Go Nagai Net

Votes taken by pianetaazzurro

view post Posted: 8/3/2019, 13:29     +2Pianetaazzurro FF Gallery (solo autore) - Fan Fictions
18. (La Preda)

Si accoccolò semisdraiato sulla poltroncina in legno della terrazza, cullato dal fragore non lontano della cascata e accarezzato dalla luce azzurra della luna. Una luna bella, come quelle di Fleed. Nel sonno e nel sogno non trovò pace perché i pensieri tornavano sempre lì, a quel bosco dietro alla reggia dove conobbe la figlia di quel criminale che gli aveva portato via tutto…
Cosa vuoi, Rubina, da me? Da cosa fuggi… sempre che tu stia fuggendo! Chi sei, cosa ne è stato della tua vita fino ad oggi?

Nel dormiveglia avvertì qualcuno sedersi accanto a lui e quando aprì gli occhi incrociò quelli dolci di Venusia, venuta ad accertarsi di come si sentisse.
“Scusami Actarus, non volevo spaventarti, volevo solo essere sicura che tu stessi bene…”
Timida, si era portata una mano sulle labbra, dispiaciuta per averlo sorpreso.
“Non preoccuparti, hai fatto bene a svegliarmi, l’umidità della notte sta cominciando a farsi sentire…”
La osservò: era così bella avvolta in quella lunga vestaglia bianca illuminata solo dai raggi di luna. I capelli mossi lasciati sciolti sulle spalle incorniciavano i suoi lineamenti delicati e gli occhi grandi erano così sinceri…
Ecco cosa gli piaceva di quella ragazza minuta e dalle abitudini semplici, era la sincerità fresca come l’aria delle praterie in cui era cresciuta, profumata di muschio e di resina come le foreste che circondavano quelle terre che avevano ridato un senso alla sua vita.
“Siedi qui accanto a me…”
Allungò il braccio invitandola a sedersi accanto a lui e con un gesto spontaneo la strinse stretta a sé cingendole le spalle. Aveva voglia di sentirla vicina ora che non aveva più certezze.
“…il cielo è bello stanotte…”
Dopo essere rimasti a guardare le stelle, ognuno preso dai propri pensieri, Venusia interruppe il silenzio:
“… cosa pensi che succederà ora che la figlia di Vega è qui?”
Actarus sospirò:
“Non lo so, ma non mi aspetto niente di buono. Probabilmente Vega ci attaccherà…”
“Ma lei da che parte sta? Perché è qui?”
Da che parte sta?
Non dalla parte di suo padre, questo gli era abbastanza chiaro, ma non era certo che l’interesse di Rubina fosse rivolto alla Terra; la sua proposta era stata ambigua e gli era parso che fosse più interessata a lui e a Fleed che alla libertà della Terra.
“Actarus?”
Lo sguardo interrogativo di Venusia lo riportò al presente.
“Scusami - turbato la fissò negli occhi - … non so cosa abbia in mente.”
“Tu e lei…?”
Actarus scosse la testa non nascondendo una certa insofferenza.
“Ti prego Venusia, non ha senso questa domanda, è stato tanto tempo fa…”
Venusia scattò in piedi liberandosi del suo braccio e voltandosi verso di lui.
“…era tanto tempo fa cosa? C’è stato qualcosa fra di voi?”
La voce aveva tremato nonostante avesse fatto di tutto per controllarsi e per Actarus fu una fitta al cuore; le stava facendo male e lei soffriva per causa sua.
C’era stato qualcosa? Un contratto, un’imposizione? Una farsa? Un’amicizia o qualcosa di più? Certo era a quello che stava alludendo Venusia…
Fece una smorfia.
“No! E non ha più importanza ora…”
Si mise in piedi e le andò incontro stringendola fra le sue braccia. Aveva mentito, a lei che lo amava così discretamente e a sé stesso, perché non era vero che non aveva importanza: quella donna era Rubina, colei che era stata la sua promessa sposa e che era venuta a ricordargli antichi vincoli e responsabilità. Anche se non aveva mai provato un vero amore per lei, il fatto che fosse ritornata nella sua vita aveva rimesso in gioco tutto il suo avvenire, se mai ne meritasse o ne esistesse uno.
Accarezzò i capelli della ragazza dagli occhi color del miele e appoggiò le labbra sulla sua fronte attendendo che si calmasse. Forse stava sbagliando ancora, avrebbe dovuto allontanarla da sé e non abbracciarla a quel modo, ma non c’era riuscito.
“Perdonami…”
Si allontanò dalla ragazza voltandosi lentamente, quasi sperando che lo trattenesse ma non fu così; non sarebbe stato da lei.



Guardò l’ora, erano quasi le tre del mattino e sapeva già che per quel poco di notte che ancora rimaneva non avrebbe chiuso occhio; decise di andare a vedere come stesse Alcor.

Alcor era sdraiato con la testa rialzata e il naso tumefatto. Gli occhi erano accerchiati da un ematoma bluastro e a livello dello zigomo sinistro c’erano due punti di sutura. Zuril l’aveva colpito con violenza. Il braccio destro era fasciato.
Non appena si avvicinò al letto il ragazzo aprì gli occhi:
“Ciao Alcor, come ti senti?”
“Beh, ho avuto momenti migliori…” Accennò ad un sorriso toccandosi la nuca.
Bene, non doveva più preoccuparsi; Alcor se la stava cavando alla grande e l’indomani si sarebbe rimesso in piedi.

“Tu invece come stai Actarus?”
Actarus lo guardò di sottocchio come volesse chiedergli una domanda di riserva.
“Se intendi fisicamente sto bene, per tutto il resto non so cosa risponderti…”
Rimasero in silenzio a fissare il vuoto della stanza. Dalla parte opposta del servizio di cure giungeva il bip monotono dei monitor che sorvegliavano Rubina; Actarus si mosse sulla sedia quasi volesse impedire alle sue gambe di dar retta all’impulso di alzarsi e andare da lei. Fu Alcor a rompere gli indugi.
“Perché non vai da lei?”
“Te la senti di alzarti e venire con me?”
“Ma certo… che credi, non saranno un bernoccolo sul naso e un po’ di mal di testa a fermarmi…”
Quanto fu felice in quel momento di aver accanto un amico come Alcor. Lo aiutò a mettersi in piedi e si diressero al capezzale della Principessa di Vega.

Nel nulla di quel sonno febbrile che l’aveva trascinata nel torpore si accorse della sua presenza. Credeva di aver perso quella sensibilità e invece era rimasta intatta: Duke era accanto a lei, la stava osservando e percepiva la sua inquietudine. Ma perché mai era così agitato? Potevano ancora ricostruirsi una vita su Fleed, lontani dalle guerre di conquista di suo padre, lontani dall’orrore del suo impero giunto allo sfacelo. Le ricchezze di Fleed erano rimaste intatte, i dati raccolti nel file del tenente Akaram erano chiari e i fleediani, quelli più forti e resistenti, erano sopravvissuti, grazie anche a lei, e con loro altri popoli di pianeti già a suo tempo alleati di Fleed. Perché avvertiva reticenza in Duke? Cosa lo aveva cambiato così tanto? Perché le era sembrato sorpreso di fronte alla rinascita di Fleed?
Devo dirgli tutto, anche dei fleediani che lo stanno aspettando su Rubi e così si convincerà a tornare poi… gli affetti ritorneranno.

Aprì a fatica gli occhi. Duke era seduto di sbieco accanto a lei ma non era solo, c'era anche un giovane in piedi davanti alla testata del letto.
Deve essere un terrestre…
Chissà perché si era immaginata che i terrestri fossero ominidi piccoli, primitivi e privi di fascino, mentre costui era decisamente interessante e anche piuttosto avvenente. La stava fissando a bocca semiaperta ma non riuscì a capire a cosa stesse pensando.
Ragiona in una lingua indecifrabile e in un modo strano, ma sembra curioso e c’è stupore in lui...
Alle spalle dei due ragazzi in quel momento sopraggiunsero due giovani donne. Le sfuggì un gemito di sorpresa.
Maria!
Quella piccola impertinente era diventata una donna bellissima. Sì, non aveva dubbi, era Maria, l’aveva riconosciuta dallo sguardo curioso e penetrante.
E l’altra? Ha messo una mano sulla spalla di Duke!
Quel gesto d’affetto la lasciò perplessa: come poteva quella donna permettersi di stare accanto all’ultimo Re di Fleed in maniera così disinvolta? Non erano quelle le attenzioni degne di un Re! Ma soprattutto… come mai Duke non l’aveva fermata e si era lasciato fare? Era gradevole d’aspetto, non lo metteva in dubbio, ma niente a che vedere con le donne di corte. Dovette però ammettere, senza capirne bene il perché, che quella giovane irradiava serenità. Anche di lei non riuscì a decifrare i pensieri, sicuramente perché terrestre, mentre di Maria avvertì l’inquietudine.
Ha paura…!

-Continua-

Capita per caso che proprio oggi questo capitolo sia dedicato alle donne del principe: Venusia, Rubina e Maria. Manca Naida, ma quella é un'altra storia...
I ruoli si stanno definendo e l'alba di un nuovo giorno sta per arrivare...

per i vostri sempre graditissimi commenti, qui
https://gonagai.forumfree.it/?t=70414904&st=960#lastpost
view post Posted: 5/3/2019, 18:34     +2Pianetaazzurro FF Gallery (solo autore) - Fan Fictions
17. (La Preda)

L’astronave di Rubina era poco più grande del Delfino spaziale ma nella notte rischiarata dalla luna appariva come un’enorme massa scura e spettrale.
Le astronavi di Vega non si smentiscono mai nel loro aspetto…
Tutt’attorno ancora fumo e terreno solcato da strie incandescenti.
Maledetto! Il fuoco radioattivo si mantiene più del normale!

L’allarme Vegatron segnalò loro una concentrazione critica di particelle altamente ionizzanti al suolo e nell’aria.
“Alcor, dobbiamo sbrigarci, le tute non ci proteggeranno per molto!”
Oltrepassata la cintura di brace si ritrovarono ai piedi del velivolo veghiano.

Alcor, titubante, avanzò con circospezione, eccitato ma al contempo terrorizzato all’idea di stare per mettere piede in un’astronave del nemico; il sangue gli pulsava forte nelle tempie.
Con il fucile impugnato, la sua schiena contro quella di Actarus, attese che l’amico riuscisse a disarmare il portellone d’accesso.
Pochi istanti dopo questo si aprì con un sibilo sinistro.

“Presto, dentro!”
L’ordine di Actarus fu perentorio.
Avanzarono veloci, le armi pronte a sparare, camminando lungo gli stretti corridoi metallici illuminati solo da una fioca luce violacea.
Alcor faticava a tenere il passo di Actarus, di cui sentiva solo l’ansimare concitato negli auricolari; ebbe l’impressione che conoscesse bene quel meandro di corridoi, mentre a lui quell’ambiente provocava un’oppressione al petto al limite della nausea.
“Conosci l’astronave?”
“Non questa, ma le astronavi dell’impero di Vega sono tutte concepite allo stesso modo.”
“C’eri già stato, non è così?”
Non fu una vera e propria risposta quella che ottenne, piuttosto fu un grugnito, o forse un’imprecazione in una lingua che non conosceva. Lo guidava un Actarus diverso da quello conosciuto fino a quel momento e non seppe dare un nome al senso di estraneità e timore che stava provando.

Giunto alla plancia di comando Actarus posò lo stemma imperiale contenete il file con i dati su Fleed dove gli aveva indicato Rubina e la sala si illuminò.
Di fronte a loro e ai due lati apparvero tre schermi olografici.
Actarus pronunciò alcune parole incomprensibili e sullo schermo di destra si materializzarono immagini corredate da scritte in caratteri veghiani.
Alcor, allerta e nervoso, era sul punto di dar di stomaco talmente percepiva l'ostilità di quell’ambiente chiuso ed estraneo.

Il suo malessere durò pochi istanti: dinnanzi a lui apparvero pianeti, costellazioni e nebulose lontane che occhi umani non avevano mai veduto. Privilegio o inquietudine, Alcor non seppe trattenersi dall’esprimere la sua meraviglia. Actarus invece, di cui intravvedeva solo gli occhi attraverso la visiera, gli sembrava preoccupato.
E lo era!
Immobile dinnanzi allo schermo faceva scorrere nervosamente dati e immagini; voleva, anzi doveva, ingannare i ricordi e impedire che ritornassero a minacciarlo. Pochi istanti e riconobbe immediatamente il piccolo punto luminoso che ingrandendosi prese a brillare come uno smeraldo.
Fu un gemito impercettibile quello che gli strinse la gola e gli occhi divennero liquidi.



Improvviso irruppe un lampo abbagliante; la violenta scarica fece traballare le immagini, che si scomposero e scomparvero assieme agli schermi.
L’allerta vegatron fischiò acuta nelle loro orecchie mentre un umanoide gigantesco materializzatosi dal nulla si avventò su di loro.

Nello spazio angusto della cabina sibilò un raggio radioattivo, rimbalzò sulle pareti metalliche e andò ad abbattersi su Alcor che urlò di dolore senza capire da cosa fosse stato colpito. Serrò d’istinto il suo braccio destro intriso di sangue contro il fianco e in quel mentre si sentì sollevare per il bavero da una presa dalla forza inumana; venne spinto con violenza contro la parete e il suo assalitore iniziò a stringergli il collo.
Soffoco…

Era nelle mani di un alieno bluastro a cui mancava un occhio, o meglio, ne aveva due, ma quello di destra era elettronico ed emetteva un fischio assordante.
Lo stava scrutando, divertito e cattivo.
Fu travolto da un’ondata di stanchezza che gli annebbiò la mente; la vertigine fu come uno sbandamento e poco dopo prese a sanguinare dal naso, forse per un colpo ricevuto sul viso da quell’essere blu.
Paralizzato e in balia degli eventi, Alcor chiuse gli occhi intontito, incapace di reagire.

“Lascialo andare Zuril, non è lui che stai cercando…”
Actarus spinse la canna del fucile tra le scapole di Zuril. L’enorme alieno lasciò la presa e Alcor cadde accasciato al suolo.
Zuril compì mezzo giro su sé stesso e si inarcò sul suo aggressore tentando di colpirlo con due pugnali fatti scattare da sotto i polsi. Actarus scartò di lato e sparò un raggio che andò dritto a colpire la spalla del nemico. Il ministro veghiano barcollò all’indietro ma si riprese all’istante per gettarsi di nuovo all’attacco.
Non fu abbastanza veloce: Zuril lo colpì con un violento mancino e il casco volò via; subito in bocca avvertì il gusto del sangue.

“Duke Fleed… che tu muoia bastardo! Nessuno può opporsi al dominio di Vega, men che meno tu, principe di Fleed! Avresti dovuto morire già molto tempo fa ma ora non hai più scampo…”
Zuril rise affannosamente e con i pugnali stretti tra le dita si avventò di nuovo su Actarus.

Quel colpo mortale doveva schivarlo a tutti i costi ma era bloccato in un angolo.
Appoggiò i palmi delle mani contro la parete, attese che Zuril gli fosse abbastanza vicino, sollevò le ginocchia contro al petto e gli assestò due calci in addome.
Zuril cadde al suolo andando a sbattere la testa contro la plancia di comando.
L’alieno di Vega ansimò sbalordito, premendo con una mano il ventre e tenendo con l’altra il capo ferito.
Maledizione, Duke Fleed è più forte di quanto pensassi.

Come un vile decise di ritirarsi, così un istante più tardi si smaterializzò proferendo tutte le peggiori minacce di morte di cui era a conoscenza.

Actarus sputò il sangue che gli si era accumulato in bocca e cercò di riprendersi dal colpo che ancora gli rimbombava nella testa.
Vai all’inferno Zuril!
Si chinò su Alcor, che era rimasto a terra intontito e lo aiutò a mettersi in piedi. Lo prese sottobraccio e lo trascinò fuori dall’astronave fino a raggiungere la sua moto.

Una volta rientrati al Centro Spaziale Alcor venne portato in infermeria mentre Actarus se ne andò sulla grande balconata che dava sulla cascata dove si sedette avvolto in una coperta e con una tazza di tè tra le mani. Aveva bisogno di stare solo per fronteggiare quella vaga sensazione di malessere frammista a incertezza che si stava impadronendo della sua abituale lucidità. Alzò d’istinto gli occhi verso la Luna, eterea e luminosa, che rischiarava la vallata e riempiva di stelle la cascata. Quanto amava questi momenti e quanto amava la Terra. Avrebbe voluto fermare il tempo, cristallizzarlo in quell’istante di raccoglimento, ma nel suo cuore percepiva già il cambiamento. Portò la tazza alle labbra e sorseggiò il tè cercando di non più pensare a niente.

Procton lo vide dalla grande vetrata del suo studio ed ebbe una morsa al cuore.
Non c’è pace per te figliolo, lo sento, e questo mi fa così male… non sei più lo stesso e ancora non so dove ti porterà questa storia…

Con animo pesante Actarus contemplò la costellazione della Lira: la stella Vega brillava, di certo non in onore della grandezza dell’impero a cui aveva dato il nome. Questa volta però, a differenza di altre innumerevoli volte che l’aveva osservata, sapeva che poco lontano, non visibile ad occhio nudo, c’era Fleed che sembrava essere sul punto di riprendersi, o così gli era parso dalle poche immagini che aveva veduto prima che l’attacco di Zuril andasse a distruggere il file che gli aveva dato Rubina.
Venne assalito da una miriade di emozioni contrastanti e inevitabile si fece largo una domanda a cui non sapeva, o non voleva, dare risposta.

-continua-

Beh... per dare il benvenuto a Zuril, per discutere sui tratti squisitamente alieni e battaglieri del nostro amato principe e per dare le dovute cure ad Alcor...
Qui...
https://gonagai.forumfree.it/?t=70414904&st=960#lastpost
view post Posted: 2/3/2019, 23:43     +1Pianetaazzurro FF Gallery (solo autore) - Fan Fictions
16. (La preda)


Qualche ora di sonno era tutto quello di cui aveva bisogno per recuperare le forze e sentirsi di nuovo in forma prima di recarsi all’astronave di Rubina.
Entrò nella stanza che condivideva con Alcor quando trascorreva la notte al centro spaziale; il ragazzo era già lì sdraiato nel suo letto.

Non appena lo sentì arrivare, continuando a leggere il suo libro per non apparire troppo indiscreto, Alcor iniziò ad indagare con il solito fare scanzonato:
“Ciao Actarus, mi chiedevo dove fossi finito…”
Non ebbe risposta.
Alzò allora gli occhi e vedendolo rimase di sasso. Cercò di sdrammatizzare:
“…mamma mia, hai un aspetto orribile, che ti è successo?”
Actarus lo osservò senza sapere se in quel momento quell’atteggiamento da sbruffone gli desse fastidio o gli facesse piacere.
Alcor non si diede per vinto:
“Beh? Non hai niente da dirmi? Oggi hai quasi rischiato la pelle per quella donna…”
Moriva dalla voglia di sapere e il mutismo di Actarus gli dava un gran fastidio.

Erano sempre stati aperti e sinceri fra di loro, forse sarebbe stato più corretto dire abbastanza aperti, per cui era in un certo qual senso dovuto che Actarus lo mettesse corrente di cosa stava accadendo.
Actarus invece, come sempre quando non voleva entrare in merito a qualcosa, diventava maestro nello sfuggire per cui, dopo aver bofonchiato alcune parole poco chiare, si rinchiuse in bagno.
Poco dopo si avvertì lo scroscio della doccia che durò per un bel po’.

Doveva essersi addormentato perché non si era accorto del ritorno in stanza di Actarus; il suo trafficare nell’armadio lo aveva svegliato.
“Ehi, qualcosa non va?”
Si girò verso Actarus che però non rispose continuando a vestirsi.
“Cosa vuoi fare?” Insisté Alcor.
Actarus stette ancora una volta in silenzio sempre voltandogli la schiena; in cuor suo aveva sperato che non si svegliasse.
“Actarus mi vuoi dire cosa sta succedendo?”
Spazientito Alcor si sedette a bordo del letto accendendo la luce principale della stanza. Actarus si voltò: era talmente pallido che Alcor si preoccupò sul serio:
“Ma ti senti bene?”
“Sì, devo uscire.”
“Dove vai?”
“È una questione personale.”
“C’entra qualcosa quella donna?”
Actarus trasse un lungo sospiro:
“… Sì.”
“Tutto lì? È tutto ciò che sai dirmi dopo quello che è successo oggi? Stavi per essere ammazzato se non fossimo intervenuti contro il mostro che vi ha assaliti… Adesso te ne vai di nascosto nella notte e quella è qui al Centro fra la vita e la morte…”
Quella?
Indispettito per quel tono irriverente gli rispose secco:
“Quella, come la definisci tu, è Rubina, l’erede al trono dell’impero di Vega!”
“Ah!”
Alcor rizzò la schiena sgranando gli occhi, lo sguardo interrogativo e preoccupato al tempo stesso.
“Una figlia di Vega?”
“La figlia di Vega, ha solo lei!”
“La conoscevi già?”
“Sì…”
“Cosa vuole da noi, o meglio, da te! Ci attaccheranno perché è qui? - si piazzò di fronte all’amico con fare perentorio - Ora smettila di non dirci niente!”
Actarus non colse la provocazione ma sapeva che Alcor non avrebbe desistito; andò alla finestra massaggiandosi il viso come volesse svegliarsi da un brutto sogno.
Forse è bene che sappia…
“Rubina cerca il mio sostegno per mettere fine alla guerra…”
“Stai scherzando vero? Quella è la figlia di Vega, quando mai potrebbe avere in testa una cosa simile!”
“Rubina non è come suo padre!”
“Fino a prova contraria è una nemica né più né meno come lui e ora fa leva su di te per spiazzarci.”
Il tono di Alcor era aggressivo.
“No, lo credevo anch’io ma non è come pensi… di lei mi posso fidare.”
“Come fai ad esserne certo…”
“Lo so e basta…”
“Ma figurati! Quella ci farà ammazzare tutti! Non ti capisco, questa volta proprio non ti capisco… e sappi che non starò qui con le mani in mano ad aspettare che Vega faccia un macello!

Senza perdere la calma e senza mai distogliere gli occhi dalla finestra, Actarus decise di metterlo al corrente di tutto.
“Ci fu un tempo in cui lei ed io…”
Non sapeva come dirlo, era una sensazione strana che gli faceva male. Rubina aveva smesso di far parte della sua vita molto tempo prima, anzi, forse non ne aveva mai fatto parte, ma ora era ritornata e ci sarebbero state delle conseguenze.
Dolorose, molto dolorose…
Sospirò. Sentiva gli occhi di Alcor puntati addosso.
“… lei era la mia promessa sposa; un giorno, incoronata Regina di Fleed al mio fianco, avrebbe garantito la pace fra il nostro piccolo ma ricchissimo regno e l’impero di Vega, da sempre portato per le conquiste militari…”
Almeno è quello che sperava mio padre…
Ebbe un morso alla gola. No! Non era ancora capace di ripensare a quello che sarebbe stato se…

Alcor intuì il suo sconvolgimento e si affrettò ad interrompere quello che gli sembrava un martirio. Gli pose una mano sulla spalla e cercò d’incrociare il suo sguardo; notò come fosse raro scorgere smarrimento in quegli occhi alieni così impenetrabili.
“Ho capito! Scusami se sono stato troppo diretto… Se hai bisogno io sono qui.”
Ci fu un lungo silenzio poi Actarus abbassò le difese: Alcor aveva ragione, non poteva far tutto da solo.
“Vieni con me, devo tornare alla sua astronave.”



La giovane donna si era andata a sedere dove fino a pochi minuti prima c’era stato suo figlio. Vide la preoccupazione stagliarsi sul suo viso e i suoi occhi color del miele chiedevano quello che le labbra non sapevano pronunciare.
“È la figlia di Vega”, le disse.
Venusia ebbe un tuffo al cuore. Cosa mai avrebbe potuto volere la figlia di Vega da Actarus?
“È una Principessa allora?”
“Sì, è l’erede al trono.”
“Actarus la conosceva già?”
“Sì, l’ha conosciuta su Fleed, ma non ha voluto dirmi in che circostanze.”
“…!...”
Favole!
Erano le fiabe che le raccontava sua madre quando era bambina e che a lei piacevano così tanto. Il Principe e la Principessa! Che stupida era stata a dimenticare quel particolare così importante del passato di Actarus.
Quella giovane donna era venuta a cercare lui, il principe senza più regno, e lui non l’aveva attaccata anzi, l’aveva tratta in salvo rischiando la vita…
Il morso alla gola, incontrollabile, divenne talmente doloroso da renderle difficoltoso il parlare
“Credi che sia venuta per lui?”
Procton sospirò. Di certo non era venuta per loro e Actarus con lei si era mostrato premuroso sebbene fosse anche molto preoccupato per quella venuta. Osservò il viso smarrito di Venusia e scosse la testa.
“Non farti del male con certe domande, aspettiamo di vedere che cosa succederà…”

In quel momento entrò Maria a cui bastarono pochi istanti per capire cosa stesse succedendo.
Aveva conosciuto Rubina quando era ancora molto piccola ma sapeva il motivo del suo invio su Fleed. Di quello che invece aveva provato suo fratello per lei non poteva dir niente, troppi anni di differenza fra di loro perché lui la rendesse partecipe delle sue vicende amorose. Ricordava come a quei tempi Naida e Markus fossero di casa a corte: con loro aveva trascorso momenti spensierati ma in breve tempo le loro visite si erano diradate e la Principessa di Vega era come se avesse preso il loro posto. Ricordava anche di come suo fratello fosse cambiato: il suo sorriso si era spento e lui era divenuto distante e preoccupato.
Alla fine c’era stata l’improvvisa partenza di lei a cui aveva fatto seguito quasi immediatamente l’attacco di Vega, così atroce e violento, da spazzare via tutto!
Chissà cos’era successo?

Al contrario che per Rubina, di cui già a suo tempo non aveva mai intuito i sentimenti sia nei confronti di suo fratello che dei fleediani, Maria era certa dell’amore sincero provato da Venusia. Riguardo ad Actarus invece, come sempre era sfuggente…
Ora che ci penso di Rubina non mi ha mai raccontato niente…- un’ombra di tristezza velò il suo sguardo che si perse in lontananza, oltre la grande vetrata dello studio del professore - Ma sono arrivati giorni nuovi, ancora una volta incerti come quando lei venne su Fleed…
Maria in quel momento ebbe timore della sua capacità innata di prevedere gli eventi. Presto o tardi avrebbe capito a che cosa sarebbero andati incontro e provò una certa inquietudine.

Andò verso Venusia e la prese per mano.
“Vieni con me, andiamo dalla Principessa di Vega, non credo dobbiamo temerla…”
Procton assentì con un piccolo gesto del capo e si accese la pipa.

Maria pose accanto al letto di Rubina un vaso con i papaveri colti in mattinata nei campi attorno alla fattoria. Scosse la testa. In verità se li era immaginati in mezzo al tavolo rustico del porticato mentre loro si gustavano una succulenta grigliata di quelle che solo Rigel sapeva cucinare.

Venusia era rimasta ai piedi del letto senza riuscire a distogliere gli occhi dalla principessa di Vega, dalla sua nobile bellezza, dalle sottili labbra rosee e dai lunghi capelli color amaranto. Come poteva essere la figlia di un mostro? Lo era anche lei? No, non poteva essere. Osservò con orrore lo stemma di morte che portava all’anulare. Forse che avessero il nemico in casa? No, ancora non era possibile, era stato Actarus a portarla lì e doveva fidarsi dell’uomo che amava. Ma lui? Cosa c’era stato fra lui e la Principessa di Vega? Voleva saperlo? Doveva? Prese il coraggio e con un sussurro volle chiedere a Maria quello che le sembrava più ovvio, dato che Actarus non era solo il garzone di suo padre, non solo era il difensore della Terra ma aveva un passato a cui spesso nessuno di loro aveva voluto dar peso, lui per primo.
L’uomo che amava era anche il Principe di un mondo sconosciuto e come tale in quel momento gli sembrava più distante che mai. In quel momento lui divenne un sogno, il suo sogno e niente di più…
Le parole le morirono sulle labbra e al loro posto ci fu un gemito soffocato.
“Venusia? Che succede?”
Intuendo il suo sconforto Maria le cinse le spalle e la fece accomodare nella poltrona posta all’angolo della stanza.
Venusia trattenne il pianto. Deglutì così forte che la gola divenne ancor più dolorosa. In fondo non aveva bisogno delle conferme di Maria per sapere quale fosse stato il ruolo di Rubina e del perché ora Actarus fosse così turbato dalla sua venuta.
“Non preoccuparti… forse non sarei mai dovuta venire qui.”
“No Venusia, non è come pensi. È una storia passata… Actarus è…”

Venusia corse via e Maria non volle trattenerla: lì, di fronte al passato di suo fratello, era chiaro che per Venusia fosse tutto troppo sconvolgente.
No, è inutile, non sono io che devo dire qualcosa, ora è lui che deve parlare con lei…


-continua-

Uff... per complimentarsi con Alcor che fa di tutto per distogliere dalla tetraggine il suo amico alieno, per dare una spalla se non di più a Venusia e per calmare quell'anima inquieta che é Maria...
come per tutto il resto...
Qui: https://gonagai.forumfree.it/?t=70414904&st=945#lastpost
view post Posted: 1/3/2019, 14:48     +2Actarus ARF! e non solo (ex Actarus il lercio) - Goldrake Saga
beh...
il sexy capitano si lascia prendere la mano, vive , se la gode e ama rovinarsi ... una sorta di masochismo intrinseco.
Così consumato e alcolico, chissà perché é ugualmente attraente...
sarà l'effetto delle stelle...
view post Posted: 1/3/2019, 11:10     +1Actarus ARF! e non solo (ex Actarus il lercio) - Goldrake Saga
mamma mia che occhi....
Quelli che ci fanno letteralmente morire!
Continua pure a postare che é un gran bel vedere! :wub: :wub: :wub: :wub: :wub:

Continuano con il capitano...
sexyssimo
view post Posted: 28/2/2019, 18:00     +1L'angolo delle belle arti - Scienza e Conoscentia
Daisuke...
mi colpisci al cuore: la prospettiva attraverso i ciliegi (o pruni) in fiore: dietro un mondo evanescente e sospeso tra sogno e poesia, in una realtà antica di un mondo allora appena conosciuto e riferito già a quei tempi come coinvolgente anima e spirito in un modo così diverso da quello a cui eravamo abituati.
Inevitabile é ancora oggi lo stupore di fronte all'elegante bellezza di questi tratti fini e leggeri, ma così potenti da toccare nel profondo del cuore ...
Lasciarsi ispirare senza pensare a niente...
view post Posted: 28/2/2019, 15:42     +1Pianetaazzurro FF Gallery (solo autore) - Fan Fictions
15. (La preda)

Quando Procton vide suo figlio varcare la soglia del grande studio non riuscì a trattenersi dallo scuotere il capo. Malgrado la ferita al braccio non minacciasse più la sua vita, giunto al Centro Actarus non si era sentito bene e ora lo osservava mentre veniva verso di lui, pallido e teso in viso.
“Come stai figliolo?”
“Fra un po’ andrà meglio, è l’effetto del Vegatron…”
Actarus si sedette e si appoggiò esausto allo schienale massaggiandosi gli occhi. Procton attese qualche istante poi volle sapere:
“Chi è quella donna?”
Suo figlio lo guardò con aria stravolta non sapendo cosa dire, poi gli diede l’unica risposta possibile.
“È Rubina, la Principessa di Vega. L’unica figlia ed erede dell’imperatore…”
“La conoscevi già prima d’ora?”
“Sì… - esitò a fornire i particolari - … la conobbi tempo fa su Fleed.”
“Cosa vuole da te?”
Actarus sollevò gli occhi e si mise ad osservare in lontananza, oltre la grande vetrata. Stette in silenzio ma i suoi respiri lenti e profondi e il leggero movimento di dissenso della testa tradivano le sue preoccupazioni.
“Non lo so!”
Aveva mentito a suo padre? A sé stesso? Non ne aveva idea.
Cercò di focalizzare l’attenzione su altro.
“Come sta?”
“È in cure continue: ha una brutta ferita ad una gamba ma quello che preoccupa di più è la forte intossicazione da materiale radioattivo.”
Procton prese tra le mani la pipa ma si astenne dall’accenderla: il suo profumo aromatico in quel momento avrebbe potuto dare fastidio ad Actarus. La mosse nervosamente fra le dita e cercò di incrociare quei suoi occhi alieni così cupi e impenetrabili. Non gli stava dicendo tutto. In quel momento lo vide rabbrividire, gli posò una mano sulla fronte e sentì che gli era salita la febbre.
“Vai a farti visitare anche tu...”
“Passerà padre, è già successo altre volte…”
Procton sbuffò, mai che gli desse retta.
“Dormi al centro per stanotte, è meglio. Anche Alcor e le ragazze staranno qui.”
“Certamente padre… buonanotte!”

Si alzò dalla poltroncina con fare stanco, ancora in preda ad un leggero malessere allo stomaco mentre i muscoli addominali e la schiena gli dolevano al minimo movimento.
Sul punto di uscire dalla grande stanza incrociò Venusia. Vide la preoccupazione stagliarsi sul suo viso e la dolcezza di quegli occhi caldi e sinceri lo fecero sentire un vile. Le parole di Rubina avevano cambiato tutte le prospettive e quella ragazza avrebbe sofferto ancora per causa sua.
Abbassò lo sguardo e la salutò con un sorriso sfuggente.

“Actarus come stai? Ma cosa è successo?”
“Va meglio…” - le appoggiò leggermente la mano sulla spalla ma subito la ritrasse voltando il viso altrove per non dover incrociare ancora i suoi occhi - “… scusami ma ho veramente bisogno di andare a riposare.”
In effetti era vero, ma sapeva benissimo che stava fuggendo da lei e da tutto quello che rappresentava: gli affetti, la sincerità, la semplicità disinteressata, l’umiltà, la complicità e l’amore, quello che non era mai riuscito a dichiararle. Lei era la vita sulla Terra, ma in quel momento non fu più così certo di averne diritto anche lui.



Passò davanti alla porta del centro medico. Esitò ad entrare ma la tentazione fu troppo forte.

Rubina sembrava dormire e tutti i suoi parametri vitali scorrevano sul monitor posto di fianco al letto. Ogni tanto un leggero suono che ricordava quello di una campana spezzava il silenzio ovattato della stanza per segnalare una variazione della pressione o della frequenza del suo cuore.
Si sedette accanto al suo letto e inevitabilmente gli tornarono in mente quei giorni trascorsi insieme a lei su Fleed, ignari entrambi della tragedia che si sarebbe abbattuta su di loro di lì a poco e della vita che li avrebbe attesi. Si chiese per l’ennesima volta per chi avesse parteggiato a quei tempi, se per il regno che l’avrebbe incoronata regina o per suo padre. Oppure ancora, e questa era l’ipotesi più terribile, si chiese se per caso suo padre non l’avesse usata, facendo leva sui suoi sogni di giovane donna un po’ ingenua.
Certo che ora sembra che tu sia fuggita da quel bastardo!

Contemplò il suo viso e i lineamenti aristocratici del volto.
La pelle diafana era in netto contrasto con il rosso vivo della sua chioma lunga e folta. Sfiorò poi le sue mani, dalle dita lunghe e affusolate, e notò che avevano riacquistato calore. Si disse che era una donna molto coraggiosa oltre che bellissima, a dispetto di quel mostro che era suo padre, ma c’erano ancora troppi punti oscuri nel suo agire.

In quell’istante Rubina aprì gli occhi e vedendolo accennò ad un debole sorriso.
Di nuovo la lingua dell’impero di Vega gli sibilò sinistra nelle orecchie, sebbene lei parlasse con un filo di voce:
“Duke, dove mi trovo, cosa mi è successo?”
“Siamo stati attaccati e sei rimasta ferita, ma ora sei qui con noi, al sicuro.”
“Non sento più il mio corpo, è come se non l’avessi…”
Il monitor scampanellò: la paura si era tramutata in un aumento repentino della frequenza del suo cuore alieno. Actarus spense l’allarme: il cuore di un veghiano poteva sopportare molto di più di quello di un umano o del suo, e quel rumore non faceva che acuire il suo malessere e quello di Rubina.
“Stai tranquilla, vedrai che passerà.”
Non ne era certo ma non voleva che lei si preoccupasse.
“Duke, non è un buon segno, io…” - il pianto le bloccò la voce e dai suoi occhi iniziarono a scendere grosse lacrime che le rigarono il viso - “io… desidero che questa guerra abbia fine, per te, per il popolo di Vega e per tutti gli altri, devi credermi…”
Actarus cercò di calmarla posandole una mano sulla fronte.
“Ti credo ed è quello che desidero anch’io, ma ora devi stare tranquilla.”

Rubina venne invasa da un’angoscia mai provata fino a quel momento e si rese conto per la prima volta in vita sua che forse non le sarebbe rimasto il tempo per raccontare tutto quel che aveva da dire all’uomo che amava e su cui contava per ritrovare la pace: c’erano i superstiti fleediani e i dati raccolti dal tenente Akaram su Fleed; doveva raccontargli della sporca proposta di Zuril e del fatto che suo padre l’avesse promessa in sposa proprio al suo ministro quasi fosse una sorta di ricompensa per i suoi servigi. Riguardo a suo padre poi, si stava rendendo conto di non avere più alcuna ragione di sperare che cambiasse idea riguardo alla sua missione. Lei non contava più niente per lui, almeno questo era quello che credeva dopo l’attacco del pomeriggio.
E allora lui non conta più nulla per me…

Indugiò qualche istante; stava così male che temeva di non riuscire a parlare. Spalancò i grandi occhi cercando contatto con quelli tormentati di Duke. Lo vide provato e le si strinse il petto.
No! Suo padre non doveva più avere alcuna possibilità proseguire con quello scempio solo per soddisfare la sua sete di potere. Duke l’aveva accolta con freddezza, come una nemica, e non aveva avuto tutti i torti, eppure ora si stava preoccupando per lei. E lei invece? Che cosa aveva fatto in tutti quegli anni? Non era stata capace di prendere una posizione, si era adagiata in un ruolo di comodo senza voler vedere fino in fondo di che cosa si stesse rendendo complice… La principessa rinchiusa nella reggia sul Pianeta Imperiale prima e la governatrice di Rubi poi!
Una governatrice fantoccio!
Non era stato facile convivere con quella guerra, con la paura e con tutti gli uomini di suo padre, ma non era stato neppure così terribile. Era sempre stata nella stanza dei bottoni, protetta dalle bombe e dalla miseria e proprio per questo avrebbe dovuto fare molto di più per la pace!
Trattenne a stento un singhiozzo; il suo corpo era anestetizzato ma ugualmente al suo interno avvertiva una sorta di dolore, come se le sue viscere fossero stritolate da una tenaglia, e in quel mentre ebbe una gran paura di morire.

“Duke, ho qualcosa da darti…”
Actarus vide profilarsi una fatica mortale sul suo viso, talmente pallido da sembrare grigio; Rubina riusciva a malapena a sussurrare le parole così le andò vicino.
La osservò con occhi interrogativi e lei riprese a parlare:
“… all’interno dello stemma imperiale troverai un microchip contenete dati su Fleed, sulla sua atmosfera e su quello che sta accadendo in superficie. Potrai decodificarlo utilizzando il computer di bordo della mia navicella…”
Un accesso di tosse le impedì di continuare.

Accorsero due infermiere che aiutarono la donna a calmare il respiro, ma un’iniezione sedativa si rese necessaria e così Rubina sprofondò nel sonno.
Actarus rimase immobile a guardare, incapace di agire, prigioniero della febbre e di mille pensieri.

Cercò poi lo stemma imperiale fra i vestiti di lei; quando lo trovò, lo prese, lo serrò stretto fra le dita e si diresse verso la porta d’uscita come un ladro.
Doveva andarsene da lì!


- Continua -


Per discutere dei sentimenti che si agitano nei cuori e nella mente dei nostri eroi e dell'apparenza degli stessi...
Per occuparsi delle sofferenze fisiche e psichiche del principe...
Per tutto il resto...
Qui:
https://gonagai.forumfree.it/?t=70414904&st=945#lastpost
view post Posted: 25/2/2019, 20:04     +1Pianetaazzurro FF Gallery (solo autore) - Fan Fictions
14. (la Preda)

Non riusciva a credere ai suoi occhi: più si avvicinava alla superficie terrestre e più si rendeva conto della bellezza di quel grande pianeta. Il mare era di un blu così intenso da confondersi con il cielo e le montagne imbiancate erano uno specchio di luce. Più in basso, nel fondovalle, scorse campi dorati inframezzati da foreste verdi smeraldo: era lì che la stava conducendo Duke, in una natura che sembrava incontaminata e lontana dagli sguardi di tutti.
Si sentì protetta.

Quando planò nel campo di fiori gialli ebbe un sussulto per l’emozione:
…è giunto il momento, Duke, di far rinascere il regno di Fleed: io e te, regnanti e di nuovo insieme…
Tolse il casco e si rassettò i capelli.
Il portellone si aprì con un sibilo e Rubina si lasciò calare a terra da un fascio di onde. Dinnanzi a lei, avvolta in una nube di vapore, l’immensa e invincibile astronave fleediana che stava mettendo in ginocchio il suo impero.
Attese senza muovere un passo finché non scorse Duke venire verso di lei.

L’istinto fu quello di andargli incontro ma lui si fermò intimandole di non avvicinarsi:
“Fermati e dimmi perché sei venuta a cercarmi fino a qui!”
“Duke… non temere, non voglio farti del male, sono qui per parlare con te!”
Fece qualche passo verso di lui ma si trovò con la sua arma puntata contro.
“Non avvicinarti! Voglio la certezza che tu sia quella che dici di essere!”
“Duke, so che non ti fidi, ma se ti dico che nel castello di Fleed mi facesti vedere la tua stanza segreta, quella dove tenevi un telescopio per studiare l’universo e dove passavi ore a suonare e scrivere? E se ti dico che in quella stanza c’era un tappeto blu sul quale ci sdraiammo una sera per osservare il cielo? Ricordi questo?”
Ricordava bene quella sera in cui si erano distesi sul grande tappeto blu per guardare le stelle… suo padre gli aveva imposto di conquistare la principessa di Vega e di farle intendere che era interessato a lei; allora l’aveva portata in quella stanza in cui però non era successo proprio niente: non era riuscito ad avvicinarla a sé e men che meno aveva tentato qualche timido approccio, neppure un bacio o una carezza sulle guance, perché quel giorno stesso, per il bene del regno, aveva dovuto allontanare Naida e il dolore per quel che aveva fatto alla sua ragazza era immenso. Possibile che per Rubina fosse stato un momento felice? Le aveva parlato di stelle e dei suoi studi di astronomia… quanto era stato stupido, ma lo avrebbe capito solo troppo tardi!
“Certo che ricordo… e cosa accadde il giorno dopo, me lo sai dire?”
“Andammo al lago, nel bosco retrostante la reggia. Era primavera e tu mi dicesti che ero bella come tutti quei fiori rossi che stavano sbocciando…”

Solo la vera Rubina poteva ricordare certi particolari!
Era stato così maldestro con lei, eppure lei aveva preso per attenzioni quello che in realtà era stato un goffo tentativo di non prendersi delle responsabilità.

“Qual é la tua proposta?”
Abbassò l’arma e si avvicinò a lei: era diventata una donna bellissima ma i suoi occhi color ametista erano freddi e sembravano poco sinceri.
“Duke, ti chiedo di interrompere la guerra, l’impero oramai sta crollando…”
“Non è a me che devi chiederlo!”
“L’impero di Vega ha solo bisogno di un nuovo pianeta…”
Solo?
“Tuo padre non avrà mai la Terra finché ci sarò io… Non ha che da tornare da dove è venuto!”
“Non può, il Pianeta Imperiale è inabitabile e non ci sono più risorse:”
“Ha distrutto anche il suo mondo vero? - Actarus scoppiò in una risata nervosa - … Non gli è bastato distruggere il mio e quello dei nostri alleati…- respirava veloce e la voce era divenuta tagliente - e ora tu hai il coraggio di venirmi a chiedere di smettere con questa guerra come se ne fossi io la causa? Ma cosa credi? Tuo padre deve sparire, l’impero di Vega deve sparire, e solo allora si potrà parlare di pace. O io o lui! Se questa è la tua proposta puoi tornare da dove sei venuta!”
O io o lui! Le stesse parole di mio padre…
Aveva valutato male la situazione!

Cambiò approccio.
“Duke no! Ti prego! - gli era andata vicino, prendendo delicatamente il suo braccio - … Io e te insieme possiamo cambiare le cose senza ulteriori vittime, senza più guerra…”
Actarus si liberò con un gesto di stizza.
“Rubina, non so cosa tu abbia in mente, ma tu non stai parlando con Duke Fleed, il principe di Fleed che conoscesti in passato. Quella persona è morta con il suo pianeta quando tuo padre rase al suolo le sue città e ne contaminò aria e suolo.”
“Duke, tu ti stai vendicando dei torti subiti… - abbassò lo sguardo - … mio padre ha commesso un enorme sbaglio, te ne do atto e ti chiedo scusa… anche se credo che tu non potrai mai perdonare quel che é accaduto.”
La voce di Rubina si era fatta più dolce.
“Mi pare logico…- la fulminò - e ti sia chiaro che io non mi sto vendicando, sto proteggendo la Terra… da tuo padre!”
“Lascia stare Duke…”
Actarus, incredulo, stentò a ribattere.
Lascia stare?
“Dove vuoi arrivare?”
“Smettila di batterti contro mio padre e per un pianeta che non è il tuo… torna con me su Fleed!” Fece una pausa e osservò Duke; forse ora era disposto ad ascoltarla. Continuò:
“Le sue ricchezze sono rimaste intatte e la radioattività si sta riducendo. Potremmo avere finalmente il nostro regno, quello per cui sei nato, e io ti starò accanto come era desiderio di tuo padre, pensaci…”

Ma cosa…? Fleed? Intatto?
Venne travolto da un silenzio opprimente che gli diede le vertigini.
Vacillò incerto sulle ceneri delle sue certezze: Fleed poteva rinascere… il suo pianeta non era dunque perduto.
Tutto gli sembrò assurdo e privo di senso, o forse, di senso ne aveva, ma un altro che non avrebbe mai creduto di prendere in considerazione.
Lo sconcerto per quelle parole gli prese lo stomaco, il palpitare del suo cuore gli risalì in gola e la fronte si imperlò di sudore freddo.
Osservò Rubina, a pochi passi da lui, il viso allertato e sincero.
Trasse un lungo respiro per tentare di ritornare lucido:
“Ripeti cosa hai detto? Fleed si sta riprendendo?”
“Sì…”



Un boato sonico scosse il cielo e le nubi sopra di loro; una folgore rosacea incendiò il terreno circostante, fumo e polvere si sollevarono vorticando e l’aria divenne irrespirabile. La terra iniziò a bruciare sotto ai piedi e tutt’intorno scariche elettriche provenienti dall’alto alimentavano un fuoco radioattivo.
Il segnale d’allerta fischiò negli auricolari del suo casco mentre la voce concitata di Alcor lo avvertiva di un attacco da parte di un’astronave nemica.
“Maledizione, un attacco! Allora era una trappola!”
Sì voltò inferocito inveendo contro Rubina.
“No! Duke… io non c’entro, credimi…”
La voce della donna scivolò in un urlo strozzato di dolore.
Il suo corpo, a pochi passi da lui, venne avvolto da una violenta scarica e cadde esanime sul terreno bruciante.
Actarus finì a terra stordito.

La luce scomparve. Gli venne sopra un’imponente astronave pronta al fuoco.
È finita…!
Sordo e accecato tentò mettersi in piedi ma il corpo non rispondeva.
Devo raggiungere Goldrake!
Con uno sforzo socchiuse gli occhi per rendere nitida la vista, combattendo contro il torpore che gli stava annebbiando la mente e risucchiando le forze; in quel momento tra fiamme e fumo intravvide i velivoli dei suoi amici attaccare il mostro di Vega. Questo oppose poca resistenza e riparò tra le nubi.
Poi non non riuscì più a tenere gli occhi aperti e i suoni divennero ovattati e lontani; stava morendo?
Forse, e il disorientamento divenne angoscia.

Le voci ritornarono ad avere un senso pochi istanti più tardi, quando udì riecheggiare nel suo casco le parole esultanti di Alcor e delle ragazze: il nemico per ora era stato allontanato e lui non aveva più niente da temere. La paralisi lo abbandonò e tornò a percepire il suo corpo, la vista divenne nitida e così scorse lei, accasciata al suo fianco, immersa in una pozza di sangue…
“Rubina!”
Le prese le mani, erano gelide, ma sentì il battito del suo cuore.
Vive ancora!
Con l’angoscia stretta in gola iniziò a chiamarla fino a quando la giovane aprì i grandi occhi color ametista.
“Duke, ora mi credi? Hanno colpito pure me… io non conto più nulla per loro…”
Lo disse con un filo di voce, poi sussurrò un gemito e gli occhi si richiusero in una smorfia di dolore.
“Stai tranquilla, ti possiamo curare.”
“Ho paura Duke…”

La sollevò tra le braccia e la portò dentro Goldrake, l’assicurò ad un sedile e ripartì veloce verso il centro spaziale.

-Continua-


Ehm...

Per chiedermi se siamo giunti di botto al gran finale...
Per accertarsi di come stia Rubina...
Per chiedere notizie sullo stato di salute del Principe...
Qui...
https://gonagai.forumfree.it/?t=70414904&st=945#lastpost
view post Posted: 23/2/2019, 10:45     +1Pianetaazzurro FF Gallery (solo autore) - Fan Fictions
13. (La preda)


Quando Actarus raggiunse la sala comando, Alcor e suo padre stavano confabulando in piedi davanti ad uno degli schermi radar.
“Ah eccoti figliolo, volevamo mostrarti questo… - indicò un punto luminoso che proveniva dall’emisfero australe - vola a oltre cento chilometri d’altezza, è abbastanza lento ma sembra puntare dritto verso il Giappone.”
Procton si sfiorò nervosamente il mento.
Actarus si rabbuiò.
“Cosa sappiamo di quell’oggetto?”
“Non molto. I mezzi terrestri non volano a quell’altezza e un satellite solitamente è stazionato più in alto… e poi anche se lo fosse non mi risulta che ne siano stati messi in orbita in quella zona… C’è solo mare…”
“Appunto!”
Alcor lo fissò sospettoso:
“Credi che sia una nuova tattica d’avvicinamento?”
“Non so... sarebbe ingenuo da parte dei veghiani avvicinarsi a quel modo, sanno che li scopriremmo, per cui non ha senso… forse non è un attacco.”
Actarus osservò il puntino luminescente in silenzio e una strana sensazione gli corse lungo la schiena.
E se fosse una trappola per trascinarmi lontano dalla terra ferma? Ma perché un solo oggetto? No, deve essere qualcos’altro…
“Padre, riesci a capire quanto è grande?”
“No, non ancora, è troppo lontano”.
“Emissioni?”
“Troppo presto per dirlo.”
Actarus sbuffò e andò a sedersi in fondo alla sala. C’era qualcosa di anomalo nel comportamento di quel velivolo. Poteva trattarsi solo di un’astronave aliena ma non sembrava trattarsi del solito attacco…
Si alzò di scatto:
“Vado a vedere cos’è!”
“No!”
Procton era palesemente preoccupato.
“Vengo con te!”
Alcor non se la sentiva di lasciarlo partire da solo ma Actarus questa volta fu irremovibile e gli impose di non seguirlo.
“No! Tu starai qui; dovessero attaccarci Maria e Venusia avranno bisogno di te.”
“Ma…!”
Actarus gli voltò le spalle e corse via lungo il corridoio.
Alcor ebbe un gesto di stizza e subito Procton gli appoggiò una mano sulla spalla.
“Lascialo andare, se avrà bisogno ci saremo. Sa quello che fa!”

Spiccò il volo e in pochi attimi raggiunse gli strati alti dell’atmosfera. Qualunque cosa si fosse trovato davanti doveva accertarsi che la Terra non fosse in pericolo. Spinse Goldrake alla velocità della luce per coprire nel minor tempo possibile la distanza che lo separava da quel mezzo sospetto, ma poco prima di raggiungerlo risuonò l’allerta emissioni Vegatron.
“Maledizione, sono veghiani!”

Si avvicinò ancora di più pronto a far fuoco.
È meno mostruosa del solito…
Era confuso.
Vogliono disorientarmi…
Con il pollice premuto a metà sul bottone di comando dei missili inviò un messaggio intimidatorio:
“Identificati se non vuoi essere abbattuto!”



La voce di Duke risuonò nell’abitacolo.
Si era avvicinato alla sua astronave così velocemente che i sistemi di rilevazione erano appena riusciti ad avvisarla del suo imminente arrivo. Ebbe un tuffo cuore: risentire la sua voce fu una grande emozione ma la paura prese subito il sopravvento.
L’allarme d’attacco imminente divenne assordante.
Sussultò!
Duke si era espresso in veghiano scandendo le parole con tono minaccioso e la teneva nel mirino. Malgrado avesse pensato a lungo alle prime parole da dirgli, in quel momento non seppe come rispondergli.
Risuonò un secondo allarme, ancora più intenso del precedente.
Via!
Le mani gelate strette ai comandi, scartò di novanta gradi e in quel mentre un raggio proveniente da Goldrake sfiorò l’abitacolo. Il suo mezzo vibrò oscillando paurosamente prima di recuperare stabilità.
“Fermo! Non sparare!”

La mano di Actarus si staccò dai pulsanti, più per lo stupore che per desiderio di farlo.
Ma cosa…?
Conosceva quella voce ma non ricordava a chi appartenesse. Sbigottito si avvicinò ancor di più all’astronave nemica e in quel mentre vi scorse lo stemma imperiale di Vega.
Non devo lasciarmi distrarre, maledizione! È una trappola…
“Chi sei rispondi!”
Nella sua mente stavano scorrendo nomi e volti ma ancora non riusciva a dare un’entità alla voce di donna che gli aveva implorato di non sparare.

Rubina inspirò profondamente per placare il tremore che la stava scuotendo da capo a piedi. Doveva ritrovare la calma per poter parlare a voce ferma.
Duke tuonò di nuovo: “Per l’ultima volta, identificati o sarai abbattuta!”
Doveva rispondere, non sarebbe riuscita a sfuggirgli una seconda volta, la sua astronave era poco agile nell’atmosfera terrestre. Si sforzò di non apparire in preda al panico.
“Non sparare Duke, sono io, Rubina!”

Fu colto da una vertigine.

No, non può essere! Eppure è vero, l’astronave porta lo stemma imperiale… e mi ha chiamato Duke!
“Collegati e fatti vedere.”
Pochi istanti necessari al riconoscimento dei sistemi visivi e Rubina apparve sullo schermo principale. Era lei nonostante fosse passato del tempo dall’ultima volta che l’aveva veduta: lo sguardo indurito e quello stesso sorriso enigmatico di allora. Anche la voce era la sua.

Provò uno strano senso di vuoto e non seppe se sentirsi felice o no per averla ritrovata.
Stette in silenzio cercando di far fronte allo stupore. Pochi istanti dopo, cercando di non lasciar trasparire le emozioni, riprese con tono perentorio:
“Cosa vuoi da me?”
“Duke, non vengo per combattere… non sono stata inviata da nessuno, sono in missione di pace e… vengo per te!”

Deglutì con forza mentre un’ondata di caldo gli salì alle tempie: Rubina in missione di pace era l’ultima cosa che avrebbe potuto venirgli in mente. “Vengo per te”: quelle parole gli rimbombarono nella testa acuendo il suo smarrimento.
Prese fiato.
“Che intenzioni hai?”
“Duke, dobbiamo parlare, la guerra deve finire!”
“E lo vieni a dire a me?” Actarus si adirò.
Non riusciva a credere che Rubina fosse ben intenzionata; gli sfuggì un riso d’irritazione.

Rubina tacque.

Duke non aveva tutti i torti, quella domanda era più che lecita.
Attese ancora qualche istante, incerta sulla risposta da dargli, poi la voce dell’uomo irruppe nuovamente all’interfono:
“Rispondi! Qual è il senso della tua visita? Sei fuggita da tuo padre? È lui che ti manda?”
Rubina si rese conto che Duke la stava trattando da nemica; doveva cercare di calmarlo per far cadere la sua diffidenza.
“Duke, devi ascoltarmi, la situazione è più complessa di quel che credi, dammi la possibilità di parlarti…
“Come faccio ad essere certo che tu non mi stia tendendo una trappola?”
“Sono venuta sola Duke, lo vedi. Non ho nessuno al seguito e la mia astronave non può competere con le tue armi…”

Era vero, Rubina era sola e anche i sistemi di rilevamento non segnalavano nessun attacco imminente, né da parte sua né proveniente da altrove…
Forse è una spia… forse la usano per farmi abbassare la guardia e catturarmi…
Cercò di calmarsi e di non cedere al pregiudizio. Osservò Rubina attraverso lo schermo e gli parve sincera.
“Seguimi, ti porto a terra, ma sappi che non sei la benvenuta!”

Forse era stato troppo duro con lei ma era sconvolto. Lei era stata invece fin troppo conciliante: si era mostrata come se nulla si fosse mai intromesso fra di loro e lo aveva chiamato Duke con una dolcezza disarmante.
Ebbe l’immediata impressione che stesse cercando di ricucire il loro rapporto.
No! Ma come potrebbe pensare ad una cosa simile, sono successe troppe cose da allora, e poi…
Avvertì uno strano malessere salirgli da dentro ma non volle farci caso.
Tirò i comandi verso di sé e si tuffò in un cumulo di nubi.

-continua-


Bella gatta da pelare...
Per portare la camomilla al Principe o per disintegrare al posto suo la Principessa di Vega...
qui:
https://gonagai.forumfree.it/?t=70414904&st=930#lastpost
view post Posted: 21/2/2019, 16:16     +1Pianetaazzurro FF Gallery (solo autore) - Fan Fictions
12. (La preda)

Entrò nell’atmosfera terrestre in corrispondenza del polo sud: a quella latitudine e a quelle altezze non avrebbe corso il rischio di essere avvistata anzitempo.

L’orizzonte era ancora ricurvo quando si addentrò suo malgrado in uno spettacolo sorprendente al di sopra dell’Antartide: onde di luce colorata avvolsero la sua navicella creando interferenze con la strumentazione di bordo; si spaventò ma poi, rapita dalla bellezza di quelle luci danzanti, pensò che anche Duke doveva essere sopravvissuto ad esse se aveva raggiunto la superficie di quello strano pianeta blu e bianco, e così si tranquillizzò.
Si sorprese della sua curiosità: era da molto tempo che non ne provava più!
Ho perso la capacità di meravigliarmi…
Ma forse questa volta era diverso perché si era spinta fino a lì non per sostenere l’espansionismo di suo padre ma per ritrovare qualcosa che sentiva di aver perduto ingiustamente.

Ben presto però il suo entusiasmo lasciò spazio alla noia: una volta finite quelle luci non era accaduto più nulla; solo acqua, una distesa infinita e accecante che rifletteva il sole come fosse un enorme specchio. A quel punto cominciò a chiedersi che cosa mai suo padre trovasse di tanto interessante in quel pianeta acquoso e da cui giungevano ben pochi segnali. Ingannò il tempo fantasticando sul popolo primitivo che ben presto avrebbe conosciuto: forse che i terrestri non fossero capaci di inviare segnali verso il cielo? Oppure ancora: forse che suo padre li avesse già quasi tutti sterminati? Sospirò intorpidita dall’attesa inquietante di andare incontro all’ignoto…
Ma in fondo che m’importa dei terrestri, è Duke che voglio incontrare!

Cominciò così a chiedersi che cosa mai trattenesse Duke sulla Terra e se fosse ancora la persona di cui serbava il ricordo nel cuore. In fondo aveva trascorso con lui così poco tempo, ma sufficiente per innamorarsene; erano stati i suoi occhi, i suoi modi di fare eleganti e gentili, le sue attenzioni e premure, i suoi ideali... Tutto gli era piaciuto di quel giovane principe, e sarebbero diventati un tutt’uno se ne avessero avuto il tempo, ma così non era stato. Scosse la testa cercando di allontanare l’incredulità, i rimpianti e la rabbia che quei ricordi stavano suscitando il lei.
Guardò ancora verso la distesa d’acqua sottostante e provò amarezza oltre che una gran stanchezza.
Come può piacergli un pianeta fatto d’acqua che sembra disabitato… possibile che non si ricordi della bellezza di Fleed?
Decise di dormire, c’era ancora del tempo prima del previsto avvistamento della terra ferma e sapeva di potersi fidare dei sistemi di pilotaggio automatici della sua navicella.



L’ultima corsa a cavallo giù per la collina era stata veloce come il vento. Il sole era oramai alto nel cielo, il tepore di maggio era piacevole e quella cavalcata fino al mare gli aveva fatto bene.
In quel mentre scorse Maria che gli veniva incontro; era raro trovarla nei dintorni della fattoria in mattinata perché di solito preferiva stare al Centro spaziale con Alcor e suo padre. In mano teneva un bellissimo mazzo di fiori di campo, tra i quali spiccavano dei papaveri rossi. Fu colpito dalla leggerezza dei loro petali, tremuli come ali di farfalla. Il paragone inconscio lo riportò ancora ai boschi della sua giovinezza, dove crescevano fiori molto simili, e di nuovo provò un senso di smarrimento: ancora lei, Rubina. La rivide mentre, giovanissima e con occhi meravigliati, coglieva spensierata fiori rossi che poi agitava nell’aria per sentirne il profumo. Quanto erano stati strani quei giorni ormai lontani: lei era venuta su Fleed perché dovevano conoscersi e piacersi, e lui era stato così impacciato non sentendosi pronto per quell’impegno.

Scosse la testa per scacciare quei ricordi e andò ad accovacciarsi sul prato; il suo turbamento non poté sfuggire a Maria che andò a sedersi accanto a lui:
“Che c’è fratellone? Qualcosa non va?”
“No niente! Va tutto a meraviglia… tu cosa fai qui?
Si era impegnato a sembrare convincente ma sapeva che con Maria era una partita persa e infatti:
“Stai pensando a Fleed?”
Non volle apparire stupito più di quel tanto, lei sapeva cogliere le inquietudini di chiunque, leggeva nella mente e prevedeva tante cose, per cui non fece resistenza.
“Sì… sai alla primavera e a come era molto simile a quella terrestre…”
“Mmh, già! – sospirò lei - Se non ricordo male tutto accadde in primavera: tu non eri più lo stesso, Markus se n’era andato ed era venuta lei, la figlia di Vega…”
Maria vide una lieve smorfia far capolino sulle sue labbra del fratello. Proseguì:
“Pensi che lei abbia giocato un ruolo nella guerra?”
Actarus, assorto, la guardò senza dire niente; Maria notò come i suoi occhi fossero diventati vitrei e inespressivi. Dopo un attimo di silenzio le rispose evasivo e con voce roca:
“… non lo so, forse…”
Alzò lo sguardo al cielo sospirando e questa volta Rubina gli apparve come l’aveva vista l’ultima volta prima che scomparisse: un sorriso enigmatico dipinto su di un volto di porcellana e due occhi tristi.
Chissà se anche tu sei stata vittima di tuo padre oppure eri sua complice…
Se l’era chiesto per molto tempo ma poi aveva smesso di pensarci, come del resto aveva smesso di ricordare Fleed, perché gli faceva troppo male.

Il silenzio di quel momento venne interrotto dal sopraggiungere di Alcor e Venusia, due persone a cui voleva un bene immenso e a cui era grato.
Osservò Venusia, così spontanea e per nulla complicata; gli era entrata nel cuore in punta di piedi conquistandolo con la freschezza e la voglia di vivere. Le sorrise e lei contraccambiò. Gli occhi color miele della ragazza s’illuminarono al sole di quella tarda mattina di maggio e si sentì subito rasserenato con lei accanto.
I fantasmi del passato insistevano a ritornare, a volte vividi e dolorosi altre volte solo accennati, e lui non aveva ancora imparato a non farsi tormentare…

Tutti e quattro rimasero seduti ad osservare l’immenso prato antistante punterellato da fiori selvatici.
Avrebbe voluto fermare il tempo per sempre ma non fu così; Alcor intervenne con il solito sorriso imbarazzato mal celando però una certa irrequietezza:
“È bellissimo stare qui, lo dico sul serio, non vogliatemene, ma ero venuto a cercare te, Actarus, devi venire al Centro.”
Chissà perché se lo aspettava!
“Ok… pausa finita! - Actarus si alzò di scatto togliendosi i fili d’erba rimasti attaccati ai pantaloni - vai pure avanti Alcor, ti raggiungo subito con la moto!”
Richiamò con un fischio Blanco e gli salì in groppa. Un’incitazione e l’animale partì veloce al galoppo.
Venusia osservò la scena incantata mentre Alcor e Maria si scambiarono occhi d’intesa benevoli.
“Forza ragazze, vi porto alla fattoria e poi torno al Centro.”
Giunti alla Betulla Bianca Maria s’imbronciò: la fattoria le piaceva ma preferiva il Centro spaziale e soprattutto non accettava che qualcuno le dicesse cosa fare, ma Alcor questa volta non le diede corda e senza lasciarsi incantare dai suo luccicanti occhi blu ripartì sgommando con la Jeep.
Meglio non coinvolgerla adesso!

-continua-

Due capitoli bucolici, introduttivi all'atmosfera rilassata ma non troppo della Betulla Bianca, che rivelano tormenti, inquietudini e desideri... ma purtroppo tutto ha una fine e l'alba non avrà più lo stesso colore...
A presto...
qui: https://gonagai.forumfree.it/?t=70414904&st=930#lastpost
view post Posted: 19/2/2019, 14:49     +1Pianetaazzurro FF Gallery (solo autore) - Fan Fictions
Terza parte.


11. (la Preda)

Si svegliò di soprassalto e questa volta non si era trattato di uno dei soliti incubi ma del richiamo di una voce, dolce e inquieta allo stesso tempo, a cui non sapeva dare un volto. Proveniva da lontano, nel tempo e nello spazio, e gli aveva ricordato Fleed prima che venisse distrutta: dinanzi ai suoi occhi immagini che credeva di aver sepolto per sempre per non più dover soffrire.
Aveva la vivida sensazione di essere immerso in quei boschi dal verde brillante che si erigevano maestosi dietro alla reggia.
Il bosco e la collina di Yarèn…
Ed ecco riemergere il ricordo del piccolo lago dalle acque color smeraldo e della barca a remi da cui, bambino, si era tuffato durante le lunghe estati di Fleed; poi lui ragazzino, quando si lasciava cullare per ore inseguendo le nuvole con occhi sognanti. Lassù in quel cielo meraviglioso voleva imparare ad andarci, per assaporare il senso di libertà e per vedere il mondo dall’alto. Infine ecco il giovane principe dai mille progetti in mente, diventato adulto un giorno in cui aveva preso il coraggio di baciare Naida.
Ma ora non era come allora e con amarezza si accorse che non stava provando gli stessi sentimenti: nonostante la bellezza di quel ricordo prevaleva in lui un senso di inadeguatezza che era quasi malessere.
In quelle acque limpide si erano rispecchiati anche i bagliori rossi del fuoco che si era divorato tutto il suo mondo dopo che lui, proprio in quello che era stato il suo piccolo paradiso, non aveva capito che il suo ruolo di futuro re avrebbe richiesto il sacrificio del suo amore per Naida.
Quanto era stato sciocco!
E così Fleed è stata distrutta per colpa mia…

Si levò dal letto, oramai non aveva più sonno e ad Est già si annunciavano le prime luci dell’alba.
Andò alla finestra, guardò verso il recinto dei cavalli e pensò che se anche avesse iniziato a lavorare un po’più tardi non sarebbe accaduto niente di grave.
Si rinfrescò velocemente il viso con dell’acqua, si vestì, raggiunse la stalla e sellò il suo cavallo; accarezzò con affetto il muso morbido di Blanco e l’animale rispose scuotendo la testa, sbuffando e picchiando gli zoccoli per terra, ansioso di poter partire per una bella corsa.
Actarus ebbe l’impressione che si stessero capendo: li stava attendendo una lunga cavalcata nei campi attraverso l’umidità della notte solcata dai primi raggi di sole.
Coraggio bello mio…
Il suo turbamento divenne meno opprimente alla sola idea che di lì a poco sarebbe stato accarezzato delle delicate brezze del mare; ben presto avrebbe udito il canto concitato degli uccelli al loro risveglio e infine, oltre i boschi di larici e betulle, avrebbe raggiunto la spiaggia per andare a cavalcare sulla battigia, fra le onde, di fronte al nulla silenzioso dell’alba.

Ebbe un fremito di piacere, o forse un brivido di freddo, o forse ancora un tremore per quella rabbia che sentiva salire da dentro; balzò quindi in groppa al cavallo e lo spronò oltre la staccionata.
Oh…Oh! Forza…, corri!
Era finalmente libero, più libero di quando volava nel cielo infinito… sì, perché quello era in balia di Vega mentre la Terra non ancora.
Non l’avrai mai maledetto, dovesse costarmi la vita!
Serrò le briglie fino a sentire dolore e si diresse verso il sorgere del sole.
Si meravigliò di quanta rabbia potesse ancora provare, il tempo non la stava mitigando, anzi…
È sempre peggio.

La sabbia era così bianca e fine da sembrare farina di riso e gli zoccoli del cavallo vi sprofondavano provocando uno scricchiolio ovattato come stessero calpestando neve. Il loro avanzare tranquillo sulla spiaggia era accompagnato dal sussurro di onde placide e insonni che si allungavano per abbracciare la riva, mentre la luce viva del sole, da pochi attimi sopra l’orizzonte, aveva tinto di rosa l’aria rarefatta di quel mattino di maggio.

Sì fermò a contemplare quegli istanti di solenne bellezza.
La spiaggia era deserta; in lontananza avvertì stridere un gruppo di gabbiani e intravvide qualche rondine volare alta nel cielo. Smontò di sella e si sedette a contatto con la sabbia umida stringendo a sé le ginocchia.
Da quanto tempo non era più tornato a vedere l’alba da quel punto?
Stette così, seduto e immobile ad osservare l’orizzonte, in compagnia dei suoi pensieri, cercando di lenire dolori che riteneva troppo grandi per poter imparare a conviverci.

Venere fu l’ultima stella a scomparire, cancellata dal divampare del sole di primavera. Gli venne voglia di tuffarsi in quell’immenso mare che brillava calmo dinnanzi a lui. Tolse gli abiti e corse lungo la riva sollevando schizzi di spuma bianca. Si tuffò e si lasciò avvolgere da quell’acqua frizzante inondata di luce. Nuotò verso il sole fino a quando decise di lasciarsi galleggiare cercando di non pensare più a niente.
Così va meglio…
Pochi istanti dopo aprì gli occhi e si mise ad osservare il cielo. Avrebbe voluto fosse con lo stesso disincanto di quando era bambino; in realtà temette si scorgervi qualcosa di sgradevole, qualcosa o qualcuno di cui solo lui poteva conoscere il potenziale devastante.
Non vide nulla di tutto ciò, ma non fu capace di rallegrarsene.
In quel momento avvertì di nuovo lo stesso senso di inquietudine che lo aveva svegliato prima dell’alba.
Si sforzò di non farci troppo caso e nuotò verso riva.

Si sdraiò sulla sabbia e la sua bianca nudità si confuse con il candore della spiaggia. Chiuse gli occhi e rimase ad ascoltare il canto del mare per un tempo che scivolò nel sogno…
E il sogno volle riportarlo ancora in riva al lago dei boschi di Yarèn: questa volta una giovane donna dai capelli rossi e gli occhi d’ametista gli apparve dal nulla, sorridente o forse no, e il suo disagio divenne più forte.
Rubina!
Si sollevò seduto, il respiro bloccato in gola da una morsa nervosa. Scosse più volte il capo per destarsi.
No, non ha senso!
Non riuscì più a calmarsi, quindi turbato si rivestì e montò a cavallo. Aizzò Blanco alla corsa e veloci riattraversarono boschi e campi di fiori gialli fino alla collina sovrastante la fattoria. Concesse all’animale un po’ di riposo mentre lui si mise ad osservare la vallata sottostante.

In quel momento intravvide lei che era già al lavoro, così esile e solo in apparenza fragile.
Non fosse stato per lei forse non sarebbe vivo. Ripensò a tutto il tempo che quella ragazza aveva trascorso al suo capezzale, presenza discreta e mai fastidiosa e di cui lui, non glielo aveva mai detto, aveva sempre atteso le visite. Ripensò a come lo aveva sostenuto quando, sfinito, avrebbe voluto soccombere all’ennesimo mostro di Vega e quante volte era stata decisiva per la vittoria mettendosi in pericolo per lui.
Troppo in pericolo…

Un unico bacio li aveva legati una sera in riva al lago, poi la guerra e la malattia avevano preso il sopravvento e lui non era più stato in grado di darle quelle attenzioni che avrebbe meritato. Si era innamorato di lei, in cuor suo lo sapeva da tempo ma, come già altre volte nella sua vita, non era ancora giunto il momento di amare.
Ma forse ora sarà diverso…
Sentiva la fine della guerra vicina e osò sperare in un futuro, lui che già troppe volte si era illuso di poterlo avere.

-continua-

Per discutere della bianca nudità del principe, dei suoi crucci e sensi di colpa...
Qui!
https://gonagai.forumfree.it/?t=70414904&st=930#lastpost
view post Posted: 17/2/2019, 13:38     +1Pianetaazzurro FF Gallery (solo autore) - Fan Fictions
10.

Vega si voltò di scatto verso il suo ministro delle scienze e il generale: era furibondo ma doveva mantenere il controllo. Fece cenno a Gandal di ritirarsi e questi non se lo fece ripetere due volte, così si inchinò e si affrettò a lasciare la stanza.
Zuri rimase sull’attenti temendo il peggio. La sua missione segreta su Fleed era fallita: gli era giunto un dispaccio da Rubi che aveva confermato la morte del comandante Akaram e la perdita della sua astronave come pure dei dati raccolti su Fleed. Adesso era quasi certo di sapere a chi fossero caduti in mano, quindi a rigore di logica e con grande probabilità era stato lui, indirettamente, a far sì che la principessa venisse a conoscenza del fatto che Duke Fleed fosse ancora vivo.
Maledizione!

Vega gli si era piazzato di fronte e lo stava scrutando con sospetto.
“Avete da raccontarmi qualcosa ministro Zuril?”
“No Maestà…”
“Vi tengo sotto controllo…”
Osservò a lungo nell’unico occhio del suo ministro ma non vi scorse la minima emozione; aveva il vago sentore che la causa del tutto fosse lui. Rubina con il suo atteggiamento di sfida glielo aveva lasciato intuire molto bene, ma per ora voleva trarre vantaggio dalla situazione. Accennò ad un sorriso compiaciuto e continuò a rivolgersi al suo ministro.
“Vi darò un’unica possibilità per dimostrarmi la vostra buona fede, oltre al fatto che non avete in alcun modo attentato alla stabilità del nostro comando: a Rubina non dovrà accadere niente, se sarà necessario la seguirete fin sulla Terra e me la riporterete sana e salva. Non azzardatevi ad usarla come esca per uccidere Duke Fleed, ma avete la mia approvazione a sfruttare questa delicata situazione per eliminare il nostro nemico. Se tornerete vincitore Rubina sarà vostra sposa…”
L’unica reazione impercettibile di Zuril fu un respiro profondo che gli spinse in avanti il petto.
Ma certo Zuril, respira a fondo, calma il tuo orgoglio… la sete di potere fa gola a tutti!
Si allontanò continuando ad osservarlo.
Ti ho in pugno Zuril, non potrai che essermi fedele dopo questa proposta!
Con tono mellifluo continuò.
“… E naturalmente i poteri di Rubina diverranno anche vostri, ma solo se farete il vostro dovere alla perfezione…”
Sfidò un’ultima volta lo sguardo impassibile del suo Primo Ministro e poi gli fece cenno di andarsene.
Zuril s’inginocchiò ossequioso: Rubina fra le sue braccia e lui un giorno a capo dell’Impero…
“Sarà fatto mio Signore…”



Rubina s’incamminò veloce lungo il corridoio metallico illuminato solo da una fredda luce azzurrognola; s’impose di non cedere alla voglia di correre che sentiva agitarsi nelle gambe.
Giunta al suo alloggio chiuse la porta a chiave e vi si appoggiò contro. Un tremore nervoso la scuoteva dentro ma era fiera di essere riuscita a tener testa a suo padre e ai suoi due ministri senza batter ciglio.
La prima prova l’aveva superata.

Sciolse i capelli e restò in silenzio di fronte allo specchio. Con gesti tanto automatici quanto tranquillizzanti iniziò a pettinandosi la chioma.
Devo andare da Duke, con lui negozierò la tregua e forse la pace, e… chissà se potremmo…
Fu tentata di lasciarsi rapire da quel sogno che fino a poco tempo prima aveva considerato impossibile da realizzarsi: Duke, che aveva creduto morto, era stato il suo primo e unico vero amore, e ora stava per incontrarlo… Ma era anche diventato il più acerrimo nemico di suo padre e l’impero di Vega era in ginocchio.
Doveva assolutamente far qualcosa per la sua gente e per tutti i superstiti fleediani che ancora si trovavano su Rubi. Ma come agire? Recuperare il tempo perduto ricordando a Duke il loro amore giovanile? Dirgli che lei era pronta a schierarsi dalla sua parte e che desiderava la pace almeno quanto lui? Fargli capire che non ha mai approvato l’agire di suo padre?
Gli dirò dei superstiti Fleediani e che le ricchezze di Fleed sono rimaste intatte; gli proporrò di tornare insieme su Rubi in attesa di ripopolare Fleed. Mio padre avrà finalmente il suo nuovo pianeta su cui installarsi e noi negozieremo con lui nuove intese commerciali, Fleed e Rubi sono così ricchi di materie prime…
Venne colta da un affanno che le dava le vertigini finché di colpo s’insinuò in lei un dubbio, lo stesso che aveva sollevato poco prima da suo padre:
E se Duke non mi riconoscesse? Se fosse veramente così cambiato a tal punto da non volermi ascoltare?
Provò a scacciare dalla mente questa ipotesi, anche perché oramai non poteva più tornare indietro: aveva preso la sua decisione e si era rivelata a suo padre per cui non poteva permettersi ripensamenti, ne andava della sua credibilità e del suo orgoglio.
Forse è meglio non aspettare oltre, devo andare via di qui subito!
Si sfilò l’abito elegante e mise la sua tuta da pilota, raccolse i capelli e prese il casco. Controllò per l’ultima volta all’interno del suo medaglione:
I files concernenti Fleed sono al sicuro!

Qualcuno bussò alla sua porta; trasalì sentendosi come un animale in trappola. Guardò oltre lo spioncino e vi scorse Zuril, da solo, o almeno era quello che sembrava.
“Principessa, lo so che è lì, le conviene lasciarmi entrare…”
Il tono di Zuril le parve conciliante sebbene le sue parole risuonassero come un ordine. Deglutì con forza come volesse inghiottire tutti i pensieri che fino a qualche attimo prima le si stavano affollando nella mente.
Aprì.
Dinanzi a lei il ministro delle scienze a volto contratto per la tensione.

“Ministro! Mi sorprende vedervi qui. È mio padre che vi manda o sono i vostri scrupoli di coscienza?”
Lo scrutò con aria di sfida. Zuril la guardò senza cedere a quella provocazione, oramai gli era chiaro che Rubina fosse venuta a conoscenza di Duke indirettamente grazie a lui e ora stava usando questo fatto per ricattarlo.
Non ci penserebbe due volte a dirlo a suo padre!
Abbassò lo sguardo e varcò la soglia della stanza. Imponente com’era Rubina non poté che scostarsi.
“Mia signora, credo che lei debba ascoltare suo padre… Non possiamo negoziare con Duke Fleed. Se lei andrà da lui sarà in estremo pericolo e io non posso permettere che le accada qualcosa…”
Rubina inarcò le sopracciglia. Le pareva sincero ma intravvedeva un secondo fine che ancora le sfuggiva. No, non poteva fidarsi.
“Ministro, non mi accadrà niente, Duke Fleed non lo permetterà!”
“Duke Fleed non è più la persona che lei conobbe prima della guerra… è un nemico sanguinario e subdolo. Se noi non lo abbatteremo sarà lui a dominare la Terra, e per noi sarà la fine. Ci pensi, questo impero è anche suo…”
Osservò con disappunto l’impassibilità di Rubina.
“Ministro, non credo che Duke voglia la Terra, nel suo cuore c’è Fleed.”
“Fleed è un pianeta invivibile mia Signora… se Duke Fleed sopravvivrà a noi, la Terra sarà sua e l’impero di Vega non avrà più un pianeta su cui stare…”
“Strano Zuril, avrei giurato che Fleed vi interessasse…”
“Cosa intendete dire?” Zuril si fece sospettoso.
“State forse tramando qualcosa alle spalle di mio padre, ministro?” Osservò che Zuril teneva lo sguardo rivolto verso il basso, e allora incalzò:
“La missione segreta 74597 l’avete ordinata voi mi pare...e Fleed può ritornare ad essere un pianeta fiorente …”
Zuril sospirò impaziente:
“No! Si sbaglia Principessa, non è come crede e non accetto certe insinuazioni. A differenza di voi io sono fedele a vostro padre!”
“Io non credo a niente ministro! Oso solo ipotizzare le vostre intenzioni, del resto molteplici, ma che potrebbero danneggiare il regno di mio padre, ossia il mio… Le cose non sono andate come speravate e il comandante Akaram mi ha raccontato tutto prima di morire. So che Duke Fleed è vivo e che Fleed può risorgere, per cui è giunto il momento che io badi agli interessi del regno di Vega oltre che ai miei personali. L’impero avrà solo da guadagnare dalla mia missione, per cui credo che vi convenga lasciarmi stare altrimenti mio padre saprà che stavate tramando alle sue spalle e che sono venuta a conoscenza del fatto che Duke é vivo per causa vostra! Vedremo allora se sarete ancora nelle sue grazie!”
Lo osservò trionfante.

Zuril era senza parole: le sue intenzioni non erano mai state quelle di danneggiare il regno, voleva solo trovare nuove fonti di approvvigionamento energetico, ecco il perché della sua missione su Fleed, perché sapeva che ne era ricco. Rubina era una folle se pensava di poter ritornare a vivere su quel pianeta; non le sarebbero bastati i dati raccolti da Akaram per concludere ad una sua abitabilità.
La osservò di sottocchio: era impettita, caparbia e possedeva il carattere spigoloso di suo padre, ma era pur sempre bellissima, anche più di sua madre, e in più un giorno sarebbe diventata sua, come tutti i suoi poteri.
Ha detto di voler badare ai suoi interessi oltre a quelli del regno…
D’improvviso un’intuizione:
Lo ama ancora! Dopo otto anni!
Veloce s’immaginò alcuni degli scenari possibili: lei fra le braccia del nemico di sempre, diretti verso Fleed…
Ma certo… la Terra verrebbe conquistata subito ma lei potrebbe accusarmi di fronte a Vega di chissà quali cospirazioni e allora che ne sarà di me?
Pensò poi a lei, che sarebbe morta intossicata su Fleed. A poco gli valse la certezza che sarebbe morto anche Duke Fleed, realizzando così il sogno di Vega di non avere più nemici, ma che ne sarebbe stato di lui? Vega lo avrebbe accusato di non averla protetta come gli aveva chiesto… Oppure ancora: avrebbe perso la donna che gli era stata testé promessa e tutti i vantaggi che ne sarebbero scaturiti. Che ne sarebbe stato del suo prestigio?
L’unico era sperare che Duke Fleed non la riconoscesse più o la respingesse a malo modo…
Potrei approfittare della situazione e tentare di ucciderlo: agli occhi di Vega sarei il salvatore della sua unica figlia ed erede oltre ad essere colui che ha eliminato il nemico… ma lei poi mi odierebbe o chissà cos’altro potrebbe fare…oppure me ne sarebbe grata dato il comportamento di lui…

Alzò lo sguardo verso la donna che era rimasta ad osservarlo con superiorità. Lo sguardo di sfida stampato in quegli occhi color ametista era quanto di più irritante vi potesse essere in quel momento, ma li considerò in egual misura seducenti e l’idea di conquistarla divenne allettante. Non si sarebbe accontentato di averla solo fisicamente, voleva il suo cuore, il suo rispetto. Quanto sarebbero stati potenti e ammirati un giorno…
Fece un lungo sospiro poi la fissò negli occhi e cercò di apparire il più conciliante possibile:
“Mia signora, nutro forti dubbi sull’ascendente che lei potrà avere su Duke Fleed… Potrebbe respingerla, considerarla come tutti noi, una nemica. Oppure ancora accusarla della distruzione di Fleed e aggredirla. O peggio… tentare di ucciderla.”
“No! Non Duke, non lo farebbe mai!”
“Come può pensare che si ricordi ancora di lei? Sono passati molti anni, la guerra ci ha cambiati tutti, e inoltre…”
Fece una pausa; gli era parso di intravvedere vacillare la durezza negli occhi della donna.
“Inoltre cosa?” Fece lei.
Si era lasciata trascinare in quel discorso assurdo, quasi ricattatorio, ma voleva sentire quello che Zuril stava per rivelarle, e lui colse l’occasione:
“Duke Fleed non è solo, c’è sempre una donna al suo fianco, che combatte con lui…”
L’allusione che potesse esserci una terrestre nel cuore di Duke la fece divampare ma non lo diede a vedere.
“Io sono la Principessa di Vega, saremmo diventati marito e moglie se non ci fosse stata la guerra, e vado sulla Terra ad offrirgli una soluzione di pace. Duke saprà cosa fare…”
“Rubina, non ha senso quello che lei sta per fare!”
Zuril le si avvicinò e lei si ritrasse. Cercò di liberarsi da quello che le parve un tentativo di serrarla in un angolo della stanza, ma lui le fu addosso.
“Non permetterò che lei si metta in pericolo.”
Zuril cercò invano di avvicinarla a sé ma lei si divincolò. Ansimante la donna raggiunse la porta e fuggì fuori dalla stanza:
“Non osate più ad avvicinarvi a me ministro, o riferirò a mio padre del vostro ignobile comportamento!”
La sua voce stridula rimbombò nel corridoio.
Lui la raggiunse e furioso la strattonò per un braccio:
“Rubina! Lei sarà mia, che le piaccia o no ho il consenso di suo padre! E ora faccia pure quello che vuole, in ogni caso questa guerra sta per finire!” tuonò Zuril.
Non riconoscerai più Duke Fleed, principessa ribelle… ti sembrerà viscido e ripugnante e allora io ti salverò; dopodiché sarai mia, solo mia, come l’impero che un giorno erediterai, e nessuno parlerà più di quel demonio fleediano.
Mollò la presa, era inutile tentare di fermarla. Avrebbe sfruttato l’occasione per uccidere Duke Fleed.
Devo solo aspettare il momento giusto!

Rubina corse allo spazioporto con il cuore in gola e lo stomaco che stava per rivoltarsi.
Raggiunse la sua navicella, si sedette al posto di comando, allacciò la cintura di sicurezza e con un ordine vocale avviò i motori.
Attese con i nervi a fior di pelle che il mezzo fosse pronto a mettersi in moto.

Era appena sfuggita alle attenzioni indesiderate di Zuril e aveva appena scoperto che suo padre l’aveva promessa in sposa a lui.
Si sentì un oggetto.
Pensò poi a Duke, a quello che le aveva appena detto Zuril e uno spasmo le strinse la gola.
Portò la mano alla bocca per soffocare la voglia di vomitare e con la vista offuscata da lacrime di rabbia iniziò le manovre di decollo.

Fine seconda parte
-continua-

Beh... Zuril come Noah, ma se lei si é abbandonata fra le braccia del fleediano, con gran piacere di entrambi, lo stesso non é valso per il prestante ministro delle scienze, che alla fine si rivela non proprio quel gran signore che é sempre stato...

Per queste ed altre considerazioni, qui:
https://gonagai.forumfree.it/?t=70414904&st=930#lastpost
view post Posted: 16/2/2019, 19:27     +1Risposte - Libri
scusate se mi intrometto... :via: :via: :via: :asd: :asd: :asd: :diablo: :diablo: :diablo: :innocent.gif:
tentazione troppo forte
view post Posted: 16/2/2019, 17:19     +1Actarus ARF! e non solo (ex Actarus il lercio) - Goldrake Saga
Eh beh... va bene i precedenti , ma adesso tocca a LUI. Come la mia Rubina, ho retto tutto questo tempo perché in attesa di ritornare a "muovere" LUI (come lei é in attesa di incontrare lui... )

Scusate l'OT...
mi faccio perdonare...
e già che é ora di merenda...
500 replies since 20/9/2014