17.L’estate era oramai alle porte, calda e quasi soffocante. Il sole era generoso e non di rado la sera si sviluppavano temporali spettacolari, di insolita violenza e bellezza, e Actarus amava quei momenti.
No, niente era stato più lasciato al caso: era giunto il momento di partire.
Aveva solo un grande rimorso: Venusia.
Durante la guerra era riuscito a non illuderla, si era trattenuto, e quasi l’aveva respinta per non vederla soffrire a causa sua e non dover soffrire a sua volta. Ma alla fine le sue difese avevano ceduto, e si era lasciato coinvolgere da quell’amore che per molto tempo aveva cercato di allontanare; forse era accaduto per sfinimento, forse perché si era trovato in fin di vita, o forse perché desiderava provare l’ebbrezza di un sentimento a cui altre volte aveva dovuto rinunciare. Ma ora questo rendeva tutto più difficile.
Quanto avrebbe desiderato che partissero insieme!
Lei sapeva dove trovarlo: silenziosa e discreta come sempre, aggraziata come petali di fiori al vento, gli si avvicinò cingendolo ai fianchi. Non ebbero bisogno di parlare, si erano già detto tutto e promesso l’impossibile per ingannare l’evidenza. Lei aspettava solo che lui le dicesse quando sarebbe partito. Non aveva voluto saperlo per non trovarsi a contare i giorni e le ore che avrebbero ancora potuto trascorrere insieme, ma sapeva in cuor suo che la partenza era oramai imminente… le aveva accennato che sarebbe stato d’estate, e ora quell’aria calda e umida carica di tensione appariva fin troppo premonitrice…
Stettero seduti abbracciati ad osservare quel temporale dalla terrazza del Centro.
Poi Actarus incrociò il suo sguardo disarmante, e accarezzandole il volto le mise tra i capelli un crisantemo rosso … baciò sfuggente le sue labbra pallide e poi la strinse a sé cullandola come fosse una bambina indifesa.
“Sarà domani …”
Dominava a stento le sue emozioni, ma non voleva che lei lo vedesse così; desiderava invece infonderle quella sicurezza e forza d’animo di cui avrebbe avuto bisogno dopo la sua partenza.
La ragazza trattenne il fiato e spalancò gli occhi: era sull’orlo di un abisso ed il senso di vuoto le penetrò nelle viscere. Doveva resistere, ancora per poco; voleva mostrarsi forte e coraggiosa e non disperata. Si sforzò di compiacere a quella menzogna che voleva vederla felice del fatto che lui potesse coronare il suo sogno.
Si guardarono a lungo in un silenzio irreale, poi lui si allontanò da lei dicendole che sarebbe tornato più tardi …
Lo vide incamminarsi verso l’hangar di Goldrake per una ultima volta, poi udì solo il rimbombo dei suoi passi allontanarsi nel corridoio vuoto.
” Duke! ...” Mormorò.
Non lo aveva mai chiamato con quel nome, gli aveva detto che per lei sarebbe sempre stato Actarus, ma ora in lui non vedeva più nulla che glielo ricordasse…
18.Aveva bisogno di stare sola, si era rannicchiata accanto alla finestra della camera da letto e guardava il cielo ancora carico di nubi pesanti e umide.
Si era promessa che non avrebbe pianto, e aveva lottato contro quelle lacrime che le ferivano gli occhi, ma ora non riuscì più a trattenerle: sgorgarono violente e dolorose come lame affilate e i singhiozzi la scuotevano fin dentro nelle ossa.
Alzò gli occhi esalando un lamento di disperazione per poi ritornare a piegarsi su sé stessa.
Se ne stava lì, accovacciata e immobile nel suo immenso dolore. Eppure doveva aspettarselo questo momento, sapeva che sarebbe arrivato, ma in cuor suo sperava che questo giorno non vedesse mai l’alba.
La porta si aprì e l’elegante figura di quel Principe alieno si fece silenziosamente avanti.
Actarus non aveva idea se fosse stato tanto o poco convincente con le sue promesse. Non voleva illuderla ma ci credeva e teneva a lei come alla sua stessa vita. Tante, troppe incognite si prospettavano all’orizzonte, e lui le stava chiedendo tempo e fiducia. Ma fino a che punto era stato onesto con lei e con sé stesso?
In cuor suo celava il segreto dei suoi più intimi desideri, che non osava svelare neppure a sé stesso per non cedere al fascino dell’illusione. Aveva preso la sua decisione, dolorosa e per certi versi contrastante, ma era giusto così. Lo straziava solo il fatto di non aver lasciato possibilità di scelta a Venusia.
Questi pensieri, come demoni, sarebbero presto diventati i suoi compagni di viaggio.
Si avvicinò a lei e provò una fitta al cuore nel vedere quegli occhi dolci e sinceri, cosi gonfi e arrossati dal pianto.
Non l’aveva mai vista così.
Venusia per la prima volta avrebbe voluto urlargli contro il suo dolore e la sua rabbia, ma si rese conto di quanto penasse anche lui per quella situazione. Conosceva troppo bene quegli occhi blu, cupi e profondi; aveva imparato a vedere oltre, nell’animo di quell’uomo meraviglioso e straordinario che le stava di fronte. Voleva credere alle sue promesse, anzi doveva, altrimenti sentiva che sarebbe potuta anche morire di lì a poco, quando l’avrebbe visto innalzarsi lontano nel cielo fino a scomparire nell’infinito.
Si inginocchiò innanzi a lei e le sollevò il mento asciugando le lacrime con estrema delicatezza, poi appoggiò il palmo della mano sulla sua guancia umida.
Venusia guardò intensamente il volto pallido e meraviglioso del Re di Fleed e chiuse gli occhi con una smorfia di dolore.
No, non poteva più guardarlo.
Lui le cinse le spalle e l’aiutò a sollevarsi da terra appoggiandola al suo petto e stringendola a sé, contro il suo cuore. La prese in braccio come sempre, chiedendole per un’ultima volta di abbandonarsi a lui. La osservava come per trattenere nei suoi ricordi l’immagine del suo volto per sempre. Dolcemente l’adagiò sul letto chinandosi su di lei. Le loro labbra si sfiorarono cercandosi, e quel bacio soffocò il dolore per la separazione imminente.
Sospiri carichi d’emozione si confusero a gemiti convulsi, mentre i loro corpi si intrecciavano accendendo quel desiderio nutrito dal senso dell’abbandono. Furono carezze e baci, e una dolce nostalgia li accolse asciugando le ultime lacrime. Si unirono nel tormento di quell’ultimo atto d’amore, come in una danza, liberi di appartenersi fino allo sfinimento, per essere certi di riuscire a ricordare ogni istante di quella loro passione che presto sarebbe diventata solo una prospettiva seducente.
Epilogo:
L’alba di un giorno nuovo giunse inesorabilmente, pesante di quelle aspettative ed emozioni che li avrebbero segnati per sempre.
Poche parole, solo sguardi sfuggenti per non lasciare il tempo alle emozioni di manifestarsi, per credere in un arrivederci, per consentire a ciascuno di raccogliersi nell’intimità di quelli che sarebbero diventati presto ricordi indelebili.
L’aria rarefatta di un mattino d’estate si vestì di un silenzio irreale, e solo il lamento del vento tra gli steli d’erba sembrava voler sottolineare lo smarrimento delle loro anime di fronte al nulla.
Il mondo circostante aveva già cambiato colore e la seducente malinconia della solitudine li sorprese come un colpo di vento.
Accarezzò con gli occhi per un'ultima volta il volto sincero della donna che amava, poi Goldrake si levò leggero nel cielo bianco di sole.
Chiunque avesse visto la sua luce in quel momento l’avrebbe scambiata per una meteora come tante.
Ritornavano a quell’immaginario che ai più pareva ancora impossibile, ma per loro, che li avevano accolti e che ne avevano condiviso gli ideali, i segni del loro passaggio erano impressi nella mente e scalfiti nel cuore, e nulla sarebbe stato più lo stesso.
Un lungo grido silenzioso le salì in gola, tagliente come una punta di diamante e bruciante come una lingua di fuoco; chiuse gli occhi e si sentì trascinata nella voragine di quello sconforto che non aveva più ragione di trattenere. In quegli istanti eterni la sua luce era scomparsa nel vuoto sovrastante, risucchiata da una dimensione a cui lei non poteva accedere. Le aveva detto che erano tutti figli delle stesse stelle e che per questo un giorno si sarebbero ritrovati per non lasciarsi mai più… una frase buttata al vento, con un senso profondo e sfuggente come ogni attimo della vita di quel principe venuto da un mondo lontano.
Guardò Procton, gli occhi vitrei di un padre che soffre in silenzio, e si abbandonò all’abbraccio di quell’uomo frastornato che condivideva il suo stesso dolore.
La strinse forte a sé come una figlia, e le disse che solo chi ama veramente sa lasciar partire l’amato all’inseguimento del proprio destino. Sapeva però che era stata donata loro quella certezza che, se mai un giorno fosse ritornato, sarebbe stato per il richiamo nostalgico di quell’amore unico e sincero che aveva trovato sulla Terra e che sapeva aspettare…
***** FINE *****
... Per piangere insieme , per maledirmi e per tutto il resto, qui...
#entry571223521Edited by pianetaazzurro - 15/3/2015, 16:20