cosa vedi?” incalzò Procton, mentre il resto dei suoi collaboratori si radunava prontamente davanti al monitor.
“Confermo che si tratta di un oggetto volante non identificato… ma di una tipologia finora mai avvistata. Un momento!” scattò poi, zoomando su qualcosa che aveva catturato la sua attenzione.
“Di che si tratta?” chiesero concitati dalla base.
“C’è qualcosa sul fianco dell’astronave…”
“Lo vedo!” confermò Venusia “sembra uno smeraldo…”
Actarus tacque per una frazione di secondo, quindi riprese, con voce che suonava più rilassata:
“È uno stemma. Credo si tratti del pianeta Emerald, un satellite di Ruby…”
Mentre Venusia e Procton cercavano di inferire se si trattasse o meno di una buona notizia, videro Goldrake arrestarsi improvvisamente.
“Actarus!” chiamò immediatamente Venusia, allertandosi.
“Che succede figliolo?”
“Stanno… cercando di comunicare…” per un attimo, il Centro Ricerche e il Goldrake 2 furono immersi in un silenzio carico di tensione. Dopo una breve pausa, giunse di nuovo, confortante, la voce di Actarus: “Dicono che vengono in pace.”
“Ne sei sicuro?” fu la comprensibile replica del dottor Procton.
“Questo è quello che mi hanno detto… e parlano un ottimo fleediano…” ribatté candidamente il pilota di Goldrake.
“Che cosa vogliono?” si intromise Venusia, andando dritta al sodo.
“Stand by” fu la perentoria risposta di Actarus “sto cercando di capirlo anche io…”
“Va bene, restiamo in attesa!” Concluse Procton, prima di rivolgersi a uno dei suoi collaboratori:
“Hayashi, cosa sappiamo del pianeta Emerald?”
“Mi metto subito a ricercare informazioni, dottore!” rispose prontamente l’interpellato.
“Dottore!” chiamò Hanada, dall’altro lato della sala “venga a vedere! Il radar ha appena captato un altro oggetto che si sta avvicinando a velocità incredibile!” Procton impallidì, e si precipitò di nuovo all’interfono:
“Actarus, Venusia! Fate attenzione! C’è un altro oggetto in avvicinamento!”
“Che cosa?” esclamò la giovane, rispondendo per prima alla comunicazione.
“PUGNO ATOMICO ROTANTEEE!”
Prima ancora di capire cosa stesse succedendo, un boato assordante squarciò l’aria, mentre una sorta di razzo in rotazione si manifestava nel campo visivo del pilota di Goldrake.
“MAGLIO PERFORANTEEE!” comandò di riflesso Actarus, riuscendo ad intercettare l’arma a pochissimi centimetri dall’astronave emeraldiana. “Ma che diavolo?” imprecò quindi il giovane “È Tetsuya!!”
In pochi secondi, ecco l’imponente ed intimidatoria sagoma del Grande Mazinga comparire ad ovest, solo per arrestarsi a qualche metro di distanza dai presenti.
“Actarus!” chiamò a gran voce un seccatissimo Tetsuya, “che sta succedendo qui? Credevo avessimo un accordo!” e si apprestò ad agguantare il Grande Boomerang sul torso del suo robot.
“Lo avevamo!” ribatté immediatamente un altrettanto seccato Actarus “e infatti ti avrei chiamato se ce ne fosse stata necessità!” e, ciò detto, si precipitò sul Great per bloccargli le mani.
“Che diavolo credi di fare?!” protestò con veemenza il pilota di Izu, ingaggiando prontamente un corpo a corpo con Goldrake.
“Smettetela!” tuonò fermamente Venusia, “Tetsuya, questi visitatori non hanno intenzioni ostili, datti una calmata!” Nel frattempo, i poveri emeraldiani, confusi dalla situazione, avevano sospeso tutte le comunicazioni e si stavano allontanando in tutta fretta dalla scena.
“Dannazione!” si allarmò Actarus, cercando di divincolarsi dalla stretta dell’altro robot. “Sono Duke, principe di Fleed!” esclamò all’interfono, riprendendo il contatto con l’astronave emeraldiana. “Avete espresso il desiderio di un colloquio, ebbene fermatevi e parliamo!”
“Ma che lingua parla?” chiese un confuso Tetsuya, le cui competenze in fleediano erano decisamente scarse.
“Niente che tu abbia mai sentito prima, direi…” commentò lapidaria Venusia.
In seguito all’accorato appello del principe, l’astronave sembrò esitare un po’ prima di arrestarsi. Goldrake, il Goldrake 2 e il Grande Mazinga la tallonavano tenacemente, ma fortunatamente gli emeraldiani atterrarono non appena individuata una radura adatta.
“Aspettatemi qui, per favore!” intimò Actarus agli altri due piloti “Non voglio che si sentano intimiditi!”
“Ma… sei sicuro che sia prudente?” Per quanto si fidasse dell’istinto del giovane, Venusia non poté trattenere una nota di preoccupazione.
“Non mi sembra una grande idea!” le fece eco Tetsuya “Non sappiamo neppure che cosa vogliono!”
“State tranquilli! Il pianeta Emerald è da sempre un pianeta pacifico e neutrale, non credo abbiamo nulla da temere! E comunque sarò solo a pochi metri da voi…” si affrettò ad aggiungere, per placare ogni dissenso sul nascere.
“D’accordo restiamo in stand by…” fu la replica di uno stranamente obbediente Tetsuya “non che potremmo partecipare alla conversazione, del resto…”

***

Dal basso promontorio sul quale si era posteggiata, Venusia non aveva una chiara visione della radura, teatro di quel non previsto incontro interplanetario. Le sagome di Actarus e del capo della spedizione emeraldiana, che si trovavano a colloquio, erano completamente nascoste da una fitta vegetazione che la sua telecamera non riusciva ad eludere. La posizione di Tetsuya era invece più privilegiata, dal momento che il Grande Mazinga era ben piantato a poche decine di metri dalla radura e che il suo testone svettava sulla maggior parte degli alberi. Il giovane cercava di tenere Venusia aggiornata quanto poteva, ma dopo oltre quaranta minuti l’incontro tra Actarus e quello smilzo essere dalle sembianze umane e dalla carnagione bluastra non sembrava promettere particolari sorprese. Inoltre, una decina di minuti prima Tetsuya aveva ricevuto anche la telefonata di un furibondo Koji, che gli aveva sbraitato contro tutto quello che pensava di lui e di questa loro trovata di sparire nel cuore della notte senza metterlo al corrente di una situazione potenzialmente pericolosa. Complice la tensione per l’attesa e la stanchezza per la notte insonne, al povero pilota del Great non era rimasto altro da fare che lasciar sfogare il fratellastro e promettergli tutte le dovute spiegazioni appena si sarebbero rivisti.
Tamburellando nervosamente le dita sulla cloche, Tetsuya sentiva tutta l’adrenalina delle ore precedenti scivolargli via, lasciandolo spossato e svuotato di ogni energia. Crollato pesantemente sullo schienale, la radio silenziosa da qualche minuto, il giovane era sul punto di cedere al sonno, quando i suoi occhi furono catturati da nuovi movimenti nella radura. Tetsuya agguantò prontamente il trasmettitore:
“Venusia, mi ricevi? Sta succedendo qualcosa…”
“Che cosa vedi?” fu l’immediata risposta della pilota. La telecamera del Great zoomò sulla parte anteriore dell’astronave grigia, dove si stava lentamente aprendo un portellone.
“Credo che stia scendendo qualcun altro… teniamoci pronti!”
“Ricevuto!”
La tensione a bordo del Great si sciolse quando Tetsuya realizzò che la figura scesa dal veicolo spaziale e che aveva lentamente raggiunto Actarus e il suo interlocutore era quella di un uomo anziano dall’aria tutt’altro che temibile.
“Contrordine…” annunciò il pilota all’interfono “si tratta di un innocuo vecchietto che sembra a malapena reggersi in piedi…” Venusia tacque per qualche secondo, prima di chiedere ulteriori dettagli al collega. “Actarus gli ha stretto la mano, e ora si stanno separando dal capo della spedizione… solo che…”
“Solo che?”
“Beh pare che il vecchio stia salendo a bordo del Goldrake!”
“Ne sei sicuro?” domandò Venusia, titubante. Nel frattempo l’astronave emeraldiana, dopo aver riammesso a bordo lo smilzo interlocutore di Actarus, aveva acceso nuovamente i motori per riavviarsi da dove era venuta. Proprio mentre l’idea di mettersi in contatto col pilota di Goldrake attraversava le menti di Tetsuya e Venusia, il volto stanco ma rilassato del principe comparve sui loro monitor.
“Qui Goldrake, mi ricevete? La situazione è sotto controllo, possiamo rientrare alla base”.
“Aspetta, Actarus” replicò prontamente Venusia “chi è quell’uomo che è a bordo con te?”
Il giovane sorrise, lanciando un amichevole sguardo verso il suo passeggero:
“È un nostro ospite…Tranquilli, vi spiegherò tutto una volta arrivati al Centro!”

***

In effetti i due piloti non chiedevano altro, tuttavia, una volta arrivati al centro, dovettero aspettare che l’anziano ospite fosse accolto, decontaminato, rifocillato e sottoposto ad un altro colloquio con Actarus e il dottor Procton. Fu solo un paio d’ore dopo che il principe di Fleed raggiunse Venusia e Tetsuya al ranch Makiba, dove la giovane aveva cortesemente offerto ospitalità e un buon pranzetto al pilota del Great, in attesa di notizie dalla base. Il rombo della moto di Actarus interruppe l’allegro convivio, che vedeva Tetsuya impegnato a rispondere come poteva alle mille domande di Mizar sul Grande Mazinga, mentre un sospettoso Riger studiava a distanza l’intruso, rigorosamente tra un boccone e un altro. Quando la regale figura del principe comparve sulla porta, il ragazzino balzò immediatamente in piedi e gli corse incontro abbracciandolo calorosamente, seguito dallo scorbutico padre, che nascondeva con scarso successo una certa commozione per questa insperata visita.
“Papà! Mizar! Lasciatelo almeno entrare!” li riprese immediatamente Venusia, mentre Actarus elargiva sorrisi e convenevoli ai due vecchi amici.
“Va bene, va bene, non t’inquietare subito!” protestò Riger un po’ stizzito, poi, conducendo il giovane verso la tavola, aggiunse con fare cerimonioso: “Ecco, siediti qui e mangia pure tutto quello che vuoi, Actarus! Vado a prendere la mia migliore bottiglia di sakè!” annunciò entusiasta.
“Buona idea, papà!” lo avallò immediatamente Venusia, pronta a cogliere l’attimo: “anzi, Mizar, perché non lo accompagni anche tu in cantina e scegliete qualcosa di buono per l’occasione?” Il ragazzino sembrò tentennare un po’, ma fortunatamente Actarus aveva mangiato la foglia e si prodigò subito per dare manforte a Venusia:
“Ne sarei davvero contento, Mizar…” a quelle parole il fratellino non fu capace di dire di no, e si avviò fuori dalla stanza al seguito del padre, pur vagamente controvoglia.
Rimasti soli, Tetsuya e Venusia si avventarono come rapaci sul povero Actarus, il quale, per aggiungere ulteriore pathos alla rivelazione che stava per condividere (ma più plausibilmente per fame!), mandò giù un paio di bocconi di salmone marinato, prima di annunciare seraficamente:
“Si tratta di una fuga d’amore…”
“Una che?!” esclamò immediatamente Tetsuya, saltando sulla sedia.
“Sembra che la giovane principessa di Emerald si sia invaghita del nipote del precettore…” Venusia e Tetsuya si scambiarono uno sguardo interrogativo, mentre Actarus si serviva dalla pentola del riso: “Ovviamente, quando lo hanno scoperto, i genitori si sono opposti fermamente a questo rapporto e così i due giovani, forse con l’aiuto di qualcuno a corte, sono riusciti ad impossessarsi di una capsula e sono partiti alla volta di Fleed. Questo è stato all’incirca 10 giorni fa.”
“Che storia…” riuscì solo a commentare Venusia, sentendosi segretamente solidale con la giovane principessa.
“Scusa ma quindi chi sarebbe quel vecchio?” domandò Tetsuya, un po’ deluso dall’esito di tutta la situazione.
“Il precettore…”
“Il nonno del ragazzo…” commentò Venusia, facendo immediatamente due più due. Poi, rivolgendo uno sguardo di malcelata apprensione ad Actarus: “Ma quindi ora cosa intendi fare?”
Il principe allontanò da sé la ciotola vuota, sorridendo alla gentile ospite in modo riconoscente. Poi si alzò e si incamminò verso la finestra, regalando ai suoi ascoltatori ancora seduti un’altra pausa ad effetto.
“Ho già mobilitato la mia guardia reale per incrementare le ricerche. Trattandosi di due adolescenti persi su un pianeta sconosciuto, dobbiamo accertarci per prima cosa che siano al sicuro. E poi…”
Venusia sapeva che c’era dell’altro e si preparò emotivamente al colpo.
“E poi ho promesso che sarei rientrato subito su Fleed con il precettore, per occuparmi personalmente di questa faccenda. Partiremo domattina all’alba…” concluse, cercando lo sguardo di Venusia, che però non lo ricambiò.
“Quindi una volta ritrovati i due ragazzi, li riconsegnerai direttamente alle forze di Emerald?” si interessò Tetsuya, interrogandosi su quale fosse il miglior modo per evitare un incidente diplomatico interplanetario. Actarus assunse un’espressione seria:
“Non è così semplice. I ragazzi sono venuti a rifugiarsi su Fleed, e pertanto mi sento responsabile della loro incolumità. Per questo ho chiesto al resto della spedizione di rientrare su Emerald, lasciando solamente il vecchio precettore. Abbiamo concordato che, nell’interesse dei ragazzi e dei loro genitori, faremo il possibile per trovare un accordo che soddisfi tutti.”
“In bocca al lupo…” commentò d’impulso Tetsuya. “E Maria?”
“Tornerò a prenderla… al massimo tra un mese. Sono sicuro che questa permanenza fuori programma potrà farle solo che piacere!” concluse, con un sorriso rivolto a Venusia, che aveva iniziato a sparecchiare ad occhi bassi. Fu senza alzare lo sguardo che, dopo qualche minuto di silenzio, si decise finalmente a dire:
“Non pensi che invece potrebbe essere utile averla al tuo fianco? Essendo quasi coetanea della principessa magari potrebbe…”
“Veramente io avevo pensato a qualcun’altra…” la interruppe Actarus. La ragazza finalmente lo guardò, un po’ titubante. “Non ti piacerebbe venire con me, Venusia? Ho pensato che mi servirebbe davvero il tuo intuito in questa situazione…” La giovane impiegò qualche secondo a processare quelle parole, poi si sentì mancare il fiato, e come risultato se ne restò con i piatti sporchi in mano, impalata a guardare il principe che le sorrideva.
“E che diamine, Mizar! Se ti dico che è questo il sakè più pregiato mi devi credere! Sono o non sono io l’esperto qui?” si sentì sbraitare dal corridoio. Era evidente che la quiete stava per finire, ora che Riger e suo figlio stavano tornando vittoriosi dalla loro missione alcolica. E il momento magico di Venusia stava per essere interrotto… ancora una volta. Sembrava davvero una congiura di un destino sadico che continuava a mandarle seccatori sulla sua strada nei momenti meno opportuni! Questa volta, però, Venusia decise che ne aveva davvero avuto abbastanza. In una frazione di secondo mollò i piatti sulla prima superficie disponibile, si fiondò a chiudere la porta della cucina a chiave (facendola sbattere sul muso del padre) e si lanciò fulmineamente tra le braccia del suo Actarus. Dal canto suo, realizzando di essere improvvisamente finito in modalità terzo incomodo, Tetsuya si alzò e si diresse verso la porta, animato dal nobile intento di placare le ire di Riger e regalare qualche minuto di sospirata intimità ai due piccioncini. “Questa devo proprio raccontarla a Jun…” si sorprese a pensare un attimo prima di aprire la porta “qualcosa mi dice che avrei fatto meglio a mandare lei stavolta…” concluse ridendo tra sé e sé.
Nel frattempo, com’era prevedile, i due innamorati non si erano accorti di nulla, persi com’erano nel loro abbraccio appassionato e liberatorio.
“Oh Actarus!” sospirò finalmente Venusia, al culmine della gioia “non potevi rendermi più felice!”
“Sono felice anche io che tu venga.” Le fece eco dolcemente lui, prendendole il viso tra le mani: “ È da molto che volevo mostrarti Fleed.” Venusia annuì, con le lacrime agli occhi. “Ora devo solo trovare un modo per dirlo a tuo padre…”

Per commentare il "molto rumore per nulla" o la nuova configurazione planetaria dell'universo... https://gonagai.forumfree.it/?t=76810056
 
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view post Posted on 17/12/2019, 16:03     +1   +1   -1
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Pregiudicato per Girellate

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Ultimo capitolo! Cala il sipario sulla rocambolesca vacanza dei nostri eroi... Anche se nel frattempo siamo quasi arrivati a Natale! 😊

CAPITOLO 7


Per Sayaka, quel breve weekend di vacanza si era rivelato fonte di continuo ed insopportabile stress. Come prima cosa aveva dovuto fare i conti con l’arrivo di quella graziosa principessina spaziale, sempre allegra, solare e piena di energia, la quale non si degnava nemmeno di provare a nascondere la sua mastodontica cotta per Koji. Poi si era dovuta sorbire le reazioni, a dir poco adolescenziali, di quello che in teoria era il suo ragazzo, il cui cervello era talmente tanto andato in pappa dopo l’inaspettato ricongiungimento con la fanciulla, da spingerlo a comportarsi come se lei, Sayaka, fosse improvvisamente diventata cieca, stupida, o al limite trasparente. “Eppure questo inferno dovrà finire a un certo punto…” si ripeteva furente la pilota di Afrodite tutte le volte che si sentiva a un passo dall’esplodere “sì… devo sopportarli ancora solo poche ore e poi FAREMO I CONTI…” Questo, insomma, era stato il pensiero che l’aveva aiutata a mantenere la propria sanità mentale per due giorni, insieme al piacevole conto alla rovescia che la separava dal momento dell’inesorabile ritorno su Fleed della principessina, e dall’altrettanto inesorabile confronto con quello sfrontato donnaiolo di Koji Kabuto. Sfortunatamente però, il castello di carta di certezze che si era costruita era crollato rovinosamente la sera prima, quando Koji aveva ricevuto la tanto sospirata telefonata da Actarus con annesso resoconto dei rocamboleschi eventi di quelle ore.

“Quindi ho capito bene? Ripartirai per Fleed con Venusia?” a quelle parole, la stanza era piombata in un silenzioso stato di shock… e di avida curiosità.

“Sì è così… ma saremo di ritorno tra un mesetto, state tranquilli.” Aveva rassicurato Actarus, la voce di chi non vuol lasciare adito a dubbi. Poi aveva pronunciato le parole che Koji segretamente aspettava di sentirsi dire praticamente da quando la principessa era comparsa nella sua vita: “Nel frattempo ti affido Maria… prenditi cura di lei.” L’improvviso avvampare del pilota dello Zetto non era sfuggito a nessuno dei presenti, e come reazione, il cuore di Maria aveva preso a palpitare a velocità supersonica, mentre quello di Sayaka si era praticamente fermato per una frazione si secondo.

“Ma certamente, s-sta’ tranquillo…” era stata la controllatissima risposta di Koji. “Vi aspettiamo tra un mese… e mi raccomando, state attenti.”



Ed eccolo lì, il gruppetto dei vacanzieri superstiti, riunito intorno al tavolo per la penultima, abbondante colazione della loro permanenza alla Yamaguchi Inn. L’umore di quella mattina era però completamente diverso da quello del giorno precedente: era stata, infatti, una notte di festeggiamenti quella che era seguita alla telefonata di Actarus. La tensione che li aveva accompagnati per tutta la giornata si era finalmente sciolta e la frustrazione data dall’essere stati tagliati fuori da quella potenziale emergenza era stata sostituita dal sollievo per l’esito degli eventi, unito all’incontenibile felicità di Maria per l’aver guadagnato un’isperata vacanza in Giappone di un mese. Il gruppo appariva decisamente più rilassato e rumoroso quella mattina: Koji elargiva sorrisi a destra e a manca come se avesse vinto la lotteria, Shiro e Maria chiacchieravano allegramente del programma del matsuri di quella sera, Boss condivideva divertenti aneddoti sulle sue precedenti esperienze in festival di quartiere tra un boccone e l’altro e Jun, che aveva finalmente recuperato un po’ di buonumore, rideva giovialmente alle varie battute, rimpinguando con dedizione i piatti degli altri commensali. Chi sembrava invece stonare pesantemente con quell’atmosfera di allegria e leggerezza era, neanche a dirlo, una serissima Sayaka. Consumando silenziosamente il suo modesto pasto, la faccia pallida e l’aria mogia, scoccava fugaci occhiatine all’allegro quadretto che la circondava, mentre il suo pensiero andava inevitabilmente al mese da incubo che l’aspettava, dal quale presagiva che solo uno tra lei e Koji sarebbe uscito vivo. Nonostante lo stress emotivo che la presenza di Maria avrebbe continuato a provocarle, essendo di animo tutto sommato generoso, la giovane si era comunque adoperata per mettere a disposizione dell’inaspettata ospite una stanza presso il Centro ricerche per tutto il mese.

“Sei davvero sicura che posso approfittare della vostra ospitalità, Sayaka-san?” aveva chiesto timidamente la principessa a colazione, lo sguardo un po’ incredulo. Come se potessi lasciarti a dormire sotto un ponte! Aveva replicato di rimando una vocina nella mente di Sayaka.

“Te l’ho già detto, non c’è nessun problema.” fu invece la più diplomatica risposta che la giovane riuscì ad articolare, “Potrai fermarti al Centro tutto il tempo che ti serve.” Ciò detto, Sayaka tornò a concentrare lo sguardo sulla sua colazione, mentre Maria si profondeva in commossi ringraziamenti, e Koji le rivolgeva un sorriso riconoscente.

Quel che restava della Mazinger team stava appunto apprestandosi a concludere il lauto pasto e a dirigersi verso la spiaggia per l’ultima, completa giornata di mare, quando uno stravolto Tetsuya varcò silenziosamente la soglia per andare a sprofondare sulla sedia accanto a Jun.

“Tetsuya!”

“Fratellone!”

“Guarda un po’ chi ci degna della sua presenza…”

“Accidenti, ho visto zombie dall’aria più vitale della tua!”

Salutarono i presenti a turno. La risposta del pilota del Great a cotanto comitato d’accoglienza fu stranamente composta e silenziosa, dal momento che il giovane si limitò ad agguantare una tazza e a versarsi una sostanziosa dose di caffè.

“Ti…ti senti bene?” cercò di indagare discretamente la sua partner, in cuor suo decisamente sollevata di trovarselo di nuovo davanti in un unico pezzo. Tetsuya si limitò ad annuire, mentre Koji incalzava, pronto a togliersi qualche sassolino dalla scarpa:

“Io sto ancora aspettando quelle ‘famose spiegazioni’ che mi devi…”

“Koji lascialo in pace,” si intromise immediatamente Sayaka, a cui non erano sfuggite le enormi occhiaie che adornavano la faccia dell’amico “ti sembra che sia in condizione di fare conversazione?”

Finalmente Tetsuya si decise a posare la tazza di caffè e, dopo aver ripulito una porzione di uova e pancetta sembrò finalmente aver recuperato la facoltà di parola:

“Sto bene…” esordì rivolto a Jun, “ anche se sono state ore decisamente intense e… surreali.” Poi continuò, lanciando il solito sguardo torvo a Koji: “tutto quello che voglio è solo dormire qualche ora, e poi sarò pronto a darti tutte le spiegazioni che ti servono.” Il fratellastro incrociò le braccia, rivolgendogli a sua volta un’occhiata di sufficienza:

“Tsk! Guarda che Actarus mi ha già chiarito tutto… Puoi pure tenertele le tue spiegazioni.”

“Sei tornato per il matsuri, quindi?” si intromise, provvidenziale, Shiro, onde evitare un ennesimo scontro tra galli fra i due fratellastri. Per tutta risposta, Tetsuya lo guardò totalmente stralunato: era evidente che la festa di quartiere era stato comprensibilmente l’ultimo dei suoi pensieri in quelle ultime ore.

“ȅ è stasera?” riuscì solo a domandare.

“Esatto!” rispose Maria con aria raggiante, “inizia alle 18 e alle 22 si vedranno i fuochi d’artificio dal promontorio!” In quel momento, la mente annebbiata del povero Tetsuya questo promontorio se lo figurava alto almeno come l’Everest. E lui era il malcapitato finito suo malgrado in una cordata di scalatori inesperti. “Sarà bellissimo!” chiosò la frizzante principessina, sbattendo romanticamente gli occhioni in direzione di Koji. Un’ondata di entusiastici commenti accolse le parole di Maria, e il gruppo iniziò ad accordarsi sull’organizzazione della giornata e sul programma per la serata.

“Non devi venire per forza, se non te la senti…” iniziò evasivamente Jun, facendo per raccogliere le sue cose ed alzarsi. Il giovane le rivolse uno sguardo indagatore. Nonostante il sonno, Tetsuya si rendeva perfettamente conto dell’insidia che nascondevano quelle parole. Sapeva bene infatti quanto la sua partner tenesse a quel tipo di celebrazioni, soprattutto considerato il fatto che non vi avevano partecipato frequentemente negli ultimi anni. Inoltre, il ruvido pilota si sentiva decisamente molto più a disagio a saperla in giro in kimono alla mercé di sguardi altrui, senza la sua “discreta” protezione.

“Ci sarò non preoccuparti…” le rispose, cercando di apparire il più entusiasta e convincente possibile, “devo solo recuperare qualche ora di sonno.”
***
La giornata trascorse in modo decisamente piacevole e rilassato, rigorosamente in spiaggia. Con Tetsuya fuori uso per quasi tutto il tempo, lo sparuto gruppetto si era ritrovato a condividere gran parte delle attività quotidiane, tra cui giochi in acqua, gare di nuoto, pranzo al sacco e pure un improvvisato aperitivo sulla spiaggia.

“Volevo proporre un brindisi a voi, amici!” esordì una discretamente alticcia Maria, al terzo giro di sakè: “per avermi accolta come una di famiglia e per avermi regalato questa bellissima, anche se movimentata vacanza!”

Sayaka inarcò brevemente le sopracciglia, riflettendo su quanto avrebbe accolto più volentieri un branco di diavoli della Tasmania a digiuno.

“Beh a onor del vero dovremmo ringraziare soprattutto Sayaka” se ne uscì improvvisamente Koji, a cui i fumi dell’alcol stavano paradossalmente rimettendo un po’ di sale in zucca. “Senza di lei l’idea di questo weekend sarebbe rimasta solo nella mia testa!” e le strizzò l’occhio.

La giovane ricercatrice rivolse un’occhiata comprensibilmente sospettosa al suo ragazzo: Se pensi che basti così poco per rimediare al tuo comportamento ti sbagli di grosso, caro mio! Dovrai fare moolto meglio di così!

“È vero, a Sayaka e alla sua impeccabile organizzazione!” fece eco Jun, anche lei decisamente contagiata dal clima di festa.

“E beato chi se la sposa!” aggiunse maliziosamente Boss, facendo quasi sputare sakè al maggiore dei Kabuto.

“Ehi, Boss, ma non ti sembra di esagerare?” protestò, vagamente tra il geloso e l’imbarazzato.

“Perché che ho detto?” ribatté l’altro con fare angelico. Una risata generale sugellò questa scenetta.

“Allora a Sayaka!”esclamò allegramente Maria, “Alla sua organizzazione e alla sua ospitalità!” e le rivolse uno sguardo riconoscente, seppur decisamente annebbiato dall’alcol. Davanti a tanta giovialità, la pilota di Afrodite non poté far altro che sotterrare momentaneamente l’ascia di guerra, e godersi il suo momento di gloria…condito da un ennesimo giro di sakè.



Le prime a rientrare alla locanda, nel pomeriggio, furono le ragazze, decise a rilassarsi un po’ alle onsen prima di prepararsi per la serata. Sulla strada del ritorno Jun era rimasta un po’ indietro a gustarsi la scena di Sayaka e Maria che, complici i fumi dell’alcol, chiacchieravano ora come vecchie amiche, avendo trovato in Koji il bersaglio comune delle loro ironiche vessazioni.

I ragazzi invece, raggiunti anche da un redivivo Tetsuya, se ne stettero in spiaggia fino quasi alle 18, quando, realizzando improvvisamente che il matsuri stava per iniziare e che le ragazze erano probabilmente già in attesa e in gran spolvero per la serata, corsero alla locanda per lavarsi almeno via la salsedine dalla pelle. Il quadretto che si trovarono davanti al rientro era in effetti uno di quelli che scaldano il cuore: Sayaka, con indosso il suo kimono, che aiutava Maria ad allacciarsi l’obi, mentre Jun, splendida in un elegante vestito rosso, che le sistemava il trucco.

I baldi giovani rimasero un po’ di sasso sulla soglia della stanza, sentendosi un po’ in colpa per aver interrotto un momento tanto idilliaco.

“Ah eccovi qui!” li apostrofò immediatamente Sayaka, “vi avevamo quasi dati per dispersi…”

“N-no eccoci, 10 minuti e siamo pronti!” rispose immediatamente Koji, scattando sull’attenti, ma alquanto riluttante a lasciare la sua postazione. Le ragazze si sentivano 4 paia d’occhi squadrarle, neanche troppo discretamente, da cima a fondo.

“Che vi prende?” chiese Jun, cercando di svegliare quei quattro stoccafissi dal loro torpore.

“È solo…” cercò di giustificarsi Koji, ma fu Boss ad esternare i pensieri di tutti:

“Siete davvero bellissime questa sera! Farete girare la testa a tutto il quartiere!” esclamò enfaticamente. Speriamo proprio di no! Si sorprese a pensare immancabilmente Tetsuya.

“Ma Jun, che fine ha fatto il tuo kimono?” si interessò Shiro, mentre rovistava tra i suoi abiti in valigia. La ragazza abbassò gli occhi un po’ imbarazzata:

“Ecco io… diciamo che il kimono non mi dona molto…”

“Che sciocchezze!” si intromise Sayaka “ queste sono solo tue fisime!”

“Già, sorellina…” le fece eco nuovamente Shiro “a te sta bene praticamente tutto!”

Davanti a quell’iniezione di autostima, Jun non poté fare a meno di sorridere, maledicendosi per la sua perenne insicurezza.

“Beh bando alle chiacchiere, altrimenti non arriveremo nemmeno per i fuochi d’artificio!” li incitò, un po' imbarazzata, cercando di cambiare argomento.

“Perfetto! Ci vediamo giù tra 10 minuti…” annunciò Koji, rivolgendo un altro, estasiato sorriso alle ragazze, mentre considerava con soddisfazione che sarebbe stato certamente l’uomo più invidiato della serata.

***

Quando il gruppo si ricongiunse e riuscì finalmente ad arrivare sul corso dove si teneva il matsuri, i festeggiamenti erano già iniziati. Bancarelle, giostre e giochi riempivano l’aria estiva di suoni e profumi di ogni tipo, mentre una folla festante di tutte le età si aggirava estasiata per le stradine che si snodavano ai piedi della scalinata sotto al belvedere. Tra bambini sovreccitati, gruppi di amici un po’ alticci e coppiette di innamorati, nessuno sembrava prestare particolare attenzione ai prodi piloti della Mazinger team e ai loro amici. Superata l’iniziale delusione per non essere stato riconosciuto ed acclamato a dovere – in effetti il kimono non faceva parte della sua mise tradizionale – Koji decise di approfittare della situazione per concentrare le sue energie su Maria e/o Sayaka, le quali, però rimbalzavano tra una bancarella e l’altra insieme a Shiro ed erano praticamente inavvicinabili. Chi si stava invece godendo il suo anonimato era ovviamente Tetsuya, il quale, seppure un po’ costretto nel suo austero kimono, si aggirava in incognito tra la folla, facendo il pieno delle risate, delle musiche e delle varie facce sorridenti che gli scorrevano davanti come un fiume in piena. Proprio mentre iniziava a cedere all’atmosfera di relax e di festa che lo circondava, si rese conto che qualcosa gli stava sfiorando delicatamente il braccio. Sobbalzò di riflesso, tirando poi un sospiro di sollievo nel momento in cui si trovò davanti il sorriso della sua bellissima partner.

“Ti stai rilassando un pochino?” iniziò soavemente Jun, avvinghiandosi lentamente al di lui braccio. Colto un po’ di sorpresa, Tetsuya restò alquanto teso, ma si guardò bene dal muoversi da dove si trovava.

“Un po’…” rispose lui, ricambiando il sorriso “ora che abbiamo eluso la minaccia di una crisi interplanetaria…”

“Beh avresti dovuto mandare me!” ribatté prontamente lei, per punzecchiarlo. Tetsuya ci pensò un attimo su, poi sospirò enfaticamente:

“In effetti sì… ma me ne sono reso conto troppo tardi!” concluse, suscitando l’ilarità della ragazza.

“Hey voi due!” si sentirono chiamare alle loro spalle, mentre Boss e Shiro si materializzavano davanti a loro. “andiamo a prendere qualcosa da mangiare, venite?”

“Hey Boss, mi pareva che non avessi parlato di cibo per una buona mezz’ora ormai!” lo canzonò Tetsuya, staccandosi bruscamente dalla presa di Jun. “che hai visto di buono?” continuò poi, avviandosi con lui verso le bancarelle. Rimasta indietro con Shiro, Jun se ne stette in silenzio per qualche secondo, l'aria di una che ha appena preso l'ennesima tranvata contro un muro.

"Lascialo perdere, Jun..." mormorò timidamente Shiro, a cui non era sfuggita l'espressione furibonda di lei "è solo un cretino..." concluse, cercando di rincuorarla. La ragazza scosse la testa, come per scrollare via la sua inquietudine, e rivolse al fratellino un radioso sorriso:

"Va tutto bene, Shiro. Vieni, raggiungiamo gli altri. Non so tu ma io ho una fame!"

Il resto della serata proseguì tra risate, shopping e una gara a chi assaggiava il maggior numero di pietanze locali, che ovviamente vide Boss vincitore assoluto. Pur apparentemente immersa nell'atmosfera di allegria generale, Jun se ne stava un po' in disparte, meditando se fosse salutare continuare a scontrarsi contro quel muro che era il suo ruvido partner, o se fosse il caso di iniziare a valutare strade alternative. Che Tetsuya avesse sempre avuto difficoltà a manifestare i suoi sentimenti lei lo aveva sempre saputo, - del resto erano cresciuti insieme - che non sapesse muoversi nel misterioso mondo delle relazioni umane quello pure era un dato di fatto, seppure il giovane sembrava aver fatto qualche timido progresso negli ultimi anni, tuttavia Jun non poteva fare a meno di chiedersi se non stesse vivendo una fantasia unilaterale per quel che riguardava la loro relazione e se non fosse il caso di iniziare a guardare in faccia la realtà.

Dal canto suo, il fiero pilota aveva iniziato a captare vari segnali di pericolo che il suo allarme interno aveva preso ad inviargli, segnali che si acuivano sempre di più ogni volta che riusciva ad intercettare brevemente lo sguardo assente della sua partner.

Che quella non fosse la sua serata, Jun ne ebbe la conferma poco prima dell'inizio dei fuochi d'artificio, quando, per fare strada ad un nugolo di pargoletti che avevano fretta di raggiungere la scalinata, si ritrovò col tacco incastrato in un tombino e finì rovinosamente a terra.

"Fatta male?" intervenne prontamente Koji, aiutandola a rialzarsi con Sayaka.

"Credo di no... "

"Mi sa che la tua scarpa ha qualcosa da obiettare..." osservò immediatamente Sayaka, indicando quel che rimaneva dei 10 cm di tacco della sandalo destro.

"Fantastico..." Sbuffò seccatamente la malcapitata, rivolgendo uno sguardo angosciato ora al tacco spezzato ora ai ripidissimi 200 gradini che la separavano dal Belvedere. Gli amici le si erano raggruppati intorno, in silenzio, ognuno valutando quale fosse la soluzione migliore e più rapida da proporre, visto che lo spettacolo pirotecnico stava per iniziare. Il più seccato era, ovviamente, Tetsuya, il quale si domandava quale misterioso processo mentale avesse portato la sua partner a optare per una soluzione così poco pratica ed appropriata alle circostanze. Boss era invece sul punto di farsi largo tra la folla, proferire qualche frase rassicurante alla sua bella in difficoltà, sollevarla tra le braccia e trasportarla eroicamente su per la scalinata. Già si vedeva raggiungere la vetta trionfante, tra gli sguardi ammirati dei presenti e quello estasiato della sua adorata. Tuttavia, dopo un ennesimo rapido calcolo dell'entità della scalata, il temerario si ritrovò conteso tra il suo sempiterno desiderio di impressionare Jun con una performance da vero uomo, e la paura di morire di infarto a meno di 30 anni... Nel frattempo, Sayaka e Maria avevano preso in mano la situazione ed avevano per prime offerto il braccio a Jun, iniziando ad avviarsi, non senza difficoltà, su per la scalinata.

"Non preoccupatevi per me, di questo passo perderete l'inizio dei fuochi!" Continuava a ripetere dispiaciuta la fanciulla ad ogni passo, senza riuscire a persuadere le amiche a desistere. È senz'altro vero che situazioni di crisi richiedono soluzioni veloci ed atti di coraggio, persone altruiste che decidano di sacrificare loro stesse e i loro interessi per risolvere le emergenze, senza preoccuparsi delle conseguenze. E nessuno meglio di Tetsuya Tsurugi, eroe di mille battaglie, poteva rendersi conto che, sfortunatamente per lui, quel momento necessitava del suo rapido e definitivo intervento. Il giovane fece un profondo sospiro per infondersi coraggio, raggiunse il resto del gruppo con un paio di falcate, assunse l'espressione solenne di chi è pronto ad affrontare qualsiasi cosa gli riservi il destino e, sollevata a tradimento la sua partner tra le braccia, proferì:

"Andate pure avanti, ci penso io a lei..." Non senza arrossire vistosamente nell'attimo in cui incrociò lo sguardo sorpreso e un po' emozionato di Jun.

Finalmente ti sei dato una svegliata! Si ritrovò a pensare sarcasticamente Sayaka, scambiandosi un'occhiata eloquente con Maria. Il gruppo intraprese insieme la scalata, trovandosi a fare un paio di soste per permettere a Boss di riprendere fiato.

"Di' la verità" lo canzono' Koji "volevi essere tu ad intervenire in soccorso di Jun, non è vero?"

Affaticato e affranto, il povero Boss non aveva nemmeno la forza di replicare all'amico, ma continuava a fissare con dolore l'immagine dell'odiato Tetsuya che, schiena dritta e mascella serrata, li superava lungo la scalinata a velocità relativamente sostenuta, stringendo tra le braccia una radiosa Jun. Come osava quel dannato spaccone rubargli la scena? Avrebbe dovuto essere lui al suo posto!

"Maledetto..." Si limitò ad imprecare tra i denti, cercando di recuperare le forze e rimettersi in cammino, per preservare un po' di dignità in quella desolante circostanza. Il colpo di grazia glielo diede però proprio un'inconsapevole Jun: saldamente avvinghiata al suo partner, il sorriso luminoso e lo sguardo adorante con cui contemplava Tetsuya non lasciavano davvero adito a dubbi in merito a come si sentisse in quel momento, emozione che decise addirittura di esternare con un timido segno di vittoria rivolto a Sayaka.

Fu quasi verso la cima del promontorio, dopo aver percorso tutta la scalinata in silenzio ed aver attirato non pochi sguardi e commenti degli astanti, che un imbarazzatissimo Tetsuya sentì di non poter proprio esimersi dal dire la sua in merito a quella faccenda:

"Certo che un paio di scarpe più comode potevi pure mettertele!" Sbottò, cercando di apparire più seccato di quanto non fosse in realtà.

"Perché, ti sembra un abito adatto a delle ballerine questo?" Ribatté Jun, con fare un po' civettuolo. Il ruvido pilota non finse neanche di aver capito di che cosa lei stesse parlando e preferì tacere. Sapeva infatti che aveva molto da farsi perdonare e spero' di aver accumulato abbastanza karma con quell'eroico gesto. "Comunque grazie..." Concluse la fanciulla con voce flautata ed un dolce sorriso "puoi anche mettermi giù ora". Tetsuya obbedì e si lasciò trascinare per la mano da Jun verso la punta del Belvedere, dove un coro di "oh!" stava ora salutando l'inizio dei fuochi d'artificio. Di lì a pochi secondi anche il resto del gruppo li raggiunse, capeggiato da Shiro, che trascinava per la mano Maria, mentre Koji, Sayaka e Boss chiudevano le fila.

Lo spettacolo pirotecnico andò avanti per quasi una decina di minuti: l'immagine dei fuochi che si susseguivano in esplosioni multicolore sul mare scuro, la romantica cornice della baia e la sensazione di euforia generale furono così contagiose che Sayaka per prima sembrò dimenticarsi definitivamente di tutte le tensioni dei giorni precedenti e si ritrovò a stringere spontaneamente il braccio di Koji. Un po' sorpreso, ma decisamente rincuorato, il pilota dello Zetto si voltò a guardarla sorridente, e fu sul punto di sussurrarle dolci parole d'amore all'orecchio, quand'ecco che anche l'altro braccio gli veniva accalappiato da una presa altrettanto gradevole. Il giovane sobbalzò e rivolse un timido sguardo anche a Maria, la quale nel buio gli sorrideva angelicamente. Intrappolato su due fronti, Koji considerò che la cosa migliore da fare in quel momento fosse restare esattamente dov'era con un sorriso beota stampato in faccia, mentre in cuor suo cercava di decidersi se si sentisse più fortunato o incastrato in quello che si presagiva come un gioco intrigante, ma potenzialmente pericolosissimo. Ad ogni modo poco importava ora, avrebbe avuto un mese per meditare sul da farsi. Certo era che si trovava in una condizione decisamente migliore del povero Boss, che, ignorando completamente i fuochi, guardava con orrore e ribrezzo l'inaspettato quadretto di Tetsuya in piedi dietro a Jun che le cingeva la vita con le braccia, tenendola romanticamente stretta a sé.



Gli ultimi fuochi suscitarono un fragoroso scorcio di applausi.

"Che meraviglia!" Esclamò estasiata Maria, "quanto mi sono mancate le celebrazioni terrestri, soprattutto i fuochi d'artificio!"

"Beh sono contento che tu abbia potuto partecipare..." Le rispose subito un premurosissimo Koji "e ricordati che abbiamo ancora un mese per esaudire tutti i tuoi desideri!"

Maria annuì, visibilmente emozionata, e rivolse l'ennesimo sorriso mellifluo all'adorato pilota. I due se ne sarebbero rimasti così, a fissarsi come se al mondo non esistesse nessun altro, se non fosse sopraggiunta Sayaka a ricordare bruscamente che, purtroppo per loro, il mondo era ancora decisamente affollato.

"Beh che dite" iniziò, frapponendosi con nonchalance tra i due "vogliamo iniziare portando Maria in qualche locale carino?"

"O-ottima idea!"Avallò prontamente Koji ritornando alla brusca realtà. "Che ne dite di andare a ballare?" Propose, ottenendo unanime ed entusiasta consenso.

"Ehm... E che facciamo con quei due?" Si intromise Shiro, indicando con un sorriso malizioso qualcosa alla sua destra. Leggermente distanziati dal resto del gruppo, Tetsuya e Jun non sembravano aver realizzato che i fuochi erano finiti da un pezzo e se ne stavano ancora avvinghiati scambiandosi inequivocabili effusioni.

"Direi di non preoccuparci per quei due" tagliò corto Sayaka, l'unica che non sembrava esser rimasta più di tanto sorpresa da quell'inaspettato quadretto, "mi pare evidente che abbiano ben altri piani per la serata..." Koji scosse la testa incredulo:

"Questa poi!" Esclamò rivolto a Sayaka "ma tu lo sapevi?" La ragazza gli rivolse un'occhiata sarcastica:

"Perché, tu non lo avevi ancora capito?"

Comprensibilmente nauseato dalla visione e sentendo di aver sopportato decisamente troppo per quella serata, fu Boss a risolversi di prendere in mano la situazione:

" beh bando alle ciance e diamoci una mossa!" esorto', cercando di apparire quanto più positivo possibile per mascherare il cuore spezzato. Poi poso' una pesante manata sulla spalla di un ancora confuso Koji e gli sibilò all'orecchio: "ti prego andiamocene da qui! Ho decisamente bisogno di bere qualcosa di forte, molto forte, stasera..."


FINE

Per suggerire un titolo definitivo a questo racconto, o per consigliare all'autrice di non provarci più:

https://gonagai.forumfree.it/?t=76810056&st=105#newpost

Edited by MicchiUzuki - 27/12/2019, 14:18
 
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