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Giorno della Memoria, 27 Gennaio

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.Luce.
view post Posted on 27/1/2023, 09:30     +4   +1   -1




Giorno della Memoria – 27 Gennaio

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Data d'istituzione 1º novembre 2005

Il Giorno della Memoria è una ricorrenza internazionale, celebrata il 27 gennaio di ogni anno come giornata per commemorare le vittime dell'Olocausto. È stato così designato dalla risoluzione 60/7 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1º novembre 2005 durante la 42ª riunione plenaria. La risoluzione fu preceduta da una sessione speciale tenuta il 24 gennaio 2005 durante la quale l'Assemblea generale delle Nazioni Unite celebrò il sessantesimo anniversario della liberazione dei campi di concentramento nazisti e la fine dell'Olocausto.
Si è stabilito di celebrare il Giorno della Memoria ogni 27 gennaio perché in quel giorno del 1945 le truppe dell'Armata Rossa, impegnate nella offensiva Vistola-Oder in direzione della Germania, liberarono il campo di concentramento di Auschwitz.

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Il 27 gennaio 1945 le truppe sovietiche della 60ª Armata del "1º Fronte ucraino" del maresciallo Ivan Konev arrivarono per prime presso la città polacca di Oświęcim (in tedesco Auschwitz), scoprendo il vicino campo di concentramento e liberandone i superstiti. La scoperta di Auschwitz e le testimonianze dei sopravvissuti rivelarono compiutamente per la prima volta al mondo l'orrore del genocidio nazista.
Ad Auschwitz, circa dieci giorni prima, i nazisti si erano rovinosamente ritirati portando con loro, in una marcia della morte, tutti i prigionieri sani, molti dei quali morirono durante la marcia stessa.
L'apertura dei cancelli di Auschwitz mostrò al mondo intero non solo molti testimoni della tragedia, ma anche gli strumenti di tortura e di annientamento utilizzati in quel lager nazista.
Nonostante i sovietici avessero liberato, circa sei mesi prima di Auschwitz, il campo di concentramento di Majdanek e «conquistato [nell'estate del 1944] anche le zone in cui si trovavano i campi di sterminio di Belzec, Sobibor e Treblinka [precedentemente smantellati dai nazisti nel 1943]» fu stabilito che la celebrazione del giorno della Memoria coincidesse con la data in cui venne liberato Auschwitz".
La data del 27 gennaio in ricordo della Shoah, lo sterminio del popolo ebraico, è indicata quale data ufficiale agli Stati membri dell'ONU, in seguito alla risoluzione 60/7 del 1º novembre 2005.

L'Italia ha formalmente istituito la giornata commemorativa, nello stesso giorno, alcuni anni prima della corrispondente risoluzione delle Nazioni Unite: essa ricorda le vittime dell'Olocausto, delle leggi razziali e coloro che hanno messo a rischio la propria vita per proteggere i perseguitati ebrei, nonché tutti i deportati militari e politici italiani nella Germania nazista.
Prima di arrivare a definire il disegno di legge, si era a lungo discusso su quale dovesse essere considerata la data simbolica di riferimento: si trattava di decidere su quali eventi fondare la riflessione pubblica sulla memoria. Erano emerse in particolare due opzioni alternative. Il deputato Furio Colombo aveva proposto il 16 ottobre, data del rastrellamento del ghetto di Roma (il 16 ottobre 1943 oltre mille cittadini italiani di religione ebraica furono catturati e deportati dall'Italia ad Auschwitz): questa ricorrenza avrebbe permesso di focalizzare l'attenzione sulle deportazioni razziali e di sottolineare le responsabilità anche italiane nello sterminio. Dall'altra parte vi era chi sosteneva (in particolare l'Associazione nazionale ex deportati politici nei campi nazisti) che la data prescelta dovesse essere il 5 maggio, anniversario della liberazione di Mauthausen, per sottolineare la centralità della storia dell'antifascismo e delle deportazioni politiche in Italia. Infine, anche in ragione della portata evocativa che Auschwitz – oramai simbolo universale della tragedia ebraica durante la seconda guerra mondiale – da anni rappresenta per tutta l'Europa, si è optato per adottare il giorno della sua liberazione, avvenuta il 27 gennaio.

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Gli articoli 1 e 2 della legge 20 luglio 2000 n. 211 definiscono così le finalità e le celebrazioni del Giorno della Memoria:

«La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.
In occasione del "Giorno della Memoria" di cui all'articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell'Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere.»
 
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view post Posted on 27/1/2023, 10:11     +2   +1   -1
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Grazie, Luce. Certi orrori non vanno dimenticati.
 
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view post Posted on 27/1/2023, 10:17     +1   +1   -1
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Mi associo ad H. Aster: grazie Luce per aver tenuto vivo il ricordo in questa giornata importante.
L'Orrore non va dimenticato, solo combattuto
😢😢😢😢😢
 
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view post Posted on 27/1/2023, 10:50     +1   +1   -1
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Grand Pez di Girella

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Con la situazione odierna, fa uno strano effetto considerare che erano stati proprio i russi a liberare Auschwitz... :via:
 
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view post Posted on 27/1/2023, 11:00     +1   -1
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Comm.Grand.Pres. della Girella

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CITAZIONE (Delari @ 27/1/2023, 10:50) 
Con la situazione odierna, fa uno strano effetto considerare che erano stati proprio i russi a liberare Auschwitz... :via:

Davvero... 🙄
 
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.Luce.
view post Posted on 27/1/2023, 11:08     +1   -1




Il diario di Anna Frank (film 1959)



Titolo originale The Diary of Anne Frank
Paese di produzione Stati Uniti d'America
Anno 1959
Genere biografico, drammatico, storico
Regia George Stevens
Soggetto Anna Frank
Sceneggiatura Frances Goodrich e Albert Hackett
Produttore George Stevens
Fotografia William C. Mellor
Montaggio David Bretherton, William Mace e Robert Swink
Musiche Alfred Newman
Scenografia Lyle R. Wheeler, George W. Davis, Walter M. Scott e Stuart A. Reiss

Interpreti e personaggi
Millie Perkins: Anna Frank
Joseph Schildkraut: Otto Frank
Shelley Winters: Petronella Van Daan
Gusti Huber: Edith Frank
Richard Beymer: Peter Van Daan
Lou Jacobi: Hans Van Daan
Diane Baker: Margot Frank
Douglas Spencer: Harry Kraler
Ed Wynn: Albert Dussel
Dodie Heath: Miep Gies
Orangey: Moushie

Doppiatori italiani
Vittoria Febbi: Anna Frank
Augusto Marcacci: Otto Frank
Lydia Simoneschi: Petronella Van Daan
Dhia Cristiani: Edith Frank
Cesare Barbetti: Peter Van Daan
Carlo Romano: Hans Van Daan
Rita Savagnone: Margot Frank
Bruno Persa: Harry Kraler
Gino Baghetti: Albert Dussel
Fiorella Betti: Miep Gies

Il diario di Anna Frank (The Diary of Anne Frank) è un film del 1959 diretto da George Stevens, presentato in concorso al 12º Festival di Cannes, vincitore di tre Premi Oscar (migliore attrice non protagonista, migliore fotografia b/n, migliore scenografia b/n). Il film, basato sull'adattamento teatrale del diario, è stato girato a 14 anni di distanza dalla morte di Anna Frank.

Amsterdam, 1945: Otto Frank è l'unico sopravvissuto della sua famiglia e ritorna dal campo di sterminio in cui era internato. Arrivato nella soffitta dove si era nascosto pochi anni prima insieme alle figlie Anna e Margot e alla moglie Edith ritrova il diario di sua figlia. Leggendolo la sua mente ritorna al 1942 quando, per sfuggire alla polizia nazista (chiamata nel film polizia verde, nome non ufficiale della Ordnungspolizei) si rifugiarono, grazie all'aiuto di Miep e del signor Kraler, amici ed ex dipendenti di Otto, in una soffitta che si trovava sopra una fabbrica di spezie, di proprietà di Otto, nel centro di Amsterdam.
La narrazione inizia quando la famiglia Frank arriva nell'Alloggio segreto insieme alla famiglia Van Dann, costituita da Hans, Petronella e il loro figlio, Peter. Hanno giusto pochi minuti di tempo per sistemarsi prima dell'arrivo degli operai, e Otto illustra a tutti come comportarsi: camminare a piedi scalzi solo se necessario, non usare il gabinetto né l'acqua, non guardare fuori dalle finestre durante il giorno ed evitare il minimo rumore o movimento. Così, dopo una prima giornata passata in questo modo, le due famiglie si concedono un momento di libertà: è qui che Otto regala a sua figlia un diario. Anna si affeziona subito a quell'oggetto tanto da annotare subito su di esso le sue paure, le sue riflessioni, i suoi ricordi e tutto quello che accade nell'Alloggio segreto. La narrazione da qui riprende in presa diretta, scandita dalle pagine del diario.
Insieme alla convivenza, iniziano anche i primi contrasti tra i coinquilini, costretti a condividere in sette uno spazio ridotto. Peter si isola con il suo gatto, Mouschi, infastidito dal carattere troppo scherzoso di Anna e più tardi dall'arroganza del signor Dussel, l'ottavo clandestino che li raggiunge più avanti su richiesta di Kraler. Il signor Van Daan, dipendente dalle sigarette, cambia umore facilmente e litiga di frequente con la moglie, affezionata alla sua costosa pelliccia. Anna, di natura vivace e curiosa, fa fatica ad abituarsi a questa nuova vita, e si attira le critiche soprattutto di sua madre, causando le ire della ragazza che si sente sempre in difetto rispetto al carattere modesto e taciturno della sorella Margot. L'unico a fare da paciere è Otto, a cui Anna vuole molto più bene e presso cui trova sempre conforto e sostegno.
Le notizie dal mondo esterno non sono rassicuranti: i nazisti hanno iniziato i rastrellamenti e le deportazioni di massa verso i campi di sterminio e ogni giorno per le strade passano centinaia di ebrei, tra i quali sicuramente qualche amico o conoscente. Inoltre, gli alleati bombardano la città, lasciando gli otto clandestini nella paura di ritrovarsi senza un tetto sulla testa o di morire sotto le macerie. A questi problemi si aggiunge, in ben due occasioni, la visita di un ladro. I clandestini, non potendo mai uscire dal rifugio, restano muti, immobili e in angoscia. Alla seconda visita del ladro, durante la festa di Hannukkah, Mouschi combina un fracasso facendo scappare il ladro, allora un guardiano notturno avvisa due SS di perlustrare l'edificio, e i due soldati arrivano fino alla libreria che nasconde il rifugio, senza andare oltre. Dopo qualche momento di sfogo da parte di tutti, Otto riesce a far tornare la serenità.
La narrazione fa un salto temporale al primo gennaio 1944, dividendo il film come a metà.
La situazione è cambiata: non c'è più il clima di speranza e di attesa che regnava nel 1942. Gli otto clandestini sono tutti più poveri e più magri, a causa delle restrizioni del governo nazista, litigano spesso e sono sconfortati perché ancora niente è cambiato. Le deportazioni aumentano considerevolmente, gli olandesi iniziano a soffrire la fame e la paura e gli Alleati sembrano molto lontani dal vincere la guerra. Inoltre Kraler porta brutte notizie: uno dei suoi operai, il magazziniere Van Maaren, nutre sospetti sul retro della casa e ha chiesto un aumento. Probabilmente lo sta ricattando.
In Anna invece avviene un cambiamento importante: diventa più introversa e riflessiva, e inizia a meditare sui suoi cambiamenti, consapevole di stare per maturare in una giovane donna. E nonostante quello che accade intorno a lei, annota nelle sue pagine un sentimento religioso e una prospettiva di fede e di salvezza profonde, convinta che il mondo possa ritornare ben presto al bene e alla vita di prima della guerra. Inoltre cresce l'interesse tra Peter e Anna: si stanno innamorando, cosa che non è visto di buon occhio dagli altri membri dell'Alloggio segreto.
Il mattino del 6 giugno 1944 alla radio viene annunciato lo sbarco in Normandia degli Alleati, e per tutti si riaccende la speranza. Le notizie sembrano rassicuranti, ma la "febbre dell'invasione" si ferma ben presto. E si arriva al 4 agosto 1944 quando, dopo essere rimasti da soli per ben quattro giorni, senza la visita né di Miep né del signor Kraler, i clandestini sentono la Polizia Verde che irrompe nell'edificio. Consapevoli di essere stati scoperti, attendono in silenzio mentre le SS scardinano lo scaffale. La narrazione del diario si conclude con la polvere che si alza su di loro insieme alle urla dei nazisti e dalle ultime poche righe che Anna riesce a scrivere prima di essere arrestata e nascondere il diario in uno scaffale della soffitta.
E si ritorna alla scena iniziale: Otto ha finito di leggere il diario. Miep racconta di essere stata in campagna a cercare del cibo e che quando era tornata in fabbrica erano già stati portati via. E prima che il signor Kraler riveli l'identità del traditore, Otto racconta la loro fine. Una volta internati nel campo di transito di Westerbork, tutti e otto vengono deportati ad Auschwitz, dove Otto viene separato da tutti e vi rimane fino alla liberazione. Sulla strada del ritorno viene a sapere della morte della moglie e del signor Van Daan, e man mano scopre con angoscia la fine di tutti gli altri, Anna e Margot comprese, che sperava di trovare ancora vive. Il film si conclude con Otto che rilegge una delle frasi più famose del Diario, la frase di una ragazza ancora disposta a credere nel futuro dell'uomo, scritta da lei prima di essere stata arrestata: "Nonostante tutto, io credo ancora che la gente in fondo sia buona."


Le scene esterne sono state girate ad Amsterdam, mentre l’intero edificio è stato costruito sul set in scala 1:1. Solo così è stato possibile spostare la cinepresa tra i vari piani, e far tremare la struttura per simulare i bombardamenti aerei.
Inizialmente George Stevens aveva girato un finale che mostrava la deportazione degli otto rifugiati e la morte di Anna in una Bergen-Belsen ricostruita in studio, ma diverse critiche convinsero Stevens a eliminare e distruggere tale finale, accorciando così il film a "soli" 172 minuti, con la scena di Otto che racconta a voce quanto accaduto dopo l'arresto. Questa scelta era motivata dal fatto che Stevens avesse collaborato alle riprese sui campi di concentramento subito dopo la liberazione, esperienza che lo ha segnato profondamente.
Newman, autore della colonna sonora, ha ripreso il tema dell'Ultima Cena che apre il preludio del Parsifal di Wagner.
Millie Perkins, l'attrice che ha interpretato Anna Frank, era a Parigi per lavorare come modella quando la chiamò il suo fidanzato per dirle che l'avevano chiamata per un provino. George Stevens l'aveva notata su una copertina e aveva chiesto di lei. La Perkins non voleva partecipare al provino, inoltre non aveva letto né sapeva nulla di Anna e della Shoah, ma fu quasi obbligata dal fidanzato e dai suoi genitori a partecipare al provino.

Si dice che per il ruolo di Anna Frank fosse stata presa in considerazione anche Audrey Hepburn, già attrice affermata. Fu la Hepburn a rifiutare il ruolo perché, oltre a essere fuori target rispetto all'età di Anna nel film, si sentiva troppo coinvolta nella storia. Lei aveva vissuto ad Amsterdam durante la guerra e subì le restrizioni naziste. Girare quella parte avrebbe significato rivivere quei difficili ricordi.
In un'intervista Millie Perkins e Diane Baker, l'attrice che ha interpretato Margot, hanno affermato che Otto Frank ha voluto vederle prima di girare il film. Ha parlato molto con loro, raccontando aneddoti su Anna e Margot, ritenendo le due attrici simili alle figlie e definitivamente adatte a quei ruoli.
L'attrice Shelley Winters, consapevole delle proprie origini ebraiche, ha donato l'Oscar come miglior attrice non protagonista, vinto per il l'interpretazione della signora Van Daan, all'Anne Frank Museum.
In Europa il film circolò in una versione ancora più ridotta a 156 minuti - tagliando senza motivo molte battute e scene brevi - e con un finale ancora diverso: dopo che le SS irrompono nella soffitta, si passa subito alla frase di Anna “Io credo ancora che la gente in fondo sia buona.” e ai titoli di coda. Solo nel 2004 in Italia, con l'uscita della edizione DVD, i circa 20-30 minuti dell'edizione americana sono stati per la prima volta doppiati e fatti conoscere al pubblico.


 
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view post Posted on 27/1/2023, 11:14     +2   +1   -1
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Ricordo ancora con quale sgomento mia nonna ricordava quando hanno portato via quei poveretti morti nelle Fosse Ardeatine, o la paura di mia suocera quando per qualche motivo ci si doveva fermare sotto un ponte o in galleria. Più di mille parole.
Roma è piena di "Pietre d'Inciampo".
 
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.Luce.
view post Posted on 27/1/2023, 11:51     +1   -1




Dal DIARIO di Anna Frank:
Sabato, 20 giugno 1942.


[…] Nel 1938, dopo i “pogrom”, fuggirono i miei due zii, fratelli di mia madre, che si posero in salvo negli Stati Uniti. La mia vecchia nonna venne da noi: aveva allora settantatré anni. I bei tempi finirono nel maggio 1940; prima la guerra, la capitolazione, l’invasione tedesca, poi cominciarono le sventure per noi ebrei. Le leggi antisemitiche si susseguivano l’una all’altra. Gli ebrei debbono portare la stella giudaica. Gli ebrei debbono consegnare le biciclette. Gli ebrei non possono salire in tram, gli ebrei non possono più andare in auto. Gli ebrei non possono fare acquisti che fra le tre e le cinque, e soltanto dove sta scritto “bottega ebraica”. Gli ebrei dopo le otto di sera non possono essere per strada, né trattenersi nel loro giardino o in quello di conoscenti. Gli ebrei non possono andare a teatro, al cinema o in altri luoghi di divertimento, gli ebrei non possono praticare sport all’aperto, ossia non possono frequentare piscine, campi di tennis o di hockey eccetera. Gli ebrei non possono nemmeno andare a casa di cristiani. Gli ebrei debbono studiare soltanto nelle scuole ebraiche […].
(scelto da Virginio Teli)

Mercoledì, 8 luglio 1942.
Cara Kitty, da domenica mattina a oggi sembra che siano passati degli anni. Sono avvenute tante cose da far credere che il mondo si sia capovolto. Ma, Kitty, vedi bene che vivo ancora, e questo è ciò che conta, dice papà. Sì, effettivamente io vivo ancora, ma non mi domandare dove e come. Penso che oggi non capirai più nulla di me, perciò comincerò a raccontarti quanto è avvenuto nel pomeriggio di domenica. Alle tre (Harry se n’era appena andato, per tornare più tardi), qualcuno suonò alla porta. Io non udii, perché stavo in veranda e leggevo prendendomi il sole distesa su di una sedia a sdraio. Poco dopo comparve Margot, eccitatissima, alla porta della cucina. «C’è una chiamata delle S.S. per papà» mormorò «mamma è già andata dal signor Van Daan.» (Van Daan è un buon amico, collaboratore di papà nella ditta.) Mi spaventai immensamente; una chiamata, si sa che cosa significhi. Nella mia mente già vedevo campi di concentramento e celle di segregazione. E doverci lasciar andare il babbo! «Naturalmente non si presenterà» mi spiegò Margot, mentre in camera aspettavamo il ritorno della mamma[….]
[……] Io infatti continuavo a ignorare dove fosse il luogo misterioso che ci attendeva. Alle sette e mezza anche noi ci chiudemmo la porta dietro; l’unico essere da cui presi congedo fu Moortje, il mio gattino, che avrebbe trovato buon alloggio presso i vicini, come era detto in una lettera indirizzata al signor Goudsmit. In cucina un bel pezzo di carne per il gatto e le tazze della colazione sul tavolo, i letti disfatti, tutto lasciava l’impressione che noi fossimo scappati a rotta di collo. Ma le impressioni degli altri non ci importavano, noi volevamo andar via, via, e arrivare al sicuro, nient’altro. Continuerò domani. La tua Anna.
(scelto da Concetta Cartillone)

Lunedì, 28 settembre 1942.
Ma ora so una cosa sola, ed è questa: non impari a conoscer bene la gente se non quando ci hai ben litigato insieme. Soltanto allora ne puoi giudicare il carattere.
(scelto da Maria Rosa Appolonia)

Venerdì, 9 ottobre 1942.
Cara Kitty, oggi non posso darti che notizie brutte e deprimenti. Stanno arrestando a gruppi, tutti i nostri amici ebrei. La Gestapo è tutt’altro che riguardosa con questa gente; vengono trasportati in carri bestiame a Westerbork, il grande campo per ebrei nella Drente. Westerbork dev’essere terribile; per centinaia di persone un solo lavatoio e pochissime latrine. Le cuccette sono tutte l’una accosto all’altra. Uomini, donne e bambini dormono insieme. Per conseguenza, a quanto dicono, vi è una grande immoralità; molte donne e ragazze, se la permanenza nel campo si protrae, restano incinte. Fuggire è impossibile; quasi tutti gli ospiti del campo sono riconoscibili dai loro crani rasati e molti anche dal loro aspetto ebraico. Se in Olanda stanno già così male, come staranno nelle contrade barbare e lontane dove li mandano? Secondo noi li ammazzano quasi tutti. La radio inglese dice che li gasano. Forse è il metodo più spiccio per morire. Sono molto turbata… Hai mai sentito parlare di ostaggi? E’ l’ultima moda in fatto di punizioni per i sabotatori. E’ la cosa più tremenda che ti puoi immaginare. Cittadini ragguardevoli, e innocenti, vengono gettati in prigione in attesa di esser condannati. Quando avviene un sabotaggio, se non
si trova l’autore, la Gestapo mette semplicemente al muro cinque ostaggi […]
(scelto da Virginio Teli)

Venerdì, 16 ottobre 1942.
Rifiuto assolutamente di fare tutti i giorni quei compiti di matematica. Anche papà li trova difficili, e io ci riesco quasi meglio di lui, ma insomma non ci riusciamo né lui né io, e spesso dobbiamo chiamare in aiuto Margot. In stenografia sono la migliore di noi tre. Ieri ho finito di leggere “De Stormers”. E’ molto carino, ma non all’altezza di “Joop ter Heul”. Comunque, trovo che Cissy van Marxveldt scrive splendidamente. Farò leggere di sicuro i suoi libri anche ai miei figli. Mamma, Margot e io siamo ritornate buone amiche; così va molto meglio. Ieri sera Margot e io ci siamo sdraiate insieme sul mio letto; si stava molto allo stretto, ma era divertente. Mi chiese se potrà poi leggere il mio diario. Io dissi: «Qualche pagina sì» e le domandai del suo, che anch’io vorrei leggere. Poi venimmo a parlare del futuro. Io le domandai che mestiere vorrà fare, ma lei non lo vuol dire e ne fa un gran mistero. Mi pare che propenda per l’insegnamento; non so se ho indovinato, ma credo di sì. Davvero, non dovrei essere così curiosa! Stamattina mi sono sdraiata sul letto di Peter, dopo aver cacciato via lui. Era furioso, ma non me ne importava proprio niente. Potrebbe anche essere un po’ più gentile con me, che ieri sera gli ho perfino regalato una mela. Ho domandato a Margot se mi trova molto brutta. Dice che ho l’aria buffa e dei begli occhi. Piuttosto vago, non trovi?
(scelto da Maria Rosa Appolonia)

Giovedì, 29 ottobre 1942.
Da qualche tempo posso leggere anche libri per adulti. Ora sto leggendo “Eva’s Jeugd” di Nico van Suchtelen. La differenza fra questo e i romanzi per signorine non mi pare poi tanto grande. E’ vero però che vi si parla anche di donne che, in certe strade, vendono il loro corpo a uomini sconosciuti. Per questo chiedono una bella somma di denaro. Io ne morrei di vergogna. Inoltre vi si dice che Eva è indisposta; oh! anch’io vorrei esserlo, sembra tanto importante! Papà ha preso dall’armadio i drammi di Goethe e di Schiller, e ogni sera me ne leggerà qualche brano. Abbiamo già cominciato col “Don Carlos”. Per seguire il buon esempio di papà, mamma mi ha messo in mano il suo libro di preghiere. Per scarico di coscienza ho letto qualche preghiera in tedesco; le trovo molto belle, ma non mi dicono molto. Perché mi costringe a far tanto la bigotta?
(scelto da Maria Rosa Appolonia)

Sabato, 7 novembre 1942.
Chi, oltre a me, leggerà un giorno queste lettere? Chi altri mi consolerà? Giacché sovente ho bisogno di essere consolata, non mi sento forte abbastanza e non riesco a fare quel che vorrei. Lo so e cerco sempre, ogni giorno, di migliorarmi. Non mi trattano mai in modo uguale. Un giorno Anna è tanto saggia e può saper tutto, il giorno dopo sento dire che Anna è un’oca, una sciocchina, che non sa nulla e immagina d’aver imparato chi sa cosa dai libri. Non sono più la bambina viziata di cui si può ridere qualunque cosa faccia. Ho ideali, idee e piani miei propri, ma non so ancora esprimerli con parole. Ah, quante cose mi vengono in mente di sera quando sono sola, o durante il giorno quando debbo sopportare certa gente che mi disgusta o che interpreta male tutte le mie intenzioni! Perciò finisco sempre col ritornare al mio diario, è il mio punto di partenza e il mio punto di arrivo, perché Kitty è sempre paziente; le prometterò che nonostante tutto continuerò a fare la mia strada e a inghiottire le mie lacrime. Vorrei soltanto vederne già i risultati, o almeno essere incoraggiata, non fosse che una volta, da qualcuno che mi voglia bene. Non mi condannare, ma considera che anch’io talvolta posso sentirmi il cuore pieno. La tua Anna.
(scelto da Laura Brambilla)

Martedì, 10 novembre 1942.
Cara Kitty, grandi notizie! accoglieremo un ottavo inquilino clandestino. [….]Quando di fuori giunsero notizie sempre più gravi sugli orrori della persecuzione antisemita, papà interpellò i nostri due protettori ed essi approvarono in pieno l’idea. «Il pericolo è tanto per sette quanto per otto» dissero giustamente. Avuto il loro consenso, abbiamo passato in rassegna la cerchia delle nostre conoscenze per trovare una persona, che vivesse abitualmente da sola, e fosse adatta a essere accolta nella nostra famiglia di clandestini. Non fu difficile scovare chi avesse questi requisiti. Scartati da papà tutti i membri della famiglia Van Daan, la nostra scelta cadde su un dentista, un certo Albert Dussel, […]
(scelto da Concetta Cartillone)

Martedì, 17 novembre 1942.
[…] PROSPETTO E GUIDA DELL’ALLOGGIO SEGRETO. Istituzione speciale per il soggiorno temporaneo di ebrei e simili. “Aperto tutto l’anno”. Ambiente piacevole e tranquillo in località priva d’alberi nel cuore di Amsterdam. Vicini esclusi. Vi si giunge coi tram 13 e 17, e anche in auto e bicicletta. In determinati casi, se i tedeschi non permettono l’uso di questi mezzi di trasporto, anche a piedi. “Affitto”: Gratis. “Cucina magra”. “Acqua corrente” in camera da bagno (purtroppo senza bagno) e da diverse pareti interne ed esterne. “Grandi magazzini” per merci di qualunque genere. “Stazione radio propria”, direttamente collegata con Londra, New York, Tel Aviv e molte altre emittenti. L’apparecchio è a disposizione degli abitanti dalle sei di sera in poi; non esistono stazioni proibite, però le stazioni tedesche non possono essere ascoltate che eccezionalmente, per esempio quando trasmettono musica classica o simili. “Ore di riposo”: Dalle dieci di sera alle sette e mezza di mattina; la domenica fino alle dieci e un quarto. In alcune circostanze sono ammesse anche ore di riposo durante il giorno, secondo le disposizioni della direzione. L’orario di riposo deve essere rigorosamente osservato, in relazione colla sicurezza generale. “Vacanze” (fuori casa): Sospese fino a nuovo ordine. “Lingue d’uso”: Si prega di parlar sempre piano; sono ammesse tutte le lingue civili, e quindi non la tedesca. “Esercizi ginnastici”: Giornalieri. “Lezioni”: Ogni settimana una lezione scritta di stenografia, lezioni di inglese, francese, matematica e storia in qualunque momento. “Reparto speciale per piccoli animali domestici” con buon trattamento (eccettuati gli insetti, per i quali bisogna presentare un permesso speciale). “Orario dei pasti”: Colazione tutti i giorni eccettuati i festivi alle nove; di domenica e nei giorni festivi alle undici e mezza. Pranzo (non molto abbondante): dall’una e un quarto all’una e tre quarti. Cena: calda o fredda, senz’ora fissa, in relazione con le trasmissioni radio. “Obblighi verso il comitato rifornimento viveri”: Esser sempre pronti ad aiutare nei lavori d’ufficio. “Bagni”: Domenica dalle nove in poi il catino è a disposizione di tutti gli inquilini. Lo si può usare nel gabinetto, in cucina, nell’ufficio privato, in quello verso strada, a scelta. “Bevande alcooliche”: Solamente su attestato medico. ..
(scelto da Sonia Beati)

Giovedì, 19 novembre 1942.
[…] Moltissimi amici e conoscenti sono partiti, per una terribile destinazione. Ogni sera le automobili militari verdi o grigie scorrazzano qua e là, i tedeschi suonano a ogni porta e domandano se lì abitano anche ebrei.
Se sì, tutta la famiglia deve seguirli, se no, vanno oltre. Nessuno può sottrarsi alla sua sorte se non si nasconde. Talvolta vanno in giro con delle liste e suonano soltanto là dove sanno di poter fare una ricca preda. Spesso si paga un prezzo per il riscatto, tanto per testa. Sembra la caccia agli schiavi, come la si faceva un tempo. Ma non e affatto uno scherzo, è una cosa tragica. Di notte, al buio, quasi vedo quelle file di innocenti che, comandati da un paio di quei figuri, camminano, camminano, coi loro bimbi che piangono, battuti e martoriati, finché cadono al suolo. Nessuno è risparmiato, vecchi carichi d’anni, bimbi, donne incinte, malati, tutti camminano insieme nella marcia verso la morte. Come stiamo bene qui, bene e tranquilli! Avremmo bisogno di ignorare tutte queste miserie, ma siamo troppo angustiati per tutti coloro che ci erano cari e che non possiamo più aiutare. Mi sento cattiva, io che me ne sto in un letto caldo mentre
le mie più care amiche sono state gettate chi sa dove o sono già morte. Che angoscia, pensare a tutti coloro con cui mi sono sempre sentita intimamente legata e che ora sono caduti in mano ai carnefici più crudeli che esistano! E tutto questo perché sono ebrei! La tua Anna.
(scelto da Virginio Teli)

Martedì, 22 dicembre 1942.
[…] Fuori, è spaventoso. Di giorno e di notte quei poveretti vengono trascinati via, senza
poter portare con sé che un sacco da montagna e un po’ di denaro. Durante il viaggio gli tolgono anche quel po’ di roba. Le famiglie vengono divise, gli uomini di qua, le donne di là, i bambini da un’altra parte. I bambini, venendo a casa da scuola, non trovano più i loro genitori. Le donne, tornando dal far le spese, trovano la casa sigillata e la famiglia scomparsa. Anche gli olandesi cristiani hanno paura; i loro figli sono spediti in Germania, tutti vivono nell’angoscia. E ogni notte centinaia di aviatori passano sull’Olanda, diretti verso le città tedesche, e là arano la terra con le bombe; e ogni ora cadono in Russia e in Africa centinaia, migliaia di uomini. Nessuno può starne fuori, tutto il mondo è in guerra e, sebbene vada meglio per gli alleati, non si vede ancora la fine. E noi… noi stiamo bene, meglio che milioni di altre persone. Siamo ancora tranquilli e sicuri e, come suol dirsi, ci mangiamo il capitale. Siamo così egoisti che parliamo di un “dopoguerra”, ci rallegriamo pensando che avremo vestiti nuovi e scarpe nuove, mentre veramente dovremmo risparmiare ogni centesimo per aiutare gli altri, dopo la guerra, a salvare quello che è ancora salvabile. I bambini qui vanno in giro con bluse leggere e zoccoli ai piedi, senza mantello, senza berretto, senza calze, e nessuno che li aiuti. Non hanno niente in pancia e masticano carote, lasciano la casa fredda per scendere nella strada fredda e andare a scuola in una classe ancor più fredda. Si è arrivati al punto, in
Olanda, che moltissimi bambini fermano i passanti in strada per chiedere un pezzo di pane[…].
(scelto da Virginio Teli)

Mercoledì, 13 gennaio 1943.
[…] Fuori, è spaventoso. Di giorno e di notte quei poveretti vengono trascinati via, senza poter portare con sé che un sacco da montagna e un po’ di denaro. Durante il viaggio gli tolgono anche quel po’ di roba. Le famiglie vengono divise, gli uomini di qua, le donne di là, i bambini da un’altra parte. I bambini, venendo a casa da scuola, non trovano più i loro genitori. Le donne, tornando dal far le spese, trovano la casa sigillata e la famiglia scomparsa. Anche gli olandesi cristiani hanno paura; i loro figli sono spediti in Germania, tutti vivono nell’angoscia. E ogni notte centinaia di aviatori passano sull’Olanda, diretti verso le città tedesche, e là arano la terra con le bombe; e ogni ora cadono in Russia e in Africa centinaia, migliaia di uomini. Nessuno può starne fuori, tutto il mondo è in guerra e, sebbene vada meglio per gli alleati, non si vede ancora la fine. E noi… noi stiamo bene, meglio che milioni di altre persone. Siamo ancora tranquilli e sicuri e, come suol dirsi, ci mangiamo il capitale. Siamo così egoisti che parliamo di un “dopoguerra”, ci rallegriamo pensando che avremo vestiti nuovi e scarpe nuove, mentre veramente dovremmo risparmiare ogni centesimo per aiutare gli altri, dopo la guerra, a salvare quello che è ancora salvabile. I bambini qui vanno in giro con bluse leggere e zoccoli ai piedi, senza mantello, senza berretto, senza calze, e nessuno che li aiuti. Non hanno niente in pancia e masticano carote, lasciano la casa fredda per scendere nella strada fredda e andare a scuola in una classe ancor più fredda. Si è arrivati al punto, in Olanda, che moltissimi bambini fermano i passanti in strada per chiedere un pezzo di pane. Potrei passar delle ore a raccontarti le miserie portate dalla guerra, ma ciò mi rende ancor più triste. Non ci resta altro che aspettare tranquillamente, fin che si può, la fine di questa miseria. Aspettano gli ebrei e aspettano i cristiani, tutto il mondo aspetta, e molti aspettano la morte.
(scelto da Maria Rosa Appolonia)

Sabato, 1 maggio 1943.
[…] Noi che ci siamo abituati a usar tutta roba frusta, dalle mie mutande al pennello per la barba di papà, come potremo riprendere il nostro tono di vita di prima della guerra?”. Questa notte ho dovuto impacchettare quattro volte le mie cose, tanto sparavano forte. Oggi ho ficcato in una valigetta le cose più necessarie in caso di fuga. Mamma dice giustamente: «Ma dove vuoi fuggire?». Tutta l’Olanda è punita perché si sciopera in alcune regioni. E’ stato proclamato lo stato d’assedio e ciascuno ha un buono di burro in meno. Bravi! La tua Anna.
(scelto da Virginio Teli)

Domenica, 11 luglio 1943.
[…] Chi vive normalmente non può sapere che cosa significhino i libri per noialtri rinchiusi. Lettura, studio e radio sono le nostre distrazioni. La tua Anna.
(scelto da Emanuela Fenili)

Venerdì, 23 luglio 1943.
Cara Kitty, ti voglio raccontare qual è il primo desiderio che ciascuno di noi soddisferà quando potremo di nuovo uscire. Margot e il signor Van Daan desiderano soprattutto un bagno caldo completo, e vogliono restarci più di mezz’ora. La signora Van Daan andrà subito a mangiare delle paste. Dussel non pensa che a Lotte, sua moglie, mamma alla sua tazza di caffè, papà vuol fare per prima cosa una visita al signor Vossen, Peter andare in città e al cinema, e io per la felicità non saprei dove cominciare. Io desidero più di tutto una casa mia e la libertà di muovermi, e poi vorrei essere nuovamente aiutata nel mio lavoro, ossia andare a scuola. Elli ci ha offerto della frutta. Costa una piccolezza. L’uva 5 fiorini al chilo, l’uva spina 0,70 alla libbra, una pesca mezzo fiorino, i meloni 1,50 al chilo. E poi stampano ogni sera a caratteri di scatola sui giornali: “Far salire i prezzi è da usurai!”
(scelto da Grazia Calsana)

Venerdì, 10 settembre 1943.
[…] Mercoledì sera, 8 settembre, stavamo ascoltando la radio delle sette e la prima cosa che udimmo fu: “Ecco la migliore notizia di tutta la guerra: I’Italia ha capitolato!”, l’Italia si è arresa senza condizioni! Alle otto e un quarto cominciò radio Orange: “Ascoltatori, un’ora fa, avevo appena finito di scrivere la cronaca della giornata, quando venne la splendida notizia della capitolazione dell’Italia. Posso dirvi che non ho mai gettato con tanto piacere il foglio nel cestino!”. Furono suonati “God save the king”, l’inno americano e l’ “Internazionale” [….]
(scelto da Concetta Cartillone)

Giovedì, 11 novembre 1943.
Cara Kitty, ho un bel titolo per questo capitolo: “Ode alla mia stilografica in memoriam” La mia stilografica fu sempre per me un prezioso possesso […]:Quando compii nove anni, essa mi arrivò avvolta di ovatta in un pacchettino, come “campione senza valore”, da Aquisgrana, dove abitava mia nonna, la buona donatrice. [….]Quando ebbi dieci anni, potei portare la penna a scuola e la signorina mi permise di servirmene per scrivere.[…] Ora sono arrivata a quattordici, ed è l’ultimo anno che la mia penna ha passato con me… Fu un venerdì pomeriggio dopo le cinque: io venivo dalla mia cameretta e volevo andarmi a sedere al tavolino per scrivere, ma fui rudemente spinta da parte e dovetti cedere il posto a Margot e al babbo che volevano fare i loro esercizi di latino. La stilografica rimase inutilizzata sul tavolo, mentre la sua proprietaria si accontentò sospirando di un angolino del tavolo e si mise a strofinare fagioli. “Strofinare fagioli” qui significa ripulire i fagioli ammuffiti. Alle cinque e tre quarti scopai il pavimento, raccolsi lo sporco e i fagioli marci in un giornale e gettai tutto nella stufa. Ne venne fuori un’enorme fiammata, e io fui contentissima di avere in tal modo ravvivato la stufa che pareva già quasi spenta. Tutto era di nuovo tranquillo, i latinisti avevano finito e io andai a sedermi al tavolo per cominciare, finalmente, a scrivere; ma la mia stilografica era irreperibile. La cercai dappertutto, la cercarono Margot, mamma, papà e Dussel, ma la penna era scomparsa senza lasciar traccia. […] […]papà nel ripulire la stufa trovò fra le ceneri il fermaglio metallico. Ma del pennino d’oro non si trovò traccia. «Certamente dev’essersi cotto rimanendo appiccicato ad una mattonella» disse il babbo. M’è rimasta una consolazione, sebbene assai magra: la mia stilografica è stata cremata, proprio come vorrei io, a suo tempo. La tua Anna.
(scelto da Angela Ruggeri)

Venerdì, 24 dicembre 1943.
[…] Quando viene qualcuno di fuori, col vento negli abiti e il freddo in viso, vorrei ficcare la testa sotto le coperte per non pensare: “Quando ci sarà di nuovo concesso di respirare un po’ d’aria?”. E siccome non posso nascondere il capo nelle coperte, ma lo devo anzi tenere ben dritto, i pensieri vengono, e non una volta sola ma infinite volte. Credimi, quando sei stata rinchiusa per un anno e mezzo, ti capitano dei giorni in cui non ne puoi più. Sarò forse ingiusta e ingrata, ma i sentimenti non si possono reprimere. Vorrei andare in bicicletta, ballare, fischiettare, guardare il mondo, sentirmi giovane, sapere che sono libera, eppure non devo farlo notare perché, pensa un po’, se
tutti e otto ci mettessimo a lagnarci e a far la faccia scontenta, dove andremmo a finire? A volte mi domando: “Che non ci sia nessuno capace di comprendere che, ebrea o non ebrea, io sono soltanto una ragazzotta con un grande bisogno di divertirmi e stare allegra?”. Non lo so, e non potrei parlarne con nessuno, perché sono certa che mi metterei a piangere. Piangere può recare tanto sollievo. Nonostante tutte le mie teorie e i miei sforzi sento ogni giorno la mancanza di una vera madre che mi comprenda.
Anche per questo, qualunque cosa io faccia o scriva, penso sempre che per i miei bimbi vorrò essere la “mammina” come l’intendo io. La mammina che non prende troppo sul serio tutto ciò che si dice e prende invece sul serio ciò che viene da me. Mi accorgo che non so esprimere quel che vorrei, ma la parola “mammina” dice tutto. Sai che cosa ho trovato per chiamare mia madre in un modo che mi ricordi la”mammina”? Qualche volta la chiamo “mannina”. E’ una specie di mammina incompleta, e io aggiungerei volentieri alle due “n” le gambe che mancano per poterla meglio adorare; ma lei non ne ha alcuna idea. E’ una fortuna, questa, perché altrimenti ne soffrirebbe troppo. Ed ora basta. La mia “tristezza mortale”scrivendo è un poco passata. La tua Anna”.
(scelto da Emanuela Fenili)

Giovedì, 6 gennaio 1944.
Cara Kitty, il mio desiderio di chiacchierare con qualcuno è diventato così grande che m’è venuto in mente di servirmi di Peter per questo scopo. […]
A Peter è venuta la mania delle parole crociate e non fa nient’altro. Io mi misi ad aiutarlo e così sedemmo al tavolino l’uno di fronte all’altra, lui sulla sedia io sul divano. Avevo una strana sensazione quando guardavo i suoi occhi azzurro-scuri e quel misterioso sorriso sulle sue labbra. Potevo leggergli nell’animo, gli vedevo dipinti in viso l’imbarazzo e l’incertezza sul contegno da tenere, e in pari tempo un’ombra di consapevolezza della sua virilità. Mi intenerivo nell’osservare il suo disagio; non potevo evitare di incontrare di tanto in tanto i suoi occhi oscuri e quasi l’imploravo con tutto il mio cuore: oh, dimmi che cos’hai dentro di te, smettiamola con queste chiacchiere
inconcludenti!… . Ero seduta su di una sedia e di fronte a me sedeva Peter… Wessel;
sfogliavamo un libro con disegni di Mary Bos. Il mio sogno era così chiaro che mi ricordo ancora i particolari dei disegni. Ma non era tutto, il sogno continuò. Gli occhi di Peter incontrarono subitamente i miei e io guardai a lungo in quei begli occhi bruni e vellutati. Allora Peter disse dolcemente: «Se lo avessi saputo, sarei stato già da tempo con te!». Mi girai di scatto, perché mi vinceva la commozione. E poi sentii una soave, fresca e benefica guancia contro la mia e tutto era così bello, così bello… A questo punto mi svegliai, mentre ancora sentivo la sua guancia contro la mia e i suoi occhi bruni che mi guardavano profondamente nel cuore, così profondamente che vi deve aver letto quanto gli abbia voluto bene e quanto ancora gliene voglia.
(scelto da Virginio Teli)

Sabato, 22 gennaio 1944.
mi sai forse spiegare perché tutti gli uomini nascondono così scrupolosamente il loro intimo? Perché mai in società io mi comporto del tutto diversamente da come dovrei comportarmi? Perché nessuno si fida dell’altro? Ci sarà certamente una ragione, lo so, ma a volte trovo stupido che non si possa aver la confidenza di nessuno, nemmeno delle persone più vicine.
(scelto da Maria Rosa Colla)

Venerdì, 28 gennaio 1944.
Nascondersi e fare vita clandestina sono divenuti concetti usuali, come una volta le pantofole di papà, che dovevano stare davanti alla stufa. Ci sono molte istituzioni, come la “Libera Olanda”, che falsificano le carte d’identità, procurano denaro ai latitanti, trovano nascondigli ai ricercati, danno lavoro ai giovani cristiani alla macchia; ed è meravigliosa la quantità di nobile e disinteressato lavoro fatto da questa gente, che mette a repentaglio la propria vita per soccorrere e salvare gli altri. L’esempio migliore sono i nostri protettori, che ci hanno permesso di tirare avanti fino adesso e che si spera possano farci approdare al sicuro, altrimenti divideranno anch’essi la sorte dei ricercati. Non abbiamo mai sentito una sola parola che accenni al carico che noi certamente rappresentiamo, e nessuno di loro si è mai lamentato che noi diamo troppo da fare. Ogni giorno vengono tutti su da noi, parlano coi signori di affari e di politica, con le signore del mangiare e dei gravami del tempo di guerra, coi bambini di libri e di giornali. Fanno la faccia allegra fin che possono, portano fiori e regali per le feste e i compleanni, sono a nostra disposizione in tutto e per tutto. Non potremo mai dimenticare che, se altri sono eroici in guerra e di fronte ai tedeschi, i nostri lo sono nel vigile affetto che mostrano per noi.
(scelto da Francesco Bertoli)

Sabato, 12 febbraio 1944.
Cara Kitty, c’è un bel sole, il cielo è sereno, spira un vento delizioso, e io ho desiderio… di tutto. Desiderio di chiacchiere, di libertà, di amici, di esser sola. Desiderio… di piangere! mi sembra di dovere scoppiare, e so che se piangessi starei meglio; ma non posso. Sono inquieta, vado da una camera all’altra, respiro l’aria dalla fessura di una finestra chiusa, sento che il mio cuore batte, come se dicesse: “Soddisfa finalmente i miei desideri!”. Credo di sentire in me il risveglio della primavera, lo sento in tutto il mio corpo e nella mia anima. Debbo farmi forza per comportarmi normalmente, sono del tutto smarrita, non so che cosa leggere, che cosa scrivere, che cosa fare; so solamente che ho tanti desideri…!
(scelto da Grazia Calsana)

Martedì, 7 marzo 1944.
[…] Allora penso: “buona” è la sicurezza del nostro rifugio, è la mia salute, è la mia stessa esistenza; “caro” è Peter, è quel sentimento delicato e indistinto che noi due non osiamo ancora nominare, o sfiorare, ma che verrà, e sarà l’amore, l’avvenire, la felicità; “bello” è il mondo; il mondo, la natura, la bellezza e tutto ciò che la forma. Non penso a tutti i sofferenti, ma al bello che ancora rimane. In questo sono molto diversa da mamma, che a chi è di cattivo umore consiglia: “Pensa alle miserie che ci sono al mondo, e sii felice che tu non ne soffri!”. Io invece consiglio: “Va’ fuori, al sole, nei campi, a contatto con la natura, va’ fuori e cerca di trovare la felicità in te e in Dio. Pensa al bello che c’è ancora in te e attorno a te e sii felice!”.
[…] Chi è felice farà felici anche gli altri, chi ha coraggio e fiducia non sarà mai sopraffatto dalla sventura!
(scelto da Sonia Beati)

Mercoledì, 29 marzo 1944.
Cara Kitty, ieri sera il ministro Bolkenstein disse da radio Orange che dopo la guerra si farà una raccolta di lettere e diari di questa guerra. Naturalmente tutti mi volarono addosso, per quello che sto scrivendo io. Figurati come sarebbe interessante, se io pubblicassi un romanzo sull’alloggio segreto. Dal titolo, la gente lo crederebbe un romanzo giallo. Senza scherzi: dieci anni dopo la guerra farebbe un curioso effetto se noi raccontassimo come hanno vissuto qui otto ebrei, che cosa hanno mangiato e che cosa hanno detto. Sebbene ti racconti molto di noi, tu non sai che pochissimo della nostra vita. Dovrei forse dirti quanta paura abbiano le signore durante i bombardamenti, per esempio domenica scorsa, quando 350 aviatori inglesi hanno versato mezzo milione di chili di bombe sopra Ijmuiden, e le case tremavano come fuscelli d’erba al vento? O quanto si diffondano le epidemie? Di tutte queste cose tu non sai nulla, e io dovrei passare la giornata a scrivere, se dovessi raccontarti tutto minutamente e con tutte le sfumature. Gente che fa la coda per la verdura e per ogni altra cosa, dottori che non possono andare a visitare gli ammalati perché sono stati derubati dell’automobile poco prima, furti e scassi in quantità, tanto che vien da chiedere che cosa gli è preso, agli olandesi, che di colpo sono divenuti così ladri. Bambini da otto a undici anni che rompono i vetri delle finestre e rubano quello che capita loro sotto mano negli alloggi. Nessuno osa lasciare la casa per cinque minuti, perché mentre sei via se ne va anche la tua roba. Ogni giorno si leggono avvisi sui giornali che promettono compensi a chi riporta macchine da scrivere, tappeti persiani, orologi elettrici, stoffe eccetera eccetera che sono stati rubati. Gli orologi elettrici delle strade vengono smontati, i telefoni portati via dalle cabine fino all’ultimo filo. Lo stato d’animo della popolazione non può essere buono: tutti hanno fame, colle razioni settimanali non si tira avanti che per due giorni, salvo che col surrogato di caffè. L’invasione si fa aspettare, gli uomini sono deportati in Germania. I bambini si ammalano o sono denutriti, ognuno ha consunti gli abiti e le scarpe. Una risolatura costa, a borsa nera, 7,5 fiorini; la maggior parte dei calzolai non accettano più clienti, oppure devi aspettare quattro mesi le scarpe, che nel frattempo possono essere scomparse. Di buono c’è questo, che il sabotaggio contro le autorità diventa sempre più grave, a misura che il vitto peggiora e i provvedimenti contro la popolazione si fanno più severi. Fra gli addetti all’annona, i poliziotti, gli impiegati, alcuni aiutano i concittadini, altri fanno la spia e mandano la gente in prigione. Fortunatamente solo una piccola parte dei cittadini olandesi parteggia per il nemico. La tua Anna.
(scelto da Concetta Cartillone)

Mercoledì, 5 aprile 1944.
[…] Chi non scrive non sa quanto sia bello scrivere; in passato, rimpiangevo sempre di non sapere disegnare, ma ora sono felicissima di saper almeno scrivere. E se non avrò ingegno abbastanza per fare la scrittrice o la giornalista, ebbene, potrò sempre scrivere per me sola. Voglio farmi avanti, non posso pensare di vivere come mamma, la signora Van Daan e tutte quelle donne che fanno il loro lavoro e poi sono dimenticate. Debbo avere qualcosa a cui dedicarmi, oltre al marito e ai figli! Voglio continuare a vivere dopo la mia morte! Perciò sono grata a Dio che mi ha fatto nascere con quest’attitudine a evolvermi e a scrivere per esprimere ciò che è in me. Scrivendo dimentico tutti i miei guai, mi rianimo e la mia tristezza svanisce.
(scelto da Sonia Beati)

Commento ricevuto da Meta Magnoni.
Leggendo il Diario di Anna, non c’è stato un solo giorno che non mi abbia colpito e fatto riflettere su temi ancora oggi attuali: le guerre, le persone che sono costrette a lasciare il proprio paese, l’accoglienza degli immigrati rifiutata da alcuni paesi, le identità, i muri che si costruiscono, il sacrificio di tutte le persone che muoiono nei conflitti, nei mari. E’ questo il mondo in cui voglio vivere? NO.
Secondo me la seguente riflessione di Anne ci riporta alle cause che sono all’origine di tanti problemi:

Mercoledì, 3 maggio 1944.
[…] Come ben ti puoi immaginare, qui dicono sovente, disperati: «A che cosa serve mai la guerra? Perché gli uomini non possono vivere in pace? Perché devastare tutto?». La domanda è comprensibile, ma finora nessuno ha ancora trovato una risposta soddisfacente. Già, perché in Inghilterra fanno aeroplani sempre più grandi, bombe sempre più pesanti e, nello stesso tempo, case prefabbricate in serie per la ricostruzione? Perché si spendono ogni giorno milioni per la guerra e nemmeno un centesimo per l’assistenza medica, per gli artisti, per i poveri. Perché gli uomini debbono soffrire la fame, quando in altre parti del mondo si lasciano marcire i cibi sovrabbondanti? Perché gli uomini sono così pazzi? Non credo affatto che la guerra sia soltanto colpa dei grandi uomini, dei governanti e dei capitalisti. No, la piccola gente la fa altrettanto volentieri, altrimenti i popoli si sarebbero rivoltati da tempo. C’è negli uomini un impulso alla distruzione, alla strage, all’assassinio, alla furia, e fino a quando tutta l’umanità, senza eccezioni, non avrà subito una grande metamorfosi, la guerra imperverserà: tutto ciò che è stato ricostruito o coltivato sarà distrutto e rovinato di nuovo; e si dovrà ricominciare da capo. Sono stata sovente abbattuta, ma mai disperata; considero questa vita clandestina come una avventura pericolosa, ma romantica e interessante. Mi consolo delle privazioni divertendomi a descriverle nel mio diario. Mi sono proposta di condurre una vita differente da quella delle altre ragazze e, più tardi, da quella delle solite donne di casa. Questo è il bell’inizio della vita interessante; e perciò, perciò soltanto, nei momenti più pericolosi, debbo ridere del lato umoristico della situazione. Sono giovane e posseggo molte virtù ancora nascoste, sono giovane e forte e vivo questa grande avventura, ci sono in mezzo e non posso passar la giornata a lamentarmi. La natura mi ha favorito dandomi un carattere felice, gioviale ed energico. Ogni giorno sento che la mia mente matura, che la liberazione si avvicina, che la natura è bella, che la gente attorno a me è buona, che quest’avventura è interessante. Perché dunque dovrei disperarmi? La tua Anna.
(scelto da Meta Magnoni)

Giovedì, 11 maggio 1944.
[…] Sai che il mio maggior desiderio è quello di diventare giornalista e poi scrittrice celebre. Se riuscirò a soddisfare questo mio desiderio (o follia?) di grandezza, resta a vedersi; ma fin d’ora i soggetti non mi mancano. Dopo la guerra voglio a ogni costo pubblicare un libro intitolato “Het Achterhuis” (L’alloggio segreto)). Se ci riuscirò o meno ancora non lo so, ma il mio diario mi sarà di aiuto. Oltre a “Het Achterhuis” ho altri soggetti in mente. Te ne scriverò più a lungo quando avranno assunto una forma più definita. La tua Anna.
(scelto da Concetta Cartillone)

Lunedì, 22 maggio 1944.
[…] Nessun paese può sacrificare i suoi uomini per niente e tanto meno per l’interesse di un altro paese; nemmeno l’Inghilterra lo farà. L’invasione, la liberazione e la libertà verranno, ma la data sarà fissata dall’Inghilterra e dall’America, non dai paesi occupati. Con nostro grande dolore e con grande indignazione abbiamo appreso che l’atteggiamento di molta gente di fronte a noialtri ebrei è molto cambiato. Abbiamo udito che l’antisemitismo è penetrato in ambienti dove prima non ci si pensava nemmeno[……]
(scelto da Virginio Teli)

Venerdì, 2 giugno 1944.
[…] Adesso voglio spiegarti un sistema anti-sparatorie nuovo di zecca: quando gli spari sono forti si corre verso la scala di legno più vicina, si corre giù e poi si torna su badando, nel ripetere le corse, di cadere almeno una volta, ma senza farsi troppo male. I graffi e la confusione che si fa correndo e cadendo ti occupano abbastanza da non farti sentire né pensare alle sparatorie. La sottoscritta ha provato questa ricetta con notevole successo!
(scelto da Sonia Beati)

Giovedì, 15 giugno 1944.
Cara Kitty, è perché da tanto tempo non metto più il naso fuori di casa che vado pazza per le bellezze naturali? So benissimo che una volta l’azzurro del cielo, il cinguettio degli uccelli, il chiaro di luna e gli alberi in fiore non attiravano la mia attenzione. Qui le cose sono cambiate. La sera di Pentecoste, per esempio, sebbene facesse tanto caldo, mi sono sforzata di tenere gli occhi aperti fino alle undici e mezza, per potere tranquillamente contemplare da sola la luna attraverso la finestra aperta. Purtroppo questo sacrificio non servì a nulla, perché la luna spandeva troppa luce e io non potevo rischiare di tenere la finestra aperta.
Un’altra sera, parecchi mesi addietro, mi trovavo per caso di sopra mentre la finestra era aperta….. Non è una mia fantasia che la vista del cielo, delle nubi, della luna e delle stelle mi renda tranquilla e paziente. E’ una medicina migliore della valeriana o del bromuro. La natura mi rende umile e pronta ad affrontare valorosamente ogni avversità. Purtroppo è andata così: io non posso guardare la natura – ed eccezionalmente – che attraverso finestre polverose e coperte da sporche tendine. E guardarla così non è più un piacere, perché la natura è davvero l’unica cosa che non tollera surrogati. La tua Anna.
(scelto da Virginio Teli e Francesco Bertoli)

Giovedì, 6 luglio 1944.
Quanto sarebbero buoni gli uomini, se ogni sera prima di addormentarsi rievocassero gli avvenimenti della giornata e riflettessero a ciò che v’è stato di buono e di cattivo nella loro condotta! Involontariamente cercheresti allora ogni giorno di correggerti, ed è probabile che dopo qualche tempo avresti ottenuto un risultato. Questo mezzuccio è alla portata di tutti, non costa nulla ed è certamente utilissimo. «Una coscienza tranquilla rende forti»: chi non lo sa, deve impararlo e farne esperienza.
(scelto da Maria Rosa Colla)

Venerdì, 21 luglio 1944.
Cara Kitty, l’animo mi si apre alla speranza, finalmente va bene! Sì, davvero, le cose vanno bene! Notizie strepitose! E’ stato commesso un attentato alla vita di Hitler, e non da ebrei comunisti o da capitalisti inglesi, ma da un generale tedesco di pura schiatta germanica, che è conte e inoltre ancor giovane. La Divina Provvidenza ha salvato la vita a Hitler che purtroppo se l’è cavata con qualche scalfittura e qualche scottatura. Alcuni ufficiali e generali del suo contorno sono rimasti uccisi o feriti. Il principale attentatore è stato fucilato. E’ la prova migliore che molti generali e ufficiali ne hanno abbastanza della guerra e vedrebbero volentieri Hitler andare all’inferno.
[…] Hitler è stato così amabile da comunicare al suo fido e devoto popolo che da oggi in poi tutti i militari debbono ubbidire alla Gestapo, e che ogni soldato il quale sappia che il suo superiore è coinvolto in questo vile e spregevole attentato, deve abbatterlo senza ombra di processo. Sarà una bella storia. Fritz ha i piedi che gli fanno male a forza di camminare, il suo ufficiale lo redarguisce. Fritz afferra il fucile, grida: “Tu vuoi assassinare il Führer, ecco la ricompensa!”. Uno sparo e l’altezzoso capo, che ha osato fare una ramanzina a Fritz, è entrato nella vita eterna (o morte eterna?) […]
(scelto da Concetta Cartillone)


Commento ricevuto da Angela Scopelliti.
Tanto è stato detto e scritto sul diario di Anne Frank. Le sue parole hanno riempito i libri di antologia di tutte le scuole, hanno ispirato film e opere teatrali. Difficile per me leggere un libro che, per quanto apprezzi, non ha più suspense… Eppure ho trovato una novità. Nell’appendice, una testimonianza (quella di Janny): “quelle due birichine e testarde (Anne e Margot) si davano da fare molto, insieme ad altre donne e ragazze, per aiutare un gruppo di bambini alloggiati al blocco.” Queste parole mettono in luce che Anne , non solo è diventata grande nell’alloggio segreto, ma continua ad esserlo anche nel campo di Bergen-Belsen. Anne, con la leggerezza dei suoi quattordici anni dice cose da sembrare impronunciabili per la condizione in cui si trova. “Non penso alla miseria, ma a tutta la bellezza che rimane”…. Pur nella sofferenza e nella privazione riesce a guardare oltre se stessa prendendosi cura degli altri e manifestando così la più alta forma di amore. Immediato è il parallelismo con la figura di Giulia Gabrieli. Stessa età, stesso talento della scrittura, stessa spontanea vivacità, stessa bontà coraggiosa. In mezzo agli orrori della guerra (Anne), in mezzo alle limitazioni della malattia (Giulia), esse sbocciano e diventano grandi. Loro sono le vere grandi. In Anne c’è l’intuizione che il bene vincerà. In Giulia questa intuizione è certezza. Le loro parole hanno superato la morte e sono diventate guida e aiuto per tanti giovani. Quando Giulia muore il vescovo di Bergamo invita a correggere così l’eterno riposo: “L’eterna gioia donale Signore…”. Lo stesso sarà accaduto per Anne.
Per finire con un tocco di leggerezza. Anne aveva annotato in francese : “Soit gentil et tiens courage!” Sii gentile e abbi coraggio! …sono le parole di Cenerentola nell’ultimo film della Walt Disney. Il diario di Anna Frank ha toccato anche le favole…
Di seguito i brani dei due diari in cui le ragazze sono più vicine.

Anne Frank, Diario:
Sabato, 15 luglio 1944.
[…] E’ un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo. Mi è impossibile costruire tutto sulla base della morte, della miseria, della confusione. vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure quando guardo il cielo, penso che tutto si volgerà nuovamente al bene, che anche questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno l’ordine, la pace, la serenità…
 
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.Luce.
view post Posted on 27/1/2023, 12:00     +1   -1






Kapò (film)

Kapò è un film del 1960 diretto da Gillo Pontecorvo. Fu nominato per l'Oscar al miglior film straniero nel 1961.
È la storia della discesa agli inferi e della risalita di una giovane ed ingenua fanciulla, che da vittima viene trasformata dalla crudeltà disumanizzante nazista prima in carnefice ed infine in martire per amore.
Edith è un'adolescente ebrea residente a Parigi, che in un attimo si trova gettata nell'inferno di un campo di sterminio tedesco. Nell'incubo che sta vivendo vede morire gassati i suoi genitori. Lo spirito di sopravvivenza fortissimo nella giovane donna fa sì che Edith accetti lo stratagemma di un medico del campo, che - impietosito - la fa passare per Nicole Niepas, una francese criminale comune appena morta. In questo modo la giovane sopravvive ai primi giorni a Auschwitz, per poi passare successivamente a un campo di concentramento in Polonia.
L'istinto di sopravvivenza è fortissimo, al punto da farla diventare essa stessa Kapò, guardiana dei prigionieri e crudele aguzzina delle compagne di prigionia che la odiano forse più degli stessi tedeschi. Dopo diversi mesi di stenti, al campo giunge un gruppo di prigionieri di guerra, tra i quali c'è Sasha, un russo che capisce il dramma della giovane (che s'innamora di lui) ed organizzerà una fuga con la complicità della stessa Nicole, la quale dovrà togliere la corrente elettrica ai fili spinati del campo.
Il giorno prima della fuga però Sasha rivela che una sirena si attiverà al momento dell'interruzione della corrente. Per Nicole, dunque, non ci sarà scampo. Giunto il momento stabilito Nicole, che è stata informata del pericolo da Sasha, decide comunque di sacrificarsi e riesce a staccare la corrente elettrica, permettendo a molti prigionieri di fuggire liberi. Raggiunta dai colpi dei soldati tedeschi, prima di morire chiede all'amico Karl di strapparle dalla divisa le mostrine naziste, e si spegne recitando i versetti dell'antica Shemà, segno del suo intimo desiderio di ricongiungersi alla sua vera identità.
 
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view post Posted on 27/1/2023, 12:06     +1   -1
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Io SONO la Girella

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Giorno della Memoria, Mattarella: "C'è un negazionismo subdolo e insidioso"
Al Quirinale la commemorazione, la diretta. Meloni: "La Shoah fu l'abisso dell'umanità"

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https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/...f92be9f04c.html
 
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view post Posted on 25/4/2023, 19:18     +3   +1   -1
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Grand Pez di Girella

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Fosse ardeatine (24 marzo del 1944), il ricordo di una testimone

È sempre vivo nella mente di chi ha vissuto quegli anni questo episodio così tragico. I nostri vent’anni furono turbati e sconvolti dalla guerra e dall’armistizio, fino all’occupazione tedesca di Roma, culminante con l’eccidio delle Fosse Ardeatine. In quel periodo ricordo solo la paura e la fame, il coprifuoco e la crudeltà dei soldati tedeschi, sostenuti e spalleggiati dai fascisti che collaboravano attivamente a rendere più facile le deportazioni e le persecuzioni contro i civili, fieri della loro divisa da collaborazionisti.

Spesso un compagno di scuola o la compagna di banco sparivano misteriosamente solo perché ebrei. A centinaia venivano caricati sui camion e sui treni senza senza nessuna spiegazione, senza il diritto di sapere il perché, il come o dove.

Poi arrivò il 23 marzo del ‘44. Quel pomeriggio mi trovavo a via del Tritone (adiacente a via Rasella), con alcuni compagni e compagne dell’università per cercare presso alcune librerie pubblicazioni utili per i nostri studi. Eravamo giovani, pieni di speranze ma senza quella spensieratezza che caratterizza i vent’anni di chi si affaccia alla vita. Poi ci fu l’esplosione e il terrore invase tutte le strade del centro: i miei compagni si dileguarono per i vicoli della città per sfuggire alla Gestapo e ai solerti collaborazionisti repubblichini. Noi donne furono subito fermate e perquisite e, dopo ore passate con le braccia alzate e col terrore di essere portate in Via Tasso, fummo rilasciate.

I giorni seguenti li passammo nella paura, in un tragico silenzio, nell’incertezza del domani e con la speranza che non si mettesse in pratica il terribile avviso affisso in tutta la città: “Per ogni tedesco ucciso saranno giustiziati dieci italiani”.

Poi arrivò il 4 e 5 giugno del ‘44. I partigiani entrarono da Porta San Paolo seguiti subito dopo dagli americani: era la liberazione dal nazifascismo. Ricominciammo a vivere senza la paura della fame, delle persecuzioni, si poteva uscire e non avremmo più sofferto la fame e il freddo. Ma il nostro pensiero era sempre rivolto ai nostri compagni scomparsi in quei tragici giorni che seguirono l’azione partigiana.

Per avere notizie ci radunammo all’università con i nostri compagni e decidemmo di andare in un posto dell’estrema periferia romana dove si diceva era successo qualcosa di terribile. Quel posto era detto delle Fosse Ardeatine, grotte e cave scavate per raccogliere pozzolane e materiale edilizio. Andammo in bicicletta attraverso viottoli e strade di campagna. Anche altre persone si unirono a noi, si diceva che lì si era consumata la vendetta dei tedeschi.

Quando arrivammo in quello spiazzo appena accennato, a ridosso delle grotte ci apparve uno spettacolo raccapricciante immerso in una atmosfera mefitica. Le parole non bastano per descrivere le montagne di corpi dilaniati, tra i mucchi di terra e roccia da dovete uscivano fuori mani, piedi e corpi smembrati, indumenti sporchi, scarpe, ammucchiati davanti alle caverne. Rimanemmo paralizzati dal dolore, impotenti di fronte a tanto misfatto. Non lo dimenticherò mai ciò che vidi e mai perdonerò.



Morelli Piera in Boanelli – nata nel 1923 e morta a novembre del 2011.
 
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view post Posted on 26/4/2023, 09:55     +1   +1   -1
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Professore della Girella

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CITAZIONE (Delari @ 25/4/2023, 20:18) 
Fosse ardeatine (24 marzo del 1944), il ricordo di una testimone
Quando arrivammo in quello spiazzo appena accennato, a ridosso delle grotte ci apparve uno spettacolo raccapricciante immerso in una atmosfera mefitica. Le parole non bastano per descrivere le montagne di corpi dilaniati, tra i mucchi di terra e roccia da dovete uscivano fuori mani, piedi e corpi smembrati, indumenti sporchi, scarpe, ammucchiati davanti alle caverne. Rimanemmo paralizzati dal dolore, impotenti di fronte a tanto misfatto. Non lo dimenticherò mai ciò che vidi e mai perdonerò.
Morelli Piera in Boanelli – nata nel 1923 e morta a novembre del 2011.

Grazie per questa testimonianza.
Sembra impossibile che l'uomo possa arrivare a tanto, soprattutto provare tanto odio verso chi non gli ha fatto niente.
 
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view post Posted on 27/1/2024, 14:51     +2   +1   -1
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