| Dal DIARIO di Anna Frank: Sabato, 20 giugno 1942.
[…] Nel 1938, dopo i “pogrom”, fuggirono i miei due zii, fratelli di mia madre, che si posero in salvo negli Stati Uniti. La mia vecchia nonna venne da noi: aveva allora settantatré anni. I bei tempi finirono nel maggio 1940; prima la guerra, la capitolazione, l’invasione tedesca, poi cominciarono le sventure per noi ebrei. Le leggi antisemitiche si susseguivano l’una all’altra. Gli ebrei debbono portare la stella giudaica. Gli ebrei debbono consegnare le biciclette. Gli ebrei non possono salire in tram, gli ebrei non possono più andare in auto. Gli ebrei non possono fare acquisti che fra le tre e le cinque, e soltanto dove sta scritto “bottega ebraica”. Gli ebrei dopo le otto di sera non possono essere per strada, né trattenersi nel loro giardino o in quello di conoscenti. Gli ebrei non possono andare a teatro, al cinema o in altri luoghi di divertimento, gli ebrei non possono praticare sport all’aperto, ossia non possono frequentare piscine, campi di tennis o di hockey eccetera. Gli ebrei non possono nemmeno andare a casa di cristiani. Gli ebrei debbono studiare soltanto nelle scuole ebraiche […]. (scelto da Virginio Teli)
Mercoledì, 8 luglio 1942. Cara Kitty, da domenica mattina a oggi sembra che siano passati degli anni. Sono avvenute tante cose da far credere che il mondo si sia capovolto. Ma, Kitty, vedi bene che vivo ancora, e questo è ciò che conta, dice papà. Sì, effettivamente io vivo ancora, ma non mi domandare dove e come. Penso che oggi non capirai più nulla di me, perciò comincerò a raccontarti quanto è avvenuto nel pomeriggio di domenica. Alle tre (Harry se n’era appena andato, per tornare più tardi), qualcuno suonò alla porta. Io non udii, perché stavo in veranda e leggevo prendendomi il sole distesa su di una sedia a sdraio. Poco dopo comparve Margot, eccitatissima, alla porta della cucina. «C’è una chiamata delle S.S. per papà» mormorò «mamma è già andata dal signor Van Daan.» (Van Daan è un buon amico, collaboratore di papà nella ditta.) Mi spaventai immensamente; una chiamata, si sa che cosa significhi. Nella mia mente già vedevo campi di concentramento e celle di segregazione. E doverci lasciar andare il babbo! «Naturalmente non si presenterà» mi spiegò Margot, mentre in camera aspettavamo il ritorno della mamma[….] [……] Io infatti continuavo a ignorare dove fosse il luogo misterioso che ci attendeva. Alle sette e mezza anche noi ci chiudemmo la porta dietro; l’unico essere da cui presi congedo fu Moortje, il mio gattino, che avrebbe trovato buon alloggio presso i vicini, come era detto in una lettera indirizzata al signor Goudsmit. In cucina un bel pezzo di carne per il gatto e le tazze della colazione sul tavolo, i letti disfatti, tutto lasciava l’impressione che noi fossimo scappati a rotta di collo. Ma le impressioni degli altri non ci importavano, noi volevamo andar via, via, e arrivare al sicuro, nient’altro. Continuerò domani. La tua Anna. (scelto da Concetta Cartillone)
Lunedì, 28 settembre 1942. Ma ora so una cosa sola, ed è questa: non impari a conoscer bene la gente se non quando ci hai ben litigato insieme. Soltanto allora ne puoi giudicare il carattere. (scelto da Maria Rosa Appolonia)
Venerdì, 9 ottobre 1942. Cara Kitty, oggi non posso darti che notizie brutte e deprimenti. Stanno arrestando a gruppi, tutti i nostri amici ebrei. La Gestapo è tutt’altro che riguardosa con questa gente; vengono trasportati in carri bestiame a Westerbork, il grande campo per ebrei nella Drente. Westerbork dev’essere terribile; per centinaia di persone un solo lavatoio e pochissime latrine. Le cuccette sono tutte l’una accosto all’altra. Uomini, donne e bambini dormono insieme. Per conseguenza, a quanto dicono, vi è una grande immoralità; molte donne e ragazze, se la permanenza nel campo si protrae, restano incinte. Fuggire è impossibile; quasi tutti gli ospiti del campo sono riconoscibili dai loro crani rasati e molti anche dal loro aspetto ebraico. Se in Olanda stanno già così male, come staranno nelle contrade barbare e lontane dove li mandano? Secondo noi li ammazzano quasi tutti. La radio inglese dice che li gasano. Forse è il metodo più spiccio per morire. Sono molto turbata… Hai mai sentito parlare di ostaggi? E’ l’ultima moda in fatto di punizioni per i sabotatori. E’ la cosa più tremenda che ti puoi immaginare. Cittadini ragguardevoli, e innocenti, vengono gettati in prigione in attesa di esser condannati. Quando avviene un sabotaggio, se non si trova l’autore, la Gestapo mette semplicemente al muro cinque ostaggi […] (scelto da Virginio Teli)
Venerdì, 16 ottobre 1942. Rifiuto assolutamente di fare tutti i giorni quei compiti di matematica. Anche papà li trova difficili, e io ci riesco quasi meglio di lui, ma insomma non ci riusciamo né lui né io, e spesso dobbiamo chiamare in aiuto Margot. In stenografia sono la migliore di noi tre. Ieri ho finito di leggere “De Stormers”. E’ molto carino, ma non all’altezza di “Joop ter Heul”. Comunque, trovo che Cissy van Marxveldt scrive splendidamente. Farò leggere di sicuro i suoi libri anche ai miei figli. Mamma, Margot e io siamo ritornate buone amiche; così va molto meglio. Ieri sera Margot e io ci siamo sdraiate insieme sul mio letto; si stava molto allo stretto, ma era divertente. Mi chiese se potrà poi leggere il mio diario. Io dissi: «Qualche pagina sì» e le domandai del suo, che anch’io vorrei leggere. Poi venimmo a parlare del futuro. Io le domandai che mestiere vorrà fare, ma lei non lo vuol dire e ne fa un gran mistero. Mi pare che propenda per l’insegnamento; non so se ho indovinato, ma credo di sì. Davvero, non dovrei essere così curiosa! Stamattina mi sono sdraiata sul letto di Peter, dopo aver cacciato via lui. Era furioso, ma non me ne importava proprio niente. Potrebbe anche essere un po’ più gentile con me, che ieri sera gli ho perfino regalato una mela. Ho domandato a Margot se mi trova molto brutta. Dice che ho l’aria buffa e dei begli occhi. Piuttosto vago, non trovi? (scelto da Maria Rosa Appolonia)
Giovedì, 29 ottobre 1942. Da qualche tempo posso leggere anche libri per adulti. Ora sto leggendo “Eva’s Jeugd” di Nico van Suchtelen. La differenza fra questo e i romanzi per signorine non mi pare poi tanto grande. E’ vero però che vi si parla anche di donne che, in certe strade, vendono il loro corpo a uomini sconosciuti. Per questo chiedono una bella somma di denaro. Io ne morrei di vergogna. Inoltre vi si dice che Eva è indisposta; oh! anch’io vorrei esserlo, sembra tanto importante! Papà ha preso dall’armadio i drammi di Goethe e di Schiller, e ogni sera me ne leggerà qualche brano. Abbiamo già cominciato col “Don Carlos”. Per seguire il buon esempio di papà, mamma mi ha messo in mano il suo libro di preghiere. Per scarico di coscienza ho letto qualche preghiera in tedesco; le trovo molto belle, ma non mi dicono molto. Perché mi costringe a far tanto la bigotta? (scelto da Maria Rosa Appolonia)
Sabato, 7 novembre 1942. Chi, oltre a me, leggerà un giorno queste lettere? Chi altri mi consolerà? Giacché sovente ho bisogno di essere consolata, non mi sento forte abbastanza e non riesco a fare quel che vorrei. Lo so e cerco sempre, ogni giorno, di migliorarmi. Non mi trattano mai in modo uguale. Un giorno Anna è tanto saggia e può saper tutto, il giorno dopo sento dire che Anna è un’oca, una sciocchina, che non sa nulla e immagina d’aver imparato chi sa cosa dai libri. Non sono più la bambina viziata di cui si può ridere qualunque cosa faccia. Ho ideali, idee e piani miei propri, ma non so ancora esprimerli con parole. Ah, quante cose mi vengono in mente di sera quando sono sola, o durante il giorno quando debbo sopportare certa gente che mi disgusta o che interpreta male tutte le mie intenzioni! Perciò finisco sempre col ritornare al mio diario, è il mio punto di partenza e il mio punto di arrivo, perché Kitty è sempre paziente; le prometterò che nonostante tutto continuerò a fare la mia strada e a inghiottire le mie lacrime. Vorrei soltanto vederne già i risultati, o almeno essere incoraggiata, non fosse che una volta, da qualcuno che mi voglia bene. Non mi condannare, ma considera che anch’io talvolta posso sentirmi il cuore pieno. La tua Anna. (scelto da Laura Brambilla)
Martedì, 10 novembre 1942. Cara Kitty, grandi notizie! accoglieremo un ottavo inquilino clandestino. [….]Quando di fuori giunsero notizie sempre più gravi sugli orrori della persecuzione antisemita, papà interpellò i nostri due protettori ed essi approvarono in pieno l’idea. «Il pericolo è tanto per sette quanto per otto» dissero giustamente. Avuto il loro consenso, abbiamo passato in rassegna la cerchia delle nostre conoscenze per trovare una persona, che vivesse abitualmente da sola, e fosse adatta a essere accolta nella nostra famiglia di clandestini. Non fu difficile scovare chi avesse questi requisiti. Scartati da papà tutti i membri della famiglia Van Daan, la nostra scelta cadde su un dentista, un certo Albert Dussel, […] (scelto da Concetta Cartillone)
Martedì, 17 novembre 1942. […] PROSPETTO E GUIDA DELL’ALLOGGIO SEGRETO. Istituzione speciale per il soggiorno temporaneo di ebrei e simili. “Aperto tutto l’anno”. Ambiente piacevole e tranquillo in località priva d’alberi nel cuore di Amsterdam. Vicini esclusi. Vi si giunge coi tram 13 e 17, e anche in auto e bicicletta. In determinati casi, se i tedeschi non permettono l’uso di questi mezzi di trasporto, anche a piedi. “Affitto”: Gratis. “Cucina magra”. “Acqua corrente” in camera da bagno (purtroppo senza bagno) e da diverse pareti interne ed esterne. “Grandi magazzini” per merci di qualunque genere. “Stazione radio propria”, direttamente collegata con Londra, New York, Tel Aviv e molte altre emittenti. L’apparecchio è a disposizione degli abitanti dalle sei di sera in poi; non esistono stazioni proibite, però le stazioni tedesche non possono essere ascoltate che eccezionalmente, per esempio quando trasmettono musica classica o simili. “Ore di riposo”: Dalle dieci di sera alle sette e mezza di mattina; la domenica fino alle dieci e un quarto. In alcune circostanze sono ammesse anche ore di riposo durante il giorno, secondo le disposizioni della direzione. L’orario di riposo deve essere rigorosamente osservato, in relazione colla sicurezza generale. “Vacanze” (fuori casa): Sospese fino a nuovo ordine. “Lingue d’uso”: Si prega di parlar sempre piano; sono ammesse tutte le lingue civili, e quindi non la tedesca. “Esercizi ginnastici”: Giornalieri. “Lezioni”: Ogni settimana una lezione scritta di stenografia, lezioni di inglese, francese, matematica e storia in qualunque momento. “Reparto speciale per piccoli animali domestici” con buon trattamento (eccettuati gli insetti, per i quali bisogna presentare un permesso speciale). “Orario dei pasti”: Colazione tutti i giorni eccettuati i festivi alle nove; di domenica e nei giorni festivi alle undici e mezza. Pranzo (non molto abbondante): dall’una e un quarto all’una e tre quarti. Cena: calda o fredda, senz’ora fissa, in relazione con le trasmissioni radio. “Obblighi verso il comitato rifornimento viveri”: Esser sempre pronti ad aiutare nei lavori d’ufficio. “Bagni”: Domenica dalle nove in poi il catino è a disposizione di tutti gli inquilini. Lo si può usare nel gabinetto, in cucina, nell’ufficio privato, in quello verso strada, a scelta. “Bevande alcooliche”: Solamente su attestato medico. .. (scelto da Sonia Beati)
Giovedì, 19 novembre 1942. […] Moltissimi amici e conoscenti sono partiti, per una terribile destinazione. Ogni sera le automobili militari verdi o grigie scorrazzano qua e là, i tedeschi suonano a ogni porta e domandano se lì abitano anche ebrei. Se sì, tutta la famiglia deve seguirli, se no, vanno oltre. Nessuno può sottrarsi alla sua sorte se non si nasconde. Talvolta vanno in giro con delle liste e suonano soltanto là dove sanno di poter fare una ricca preda. Spesso si paga un prezzo per il riscatto, tanto per testa. Sembra la caccia agli schiavi, come la si faceva un tempo. Ma non e affatto uno scherzo, è una cosa tragica. Di notte, al buio, quasi vedo quelle file di innocenti che, comandati da un paio di quei figuri, camminano, camminano, coi loro bimbi che piangono, battuti e martoriati, finché cadono al suolo. Nessuno è risparmiato, vecchi carichi d’anni, bimbi, donne incinte, malati, tutti camminano insieme nella marcia verso la morte. Come stiamo bene qui, bene e tranquilli! Avremmo bisogno di ignorare tutte queste miserie, ma siamo troppo angustiati per tutti coloro che ci erano cari e che non possiamo più aiutare. Mi sento cattiva, io che me ne sto in un letto caldo mentre le mie più care amiche sono state gettate chi sa dove o sono già morte. Che angoscia, pensare a tutti coloro con cui mi sono sempre sentita intimamente legata e che ora sono caduti in mano ai carnefici più crudeli che esistano! E tutto questo perché sono ebrei! La tua Anna. (scelto da Virginio Teli)
Martedì, 22 dicembre 1942. […] Fuori, è spaventoso. Di giorno e di notte quei poveretti vengono trascinati via, senza poter portare con sé che un sacco da montagna e un po’ di denaro. Durante il viaggio gli tolgono anche quel po’ di roba. Le famiglie vengono divise, gli uomini di qua, le donne di là, i bambini da un’altra parte. I bambini, venendo a casa da scuola, non trovano più i loro genitori. Le donne, tornando dal far le spese, trovano la casa sigillata e la famiglia scomparsa. Anche gli olandesi cristiani hanno paura; i loro figli sono spediti in Germania, tutti vivono nell’angoscia. E ogni notte centinaia di aviatori passano sull’Olanda, diretti verso le città tedesche, e là arano la terra con le bombe; e ogni ora cadono in Russia e in Africa centinaia, migliaia di uomini. Nessuno può starne fuori, tutto il mondo è in guerra e, sebbene vada meglio per gli alleati, non si vede ancora la fine. E noi… noi stiamo bene, meglio che milioni di altre persone. Siamo ancora tranquilli e sicuri e, come suol dirsi, ci mangiamo il capitale. Siamo così egoisti che parliamo di un “dopoguerra”, ci rallegriamo pensando che avremo vestiti nuovi e scarpe nuove, mentre veramente dovremmo risparmiare ogni centesimo per aiutare gli altri, dopo la guerra, a salvare quello che è ancora salvabile. I bambini qui vanno in giro con bluse leggere e zoccoli ai piedi, senza mantello, senza berretto, senza calze, e nessuno che li aiuti. Non hanno niente in pancia e masticano carote, lasciano la casa fredda per scendere nella strada fredda e andare a scuola in una classe ancor più fredda. Si è arrivati al punto, in Olanda, che moltissimi bambini fermano i passanti in strada per chiedere un pezzo di pane[…]. (scelto da Virginio Teli)
Mercoledì, 13 gennaio 1943. […] Fuori, è spaventoso. Di giorno e di notte quei poveretti vengono trascinati via, senza poter portare con sé che un sacco da montagna e un po’ di denaro. Durante il viaggio gli tolgono anche quel po’ di roba. Le famiglie vengono divise, gli uomini di qua, le donne di là, i bambini da un’altra parte. I bambini, venendo a casa da scuola, non trovano più i loro genitori. Le donne, tornando dal far le spese, trovano la casa sigillata e la famiglia scomparsa. Anche gli olandesi cristiani hanno paura; i loro figli sono spediti in Germania, tutti vivono nell’angoscia. E ogni notte centinaia di aviatori passano sull’Olanda, diretti verso le città tedesche, e là arano la terra con le bombe; e ogni ora cadono in Russia e in Africa centinaia, migliaia di uomini. Nessuno può starne fuori, tutto il mondo è in guerra e, sebbene vada meglio per gli alleati, non si vede ancora la fine. E noi… noi stiamo bene, meglio che milioni di altre persone. Siamo ancora tranquilli e sicuri e, come suol dirsi, ci mangiamo il capitale. Siamo così egoisti che parliamo di un “dopoguerra”, ci rallegriamo pensando che avremo vestiti nuovi e scarpe nuove, mentre veramente dovremmo risparmiare ogni centesimo per aiutare gli altri, dopo la guerra, a salvare quello che è ancora salvabile. I bambini qui vanno in giro con bluse leggere e zoccoli ai piedi, senza mantello, senza berretto, senza calze, e nessuno che li aiuti. Non hanno niente in pancia e masticano carote, lasciano la casa fredda per scendere nella strada fredda e andare a scuola in una classe ancor più fredda. Si è arrivati al punto, in Olanda, che moltissimi bambini fermano i passanti in strada per chiedere un pezzo di pane. Potrei passar delle ore a raccontarti le miserie portate dalla guerra, ma ciò mi rende ancor più triste. Non ci resta altro che aspettare tranquillamente, fin che si può, la fine di questa miseria. Aspettano gli ebrei e aspettano i cristiani, tutto il mondo aspetta, e molti aspettano la morte. (scelto da Maria Rosa Appolonia)
Sabato, 1 maggio 1943. […] Noi che ci siamo abituati a usar tutta roba frusta, dalle mie mutande al pennello per la barba di papà, come potremo riprendere il nostro tono di vita di prima della guerra?”. Questa notte ho dovuto impacchettare quattro volte le mie cose, tanto sparavano forte. Oggi ho ficcato in una valigetta le cose più necessarie in caso di fuga. Mamma dice giustamente: «Ma dove vuoi fuggire?». Tutta l’Olanda è punita perché si sciopera in alcune regioni. E’ stato proclamato lo stato d’assedio e ciascuno ha un buono di burro in meno. Bravi! La tua Anna. (scelto da Virginio Teli)
Domenica, 11 luglio 1943. […] Chi vive normalmente non può sapere che cosa significhino i libri per noialtri rinchiusi. Lettura, studio e radio sono le nostre distrazioni. La tua Anna. (scelto da Emanuela Fenili)
Venerdì, 23 luglio 1943. Cara Kitty, ti voglio raccontare qual è il primo desiderio che ciascuno di noi soddisferà quando potremo di nuovo uscire. Margot e il signor Van Daan desiderano soprattutto un bagno caldo completo, e vogliono restarci più di mezz’ora. La signora Van Daan andrà subito a mangiare delle paste. Dussel non pensa che a Lotte, sua moglie, mamma alla sua tazza di caffè, papà vuol fare per prima cosa una visita al signor Vossen, Peter andare in città e al cinema, e io per la felicità non saprei dove cominciare. Io desidero più di tutto una casa mia e la libertà di muovermi, e poi vorrei essere nuovamente aiutata nel mio lavoro, ossia andare a scuola. Elli ci ha offerto della frutta. Costa una piccolezza. L’uva 5 fiorini al chilo, l’uva spina 0,70 alla libbra, una pesca mezzo fiorino, i meloni 1,50 al chilo. E poi stampano ogni sera a caratteri di scatola sui giornali: “Far salire i prezzi è da usurai!” (scelto da Grazia Calsana)
Venerdì, 10 settembre 1943. […] Mercoledì sera, 8 settembre, stavamo ascoltando la radio delle sette e la prima cosa che udimmo fu: “Ecco la migliore notizia di tutta la guerra: I’Italia ha capitolato!”, l’Italia si è arresa senza condizioni! Alle otto e un quarto cominciò radio Orange: “Ascoltatori, un’ora fa, avevo appena finito di scrivere la cronaca della giornata, quando venne la splendida notizia della capitolazione dell’Italia. Posso dirvi che non ho mai gettato con tanto piacere il foglio nel cestino!”. Furono suonati “God save the king”, l’inno americano e l’ “Internazionale” [….] (scelto da Concetta Cartillone)
Giovedì, 11 novembre 1943. Cara Kitty, ho un bel titolo per questo capitolo: “Ode alla mia stilografica in memoriam” La mia stilografica fu sempre per me un prezioso possesso […]:Quando compii nove anni, essa mi arrivò avvolta di ovatta in un pacchettino, come “campione senza valore”, da Aquisgrana, dove abitava mia nonna, la buona donatrice. [….]Quando ebbi dieci anni, potei portare la penna a scuola e la signorina mi permise di servirmene per scrivere.[…] Ora sono arrivata a quattordici, ed è l’ultimo anno che la mia penna ha passato con me… Fu un venerdì pomeriggio dopo le cinque: io venivo dalla mia cameretta e volevo andarmi a sedere al tavolino per scrivere, ma fui rudemente spinta da parte e dovetti cedere il posto a Margot e al babbo che volevano fare i loro esercizi di latino. La stilografica rimase inutilizzata sul tavolo, mentre la sua proprietaria si accontentò sospirando di un angolino del tavolo e si mise a strofinare fagioli. “Strofinare fagioli” qui significa ripulire i fagioli ammuffiti. Alle cinque e tre quarti scopai il pavimento, raccolsi lo sporco e i fagioli marci in un giornale e gettai tutto nella stufa. Ne venne fuori un’enorme fiammata, e io fui contentissima di avere in tal modo ravvivato la stufa che pareva già quasi spenta. Tutto era di nuovo tranquillo, i latinisti avevano finito e io andai a sedermi al tavolo per cominciare, finalmente, a scrivere; ma la mia stilografica era irreperibile. La cercai dappertutto, la cercarono Margot, mamma, papà e Dussel, ma la penna era scomparsa senza lasciar traccia. […] […]papà nel ripulire la stufa trovò fra le ceneri il fermaglio metallico. Ma del pennino d’oro non si trovò traccia. «Certamente dev’essersi cotto rimanendo appiccicato ad una mattonella» disse il babbo. M’è rimasta una consolazione, sebbene assai magra: la mia stilografica è stata cremata, proprio come vorrei io, a suo tempo. La tua Anna. (scelto da Angela Ruggeri)
Venerdì, 24 dicembre 1943. […] Quando viene qualcuno di fuori, col vento negli abiti e il freddo in viso, vorrei ficcare la testa sotto le coperte per non pensare: “Quando ci sarà di nuovo concesso di respirare un po’ d’aria?”. E siccome non posso nascondere il capo nelle coperte, ma lo devo anzi tenere ben dritto, i pensieri vengono, e non una volta sola ma infinite volte. Credimi, quando sei stata rinchiusa per un anno e mezzo, ti capitano dei giorni in cui non ne puoi più. Sarò forse ingiusta e ingrata, ma i sentimenti non si possono reprimere. Vorrei andare in bicicletta, ballare, fischiettare, guardare il mondo, sentirmi giovane, sapere che sono libera, eppure non devo farlo notare perché, pensa un po’, se tutti e otto ci mettessimo a lagnarci e a far la faccia scontenta, dove andremmo a finire? A volte mi domando: “Che non ci sia nessuno capace di comprendere che, ebrea o non ebrea, io sono soltanto una ragazzotta con un grande bisogno di divertirmi e stare allegra?”. Non lo so, e non potrei parlarne con nessuno, perché sono certa che mi metterei a piangere. Piangere può recare tanto sollievo. Nonostante tutte le mie teorie e i miei sforzi sento ogni giorno la mancanza di una vera madre che mi comprenda. Anche per questo, qualunque cosa io faccia o scriva, penso sempre che per i miei bimbi vorrò essere la “mammina” come l’intendo io. La mammina che non prende troppo sul serio tutto ciò che si dice e prende invece sul serio ciò che viene da me. Mi accorgo che non so esprimere quel che vorrei, ma la parola “mammina” dice tutto. Sai che cosa ho trovato per chiamare mia madre in un modo che mi ricordi la”mammina”? Qualche volta la chiamo “mannina”. E’ una specie di mammina incompleta, e io aggiungerei volentieri alle due “n” le gambe che mancano per poterla meglio adorare; ma lei non ne ha alcuna idea. E’ una fortuna, questa, perché altrimenti ne soffrirebbe troppo. Ed ora basta. La mia “tristezza mortale”scrivendo è un poco passata. La tua Anna”. (scelto da Emanuela Fenili)
Giovedì, 6 gennaio 1944. Cara Kitty, il mio desiderio di chiacchierare con qualcuno è diventato così grande che m’è venuto in mente di servirmi di Peter per questo scopo. […] A Peter è venuta la mania delle parole crociate e non fa nient’altro. Io mi misi ad aiutarlo e così sedemmo al tavolino l’uno di fronte all’altra, lui sulla sedia io sul divano. Avevo una strana sensazione quando guardavo i suoi occhi azzurro-scuri e quel misterioso sorriso sulle sue labbra. Potevo leggergli nell’animo, gli vedevo dipinti in viso l’imbarazzo e l’incertezza sul contegno da tenere, e in pari tempo un’ombra di consapevolezza della sua virilità. Mi intenerivo nell’osservare il suo disagio; non potevo evitare di incontrare di tanto in tanto i suoi occhi oscuri e quasi l’imploravo con tutto il mio cuore: oh, dimmi che cos’hai dentro di te, smettiamola con queste chiacchiere inconcludenti!… . Ero seduta su di una sedia e di fronte a me sedeva Peter… Wessel; sfogliavamo un libro con disegni di Mary Bos. Il mio sogno era così chiaro che mi ricordo ancora i particolari dei disegni. Ma non era tutto, il sogno continuò. Gli occhi di Peter incontrarono subitamente i miei e io guardai a lungo in quei begli occhi bruni e vellutati. Allora Peter disse dolcemente: «Se lo avessi saputo, sarei stato già da tempo con te!». Mi girai di scatto, perché mi vinceva la commozione. E poi sentii una soave, fresca e benefica guancia contro la mia e tutto era così bello, così bello… A questo punto mi svegliai, mentre ancora sentivo la sua guancia contro la mia e i suoi occhi bruni che mi guardavano profondamente nel cuore, così profondamente che vi deve aver letto quanto gli abbia voluto bene e quanto ancora gliene voglia. (scelto da Virginio Teli)
Sabato, 22 gennaio 1944. mi sai forse spiegare perché tutti gli uomini nascondono così scrupolosamente il loro intimo? Perché mai in società io mi comporto del tutto diversamente da come dovrei comportarmi? Perché nessuno si fida dell’altro? Ci sarà certamente una ragione, lo so, ma a volte trovo stupido che non si possa aver la confidenza di nessuno, nemmeno delle persone più vicine. (scelto da Maria Rosa Colla)
Venerdì, 28 gennaio 1944. Nascondersi e fare vita clandestina sono divenuti concetti usuali, come una volta le pantofole di papà, che dovevano stare davanti alla stufa. Ci sono molte istituzioni, come la “Libera Olanda”, che falsificano le carte d’identità, procurano denaro ai latitanti, trovano nascondigli ai ricercati, danno lavoro ai giovani cristiani alla macchia; ed è meravigliosa la quantità di nobile e disinteressato lavoro fatto da questa gente, che mette a repentaglio la propria vita per soccorrere e salvare gli altri. L’esempio migliore sono i nostri protettori, che ci hanno permesso di tirare avanti fino adesso e che si spera possano farci approdare al sicuro, altrimenti divideranno anch’essi la sorte dei ricercati. Non abbiamo mai sentito una sola parola che accenni al carico che noi certamente rappresentiamo, e nessuno di loro si è mai lamentato che noi diamo troppo da fare. Ogni giorno vengono tutti su da noi, parlano coi signori di affari e di politica, con le signore del mangiare e dei gravami del tempo di guerra, coi bambini di libri e di giornali. Fanno la faccia allegra fin che possono, portano fiori e regali per le feste e i compleanni, sono a nostra disposizione in tutto e per tutto. Non potremo mai dimenticare che, se altri sono eroici in guerra e di fronte ai tedeschi, i nostri lo sono nel vigile affetto che mostrano per noi. (scelto da Francesco Bertoli)
Sabato, 12 febbraio 1944. Cara Kitty, c’è un bel sole, il cielo è sereno, spira un vento delizioso, e io ho desiderio… di tutto. Desiderio di chiacchiere, di libertà, di amici, di esser sola. Desiderio… di piangere! mi sembra di dovere scoppiare, e so che se piangessi starei meglio; ma non posso. Sono inquieta, vado da una camera all’altra, respiro l’aria dalla fessura di una finestra chiusa, sento che il mio cuore batte, come se dicesse: “Soddisfa finalmente i miei desideri!”. Credo di sentire in me il risveglio della primavera, lo sento in tutto il mio corpo e nella mia anima. Debbo farmi forza per comportarmi normalmente, sono del tutto smarrita, non so che cosa leggere, che cosa scrivere, che cosa fare; so solamente che ho tanti desideri…! (scelto da Grazia Calsana)
Martedì, 7 marzo 1944. […] Allora penso: “buona” è la sicurezza del nostro rifugio, è la mia salute, è la mia stessa esistenza; “caro” è Peter, è quel sentimento delicato e indistinto che noi due non osiamo ancora nominare, o sfiorare, ma che verrà, e sarà l’amore, l’avvenire, la felicità; “bello” è il mondo; il mondo, la natura, la bellezza e tutto ciò che la forma. Non penso a tutti i sofferenti, ma al bello che ancora rimane. In questo sono molto diversa da mamma, che a chi è di cattivo umore consiglia: “Pensa alle miserie che ci sono al mondo, e sii felice che tu non ne soffri!”. Io invece consiglio: “Va’ fuori, al sole, nei campi, a contatto con la natura, va’ fuori e cerca di trovare la felicità in te e in Dio. Pensa al bello che c’è ancora in te e attorno a te e sii felice!”. […] Chi è felice farà felici anche gli altri, chi ha coraggio e fiducia non sarà mai sopraffatto dalla sventura! (scelto da Sonia Beati)
Mercoledì, 29 marzo 1944. Cara Kitty, ieri sera il ministro Bolkenstein disse da radio Orange che dopo la guerra si farà una raccolta di lettere e diari di questa guerra. Naturalmente tutti mi volarono addosso, per quello che sto scrivendo io. Figurati come sarebbe interessante, se io pubblicassi un romanzo sull’alloggio segreto. Dal titolo, la gente lo crederebbe un romanzo giallo. Senza scherzi: dieci anni dopo la guerra farebbe un curioso effetto se noi raccontassimo come hanno vissuto qui otto ebrei, che cosa hanno mangiato e che cosa hanno detto. Sebbene ti racconti molto di noi, tu non sai che pochissimo della nostra vita. Dovrei forse dirti quanta paura abbiano le signore durante i bombardamenti, per esempio domenica scorsa, quando 350 aviatori inglesi hanno versato mezzo milione di chili di bombe sopra Ijmuiden, e le case tremavano come fuscelli d’erba al vento? O quanto si diffondano le epidemie? Di tutte queste cose tu non sai nulla, e io dovrei passare la giornata a scrivere, se dovessi raccontarti tutto minutamente e con tutte le sfumature. Gente che fa la coda per la verdura e per ogni altra cosa, dottori che non possono andare a visitare gli ammalati perché sono stati derubati dell’automobile poco prima, furti e scassi in quantità, tanto che vien da chiedere che cosa gli è preso, agli olandesi, che di colpo sono divenuti così ladri. Bambini da otto a undici anni che rompono i vetri delle finestre e rubano quello che capita loro sotto mano negli alloggi. Nessuno osa lasciare la casa per cinque minuti, perché mentre sei via se ne va anche la tua roba. Ogni giorno si leggono avvisi sui giornali che promettono compensi a chi riporta macchine da scrivere, tappeti persiani, orologi elettrici, stoffe eccetera eccetera che sono stati rubati. Gli orologi elettrici delle strade vengono smontati, i telefoni portati via dalle cabine fino all’ultimo filo. Lo stato d’animo della popolazione non può essere buono: tutti hanno fame, colle razioni settimanali non si tira avanti che per due giorni, salvo che col surrogato di caffè. L’invasione si fa aspettare, gli uomini sono deportati in Germania. I bambini si ammalano o sono denutriti, ognuno ha consunti gli abiti e le scarpe. Una risolatura costa, a borsa nera, 7,5 fiorini; la maggior parte dei calzolai non accettano più clienti, oppure devi aspettare quattro mesi le scarpe, che nel frattempo possono essere scomparse. Di buono c’è questo, che il sabotaggio contro le autorità diventa sempre più grave, a misura che il vitto peggiora e i provvedimenti contro la popolazione si fanno più severi. Fra gli addetti all’annona, i poliziotti, gli impiegati, alcuni aiutano i concittadini, altri fanno la spia e mandano la gente in prigione. Fortunatamente solo una piccola parte dei cittadini olandesi parteggia per il nemico. La tua Anna. (scelto da Concetta Cartillone)
Mercoledì, 5 aprile 1944. […] Chi non scrive non sa quanto sia bello scrivere; in passato, rimpiangevo sempre di non sapere disegnare, ma ora sono felicissima di saper almeno scrivere. E se non avrò ingegno abbastanza per fare la scrittrice o la giornalista, ebbene, potrò sempre scrivere per me sola. Voglio farmi avanti, non posso pensare di vivere come mamma, la signora Van Daan e tutte quelle donne che fanno il loro lavoro e poi sono dimenticate. Debbo avere qualcosa a cui dedicarmi, oltre al marito e ai figli! Voglio continuare a vivere dopo la mia morte! Perciò sono grata a Dio che mi ha fatto nascere con quest’attitudine a evolvermi e a scrivere per esprimere ciò che è in me. Scrivendo dimentico tutti i miei guai, mi rianimo e la mia tristezza svanisce. (scelto da Sonia Beati)
Commento ricevuto da Meta Magnoni. Leggendo il Diario di Anna, non c’è stato un solo giorno che non mi abbia colpito e fatto riflettere su temi ancora oggi attuali: le guerre, le persone che sono costrette a lasciare il proprio paese, l’accoglienza degli immigrati rifiutata da alcuni paesi, le identità, i muri che si costruiscono, il sacrificio di tutte le persone che muoiono nei conflitti, nei mari. E’ questo il mondo in cui voglio vivere? NO. Secondo me la seguente riflessione di Anne ci riporta alle cause che sono all’origine di tanti problemi:
Mercoledì, 3 maggio 1944. […] Come ben ti puoi immaginare, qui dicono sovente, disperati: «A che cosa serve mai la guerra? Perché gli uomini non possono vivere in pace? Perché devastare tutto?». La domanda è comprensibile, ma finora nessuno ha ancora trovato una risposta soddisfacente. Già, perché in Inghilterra fanno aeroplani sempre più grandi, bombe sempre più pesanti e, nello stesso tempo, case prefabbricate in serie per la ricostruzione? Perché si spendono ogni giorno milioni per la guerra e nemmeno un centesimo per l’assistenza medica, per gli artisti, per i poveri. Perché gli uomini debbono soffrire la fame, quando in altre parti del mondo si lasciano marcire i cibi sovrabbondanti? Perché gli uomini sono così pazzi? Non credo affatto che la guerra sia soltanto colpa dei grandi uomini, dei governanti e dei capitalisti. No, la piccola gente la fa altrettanto volentieri, altrimenti i popoli si sarebbero rivoltati da tempo. C’è negli uomini un impulso alla distruzione, alla strage, all’assassinio, alla furia, e fino a quando tutta l’umanità, senza eccezioni, non avrà subito una grande metamorfosi, la guerra imperverserà: tutto ciò che è stato ricostruito o coltivato sarà distrutto e rovinato di nuovo; e si dovrà ricominciare da capo. Sono stata sovente abbattuta, ma mai disperata; considero questa vita clandestina come una avventura pericolosa, ma romantica e interessante. Mi consolo delle privazioni divertendomi a descriverle nel mio diario. Mi sono proposta di condurre una vita differente da quella delle altre ragazze e, più tardi, da quella delle solite donne di casa. Questo è il bell’inizio della vita interessante; e perciò, perciò soltanto, nei momenti più pericolosi, debbo ridere del lato umoristico della situazione. Sono giovane e posseggo molte virtù ancora nascoste, sono giovane e forte e vivo questa grande avventura, ci sono in mezzo e non posso passar la giornata a lamentarmi. La natura mi ha favorito dandomi un carattere felice, gioviale ed energico. Ogni giorno sento che la mia mente matura, che la liberazione si avvicina, che la natura è bella, che la gente attorno a me è buona, che quest’avventura è interessante. Perché dunque dovrei disperarmi? La tua Anna. (scelto da Meta Magnoni)
Giovedì, 11 maggio 1944. […] Sai che il mio maggior desiderio è quello di diventare giornalista e poi scrittrice celebre. Se riuscirò a soddisfare questo mio desiderio (o follia?) di grandezza, resta a vedersi; ma fin d’ora i soggetti non mi mancano. Dopo la guerra voglio a ogni costo pubblicare un libro intitolato “Het Achterhuis” (L’alloggio segreto)). Se ci riuscirò o meno ancora non lo so, ma il mio diario mi sarà di aiuto. Oltre a “Het Achterhuis” ho altri soggetti in mente. Te ne scriverò più a lungo quando avranno assunto una forma più definita. La tua Anna. (scelto da Concetta Cartillone)
Lunedì, 22 maggio 1944. […] Nessun paese può sacrificare i suoi uomini per niente e tanto meno per l’interesse di un altro paese; nemmeno l’Inghilterra lo farà. L’invasione, la liberazione e la libertà verranno, ma la data sarà fissata dall’Inghilterra e dall’America, non dai paesi occupati. Con nostro grande dolore e con grande indignazione abbiamo appreso che l’atteggiamento di molta gente di fronte a noialtri ebrei è molto cambiato. Abbiamo udito che l’antisemitismo è penetrato in ambienti dove prima non ci si pensava nemmeno[……] (scelto da Virginio Teli)
Venerdì, 2 giugno 1944. […] Adesso voglio spiegarti un sistema anti-sparatorie nuovo di zecca: quando gli spari sono forti si corre verso la scala di legno più vicina, si corre giù e poi si torna su badando, nel ripetere le corse, di cadere almeno una volta, ma senza farsi troppo male. I graffi e la confusione che si fa correndo e cadendo ti occupano abbastanza da non farti sentire né pensare alle sparatorie. La sottoscritta ha provato questa ricetta con notevole successo! (scelto da Sonia Beati)
Giovedì, 15 giugno 1944. Cara Kitty, è perché da tanto tempo non metto più il naso fuori di casa che vado pazza per le bellezze naturali? So benissimo che una volta l’azzurro del cielo, il cinguettio degli uccelli, il chiaro di luna e gli alberi in fiore non attiravano la mia attenzione. Qui le cose sono cambiate. La sera di Pentecoste, per esempio, sebbene facesse tanto caldo, mi sono sforzata di tenere gli occhi aperti fino alle undici e mezza, per potere tranquillamente contemplare da sola la luna attraverso la finestra aperta. Purtroppo questo sacrificio non servì a nulla, perché la luna spandeva troppa luce e io non potevo rischiare di tenere la finestra aperta. Un’altra sera, parecchi mesi addietro, mi trovavo per caso di sopra mentre la finestra era aperta….. Non è una mia fantasia che la vista del cielo, delle nubi, della luna e delle stelle mi renda tranquilla e paziente. E’ una medicina migliore della valeriana o del bromuro. La natura mi rende umile e pronta ad affrontare valorosamente ogni avversità. Purtroppo è andata così: io non posso guardare la natura – ed eccezionalmente – che attraverso finestre polverose e coperte da sporche tendine. E guardarla così non è più un piacere, perché la natura è davvero l’unica cosa che non tollera surrogati. La tua Anna. (scelto da Virginio Teli e Francesco Bertoli)
Giovedì, 6 luglio 1944. Quanto sarebbero buoni gli uomini, se ogni sera prima di addormentarsi rievocassero gli avvenimenti della giornata e riflettessero a ciò che v’è stato di buono e di cattivo nella loro condotta! Involontariamente cercheresti allora ogni giorno di correggerti, ed è probabile che dopo qualche tempo avresti ottenuto un risultato. Questo mezzuccio è alla portata di tutti, non costa nulla ed è certamente utilissimo. «Una coscienza tranquilla rende forti»: chi non lo sa, deve impararlo e farne esperienza. (scelto da Maria Rosa Colla)
Venerdì, 21 luglio 1944. Cara Kitty, l’animo mi si apre alla speranza, finalmente va bene! Sì, davvero, le cose vanno bene! Notizie strepitose! E’ stato commesso un attentato alla vita di Hitler, e non da ebrei comunisti o da capitalisti inglesi, ma da un generale tedesco di pura schiatta germanica, che è conte e inoltre ancor giovane. La Divina Provvidenza ha salvato la vita a Hitler che purtroppo se l’è cavata con qualche scalfittura e qualche scottatura. Alcuni ufficiali e generali del suo contorno sono rimasti uccisi o feriti. Il principale attentatore è stato fucilato. E’ la prova migliore che molti generali e ufficiali ne hanno abbastanza della guerra e vedrebbero volentieri Hitler andare all’inferno. […] Hitler è stato così amabile da comunicare al suo fido e devoto popolo che da oggi in poi tutti i militari debbono ubbidire alla Gestapo, e che ogni soldato il quale sappia che il suo superiore è coinvolto in questo vile e spregevole attentato, deve abbatterlo senza ombra di processo. Sarà una bella storia. Fritz ha i piedi che gli fanno male a forza di camminare, il suo ufficiale lo redarguisce. Fritz afferra il fucile, grida: “Tu vuoi assassinare il Führer, ecco la ricompensa!”. Uno sparo e l’altezzoso capo, che ha osato fare una ramanzina a Fritz, è entrato nella vita eterna (o morte eterna?) […] (scelto da Concetta Cartillone)
Commento ricevuto da Angela Scopelliti. Tanto è stato detto e scritto sul diario di Anne Frank. Le sue parole hanno riempito i libri di antologia di tutte le scuole, hanno ispirato film e opere teatrali. Difficile per me leggere un libro che, per quanto apprezzi, non ha più suspense… Eppure ho trovato una novità. Nell’appendice, una testimonianza (quella di Janny): “quelle due birichine e testarde (Anne e Margot) si davano da fare molto, insieme ad altre donne e ragazze, per aiutare un gruppo di bambini alloggiati al blocco.” Queste parole mettono in luce che Anne , non solo è diventata grande nell’alloggio segreto, ma continua ad esserlo anche nel campo di Bergen-Belsen. Anne, con la leggerezza dei suoi quattordici anni dice cose da sembrare impronunciabili per la condizione in cui si trova. “Non penso alla miseria, ma a tutta la bellezza che rimane”…. Pur nella sofferenza e nella privazione riesce a guardare oltre se stessa prendendosi cura degli altri e manifestando così la più alta forma di amore. Immediato è il parallelismo con la figura di Giulia Gabrieli. Stessa età, stesso talento della scrittura, stessa spontanea vivacità, stessa bontà coraggiosa. In mezzo agli orrori della guerra (Anne), in mezzo alle limitazioni della malattia (Giulia), esse sbocciano e diventano grandi. Loro sono le vere grandi. In Anne c’è l’intuizione che il bene vincerà. In Giulia questa intuizione è certezza. Le loro parole hanno superato la morte e sono diventate guida e aiuto per tanti giovani. Quando Giulia muore il vescovo di Bergamo invita a correggere così l’eterno riposo: “L’eterna gioia donale Signore…”. Lo stesso sarà accaduto per Anne. Per finire con un tocco di leggerezza. Anne aveva annotato in francese : “Soit gentil et tiens courage!” Sii gentile e abbi coraggio! …sono le parole di Cenerentola nell’ultimo film della Walt Disney. Il diario di Anna Frank ha toccato anche le favole… Di seguito i brani dei due diari in cui le ragazze sono più vicine.
Anne Frank, Diario: Sabato, 15 luglio 1944. […] E’ un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo. Mi è impossibile costruire tutto sulla base della morte, della miseria, della confusione. vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure quando guardo il cielo, penso che tutto si volgerà nuovamente al bene, che anche questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno l’ordine, la pace, la serenità…
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