Go Nagai Net

HARIS VON HAYESER's FICTION GALLERY

« Older   Newer »
  Share  
Haris von Hayeser
view post Posted on 25/3/2010, 11:08 by: Haris von Hayeser     +1   -1

Filologo della Girella

Group:
Member
Posts:
2,146
Reputation:
+1
Location:
Abitacolo del Geara Doga

Status:


Seconda parte del capitolo 1, buona lettura :)!

P.S.: per i commenti andate pure qui: https://gonagai.forumfree.it/?t=47014303

^^

P.P.S.: Ogni riferimento ai Barbapapà è da considerarsi puramente casuale.
___________________________________________________________________________________



Dopo la prima decina di metri cercò di riprendere il controllo di sé: stava per arrivare alla porta del Comandante, e non aveva nessuna intenzione di lasciar trasparire la tempesta che sentiva dentro. Da una parte era furiosa come non mai per essere stata tenuta all'oscuro di tutto: era pur sempre sua figlia, ed era una cosa fuori da qualsiasi concezione che addirittura quel sorridente Barbapapà di Gai ne sapesse più di lei; dall'altra era cosciente del fatto che la ragione per cui nessuno le aveva riferito dell'improvviso malore di suo padre era di non farle perdere autocontrollo e lucidità in un frangente in cui avrebbero potuto subire un attacco in forze da un momento all'altro...
“Questo non toglie che Jin sia oggettivamente un esimio bastardo!..” pensiero, questo, che balenò per un istante in qualche anfratto della sua coscienza, mentre avvertiva una vampata di rabbia invaderle il cervello. Rivolse uno sguardo carico di odio in direzione dell'ufficio in cui l'uomo che aveva fatto parte del primo Getter Team, e al quale si doveva il successivo sviluppo del Neo Getter Robot, la stava aspettando; e sentendosi quasi sul punto di esplodere in un grido di furore per sfogare la paura e la preoccupazione sorda e stagnante che le stavano crescendo dentro si appoggiò con la schiena alla parete immacolata, portò all'indietro la testa, chiuse forte gli occhi e inspirò profondamente una, due, cinque, DIECI volte!, finché riuscì a sprangare il cancello d'acciaio che aveva costruito nel suo animo e a darsi un contegno sufficientemente decoroso per presentarsi al suo Comandante.
Aveva la mano già sollevata per bussare alla porta, quando questa si aprì e ne emerse il caschetto biondo scuro e il viso perfettamente truccato del tenente Yamazaki, che la guardò sorpresa e anche un po' irritata per il suo ritardo:

- Sho, finalmente! Stavo per venire a cercarti... Come mai ci hai messo tanto?

- Le chiedo scusa, Tenente, ma c'è stato un problema con la rete. I tecnici sono riusciti a ripristinare il collegamento solo poco fa.

Rivolse alla donna un sorriso formale che non le arrivò mai agli occhi. “Se la notizia è arrivata pure a quella testa di legno massello che è Go, allora di certo era già passata da te, e anche tu hai pensato bene di non dire nulla per non guastare il giocattolo, non è vero? Qualunque cosa ti vada per traverso di ciò che faccio, da oggi in poi, per me, ti ci puoi pure strozzare, brutta strega!”. Stavolta non fece in tempo a impedire a quel pensiero di invaderle la mente: lo lasciò venir fuori dal suo angolo, analizzando il distorto rilascio di endorfine che gliene derivava... ma si trattò di una sensazione di breve durata, che venne stroncata non appena Hayato Jin aprì bocca.

- Adesso ad ogni modo possiamo iniziare. - Guardò dritto negli occhi la ragazza da dietro le lenti oscurate degli occhiali che ormai era costretto a portare praticamente sempre. - Hai tutta la documentazione, Sho? - chiese, con quel tono profondo che fino al giorno prima era stato per lei sinonimo di certezze, e che ora non faceva altro che affondarle una lama gelida nel ventre.
Ma il senso della gerarchia e dell'obbedienza erano troppo radicati, in lei, inoltre non c'era assolutamente nulla che potesse fare per suo padre, in quel momento. Poteva solo rassegnarsi a ricoprire con uno spesso strato di cenere il magma di insofferenza che le si muoveva nel profondo, tenere quel pensiero da parte e concentrarsi sulla discussione, facendo buon viso a cattivo gioco.

- Certamente, Signore. Eccola. -

Voce ferma e impeccabile, nonostante tutto. Ok, poteva farcela.

Porse all'uomo la cartella coi dati, preparandosi mentalmente a passare almeno un'ora lì dentro assieme ai suoi superiori, in quella che si preannunciava come la riunione più pesante che avesse mai affrontato in tutta la sua carriera...


***




Le dieci e un quarto.
Era la quindicesima volta che guardava l'orologio a intervalli di cinque minuti, e per la quindicesima volta rimase interdetto per la lentezza con cui stava procedendo la mattinata. Quella giornata sembrava essere avviluppata in una coperta di lana fradicia: mortalmente lenta, mortalmente pesante e mortalmente opprimente.

A quanto pareva, quella mattina non ci sarebbero stati test, né esercitazioni.

Se non avesse avuto la testa altrove, ne sarebbe stato felicissimo.

Sbuffò dal naso, sovrappensiero, mentre si dondolava all'indietro con la sedia guardando fuori dall'ampia finestra dell'area relax; la sua mente, come un cane alla catena, finiva per fare sempre lo stesso giro e andare a parare sempre nello stesso punto.
Il rumore dell'esplosione gli fece prendere uno spavento tale da fargli perdere l'equilibrio. Con riflessi immediati portò il braccio al tavolino, cercando di sorreggersi, ma ormai era troppo sbilanciato: con un arco perfetto, lo schienale della sedia toccò terra col suono dell'acciaio che cozza contro la ceramica, e la sua schiena lo raggiunse una frazione di secondo dopo, facendo un rumore sordo tipo “SPLAT!!”. Che figura pessima! Mancava che gli volasse la ciabatta ed ecco pronta una scena degna di “Tom e Jerry”. Per non parlare del dolore!, gli sembrava di aver preso una manata da un Gigante dell'isola di Pasqua! Fortuna che non c'era nessuno...
Non appena poté muoversi, imprecando in un crescendo di intensità e volgarità, si avvicinò alla vetrata, gli occhi chiari che dardeggiavano lampi omicidi, e vide il laboratorio che sputava lingue di fuoco dalla porta principale e gente che andava e veniva con degli estintori. Le spalle gli caddero, mentre l'ira iniziava a svaporare dal suo sguardo di fronte alla comica ovvietà della causa. Non c'era alcun bisogno di disturbare Scotland Yard, per capire cosa fosse successo: Shikishima aveva colpito ancora.

Aveva vinto la scommessa. Adesso erano cavoli di Gai.

Come se l'avesse sentito, il corpulento ragazzo entrò nella sala, la facciona tonda congestionata per la corsa, e guardò preoccupato il collega:

- Go, è tutto a posto? Cos'era quel botto?

- I tuoi soldi che se ne vanno, Gai. -

Go gli rivolse un ghigno spietato, guardandolo con la coda dell'occhio. - Abbiamo detto centocinquantamila, giusto? O in alternativa un appuntamento col Comandante per il prossimo sabato, cosa preferisci? -

- Centocinquantami...? - Gai ammiccò per un istante, con gli occhi castano chiaro colmi di genuino stupore. Poi rammentò la scommessa fatta il giorno prima: - Oooohh, dici per l'esplosione? No, non parlavo di quello, ormai non le sento neanche più... - ridacchiò, avvicinandosi a sua volta alla vetrata per osservare di persona la scena – E comunque vada per i soldi. -, precisò a bruciapelo.

- Braaavo, ragazzone, hai fatto la scelta giusta... - Go, ormai, sghignazzava apertamente.

- D'accordo, ma non hai risposto alla mia domanda: cos'era quel macello che s'è sentito prima?

Poteva sembrare un krapfen ma non demordeva, bisognava dargliene atto...

- Ma niente, ho urtato la sedia ed è caduta, tutto qui... - tenersi sul vago era la miglior politica.

- E quel muggito di dolore che si è sentito fino al cortile?

- Forse veniva dal tuo stomaco... -

Era il solito ginepraio in cui si infilavano i loro battibecchi, Gai lo sapeva, e sapeva anche che l'unico modo per uscirne era cambiare discorso... anche se l'unico argomento che sentiva il bisogno di affrontare non era dei più piacevoli, purtroppo...

- Senti, Go – dopo un breve silenzio, la voce del robusto pilota della Neo Bear suonava seria e leggermente in apprensione, - Hai visto Sho, poi? Come sta suo padre? Che le hanno detto? -.

Go si rabbuiò, nel sentire quelle domande, più perché gli fecero tornare in mente il comportamento odioso del Comandante Jin nei confronti della loro compagna, che per altro. Alla fine s'era dimostrato essere solo un grandissimo infame, che considerava loro tre alla stregua di carne da cannone, buoni solo a parargli il culo e a fargli fare bella figura col Ministero della Difesa... e se c'era una persona al mondo che non meritava quel trattamento era Sho.

… si augurava per quelli che li avevano preceduti che il vecchio Saotome fosse stato diverso...

- … izie, vero? -
- Come? - Riemerse dalle sue riflessioni volgendo uno sguardo interrogativo verso Gai.
- Ho chiesto se ci sono cattive notizie o no. Che cosa le hanno detto, stamattina, quando è andata a visitarlo?

- Stamattina lei non si è mossa dalla base. - dichiarò con voce quasi incolore... tranne una traccia di sotterranea rabbia che vibrava in fondo alle sue parole. Sentiva una tale collera dentro che non riusciva neppure a guardare l'amico, solo perché si trovava all'interno di quella struttura. Rimase con gli occhi piantati verso il movimento in corrispondenza del laboratorio, che andava ormai scemando, senza realmente vederlo - Quando noi stavamo facendo colazione, lei aveva già iniziato a lavorare per la riunione a cui sta partecipando adesso. -

Lo sguardo di Gai passò dallo stupito allo scandalizzato con una tale fluidità dei muscoli espressivi che parve opera di un effetto morphing, e così rimase. Non disse nulla, ma il viso arrossato dallo sdegno era già abbastanza eloquente. Lentamente, anche lui si voltò verso la finestra, appoggiandosi con l'avambraccio al vetro, i lineamenti di solito allegri e bonari che adesso erano un misto di consapevolezza e dolore.



continua...



Edited by Haris von Hayeser - 25/3/2010, 11:39
 
Web  Top
5 replies since 23/3/2010, 20:00   842 views
  Share