Daitarn Origini
1Il mio nome è KorosLo devo uccidere! Lo devo uccidere!
Ripeteva la piccola Koros mentre ammucchiava nervosamente la sabbia con le mani; il rumore del mare le dava fastidio.
Lei avrebbe potuto fare tante cose, sentiva dentro di se una grande creatività, avrebbe voluto costruire un maestoso castello…con la sabbia, ma non aveva nemmeno un piccolo secchiello ne una paletta.
Il bambino vicino a lei invece aveva un secchiello bellissimo ma era un incapace e l’unica cosa che sapeva fare erano ammassi informi gettando sabbia sulla sabbia.
A dividerli era il secchiello. A dividerli era l’abilità. A dividerli era un grosso masso sulla sabbia.
Koros ora stava edificando il suo maestoso maniero con la sabbia, con il secchiello.
Il grosso masso era sporco di sangue!
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La devo uccidere! La devo uccidere!
Si ripeteva Koros. Aveva solo dodici anni ed era costretta a vivere in uno scantinato insieme alla madre e ai suoi due fratellini, nonostante la nonna possedesse quell’immensa villa.
Sua nonna, che non aveva mai perdonato alla figlia di aver sposato un uomo che lei disapprovava, un uomo che poi l’aveva lasciata.
Ma è davvero tanto importante per gli esseri umani innamorarsi e accoppiarsi? Si domandava Koros.
La luce che trapelava dalle ampie finestre dell’attico riempiva l’intera stanza. Tutto era diverso ora, la nonna era morta!!
Basta poco quando si è avanti con l’età, il cuore è compromesso e si ha un forte raffreddore. La nonna aveva bevuto troppa camomilla!!
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Lo devo uccidere! Lo devo uccidere
Ripeteva Koros. Lei non aveva mai capito perché uomini e donne si cercano, perchè uomini e donne si amano, ma aveva voluto sperimentare anche quell’esperienza, con quel ragazzo, nonostante lo ritenesse un essere inutile, molto più stupido di lei, come quasi tutti.
Eppure quell’idiota l’aveva messa alla berlina davanti a tutta la scuola, l’aveva umiliata diffondendo voci poco edificanti sul suo conto e compromettendo le sue possibilità di entrare in un prestigioso college, nonostante la sua media elevata. Una media che lui non avrebbe mai potuto sognare.
Per quell’insignificante ragazzo esisteva solo la sua auto sportiva…è stato giusto che ci morisse dentro in quell’incidente!!!
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La devo uccidere! La devo uccidere!
Ripeteva Koros a denti stretti. Nonostante i voti eccellenti, quell’insulsa grassona della presidenza di facoltà aveva respinto la sua domanda per fare da assistente al professore, adducendo come scusa che era solo al secondo anno. Nessuna regola proibiva formalmente ad uno studente del secondo anno di svolgere l’incarico di assistente, soprattutto se aveva una media tanto alta. Nessuna regola scritta, solo la consuetudine, la presa di posizione di quell’insulsa grassona repressa che valeva la metà di lei. Se solo non ci fosse stata, se solo fosse morta, nessuno l’avrebbe pianta.
E infatti nessuno l’ha pianta!
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Li devi uccidere! Li devi uccidere!
Questo era l’ordine con cui Koros aveva programmato Don Zauker.
Nonostante fosse laureata in medicina, da quando era giunta sulla colonia marziana aveva affiancato il professor Haran Sozo, un brillante ricercatore di cibernetica, e l’aveva assistito nella creazione di quell’essere prodigioso. Di quell’arma bellica dalla devastante potenza!
Don Zauker era un simbolo, con il suo mantello scarlatto Don Zauker era il paladino della colonia marziana. Tutti amavano Don Zauker, tant’è che il team scientifico ne aveva anche rimodellato il volto che da uno scheletro di metallo aveva assunto dei lineamenti simili a quelli un uomo ed ora era anche capace di espressioni facciali.
Dotato di una rivoluzionaria neuro corteccia che lo rendeva simile ad essere pensante quasi del tutto autonomo (e comandabile dall’esterno soltanto attraverso un particolare dispositivo di controllo) e di un corpo d’acciaio impenetrabile, Don Zauker aveva contribuito a sedare numerose rivolte ed era stato impiegato con successo dall’esercito anche contro i pericolosi secessionisti del side di Deimos. Da solo Don Zauker era in grado di tenere testa ad un intero battaglione e lei, Koros, aveva contribuito a crearlo, aveva assistito il professor Haran, quell’uomo così diverso dagli altri, un uomo eccezionale, un uomo che credeva in lei!
Possibile però che mentre loro erano intenti a rivoluzionare la scienza. potevano continuare ad esistere individui così infimi e superficiali come i due adolescenti che Koros sentiva amoreggiare nel modulo abitativo dalla cabina confinante con la propria?
KorosDon Zauker (prototipo)--------------------------------------------------------------------------
La devo uccidere! La devo uccidere!
Si ripeteva Koros. Lei aveva dato tutta se stessa a quell’uomo, il suo corpo, il suo spirito!
La stessa scienza che aveva dato vita a Don Zauker infatti aveva generato protesi e organi artificiali perfetti e in grado di essere impiantati nel corpo umano senza nessun pericolo di rigetto, ma il piano del professor Haran era molto più ambizioso.
Le sue ricerche avevano avuto un’applicazione per lo più militare e non era raro che l’esercito terrestre richiedesse nuovi modelli di robot da guerra (nei laboratori di Marte era stato creato anche un prototipo speciale, denominato Daitarn 3 in grado di trasformarsi in tre diverse configurazioni, ma tale modello non era mai strato impiegato in battaglia o prodotto in serie), ma lo scienziato ambiva a far raggiungere alla specie umana un nuovo stadio evolutivo e renderla capace di solcare i confini del Sistema Solare e colonizzare lo spazio.
Un numero sempre maggiore di abitanti della colonia marziana avevano sostituito progressivamente le parti organiche dei propri corpi con degli impianti bionici diventando dei cyborg, mossi dal desiderio di conquistare l’immortalità e di sconfiggere la vecchiaia e le malattie; ma non sempre l’operazione di conversione aveva il risultato sperato e con il tempo gli organismi cibernetici deterioravano, in altri casi invece l’operazione rendeva i soggetti mentalmente menomati.
Haran Sozo però non si lasciava scoraggiare dagli insuccessi e portava avanti i propri studi con zelo e applicazione.
Koros affascinata dal sogno di Sozo si era offerta volontariamente come cavia e il suo corpo era stato numerose volte modificato e perfezionato. Sotto la sua pelle apparentemente umana, ormai la ragazza era simile in tutto e per tutto a Don Zauker sviluppando nei confronti della creatura un senso di attaccamento e quasi di affetto non molto dissimile da quello che provava per il suo creatore.
Koros si sentiva gratificata a spogliarsi della propria umanità residua come dei vestiti per affrontare nuovamente il bisturi di Sozo. Il fatto di essere operata da lui la faceva sentire realizzata!
Al contrario la ragazza non sopportava affatto quando a mettere le mani su lei era il collaboratore di Sozo, il Professor Minamoto, un individuo viscido e debole dalle mani sempre sudate. Quell’essere così anonimo e insignificante era visto da Koros come un intruso, un’invadente terzo incomodo tra lei e il suo professore.
Ciò in cui Koros si imbattè successivamente però la sconvolse molto di più minando le fondamenta della sicurezza che si era costruita : apparentemente niente di che, una semplice videochiamata che il professor Haran aveva fatto alla moglie, gravemente malata.
Il tono premuroso e accorto con cui il professore si rivolgeva alla moglie provocò in Koros un forte senso di disagio e disgusto, provocandole la pelle d’oca e conati di vomito che la costrinsero ad abbandonare di corsa dal laboratorio.
Una parola in particolare continuava a risuonare nella testa della ragazza : “anata” appellativo confidenziale con cui in Giappone i coniugi sono soliti rivolgersi l’uno all’altro. Anata, anata, Haran Sozo chiamava sua moglie anata!
Di fatto Koros non aveva mai saputo molto sulla famiglia di Sozo se non che poco meno di un anno prima aveva perso il figlio maggiore, probabilmente a causa proprio di una complicazione post operatoria. Il fatto però che il professore, il suo professore, mostrasse una tale confidenza con un’altra donna era per Koros insopportabile, insopportabile come l’aver capito che le continue operazioni a cui l’uomo l’aveva sottoposta avevano la finalità di perfezionare il corpo robotico in cui convertire la moglie al fine di salvarle la vita.
Dopo aver corso a perdifiato fino a raggiungere il laboratorio sotterraneo, Koros cadde in ginocchio. Alzando lo sguardo la donna si trovò di fronte a Don Zauker a riposo e collegato alla propria tecno sedia per l’autoalimentazione.
Fissando lo sguardo inespressivo dell’essere di metallo, Koros non potè fare a meno che sussurrargli : “anata”!
L’idea della moglie di Sozo era diventato un chiodo fisso che continuava a tormentare la ragazza, finchè un giorno questa sopraffatta dalla gelosia decise di recarsi nel modulo abitativo del professore, sapendo bene che lo scienziato era al centro ricerche.
Con la pistola laser stretta in pugno, Koros entrò nella camera da letto della signora Haran. Scostando le tende del letto a baldacchino la ragazza si trovò così di fronte alla sua rivale, una donna bionda e dal volto bellissimo sebbene emaciato dalla lunga malattia.
Le due donne si fissarono negli occhi e la signora Haran sorrise alla ragazza per nulla stupita dalla sua presenza.
Fu allora che Koros realizzò : le continue operazioni a cui l’aveva sottoposta Sozo l’avevano resa a tutti gli effetti un alter ego della signora Haran, non solo nel corpo, ma anche nella mente. Ormai le due donne erano come un’unica entità e Koros un’appendice funzionale alla sopravvivenza dell’altra. Che senso avrebbe avuto quindi sparare a se stessa?
Lasciato il modulo abitativo degli Haran, Koros gettò la pistola per andare a nascondersi mestamente nella propria cabina.
Nello stato d’animo in cui si trovava, le voci della coppia dell’appartamento vicino le apparivano più insopportabili del solito, ma qualcosa stranamente destò anche la sua curiosità.
Uscita del corridoio e avvicinatasi alla porta adiacente semiaperta, Koros scoprì che il ragazzo che era solito amoreggiare a due passi da lei altro non era che Banjo, il figlio minore del professor Haran.
Il ragazzo era solito usare l’appartamento, a cui aveva libero accesso grazie all’influenza del padre, come garsoniere per i propri fugaci incontri con le ragazze. La sua compagna di divertimenti della serata però appariva ben poco divertita accusandolo di averla tradita e minacciandolo di raccontare tutto.
Koros riconobbe la ragazza, era Kasha la nipote del generale Jamitov, uno degli uomini più influenti della colonia.
Una situazione simile avrebbe provocato non pochi problemi al professor Sozo e Koros non poteva permetterlo.
Mentre Kasha in preda a tutte le furie aveva preso il corridoio rincorsa da Banjo, lo sguardo fermo di Koros la fissava intensamente…
Il giorno dopo fu ritrovato il corpo di Kasha Jamitov, precipitata accidentalmente da uno dei ponti della colonia.
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Dovete ucciderli! Dovete ucciderli!
Questo era l’ordine impartito dal colonnello Bask ai suoi uomini.
La colonia di Marte era diventata ormai zona di guerra. Tutto era accaduto molto rapidamente, dapprima alcuni piccoli gruppi di dissidenti che, ritenendosi superiori agli altri abitanti per il corpo meccanico acquisito, si erano resi colpevoli di alcuni violenti atti di terrorismo; successivamente il seme della ribellione aveva germogliato in tutto il pianeta, specialmente nei ranghi dell’esercito che con il tempo aveva preso le redini della rivoluzione.
Le vari cellule di rivoltosi si erano piano piano amalgamante in un’unica organizzazione che reclamava l’indipendenza dalla Terra, un gruppo di questi si era addirittura dato il nome di Cavalieri di Don Zauker, anche se il nome più comune con cui i cyborg avevano ribattezzato la propria condizione era Meganoidi.
Koros odiava il nome Meganoidi, gli suonava ridicolo e pacchiano, come odiava che i militari da sempre si fossero appropriati delle ricerche sue e di Haran Sozo solo per accrescere il proprio potere.
Ma fu proprio l’ultima scoperta dello scienziato a costituire la goccia che aveva fatto traboccare il vaso : gli esperimenti fatti sui robot da guerra dotati di interfaccia neuronale avevano permesso di apportare una modifica rivoluzionaria al cervello artificiale dei cyborg rendendoli capaci di accrescere le proprie dimensioni e trasformarsi in terrificanti giganti di acciaio senzienti, giganti a cui la ribellione aveva dato il nome di Megaborg.
Il caos ormai regnava sovrano sul pianeta rosso, quelle che un tempo erano delle divise dell’esercito regolare ora erano diventate le uniformi dei violenti secessionisti che grazie alla loro maggiore potenza bellica giorno dopo giorno decimavano e schiavizzavano la popolazione civile della colonia il cui tenue movimento di resistenza poco poteva contro la furia dei meganoidi.
Ogni giorno soldati dalla divisa azzurra, dalla maschera di lattice che li rendeva tutti uguali e dai vitrei occhi rossi, faceva fuoco su poveri innocenti.
Anche il laboratorio centrale era stato espugnato!
Koros fuggita miracolosamente alle truppe megaidi, corse a perdifiato verso il modulo abitativo del professor Haran.
Lo spettacolo che le si palesò davanti agli occhi la fece rabbrividire : il professore crivellato di colpi era accasciato sul corpo della moglie morta. Le tende del baldacchino erano logore di sangue, che colava anche dai bordi del letto.
E dire che mancava ancora poco! Il corpo meccanico che avrebbe regalato alla donna una nuova vita, salvandola dal male che la condannava era stato perfezionato! Gli esperimenti a cui era stato sottoposto il corpo di Koros, ormai sempre più simile a quello di una perfetta bambola di porcellana, erano infine stati inutili!
Il professor Sozo, tossendo sangue sulle lenzuola, invoca con un filo di voce il nome di Banjo intimandogli di fuggire, proprio mentre le grida del ragazzo, entrato di corsa nel modulo abitativo, si facevano sempre più vicine.
Il professore e sua moglie avevano organizzato la fuga del figlio a bordo di un’astronave di modello Mother (dotata di un sistema centrale automatizzato sviluppato dal prototipo della neuro corteccia di Don Zauker), su cui era stata caricata anche un’ingente quantità di oro estratto dalle colonie marziane e sottratto a Mr Weener un infido dirigente della World Banca in combutta con i secessionisti meganoidi.
A bordo del razzo, programmato per raggiungere la Terra, dove Banjo avrebbe potuto trovare riparo nella vecchia villa di famiglia gestita del fedele maggiordomo Garrison, era stato caricato anche il robot trasformabile Daitarn 3 utile al ragazzo nel caso in cui si fosse reso necessario combattere durante la fuga. Un modello ormai superato e dalle prestazioni limitante, la cui perdita non avrebbe costituito un grande danno per i partigiani anti meganoidi.
Perché Banjo era tornato indietro anzicchè recarsi allo spazioporto periferico come gli aveva indicato la madre? In questo modo il ragazzo si era condannato da solo! ma forse no, se fosse fuggito subito magari avrebbe avuto ancora una possibilità di sopravvivere!
Sozo però non aveva più fiato per gridare al figlio di scappare e questo in ogni caso non gli avrebbe dato ascolto perché lo odiava ed era interessato unicamente alla sorte della madre.
Koros prese la mano sanguinante di Sozo e chiuse gli occhi. La sua voce risuonò nella testa di Banjo come quella di sua madre incitandolo a fuggire e a raggiungere la Terra con la nave Mother su cui era stato caricato da oro da permettergli di vivere in pace per sempre.
La calda voce della signora Haran accompagnò il figlio per gli stretti e lisergici corridoi della fuga, incitandolo a non voltarsi indietro e conducendo il ragazzo, sempre così spavaldo e ribelle, ma ora quanto mai indifeso e sofferente, verso la salvezza.
BanjoDel resto Koros altro non era che un surrogato della moglie di Sozo e come tale aveva agito adempiendo alle ultime volontà della donna.
Il cadavere del professor Sozo era disteso su un lettino del laboratorio sotterraneo, alla sua testa erano collegati dei cavi che ne stavano trasferendo la coscienza alla nuova neuro corteccia, ultima fatica dello scienziato.
Koros, amorevolmente e scrupolosamente, stava supervisionando il backup delle memorie di Haran Sozo al gigantesco cervello artificiale, molto più grande del precedente modello, talmente grande da non poter essere inserito della scatola cranica di Don Zauker ma di dover essere innestato al di sopra di questo attraverso una cupola di vetro sferica.
L’operazione era comunque riuscita, ormai entrambi gli “anata” erano riuniti in un unico essere, un essere con cui Koros poteva comunicare grazie al dispositivo di controllo, una pietra venata simile ad un piccolo gioiello che si era incastonata nella fronte.
Grazie alla nuova neuro corteccia Don Zauker aveva acquisito la capacità di ingigantirsi come i megaborg, innalzandosi imponente nei cieli di Marte e scaricando la propria collera sugli esseri che avevano osato sfidarlo, le creature che si erano ribellati al loro creatore!
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Koros! Koros! Sei rimasta qui al mio fianco!
Assiso sul proprio trono Don Zauker guardava la giovane assistente con i propri bulbi oculari artificiali e gialli. Nonostante l’inespressività del volto meccanico, Koros percepiva tutto il calore delle parole della creatura.
“Dov’è la moglie del professor Haran?” chiese Don Zauker
“E’ qui! Vive in me!” rispose Koros
“Dov’è Banjo?” domandò nuovamente l’androide
“Lontano dalla guerra” rispose Koros
Udendo le parole della giovane donna, Don Zauker sembrò come rasserenarsi, chiuse la sua bocca metallica e il bagliore giallo dei suoi occhi metallici si spense.
Koros si gettò piangente sul mantello purpureo che ricopriva le ginocchia del robot. “Anata!! Anata!! Non puoi lasciarmi! Ora, ora che mi hai trasmesso il tuo sogno, il sogno di rendere l’umanità in grado in solcare lo spazio e portare la propria stirpe su altri pianeti! Anata rispondimi!! Anata rispondimi!! “
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Nella sala del trono, il cui pavimento era cosparso dai resti di scheletri metallici, erano radunati in ginocchio i comandanti meganoidi sconfitti e riportati all’obbedienza dall’eccelso Don Zauker.
Al fianco dello scranno dorato su cui sedeva l’imperatore dei megaborg, sempre avvolto dal proprio manto, c’era Koros che ora indossava anche lei un mantello viola e si rivolgeva ai subalterni con un tono fermo e autoritario.
“Noi meganoidi siamo superiori alla debole razza umana e come tale abbiamo il diritto e il dovere di asservire la carne al credo dell’acciaio! Ben presto il nostro impero avrà ragione della resistenza del decadente governo centrale della Terra che ci vorrebbe sottomessi ai suoi interessi!!”
“Aura Don Zauker!!” rispose l’esercito.
La rivoluzione dei meganoidi che aveva distrutto la famiglia Haran e minato il grandioso progetto di Haran Sozo, ormai era sedata, ma l’impero avrebbe potuto rivelarsi il mezzo più idoneo per realizzare quel fantastico progetto e questo Koros lo sapeva bene!
La Terra, un nemico fastidioso ma anche un’inesauribile fonte di materie prime e di soldati da coltivare per sviluppare una nuova razza, la razza evoluta capace di colonizzare il cosmo tanto anelata da Sozo.
Questo era l’imperativo di Koros e lo scopo della sua vita!!
Don Zauker l'imperatore dei megaborg
Koros "regina"Edited by GOTAN X - 12/11/2021, 17:31