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.Luce.
view post Posted on 22/4/2023, 15:49 by: .Luce.     +1   +1   -1
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Professore della Girella

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RETROSCENA
Pianeta Fleed

1_17

Nella vasta e ampia camera degli ospiti piena di cristalli, tappeti, quadri, poltroncine, armadi, cassettoni, una specchiera e un tavolo zeppo di oggetti preziosi, la principessa Rubina aveva depositato il suo bagaglio ed era rimasta piacevolmente soddisfatta di quel che aveva potuto finora ammirare.
Il suo viaggio aveva uno scopo ben preciso: entro poche settimane, massimo due mesi, diventare la legittima consorte del Principe ereditario, nonché futura Regina di Fleed.
Aveva subito incontrato i genitori di lui, i quali l’avevano accolta molto bene, la sorella minore Maria che dimostrava già una forte simpatia nei suoi confronti; non le staccava gli occhi di dosso, la seguiva sempre come ipnotizzata con quei suoi occhi celesti enormi, dilatati per lo stupore e la bocca spalancata.
L’incontro col suo promesso sposo era fissato per il giorno seguente da soli, non sapeva ancora se nella residenza reale o altro luogo meno formale.
I sovrani l’avevano accompagnata a visitare il palazzo, i giardini, per poi congedarla cordialmente:
“Hai fatto un lungo viaggio, sarai stanca, vai pure nella tua camera per riposare; ti aspettiamo al pianterreno per la cena, fra due ore.”
Appena chiusa la porta dietro di sé, Rubina si era messa in contatto col padre il quale l’aveva subito informata di notizie dettagliate.
“Ricordati bene, che tutto questo non è altro che una commedia, vedi quindi di recitare bene, mi raccomando. Questo fidanzamento è una farsa, è stato il Re di Fleed a volerlo, il nostro unico scopo è conquistare il pianeta, impossessarci della loro tecnologia avanzata, così saremo in grado di fare lo stesso con tanti altri pianeti dell’Universo.”
“Come? Non capisco… vuoi dire che sono qui per niente, nel senso che sono di passaggio, nessun fidanzamento, niente?”
“E’ così. Non te l’ho detto prima, in modo che una volta arrivata tu fossi il più spontanea possibile in modo da non destare sospetti; il nostro piano è attaccarli di sorpresa, senza difese.”

Nel monitor, si affacciò l’espressione soddisfatta del ministro delle scienze Zuril: il suo sguardo faceva intendere che era molto contento e non solo per le prossime conquiste planetarie, ma per la concreta possibilità di avere un giorno tutta per sé quella figura che per ora stava solo a portata di video, ma che presto…
Ogni cosa a suo tempo, ma chi ha tempo non perda tempo, si disse, e il suo immaginario si stava già popolando di immagini e situazioni tutt’altro che caste e innocenti, aventi tutte come protagonista una ragazza dalla chioma color tramonto infuocato.
Una volta chiusa la comunicazione con la base di Vega, Rubina, alquanto perplessa e confusa, uscì dalla sua stanza comportandosi come niente fosse.

Il giorno seguente, nella tarda mattinata, ebbe finalmente modo di incontrare di persona il suo futuro sposo; si presentarono in modo corretto e formale, poi lui la invitò nei pressi dei giardini, ove passeggiarono e conversarono a lungo del più e del meno.
Dopo alcune ore, in prossimità di un laghetto, salirono su una piccola barca e senza tanti giri di parole, Rubina disse a chiare lettere lo scopo della sua visita sul pianeta Fleed.
“Sono venuta qui perché mio padre desidera che ci sposiamo al più presto.”
“Come? Ma non è possibile!” si sentì rispondere da un esterefatto principe ereditario.
“Vuoi dire che non ne sai niente? Allora io non ti piaccio, vero?”
“No, assolutamente Rubina, tu mi piaci molto, anzi, molto più di questi fiori che circondano il lago.”

Verso sera, contemporaneamente, i due eredi conversavano coi rispettivi padri.

“Non sapevo di questa storia del fidanzamento, perché non mi hai detto niente? Credevo che la principessa fosse qui in viaggio di piacere” disse Duke Fleed al padre.
Dopo una pausa e un lungo respiro, il re di Fleed si decise a parlare.
“Si tratta di una cosa grave e molto delicata; questo matrimonio politico organizzato è l’unico tentativo per cercare di mantenere la pace. Da tempo mi sono accorto che re Vega vuole conquistare tutta la nebulosa, quindi gli ho fatto questa proposta sperando che funzioni, ma non è detto sia così. Dobbiamo fare il possibile per evitare il conflitto, o almeno essere pronti quando arriverà, perché so molto bene che la sua sete di potere è grande… temo abbia solo fatto finta di accettare la proposta.”
“Ho capito, va bene” gli rispose rassegnato il principe.

“Signor padre, oggi ho conosciuto il mio fidanzato e… mi piace, sì, mi piace e lo voglio! Fino a ieri mi andava bene la recita che mi avevi imposto di fare, ma ora io non posso più fingere, voglio stare con lui per sempre!” disse Rubina con prepotenza a re Vega.
“Questo è impossibile, lo sai benissimo! A noi servono le materie prime di Fleed e il loro potente robot da combattimento, chiaro?”
“Ma io… allora… diciamo che una volta attaccato il pianeta tu risparmierai Duke Fleed, vero?”
“Ci penseremo, ora torna da tutti come non ci fossimo parlati, fai presto, sei via da troppo tempo.”

Nei giorni a venire successe di tutto e di più.
Maria era affascinata da Rubina, cercava sempre la sua compagnia, voleva andare con lei. Ogni mattina apriva piano la porta della sua camera controllando che fosse già sveglia, poi le diceva: “Andiamo a giocare?”
Una volta, sullo spuntare dell’alba, era entrata armata di secchiello, stampini e paletta per correre subito alla spiaggia a fare castelli in riva al mare.
La principessa la seguiva molto malvolentieri, non le piacevano i bambini, tantomeno una rompiscatole come quella, ma doveva fare buon viso a cattivo gioco e non tradirsi, quindi la sopportava e accontentava in tutto.
Quella mattina, Maria non la smetteva più di parlare e raccontare. Rubina seccata sbadigliava, ma ad un certo punto, la conversazione prese una forma molto più interessante e al tempo stesso scioccante. La bambina, con candore e innocenza senza eguali, le disse, mentre si apprestava a riempire le formine con la sabbia, livellandole bene con la paletta:
“In questo posto ci viene sempre mio fratello con Naida, la conosci? E’ tanto bella, non come te però. Nuotano per ore, poi passano tanto tempo dietro quelle siepi, oppure nel boschetto più indietro. Io e Sirius gli facciamo sempre degli scherzi, loro si arrabbiano, allora cambiano posto, ma noi li troviamo sempre.”
“Ma … e quando succedeva questo? Un po' di tempo fa immagino.”
“No, sempre, anche l’altro giorno, quando tu eri andata a riposare perché non stavi bene, ti ricordi?”
Rubina sentì le viscere contorcersi in maniera incontrollata, mentre il cuore le martellava nel petto e delle gocce di sudore freddo la ricoprivano ovunque.
“Mi aiuti a fare il ponte del castello? Io da questa parte non ci riesco, poi facciamo anche dei cavalli che entrano con la carrozza?” le chiese Maria con voce supplichevole.
“Proviamo pure, però… vorrei andare a casa…”
“Ma siamo appena arrivate, aspettiamo l’ora di pranzo: dopo mangiato mi fai provare i tuoi vestiti, le scarpe col tacco alto, mi metti lo smalto come il tuo?”
“C… come vuoi, però non so se…”
La principessa aveva gli occhi gonfi di lacrime trattenute; dolore e rabbia la devastavano, avrebbe voluto sapere di più, ma non osava chiedere per paura delle orribili notizie che avrebbe sentito.
Non ci fu bisogno di chiedere altro, perché sulla via del ritorno, appena Maria intravide da lontano il balcone facente parte delle camere da letto del fratello, indicò quel punto col dito, per poi gridare tutta eccitata: “Guarda! C’è la finestra socchiusa e le tende, vuol dire che quando sarà buio Naida salirà sul balcone per entrare. Lei non passa mai dalla porta, le piace scavalcare i muri, è bravissima e veloce. Vuoi vederla stasera?”
“No, no io non…”
Da lontano intravidero i genitori di Maria.
La bambina si staccò dalla mano della ragazza e corse verso di loro a braccia spalancate, gridando felice: “Mamma! Abbiamo fatto un castello enorme, domani ne facciamo un altro ancora più bello; Rubina ha detto che mi presta i suoi vestiti, posso mettermi lo smalto?”
“Certo tesoro, ma non vi stancherete troppo? Rubina… stai bene? Hai un’aria strana, forse avete preso troppo sole, venite dentro all’ombra, è quasi ora di pranzo. Dopo andrete a riposare, la giornata è lunga.”
“Sì, forse… nel pomeriggio vorrei rimanere a casa se non vi dispiace.”
“Ma non andiamo al parco stasera?”
“Questa sera no… dovevo uscire con tuo fratello… almeno credo…” mormorò la ragazza sconvolta.
La bambina non disse più nulla e per tutta la giornata rimase tranquilla, ma quando scesero le prime ombre, con fare complice, si avvicinò a Rubina in punta di piedi, sussurrandole: “Dopo ti faccio vedere una cosa bella dalla finestra della mia camera.”

La cosa tanto bella era quanto sotto descritto.
Da un terrazzino del palazzo, stando nascoste, ebbero modo di vedere una ragazza dai lunghi capelli color erba primaverile che, con velocità impressionante e un balzo felino entrava dentro una finestra, dalla quale si entrava in una certa camera da letto appartenente a un certo avvenente fidanzato della principessa che in quel momento sembrava essersi dimenticato di lei.
“Visto? Rimane lì fino a domani, poi se ne va senza dire niente.”
Rubina non riuscì a dire nulla, solo dopo parecchi secondi di silenzio, le uscirono queste incerte parole: “Domani… io… e… lui… dobbiamo andare a fare compere e ordinare tante cose.”
“No, non credo, quando Naida viene passando per il balcone, lui il giorno dopo dorme tanto”, le rispose Maria dopo averci pensato qualche istante.
La voce della verità e dell’innocenza aveva rivelato con candore e simpatia una cosa tanto sconvolgente che la principessa faticò a reggersi in piedi e non perdere i sensi.
Questo stato durò poco: di lì a pochi minuti le prese una rabbia così devastante che appena entrata nella sua camera, buttò a terra tutto quello che c’era sul tavolo e prese a pestarlo coi piedi sconvolta, ferita e piena di odio.
Il padre la contattò in quel momento e, appena la vide con gli occhi fuori dalle orbite e i capelli scomposti, fece un passo indietro spaventato, poi le chiese:
“Cosa ti succede?”
“Mi succede… te lo dico io cosa succede: me ne vado subito, li voglio morti tutti morti. Hai capito??! Ammazzali tutti, li odio!!!”
Poi si buttò a terra scoppiando un pianto irrefrenabile e disperato, mentre re Vega tentava di calmarla, preoccupato dal fatto che tutti potessero sentirla.
In punta di piedi si fece avanti Zuril, titubante provò a dirle qualcosa di gentile.
“Altezza, per voi ci sono sempre io, lo sapete che vi adoro, io…”
“Non osare nemmeno rivolgermi la parola, rettile schifoso, vattene, te e le tue zampacce verdi!”
Con un urlo disumano Rubina spaccò il monitor usando i tacchi a spillo dei suoi sandali interrompendo la comunicazione; poi, così scarmigliata, col rimmel che le colava sulle guance, arrabbiata e piena di odio per quel pianeta, gli abitanti, l’ex fidanzato (se mai lo era stato), il palazzo reale, prese la sua Quenn Panther, vi salì in fretta e furia e in pochissime ore fece ritorno al suo pianeta natale.

La camera da letto che aveva ospitato Rubina per alcune settimane, appena lei se ne fu andata, era diventata la rappresentazione in miniatura, tale e quale, di come di lì a pochi giorni sarebbe stato il pianeta Fleed in seguito all’attacco di Vega, un preludio, un anticipo della sua futura rovina e distruzione.



RETROSCENA

Pianeta Terra

2_0

Era stata una giornata lunga e faticosa quella appena trascorsa al ranch Makiba.
Il lavoro alla fattoria era stato particolarmente pesante, ma c’era qualcosa di diverso che rendeva il tutto strano, nuovo, elettrizzante, misterioso, almeno per Venusia. Era così che si sentiva da alcuni giorni, esattamente da quando aveva scoperto la vera identità del ragazzo che per anni aveva condiviso il lavoro con lei fianco a fianco, giorno per giorno, credendolo semplicemente il figlio del Dott. Procton e invece… Doveva però ammettere che un alone di mistero l’aveva sempre intuito, molto vago ma altrettanto persistente, qualcosa di indefinibile, ogni giorno più intenso, solo che non capiva e quindi aveva rinunciato ad approfondire, almeno con sé stessa.
Poi gli eventi erano precipitati e la verità, quella vera, era stata palese. Lui aveva dovuto e voluto rivelarsi a lei, a quella ragazza che diventava sempre più importante, un punto di riferimento, la loro confidenza era sempre più stretta. Non si poteva continuare a fingere in eterno, se non ci fosse stata la guerra magari… ma no, anche senza guerra non sarebbe stato onesto ugualmente.
Una persona che stimi, ammiri, senti di amare ogni giorno di più, come puoi mantenere con lei due facce, due identità diverse che convivono l’una con l’altra. Doveva dirle la verità a qualunque costo, anche se ciò poteva significare perderla, perché anche così l’avrebbe persa ugualmente.
Da parte di lei solo un attimo di smarrimento, paura incertezza, poi… grande sollievo!
Non l’aveva perso, anzi ritrovato. Poco alla volta i pezzi del puzzle si erano magicamente ricomposti: tutte le incongruenze, le contraddizioni, le distrazioni di lui mentre gli diceva qualcosa, i silenzi improvvisi, le sparizioni ingiustificate, il timore a tratti di non piacergli abbastanza, poi di nuovo il riavvicinarsi e parlarsi come prima.
Ora che ci pensava bene, quell’alone di nobiltà, fascino e mistero, lui l’aveva sempre avuto, anche e soprattutto nei lavori più semplici e umili, quell’educazione innata, poi a guardare in fondo, una malinconia e una tristezza mai superate. Se ne accorgeva soprattutto quando, non visto, lei lo osservava da lontano; era qualcosa di indefinibile e irraggiungibile, poi una corsa a cavallo, una sistemata alle stalle quando riusciva a eludere la sorveglianza del padre e la gioia di stare insieme prendeva il sopravvento su tutto il resto.
Avevano tante cose da raccontarsi adesso, ne approfittavano durante le ore di lavoro in comune; a tratti lei provava sollievo, poi le prendeva la paura, a volte gigantesca, del pericolo che lui doveva affrontare ogni volta che un mostro di Vega piombava sulla Terra minacciandola.
Poche settimane prima di sapere la sua natura aliena, avevano conosciuto quel bambino, Mankiki: ora Venusia comprendeva bene l’empatia che Actarus aveva avuto subito con lui, sentirsi senza il suo mondo, per un bambino così piccolo, il suo villaggio era distante, distrutto e perso come per lui il pianeta Fleed. Alla fine, anche se raso al suolo dalla pioggia di asteroidi, Mankiki aveva visto da vicino la speranza di un domani, la possibile rinascita. Gli abitanti avevano deciso di ricostruirlo.

“Anche sul nostro pianeta ci sono molti spazi verdi come qui, il sole tramonta allo stesso modo e così anche le nostre stagioni somigliano a quelle della Terra”, diceva Actarus a Venusia mentre con vigore spostavano mucchi di fieno appena colto.
“Non immaginavo, ma… le persone che conoscevi, la tua famiglia… no, credo non sia ancora il momento di parlarne.”
“Domani, quando andremo al ruscello coi cavalli, ti mostrerò alcune cose”, le rispose lui con uno strano sorriso.
Rigel arrivò all’improvviso spaventandoli, voleva controllare che facessero tutto il lavoro bene e senza soste. Dopo una rapida ispezione, si mise a urlare con quanto fiato aveva.
“Cosa vi è passato per la mente, siete impazziti o cosa??!!! Non avete fatto altro che spostare il fieno dallo stesso punto in cui si trovava all’inizio, quindi non avete fatto niente, vi ha dato di volta il cervello? Cosa stavate facendo invece di lavorare? Andatevene, qui finisco io, è ora di preparare la cena, però prima passate dalla stalla a rigovernare i cavalli. Venusia, tu vai dritta in cucina, capito? Domani si cambia sistema, voi due insieme non va, ma guarda che roba, nemmeno un menomato come Banta riuscirebbe a fare una stupidaggine come la vostra!”
Rigel prese subito il forcone e in fretta si mise al lavoro, tanta era la rabbia che finì in poco tempo. Da lontano vide arrivare di corsa Hara, di sicuro non portava buone nuove, veniva solo per comunicare sciagure o chiedere favori, pensava preoccupato, mentre nella corsa, gli stivali di gomma di lei, sollevavano un gran polverone.
Hara, come sempre educata e inappuntabile, apostrofò subito il ranchero con una sfilza di richieste, notizie, aggressioni, delle quali Rigel faticò a capirne almeno un terzo.
Parlando e gesticolando senza interruzione, fece in modo di condurre il suo vicino in prossimità del capannone dove stavano gli attrezzi da lavoro.
“Con tutta quella neve, l’inondazione avvenuta e la diga distrutta, una parte del tetto della mia casa è pericolante, me ne sono accorta solo adesso. Prima ho notato una macchia enorme di umidità sul soffitto, ora minaccia di crollare da un momento all’altro.”
“Quindi, cosa vuoi?”
“Chiodi, martello, assi di legno e una mano a sistemare il tutto.”
“Subito no, posso venire solo domani mattina, non dovrebbe succedere niente di grave stasera.”
Nel frattempo, Hara ficcava il naso dappertutto e così disattenta, scivolò dentro una montagnola di neve, sembrava sulle sabbie mobili: dopo un quarto d’ora di sforzi e l’aiuto di una tavola di legno che Rigel le aveva allungato, tornò a casa sana e salva.

La mattina seguente, dopo una colazione sostanziosa ed energetica, il ranchero partì alla volta della casa di Banta, quindi Actarus e Venusia furono liberi di portare gli animali a correre.
“C’era un boschetto molto simile a questo, ci andavo spesso con un’altra persona, siamo cresciuti insieme. Lei si chiamava Naida, ci incontravamo anche di nascosto, lo sai anche tu che spesso i genitori non vedono di buon occhio le compagnie che si scelgono i loro rispettivi figli, no?” le disse con fare complice strizzandole l’occhio.
Venusia comprese all’istante e intuì che c’era molto altro dietro questa apparentemente comune vicenda, infatti lui continuò: “Un giorno e senza sapere come, mi trovai fidanzato, sai con chi?”
“Non so, con una del tuo rango immagino.”
“Sì, era la figlia di Vega, Rubina.”
“Quindi, com’è finita dopo?”
“E’ finita che la storia non è mai cominciata, visto che il fidanzamento politico organizzato era solo una scusa: fu mio padre a fare la proposta a re Vega, avendo già notato il suo interesse di conquista. Si sapeva che aveva accettato per finta, infatti la guerra scoppiò all’improvviso.
Rimasi a combattere fino alla fine, e quando vidi il pianeta esplodere causa una mega bomba al vegatron, me ne andai col mio disco. Erano tutti morti, il pianeta distrutto, non c’era più niente da fare e dopo alcuni anni di viaggio per gli spazi infiniti, arrivai qui. Il resto lo sai già, perché abbiamo sempre vissuto vicini e quello che ti ho nascosto della mia vita sulla Terra, risale agli ultimi mesi dell’anno passato, quando Vega ha deciso di conquistare questo bellissimo pianeta, quello che considero la mia seconda patria e che ho deciso di difendere a qualunque costo. Te lo giuro, non ci sarà un’altra distruzione come fu per la mia stella.”

In silenzio fecero ritorno alla fattoria: c’erano tante cose dette, molte più non dette, ma ora la loro vita e il loro rapporto non sarebbe più stato come prima, mutava di giorno in giorno anche se non parlavano. Feeling, comprensione, complicità, un muto patto di reciproco soccorso; all’improvviso più maturi di parecchi anni, intuizioni improvvise, a volte prevenivano i bisogni dell’altro, mentre intorno a loro tutto pareva continuare come sempre.

Quasi ogni giorno venivano ripresi in malo modo da Rigel, il quale come sempre minacciava Banta di impiccagione quando non passava la giornata sulla torre avvista UFO. Hara piombava come un fulmine a riprendersi il suo povero bambino indifeso, Mizar spensierato e maturo ad un tempo, Alcor che passava il tempo a sistemare il suo TFO, sempre pronto a decollare alla prima vista di un minidisco, Procton e i collaboratori sempre con gli occhi bene aperti.

Sembrava in apparenza tutto come prima, invece una rete sottile e invisibile serpeggiava lungo i campi, si fondeva nei ruscelli, nelle stalle, nel ranch… molte cose stavano cambiando.
Presto tutti i personaggi, a cominciare da Rigel, avrebbero messo da parte gli scherzi con gli UFO per diventare parti attive e responsabili di una minaccia planetaria concreta, la quale vittoria finale avverrà grazie all’impegno di ognuno di loro, anche quello che poteva apparire il più piccolo e insignificante.


FINE
 
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113 replies since 20/4/2016, 12:44   1873 views
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