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Delari
view post Posted on 21/12/2015, 10:49 by: Delari     +1   +1   -1
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Grand Pez di Girella

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L’albero coniugale
Racconto satirico


Avevo sempre riso dei frenetici che, mordendosi le labbra, si fanno venire capelli bianchi e attacchi di bile settimane prima del Natale per via dell’abete.
Per esempio nonno Francesco, di cui mi raccontò mia moglia una sera di avvento, un’uomo gentilissimo che andava d’accordo con tutti, con due sole eccezioni: sua moglie e gli alberi di Natale.
“Era una sorta di circolo vizioso,” spiegò mia moglie. “Aveva una tale paura di portare a casa un abete che non piacesse alla moglie che ogni anno andava dal venditore ancora più tardi. Per poi tornare a casa con i peggiori bidoni possibili.” Ridacchiò. “Quando arrivavamo per aprire i regali mia nonna stava sempre in cucina a fare il muso, mentre dal salotto sentivamo lui che imprecava mentre perforava il tronco dell’albero in diversi punti e aggiungeva altri rami. Ci impiegava una vita. Dapprima la festa di Natale veniva rinviata solo per due o tre ore, poi al giorno seguente. L’ultima festa di Natale prima che la nonna divorziò la festeggiammo mezz’ora prima di Capodanno.”
“Possibile che delle persone adulte non possano comportarsi ragionevolmente con queste cose,” dissi io, scuotendo la testa. “In fondo si tratta solo di un albero!”
“Sono contenta che con noi non sia così,” annuì mi moglie. “Tu porti sempre a casa abeti magnifici. E anche se una volta ce ne fosse uno non tanto bello - che importanza ha? L’importante è che ci vogliamo bene.”
Ci abbracciammo con trasporto.

Quando diedi un’occhiata al calendario la mattina dopo mi accorsi che mancavano solo tre giorni alla vigilia di Natale.
Il venditore di abeti all’angolo del nostro isolato, un’omaccione grande e grosso, aveva ancora molta varietà di scelta.
Domandai se aveva degli abeti nordici, perché perdono gli aghi più tardi; mi presentò tre esemplari ben fatti, di grandezza diversa. Decisi di acquistare l’esemplare medio, alto circa due metri.
“Certo che ha deciso molto in fretta,” mi disse il venditore mentre gettava gli altri due abeti sul loro mucchietto. “E’ scapolo, o forse divorziato?”
“Perché?” domandai.
Il venditore si mise a ridere.
“Se avesse una moglie o fidanzata impiegherebbe molto più tempo per scegliere. Sa, nella maggior parte delle famiglie l’albero di Natale è una faccenda delicata.”
“Ce l’ho una moglie,” mi sfuggì. “Cosa c’entra?”
“Oh,” disse il venditore di abeti e appoggiò a terra l’abete che stava per impacchettare in una rete. “E’ sicuro di non voler fare almeno una breve chiamata a casa? Ha con sè il cellulare?”
“Perché?” chiesi attonito.
“Per evitare inutili guai,” disse il venditore. “Non mi va di mettermi a discutere con Lei per ore se domani vorrà restituirmi questo perfetto albero. Solo perché sua moglie dice che è troppo grande o troppo piccolo.”
“Non accadrà. Perché dovrebbe?” chiesi.
“L’altro anno ho sentito di tre divorzi a causa di abeti della grandezza sbagliata,” disse il venditore. “D’accordo, un caso è stato a proposito, il signore aveva conosciuto un’altra al mercato natalizio e...”
“Non si preoccupi!” lo interruppi con grande fermezza. “Ci sono già stato con mia moglie, al mercato natalizio! Inoltre lei si fida ciecamente di me quando si tratta di abeti. Questo Le basta?”
“Allora, perdiana, Lei è una vera eccezione,” sospirò l’uomo. “Io ho cominciato a vendere abeti appunto per avere l’opportunità di scegliere l’abete migliore già mesi prima del Natale. Si figuri che l’anno scorso una donna ha inseguito suo marito tra gli abeti a suon di schiaffi, solo perché aveva scelto un albero che secondo lei era troppo storto. Storto, si figuri. Ah, ah, ah...”
Sopprapensiero tirai dalla tasca il cellulare per chiedere a mia moglie se dovevo comprare anche delle mele per il muesli.
“...cioè, se riesco a entrare nel negozio di ortaggi, insieme all’abete,” aggiunsi casualmente. “Ne prendo uno alto circa due metri, dovrebbe essere proprio la misura giusta per il nostro salotto.”
“Non è necessario che tu vada anche a comprare le mele,” disse mia moglie. “L’abete deve essere pesante.”
“Potrei anche prendere un abete più piccolo, così è più leggero,” aggiunsi subito. “Oppure uno che arriva al soffitto, così fa più colpo.”
“Prendi quello che ti piace di più,” rispose mia moglie.
“Certo,” dissi io. “Se tu non hai preferenze.”
“Oh, suonano alla porta. Deve essere il fornitore di bevande!” esclamò mia moglie. “A dopo, sbrigati che non vedo l’ora di vederti!”
“Allora, lo posso impacchettare ‘sto abete?” domandò il venditore, sospettoso.
“Naturalmente,” dissi. “Sebbene... Abbia la cortesia di tenerlo diritto ancora per un momento.”
Dopo avere girato intorno all’abete per la terza volta notai una stranezza. Solo una bazzecola, ma si notava subito guardando attentamente.
“In teoria, l’albero va benissimo,” dissi. “Ma vede questa leggera curvatura? Non ne ha forse uno un po’ più diritto?”
Il venditore ispirò aria profondamente. Quindi mi portò a ispezionare due altri abeti nordici, che avevano all’incirca la stessa grandezza.
Il mio occhio adesso più allenato si accorse che uno degli abeti era troppo folto in basso, il che avrebbe reso difficile decorarlo. Il secondo, invece, aveva una punto vuoto più in alto.
“Vada per il primo,” decisi. “E’ chiaro che è il migliore.”
“Ottima scelta,” lodò il gigante. “Spero che sua moglie sia della stessa opinione."
“Che cosa direbbe Lei, con la Sua esperienza?” domandai. “Quale abete disturba la festa di Natale di meno, uno troppo folto alla base, uno con un punto vuoto in alto o uno che è un po’ storto?”
Lui si strinse nelle spalle. “E’ la Sua moglie, non la mia.”
Ignorai la sua impertinenza e tirai fuori di tasca un’altra volta il cellulare.
“Dove sei?” domandò mia moglie. “Ancora a comprare l’abete?”
“Sì, sono stato trattenuto,” dissi. “Ho tre alberi per la scelta finale: uno ha una punto vuoto vicino alla cima, uno è molto folto in basso, e l’altro è un poco storto. Penso che prenderò quello storto... Ma veramente volevo chiederti se devo portare a casa anche dei limoni.”
“Sì, ottima idea!” rispose mia moglie. “Adesso sbrigati a tornare a casa! Era mia madre, ci ha portato un tronco di Natale.”
“Va bene,” dissi. “Allora porto a casa l’abete un po’ storto. Circa due metri, come dicevo. Verde bluastro, aghi a punta, un po’ arrotondati. Sono sicuro che ti piacerà.”
“Non sarà certamente storto come quello di Marco,” rise mia moglie.
“Marco?” chiesi io. “Perché?”
“Poco fa mi ha chiamato Caterina,” spiegò mia moglie. “Hanno bisticciato tremendamente perché Marco ha portato a casa un albero storto da far paura. Caterina è tornata ad abitare dai suoi. Ma posso raccontartelo anche dopo, adesso vieni a casa!”
Cominciai a riflettere febbrilmente.
“Non ha forse un’alternativa?” chiesi al venditore. “Un abete che non ha un punto vuoto in cima, non è troppo folto in basso e non è storto?”
“Gli alberi sono prodotti della natura,” mi rispose l’uomo, spietato. “Crescono come gli pare, non come lo dice Sua moglie. Io stacco per oggi. Allora, si decide?”
Di norma mi sarei allontanato mandando quell’uomo al diavolo. Ma la vigilia di Natale incombeva. Quindi pregai il venditore di riservarmi tutti e tre gli alberi fino a Natale.
“Non posso,” rispose lui. “Natale è fra tre giorni. Ma ho abeti in abbondanza. Per sicurezza venga domani insieme a sua moglie.”
“Non è necessario, faccio da solo!” esclamai.

Mia moglie era sorpresa di vedermi senza abete.
“Non è così facile,” dissi alla leggera. “Quest’anno non c’è molta scelta.”
“E’ quello che ha detto anche Marco,” disse mia moglie. “Però bisogna ammettere che porta sempre a casa abeti bruttissimi. Ti ricordi che roba due anni fa? Ne parlavamo tornando a casa, ti ricordi?”
No, non me ne ricordavo. Proprio per niente.
La sera del giorno dopo il venditore aveva una scelta nettamente inferiore. I miei favoriti del giorno prima mancavano.
Il venditore si strinse nelle spalle. “Li ho venduti tutti stamattina. Ma ne ho ancora tre di quella misura.”
Il primo aveva un’enorme punto vuoto. Il secondo era così folto che non sarebbe stato possibile pigiare una sola pallina tra i rami. Il terzo invece, lo vidi a prima vista, era perfetto. Aveva le proporzioni giuste, non aveva punti vuoti da nessuna parte e non era troppo folto. Inoltre era dritto in maniera esemplare.
“Mi piace che Sua moglie non si irriti se un abete ha una doppia punta,” disse il venditore mentre si accingeva a impacchettare l’albero nella rete.
“Doppia punta?” ripetei.
“Quest’albero mi è già stato riportato due volte,” disse il venditore. “Anche se avevo già offerto di abbassare il prezzo di cinque euro.”
“Aspetti un attimo,” dissi, estrassi il cellulare e dissi a mia moglie che la libreria di fronte a casa nostra aveva già chiuso, altrimenti al ritorno avrei comprato un libro a proposito di simbolismi, soprattutto il simbolismo delle doppie punte, perché anche il nostro abete ne avrebbe avuto una...
“Caro,” disse lei inspirando aria udibilmente, “se hai trovato un bell’abete, portalo! Non importa quante punte ha.”
Solo per scaramanzia chiesi al venditore di girare l’albero un’ultima volta. In quella mi accorsi che era un po’ storto. Non molto, ma in maniera visibile, soprattutto da vicino e guardandolo di sbieco dal basso.
“Si nota molto?” chiesi al venditore. “Cosa ne dice Lei?”
“Prenda uno degli altri due,” rispose lui e mi lasciò per dedicarsi al prossimo cliente.
Esaminai, guardando da diversi punti, se gli altri due infelici alberi con il punto vuoto o con i rami foltissimi non erano forse altrettanto accettabili (negativo!) e per prendere una migliore decisione volli mettere vicino l’abete a doppia punta per fare il paragone.
“Lo ha appena comprato il signore là in fondo,” mi informò il venditore. “Sua moglie ha detto che è troppo storto, vero?”
Piantai in asso sia lui che i suoi alberi compromessi.

Quella sera mia moglie tentò di dirmi due o tre volte di non preoccuparmi troppo per l’abete, quello stupido albero davvero non era la cosa più importante del Natale.
“Ma ho già scelto un abete,” risposi. “Devo solo andare a prenderlo, domani.”
“A prenderlo?” chiese lei. “Scusa se te lo dico, ma mi sembri un po’ irritato.”
“Certo! Solo a prenderlo!” dissi. “Non ti preoccupare.”
Il giorno dopo, quatto quatto, uscii un’altra ora prima dall’ufficio per andare in cerca di altri punti vendita di abeti natalizi nelle vicinanze. Ce ne erano due.
Il primo aveva in offerta quattro abeti nordici che a prima vista erano accettabili. A seconda vista si notava però che tre di essi avevano dei punti vuoti vicino alla punta. Il quarto in basso era fitto come il pelo di una pecora delle Ebridi.
Al secondo punto vendita incontrai Marco. Camminava su e giù per una fila di dieci abeti stesi per terra, con il venditore che lo seguiva, visibilmente stufo.
“Caterina mi ha dato un’ultima possibilità,” mi disse Marco con voce fioca e quindi mi prese per il braccio. “Non posso permettermi di sbagliare ancora! Tu te ne intendi. Quale prenderesti?”
Vidi subito che c’era un solo abete abbastanza bello. Per inciso: era l’unico abete nordico rimasto.
“Grazie!” sussurrò Marco prima di abbracciarmi e scomparire insieme all’abete.
“Non ha altri abeti nordici in vendita?” chiesi al venditore.
Lui indicò gli alberi che erano per terra. “Che ti aspetti, capo?” domandò. “Sono tutti quelli che ho. La vigilia di Natale è domani.”
Tornai all’altro punto vendita per dare un’occhiata all’albero troppo folto in basso.
“L’ho appena venduto,“ disse il proprietario. “Ma ho ancora in offerta alcuni abeti rossi belli diritti. Perdono gli aghi più in fretta, ma comunque...”
Esitavo.
“Avrei anche un pino deformato,” disse il venditore. “Se lo appoggia vicino al muro perché non caschi da un lato, guardandolo da destra è piuttosto bello.”
Telefonai a mia moglie per dirle che quell’idiota di un venditore di alberi aveva tenuto in riserva per me l’albero sbagliato e che ora rimaneva solo una scelta tra un pino deformato e qualche abete rosso. “Naturalmente non mi sognerei di comprare questa robaccia,” conclusi. “Non vorrei che tra noi vada come tra Marco e Caterina.”
“Ma no,” disse mia moglie, “che ti viene in mente? Per favore, vieni a casa adesso. Se vuoi andiamo insieme a scegliere l’albero, domani.”
“No grazie, cara,” dissi. “Posso fare da solo.”

Con il berretto tirato sul viso tornai dal primo venditore, sperando che quel bellimbusto non mi riconoscesse.
“Ah, è ancora Lei,” mi disse.
“Mi faccia vedere i Suoi abeti nordici,” dissi. “Tutti!”
“E’ facile,” schernì lui. “Me ne è rimasto solo questo.”
Era l’abete con il punto vuoto più grande di tutti quelli che avevo visto finora.
“Può anche infilarci dentro qualche ramo, così non si nota,” mi propose il venditore. “Glieli posso dare io.”
“No!” risposi inorridito. “Non sono ridotto a questo!”
“Lì in fondo ho ancora due abeti bianchi e rossi. E due pini,” disse lui. “Se vuole può andare a guardarli da solo, ho qui della clientela che è pronta ad acquistare.”
Ormai era così buio che non riuscivo neppure a vedere dove si trovavano gli alberi.
“Quando apre bottega domani?” chiesi al venditore.
“Alle otto e mezza,” rispose lui mentre annodava la rete in cui si trovava l’abete nordico con il punto vuoto, appena comprato da una coppia di pensionati che ridacchiavano tutti contenti.
“Per domani otterrà rifornimento di alberi?” chiesi come ultima speranza.
“Domani è la vigilia!” mi rimproverò lui. “Lo dica a Sua moglie!”

Quando tornai a casa mia moglie aveva preparato un punch. Dopo circa un’ora tentò di scoprire come progrediva l’acquisto dell’albero.
“Tutto a posto,” dissi a denti stretti. “Ho parlato con il venditore. Domani gli mandano degli alberi freschissimi.”
Quella notte mi girai nel letto senza prendere sonno fino alle cinque e mezza; quindi mi alzai pianissimo e telefonai a Marco per chiedergli come andava il suo matrimonio e dirgli che se stava andando male ero pronto a comprare l’abete da lui. Quell’ingrato mise giù senza rispondere.
Alle otto e un quarto ero già arrivato al punto di vendita abeti.
“Ma guarda, è già qui,” disse il gigante quando arrivò poco prima delle nove.
Trovai un abete bianco che aveva un punto vuoto in cima ed era troppo fitto in basso, e un abete normale con una punta lunghissima e un tronco storto, che aveva già incominciato a perdere gli aghi.
“Benissimo, li prendo entrambi,” mentii. “Vado solo in fretta alla banca, ho dimenticato i soldi.”
L’altro venditore stava appena per aprire quando arrivai trafelato.
“Prendo uno degli abeti rossi,” ansimai.
“Venduti da un pezzo,” rispose lui facendo cenno di no. “Mi è rimasto solo il pino deformato da appoggiare al muro. Posso anche farle uno sconto.”
Tornai di corsa dal primo venditore sorpassando un’uomo grasso e tarchiato che correva più lentamente di me.
“Allora...” ansimai tirando fuori il portafogli.
Il gigante si strinse nelle spalle. “Spiacente, ho venduto entrambi gli alberi. Non potevo sapere se fosse tornato.”
Per un attimo riflettei di strangolarlo, ma poi ci ripensai.
“Cosa Le resta?” chiesi con voce sorda.
“Tre abeti rossi,” dissse il venditore.
Uno degli abeti rossi aveva punti vuoti da ricordare i denti di un vecchio, uno era deformato, il terzo era abbastanza bello (da quanto si possa dire che gli abeti rossi siano belli come alberi di Natale), ma aveva tre punte.
“Lo prendo,” dissi flebilmente. “Potrebbe dare un taglio diritto al tronco?”
“Oggi è il giorno della vigilia,” disse il venditore e non fece cenno di muoversi.
“Non è un problema,” disse l’uomo tarchiato e si spinse di fronte a me. “Non deve sporcarsi le mani. Io prendo l’albero così com’è.”
“Un attimo!” dissi. “Voglio comprarlo io quest’albero!”
“Non lo ascolti,” disse l’uomo tarchiato al venditore. “Le do dieci euro in più.”
“Venti,” disse il venditore.
“Venticinque,” dissi per riflesso.
Arrivati a cinquanta euro dovetti smettere, non avevo abbastanza denaro con me.
“Mi dispiace,” mi sussurrò l’uomo tarchiato prima di andarsene con l’abete. “Tra me e mia moglie le cose non vanno molto bene.”
“Mi dia il pino deformato”, dissi al venditore con voce spenta.
“Spiacente,” rispose lui. “Questo lo porto in centro e lo metto all’asta tra un’ora, ormai lì è invaso da mariti disperati. Posso darle il pino con i punti vuoti. E’ l’ultimo albero che ho. Quanto mi offre? Accetto tutte le carte di credito e gli eurocheques.”
Pagai un prezzo utopico. Con aggiunta di un’altra somma altissima mi diede anche alcuni rami sciolti.
“Ne avrà bisogno,” mi disse. “Buone feste. E auguri per il Suo matrimonio.”

In cortile incontrai il nostro portinaio. Quando mi vide con il mio albero si mise a ridere a crepapelle.
“Poveraccio!” esclamò, “mai visto un bidone simile! A parte quello di mio cognato... cioè, adesso è il mio ex cognato...”
Lo misi a tacere con un solo sguardo, gettai il pino nell’immondezzaio ed entrai in casa a mani vuote, pronto a dare il via alla fine del mio matrimonio.
“Non ti arrabbiare,” disse mia moglie non appena mi vide.
Indicò un angolo del salotto.
Lì c’era qualcosa. Un albero. Un bellissimo abete bianco.
“C’è un punto vendita di fronte al mio ufficio, e questo albero mi è parso tanto bello. E il tuo cellulare era spento...”



Traduzione: dicembre 2015.
Disclaimer: eseguita senza fini commerciali, solo per uso privato.


Per recensioni e commenti: https://gonagai.forumfree.it/?t=71738486

Edited by Delari - 30/12/2015, 15:13
 
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