STORIA DELLA DANZA E DEL BALLETTOLa storia della danza si occupa dello sviluppo - nei secoli e nelle varie parti del mondo - di questa particolare forma di espressione artistica che si serve del movimento del corpo sulla base di un ritmo interno, che può essere (o meno) suggerito o ispirato da fonti musicali.
La disciplina storiografica riguardante la danza tuttavia è di origini relativamente recenti. Infatti solo nel XX secolo sono iniziati gli studi più specificamente dedicati a questa arte, grazie alla diversa considerazione che essa è andata acquistando rispetto al passato: non più "sorella minore" della musica, ma espressione umana autonoma e con una propria dignità di arte. Di conseguenza sono comparse le prime pubblicazioni a carattere storiografico, sia per quanto riguarda il campo di ricerca in ambito antropologico, sia per quello intorno agli usi e costumi sociali nei secoli e nelle varie parti del mondo, sia per quello che concerne la danza come arte dello spettacolo.
La danza è la prima espressione artistica del genere umano perché ha come mezzo di espressione il corpo. Tutte le altre arti infatti prevedono l'uso di oggetti che fungono da strumenti, ad eccezione del canto che, come la danza, si avvale di uno strumento corporeo.
Nel corso dei secoli è sempre stata lo specchio della società, del pensiero e dei comportamenti umani. Inoltre la danza è l'unica arte che si avvale insieme del tempo e dello spazio. Perciò la storia della danza è una disciplina vastissima e riguarda le espressioni etniche e popolari (etnocoreologia), i balli di società (storia della danza sociale) e infine la danza come arte dello spettacolo, che fino al XX secolo riguardava esclusivamente il teatro e più recentemente anche il cinema e la televisione.
Antica GreciaLa danza accompagna la storia della civiltà umana a partire dall'epoca preistorica fino al consolidamento delle prime civiltà stanziali acquistando un ruolo rilevante soprattutto in Antica Grecia. Qui si svilupparono numerose tipologie di danze classificate dagli storici in tre categorie:
Danze guerriere, il Prosodion, l'Enoplion, le Gimnopedie (tipiche della città di Sparta), la Pirrica.
Danze religiose, il Ghéranos, la Cariatìdes, la danza delle Hiérodules.
Danze profane, l'Emmeléia, la Bibasis, l'Apokinos.
Si può dire che fin dalle origini del teatro la danza ne è stata parte integrante costituendo uno dei suoi principali livelli espressivi e l'elemento principale dei rituali religiosi. Nella Grecia antica le rappresentazioni teatrali erano momenti importanti di aggregazione della collettività che venivano organizzati dalle autorità politiche in occasione delle feste dedicate alle varie divinità. Nella tragedia l'azione era portata avanti dagli attori e dal coro, che si esprimeva cantando e danzando; la parola κόρος, infatti, deriva dal verbo κορέυο, danzare, e dallo stesso verbo derivano alcuni termini ancora oggi utilizzati - come [coreografia], [coreografo], [coreutica]. Così è per la parola "orchestra", che nell'italiano moderno designa un insieme di strumenti musicali, mentre nell'antica Grecia indicava il luogo del teatro dove agiva il coro e derivava da ορκέομαι, un altro verbo che significava "danzare", perché l'azione del coro era formata dal canto e dalla danza. La tragedia e la commedia si esprimevano a mezzo della μουσικῄ, termine che indicava l'insieme inscindibile di poesia, musica e danza, tre arti considerate di pari importanza che interagivano continuamente. La danza tipica della commedia era la Cordax, caratterizzata dalla lascività e dalla vivacità. Nel dramma satiresco invece si usava danzare la Sikinnis.
MedioevoDurante il Medioevo la danza, che in un primo periodo era praticata anche all'interno degli edifici religiosi come parte dei rituali e accompagnamento dei canti, subì la condanna delle autorità ecclesiastiche che vedevano nella sua pratica il pericolo della lascività dei costumi, data l'ostentazione del corpo in movimento e il tipo di comunicazione prettamente visiva che si andava contrapponendo a quella orale-uditiva dei predicatori. Tuttavia anche durante questo lungo periodo si hanno numerose forme di intrattenimento spettacolare con danze e/o mascherate danzate. Il professionista dello spettacolo medievale è il giullare, che spesso intratteneva il pubblico con balli solistici oppure, in occasione delle feste, guidava le danze collettive dei villaggi o delle città.
Tra le danze popolari quella che viene menzionata più spesso è sicuramente la carola, danza a catena chiusa (le persone si tenevano per mano e danzavano in cerchio), eseguita soprattutto nelle feste di primavera intorno a un albero o a un personaggio che incitava i ballerini battendo mani e piedi a ritmo. La carola è citata più volte da Boccaccio nel Decamerone e anche da Dante nella Divina Commedia. La farandola è invece una danza a catena aperta, nella quale le persone si tenevano ugualmente per mano ma aprivano il cerchio iniziale per dar luogo a nuove evoluzioni e disegni. Altre danze sono la tresca, la ridda e il ballonchio.
Dopo l'anno Mille in tutta Europa si diffuse la danza macabra, che sembra fosse praticata nei pressi dei cimiteri, dato che il termine "macabro" deriverebbe dall'arabo makàbr, che vuol dire cimitero. Non si hanno notizie certe sulla pratica effettiva di questa forma di danza, ma solo numerose testimonianze iconografiche e letterarie.
RinascimentoDurante il Rinascimento nelle corti italiane si sviluppò una forma ricercata di ballo che prevedeva norme da seguire e un certo studio di passi e movimenti. La danza infatti era ritenuta una vera e propria forma di educazione. La danza dei nobili era di diretta derivazione da quella del popolo, ma veniva trasformata secondo le regole del perfetto cortigiano: la compostezza, l'atteggiamento nobile, le convenzioni sociali della cavalleria e della galanteria. Nel Quattrocento la figura del maestro di ballo era molto richiesta per istruire i signori e i cortigiani; tra questi, Domenico da Piacenza (detto "Domenichino") e il suo discepolo Guglielmo Ebreo da Pesaro saranno i primi autori di veri e propri trattati di quella che già veniva chiamata l'"Arte del Ballo". Domenichino scrisse il manuale De arte saltandi et choreas ducendi e Guglielmo, autore del De pratica seu arte tripudii vulgare opusculum, acquistò una rinomanza tale da essere chiamato alla corte di Urbino da Federico da Montefeltro. A loro contemporaneo è Antonio Cornazzano, che scrisse il Libro dell'arte del danzare.
Nel secolo successivo saranno Fabrizio Caroso da Sermoneta con Il Ballarino e Cesare Negri con Le Gratie d'amore i principali autori di trattati sull'"arte di ben condurre le danze". Anche in Francia non mancava chi si incaricò di raccogliere e descrivere le principali danze in voga ai suoi tempi: è Jean Taburot, canonico di Langres, autore del trattato l'Orchésographie, da lui pubblicato nel 1589 firmandosi con lo pseudonimo di Thoinot Arbeau, che altro non è che l'anagramma del suo nome.
Nel 1581 presso la corte di Francia nacque il primo balletto della storia, il Ballet Comique de la Reine, composto di brani recitati, danzati e cantati. La parola “comique” sta ad indicare che la rappresentazione, per il suo argomento, apparteneva al genere della Commedia.
Il SeicentoMa è solo nella seconda metà del XVII secolo la danza sale sui palcoscenici teatrali. Sempre in Francia, essa ricevette una forte spinta da Luigi XIV, che amava molto danzare ed esibirsi in prima persona negli spettacoli di corte, tanto che fu chiamato "Re Sole" per essersi esibito come "Sole nascente" nel Ballet Royal du Jour et de la Nuit del 1653, su musica in parte scritta da Giovanni Battista Lulli. Egli nel 1661 promosse la nascita dell'Académie Royale de Danse, istituzione preposta alla definizione delle regole inerenti a quest'arte. Le convenzioni sociali e le regole formali erano essenziali alla corte del Re Sole, questo spiega il gran lavoro di codificazione delle Accademie. Con la costituzione dell'Académie Royale de Danse prese avvio la danza accademica, così denominata perché la sua caratteristica è quella di dipendere dalle norme codificate in quella Accademia. Per questo motivo la terminologia del balletto classico è universalmente in lingua francese. Per quanto riguarda gli spettacoli teatrali le forme in voga erano la tragédie-ballet, la comédie-ballet, l’opéra-ballet, tutte forme dove poesia, danza e musica erano parte integrante dello spettacolo.
Il SettecentoPer il secolo XVIII si deve distinguere tra danza di corte e danza di teatro. Quest'ultima infatti si era trasformata nello stile per obbedire alle esigenze del tipo di visione imposta dalla struttura dello spazio scenico: a differenza degli spettacoli organizzati negli ambienti di corte, dove il pubblico si posizionava intorno allo spazio delle danze, ora il palcoscenico era posto di fronte agli spettatori e tutto ciò che vi stava sopra doveva seguire delle linee prospettiche, altrimenti la visione non sarebbe stata buona. Le scenografie usavano linee diagonali e così doveva essere per gli atteggiamenti dei ballerini, che vennero spinti ad assumere le posizioni dette in épaulement (con una rotazione del busto in linea diagonale). Le danze si volsero sempre di più a una cura eccessiva della forma, a scapito dell'espressione. La cura principale era indirizzata all'eleganza delle linee e a creare passi sempre più complessi per stupire il pubblico.
Ma il Settecento è chiamato “il secolo delle riforme”, perché in ogni campo si sentiva l'esigenza di uscire dai canoni codificati e artificiali e di riferirsi maggiormente alla natura dell'uomo. Il pensiero illuministico spingeva verso la natura, l'abbandono dell'artificio, la ricerca degli aspetti più genuini, il ritorno dell'umanità alla sua essenza, non condizionata dalla civiltà. Perciò l'Illuminismo spingeva anche alle riforme in ogni campo. Per la danza, nella seconda metà del Settecento Jean-Georges Noverre in Francia e Gasparo Angiolini in Italia, con l'introduzione del ballet d'action, si adoperarono per la riforma degli spettacoli coreutici, contemporaneamente al tedesco Christoph Willibald Gluck, che operò per la riforma del Melodramma. Per il desiderio di rifarsi alla natura, Noverre esortava a liberare il corpo della ballerina dalle vesti pesanti e ingombranti e dalle maschere e dalle parrucche che nascondevano le forme naturali, ma in realtà nei movimenti delle danze il risultato fu quello di un maggiore sviluppo della pantomima e non tanto la riunificazione delle tre arti della musica, del teatro e della danza: l'espressione dei sentimenti era intesa come imitare la natura, quindi si cercava il modo di riprodurre le emozioni naturali per farle sembrare vere, ma alla fine si realizzava un nuovo artificio.
In realtà a quel tempo la concezione dell'arte era prettamente naturalistica: pittori e scultori erano considerati "bravi" se sapevano imitare la natura al meglio e in musica anche i compositori si ingegnavano nell'imitazione dei suoni naturali. Però nei primi anni del secolo XIX un coreografo napoletano in qualche modo operò per la riunificazione delle tre arti: Salvatore Viganò con il suo "Coreodramma" o dramma danzato. Inoltre un altro napoletano, Carlo Blasis, adeguava le forme virtuosistiche della danza classica ai nuovi parametri di espressività e di adesione alla natura propri dell'Illuminismo. Blasis scrisse vari libri sulla tecnica della danza classica, nei quali esortava anche a tenere in considerazione le arti “sorelle” - la pittura e la scultura - per realizzare con il proprio corpo "forme belle" (secondo l'idea di "bellezza" propria dell'epoca). Blasis si ispirò alla statua del Mercurio del Giambologna per realizzare una delle pose principali della danza classica: l’attitude, intesa come espressione di un dinamismo che tende verso il cielo. Questa posa peraltro è rappresentata molto di frequente anche nelle statue greche e romane, dato che a sua volta il Giambologna si era ispirato a queste. Danza, recitazione, canto, ormai sono definitivamente separati. Siamo in pieno Neoclassicismo: un ritorno ai classici, filtrato però dalle idee illuministe, perciò non più rigido e artificiale come una volta, ma caratterizzato da esigenze nuove che spingono alla ricerca dell'espressione dei sentimenti dell'individuo aprendo la strada al Romanticismo.
L'Ottocento e il RomanticismoDurante l'Ottocento, inizia a diffondersi il Balletto Romantico, basato su una nuova sensibilità, una nuova visione del mondo più libera ed appassionata, che rompe le vecchie certezze legate al sistema normativo tradizionale, dominato dal culto della ragione, per recuperare una realtà inesplorata legata al versante oscuro dell'inconscio, dando voce ai moti dell'animo, dei sentimenti, del sogno. È del 1832 la messa in scena all'Opéra di Parigi di La Sylphide, il primo esempio di balletto romantico. Abbandonati i temi mitologici e storici, l'azione ora si trasferisce nel mondo delle fiabe. È in questa occasione che viene introdotta dal coreografo Filippo Taglioni, padre della ballerina che lo interpretava, Maria Taglioni, l'uso della danza sulle punte e del tutù come consuetudine. L'aspirazione al volo che traduceva la tensione romantica verso una realtà trascendente, la sensibilità e la grazia che caratterizzavano il nuovo stile, si sposano a una tecnica rigorosamente classica che trova nelle punte, nell’arabesque, nel port de bras i suoi principi fondamentali. Ogni movimento, ogni figura sono perfettamente controllati, nascondendo la fatica fisica e il sudore sotto un'immagine di eterea leggerezza che si libra nello spazio esaltando la bellezza plastica degli atteggiamenti nel rigore di una nitida purezza geometrica. Dopo la seconda metà dell'Ottocento, l'Opéra di Parigi entra lentamente in crisi: costretta a reclutare le sue étoile all'estero, priva di validi maestri di balletto e corografici, non esercita più la sua supremazia, per cedere il passo alle altre scuole che sulle sue orme cominciano a fiorire negli altri paesi europei, come quella del Teatro alla Scala di Milano. Il vigoroso impulso all'arte della danza promosso in Russia dagli zar nel Settecento, è sostenuto e incoraggiato nel corso dell'Ottocento, facendo di San Pietroburgo un punto di passaggio obbligato per tutti i coreografi e i solisti più rinomati d'Europa. Il compito di condurre a una sintesi il patrimonio di esperienze accumulatesi nell'arco di un secolo spetta a Marius Petipa, un coreografo francese che, assunto nel 1847 come primo ballerino, acquistò ben presto un ruolo preminente nei teatri imperiali russi. La stagione di Petipa coincide con l'introduzione del balletto romantico in Russia, che avviene però tardivamente, quando altrove è già in declino. I gusti del pubblico, composto soprattutto dall'aristocrazia, esigono che il balletto si concentri intorno alla figura femminile, mostrando di apprezzare opere d'impostazione fastosamente spettacolare che lascino spazio all'esibizione virtuosistica.
Petipa riprende quindi i capolavori del balletto romantico come La Sylphide, Giselle, Coppélia, Le Corsaire, La Esmeralda. L'attenzione verso i valori del passato si riscontra anche nelle sue creazioni coreografiche. Erede del balletto d'azione, Petipa adatta la trama drammatica ai contenuti romantici, ma ne disperde talvolta la tensione inserendo accessori, non sempre perfettamente integranti nel soggetto, che costituiscono momenti virtuosistici fini a sè stessi. Egli mira soprattutto a realizzare una grande visione spettacolare che susciti l'ammirazione del pubblico, non curandosi se per ottenere questo risultato è costretto a sacrificare il rigore della composizione drammatica. Sono suoi i capolavori Don Chichotte, La Bayadère, La Bella addormentata nel bosco, Lo Schiaccianoci (in realtà coreografato dal suo assistente Lev Ivanov) e Il lago dei cigni (coreografato in collaborazione con Lev Ivanov), tuttora rappresentati nei migliori teatri del mondo ancora con le sue coreografie.
Il balletto è un particolare tipo di rappresentazione coreografica che nasce a partire dal primo Rinascimento dalle composizioni dei maestri di ballo presso le corti signorili italiane e francesi.
Con le successive evoluzioni, il termine balletto oggi comprende un'ampia varietà di rappresentazioni sceniche di un dramma visivo svolto per mezzo di danza e pantomima, spesso accompagnato da musica e interpretato da danzatori secondo una coreografia predeterminata. Comunemente con il generico termine balletto o balletto classico ci si riferisce anche al balletto moderno evolutosi dalla scuola di San Pietroburgo in particolare attraverso l'esperienza dei Ballet Russes fino alla spinta in senso più "formale" di George Balanchine, e comunque a forme di danza teatrale che utilizzano movimenti del corpo riconducibili alla tecnica accademica della danza classica.
Il Rinascimento: la nascita del ballettoIncisione che raffigura il Ballet Comique de la Reine di Baldassarre Baltazarini da Belgioioso (1581). Museo del Louvre (folio, Paris, Mamert Patisson, 1582.)
Il fiorire dei commerci, l'affinarsi delle tecniche, il nuovo interesse per la cultura scaturito dall'Umanesimo provocarono nell'Italia di inizio 1400 un fiorire delle arti presso le corti nobiliari. Mentre presso le corti medioevali il prestigio era dettato dal potere militare e dai possedimenti, diventò ora importante per la classe dominante dimostrare la propria eccellenza e trasformare la corte nel teatro dove mettere in scena il proprio splendore.
In particolare le feste di corte diventarono sempre più sfarzose e fantasiose, includendo spesso anche rappresentazioni danzate nelle quali però i danzatori non erano professionisti ma nobili di corte che danzavano per piacere e dovere sociale.
In questi anni, caratterizzati da una massiccia codificazione di tutte le arti, comparve nelle corti italiane un nuovo personaggio: il maestro e teorico di danza. Alcuni nomi sono giunti a noi grazie agli scritti conservati presso le biblioteche, come Domenico da Piacenza, e i suoi allievi Antonio Cornazano (pure attivo fra Piacenza e Ferrara) e Guglielmo Ebreo da Pesaro (conosciuto anche come Giovanni Ambrogio), accomunati da una stessa visione teorica e da una stessa terminologia, tanto da poter parlare di una primitiva scuola italiana (la "scuola lombarda") che stabilisce per prima le regole tecniche, l'estetica, l'etica del danzatore.
Dal ballo nobile alla danza teatraleDomenico nel suo trattato De arte saltandi et choreas ducendi operava una prima distinzione fra bassa danza e ballo, la prima (distinguibile in bassadanza propriamente detta e quaternaria) eseguita con una tecnica che evita i salti, a contatto con il suolo e caratterizzata da un incedere grave e dal portamento nobile, il secondo (rapido e identificato da saltarello e piva) con salti e variazioni più dinamiche.
Il termine balletto si comincia a usare in Italia al posto di ballo agli inizi del Cinquecento. Una prima testimonianza di messa in scena di uno spettacolo danzato legato ad un tema unitario si trova poi sempre in Italia, messo in scena durante il banchetto di nozze fra Gian Galeazzo Maria Sforza e Isabella d'Aragona nel 1489 a Tortona. La rappresentazione allegorica, realizzata a cura di Bergonzio Botta e dedicata alla esaltazione dell'amore coniugale, prende il nome di balletto conviviale e verrà imitata in molte altre corti negli anni successivi.
Le origini del balletto in Francia sono legate alla nascita del ballet de cour ad opera dell'italiano Baldassarre Baltazarini da Belgioioso. I maggiori balli in uso nel XVI secolo in Francia e in altri paesi europei sono stati accuratamente descritti nel 1589 da Thoinot Arbeau (pseudonimo di Jean Tabourot) nel suo trattato Orchésographie. Appartiene al genere delle mascherate il Bal des ardents organizzato da Carlo VI nel 1393, un particolare tipo di corteo messo in scena da nobili travestiti da personaggi storici o mitologici. Le cronache riportano che in occasione del matrimonio del duca di Vermandois il re stesso aveva messo in scena un ballo, assieme a quattro amici tutti travestiti da «uomini selvaggi», indossando costumi ricoperti di fiocchi di lino cardato; essendosi avvicinati troppo al fuoco di una torcia, i danzatori si erano trasformati all'istante in torce umane, e solo il re fu salvato dal rogo grazie al pronto intervento di una dama che con la propria gonna spense le fiamme.
In Inghilterra lo sviluppo della danza teatrale pare essere invece legato alle Masque, danze mascherate che si svolgevano durante i balli reali con la partecipazione degli stessi sovrani e che comprendevano danze, canti e recite di poesie secondo programmi e testi predefiniti (Ben Johnson all'inizio del Seicento fu autore di alcune Masque).
Parallelamente in campo musicale si assiste ad un graduale affrancamento della musica strumentale dal canto, e questa trasformazione influenza non poco anche i modi della danza che non più guidata dalle parole può divenire ritmica e sviluppare una poetica indipendente e una espressività nuova con il corpo in primo piano.
Un segno evidente della grande trasformazione che avviene nelle rappresentazioni danzate in questo periodo è la nascita delle prime "scuole di ballo nobile", scaturita anche dalla ampia diffusione dei primi trattati sulla tecnica di cui abbiamo detto sopra e dalla richiesta proveniente inizialmente dagli stessi principi e gentiluomini per non sfigurare a corte. La prima grande scuola per ballerini, venne fondata all'inizio del Cinquecento da Pompeo Diobono: da qui usciranno Ludovico Paluello, Bernardo Tetoni, Baldassarre Baltazarini da Belgioioso, Cesare Negri. Dalle scuole italiane cominciarono poi a diffondersi in tutta Europa maestri di Ballo nobile che si stabilirono presso le principali corti europee, dando inizio ad un irraggiamento delle conoscenze tecniche e teoriche di danza che non si arresterà per i successivi quattro secoli.
Nel 1602 Cesare Negri, ormai anziano, pubblicherà nel suo Le Gratie d'amore (poi ripubblicato nel 1604 col titolo Nuove inventioni di Balli) le prime norme stilistiche che si ritrovano tuttora ripetute nella tecnica accademica, fra cui la base delle cinque posizioni e l'impostazione con i piedi in fuori.
Spettacoli coreografici vennero poi rappresentati di frequente anche alla corte di Enrico III di Francia, che era stato fra gli spettatori delle messe in scena di Baltazarini, ma al tema mitologico o allegorico veniva spesso preferita una forma più leggera, il ballet mascarade, in genere parodia mimata di fatti di attualità. Pare che alcune creazioni siano poi state realizzate a scopi di propaganda dallo stesso cardinale Richelieu, come ad esempio il Ballet de quatre monarchies chrétiennes (1635) e il Ballet de la prosperité des armes de France (1641), il che testimonia la popolarità già raggiunta allora dal balletto.
In Italia la Corte dei Medici risultava ai tempi piuttosto attiva, sotto la guida del coreografo Angelo Ricci. Fra gli spettacoli, ispirati in genere a quei temi propri dell'Umanesimo che era stato fonte ispiratrice delle origini, si cominciarono a trovare sempre più spesso balletti con cavalli in scena, probabile eredità dei tornei medievali. Questo genere equestre verso la fine del Cinquecento trovò sempre più larga fortuna specie in Francia e a Vienna, oltreché Firenze. L'esempio più eclatante fu la messa in scena a Vienna nel 1667 di La contesa dell'aria e dell'acqua, a cura dell'italiano Alessandro Carducci.
A fianco di Firenze, anche Torino è particolarmente attiva attorno alla metà del Seicento, sotto la guida del conte Filippo d'Agliè di San Martino, autore di balletti e caroselli molto apprezzati anche in Francia.
Il Seicento: lo sfarzo e lo splendoreAgli splendori paesaggistici che architetti come Bernini e Borromini allestivano per la scenografia della Roma papale corrispondeva un gusto dominante per lo spettacolare anche nelle rappresentazioni teatrali. Ancora Firenze era uno dei principali centri creativi e di sperimentazione, e qui a metà del Cinquecento si sperimentavano le prime scenografie mobili, che vennero ben presto migliorate e usate con grande successo determinando una esaltazione della scena a discapito della rappresentazione. Gli scenografi teatrali italiani trionfarono in tutta Europa: Ferdinando Bibiena incantava Vienna, Giacomo Torelli prima e Gaspare Vigarani poi guidavano il gusto parigino, ma prima di loro Ludovico Burnacini con le fantastiche macchine teatrali allestite per le opere monteverdiane e gli sfarzosi costumi evocativi di terre lontane e di inferni ammonitori aveva inaugurato l'era barocca a teatro. La danza in Italia restava quindi confinata al suo ruolo di intermezzo, in particolare all'interno del melodramma, non riuscendo a imporsi autonomamente.
La Francia parve invece preferire una sua strada ancora legata ad una danza lenta e solenne. I maestri italiani, dopo che Milano, il centro italiano della danza, venne conquistato nel 1515 dalle truppe di Francesco I, cominciarono a trasferirsi nel nord Europa. Su richiesta del re lo stesso Pompeo Diobono lasciò Milano nel 1554 per recarsi in Francia presso la corte di Enrico II prima, Carlo IX e Enrico III poi.
Luigi XIV: Il balletto realeIl Ballet Comique de la Reine sancì Parigi come capitale del mondo del balletto. Fu così quindi che il balletto, benché nato in Italia, divenne poi un'arte squisitamente francese.
Il grande sostenitore di quest'arte fu re Luigi XIV (1638-1715) detto Re Sole. Egli amava molto danzare e prendeva parte ai balletti dati dalla sua corte ma si fermò quando il fisico gli impedì di continuare a danzare. Ancora oggi nella tecnica accademica esiste un passo da lui eseguito chiamato in suo onore Entrechat Royal.
Nel 1661 Luigi XIV fondò l'Accademia Reale di Danza con lo scopo di preparare ballerini che si esibissero per lui e la sua corte, dando così inizio alla prima accademia di danza dedicata alla formazione professionale dei ballerini. Seguendo l'esempio di Luigi XIV, in tutta Europa iniziarono a svilupparsi simili compagnie. Una di queste fu l'Accademia Imperiale del Balletto di San Pietroburgo, la cui scuola fu fondata nel 1738 e che diventerà nell'Ottocento la capitale mondiale del balletto classico grazie a maestri come Enrico Cecchetti e Marius Petipa. I ballerini francesi diventarono così bravi che iniziarono ad esibirsi pubblicamente nei teatri. All'inizio tutti i danzatori erano uomini e le parti da donna venivano eseguite en trevesti. I danzatori del XVIII secolo erano coperti da maschere, indossavano grosse parrucche e scarpe col tacco. Le donne indossavano gonne larghe e lunghe, strette nei loro corpetti. Le due migliori ballerine francesi dell'epoca, Marie Camargo e Marie Sallé rivoluzionarono il mondo della danza, introducendo scarpe senza tacco, accorciando le gonne rendendole meno ingrombranti e abbandonando le maschere.
La riforma del balletto: il "ballet d'action"Nella seconda metà del Settecento, il francese Jean-Georges Noverre e l'italiano Gasparo Angiolini elaborarono e teorizzarono una profonda riforma del balletto, diretta a emancipare la danza dalle altre forme sceniche (canto e declamazione), alle quali era sempre collegata (e subordinata) negli spettacoli teatrali, e ad affidare ai balletti il compito di narrare autonomamente delle vicende drammatiche, con l'espressività dei gesti danzati e il ricorso alla pantomima.
Il Romanticismo fu una corrente artistico-letteraria che si diffuse in tutta l'Europa in maniera uniforme a partire da Regno Unito e Germania. Chi si riconosceva nel movimento romantico dichiarava una ribellione alle regole del classicismo antico, in particolare come reazione al manierismo caratteristico del Settecento, dichiarando l'intenzione di indagare più profondamente nell'animo umano. Da qui una grande attenzione per l'occulto, la magia, il soprannaturale, l'esotico, il distante nel tempo e nello spazio. La Francia, e in particolare il Teatro de l'Opéra di Parigi, divenne il luogo d'eccellenza del balletto, fungendo da esempio per il resto dell'Europa. Fu in Francia infatti che venne creato il balletto considerato punto di partenza del romanticismo nella danza: La Sylphide danzato da Maria Taglioni su coreografie del padre Filippo Taglioni (1832). La trama rifletteva in pieno i temi cari al romanticismo: l'amore impossibile tra un uomo e uno spirito, l'ambientazione in Scozia, magie e spiriti danzanti (le silfidi appunto). La Sylphide diventò il prototipo di molti altri balletti basati sullo stesso tema tra i quali il più celebrato fu Giselle (1841), che immortalò un'altra grande ballerina, Carlotta Grisi, e si distinse per il libretto creato da Théophile Gautier e le musiche composte da Adolphe Adam.
Il pubblico accorreva a questi balletti grazie anche alla curiosità generata dai nuovi costumi teatrali e dalle nuove tecniche di danza.
La Bayadère.Le gonne diventavano più leggere e più corte, si usavano le scarpe da punta per sottolineare il distacco della ballerina dal mondo terreno e apparve il tutù (inventato da Eugéne Lamy proprio per La Sylphide).
La danza maschile perse gradualmente la sua supremazia. Vennero creati ruoli incentrati sulla ballerina eterea e romantica, le donne dominavano la scena, gli uomini furono messi in ombra e relegati al ruolo di partner, diventando semplici porteur. Spesso i ruoli maschili venivano interpretati da danzatrici en travesti, come ad esempio accadde per il ruolo di Franz nella prima rappresentazione di Coppélia (1870).
Alla fine dell'Ottocento, il ruolo de l'Opéra di Parigi perse il predominio e il balletto romantico rinacque a nuova vita e in tutto il suo fasto nelle creazioni dei grandi balletti narrativi di Marius Petipa, coreografo dei Balletti Imperiali presso la corte russa. Questi balletti, capisaldi della danza arrivati fino ai giorni nostri, trattano di racconti fiabeschi, fantastici o esotici, come Il lago dei cigni, La bella addormentata, Lo schiaccianoci (tutti con la musica di Pëtr Il'ič Čajkovskij), o come La Bayadère (musica di Ludwig Minkus).
La nascita del balletto russo coincide con la fondazione dell'Accademia di Danza presso il Teatro Mariinskij di San Pietroburgo nel 1738, diretta dal Maestro francese Jean-Baptiste Landé durante il regno della zarina Anna di Russia (1693-1740). Quando, nel 1762, Caterina la Grande salì al trono, la sua festa per l'incoronazione fu un imponente spettacolo di danza per il quale furono impiegate circa 4000 persone. Vennero invitati dall'Italia e dalla Francia maestri di balletto per organizzare l'evento. Caterina II contribuì in maniera determinante allo sviluppo della danza in Russia. Chiamò i migliori coreografi dall'Europa ad insegnare nell'accademia. Il primo di questi fu Charles Didelot, nato in Svezia ma educato in Francia. Insegnò a San Pietroburgo dal 1801 al 1811 e dal 1816 al 1837. Poi fu la volta di Jules Perrot da Parigi che restò in Russia dal 1851 al 1858. A lui succedette Arthur Saint-Léon dal 1859 al 1869. Fu poi la volta del maestro dei maestri, il francese Marius Petipa che diresse i balletti imperiali per circa un trentennio creando i più grandi capolavori della storia del balletto tra cui: La bella addormentata (1890), Il lago dei cigni (1895, in collaborazione con Lev Ivanov) e Lo Schiaccianoci (1892), la cui coreografia si deve però a Lev Ivanov. Figlia di tutto ciò è anche una tra le più prestigiose scuole di balletto della Russia: la scuola del Teatro Bol'šoj di Mosca.
Il balletto nel XX secoloPetipa creò più di 50 coreografie per i Balletti Imperiali. Alla fine la sua formula rischiava di esaurirsi e di diventare un vuoto contenitore per dimostrare la bravura della ballerina o del ballerino. Nel 1909, un impresario russo che non sapeva nulla di danza ma molto di come si produceva uno spettacolo di successo, Sergej Djagilev, fondò i Ballets Russes nei quali l'unione di pittura, musica e danza costituiva l'elemento portante.
I Ballets Russes spopolarono in Europa e misero in luce personalità della danza importantissime quali: Anna Pavlova (ballerina), Vaslav Nijinsky (ballerino e coreografo), Michel Fokine (primo coreografo della compagnia), George Balanchine che influenzerà in modo determinante la danza classica americana.
La compagnia si sciolse alla morte di Djagilev nel 1929. I danzatori e i coreografi si unirono ad altre compagnie in molte parti del mondo influenzando il balletto in modo determinante ovunque essi andassero.