Buonasera.
E' da un po' che non ci sentiamo, vero?
Eh già... chissà che cosa ha combinato piccola Daisuke insieme ai suoi eroi in questo periodo...
Potrebbe raccontarvelo lei stessa, che ne dite?
Le diamo la parola?
Detto fatto, ecco a voi il racconto di una semplice GIORNATA TRANQUILLA...
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UNA GIORNATA TRANQUILLA (prima parte)
Meno male che doveva essere una giornata tranquilla.
Una di quelle belle giornate con le amiche e gli amici in cui ti diverti, fai quello che ti piace, ti rilassi, ridi.
Il trucco mi è colato sulla faccia con un terribile effetto panda.
Il mio vestito si è vistosamente macchiato con l'olio motore della moto.
Non trovo più nemmeno le chiavi di casa.
Decido di sedermi sullo scalino di ingresso di casa mia.
Ploff, la lampadina sopra di me si fulmina.
Evviva, sono al buio: hello darkness, my old friend.
"Giornata difficile, a quanto pare."
Una voce maschile esce dall'oscurità con un fruscio sottile: si siede accanto a me, posando la chitarra al muro.
Mi svacco sul gradino del portone: “Non me ne parlare, sono stravolta”.
Osserva il mio aspetto: “Fatti guardare… eh sì, hai avuto decisamente una giornata lunga e difficile!”, sedendosi, “Ma non dovevi andare a quella mostra di quadri con i ragazzi? Dai, vieni qui, piccola: raccontami tutto”.
Non me lo faccio ripetere due volte: mi catapulto tra le sue gambe, gli metto il braccio destro intorno al collo e inizio il racconto.
“Devi sapere che il ritrovo era alla stazione del treno. Io ero pure in ritardo. Per fortuna che lavoro vicino. Lui mi stava già aspettando. Pensa: era completamente vestito di nero...”Prima tappa. Il ritrovo.Il suo abbigliamento mi lascia di stucco: “Hiroshi, sembri Johnny Cash. E’ per caso un barbatrucco?”
“Piccola, guarda che mi manca la chitarra…”
Allenta leggermente il colletto e prosegue con sollecitudine: “Senti, piccola, qual'è il titolo del film?"
"Hiroshi, te l'avrò detto almeno cento volte! Non andiamo al cinema: andiamo a vedere un’esposizione di quadri! QUADRI!"
"Sgrunt, avevi detto che era una storia di amore e guerra ambientata in Giappone."
"Dannazione, Hiroshi, quello è il sottotitolo della mostra. La mostra! Che si chiama "Giappone: storia d’amore e guerra"!"
"Ah. E non si canta e non si balla?"
"No. Coraggio, ti divertirai lo stesso."
"Hai detto che é una mostra… allora ci sono gli haniwa donne?"
"No. Ci sono prestanti samurai e belle ragazze. Tutti disegnati ovviamente."
"Ah."
Camminiamo per qualche minuto in religioso silenzio; poi Hiroshi si ferma e mi chiede: "Ci sono i fumetti sopra i disegni?"
"No."
"Allora come faccio a capire quello che dicono?"
Scuoto la testa sconsolata: ci rinuncio.
“Povero Hiroshi, lo sai com'è fatto. Gliele devi raccontare semplici”, sentenzia mentre accorda la chitarra.
“Oh insomma, ti ci metti anche tu? Dai non interrompermi, che perdo il filo del discorso”.Finalmente arriviamo al punto d’incontro ma degli altri non c'è ancora traccia.
Esattamente in quel mentre due moto ci sfrecciano ad alta velocità sotto il naso: i loro motociclisti si stanno poco giovialmente mandando
a quel paese.
Al terzo passaggio consecutivo, si fermano davanti a noi.
Il primo si toglie un casco aerodinamico e ne sbuca fuori una foltissima capigliatura puntuta con vistose basette nere: "Dannazione, non c'è posto per parcheggiare le moto".
"È solo colpa tua. Se fossi stato puntuale, saremmo arrivati prima e avremmo trovato posto" replica aspro il secondo, mentre solleva la visiera "Koji, sei il solito irresponsabile figlio di papà".
"Tetsuya, essere in ritardo è comunque sinonimo di stile, no? Che tu non hai fratellone..." lo addita il primo.
"Koji, non é certo colpa mia se non trovavi le chiavi del triciclo..."
"Maledizione Tetsuya, lo sai benissimo che Shiro è rimasto chiuso nell'autolavaggio di Mazinga, potevi almeno aiutarmi a tirarlo fuori, non credi?"
"Ti ho lasciato volentieri questo compito. É soprattutto tuo fratello!" lo rincalza l'altro con grinta.
Koji ringhia pronto all'attacco ma interviene prontamente lo stomaco d’acciaio di Hiroshi reclamando allarmato cibo al più presto.
Seconda tappa. Il pranzo.Nella speranza di velocizzare il pranzo, entriamo nel più vicino ristorante asian fusion quasi self service.
“Ordiniamo, presto, ho fame!”, reclama Hiroshi.
Ci precipitiamo su un tavolo.
Con un'agile mossa pelvica Hiroshi guadagna l’attenzione della cameriera che fluttua verso di noi con i menù.
Cominciamo con le bevande.
“Due di naturale, non fredde, e due di gasata, fresche”, proclamo io.
"Come sarebbe a dire acqua naturale e gasata?" interrompe Koji.
"Sei sempre il solito guastafeste, Koji, guidiamo la moto e non possiamo bere", lo zittisce Tetsuya.
"Ma Tetsuya, non voglio fare il salutista proprio oggi, io..." continua Koji.
"Non fare il bambino. Lo sai benissimo che qualche millilitro di alcool nel sangue ti rende inadatto alla vita sociale" incalza il pilota del Gureto.
"Non è vero!" respinge Koji.
"Hai la memoria corta, fratellastro... L’ultima volta che hai bevuto ti eri messo in testa di essere il dottor
Nowzaradan e volevi fare un by-pass gastrico a Boss usando i raggi fotoatomici dello Zetto."
Koji sta per replicare ma li zittisce nuovamente lo stomaco d'acciaio di Hiroshi che tuona rovinosamente e ci invita ad ordinare le pietanze con la massima celerità possibile.
Strimpellando senza impegno “Blowin'in the wind”, mi guarda stupefatto: “Certo che Koji non si smentisce mai, vero piccola?”
“Ah non me lo dire. Senti poi che cosa mi è successo dopo”.Arrivano i piatti.
Arrivano anche le bacchette di legno.
Hiroshi, alle prese con una porzione immane di spaghetti in brodo, mi guarda serioso: ”Piccola, gnam, stai attenta, le BACCHETTE le devi tenere, gnam, così” afferma con competenza mentre impugna le bacchettine facendole sbattere tra loro rumorosamente.
"Non ti preoccupare. Sono bravissima".
Con impareggiabile destrezza cerco di afferrare un riottoso boccone di salmone marinato che purtroppo sfugge alla presa delle bacchette di legno.
Il bocconcino, grondante di salsa agrodolce, compie un’iperbole rovesciata e atterra sugli spaghetti in brodo di Hiroshi, generando un'inondazione monsonica sul tavolo, mentre una delle due bacchette si esibisce in una pericolosa manovra acrobatica aerea per poi conficcarsi con un triplo salto carpiato nel riso di Tetsuya.
Il pilota del Gureto mi grunisce indispettito perché il tuffo della bacchetta ha provocato l'esplosione del riso sul suo vassoio e sul suo foulard viola.
Mi riapproprio della lignea posata con un candido sorriso mentre Koji cerca di rimediare tamponando l'immacolata tovaglia con svariati rotoli di carta da cucina.
Il pranzo termina senza ulteriori incidenti di percorso e, pertanto, satolli e idratati, ci dirigiamo verso la tappa successiva.
Faccio una pausa.
Lui mi sorride pacifico mentre continua ad armeggiare con la chitarra.
“Ma mi stai ascoltando?”
“Certo, piccola, mi hai appena raccontato che hai fatto un disastro sul tavolo e hai sporcato la sciarpina di Tetsuya… Ma non ti avevo insegnato ad usare le bacchette?”
“Lascia perdere…”
Accenna “Knockin' on heaven's door” mentre la Gigliola sta rientrando proprio in quel momento.
Ci guarda, sospira e allunga una monetina: “Figliolo, ma non è che, per caso, in passato hai suonato con i Byrds?”
Terza tappa. Accettazione.Dopo una piacevole passeggiata sotto i portici ombrosi della città, intenti ad osservare le varie umanità che nella fascia diurna postprandiale imperversano per strada, raggiungiamo il museo.
Il ritiro dei biglietti avviene
stranamente senza intoppi, ci vengono consegnate le audioguide e ci viene anche chiesto educatamente di depositare zaini, valigie, ecc... nell'apposito camerino.
Koji e Tetsuya lasciano i caschi, io lo zaino.
Bene, siamo pronti.
Passiamo attraverso il metal detector: tutto a posto.
Ora è il turno di Hiroshi.
Mi guarda come se stesse entrando a Guantanamo.
“Devo proprio fare il check-in?”
“Lo abbiamo fatto tutti” lo rassicuro.
“Se perdono la valigia?”
“Hiroshi, non hai nessuna valigia, non siamo in aeroporto. Su, vai.”
Non appena varca la soglia, l'allarme squilla imperioso e a squarciagola.
La guardia giurata lo squadra da terra a piedi: “Qualcosa da dichiarare?”
Hiroshi, indifferente, fruga nella camicia e ne tira fuori il ciondolo di Jeeg.
La guardia giurata strabuzza gli occhi.
“Non ci posso credere… tu… tu sei JEEG! Ho visto tutte le tue puntate, avevo anche io la catenina di JEEG, avevo addirittura il completino di Elvis… JEEG, fammi un autografo!”
Seguono venti minuti di commozione e
lagrime durante i quali giochiamo un doppio torneo di bocce che vince Tetsuya, con somma disapprovazione di Koji.
Terminato il supplizio alla
Carramba che sorpresa, infilo confidenzialmente il braccio intorno alla schiena del mio cavaliere: “Senti, Hiroshi dovrei fare una sosta tecnica…”
Cerco affannosamente il bagno.
Apro la porta con una certa fretta e mi rendo conto che non si chiude come dovrebbe, ma dato il carattere d’urgenza, mi disinteresso della questione e procedo con rapidità.
Ultimata l’operazione, ovviamente senza MAI toccare la tavoletta del water perché potrei morire istantaneamente per autocombustione, mi dirigo soddisfatta verso il lavabo, quando leggo un messaggio cartaceo affisso sulla porta: “Porta rotta. Non chiudere”.
Ops.
Sono chiusa dentro un gabinetto.
Con un discreto imbarazzo, azzardo a chiamare i soccorsi: “Ehi, c’è nessuno lì fuori?”
Mi raggiunge la voce di Koji: “Finalmente, piccola Daisuke! Ma quanto ci metti?”
“Koji, c’è un problema… sono chiusa dentro…”
“Maledizione. Dai, io tiro e tu spingi”.
Niente da fare.
“Piccola, stai tranquilla. Chiamo anche Tetsuya.”
Sento confabulare al di là della porta, poi la voce risoluta del pilota del Grande Mazinga mi rassicura: “Coraggio, piccola Daisuke. Noi tiriamo e tu spingi. Forte, mi raccomando”.
Nulla si muove.
In cambio inizia un diverbio tra i due piloti.
“Ci vorrebbero i raggi fotonici dello Zetto” sentenzia Koji.
“No. Con quelli fonderai tutto. Non hai idea dei danni erariali che ti chiederà il museo. È più preciso il missile centrale del Grande Mazinga” conclude con tono scientifico Tetsuya.
“Fratellastro, mi stai dicendo che lo Zetto è inadeguato?”
“Più che altro è antiquato…”
Quale momento migliore per sfidare a duello il fratellastro... Koji si rimbocca le maniche: “Te lo faccio vedere io, adesso chi è antiquato.”
Koji, approfittando della sua superiorità culinaria, simula un duello alla
Cuochi e fiamme: cucina frittelle di caciocavallo e baccalà davanti ai compagni (Tetsuya incluso) che attratti dal promettente odorino decretano che le frittelle sono eccellenti.
Mentre gli altri mangiano, io sono ancora chiusa dentro il bagno.
Fortunatamente passa lì vicino la guardia giurata che, usando il potere della Forza di Coriolis, detta anche il lato B della Forza, gira semplicemente la maniglia dall'esterno e la sottoscritta guadagna di nuovo la libertà.
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Come andrà a finire la visita al Museo?
Chi è il
misterioso interlocutore di piccola Daisuke?
Lo scoprirete solo alla prossima puntata...
... per utilizzare la Forza di Coriolis contro la miseranda autrice, l'indirizzo è
qui...Edited by Daisuke_Umon - 5/5/2019, 23:28