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shooting_star's fiction gallery - solo autore

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view post Posted on 27/5/2013, 23:07     +1   +1   -1
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Comm.Grand.Pres. della Girella

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In seguito alle gentili richieste, inserisco a inizio gallery l'indice cronologico delle mie fanfic “serie”. Poiché sono state scritte in ordine diverso da quello temporale, può darsi che alcuni particolari nati in seguito non collimino perfettamente con quelli dei racconti più datati: me ne scuso con i lettori.
E spero di riuscire, con il tempo, a tappare i buchi.

Estate
10 capitoli: l’ultima estate di Duke su Fleed, prima dell’invasione veghiana.

La Guerra di Duke
13 capitoli: la resistenza fleediana (il mio primo racconto, con Grendizer che si chiama Goldrake. Ma non mi va di modificarlo).

Terra
8 capitoli: Duke arriva sul nostro pianeta.

Blu
4 capitoli: come tutto è iniziato.

Attesa
Koji sta per arrivare al Centro Ricerche Spaziali.

Scelte
Subito dopo il primo attacco di Vega alla Terra.

Proposte
Scritta per il "Settimo Concorso di Go Nagai net", dal tema "spirito di squadra". Subito dopo l'ep. 5, "Una serata di gloria", Koji si trova di fronte a un bivio…

Traditore
La puntata 7 raccontata dal punto di vista di Gorman: la stessa puntata, con gli occhi di altri personaggi e le parole degli altri scrittori della fan section, qui.

Attaccheranno
Nelle fasi iniziali della guerra. Brevissimo omaggio ad un'eclissi che ha tinto la luna di rosso.

Regalo di Natale
Il primo Natale di Duke dopo che Hikaru ne ha scoperto l’identità.

Anni
Scritta per il contest "40 anni Goldrake". L'episodio 46 (quello degli squali) visto con gli occhi del prof. Umon.

Passaggio
8 capitoli: situato tra la puntata 66 e la 71.

Fine
18 capitoli (per ora). What if/ sequel di Passaggio e finale alternativo per l'anime.

Buonanotte
Qualche anno dopo il termine di Fine, nella continuity alternativa di quel racconto.

Epifania
In senso letterale e metaforico. Dopo la partenza di Duke e Maria per Fleed: sequel nella continuity ufficiale.

Re
Su Fleed, molti anni dopo la fine della guerra terrestre con Vega, nella continuity ufficiale.

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Questo invece è l'indice delle fanfic sceme, che si intercalano ai racconti drammatici senza una posizione precisa nella continuità.

Trentacinque anni dopo
Breve follia crossover – la colpa non è mia, è del Mala!

Eco Robot Greendizer!
Actarus difende la verde Terra!

Eco Robot Greendizer e la raccolta differenziata!
Anche l’ecologista più convinto può far danni senza volerlo.

Eco Robot Greendizer e il riscaldamento globale!
Non esiste più la mezza stagione.

Eco Robot Greendizer e il riciclaggio natalizio!
Natale, festa consumistica? Non necessariamente…

Coda - Epifania
…che tutte le feste si porta via e chiude i punti in sospeso del racconto precedente.

La riunione del lunedì
Hydargos affronta da par suo i suoi problemi con l'alcool.

La mia dolce metà
Vivere in simbiosi non è sinonimo di felicità, e i Gandal lo sanno bene.

Una serata di gloria!
Un pilota, un vero uomo: Koji passa un San Valentino degno di lui!

Scherzetto
2 capitoli: Gandal e Hydargos in missione sulla Terra. Ma è il 31 di ottobre.

Punti di vista
Nella gallery di Aster Gandal e signora hanno litigato: tutti i retroscena!

Blue Moon
San Valentino arriva sulla base lunare, e non manca di far danni anche lassù.

Settembre
Probabilmente più amaro che scemo. Ma è il primo lunedì dopo le ferie, e le cose al mondo non vanno tanto bene, senza bisogno di scomodare gli alieni.

Scoperte
Vega ha distrutto mezza galassia e vaporizzato Fleed. Dove potrà trovare nuovi territori in cui espandersi? Prequel scemo all'anime, scritto per un anniversario storico.

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Aiuto, ora mi butto...
È da un po' che questa storia mi gira per il computer. Mi è venuta un po' più cruda di quanto prevedessi... Non odiatemi troppo per come tratto il principe, faccio sempre così quando voglio bene a qualcuno (voglio dire, lo metto alla prova)
p

LA GUERRA DI DUKE

Il capo del centro di ricerche di Fleed venne portato di fronte allo schermo. Il volto del sovrano invasore apparve in un guizzo.
“Vogliamo conferma del fatto che solo Duke Fleed può pilotare Goldrake.”
Lo scienziato accennò un inchino ironico.
“È esatto. Abbiamo preso questa misura di sicurezza per evitare che poteste rivolgere l’arma contro di noi… in effetti avevamo ragione a non fidarci.”
“Abbiamo avuto ragione noi a invadere un pianeta ostile e infido! – ringhiò Vega - E allora… che Duke Fleed venga catturato! Abbiamo i mezzi per piegare la sua volontà.”
“Grande Vega, se anche catturaste Duke Fleed non potreste cavarvela con il lavaggio del cervello – sorrise il prigioniero – Conosciamo le vostre abitudini e ci siamo comportati di conseguenza. Goldrake riconosce le onde cerebrali del principe. Se verranno modificate, si rifiuterà di obbedirgli. Non potrete usare Goldrake se Duke Fleed non deciderà di collaborare con voi… e questo dubito che potrà mai succedere.”
“Vedremo! Portate via quest’uomo. Voglio parlare con il comandante Barendos.”

“Duke!” Naida gli era corsa incontro al ritorno dalla missione.
“Duke, Barendos ha occupato il palazzo reale. Ucciderà il re e la regina… ucciderà i tuoi genitori se non ti consegni. C’è tempo fino al tramonto.”

Aveva messo la proposta ai voti, ma aveva già scelto: non poteva lasciare che l’ultimo barlume di un’indipendenza sempre più compromessa venisse spento, anche se era consapevole di ciò che i compagni gli ricordavano per dissuaderlo – che difficilmente Vega manteneva la parola.
“Amici, so che consegnarmi potrebbe non valere a salvare la famiglia reale. Ma questo è un rischio che correrò io solo, la lotta continuerà finché l’ultimo di noi sarà in vita. Credono che darò loro la chiave di Goldrake, ma si sbagliano: quando mi condizioneranno scopriranno che per loro non sarà mai nient’altro che un inutile mucchio di metallo.”
Lykus, il suo luogotenente, non seppe trattenersi: “Come fai a parlare del lavaggio del cervello con tanta calma? Sappiamo cosa sono capaci di fare… se ti manderanno contro di noi in un mostro spaziale, dovremo ucciderti!”
“Se ciò accadesse, non ucciderete me, ucciderete un fantoccio di Vega. Io…” non doveva lasciare che la sua voce si incrinasse “… la mia mente sarà già morta. Se succederà sarete pronti a fare il vostro dovere, come io sono pronto a fare il mio.”
“So che continuerete a combattere anche per me. Lykus, il comando è tuo.”

Naida lo aveva seguito con lo sguardo mentre montava nella cabina di guida del suo disco e salutava i compagni con la mano. Il mento gli tremava, ma doveva trattenersi finché i compagni potevano vederlo. Poi avrebbe potuto lasciarsi andare.

Duke non amava il ruolo di capo della resistenza, ma quando Fleed aveva avuto bisogno di lui non aveva esitato a mettersi in gioco. Era tra i pochi abitanti del pianeta ad avere una formazione militare, e questo proprio grazie a Vega: il quale, in uno dei tanti trattati di pace non mantenuti, l’aveva chiesto come principe consorte per la propria figlia e come futuro generale nel suo esercito, ai comandi del robot Goldrake che l’avanzatissima tecnologia di Fleed stava approntando. Duke, allora poco più che bambino, aveva implorato in lacrime il padre di risparmiargli una sorte che gli faceva orrore; ma il padre l’aveva gelato con una risposta dettata dalla disperazione, che l’aveva colpito come uno schiaffo: “Un principe non chiede pietà.” Duke aveva abbandonato i suoi sogni di futuro esploratore spaziale, e aveva chinato il capo per puro senso del dovere; e per puro senso del dovere era diventato il primo del suo corso nell’accademia militare di cui gli era stata imposta la frequenza.
Quando Vega aveva attaccato, attorno al principe si era raccolto un piccolo esercito che cercava di frenare il dilagare di Vega sul pianeta; ma non era impresa facile, la gran parte della popolazione era incapace di reagire alle violenze e sembrava non rendersi conto che con gli invasori era impossibile mediare.
I ribelli erano consapevoli che la loro sorte era segnata: le forze di Vega, troppo forti, li avrebbero schiacciati. Lottavano non per la vittoria ma per la dignità. Certo, se fossero riusciti a prendersi Goldrake le cose sarebbero state diverse….
Avevano cominciato saccheggiando gli arsenali di Vega per procurarsi le armi, che a Fleed non esistevano; avevano creato una base sulla seconda luna del pianeta, in una zona schermata da radiazioni e perciò invisibile ai rilevatori. Da lì Duke e i suoi compagni partivano con i loro i piccoli dischi a cercare di difendere le zone non ancora conquistate e di sabotare le strutture nemiche.
Vega era stato colto di sorpresa dalla resistenza di un popolo che da sempre considerava imbelle, e la sua reazione era stata spietata: i ribelli fleediani venivano uccisi e i corpi lasciati nelle strade a monito per chi avesse osato seguirne le orme, le loro famiglie venivano deportate sui campi di lavoro nei pianeti della nebulosa già sottomessi. L’orrore della guerra aveva travolto un pianeta che per secoli non aveva conosciuto il significato di questa parola.
Duke era diventato la speranza di Fleed, la riconquista di Goldrake la sua missione più importante. Il figlio del re si era dimostrato un comandante coraggioso e abile, che non metteva mai a rischio inutilmente le vite dei suoi uomini. Umile e carismatico insieme, aveva abolito qualsiasi riferimento al suo status regale, tutti lo chiamavano per nome e lo trattavano da pari a pari; e soffriva che il fatto di essere l’unico possibile pilota di Goldrake gli imponesse di non esporsi, impedendogli di condividere fino in fondo i rischi che i suoi compagni affrontavano allo scoperto. Solo quando, in prima linea nonostante i richiami, era rimasto seriamente ferito a un braccio, si era sentito finalmente uguale a loro.
I suoi uomini, che erano pronti a seguirlo ovunque, non sospettavano quanto il loro comandante si sentisse inadeguato. Non si sapeva abituare al massacro quotidiano, dei suoi compagni come dei nemici, cui era costretto ad assistere e partecipare. Dopo ogni missione l’orrore lo attanagliava fino a dargli la nausea; mentre rientrava alla base scaricava la tensione con grida disumane, che si spegnevano all’interno dell’abitacolo del disco. E di questo non poteva parlare con nessuno: quando scendeva a terra si imponeva di trasmettere fiducia e serenità, come era richiesto al suo ruolo. Un ruolo che avrebbe preferito non avere… Era solo, e aveva solo diciotto anni.

Duke alzò la visiera del casco che si stava appannando. Aveva bisogno di piangere. Aveva paura; ma c’era qualcosa di peggio… una parte di lui era attratta dall’idea di uscire finalmente di campo. Forse una volta scoperto che non poteva più pilotare Goldrake lo avrebbero eliminato subito, forse come era già accaduto ad altri prigionieri lo avrebbero mandato a morire in un attacco suicida. Come loro, non avrebbe più avuto consapevolezza né responsabilità… e l’idea, contro la sua stessa volontà, lo confortava. Cercò di scacciare dalla mente quel pensiero indegno. Lui era il capo della resistenza… ma in quel momento era solo un ragazzo spaventato in una guerra che non avrebbe mai voluto combattere. Singhiozzò disperato. Un principe di Fleed non poteva permettersi di vacillare. Non poteva… Lacrime di vergogna si mescolarono, ancora più cocenti, a quelle nate dalla paura. Iniziò la manovra di discesa.

Il piccolo disco si avvicinò al palazzo reale, dove Barendos aveva posto la sua base, e si posò sullo spiazzo che un tempo ne era stato il giardino. Duke saltò agilmente giù dall’abitacolo e sollevò la visiera. Si guardò intorno, cercando di riempirsi gli occhi di tutti i particolari di quei luoghi in cui era stato bambino. Presto la sua mente sarebbe stata cancellata, e se questo era l’ultimo sacrificio che doveva compiere per salvare la sua patria dalla distruzione, ora era pronto. Il principe di Fleed aveva rinchiuso in un angolo del suo cuore il ragazzino piangente e impaurito, e camminava a testa alta verso il nemico. Senza curarsi delle guardie che lo ammanettavano e legavano catene alle sue caviglie, guardò diritto negli occhi il comandante degli invasori:
“Ho mantenuto i patti. Ora mantenete i vostri. Liberate la mia famiglia.”
“Certamente, principe… la tua famiglia è libera di vivere nel palazzo reale, non torceremo loro un capello. Ovviamente li terremo d’occhio per evitare che succeda qualcosa di sgradevole… ma hai la mia parola che non verrà fatto loro alcun male.”
“Voglio vederli.”
“Che modi… Abbiamo molte cose da dirci prima che tu possa stare con loro. Ma in segno di buona volontà posso concederti qualche minuto. Guardie!...”
Due armigeri incappucciati spinsero Duke in avanti, verso l’ingresso del palazzo.

Attraversò quella che era stata la sala del governo, dove il padre riceveva chi gli chiedeva udienza; ma ora era un magazzino di munizioni, e le magnifiche decorazioni erano state danneggiate dai combattimenti e deturpate per il gusto ottuso dello sfregio. I ritratti dei passati re di Fleed erano stati accatastati in un angolo e qualcuno si era divertito a usarli come bersaglio per le pistole laser.

La porta sulla sinistra dava sull’appartamento della servitù. Dunque era lì che li tenevano…
Quando il padre lo vide entrare, cercò invano di controllare il tremito della sua voce.
“Siete riusciti a catturare mio figlio, ma non vi servirà a niente.” Aveva seguito con trepidazione le imprese del giovane uomo che ora si trovava davanti in ceppi. “Cosa gli avete fatto?”
“Ancora niente, Fleed… ancora niente” rispose Barendos con un ghigno.
Duke accarezzò con lo sguardo quell’uomo invecchiato e stanco, ma non piegato. Era stato lui a insegnargli a mostrarsi forte, non doveva deluderlo.
“Padre, sono stato costretto a consegnarmi. Ma non potranno mai pilotare Goldrake.”
“Questo è da vedere, principe. Dovremo lavorarci insieme per un po’”.
“Voglio vedere mia madre… e mia sorella.”
“Credi davvero che vorrebbero vederti così? Meglio aspettare che possiamo toglierti queste” indicò le catene “e potrai riabbracciarle. Non appena collaborerai.”
“Duke, loro stanno bene. Ma, ad ogni costo, non devi dar loro Goldrake.”
“No, padre, lo giuro. A costo della vita.”
“Ingenuo. Pagherai un prezzo più alto della vita se non farai quello che ti chiederemo. Molto più alto.”

Quando si rese conto che non avevano alcuna intenzione di fargli il lavaggio del cervello gli sembrò che il cuore gli si fermasse. L’avrebbero torturato; e lui non era pronto.

Sulle prime cercarono di blandirlo. Gli promisero che se fosse passato dalla loro parte l’alleanza sarebbe stata ricostituita, il fidanzamento con Rubina confermato. Ma la finzione non durò a lungo.

Lo portarono nell’hangar del palazzo reale, dove Goldrake era rimasto immobile dopo la sua fuga, inaccessibile a Vega grazie alla scarica di protezione che uccideva chiunque si avvicinasse.
Quando dalla porta sul fondo entrò la regina, Duke, che non vedeva la madre da mesi, credette di impazzire.
“Ora la faremo salire la rampa di accesso, e sai benissimo cosa le succederà. Se vuoi salvarla, devi dirci come sbloccare il sistema.”
Non poteva obbedire alle richieste di Barendos... cercò lo sguardo della madre.
“Sono certa che non farai niente che possa recar danno al nostro pianeta” gli disse lei con dolcezza, incamminandosi tranquilla verso la fine.
“No!” Duke tentò disperatamente una funzione che non aveva mai imparato a usare bene, un ordine mentale a distanza, o era piuttosto una preghiera… “Goldrake disattiva il sistema…Goldrake disattiva il sistema.” Gli occhi del robot lampeggiarono.
Vedendo la donna arrivare illesa al portellone, una delle guardie di Vega la spinse di lato di malagrazia per guadagnarne l’entrata, ma venne fulminata da una scarica elettrica. Barendos gridò di portar via la regina. “Comandi mentali… molto bene, ora ci spiegherai come funzionano.”
Il principe cadde in ginocchio, tremando.

Il fatto che coinvolgere la madre negli interrogatori si fosse rivelato inutile aveva avuto un effetto positivo: da quel momento in poi se l’erano presa solo con lui. Ed era cominciato l’inferno.

Lo avevano rinchiuso in una cella ricavata nelle vecchie scuderie del palazzo, con le luci sempre accese. Barendos aveva legato personalmente Duke alla parete, assicurandosi che le catene fossero abbastanza corte da impedirgli anche solo di sedersi a terra. Poi lo aveva fatto aspettare giorni, senza cibo né acqua, prima di condurlo al primo interrogatorio. In tutto questo tempo i microfoni posti nella cella non avevano registrato una sola parola uscita dalla bocca del principe.

Quando sentì che le porte della cella si aprivano, Duke non sapeva se provare terrore o sollievo. Aveva avuto tutto il tempo di pensare a ciò che lo attendeva; e nella sua mente angosciata il timore di non saperlo affrontare si alternava alla consapevolezza che non gli era permesso alcun cedimento. Ricordava le parole del padre: “Un principe non chiede pietà.” Ora sarebbe stato messo alla prova.

Non oppose resistenza: dietro la maschera di una calma apparente la paura gli paralizzava anche i pensieri. Indebolite dalla lunga immobilità, le gambe lo tenevano a malapena e le guardie furono costrette a sorreggerlo per percorrere la decina di metri che separavano la sua cella dalla stanza degli interrogatori. Gli sembrò di metterci un’eternità.

Al centro della sala un fanale illuminava di una luce violenta una sorta di gruccia metallica, lasciando in ombra il resto del locale. Conosceva bene quella stanza: era stata il suo laboratorio scientifico quando, solo pochi anni prima, sognava di potersi dedicare allo studio della natura invece che alla guerra. Nello scaffale a destra gli sembrò di riconoscere gli album con le sue ricerche e i suoi disegni. Sul lato di fondo, il lungo tavolo era coperto di strumenti che avevano ben poco a che fare con i suoi esperimenti di quei tempi irrimediabilmente lontani. Barendos era appoggiato sul piano e si alzò per venirgli incontro.
“Preparatelo” disse.
Gli scoprirono il petto e attaccarono i polsi alla struttura in modo che braccia e gambe fossero ben tese. Era completamente indifeso.

Barendos gli girò intorno, pensando alla facilità con cui avrebbe potuto spezzare quel corpo che era finalmente in suo potere. A torso nudo, debilitato dal digiuno e dalle privazioni, i capelli che gli ricadevano scomposti sul viso dai lineamenti delicati, Duke dimostrava meno dei suoi anni e aveva ben poco del guerriero che aveva tenuto in scacco i suoi in tante occasioni.
Una ferita non ancora rimarginata segnava la carne del braccio destro del principe. “Immagino che questa ti faccia ancora male”, disse saggiandola con l’estremità di una bacchetta che aveva alla cintura, e Duke fremette. Avrebbe iniziato da lì.

“Vedi principe, non dovrai soffrire se non lo vorrai. Se collaborerai, se ci spiegherai come prendere il comando di Goldrake, avrai una fine veloce e dignitosa. Diversamente, ti garantisco che sapremo come distruggere la tua volontà. In ogni caso, avremo ciò che vogliamo. Sta a te scegliere come.”

Duke sentì la sua voce rispondere con una freddezza che non si sarebbe aspettata.“Non sono io a scegliere. Ho il dovere di proteggere il mio popolo. Non avrete mai Goldrake.”
“Se è questo che vuoi.” Avvicinò la bacchetta al braccio ferito e Duke si irrigidì, in attesa. Non voleva gridare, non subito.
La prima scarica fu breve e violenta. Duke inarcò la schiena senza emettere un suono. La seconda durò più a lungo, e a Duke sembrò di esser avvolto dalle fiamme.
Quando il dolore finì, Barendos gli sollevò il viso e sussurrò: “Questo è solo l’inizio. Non credo che durerai molto, e sarà meglio per te.”
Duke provò a rispondere, ma si accorse di non averne la forza. Presto perse il conto delle scariche.

Quando lo riportarono alla cella lo legarono in modo che potesse sedersi e gli diedero una ciotola d’acqua. Bevve avidamente e piombò in un sonno cupo.

Lo risvegliarono dopo pochi minuti, o almeno questa fu la sua impressione. Dopo il primo interrogatorio, tutto il corpo gli doleva in modo intollerabile. Non credeva di poter reggere a un'altra sessione. Sarebbe morto o avrebbe parlato… molto bene, sarebbe morto.

Barendos avvicinò uno strumento dalla punta smussata alla ferita e Duke istintivamente si ritrasse, ma non provò alcun dolore. Una luce del ricevitore posto sul tavolo cominciò a pulsare.
“Mm, una ferita da vegatron. Ho quello che fa per te.”
A un suo cenno, due guardie incappucciate trascinarono nella stanza un macchinario da cui partiva un braccio orientabile con una sorta di faretto all’estremità. Barendos sorrise.
“A quanto pare hai già avuto modo di provare l’effetto di un'arma al vegatron. Questo apparecchio è simile a quello montato sui nostri robot ed emette radiazioni molto più potenti di quelle che hai sperimentato. È doloroso su soggetti non sensibilizzati. Su di te lo sarà molto di più.”
Duke non disse nulla, chiuse gli occhi e si preparò a soffrire. Un dolore inimmaginabile gli invase il corpo e la mente.

Dopo alcuni tentativi a potenza media Barendos si era infuriato, e aveva ordinato di irradiarlo alla massima potenza. Non era riuscito a strappare un lamento a quel moccioso.

Non sapeva più da quanto tempo andasse avanti. Gli aguzzini di Vega meritavano la loro fama.
“Non lasciate che perda i sensi… fermi ora.”
Duke approfittò della pausa per riprendere fiato.
“Duke, sei più duro di quello che sembra. Ma non ti rendi conto che tanto coraggio è inutile? Nessuno può resistere al vegatron tanto a lungo. Stai solo soffrendo inutilmente.”
Il principe scosse lentamente la testa.
“Di nuovo, ora.”
Doveva cercare di svenire in fretta.

“Comandante Barendos, avevo sentito meraviglie della vostra abilità negli interrogatori. Sono molto deluso dalla vostra incapacità a ottenere informazioni da un ragazzino.”
“Grande Vega, Duke Fleed ha dato prova di una forza non comune. Ma sono fiducioso che presto riuscirò a piegare la sua volontà e consegnarvi Goldrake.”
“Forse non sarà necessario. Ho dato ordine di concedere benefici agli scienziati fleediani che hanno progettato Goldrake, se collaboreranno con noi. Forse loro riusciranno a trovare un modo alternativo per impossessarcene. Vi terrò informato.”
L’immagine del sovrano scomparve dal monitor, e lo schermo si collegò alla telecamera puntata sulla cella di Duke. Barendos picchiò un pugno sul piano di vetro. Non poteva perdere l’occasione di compiacere il suo signore, la cui ira era terribile così come grande il suo potere. Non poteva permettere agli scienziati di Fleed di scavalcarlo. Doveva spezzare il ragazzo.
Guardò il monitor. Giorni di torture non avevano segnato, almeno esteriormente, il corpo efebico di Duke. Era bello. Pelle candida, muscoli ben disegnati, grandi occhi blu, ciglia lunghe. Come aveva fatto a non pensarci prima…

Quando lo portarono nella sala, Duke vide che con Barendos c’erano quattro membri della guardia. Porse come d’abitudine i polsi, perché fossero assicurati alla gruccia metallica; ma stavolta non gli tolsero le manette. Probabilmente alterati dall’alcol, i soldati ridevano oscenamente.
“È tutto vostro ragazzi. Ricordatevi che non dovete ucciderlo.” Barendos uscì chiudendo la porta a chiave.

Duke, ammanettato, si difese disperatamente e ci vollero tre uomini per tenerlo fermo sul tavolo dove svolgeva le sue ricerche da bambino. Quando si trovò immobilizzato, fece quello che neanche le radiazioni lo avevano piegato a fare e implorò quei bruti di fermarsi, ma il suo terrore e le sue grida sembravano eccitarli ancora di più. Alla fine abbandonò ogni resistenza; assecondò i suoi aguzzini sperando solo che finisse presto. Chiuso nel suo ufficio, Barendos si godeva lo spettacolo sul suo monitor.

Duke giaceva raggomitolato, nudo e sanguinante sul pavimento della sala degli interrogatori, piangendo sommessamente. Era la prima volta che lo faceva, dal giorno in cui si era consegnato. Aveva creduto di essere forte, ma non era stato capace di dominarsi davanti all’umiliazione della violenza. Aveva pianto, gridato, chiesto pietà.
Avrebbe dato qualsiasi cosa per non essere costretto ad affrontare un'altra violenza... ma non Goldrake. Se Barendos aveva creduto di piegarlo, si sbagliava: era più determinato che mai a non dargliela vinta. Sapeva come fare.

La porta si aprì e un’ombra si proiettò sul pavimento. Uno scricchiolio di stivali si avvicinò lentamente fino a raggiungere Duke. Barendos osservò compiaciuto come i suoi uomini avevano ridotto quel ragazzino che aveva osato tenergli testa troppe volte: grossi ematomi viola segnavano il suo corpo, le gambe erano incrostate di sangue. Eppure la ferita più profonda, si disse, doveva essere nel suo orgoglio… ripensò con gusto alla sua voce che gridava “fermatevi, vi prego!” e ai suoi singhiozzi mentre i suoi uomini, uno dopo l’altro, ne abusavano. Parlò con tono soddisfatto: “Allora principe, ho sentito che chiedevi pietà. Non ti è piaciuto il trattamento speciale?”
Duke cercò di alzarsi su un braccio, una fitta violenta alle viscere lo fece crollare sul pavimento. Girò la testa verso la figura che lo sovrastava.
“Sai Barendos, credo di doverti un ringraziamento.”
Spiazzato, il comandante scavalcò il corpo del giovane e si chinò a guardarlo in faccia. Gli occhi erano gonfi, ma asciutti. Il pianto li aveva resi chiarissimi.
“Quando mi sono consegnato, credevo che mi avreste fatto il lavaggio del cervello. Ero spaventato, ma pronto a sacrificarmi per il mio pianeta… Ma tu mi hai fatto torturare. Ero convinto che non ne sarei stato capace, ma ho scoperto di saper affrontare una sofferenza che non riuscivo nemmeno a immaginare.
E ora… ora che ho scoperto che oltre al dolore sono in grado di sopportare anche l’umiliazione, ora so che non c’è niente che non sia disposto a dare per Fleed. Mi sono scoperto molto più forte di quanto credessi” sorrise “e l’ho scoperto grazie a te, Barendos.”
Livido, il comandante sferrò un calcio al corpo inerme, un altro, un altro ancora… l’avrebbe ucciso se le sue guardie non l’avessero trattenuto. Quando lo portarono via, un sorriso aleggiava ancora sul volto di Duke.

(continua... se avrò il coraggio di postare il seguito)

Edited by shooting_star - 1/3/2023, 10:01
 
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view post Posted on 27/5/2013, 23:34     +1   -1
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Ho aperto anche per te un thread per i soli commenti: https://gonagai.forumfree.it/?t=66037619
 
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view post Posted on 28/5/2013, 13:14     +1   -1
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In attesa del seguito cui sto lavorando, posto una cosa decisamente più light. Non so se è consentito un crossover tra serie anime e telefilm tradizionali, ma poiché i doppiatori possono spaziare ho deciso che potevo anche io.
Non so se questo modo di vedere le cose sia più o meno sacrilego di quello del post precedente!
p

TRENTACINQUE ANNI DOPO

Si guardò allo specchio. Gli occhi erano sempre azzurri, ma i capelli si erano un po’ diradati e al tatto poteva sentire un principio di chierica. Quelle venuzze rosse sulle guance, poi… beh, dopo tutto andava per i sessanta, e gli amici erano concordi: i suoi anni li portava proprio bene, anche se la tutina rossa gli sottolineava un po’ troppo il girovita.
Trentacinque anni che non la metteva: tutto era cambiato da allora. Quanti ricordi…

Ricordava quando era ritornato sulla sua amata terra con l’intenzione di riprendersi Venusia: e invece l’aveva vista, attraverso le finestre del ranch, spupazzarsi un bimbetto dall’inequivocabile chioma puntuta. Evidentemente i suoi vecchi compagni avevano unito le loro solitudini… c’era rimasto così male che non era neanche entrato a salutare.
Di tornare su Fleed non se ne parlava, l’aria era ancora troppo inquinata e lui aveva bisogno di un luogo verde, dal clima mite, in cui poter vivere a contatto con la natura. In un’agenzia di viaggi aveva visto una locandina con cavalli, prati, cottage seminascosti dalla fioritura delle rose: e aveva puntato il disco sull’Inghilterra.

A dire il vero Londra non era esattamente il mondo bucolico che aveva sognato. Ricordava ancora con sgomento l’incontro con un gruppo di esseri con irte chiome multicolori e visi dai lineamenti alieni, abbigliati di pelle e catene – ma i Veghiani non erano tutti morti? – che gli si erano avvicinati con fare minaccioso emettendo suoni inarticolati: l’istinto era stato quello di tornare sul suo disco e far fuoco con i disintegratori. Certo che quando aveva gridato “Goldrake!” trasformandosi in Duke Fleed avevano mostrato grande ammirazione per la sua mise. Era stata l’ultima volta che l’aveva indossata.
La lingua, poi. Aveva imparato il giapponese orale e scritto in due settimane, ma sospettava che la malefica grafia dell’inglese fosse stata studiata dagli spaziali allo scopo preciso di rendere difficoltose le comunicazioni terrestri. Per tacer della pronuncia che portava a sputacchiare in faccia all’interlocutore. Aveva capito subito che non sarebbe stato facile.
Anche il cibo era stato un problema: era abituato a cibo sano e leggero, alghe, pesce crudo e meduse fritte; la steak and kidney pie si era rivelata indigeribile, il fish and chips gli tornava su, e anche la birra era sempre alla temperatura sbagliata.
Solo le auto andavano nel verso giusto… la volta che era stato in Svizzera con Procton aveva rischiato di farsi investire mentre attraversava la strada.
Il clima era… beh, diciamo che non era noioso, non si sapeva mai cosa aspettarsi nei prossimi cinque minuti. Ma per uno abituato a scrutare nel cielo l’arrivo dei mostri spaziali, un nuvolone nero era il benvenuto. E la pioggia rendeva i prati lussureggianti. Aveva deciso di rimanere.

Quando era giunto il momento di decidere come guadagnarsi da vivere, il suo innato senso di giustizia e il desiderio di rendersi utile ai terrestri lo avevano portato ad entrare in polizia. Aveva fatto una discreta carriera: si era trasferito più a nord, tra meravigliosi campi di un tenero verde e pittoreschi paesini dai nomi improbabili, ed era diventato ispettore. Incredibile come in quella terra dal paesaggio così rilassante ci fosse un tasso di morti violente così spaventoso. Quella era stata la sua battaglia, con Troy, e poi Scott, e infine Jones nel ruolo che era stato di Alcor.

Provò ad abbassare la visiera. Così non si notava l’inizio di pappagorgia che tanto lo infastidiva… in effetti perdere un paio di libbre non gli avrebbe fatto male, si disse tirando in dentro la pancia.
Joyce entrò nella stanza.
“Tom… ho capito che è Halloween, ma ti sembra dignitoso per un ispettore capo di polizia vestirsi da… Uomo Ragno?”

Actarus mormorò tra sé e sé “Barnaby, avanti!” e decise che anche quest’anno avrebbe puntato su un più sobrio completo con cravatta.

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Piccolo pezzettino. Spero che continui a tener vivo l'interesse... poi temo che dovrò interrompere per qualche giorno.
p

LA GUERRA DI DUKE - continua

“Comandante Barendos! Ho saputo che avete ridotto Duke Fleed in fin di vita. Devo ricordarvi che ci serve vivo?”
Barendos abbassò il capo di fronte allo schermo. “Avevate detto che gli scienziati fleediani erano disponibili a collaborare…”
“Certamente, ma potrebbe volerci molto tempo. Avete un’idea del colpo che darebbe al morale di Fleed sapere che il loro adorato principe li ha traditi? E di cosa potrebbe invece provocare la notizia della sua morte per mano nostra?
“Dovete fare in modo che Duke Fleed rimanga in vita finché ci sarà utile. Poi, se sarà il caso, organizzeremo un’esecuzione pubblica.”
“Sire…”
Barendos si piegò fino a sfiorare lo schermo con la fronte; Re Vega era sparito dal video senza poter vedere l’espressione di rabbia sul suo volto. Duke avrebbe avuto forse una vita più lunga, ma avrebbe rimpianto di non essere morto.

Il suo piano di provocare Barendos a ucciderlo era fallito per un soffio. Aveva sperato di non risvegliarsi dopo il pestaggio; ma il capo delle guardie l’aveva strappato alla furia del suo superiore e portato in infermeria. I sanitari, fleediani che lavoravano in semilibertà agli ordini del medico personale del comandante, avevano curato commossi il figlio del re e avevano fatto per lui tutto il poco che era loro permesso fare per aiutare un prigioniero. Il loro capo, consultato in via eccezionale su espressa richiesta di Barendos, era stato tassativo: le esposizioni al vegatron dovevano essere limitate, avrebbero fatto infiammare la lesione sul braccio e se questa si fosse estesa avrebbe portato il principe alla morte in breve tempo. Anche le scariche elettriche e le fruste laser dovevano essere usate con moderazione, finché il paziente non si fosse ripreso.

Era ancora incatenato, ma in modo che gli fosse possibile, se non camminare, almeno sdraiarsi; anche se non riusciva a trovare una posizione che non gli causasse dolore. Gli interrogatori spesso si svolgevano nella sua cella e anche se più blandi mettevano a dura prova il suo fisico debilitato.
Era soprattutto stanco. La sofferenza continua lo stremava: anche se era certo che non avrebbe parlato, non aveva certo smesso di temerla, anzi la sua inutilità era un tormento ulteriore. La sua battaglia era vinta, ora poteva ritirarsi a testa alta.
Cominciò a rifiutare il cibo.

Barendos venne a visitarlo nella cella, un onore che ormai gli riservava solo poche volte.
“Ti vedo deperito, forse non gradisci il cibo che ti serviamo?”
Duke alzò lo sguardo in silenzio. Dopo giorni di digiuno, ormai la fame aveva smesso di tormentarlo: nel viso affilato gli occhi cobalto spiccavano ancora più luminosi, sottolineati da profonde ombre nere.
“Non riuscirai a morire tanto facilmente, principe. Vega ha ancora bisogno di te.”
Il prigioniero si girò su un fianco, dandogli le spalle. Sapeva che poche cose irritavano il comandante come l’indifferenza. Barendos trattenne a fatica l’istinto di colpirlo.

“Lykus, ci sono notizie dal palazzo reale!”
Il comandante delle forze di resistenza di Fleed si bloccò all’entrata del suo disco. “Duke?”
“Duke è vivo e non l’hanno condizionato. Sanno che Goldrake non lo riconoscerebbe. Cercano di farlo collaborare, ma a quanto sembra senza risultati.”
Naida sarebbe stata felice della notizia… Lykus pensò ai racconti che i pochi sopravvissuti alle carceri veghiane gli avevano fatto e si chiese se scampare al condizionamento fosse stata una fortuna.
Montò sul mezzo da combattimento e fece segno alla flottiglia di seguirlo. I mostri di Vega continuavano a decimarli, e i pochi giovani che osavano unirsi all’esercito ribelle duravano sempre meno. Nonostante il suo impegno e quello dei suoi compagni, la mancanza dell’esperienza e delle capacità di Duke si facevano sentire duramente.

In seguito alle ultime disposizioni del comandante, lo avevano messo in una cella più grande, con un altro prigioniero che aveva il compito di prendersi cura di lui.
Il vecchio Fird gli si inginocchiò davanti con devozione:
“Altezza, vi ricordate di me? Sono il marito di Leukya, lavoravamo nel palazzo d’inverno.”
“Niente altezza, Fird, solo Duke… Certo che mi ricordo di voi. Perché sei qui? E come sta lei?”
“La mia Leukya è morta in un bombardamento insieme a nostro figlio, altezza. Ed io sono qui perché ho osato sostenere che voi non avreste mai accettato di tradire il vostro popolo. Sono stato denunciato dalle guardie di palazzo.”
A Duke si inumidirono gli occhi: le serate davanti al grande camino, la danza delle fiamme che sembravano rendere vivi con i loro bagliori i personaggi delle storie antichissime che Leukya raccontava per lui e i suoi amici, erano tra i ricordi più cari, quelli in cui si rifugiava quando cercava di fuggire almeno con la mente dal mondo impazzito in gli era toccato di vivere. Tese una mano per abbracciarlo.
“Mi dispiace, Fird. E ti prego, dammi del tu. Qui dentro non ci sono principi.”
“Il re e la regina sanno di quello che ti sta accadendo. Gli occhi della signora sono lucidi di pianto, quelli del sire di orgoglio… sanno che il futuro del pianeta è in buone mani.”
“Il futuro di Fleed non sono io, Fird. Il mio tempo è quasi finito… come sta Maria?”
Gli occhi dell’uomo brillarono. “Maria è un fiore. È troppo piccola per rendersi conto di quello che sta accadendo, e la sua serenità è un balsamo per i sovrani. Mia nipote si occupa di lei”, aggiunse con orgoglio.
“Forse sarà lei il futuro del nostro pianeta” sorrise Duke. Fird osservò le labbra pallide stirarsi nel viso smunto e gli si strinse il cuore.
“Dovete… devi mangiare, Duke. Lo devi fare per il tuo popolo. Comprendi cosa dico? Lo comprendi?
Sulle prime Duke non capì cosa il vecchio intendesse… poi se ne rese conto di colpo: Fird non stava parlando, stava fischiando sommessamente. Era il Swyhwsh, l’antica lingua del suo paese, in una zona remota del pianeta: una lingua ormai morta, che chi non la conosceva poteva facilmente scambiare per musica.
Capisci quello che dico?
Duke assentì con un cenno. Non aveva mai imparato a parlarla, ma il Swyhwsh aveva spesso sottolineato i momenti più emozionanti dei racconti di Leukya; e quando la governante aveva osato sgridare il principe ancora bambino era stata solita farlo in quella lingua melodiosa, che rendeva meno grave il peso del rimprovero.
Fird continuò fischiando in fretta:“Goldrake potrebbe presto essere nelle mani di Vega. Gli scienziati stanno lavorando alla clonazione delle tue onde cerebrali. Devi portarlo via.
Duke sollevò i polsi legati dalle catene a chiedere “E come?”
Lascia fare a me. Ma prima mangia.

Il vecchio aveva chiamato le guardie.
“Sua altezza è disposto a mangiare, ma solo se gli toglierete i ceppi.”
“Dovremo chiedere al Comandante, possiamo slegarlo solo per portarlo agli interrogatori.”
“Non vedete quanto è debole? Non si regge in piedi, cosa pensate che possa fare?”

Barendos aveva acconsentito. Detestava fare concessioni, ma non poteva permettersi di perdere il prigioniero. Le guardie tolsero le catene dai polsi e dalla caviglie di Duke, mentre Fird gli porgeva le prime vivande in più di due settimane. Duke portò il cibo alle labbra con inquietudine. Ormai da tempo nella sua mente il pensiero della morte si intrecciava con quello della pace e del riposo; il ritorno alla vita, se il piano fosse riuscito, avrebbe significato anche il ritorno alla guerra in campo aperto, e a quel mondo che nel consegnarsi ai suoi nemici aveva creduto di abbandonare. Le vecchie paure stavano risvegliandosi.

Edited by shooting_star - 30/5/2013, 14:25
 
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Terza parte. Il resto, temo, dopo gli scrutini...

LA GUERRA DI DUKE (continuazione)

“Lasciateci soli!” Le guardie fecero un passo indietro e lasciarono Fird nello studio.
“Che cosa volete da me, comandante?”
“Come saprai, è molto importante per noi che Duke Fleed rimanga in vita. Il fatto che tu l’abbia convinto a riprendere a mangiare ci è stato di grande aiuto.”
Gli occhi del vecchio lampeggiarono. “La mia intenzione era solo quella di servire il mio signore.”
“Non mi interessa quale fosse la tua intenzione, ma il fatto che il principe si fida di te. Sei l’unica persona con cui parla. Se riuscirai a convincerlo a consegnarci Goldrake avrai benefici per te e per la tua famiglia.”
“Mi è rimasta solo una nipote, mia moglie e mio figlio sono rimasti uccisi dalle bombe.”
“E tua nipote lavora qui, lo so. Se convincerai il principe a collaborare, potremmo concederti qualche ora libera fuori dalla cella. Potresti avere la possibilità di passare più tempo con lei. E sarebbe solo l’inizio.”
L’idea era allettante. “Ci penserò, comandante.”
“Ti conviene deciderti in fretta, potrei cambiare idea molto presto.”
Premette il pulsante per richiamare le guardie.

Se Duke avesse collaborato… non più un eroe ma un traditore. Avrebbe perso il sostegno dei fleediani, e Vega avrebbe avuto mano libera. Finalmente Barendos cominciava a vedere una via d’uscita.

I dischi si avvicinavano al palazzo reale, lo circondavano e davano il via a un carosello colpendone le mura con i raggi laser. Nella luce della sera, le pareti sfolgoravano multicolori come nelle feste di palazzo, ma il rombo che si sentiva non era quello dell’orchestra di percussioni, erano le pareti che si sgretolavano. Il palazzo cominciava a tremare sempre più forte, finché dai mosaici del pavimento non emergeva Goldrake, che con i disintegratori cominciava a distruggere i dischi più vicini. Un disco si fermava, immobile, davanti alla testa del robot. Il pilota si sfilava il casco, scoprendo gli occhi obliqui e la zazzera bionda di Lykus. “Dove sei, Duke? Ci uccideranno tutti, e sarà colpa tua! Duke! Duke!”
Duke si svegliò di soprassalto, i battiti del suo cuore gli tuonavano nelle orecchie come un bombardamento. Fird gli aveva detto che Vega stava infliggendo gravi perdite alla resistenza, e che l’eroismo dei ribelli poteva poco contro le forze superiori e l’abilità dei capitani nemici. Forse aveva sbagliato a consegnarsi… ma non aveva avuto alternative, o forse sì? Avrebbe lasciato uccidere sua madre pur di non dare Goldrake al nemico, tanto valeva restare sulla base lunare… Si coprì il volto con le mani. Avrebbe avuto il sangue di tutti sulla coscienza, dei suoi compagni e della sua famiglia.

“Principe, la cena!” Come ogni sera a quell’ora, la guardia sciolse le catene dai polsi e Fird ne approfittò per rinnovare le fasciature che proteggevano la pelle ormai macerata da giorni di ceppi; poi fece lo stesso per le caviglie. Duke riusciva ormai a muovere qualche passo senza che gli girasse la testa; era ancora debole ma stava riacquistando le forze. “Quando mi sarò ripreso ricominceranno con gli interrogatori” , si disse, “C’è poco tempo.
Cercò di mandare giù qualche cucchiaiata di zuppa mentre contava tra sé e sé. La guardia aspettava la fine del pasto facendo su e giù per la cella; dieci minuti e poi avrebbe posato il piatto per terra, rimesso le catene, prima ai polsi poi alle caviglie, ripreso il piatto e richiuso la porta.
Quindici minuti in tutto.

Duke non aveva più bisogno di cure assidue e a Fird era stato affidato il compito di pulire l’ala carceraria del palazzo; in cambio aveva avuto il permesso di recarsi, di tanto in tanto, a trovare la nipote.
“Ti porto i saluti della regina” disse il vecchio. “Oggi la piccola Maria faceva i capricci perché voleva vederti. Deve aver sentito le guardie parlare di te e non capisce perché non vuoi più incontrarla.”
La sorellina gli mancava. Non aveva mai potuto passare molto tempo con lei – l’accademia cominciata poco dopo la sua nascita, l’addestramento su Goldrake che aveva assorbito gli ultimi due anni – e ogni volta che l’aveva rivista si era stupito di come fosse cresciuta e cambiata. Maria adorava il suo fratello maggiore e lui, strappato troppo presto ai suoi sogni di bambino, si divertiva a inventare giochi rincorrendo l’infanzia perduta.
“Dì loro che sento la loro mancanza… dille che le voglio bene, ma che non posso vederla.”
“Potresti, se concedessi qualcosa a Barendos”
Fird aggiunse, fischiando piano: “Se fai credere al comandante che sei disposto a cedere potrei farti incontrare i tuoi.
Duke scosse la testa: “Mia madre per prima non vorrebbe che lo facessi. Tutto quello che sto passando qui… sarebbe tutto stato inutile. Non se ne parla.”
Il fischiettio continuò: “Tra poco saremo pronti. Pensavo che volessi salutarli.

“Signore, Fird sta cercando di convincere Duke Fleed a collaborare.” La guardia in ascolto si chiedeva cosa avesse il vecchio per essere di umore così giulivo. La gente che fischiava gli aveva sempre dato fastidio.

“Allora Fird, come sta procedendo il tuo lavoro?”
“Signore, è ovvio che il principe sia restio a cooperare. Ha patito le pene dell’inferno pur di non aiutarvi, acconsentendo a un accordo ammetterebbe l’assurdità della sua ostinazione. Mi occorre tempo.”
“Non ho tempo! Dobbiamo avere Goldrake al più presto”
“Comandante, forse ho un’idea…”

“Fird, tu sei pazzo, non ho nessuna intenzione di farmi vedere da Maria in queste condizioni.”
“Ormai sei quasi guarito, e sono giorni che insiste che vuole vederti. Barendos ha dato a mia nipote il permesso di portarla qui per qualche minuto. Potrebbe essere l’ultima volta.”
“Non qui. Se spostano le… le macchine, potremmo utilizzare il mio vecchio laboratorio. È più ampio e luminoso, non si spaventerà.”

Barendos aveva convenuto che, con le guardie e la porta chiusa a chiave, a Duke potessero essere tolte le catene. Ormai conosceva abbastanza il principe da poter essere sicuro che non avrebbe mai tentato un atto di forza davanti alla bambina. Forse il suo dolce visino lo avrebbe intenerito… o forse avrebbero potuto minacciarla per costringerlo a parlare.
Scacciò questa idea dalla sua mente. Non era affatto certo che Duke avrebbe ceduto, non l’aveva fatto per la madre. Inoltre, se si fosse saputo che la principessina, amatissima dal popolo perché nata quando tutti pensavano che la regina non avrebbe più avuto altri figli, era morta in mano loro, anche quei rammolliti dei fleediani avrebbero potuto cambiare il loro atteggiamento remissivo. Sarebbe stato ai patti, per una volta.

Duke si torceva le mani. Si era pentito di aver accettato l’incontro con la sorellina. E se una volta davanti a lui le avessero fatto del male? Non voleva nemmeno pensarci… un brivido di disgusto gli scorse lungo la schiena, sapeva bene cos’erano capaci di fare. Se ci avessero provato, le avrebbe risparmiato qualsiasi dolore… l’avrebbe uccisa con le sue mani senza farla soffrire. Sarebbe morto anche lui, in quel momento.
Strinse i pugni fino a farne impallidire le nocche. Un momento di gioia, trasformato in un incubo. Vega avrebbe dovuto pagare anche per questo.

Piccoli passi di corsa scalpicciavano per il corridoio, Maria tirava con impazienza la mano della sua governante mentre Fird seguiva più lentamente. “Duke! Duke, dove sei?”
Il giovane si piegò sulle ginocchia per accoglierla. La bimba entrò correndo nel vecchio laboratorio, sventolando un foglio di carta all’indirizzo del fratello che l’attendeva con un sorriso. “Duke guarda, ti ho fatto un dis…”
Barcollò improvvisamente inciampando in una lastra di pietra sconnessa, ma lui fu pronto a impedirle di cadere sollevandola e prendendola in braccio. La piccola gli affondò in petto la testolina rossa.
“Ti ho fatto un disegno, ci sono io, papà e mamma, e ci sei anche tu. Ti piace?”
“È bellissimo Maria, lo terrò sempre con me.” Quella pietra. Ora ricordo.
“Perché non stai con noi?”
La sollevò in aria, era ancora così leggera. “Sarò con voi presto, stellina. Non vi lascerò mai.”
Quella pietra. Il coperchio della botola.


Il medico terminò la scansione del torace di Duke.
“Il prigioniero non è più in pericolo di vita. Consiglio di limitare le esposizioni al vegatron, ma per il resto è in grado di affrontare qualsiasi tecnica di interrogatorio.”
Molto bene”, pensò Barendos. “Ti farò recuperare tutto con gli interessi”.

Avevano stabilito di tentare quella sera.
Goldrake è esattamente qui sotto, nell’hangar principale. È raggiungibile tramite il corridoio delle scuderie, o attraverso la botola
Duke annuì. Ora ricordava quanto gli piacesse osservare non visto, sdraiato a pancia in giù sul pavimento del suo laboratorio, i tecnici che lavoravano al montaggio del robot nel grande padiglione sotterraneo. Durante il suo turno di pulizie, Fird aveva verificato che il passaggio era ancora attivo; avrebbero usato quello, mantenendo il lungo corridoio come via alternativa.
Il vecchio si mise di spalle di fronte alla telecamera per non essere visto e porse a Duke il palmo aperto: “Tuo padre ti manda questo. Ti aiuterà ad attivare tutti i comandi.”
Il Principe ne sollevò con mani tremanti il medaglione che i re di Fleed si tramandavano da generazioni e lo mise al collo, nascosto dalla casacca. Il re stava passandogli il comando.
Pregò con tutte le sue forze di riuscire a esserne degno.

(continua)

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Breve breve e con cliffhanger finale.

LA GUERRA DI DUKE - continua...

La nausea lo colpiva alla bocca dello stomaco, crampi violenti che lo facevano piegare in due. Eppure il dolore fisico era un aiuto… mitigava quello, insopportabile, della sua anima. Duke si era imposto di non pensare alle conseguenze che la sua fuga avrebbe potuto avere – ma i pensieri continuavano a torturarlo.
Sottrarre Goldrake: era un ordine di suo padre, e lui, per quanto gli fosse costato, non si era mai sottratto al suo dovere di figlio di re. Aveva rinunciato alla donna che amava e accettato la carriera militare, aveva acconsentito a un matrimonio combinato, arrivando a un passo dall’alleanza con Vega. Si era offerto in cambio della vita dei suoi… E ora si trovava, di nuovo, a dover scegliere tra la salvezza del suo pianeta e quella delle persone a lui più care. Non c’era dubbio che Vega si sarebbe vendicato sulla famiglia reale una volta che Goldrake fosse sfuggito definitivamente alle sue mani; ma se fosse finalmente riuscito a impossessarsene, per Fleed e per tutti i suoi abitanti si profilava un futuro atroce di schiavitù e morte. E il dovere di un re – Duke sfiorò il medaglione, che sembrava bruciare al contatto con la sua pelle – era il bene del suo popolo.
Qualunque cosa avesse scelto, avrebbe causato morte e dolore; in ogni caso, avrebbe sentito per sempre su di sé, insostenibile, il peso della colpa.

Fird aveva capito il tormento del giovane e gli aveva parlato con dolcezza: “So cosa c’è nel tuo cuore, e so che se soffri non è per te stesso. Credevi di aver dato tutto e ora scopri che non è bastato. Ricorda: la morte è facile. Difficile il dolore. Più difficile la vita.” Duke l’aveva abbracciato in silenzio, cercando di nascondere le lacrime.

Guardò il foglio ancora una volta. Il re indossava, senza corona, il suo corto mantello; la madre una lunga tunica viola; e per sé, Maria aveva disegnato un vestitino rosa. Ma lui, Duke, era rappresentato con la tuta rossa da combattimento. Sua sorella l’aveva sempre visto così, pronto per la guerra. “Ma io non sono un guerriero… io desidero solo che questa guerra abbia fine. Se riuscirò a riprendere Goldrake, combatterò perché la pace torni su Fleed e nella nebulosa.” I suoi occhi erano asciutti, ora; aveva deciso. Non era un guerriero, ma gli era toccato in sorte di combattere e lo avrebbe fatto fino in fondo.
Ripiegò accuratamente il disegno e lo inserì sotto la calzamaglia, a contatto con la pelle. L’avrebbe portato con sé. Sarebbero stati sempre con lui, come aveva promesso a Maria.

Tremante di rabbia, Barendos rilesse il dispaccio: il Grande Vega non si era degnato di apparire in video per parlare con il suo comandante su Fleed.
Informiamo le forze di occupazione del pianeta Fleed – non lo chiamava nemmeno per nome! – che la tecnologia di clonazione delle onde cerebrali fleediane è ormai in fase avanzata di sperimentazione. Invieremo strumentazione e tecnici nei prossimi giorni. Si prega di assicurarsi che il prigioniero rimanga in vita fino a tale data.” Il foglio gli scivolò dalle dita.
Era fallito, non era riuscito nella sua missione: quel che era peggio, altri sarebbero riusciti al posto suo e avrebbero conquistato il favore del sovrano. Avrebbe obbedito e tenuto in vita il principe: ma – giurò a se stesso – l’avrebbe costretto a implorare la morte.

Duke era colpito dall’apparente tranquillità di Fird, che pure aveva motivo quanto lui di essere agitato, e non riusciva a rispondere ai suoi tentativi di conversazione che con monosillabi. Ormai mancava poco più di un’ora e sarebbe arrivata la guardia con il pasto… ripassò mentalmente il piano.
Durante la cena la cella rimaneva aperta per quindici minuti, sorvegliata da una guardia sulla porta e da una all’interno; dopo i primi tempi, grazie anche all’evidente debolezza di Duke, la loro attenzione si era molto allentata, e a volte scambiavano qualche parola con Fird, che credevano un alleato del loro comandante. Fird avrebbe usato il Swyhwsh per avvertire Duke se la porta della stanza degli interrogatori fosse stata, al solito, aperta, oppure chiusa; solo in quest'ultimo caso, avrebbero rimandato la fuga. Poi avrebbe distratto con le sue chiacchiere sconclusionate la guardia sulla porta finché non avesse dato le spalle alla cella: una manovra che gli era già riuscita diverse volte. Al suo fischio di via libera Duke avrebbe colpito la guardia all’interno con le pesanti catene che, se i primi tempi erano state assicurate al muro, ora erano quasi sempre lasciate pendere al suo fianco; mentre Fird, se fosse stato necessario, avrebbe cercato di trattenere quella che sorvegliava la porta. La botola distava poco più una decina di metri, e per aprirla bastava una pressione simultanea in due punti laterali; Duke si augurava di essere tornato in grado di correre. Poi, si sarebbe gettato di sotto e Goldrake l’avrebbe accolto nel suo abitacolo.
Era troppo semplice, e troppe erano le incognite: se la porta fosse stata aperta, se Fird fosse riuscito a distrarre la guardia, se Duke non fosse inciampato… e soprattutto Fird correva un rischio spaventoso: era improbabile che il comando credesse alla sua buona fede, e poiché Duke non poteva portarlo con sé la sua sorte era quasi certamente segnata – sia che il piano riuscisse sia che, come era abbastanza probabile, non si realizzasse. Duke non voleva mettere in pericolo altri che sé: ma non poteva riuscire da solo, e questa consapevolezza lo lacerava.
Fird minimizzava – prima che Duke si ricordasse della botola avevano già deciso di usare il lungo corridoio delle scuderie, e quello sì che sarebbe stato un azzardo, non era affatto detto che lo avrebbero incolpato, i Veghiani lo credevano dalla loro parte… ma era chiaro che era lui il primo a non credere alle proprie rassicurazioni: Barendos non aveva pietà per chi si prendeva gioco di lui. Alla fine tagliò corto: “Io sono vecchio e prigioniero; se fossi giovane e libero mi unirei a quelli che combattono con te. Tu puoi salvare questo pianeta, e hai il dovere di tentare. Io ho il dovere di aiutarti. Il resto non ha importanza.”
Duke era stato costretto ad acconsentire. E ora non restava che aspettare… il tempo passava lentissimo.

La chiave girò nella porta con mezz’ora di anticipo, e le guardie non portavano il solito vassoio. C’era qualcosa che non andava… Duke sentì lo stomaco contrarsi, ma cercò di mantenere la calma.
“È già ora?” chiese Fird con fare indifferente.
Le guardie cominciarono a slegare Duke. “Il comandante Barendos ha dato ordine di portare Duke Fleed nella stanza degli interrogatori.”
Duke ebbe l’impressione che il tempo avesse smesso di muoversi, cercò gli occhi di Fird e vi vide il suo stesso sguardo atterrito. Avevano aspettato troppo a lungo… Seguì le due guardie docilmente, mentre cercava di riprendere il dominio di sé. Avrebbe dovuto improvvisare.

(continua)

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LA GUERRA DI DUKE - continua

Lungo il corridoio le porte delle celle erano aperte. Per la prima volta Duke si rese conto della presenza di altri prigionieri, che lo guardavano passare in silenzio, tenuti a bada a una guardia incappucciata davanti a ciascuna porta.

“Prego, accomodati principe.” Con un gesto artificiosamente gentile, il comandante gli indicò una sedia al centro della sala – a meno di un metro dalla botola.
Le guardie spinsero Duke a sedere e legarono i suoi polsi ai braccioli, poi uscirono dalla stanza.
Barendos prese a camminare su e giù per la stanza. “Ho pensato che dovremmo parlare un po’, io e te.”
“Non vedo cosa abbiamo da dirci” ribatté Duke gelido.
“Ad esempio, che Goldrake ormai è di Vega… alcuni dei tuoi scienziati hanno accettato di collaborare con i nostri. Possono clonare le onde cerebrali.” Rise forte, con amarezza.
“Tutto quello che hai subito… beh, è stato inutile. E anche tutti gli sforzi che ho fatto io per piegarti sono stati sprecati. Vega ha trovato altri che lo aiutassero. Io sono rimasto fuori.”
Parlava lento, a voce bassa, quasi soffiando.
“Sono rimasto fuori per colpa tua, principe. Se tu avessi parlato, Vega mi avrebbe portato sugli scudi, la mia carriera sarebbe arrivata alle stelle. E invece… tu e il tuo stupido orgoglio, il tuo inutile coraggio. Inutile… ora, le tue onde cerebrali verranno clonate, dopodiché sarai eliminato. E sarò eliminato anch’io.”
Dietro il tono piatto della voce vibrava la rabbia di chi non aveva più niente da perdere.
“Ormai non mi interessa più quello che puoi dire. Se anche tu parlassi ora sarebbe troppo tardi. Re Vega mi ha scritto… scritto!... che devi rimanere vivo. Ed io sono un servitore obbediente… non ti ucciderò.”
Si avvicinò a Duke finché i loro visi furono vicinissimi, gli occhi gialli fissi in quelli blu.Sussurrò: “Ma farò in modo che tutti nel palazzo sentano le tue urla stasera.”
Alcol. Era chiaro che Barendos aveva cercato di soffocare la sua frustrazione ubriacandosi… Duke si sforzò di mantenere il sangue freddo. Lo provocò:
“Immagino che questo ti darà grande soddisfazione.”
“Ho dato ordine di lasciare aperte le porte perché tutti possano vedere e ascoltare il principe di Fleed che piange… piange come una donnetta…”
Prese qualcosa dal tavolo, un piccolo cilindro cavo con un anello mobile a un’estremità, e glielo mise sotto il naso. “Hai mai visto una di queste?”
“Si direbbe una frusta laser.” rispose calmo Duke.
“Proprio così. A seconda della regolazione può graffiare la pelle o tagliare il metallo più duro.”
“Senza dubbio uno strumento di grande utilità.” La voce di Duke era tanto più pacata quanto più stridula diventava quella del comandante.
“Per iniziare basta la potenza minima” regolò l’intensità dell’apparecchio con la cura eccessiva di chi ha bevuto “ho tutto il tempo che voglio, e voglio che tu duri a lungo, principe.”
Un sottile raggio azzurro colpì il petto di Duke e la casacca si lacerò, scoprendo il medaglione. Un segno rosso cominciò a bruciare sulla pelle dove la luce era passata.
Barendos afferrò il ciondolo iridescente e lo osservò brillare incuriosito. “E questo cosa…”
“Un regalino di mia sorella, sai come sono i bambini… a proposito, ho dimenticato di ringraziarti per avermela fatta incontrare.”
“Un ultimo incontro non si nega mai…” Lasciò ricadere il gioiello e ruotò il cursore dello strumento di tortura per aumentarne l’intensità; poi, una mano sul bracciolo sinistro, lo puntò nuovamente su Duke, stavolta mirando al braccio ferito.
Ora.
Fu un attimo: Duke si sollevò di scatto sulle gambe, esponendo il polso destro al raggio azzurro per tagliare il laccio che lo legava e facendo perdere l’equilibrio a Barendos, che cadde in avanti barcollando. Con entrambe le mani sollevò la sedia per colpire il suo aguzzino poi, raccolta da terra la frusta, la rivolse sull’altro polso; finalmente libero, lanciò la sedia contro le guardie che accorrevano in difesa del loro capo.
L’apertura della botola si spalancò mostrando Goldrake che sembrava dormire nell’hangar buio. Doveva gettarsi.
“Duke Fleed!”
Gli occhi del robot si accesero nell’oscurità, il portellone si aprì e Duke, già rivestito della tuta da combattimento, scivolò al suo interno.
“Goldrake, avanti!”
Il basamento del palazzo tremò: Goldrake uscì rombando dal luogo in cui era rimasto prigioniero troppo a lungo.

“Ce l’ha fatta! Duke Fleed ha preso Goldrake!”esclamò Fird.
Un prigioniero uscì da una delle celle lasciate sguarnite dai sorveglianti corsi in soccorso di Barendos, spintonò la guardia più vicina che, colta di sorpresa, non fu abbastanza pronta a reagire e si lasciò strappare la pistola laser; altri lo seguirono correndo verso la sala degli interrogatori dove Barendos circondato dalle sue guardie armate gridava disperato: “Uccideteli… uccideteli tutti! Duke Fleed avrà anche loro sulla coscienza!”
Prima che il prigioniero potesse essere fermato, un raggio laser colpì Barendos al petto e la piccola folla gridò di giubilo nel vederlo cadere, per essere subito dopo respinta e abbattuta dalle guardie, finalmente tornate presenti a se stesse. Fird, accorso in aiuto dei feriti, venne colpito a sua volta e cadde sulla schiena.

Sorretto dalla sua scorta, Barendos oltrepassò i corpi che giacevano sul pavimento di pietra e si fermò davanti al vecchio morente. Gli posò un piede sul torace, scuotendolo. Fird socchiuse gli occhi, lo riconobbe e mormorò sorridendo: “Fleed ha Goldrake. La vostra fine è vicina.” Il pesante stivale affondò, fermandogli per sempre il respiro.

Era stato un terremoto? Maria corse dal padre: “Duke se n’è andato!” Il re di Fleed si avvicinò alle inferriate della finestra e vide la sagoma del robot allontanarsi a tutta velocità, inseguita da uno stormo di minidischi. Forse per il pianeta ci sarebbe stato un futuro... quanto a loro, probabilmente non avrebbero vissuto tanto da festeggiare la vittoria. Prese in braccio la piccola, che nonostante le doti extrasensoriali non poteva ancora capire le conseguenze della fuga del fratello.
“Perché ci ha lasciato? Non ci vuole più bene?”
“Non ci ha lasciato, Maria. È andato a combattere per noi” le spiegò la madre dolcemente.
“Ma si farà male, mamma!” La regina annuì. Il destino di quel figlio sarebbe stato molto duro, comunque la guerra fosse finita.

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LA GUERRA DI DUKE - continua...

I tagli sul braccio e i polsi erano profondi e sanguinavano copiosamente, ma Duke non aveva tempo per occuparsene mentre manovrava per sfuggire all’attacco dei minidischi. Doveva seminarli per non far loro scoprire dove si trovasse la loro base lunare; o meglio, distruggerli… ma quelli gli danzavano davanti veloci, colpendolo con raggi vegatron; fitte violente gli facevano perdere il controllo del braccio destro.
Disintegratori paralleli!
Tre raggi uscirono dal pugno sinistro del robot distruggendo i primi dischi… Nonostante non avesse mai pilotato Goldrake in combattimento prima, il lungo addestramento al simulatore aveva dato buoni frutti.
Il robot scartò agilmente per sottrarsi ai raggi e tornò a colpire: Missili perforanti!
Solo un disco era rimasto a inseguirlo. Gli si piazzò davanti, irradiandolo con tutta la sua potenza. Duke non riusciva a muoversi, stava perdendo sangue e il braccio destro era inutilizzabile. Doveva farsi forza…
Disintegratori multipli! Il piccolo disco esplose con un ultimo boato, inondando il cielo di Fleed di un fumo acre.
Duke impostò come destinazione le coordinate della base segreta e ricadde, spossato, sul pannello di comando.
Nebbia antiradar! Velocità fotonica!
Goldrake sparì nel crepuscolo.

I pensieri gli si agitavano spietati nella mente. Era stata la sua prima battaglia alla guida del robot e nonostante il dolore delle ferite il suo comportamento era stato… automatico, si disse rabbrividendo: mesi di simulatore avevano fatto di lui una macchina da guerra. Non era riuscito nemmeno ad aver paura; tutto gli sembrava così simile alla finzione cui era abituato, che si era dimenticato che dentro a ciascun minidisco c’era una persona. Nelle azioni di guerriglia cui aveva partecipato, il nemico era vicino e visibile, la lotta era alla pari; aveva sentito le urla, visto il sangue che aveva dovuto versare. Ma dall’alto di Goldrake i nemici e gli amici erano tutti ugualmente minuscoli, tutti spaventosamente facili da distruggere: un’esplosione, un boato e nulla restava a ricordare chi aveva – non importa da che parte stesse – perso la sua vita. Una macchina da guerra. Era questo ciò di cui Fleed aveva bisogno, questo ciò per cui aveva sacrificato la sua famiglia e la sua vita? Una macchina da guerra? Sentì il bisogno di gridare.

Il principe di Fleed guardava con rimpianto il ragazzo che era stato allontanarsi, forse per sempre. La sua guerra era ricominciata; ora non aveva più paura di soffrire. Aveva paura di impazzire.

“Oggetto spaziale in avvicinamento!”
La base era ben schermata – era stato Duke a scoprire che le radiazioni emesse dalle rocce circostanti rendevano il luogo invisibile ai rilevatori – ma la prudenza era sempre necessaria.
“Kottir, Hrafin, in perlustrazione!” Lykus infilò il casco e guidò la sua flottiglia in ricognizione.
I due ragazzi non riuscivano a prendere la cosa sul serio.
“Lykus, sempre sul chi vive. Magari è un meteorite come l’altra volta… ricordi Kottir?”
“Certo – rispose ridendo la ragazza – Oppure un ammasso di rifiuti spaziali. Non ci possono trovare qui.”
Lykus intimò loro il silenzio con uno sguardo gelido. Pur essendo tra gli ultimi arrivati, erano i suoi migliori piloti e avevano mostrato da subito abilità e valore. Eppure la tentazione di prenderli a schiaffi a volte era fortissima… ripeté l’ordine a voce bassa.
“In perlustrazione. E auguriamoci che si tratti di rifiuti spaziali. Se fosse un mostro di Vega la base non avrebbe scampo.”
I tre dischi si sollevarono all’unisono. “D’accordo capo. Piano d’attacco?”
“Il solito. Se è un mostro, attiveremo la funzione riflettente per non far capire la nostra provenienza e lo attireremo il più distante possibile dalla base. E poi…”
L’unica tecnica che si era mostrata efficace era quella di gettarsi contro i mostri con i dischi carichi di bombe, per esplodere con loro. I piloti di Fleed erano morti come mosche.
“Stavolta tocca a me.” disse Hrafin, tornato improvvisamente serio.
Accelerarono in silenzio verso l’oggetto sconosciuto.

Era impossibile… ma non era possibile confonderlo. Quello era Goldrake.
Duke era fuggito dalle prigioni di Vega? Lykus trattenne un’esclamazione di giubilo e cercò di mantenersi razionale; le possibili spiegazioni si affastellarono nella sua mente.
Da informatori affidabili sapeva che i Veghiani stavano lavorando a clonare le onde cerebrali: era possibile che al comando del robot non ci fosse Duke. E… se invece lo avessero costretto ad attaccarli con un ricatto? Quando avevano minacciato la sua famiglia, Duke non aveva esitato a consegnarsi per salvarla. Possibile… no, il Principe non avrebbe mai messo in pericolo Fleed. O forse… neanche i più forti possono essere sicuri che la tortura non li porterà alla follia, e gli aguzzini di Vega erano noti per la raffinatezza delle loro tecniche.
“Capo, ma quello…”
“Magnifico! È riuscito a fuggire!” Hrafin fece ondeggiare il disco in su e giù.
La risposta di Lykus fu secca. “Sì, Kottir, quello è Goldrake. Ma non sappiamo come abbia fatto ad arrivare qui. Restate indietro, vado io.”
“Ma…”
“Niente ma. Io conosco bene Duke Fleed. Potrebbe essere l’inizio della rivincita, o quello della fine. Devo vedere chi c’è ai comandi… chi c’è e in che condizioni è; poi sapremo se festeggiare o disperare.”

Duke vide il piccolo disco con i colori di Fleed dirigersi verso di lui e cercare di intercettarlo.
“Duke Fleed, fatti riconoscere.”
La voce di Duke, terribilmente debole. “Lykus… Lykus sei tu? Sono Duke… sono tornato…”
Le parole gli uscivano a fatica dalla bocca impastata: era stanchissimo. I giorni trascorsi nelle prigioni di Vega lo avevano logorato; le ferite gli facevano male, e per una volta non aveva bisogno di dissimulare la sua sofferenza. Era tra amici che lo avrebbero aiutato.
Lykus sollevò la visiera del casco e Duke fece lo stesso: al capitano di Fleed si strinse il cuore nel vedere il viso esangue e i cerchi scuri intorno agli occhi, che sembravano ardere di febbre.
“Lykus, se è quello che ti stai chiedendo: non mi hanno condizionato. Sono riuscito a scappare, fidati.”
“Come hai fatto a liberarti?” Gli bruciava essere così duro con l’amico, ma doveva…
“Lykus, sono ferito, probabilmente mi stanno inseguendo. Se mi trovano troveranno anche voi, e la mia fuga sarà stata inutile.” La voce sembrava provenire da una distanza remota.
“Andiamo alla base… ti spiegherò tutto. Ti prego.”.
Se ci ha traditi siamo già perduti, si disse Lykus. Se dice la verità… Fleed avrà Goldrake, e forse la vittoria.
Doveva fidarsi. “D’accordo, ti scortiamo. Duke… bentornato a casa!”
Forse Fleed poteva ricominciare a sperare.

Questa volta Barendos avrebbe preferito un dispaccio. Il petto vistosamente fasciato, a capo chino, stava in ginocchio davanti allo schermo da cui il Grande Vega vomitava tutta la sua rabbia per l’inettitudine del suo sottoposto: e, quello che più gli bruciava, si rendeva conto che il sovrano aveva ragione. Avrebbe dovuto seguire il suo istinto, colpirlo nei suoi affetti oltre che nel corpo; se avesse approfittato dell’incontro con la bambina… ma quel vecchio servo lo aveva ingannato. Beh, il servo aveva pagato, ora sarebbe toccato alla famiglia reale.
...Manterrete il comando per l’ordinaria amministrazione fino all’arrivo del nuovo governatore di Fleed, dopodiché sarete a sua completa disposizione.”
Barendos alzò gli occhi: “Sire, propongo l’esecuzione pubblica del re e della regina. Duke Fleed non ha mantenuto i patti…”
Voi non farete niente del genere. Concorderete ogni iniziativa con il Generale Varg della Guardia Imperiale."
La comunicazione si interruppe.

(continua... apprezzo molto i commenti di qualsiasi tipo https://gonagai.forumfree.it/?t=66037619&st=45#lastpost)

Edited by shooting_star - 7/6/2013, 00:27
 
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LA GUERRA DI DUKE - continua...

La base lunare della resistenza fleediana era individuabile solo da chi oltrepassava la barriera di radiazioni che la proteggevano dalla vista. Goldrake si posò dolcemente al centro dell’avvallamento che la accoglieva, mentre i ribelli, avvertiti dalla flottiglia di ricognizione, si radunavano fuori dai loro alloggi. Non avevano mai visto il grande robot così da vicino, e si avvicinarono con entusiasmo misto a soggezione.
Duke esitò per qualche istante prima di lasciare la cabina di guida. Non sapeva cos’avrebbe trovato, quali dei compagni con cui aveva condiviso la lotta fino a poche settimane prima avrebbe rivisto e quali no; non aveva avuto il coraggio di chiedere a Lykus di nessuno, nemmeno di Naida… respirò profondamente, sollevò la visiera e scivolò fuori dall’abitacolo.

Il grido di gioia dei fleediani si trasformò in un brusio soffocato quando Duke, raccogliendo a fatica tutte le sue forze, cominciò a camminare verso di loro quanto più speditamente riuscisse. Il suo sorriso non poteva nascondere il suo pallore, né il sangue che macchiava di un rosso più scuro la divisa. Sceso dal suo disco, Lykus corse verso l’amico e lo sorresse fino alla costruzione adibita a infermeria, mentre al loro passaggio il piccolo esercito si apriva a fare ala al principe che, contro ogni aspettativa, era ritornato: debole e ferito, ma con Goldrake.

La tuta da combattimento era sparita, e Duke sembrava ancora più fragile con addosso la casacca da carcerato.
“Duke, c’è una cosa che dobbiamo fare prima di medicarti…. So che capirai.”
L’ufficiale medico – in realtà Orn era solo uno studente di medicina – fece scorrere lo scanner lungo il corpo di Duke. “Bene, ora siediti sulla brandina e tieni gli occhi ben aperti… perfetto, l’analisi delle iridi conferma che non sei stato condizionato.”
“Goldrake non mi avrebbe riconosciuto se lo fossi stato.”
“Lo so, ma non possiamo permetterci di correre alcun rischio… queste settimane sono state durissime.” Lykus si sedette accanto a lui e sorrise stanco. “Posso solo immaginare quanto lo siano state per te.”
Duke scosse la testa. “No, non puoi, ed è meglio così.” Sfuggì lo sguardo di Lykus. Non aveva alcuna intenzione di parlarne.
“Stavo per lasciarmi morire… ma quando ho saputo che erano pronti a clonare le mie onde cerebrali ho capito che dovevo riuscire a fuggire a ogni costo. Non potevo lasciare Goldrake in mano loro.” Ad ogni costo. Chissà cos’è successo a Fird. E alla mia famiglia… Sfiorò con la mano il disegno di Maria, ancora nascosto sotto gli indumenti.
“Sono felice che tu sia con noi” continuò Lykus “e che sia riuscito a prendere Goldrake. Con te, ora tutto sarà diverso.
“Hanno cominciato ad attaccare la parte sud del pianeta. È chiaro che vogliono i giacimenti… noi stiamo all’erta e cerchiamo di bloccarli, ma per farlo abbiamo perso molti piloti. Nessuno si è mai tirato indietro, ma…”
Colpi familiari sulla porta. La voce di Naida: “Posso entrare adesso?”
Duke fece cenno di sì, sollevato – allora lei stava bene…
Mentre Lykus andava ad aprire, Orn cominciò ad occuparsi di Duke. “Vedo che non riesci a muovere il braccio. Forse è meglio tagliare la casacca.”
“Ti aiuto io…” le mani di Naida sfiorarono le spalle di Duke, che istintivamente si ritrasse di scatto. Non era la prima volta che lo vedeva nudo… si rese conto di non volere che lei sapesse cosa gli avevano fatto.
“Scusa…” la stoffa scivolò a terra, e Duke sentì Naida trattenere il fiato. Le faccio orrore, pensò. Peggio, le faccio pena.
“Scusa Duke… non volevo farti male.”
“Non mi hai fatto male,” rispose lui secco “Sono… sono solo molto stanco.” Aveva tremato all’idea di non rivederla, e ora, che era lì accanto a lui, faceva fatica a sopportarne la presenza.
Il comunicatore di Lykus lampeggiò. “Comunicazioni urgenti, devo andare… ti riferirò tutto più tardi.”
Naida uscì con lui in silenzio.
La trasmittente gracchiò. “Lykus, notizie da Altair 2.”

“I tagli non ci metteranno molto a guarire, ma hai perso sangue e il tuo organismo è molto debilitato” disse il medico fissando la fasciatura ai polsi. “Hai diverse ossa incrinate che ti faranno male per un po’. La cosa più preoccupante però è quella ferita da radiazioni. È molto peggiorata dall’ultima volta che ti ho visto. Negli interrogatori hanno usato il vegatron, vero?”
Duke annuì. “Mi ha dato molti problemi in combattimento.”
“Posso darti qualcosa per il dolore. Purtroppo le lesioni da vegatron sono incurabili … e progressive, ma questo lo sai già.” Duke fece per parlare, ma Orn lo prevenne. “Tranquillo, non lo saprà nessuno.”
Il calmante cominciava a fare effetto; Duke si abbandonò sulla brandina.
“Ora sei al sicuro, riposati. Ho detto ai ragazzi che fino a domani non sarà possibile parlarti, ma presto tutti vorranno incontrarti… e festeggiare.” Sorrise: “Hai fatto qualcosa di veramente grande, qualcosa di cui Fleed ti sarà grato per sempre. Ci hai ridato la speranza.”
Chiuse la porta piano e si preparò a spiegare ai compagni in attesa che il principe si sarebbe ripreso molto presto. I segni sul corpo di Duke sarebbero quasi tutti spariti, ma avevano già lasciato tracce indelebili nella sua anima.

Il sangue e il sudore avevano macchiato il foglio, ma le figure erano ben riconoscibili. Maria con il vestitino rosa, che teneva per mano un ragazzo sorridente in divisa rossa. Suo padre. Sua madre… era tutto quello che gli restava di loro; quello e il medaglione. La consapevolezza di non aver avuto scelta non poteva placare la sua angoscia. Ripiegò il disegno per non bagnarlo con le sue lacrime.


“Generale Varg, vi do il mio benvenuto su Fleed!”
Mentre il picchetto d’onore di guardie incappucciate presentava le armi, il comandante Barendos tese la mano verso colui che veniva a prendere il suo posto; Varg lo salutò con un cenno indifferente della testa. La stella a quattro punte della Guardia Imperiale spiccava sul mantello viola.
Abbassata la mano, il comandante continuò con tono ossequioso: “Se volete seguirmi, vi illustrerò la situazione.”
“Conosco perfettamente la situazione, comandante: disastrosa. Mostratemi il quartier generale. Abbiamo molto lavoro da fare e mi aspetto da voi che collaboriate scrupolosamente.”

Il generale Varg aveva una lunga esperienza nella repressione delle opposizioni interne a Vega. Conosceva di fama Barendos come persona abile nell’infliggere sofferenze più che nell’ottenere informazioni; e quando aveva visto il modo in cui l’ormai ex-governatore di Fleed aveva gestito una situazione tanto favorevole fino a farsela sfuggire di mano aveva capito che avrebbe avuto gioco facile a volgere la situazione a proprio vantaggio.

“L’esecuzione della famiglia reale in questo momento è fuori discussione, comandante… sempre che questo titolo sia ancora adeguato per voi.” Varg si era subito reso conto dell’atteggiamento ostile del suo sottoposto, e non perdeva occasione per umiliarlo.
“Ma generale…”
“Non interrompetemi.” Varg zittì Barendos con un gesto secco della mano. “Il morale dei fleediani è alle stelle per la fuga del principe e soprattutto per il fatto che siete riuscito a farvi sottrarre Goldrake. Se eliminassimo i reali ora, sarebbe solo una vendetta: e la vendetta è un’ammissione di impotenza. Otterremmo solo di inasprire i rapporti con la popolazione e probabilmente la maggioranza, che finora è rimasta a guardare, finirebbe per sostenere i ribelli. Converrete che non è di questo che Vega ha bisogno.”
Barendos fu costretto ad annuire.
“Il momento dell’esecuzione verrà. Quello che ci serve ora è mettere in cattiva luce il principe… ha abbandonato la sua famiglia nelle nostre mani: perfino la sorellina, e i fleediani adorano quella bimbetta… Duke Fleed è fuggito senza curarsi di loro, senza neanche tentare di liberare i prigionieri che erano con lui nel palazzo. Molti di loro sono morti. Un vigliacco, un egoista che ha pensato solo a se stesso.”
“Sapete benissimo che non poteva fare diversamente.”
“Io lo so e lo sapete voi. Non è detto che lo debba sapere la popolazione. Duke Fleed si era consegnato per salvare i suoi, ma non ha mantenuto i patti ed è scappato. Un ragazzino viziato, irresponsabile, incapace di mantenere la parola data. È questo il messaggio che deve passare.
"Ho bisogno di parlare con urgenza con la sezione propaganda. Come, non esiste? Lo dicevo, questo è un disastro. Le comunicazioni, allora. Subito.”

Il comunicato, letto da una gradevole voce femminile dall’accento spiccatamente fleediano mentre immagini di Varg, austero e autorevole, si alternavano a quelle sorridenti del re e della regina con la figlioletta, scorreva sugli schermi di tutto il pianeta: “Tutta la popolazione di Fleed è invitata ad accogliere il nuovo governatore che si affiancherà alla famiglia reale nel governo del pianeta, per rinsaldare l’alleanza con l’impero del Grande Vega. Il Generale Varg della Guardia Imperiale terrà il suo discorso di insediamento domani nella piazza della Reggia. Per chi non potrà partecipare, il discorso verrà trasmesso sugli schermi domestici dell’intero pianeta.”


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Edited by shooting_star - 12/6/2013, 17:32
 
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LA GUERRA DI DUKE - continua...

“Sono stata io a individuarlo per prima, anche se andava alla velocità della luce!”
“Sì, e io subito dopo! Lykus non si è fidato ed è andato a controllare, ma io me la sentivo che era tutto a posto!”
I due membri della flottiglia di Lykus erano al centro di un capannello di curiosi.
“Che cosa vi ha detto per farsi riconoscere?”
“Ehm… Lykus ci ha ordinato di stare indietro, quindi non abbiamo sentito bene. Ma poi ci siamo messi ai lati per scortarlo, e ci ha ringraziati… sembrava molto stanco.”
“Non vedo l’ora di combattere insieme a lui… Vega ha le ore contate.”
La voce del loro comandante li interruppe: “Ragazzi, dove siete? Dobbiamo uscire per accompagnare un ospite. Veloci.”
Hrafin e Kottir si diressero di corsa verso i loro dischi.

Duke si svegliò di soprassalto da un sonno cui i calmanti avevano concesso di essere privo di incubi. Erano passati due giorni dal suo arrivo; non credeva sarebbe stato così difficile riabituarsi a quella sorta di normalità che era stata la sua vita negli ultimi mesi, dopo che le forze di Vega avevano occupato la capitale. Lykus gli aveva riferito nei dettagli ciò che era accaduto dopo la sua partenza: l’espansione nella zona sud non prometteva niente di buono, e non appena Orn gli avesse consentito di rimettersi alla guida di Goldrake sarebbe andato in perlustrazione. Le cellule residenti sul pianeta, in costante contatto con la base lunare, avevano riferito dell’arrivo di un nuovo governatore e del discorso che avrebbe tenuto nel pomeriggio. Della famiglia reale non si sapeva niente.
Naida lo evitava, e non sapeva se la cosa gli desse dolore o sollievo. Sentiva ancora il suo sguardo bruciare sulla sua pelle, indugiare sulle sue ferite… e attraversargli il cuore. Era sempre stato così con Naida: con lei si sentiva trasparente, libero di dire ciò che pensava veramente, anche di suo padre e delle scelte che aveva fatto per lui; e ora non voleva che lei gli guardasse dentro, che vedesse ciò che gli avevano fatto, ciò che era diventato. C’era un buio profondo nella sua anima, e lui per primo non se la sentiva di affrontarlo. Aveva bisogno di lasciarsi andare… ma non poteva, non ne era più capace. La prigionia aveva ricoperto di ghiaccio il suo cuore; e aveva paura di cosa sarebbe successo quando quel gelo si fosse sciolto.

”Nave spaziale in avvicinamento. Allontanarsi dalla pista di atterraggio!“
Il rombo non era quello dei piccoli dischi dei ribelli… Dalla finestra dell’infermeria Duke vede una nave dall’inconfondibile testa di aquila posarsi accanto a Goldrake, seguita dai tre dischi di scorta. Markus.
L’ultima volta che l’aveva visto era stato quando era rimasto ferito al braccio: il suo pianeta non sembrava ancora entrato nelle mire di Vega e il figlio del re di Altair 2 collaborava con la resistenza fleediana. Poi tutto era precipitato, anche sul pianeta fratello di Fleed.
Uscì per abbracciare l’amico.

La nave aveva tutta la fiancata sinistra gravemente danneggiata: la protezione, annerita, contorta e in alcuni punti perforata, sembrava essere stata fusa da un calore smisurato. “Solo il vegatron può fondere la lega della sua nave in quel modo”, si disse Duke.
Markus saltò giù dal suo mezzo. Non sembrava ferito: ma quando si tolse il casco il suo sguardo era quello di chi ha visto l’inferno. Duke lo strinse tra le braccia e lo sentì tremare violentemente.
“Duke… amico. Come stai? La ferita… Vega…”
“Io sto bene, Markus. Altair 2?”
Markus si sciolse dall’abbraccio e gli posò le mani sulle spalle. “Altair 2 è finito. Vega sta attaccando con le bombe al vegatron. Non sta conquistandoci… sta distruggendo il nostro pianeta.”
Lykus, sceso dal suo disco, si unì a loro.
“Markus ha chiamato poco dopo il tuo arrivo, Duke. Gli ho detto che saremmo corsi in suo soccorso appena possibile… ma forse ormai è troppo tardi.”
“Come troppo tardi? Sono passati due giorni! Perché non mi hai avvertito subito?”
“Eri debolissimo, non saresti stato in grado di combattere…”
“Potevi far decidere me… avrei provato.”
Markus li interruppe. “Sono stato io a chiedergli di non dirti niente. Saresti corso a salvarmi la vita un’altra volta, ma stavolta sarebbe stato inutile. Ormai Altair 2 è condannato… e tu non puoi permetterti di allontanarti da Fleed. Mi basta che mi aiutiate a riparare la nave, poi tornerò a combattere da solo. Non ho speranze di vincere, ma quei barbari subiranno così tante perdite che si pentiranno di non avermi eliminato subito.”
“I tecnici sono già al lavoro, Markus. Quando avranno finito alcuni dei nostri ti accompagneranno su Altair 2… d’accordo Duke?”
“Sì. Ti accompagnerò anch’io.”
“No, Duke, devo fare da solo. Il tuo posto è qui, Fleed ha bisogno di te e di tutti i suoi uomini... te l’ho detto, per noi non c’è più niente da fare. Mio padre è morto, per fortuna… Vega ha deportato i superstiti: se sopravvivrò, andrò a cercare di liberarli.”
“Ma…”
“Il tuo compito è salvare Fleed. Se sconfiggerai Vega avrai vendicato anche noi.”
“Sì.” Duke chinò il capo, sforzandosi di accettare l’inutilità della sua offerta.


“Fleed, ho da proporti un accordo tra gentiluomini.”
Varg aveva ordinato di risistemare la grande anticamera della sala del governo, in modo che nel pomeriggio potesse essere aperta ai fleediani che avessero deciso di fidarsi e assistere di persona al discorso che avrebbe tenuto nel pomeriggio; e aveva convocato là la famiglia reale.
“Non vedo alcun gentiluomo davanti a me”, rispose il re.
“Chi non ne ha i mezzi non dovrebbe essere arrogante... Ti concedo una seconda possibilità: ho da proporti un accordo tra gentiluomini. Se non accetterai, otterrò ugualmente ciò che voglio, ma dovrai pagare un prezzo molto più alto di quello che ti offro ora… Ma lo sai che sei proprio una bella bambina?”
La mano guantata di nero accarezzò la testa di Maria che corse sdegnosa a nascondersi tra le braccia della madre.
“Non toccare… non toccare mia figlia.”
“Ecco, credo che tu abbia proprio centrato il punto.” Varg sollevò gli angoli della bocca in quello che voleva essere un sorriso.
“Nessuno vuole che questa bella bambina si faccia male, vero? Ed io so che purtroppo a tanti bambini sono successe cose… ah, cose di cui oggi noi non vogliamo parlare. I soldati sono stanchi, non hanno donne e a volte commettono atti riprovevoli.”
Un lampo gli brillò negli occhi gialli. “So che a tuo figlio è successo… me ne scuso sinceramente.”
La regina scattò per intervenire, ma il marito la trattenne per un braccio.
Varg si abbassò sulle ginocchia per dare un buffetto alla piccola. “Ti garantisco che non le accadrà niente, se farete ciò che vi dico.”


L’intenzione era stata quella di festeggiare il ritorno di Duke, ma la notizia della sorte di Altair 2 aveva gettato un’ombra cupa sulla base lunare. Altair 2 e Fleed erano alleati da tempo immemorabile, i loro rapporti erano così stretti che le loro popolazioni si erano in gran parte mescolate, e parlavano ormai una lingua molto simile. All’angoscia per il destino di un pianeta fratello si sommava la preoccupazione per ciò che ora minacciava Fleed: non la conquista, ma la distruzione. Duke era tornato appena in tempo.

L’immagine del nuovo governatore di Fleed comparve sullo sfondo del palazzo reale. Non tutti sulla base lunare erano stati d’accordo all'idea di ascoltare il discorso del comandante delle forze di invasione: ma Duke aveva insistito che solo chi conosce il suo nemico può sperare di riuscire a batterlo. Ed ora era lì, in piedi davanti al video, con i pugni contratti per la tensione, nel vedere quella che era stata la sua casa prima e la sua prigione poi ridotta a scenario rassicurante per una farsa crudele.

“Popolo di Fleed, l’alleanza tra i nostri due pianeti nell’impero di Vega il Grande è stata a lungo attesa e a lungo rimandata. Spesso le nostre giuste proposte sono state disattese…”
“I soliti discorsi senza senso. A chi vuole darla a bere?”
“Shh. È la prima volta che la forza di occupazione si rivolge al popolo. Voglio sapere dove vuole andare a parare”
“…Nella nostra generosità, non metteremo in atto quanto sarebbe stato dovuto dopo la vile fuga del principe dal palazzo reale. Le minacce rivolte al re e alla regina non erano state che un estremo tentativo da parte del mio predecessore di convincere un ragazzo impulsivo e scapestrato a rispettare gli accordi e ottemperare ai suoi doveri di alleato…" sollevò la mano in modo studiato come a sminuire la reale pericolosità delle intenzioni di Barendos. L’inquadratura si spostò sulla piazza antistante il palazzo, che si era riempita di gente.
"…Ma il principe Duke ha preferito mettere a rischio la sua stessa famiglia pur di sottrarci un’arma che era la chiave della nostra alleanza. La sconsiderata fuga del principe ha inoltre causato la morte di dieci prigionieri che speravano di evadere con lui ma che sono stati da lui illusi e abbandonati al loro destino.”
“Morti… perché sono morti? Non avevo contatti che con Fird… sta mentendo!” Duke cercò di trattenersi – doveva capire le intenzioni del generale veghiano.
“Sappiamo che la codardia del principe non è certo responsabilità di suo padre, e abbiamo stabilito, come atto di amicizia al momento del nostro insediamento, che la famiglia reale continuerà a vivere nella reggia e che il parere del sovrano verrà tenuto nell’alta considerazione che gli spetta.”
“Salvi… sono salvi per ora…”
“È per questo che desidero che sia proprio il vostro sovrano a rivolgervi la parola ora, per illustrarvi le decisioni prese di comune accordo a rinsaldare l’alleanza tra i nostri pianeti.”
La folla, che fino a qual momento era rimasta in silenzio, applaudì. Sullo schermo apparve Barendos, cupo in volto, che con un braccio accompagnava, o meglio, spingeva, il re a fianco del generale Varg; con l’altra mano teneva la manina di Maria.
Duke si morse le labbra per non gridare, mentre il padre prendeva la parola.
“Amati sudditi, non ci sono parole per descrivere il dolore con cui vi diamo questo annuncio. Ma la vergogna che è caduta sulla nostra casata per il vile tradimento commesso dal principe ereditario e nostro figlio Duke Fleed è un dolore ancora maggiore, e c’è solo un modo per riportare l’onore sul nostro nome.”
Esitò un attimo, e rivolse lo sguardo verso Varg, che con un sorriso ostentatamente affabile fece cenno di continuare. L’ inquadratura puntò su volto terreo del sovrano mentre proseguiva:
“Con questo atto noi cancelliamo Duke Fleed dalla linea ereditaria. Quando verrà il momento, il trono sarà della principessa Maria Grace Fleed. Se ella fosse ancora di minore età, la reggenza sarà affidata alla regina sua madre; qualora anch'ella venisse a mancare, passerà al governatore… al generale Varg, che si è offerto di prendersi cura di lei come di una figlia. Duke Fleed non è più il principe ereditario… Duke Fleed non è più mio figlio.”
Stavolta Duke non riuscì a trattenere un grido. “L’hanno costretto… non possono umiliarlo così… maledetti.”
“L’avranno certamente condizionato”
“No, Markus… conosco quello sguardo. Devono aver minacciato mia madre… o mia sorella.”
Lo schermo ora mostrava Maria in braccio al padre, la coroncina d’oro tra i capelli rossi e un’espressione compunta, il suo visino roseo accanto a quello grigiastro di Varg. La folla applaudiva…
“Sicuramente stanno costringendoli.”
“Non ne sarei così sicuro… tutti adorano Maria. Mi chiedo dove sia mia madre.”
Varg continuò: “Duke Fleed è stato riconosciuto colpevole di alto tradimento. Chiunque sia in possesso di informazioni che ne permetteranno l’arresto verrà adeguatamente ricompensato. E ora… per celebrare la rinnovata alleanza tra l’Imperatore della Nebulosa e il Re di Fleed, invitiamo la popolazione a visitare le stanze del palazzo reale danneggiate durante i bombardamenti, la cui ricostruzione è finalmente a buon punto grazie alla collaborazione dei nostri artigiani.”
Un altro applauso scrosciante.

Sulla base lunare, dopo le prime esclamazioni di sorpresa, era calato il silenzio; e nel silenzio, spiccava un pianto soffocato. Naida stava consolando Kottir che piangeva disperatamente. “Mio fratello… mio fratello era prigioniero a palazzo…”
“Stai tranquilla, non è detto che sia tra quelli che… Duke?”
Duke era rimasto immobile, appoggiato con entrambi i pugni al muro. Markus gli stava accanto senza dire nulla.
“Duke. Il fratello di Kottir era in prigione con te…”
Duke si riscosse e si avvicinò alle ragazze.
“Mi dispiace, sono stato incatenato in cella tutto il tempo… mi facevano uscire solo per gli interrogatori.”
“Un ragazzo quasi identico a me… solo con i capelli più corti…”
“Mi dispiace davvero… io non ho visto nessuno.”
Nadia seguì con lo sguardo Duke che si allontanava.

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LA GUERRA DI DUKE - continua

“Duke, non c’è niente che tu possa fare. La tua famiglia è in ostaggio. Non crederai che tuo padre pensasse…”
Il medaglione al collo di Duke mandava bagliori iridescenti al suo tocco. Suo padre si fidava di lui, ne era certo.
“Certo che non ci credo, ma non posso accettare di passare per traditore. Non dopo quello che…” si interruppe.
“…hai ragione Markus, è inutile preoccuparmi delle loro assurde accuse, io ho la coscienza tranquilla. Devo pensare a difendere il pianeta.”

La regina continuava a tenere Maria stretta a sé, come a non volerla lasciare al suo destino.
“Anche se non starai più qui con noi, non smetteremo mai di pensare a te, ricordalo sempre”
“Ma allora perché devo andare con quel signore?”
“Quel signore ti insegnerà come comportarti quando sarai una regina” le spiegò il padre.
“Ma io non voglio… se la regina non vuole tutti devono obbedirle! Io non voglio!”
La madre scosse la testa, ancora fasciata dopo che Barendos aveva cercato di costringerla a partecipare alla pubblica umiliazione del figlio. Per tutta la durata del discorso aveva avuto una pistola laser puntata contro, pronta a colpire alla prima esitazione del re… e si era trovata a sperare che il colpo partisse.
“No, amore. Neanche le regine fanno sempre quello che vogliono. E ora fai la brava e vai.”
Baciò la figlia per un’ultima volta e l'affidò all'istitutore, sperando che forse così almeno lei si sarebbe potuta salvare.


Orn cambiò la medicazione ai polsi.
“Non sei ancora del tutto guarito, ma se te la senti di andare non posso impedirtelo… anche perché ce n’è davvero bisogno. Cerca di stare lontano dal vegatron se puoi.”
Duke sorrise: si sentiva ancora molto debole, ma non avrebbe lasciato Goldrake inutilizzato mentre i suoi compagni continuavano a rischiare la vita sui loro dischi quasi inoffensivi.
“Farò del mio meglio.”

In quanto ricercato per tradimento, Duke non poteva rischiare di combattere senza la protezione del robot: nel momento difficile in cui la popolazione versava, la taglia avrebbe potuto rendere allettante la sua cattura anche a coloro che in altri tempi sarebbero stati pronti a giurare fedeltà alla casata reale. Duke aveva accettato a malincuore che le azioni di guerriglia gli fossero precluse e che il suo unico compito operativo fosse quello di pilotare Goldrake. Il robot sarebbe entrato in azione in caso di attacco da parte dei mostri di Vega e sarebbe stato impiegato per la difesa della parte meridionale del pianeta.
Era là che Duke si stava dirigendo. La parte sud di Fleed, quasi totalmente disabitata tranne per coloro che lavoravano alle attività estrattive, era ufficialmente sotto il controllo della corona, ma era sempre più spesso soggetta a requisizioni da parte degli invasori di Vega, che, alla costante ricerca di energia per sostenere un pianeta le cui risorse erano state dissennatamente sfruttate, attaccavano con grosse e pesanti navi spaziali da carico. I piccoli dischi dei ribelli potevano poco contro di esse, ma Goldrake, agile e veloce, poteva essere un utile deterrente. Vega non aveva interesse a distruggere le miniere fleediane: Duke si augurava che non ci sarebbe stato bisogno di combattere.


Lui era il governatore, si disse Varg, ed un governatore deve mostrarsi ai suoi governati. Il suo predecessore aveva creato un clima di paura che aveva portato frutti nefasti… il suo regime sarebbe stato molto meno terrorizzante: la tranquillità induce a lasciarsi andare più facilmente, e sarebbe stato più facile individuare gli elementi pericolosi. La presenza del Generale Varg della Guardia Imperiale doveva diventare un elemento costante nella vita del paese, la sua rassicurante immagine doveva apparire sui mezzi di comunicazione popolari. Ma senza troppi rischi: gli serviva una scorta.
“Barendos, ho bisogno della lista dei prigionieri detenuti nelle carceri del palazzo. Nomi, accuse, condanne… gli incartamenti completi.”

“Ecco, questi elementi mi sembrano perfetti. Giovani membri dell’aristocrazia fleediana, incarcerati per attività contro Vega. Condizionateli e li utilizzerò come guardie del corpo”
“Se permettete, Generale, non sarebbe più sicuro utilizzare i membri della guardia di Vega? L’affidabilità dei soggetti condizionati non è sempre totale.”
“Se ben eseguito, e so che voi, Barendos, siete un esperto, il condizionamento è un procedimento estremamente affidabile. Se sono dei fleediani a proteggermi, la popolazione apprezzerà la fiducia che ripongo nei loro compatrioti, e risulterà meglio disposta verso di me e verso l’Imperatore. Quanto ai ribelli, difficilmente oseranno colpire i loro compagni, mentre, come sappiamo bene, non hanno alcun ritegno a colpire le vostre guardie.”
Varg assaporò l’irritazione del subalterno prima di continuare.
“Inoltre… vorrei qualche altra informazione su questo prigioniero. Bryn Dasarik.”
Barendos, scorso il fascicolo, rifletté per un attimo. “So che è il più giovane dei detenuti, ed è nell’ala di detenzione a basso impatto. Ha un’accusa piuttosto lieve, scritte oltraggiose contro Vega. Ha sempre negato di esserne l’autore... e in effetti le prove non sono schiaccianti. Un ragazzino ombroso e diffidente.”
“Ottimo. Spostatelo nel reparto a massimo impatto, in isolamento. Ditegli che abbiamo nuove pesanti accuse nei suoi confronti, ma non ditegli quali… e interrogatelo senza pietà.”
Varg scoprì i canini aguzzi in un sorriso. “Sono certo che farete un lavoro eccellente.”


La regione mineraria di Fleed scorreva sotto Goldrake. Per mitigare l’impatto ambientale, la vegetazione era stata quanto più possibile risparmiata, così che dall’alto era quasi impossibile scorgere le installazioni industriali. Il robot si abbassò a volo radente sugli alberi: tutto sembrava tranquillo nonostante l’allarme lanciato da una delle centrali.
Una fitta improvvisa al braccio destro fece trasalire Duke. Vegatron. L’intensità aumentava man mano che si avvicinava a terra: una nave o un mostro di Vega erano nelle vicinanze… non poteva seguire il consiglio di Orn: quel dolore gli avrebbe permesso di individuare il nemico.
Eccola.
Una grossa nave da carico era posata a terra, seminascosta dalla vegetazione: grandi tubi simili a tentacoli si erano insinuati nelle entrate del centro estrattivo. Alcune guardie incappucciate tenevano puntate le armi contro gli operai costretti a caricare le riserve energetiche sul mezzo nemico. C’erano corpi a terra…
“Ecco come funzionano le alleanze di Vega”, si disse rabbrividendo Duke, preparandosi a scendere a terra: forse la sua presenza avrebbe interrotto le operazioni.
“Base di Fleed: intercettata nave da carico di Vega, mi avvicino…”
Improvvisamente la vegetazione si aprì e un grande disco si parò davanti a Goldrake.
“Duke Fleed, allontanati!”
Il suo primo scontro con un mostro di Vega... Duke lasciò che l'istinto guerriero prendesse il sopravvento.
Ignorò l'intimazione e ruotò su se stesso per mettersi in posizione d’attacco. Il disco si pose verticalmente di fronte a lui e si aprì mostrando una serie di teste simili a quella di un corvo, dal cui becco uscivano fiamme rossastre, poi prese a ruotare su se stesso a grande velocità.
Duke pensò rapidamente.”Devo allontanarlo da qui o l’intero sito si incendierà.”
Con una giravolta si portò a distanza di sicurezza mentre il disco lo inseguiva senza smettere di sputare fuoco: ora poteva attaccare.
Lame rotanti!
Le lame andarono a tentare di incastrarsi tra le valve del mostro mentre Goldrake si preparava a uscire dall’astronave.
Goldrake, fuori!
Al termine della manovra si trovò il disco vicinissimo: l’attacco non gli aveva portato alcun danno.
“Non basta avere un robot potente… bisogna anche saperlo usare…”
La voce beffarda veniva dalla cabina di pilotaggio del mostro. Se solo fosse riuscito a capire dove si trovava…
Boomerang elettronici!
Le lame scattarono a tagliare le bocche da fuoco più vicine, ma il disco si richiuse facendole rimbalzare; poi si riaprì e il collo dei mostruosi uccelli si tese verso il robot, inondandolo di fuoco.
Duke strinse i denti: non doveva lasciare che il vegatron gli facesse perdere il controllo. Il disco ruotava troppo rapidamente per permettergli di capire quale delle teste comandasse il mostro. Goldrake scattò all’indietro, e i bracci alla cui estremità erano le teste si allungarono ancora di più. Ormai erano vicinissimi, una girandola di fuoco così veloce da stordire…
Alabarda spaziale!
Diresse le falci in senso opposto a quello in cui il disco girava vorticosamente: fu lo stesso slancio della rotazione a spingere le teste contro le lame, troncandone alcune che esplosero violentemente. Senza dar tempo al disco di richiudersi, Goldrake forzò la mezzaluna all’interno del guscio.
Un’enorme testa di rapace spuntò dall’estremità opposta del mostro, mentre i bracci superstiti gli si avvolsero come tentacoli attorno alle braccia, avvicinandolo alle fauci spalancate da cui fuoriuscì un getto rovente di fiamme radioattive.
Duke gridò per sfogare il dolore.
Lame rotanti!
Le lame liberarono il robot e si insinuarono tra le valve del mostro, cui ormai restava solo la testa, impedendogli di chiudersi per proteggerla…
Boomerang elettronici! La testa, mozzata, fu la prima a scoppiare, e subito dopo il corpo del mostro scomparve sollevando una nuvola di fumo.

Duke cercò di riprendere fiato; e solo in quel momento si rese conto che dalla base lunare stavano arrivando frenetici messaggi che gli chiedevano conto della situazione.
“Tutto a posto, un mostro di Vega mi ha attaccato, ma l’ho battuto.”
Dall’altra parte vennero grida di gioia: era la prima volta che un mostro veniva sconfitto senza subire perdite.
Ora doveva occuparsi della centrale: si riagganciò al disco e tornò al punto di partenza, per scoprire che la nave da carico era sparita. Per un attimo fu tentato di scendere da Goldrake per aiutare i superstiti, impegnati a trascinare via i corpi dei caduti... poi si ricordò che la taglia sulla sua testa non lo avrebbe fatto sentire al sicuro nemmeno tra coloro che aveva appena salvato. Si sollevò in volo.
“Base di Fleed: nave da carico nemica scomparsa. Rientro.”


“E quello sarebbe stato il più potente dei nostri mostri? Distrutto senza difficoltà?”

Il sangue freddo di Varg non veniva meno neanche davanti all'ira dell'Imperatore della Nebulosa.
“Grande Vega, Goldrake si è mostrato all’altezza di quanto ci era stato preventivato. Quando riusciremo a mettere le mani su quell’arma l’impero di Vega non avrà confini.”
“Ma finché è in mano a quel Duke Fleed intralcerà la nostra espansione”
“Non ci rimarrà per molto. Ma non è in combattimento che potremo sottrargliela… Vi illustro il mio piano.”


Tutta la base lunare era nello spiazzo ad attendere il ritorno di Duke. Il calore con cui i suoi compagni lo circondarono gli fece per un attimo dimenticare quanto fosse stanco, e quanto le ferite, ora che la tensione della battaglia era scemata, avessero ripreso a fargli male. Frastornato dagli abbracci e dalle congratulazioni, si sforzò di sorridere a tutti finché finalmente Orn riuscì a portarlo per un controllo in infermeria.
“Orn, tranquillo, sto bene.”
“Certo, e sei anche stato esposto a dosi massicce di vegatron… devo decontaminarti.”
Duke lo seguì docilmente.

La decontaminazione era terminata, e Duke riposava sulla brandina dove aveva trascorso le notti fino a quel momento.
“Orn, credo che sia arrivato il momento di tornare a dormire in camerata… ormai non ho più necessità di cure speciali.”
“Come vuoi… ma prima credo che tu abbia bisogno di parlare da solo con qualcuno. E in camerata non si può.”
Un tocco leggero alla porta.
“Io ho curato solo le ferite visibili, ma posso fare poco contro quelle dell’anima.”
Duke distolse lo sguardo: era un argomento di cui non voleva parlare. “Nessuno può cancellarle. Nessuno…”
“Non devi dimenticare, Duke. Devi imparare ad accettare…” Orn andò ad aprire.
“Non ho intenzione di costringerti, ma sono certo che parlarne ti farebbe bene”
Naida comparve nello specchio della porta sullo sfondo argenteo del crepuscolo. Era bellissima… l’istinto di Duke fu quello di alzarsi ad accoglierla, ma si trattenne. Ecco, ho salutato tutti tranne lei… lei e Markus.
La ragazza si avvicinò e tese le braccia, e Duke si lasciò abbracciare, rigido. I suoi capelli gli accarezzarono il viso.
“Ho avuto paura per te... ma sapevo che ce l’avresti fatta.”
“Naida... Naida, dov’è Markus?”
“È in viaggio verso Altair 2, i tecnici hanno finito le riparazioni ed è ripartito immediatamente. Sa che hai battuto il mostro e si congratula… spera che sarà in grado di fare altrettanto. Siamo stati in contatto video fino a poco fa.”
Perché non mi ha voluto salutare? Anche lui…
“Non ti ha aspettato perché temeva che tu avresti voluto seguirlo. Mi ha detto di dirti che ti porterà sempre con sè.”
“Sono solo parole. Avrei dovuto aiutarlo.”
“Non sarebbe servito a nulla, e lui lo sapeva; e lo sai anche tu.”
Duke abbassò gli occhi, la conosceva da troppo tempo per non sapere dove voleva arrivare: dove lui non voleva che arrivasse.
“Duke, non pensi che sarebbe ora di aiutare anche te stesso?”
“Non capisco cosa intendi,” impossibile, con lei non riesco a mentire “siamo in guerra. Non c’è tempo”
“La guerra, l’organizzazione, Goldrake. Certo. E Duke? Sono giorni che non riusciamo a essere insieme nello stesso posto, e lo so perché. Io ti conosco…”
“No, tu mi conoscevi. Il Duke che conoscevi tu è morto nelle prigioni di Vega, e quello che c’è al suo posto non ti piacerebbe.”
Si girò verso il muro, non voleva che lei vedesse i suoi occhi riempirsi di lacrime.
“Sono… sono diventato un mostro. Uccido senza provare emozioni. Dove passo lascio una scia di morte… ” Fird. I prigionieri. I miei non dureranno molto. Ora anche Markus…
“Duke, l’hai detto tu: siamo in guerra e in guerra si uccide, e si muore. Bisogna essere pronti per entrambe le cose”
“Naida, io ero pronto a morire, ma non ad uccidere. E però l’ho fatto, e non ho sentito niente. Non ho più niente nel cuore, solo gelo… Sono come loro. Sono un mostro” gemette. “E tu lo sai… l’hai capito nel momento in cui sono tornato. Ho sentito il tuo sguardo… la tua pena. Il tuo ribrezzo.”
Lei gli si avvicinò da dietro sfiorando con i capelli le cicatrici che gli segnavano ancora la schiena.
“No. Ho provato dolore per quello che hai sofferto, e ammirazione per come hai saputo beffare gli aguzzini di Vega…”
“Tu non lo sai quello che ho sofferto… e no, non li ho beffati. Ho abbandonato i miei genitori. Mia sorella… non immagini di che cosa sono capaci.”
“Ho visto i segni sul tuo corpo.”
“I segni sono altri.” Si girò e la guardò negli occhi. “Credevo che il dolore sarebbe stata la cosa più difficile da sopportare… no. È la sensazione di essere in balia di qualcun altro… è l’umiliazione, il non avere via d’uscita. Non c’è una scelta giusta… Non ho collaborato, ma ho perso la dignità. Ho salvato Goldrake, ma ho condannato la mia famiglia. Non ho fatto niente di cui essere orgoglioso… e ora vorrei solo scomparire, e invece siete tutti qui a dirmi come sono stato coraggioso, e non sapete… non sapete niente...”
Scoppiò in un pianto dirotto. Naida lo accolse tra le sue braccia e si rese conto di com’era ancora magro e fragile sentendo le sue spalle scosse dai singhiozzi. Fu un attimo, poi lui si ritrasse, la schiena contro la parete.
“No… non posso…”
Naida lesse nei suoi occhi sperduti quello che lui cercava di nascondere “Duke, ti hanno…”
La voce di lui, ora, priva di espressione. “Erano in quattro. Li ho implorati… li ho pregati, capisci? di non farlo. E loro si sono messi a ridere…” nascose la testa fra le mani e scivolò a terra. “Sei contenta ora? Sei contenta?”
Naida si inginocchiò accanto a lui, gli posò la testa sul suo seno, gli accarezzò i capelli. Duke alzò la mano per fermarla e sentì che le lacrime le scorrevano sul viso.
“Non puoi fare tutto da solo, Duke… devi imparare a dividere il peso del tuo dolore con gli altri… e hai accettato di dividerlo con me. Sì, sono contenta.”
Lo aiutò a sollevarsi e lo accompagnò verso la brandina; passarono la notte abbracciati.

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LA GUERRA DI DUKE - continua

Duke cercava di moderare l’entusiasmo dei suoi. “È stata solo la prima battaglia, sia per me che per loro… ora avranno modo di studiare i punti deboli di Goldrake e adeguare i loro mostri, mentre noi possiamo lavorare solo sulle tattiche di combattimento; e i loro piloti hanno più esperienza di me. I veghiani rimangono in vantaggio.”
“Goldrake è comunque più potente di qualsiasi mostro, se no non insisterebbero tanto per impossessarsene.” ribatté Lykus “Per la prima volta riesco a sperare che vedrò la fine della guerra… però hai ragione, Goldrake non basta.”
“Già, la situazione su Fleed sta cambiando. Tryg?”
Il responsabile delle cellule della resistenza sul pianeta annuì.
“Il nuovo governatore ha dato il via a una massiccia campagna di propaganda, che a quanto pare sta funzionando. Ha eliminato il coprifuoco, ha confermato la principessa Maria come erede al trono. Poco conta che in realtà la principessa sia destinata a un ruolo simbolico e non si sappia bene dove si trovi… scusa Duke” disse vedendo il giovane impallidire “sono certo che non c’è da preoccuparsi. Si sa che è stata affidata a un istitutore; e Vega ha tutto l’interesse che lei stia bene. Il coprifuoco non c’è più, ma la sorveglianza da parte delle guardie di occupazione è più stretta che mai… la verità è che il popolo è stanco e vede solo quello che vuole vedere. O meglio, quello che vogliono che veda.”
“Il problema è proprio quel generale Varg” dichiarò Lykus. “Bisogna prendere contromisure.”
“L’unica contromisura che mi viene in mente è un attentato… e non sono sicuro che sarebbe efficace. Potrebbe peggiorare la situazione.”
“Duke, la situazione peggiore è che stiamo cominciando a perdere il sostegno della popolazione. Una reazione, anche violenta, rimetterebbe il rapporto con Vega nelle giusta prospettiva.”
“Certo Lykus… ma a che prezzo? Dimentichi la fine di Altair 2?”
Tryg intervenne: “Non sono sicuro che una vita di schiavitù sia meglio della morte. Io credo che dobbiamo rischiare.”
“Non ho problemi a rischiare per me… ma ho il dovere di difendere il mio popolo. Naida?”
Esitò un attimo, non voleva contraddirlo; poi parlò in fretta, a bassa voce: “Non dobbiamo rischiare di fallire. Se il piano funzionerà, potremo approfittare dello spiazzamento del comando veghiano. Il potere tornerebbe momentaneamente all’ex-governatore Barendos…”
“Barendos è un sadico, ma non è affatto astuto quanto crede di essere” interloquì Duke. “ho avuto modo di conoscerlo bene… sarebbe capace di innescare la distruzione di Fleed per semplice desiderio di vendetta.”
“Vega non lo permetterà, ha troppo bisogno delle nostre riserve di energia” insistette Lykus.
“Certo, come ne aveva di quelle di Altair 2…”
“Ora che Altair 2 è distrutto, Vega ha ancora più bisogno di Fleed” osservò Tryg.
“D’accordo. Metto la proposta ai voti. Studiare un attentato per eliminare il generale Varg.”
Naida fu l’ultima ad alzare la mano, gli occhi fissi in quelli di Duke come temendo una reazione; ma lui si limitò ad ammettere la sconfitta, calmo.
“Molto bene… dobbiamo studiare un piano efficace. Mettiamoci al lavoro.”

Naida faticava a riconoscere in quella persona compassata il Duke fragile e disperato accanto a cui aveva trascorso la notte, tenendolo stretto quando gli incubi lo avevano fatto gridare nel sonno. Al risveglio, le si era rivolto con un misto di imbarazzo e riconoscenza… e distacco. Era stata la prima volta che era riuscito a dormire senza calmanti, la ringraziava per essergli stata vicino… ma non poteva tornare tutto come prima, lui era cambiato e aveva paura di farle male. Più di così? gli aveva chiesto. Più che con il tuo fidanzamento con Rubina? Ci sarebbe voluto tempo, e non ne avevano, non in quel momento. Proprio perché non c’è tempo, Duke. Proprio perché non abbiamo più tempo.

Duke sfiorò con la mano la spalla destra dolorante. Orn era stato chiaro: l’esposizione continua al vegatron non gli avrebbe lasciato molto da vivere, ogni combattimento contro i mostri di Vega avrebbe avvicinato il momento della sua fine. Non aveva nessuna intenzione di tirarsi indietro, ma non poteva lasciare Fleed nelle mani di Vega senza Goldrake. Non c’è tempo: non per Fleed, non per Naida. Non per me.
Si augurò che l’attentato contro Varg avrebbe sbloccato la situazione.

“Voi siete una di quelle persone fortunate che fanno un lavoro che amano”
Dallo schermo nel suo studio, Varg ammirò il risultato del lavoro di Barendos. Il ragazzo, un biondino che non dimostrava più di sedici anni, era coperto di lividi e croste e fissava dondolandosi la parete di fronte a sè. “Non ha fatto nessun tipo di ammissione… sono sicuro che non ha fatto niente, probabilmente neanche le scritte.”
L’aguzzino era evidentemente soddisfatto. “Fidatevi di me, in questo campo sono un esperto.”
“Splendido. Ora accompagnatemi da lui.”

“Bryn Dasarik.”
Il prigioniero scattò in piedi spaventato quando vide entrare due delle guardie seguite dal generale Varg in persona.
“Basta, io non ho fatto niente, non dovrei neanche essere qui…” gridò. “Ditemi almeno di cosa sono accusato.”
Varg gli fece cenno di sedersi.
“Se, come dici tu, non c’entri niente, è meglio che tu non lo sappia. Ma sono accuse molto pesanti. Non crederai che noi interroghiamo i nostri prigionieri a caso…”
“No, ma… almeno sapere chi mi accusa.” Bryn riprese fiato: se non altro il generale non lo stava picchiando.
“A volte rivelare qualcosa può servire ad attenuare la propria posizione.”
“Nessuno può rivelare niente sul mio conto… non ho mai agito contro di voi. Francamente, non me ne è mai importato niente delle alleanze interplanetarie, che facciano quello che vogliono. Vi assicuro che mi hanno messo in mezzo, e non so perché”
“C’è sempre un motivo. Magari hai fatto un torto a qualcuno… oppure quello che ci ha riferito qualcuno sul tuo ruolo nelle attività contro Vega è vero.”
“Ma qualcuno chi?” L’esasperazione del ragazzo era al culmine.
“Non vedo a cosa ti sarebbe utile sapere quale dei tuoi compagni ha fatto dichiarazioni. Se dici che sono false…”
“Certo che sono false!”
“Peccato che tu non possa dimostrarlo” suggerì Varg.
“Vi giuro che posso! Mettetemi alla prova.”
“Ci penserò.” Le guardie aprirono la porta e il generale uscì sventolando il mantello. Era andato tutto secondo le previsioni.

Le immagini registrate dal gruppo di Tryg scorrevano sullo schermo della base lunare. I movimenti di Varg erano stati monitorati con attenzione. Le misure di sicurezza all’interno del palazzo erano state giudicate insormontabili, quindi sarebbe stato necessario colpirlo durante un’uscita: una visita ufficiale o un discorso, occasioni relativamente frequenti.
Il video successivo era preso dalla propaganda veghiana e mostrava la visita del generale a un deposito di armi che era stato colpito dell’ennesima razzia dei ribelli fleediani. Le immagini indugiavano sul corpo del ribelle caduto per passare a quelle di un Varg che prometteva ritorsioni a chi non aveva rispettato l’alleanza. Attorno a lui non c’erano le solite guardie incappucciate.
Tra le persone presenti nella sala si diffuse un brusio sconcertato. “Guardate la scorta… non è possibile”
I volti delle quattro guardie del corpo non erano riconoscibili: ma erano chiaramente fleediani, vestiti con il chitone tradizionale su cui spiccavano, incongrue, le pistole laser e la stella a quattro punte di Vega.
Tryg apparve sullo schermo.”Stiamo cercando di identificare i membri della scorta per cercare di capire se si tratti di collaborazionisti o di prigionieri condizionati. Quello che è certo è che l’opinione pubblica sembra aver gradito l’iniziativa
“Ma è assurdo! Non è che un’umiliazione… un oltraggio alla nostra indipendenza… come fanno a non capirlo?”
Sono stanchi della guerra, Duke. Per questo dobbiamo fare in fretta… e temo che se vogliamo eliminare Varg dovremo vedercela con la nuova scorta.

Al suo ritorno dall’ennesimo pestaggio da parte di Barendos, Bryn trovò Varg ad aspettarlo.
“Ho pensato alla tua proposta, Dasarik. Sei sicuro di voler essere messo alla prova?”
“Certamente, generale… chiedetemi qualsiasi cosa.”

La luce feriva gli occhi dei prigionieri abituati a quella fioca ed artificiale delle celle. Era stato affidato loro il compito di liberare l’ala nord del giardino dalle macerie che vi erano state accumulate in occasione del primo discorso del governatore alla nazione. Bryn e quattro altri reclusi cominciarono il loro lavoro sotto la sorveglianza delle guardie.
Il ragazzo osservava i suoi compagni: chissà chi era stato quello che, come aveva detto Varg, lo aveva accusato per trarne vantaggi. Forse quello con i capelli rossi che gli si era avvicinato per chiedergli come stava? Erano stati in cella insieme prima che lo spostassero dove si trovava ora, e non gli era mai stato simpatico. Lo osservò: niente lividi, sicuramente non aveva subito il trattamento che era toccato a lui. Beh, gli avrebbe fatto vedere di che cos’era capace.
Le parole di Varg: “Vuoi dimostrarmi che davvero non c’entri niente?” continuavano a risuonargli in mente.
Certo che gliel’avrebbe dimostrato. E avrebbe dimostrato anche al rosso, o a chi per lui, che nessuno poteva fargli del male impunemente.
Ecco il cancello: come da istruzioni, la serratura non era chiusa a chiave. Senza smettere di trasportare i pesanti rottami, tornò indietro verso i compagni e sussurrò loro con fare eccitato che avevano un’occasione unica per tentare la fuga; poi, senza cambiare andatura, avanzò verso l’uscita. Quando fu davanti alla porta, si girò un istante per assicurarsi che i compagni fossero dietro di lui e uscì di corsa verso la libertà. Una scarica delle mitragliette laser gli sfiorò la spalla sinistra, mentre sentiva alle spalle le grida dei suoi compagni che cadevano investiti in pieno dai colpi. Continuò a correre finché non fu più nel raggio di azione delle armi.

Bryn aveva confessato a Varg che sì, anche se non c’entrava niente conosceva i nomi di qualcuno che probabilmente era nella resistenza. Era sicuro che l’avrebbero accolto a braccia aperte; e Varg aveva sorriso. Il suo primo incarico sarebbe stato scoprire dove era nascosto Goldrake.



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LA GUERRA DI DUKE - continua...

“Duke, abbiamo avuto notizia di una strage di prigionieri all’interno del palazzo reale… pare in seguito a una tentata evasione. Uno dei prigionieri è riuscito a fuggire, da come è ridotto deve essersela passata piuttosto male. È stato lui a raccontarci tutto e dice che vorrebbe parlare con te.”
“Tryg,” intervenne Naida “lo sai che Duke deve fare molta attenzione, quanto ti sembra affidabile quest’uomo?”
“È un ragazzo, io non l’ho visto di persona. Era a scuola con il fratello del vostro Hrafin, dopo la fuga è andato a nascondersi da lui. Al momento è sotto protezione e mi hanno detto che è molto provato. Cercherò di interrogarlo quando si riprende.”
“Chiedigli se è vero che quando sono fuggito sono morti dei prigionieri… in particolare che fine ha fatto un certo Fird, un uomo anziano”
“Fird” ripeté Tryg “d’accordo.”
“Non ne sarei uscito vivo senza di lui… spero che non l’abbiano ucciso.”

Durante la prigionia era stato così concentrato su se stesso che non si era preoccupato per gli altri detenuti, che probabilmente avevano sofferto quanto lui… doveva incontrare appena possibile quel ragazzo, sapere cosa era successo a Fird e agli altri. E… forse avrebbe avuto informazioni sulla sua famiglia. Le notizie che aveva erano quelle inaffidabili della propaganda veghiana: il re tenuto in grande considerazione, sua madre al suo fianco – nelle immagini aveva un’espressione sempre più triste, ma sembrava star bene – Maria futura regina…
La speranza e la paura di scoprire la verità si alternavano nel suo cuore. Portava sempre con sé il disegno di Maria, come a convincersi che non li aveva veramente abbandonati. Qualche volta riusciva anche a credere che fosse davvero così.

Progettare l’attentato si stava rivelando complicato.
Avevano considerato diverse possibilità: il tentativo di infiltrarsi a palazzo era stato scartato per i tempi lunghi che avrebbe richiesto; un attacco a distanza, forse il metodo più semplice, avrebbe potuto comportare, oltre alla morte della scorta, di cui il generale non faceva mai a meno, l’inaccettabile coinvolgimento di estranei e – Lykus aveva commentato con la consueta freddezza – un effetto deleterio sulla reputazione dei ribelli, già messa in crisi dalla propaganda di Varg; dopo lunghe discussioni, alla fine si era deciso di puntare su un agguato a distanza ravvicinata.
Questo avrebbe però causato la morte sicura dell’attentatore, o durante l’azione o con un immediato suicidio: Duke insisteva che nessuno si lasciasse catturare vivo.
Per elaborare un piano, poi, sarebbe stato necessario conoscere in anticipo i programmi del generale, che pur mostrandosi spesso in pubblico tendeva a non preannunciarlo. Le condizioni in cui il gruppo di fuoco si sarebbe trovato ad agire erano dunque in gran parte imprevedibili; e, dovendo agire con il minimo preavviso, era indispensabile prevedere sin da subito possibili sostituti per i suoi componenti.
I volontari non mancavano: il problema principale era come avvicinarsi a Varg senza essere intercettati dalla scorta, riuscire a improvvisare un diversivo sul momento senza soccombere alla tensione. Il pericolo di un fallimento era concreto, ma quasi nessuno sembrava considerare questa eventualità.

“Duke, lo sai bene che se vogliamo liberarci da Vega non possiamo limitarci alla difesa”
“Lo so… ma questo non è un attacco. Questo è uccidere a sangue freddo, e, sì, è un’idea che faccio molta fatica ad accettare. È… è vile.”
“Quindi secondo te quello di noi che sacrificherà la sua vita per uccidere quell’infame sarebbe un codardo?”
“Non farmi dire cose che non penso, Lykus. Se potessi, mi offrirei io per farlo. L’abbiamo deciso insieme e collaborerò: ma non mi piace… hai considerato quanti abbiano la sensazione di star meglio ora con Varg rispetto a quando comandava Barendos? Non lo dico io, ma Tryg… Ti rendi conto che, se lo uccidiamo, una parte di popolazione potrebbe farne un eroe, un paladino dei diritti di Fleed? Specialmente se Vega darà mano libera a Barendos per la repressione… potrebbero finire per considerare la dipendenza da Vega un male minore della guerra.” Aveva parlato in fretta perché l’amico non lo interrompesse.
“Duke, mi dispiace dirtelo, ma da quando sei tornato sei diverso, sei…” non trovava le parole.
“Ho avuto tempo per riflettere, Lykus, e ho capito cos’è la guerra, e che cosa fa a chi la combatte.”
“Ecco, non sei più il guerriero che eri.”
“Non sono mai stato un guerriero, Lykus, e non voglio esserlo. La guerra mi fa orrore. Sono pronto a combattere fino all’ultimo, ma solo per riportare la pace su Fleed… la pace e la libertà. ”
“Bene. Allora ricordati che finché combatti hai le mani sporche di sangue come tutti noi, anche se sei protetto dall’abitacolo di Goldrake."
Lo sguardo ferito con cui Duke accusò il colpo fece subito capire a Lykus che aveva esagerato.
“Lo so, Lykus. Non sono meglio di voi… pilotare Goldrake non è un ruolo che mi sono scelto io, e ti assicuro che se potessi lo cederei volentieri a qualcuno che lo apprezzi più di me.”
“Scusa Duke, non fraintendermi… non volevo… saremmo finiti se non fosse per te.”
“Non scusarti, Lykus. So quello che devo fare e lo farò, ma non pretendere che ne vada fiero. Mi auguro solo che tu abbia ragione e che il piano riesca.”

"Duke Fleed, il principe traditore" era uno degli argomenti preferiti dei discorsi di Varg, e la necessità di riportarlo nelle prigioni di Vega veniva sottolineata a ogni occasione; ma il generale si rendeva conto che nonostante la taglia che pendeva sulla sua testa non sarebbe stato facile catturarlo con la delazione. Gli scontri vittoriosi che il principe continuava ad avere con i mostri di Vega nell’emisfero sud, per quanto i mezzi di comunicazione cercassero di coprirli, erano noti a tutti; e l’evidente valore che mostrava in combattimento strideva con l’immagine di ragazzino smidollato che la propaganda tentava di darne, con il rischio di renderla alla lunga inefficace.
Doveva catturare il principe, doveva catturarlo in fretta, e doveva catturarlo vivo: solo così avrebbero potuto impossessarsi del robot, che si era mostrato più forte di tutti i mostri che Vega aveva mandato in campo. Per questo non poteva sperare di farlo prigioniero in battaglia: la sua unica possibilità era il tradimento.

“Governatore Varg, ho seguito le vostre istruzioni e sono riuscito a entrare in contatto con un gruppo di ribelli. Sono stato esaminato dal capo dell’organizzazione in persona e quando ha visto le mie ferite non c’è voluto molto a convincerlo della mia buona fede.”
Il ragazzo era orgoglioso di come stava riuscendo a svolgere la sua missione.
“Perfetto Bryn, hai notizie utili sulla posizione di Goldrake e di Duke Fleed?”
“Ho fatto domande, ma sembra un argomento che cercano di tenere segreto, almeno per il momento. So però che lui ha chiesto di parlarmi per avere notizie dal palazzo. Per ora, posso darvi la posizione del rifugio della cellula che mi ospita al momento. È la casa di un mio compagno di scuola…”
“Non è ancora necessario, non rischiare di farti scoprire. Richiamami non appena hai notizie concrete.”
“Agli ordini generale.”
Bryn chiuse il comunicatore e la sua immagine svanì dallo schermo. Varg si preparò a dare buone notizie all’Imperatore.

“Lykus, sono stanca di lavorare sulla base lunare. Vorrei essere trasferita su Fleed.”
“Naida, sai bene che abbiamo bisogno delle tue competenze qui.”
“Non sono l’unica in grado di gestire i sistemi di comunicazione… e ho bisogno di fare qualcosa di più concreto. I nostri compagni sul pianeta rischiano la vita, e stare qui al sicuro mi snerva.”
“Il tuo ruolo è proprio far sì che tutti siamo al sicuro… Ne hai parlato con Duke?”
Prima ancora di aver finito la frase si era reso conto di aver detto una sciocchezza. Se voleva andarsene era proprio a causa di Duke, si disse. Che peccato… una ragazza così bella con un’espressione così triste. Da quando Duke si era consegnato a Vega non ricordava di averla più vista sorridere.
“L’ultima parola spetta a lui, e non sono sicuro che sarebbe d’accordo. Non gli farà piacere che tu ti metta in pericolo, ci tiene molto a te.”
“Già, lui tiene molto a tutti” scosse la testa la ragazza, “Andrò ad aiutare Tryg nel definire i particolari del piano. E poi… ecco, digli che voglio vedere quel Bryn. Duke è molto turbato da quando sa che potrà parlare con qualcuno che è stato come lui in quella prigione.”
“Deve avere sofferto molto”
“Sì, e credo ci vorrà ancora tempo perché si riprenda… anche se non vuole ammetterlo. Parlare con questo ragazzo potrebbe fargli bene, o peggiorare la situazione. Preferisco incontrarlo prima io.”
Era chiaro che era ancora innamorata di lui. “Non sei troppo protettiva nei suoi confronti?”
“Ma non ti sei accorto di come sta Duke? È troppo orgoglioso per lamentarsi, ma è stremato. È come una lastra di cristallo, dura e fragile al tempo stesso… potrebbe andare in pezzi da un momento all'altro. Sta dando fondo a tutte le sue energie e noi dobbiamo aiutarlo a non mollare.”
“Sei sicura che non vederti più lo aiuterà?”
Naida sospirò. “Temo di sì.”

“Base Lunare, disco di Vega in avvicinamento!”
“Ricevuto Hrafin, cerca di attirarlo lontano dalla base. Goldrake in uscita.”
“D’accordo. Resto in contatto per dare le coordinate”
Il robot si sollevò in volo e oltrepassò le radiazioni protettive. Sempre più spesso i mostri di Vega si avvicinavano alla seconda luna di Fleed: probabilmente il nemico aveva intuito che la base su cui si trovava Goldrake non era sul pianeta. Dovevano cominciare a valutare lo spostamento della base lunare. Ma dove?

La grossa nave apparve in lontananza, la rotta ben distante dalla base.
“Ottimo lavoro Hrafin, allontanati… ora ci penso io.”
“In bocca al lupo Duke.”

Il disco sembrò sparire nel nulla; Duke decise di portare il mostro verso una zona desertica del pianeta.
Si diresse verso il disco, che brillava di una luce rossastra, per invitarlo allo scontro.
Con suo stupore, quello lo scartò e puntò a grande velocità verso l’altra luna di Fleed, che al momento era disabitata.
Si chiese se fosse il caso di seguirlo: poteva essere una trappola per attirarlo lontano dalla base lunare, e non poteva correre rischi. Decise di tornare indietro, e il veicolo di Vega non lo inseguì.

Da quando Naida era partita Duke aveva l’impressione di vederla dappertutto: quando entrava in sala comando si stupiva di non trovarla davanti al grande schermo, durante le riunioni si voltava per chiedere il suo parere… ma lei non c’era. Sono stato io a farla allontanare… forse è meglio così.
La notte gli incubi erano tornati.

Era bellissima, pensò Bryn. Un po’ più grande di lui, a giudicare dalle sue movenze più che dalla vita esile e dai lunghi capelli verde pallido che le incorniciavano il viso dall’espressione seria. Dovevano essere morbidissimi, si disse. Toccò il ciondolo che aveva al collo per accendere il trasmettitore: il dialogo sarebbe stato ascoltato al comando veghiano.
“Vi lascio soli… fai a modo Bryn” gli disse l’amico ridendo.

Varg ascoltava con attenzione, soppesando ogni particolare di ciò che Naida diceva. A quanto pare la ragazza non si fidava del suo uomo, e sceglieva le parole con grande cura per evitare di scoprire dettagli compromettenti. Bryn raccontava della sua reclusione ostentando le sue cicatrici e abbondando con i particolari cruenti, senza dimenticare di inserire gli elementi che Varg gli aveva raccomandato: il pericolo in cui si trovava la famiglia reale; il peggioramento delle condizioni dei prigionieri dopo la fuga di Duke; la richiesta di incontrare il principe di persona.
“Non posso fartelo incontrare di persona, non ora almeno. Posso mettervi in contatto video. Mi accorderò con Duke e ti farò sapere”
“Ma…”
“Duke è in pericolo, c’è una taglia sulla sua testa. Dobbiamo essere prudenti.”

Naida gli aveva spiegato che sentiva a pelle che in Bryn c’era qualcosa che non la convinceva. L’atteggiamento esibizionista, forse? Ma tutti i ragazzi tendono a vantare le proprie imprese, forse aveva solo cercato di far colpo.
“Non proprio tutti, Duke.”
“Hai ragione. Però ci terrei a parlargli.”

Il segnale acustico trillò. “Comunicazione in entrata da Fleed.”
“Qui base lunare” Lykus accese lo schermo e Naida apparve. Accanto a lei, un ragazzino biondo lo fissava dal visore della ragazza.
“Questo è Bryn, il prigioniero evaso.”
Duke intervenne, cercando di nascondere la tensione sotto un sorriso cordiale.
“Finalmente ci incontriamo Bryn. Spero che tu ti stia riprendendo.”
“Grazie principe, sto bene ora… è un onore incontrarvi.”
“Solo Duke per piacere… e qui ci si dà sempre del tu. È un onore per me incontrare qualcuno che ha subito il carcere per la libertà di Fleed. Avevi chiesto di vedermi?”

Varg, in ascolto, si sfregò le mani guantate. “Base lunare.”



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LA GUERRA DI DUKE - continua

Allora Varg ha ragione… sono solo un ragazzino egoista. Quelle che Duke aveva sperato fossero invenzioni di Varg si erano rivelate vere: quando era fuggito, una decina di prigionieri avevano tentato di ribellarsi a Barendos, ed erano stati immediatamente passati per le armi, trovando la fine in un ultimo slancio di dignità. Cercò senza riuscirci di ricordarsi i loro volti, fantasmi visti per un attimo mentre si dirigeva verso il suo ultimo interrogatorio. Davvero non avrebbe potuto fare niente per aiutarli? Di certo non aveva neanche considerato questa possibilità… Fird, invece, era morto con loro; l’unica, magra, consolazione, era che non gli erano toccate le sevizie di Barendos. Altri quattro detenuti erano rimasti uccisi o feriti nel tentativo di fuga che aveva portato all’evasione di Bryn. La sola notizia positiva era che il fratello di Kottir sembrava non essere stato coinvolto nelle stragi.
Della famiglia reale Bryn gli aveva saputo dire ben poco, tranne il fatto che durante un interrogatorio Varg si era fatto sfuggire che “la messinscena non sarebbe durata ancora per molto.”
Duke si portò istintivamente la mano alla ferita, come a ricordarsi che il tempo stava per finire. La mancanza di Naida si faceva sentire sempre più forte.

“Bryn non può restare qui. Lo conoscono, se scoprissero che si è rifugiato qui sarebbe pericoloso per lui e fatale per noi e tutta la cellula. Bisogna trovargli un’altra posizione”
Tryg annuì. “Dipende da cosa sa fare… dimmi Bryn, hai mai usato un’arma laser?”
“No, ma imparerò in fretta.”
“C’è qualcosa che Bryn sa fare molto bene… ha la passione per il volo, fin da piccolo. È sempre stato il miglior pilota della nostra compagnia.”
“Splendido, abbiamo sempre bisogno di nuovi piloti. Vedremo in che base inserirti.”
Gli occhi di Bryn si illuminarono. “È vero che c’è anche una base lunare?”
“Chi ti ha detto una cosa simile?”
“Ho parlato con il principe Duke Fleed, e mi è sembrato di capire che fosse su una delle lune. Se fosse così, sarei davvero orgoglioso di poter combattere accanto a lui.”

I contatti tra la cellula nella capitale e la base lunare erano sempre più fitti. L’attentato si sarebbe svolto sul pianeta, ma veniva in gran parte messo a punto sul satellite, dove le comunicazioni non potevano essere intercettate.
“Duke, abbiamo un nuovo video da cui siamo riusciti a risalire ai nomi del membri della guardia di Varg… cattive notizie. Erano tutti dei nostri, alcuni erano in carcere da tempo. Sono sicuro che sono stati condizionati.”
Sullo schermo apparve il governatore circondato dalle quattro scorte fleediane. Varg sembrava averli scelti per la loro bellezza ed eleganza, in contrasto stridente con le sue proporzioni sgraziate, che il mantello in cui era perennemente avvolto non era sufficiente a mascherare. Duke aveva la sensazione di averli già visti a qualcuno dei ricevimenti a corte cui aveva partecipato: giovani alti, dai tratti aristocratici. Uno aveva l’aria più familiare degli altri… aveva gli stessi capelli viola pallido di Kottir. Si voltò verso Lykus, che scosse la testa.
“Sì, quello è Ulfir, il suo gemello. Povero ragazzo… un destino peggiore della morte.”
Duke rifletté che quella fine sarebbe potuta toccare a lui. “Credo che dovremmo dirglielo.”

La disperazione iniziale di Kottir aveva lasciato il posto a una fredda determinazione.
“Non mi interessa se servo come pilota. Lo dici sempre che nessuno di noi è insostituibile, altri prenderanno il mio posto. È un’occasione che non possiamo sprecare.”
Lykus non si aspettava tanta ostinazione. “Duke, diglielo tu che non può funzionare.”
“Ma Lykus, sono solo poco più bassa di lui. Ci hanno sempre confusi, finché lui non si è tagliato i capelli… e posso fasciarmi il seno, per quello che c’è. Ho sempre desiderato un corpo più femminile, per una volta le spalle troppo larghe non saranno un problema.”
“Lykus, credo che Kottir abbia ragione.”
“Ma Duke! Kottir, ti rendi conto di cosa significa?”
La voce della ragazza vibrava di rabbia. “Quei mostri hanno trasformato mio fratello in un burattino… in uno schiavo. Certo che mi rendo conto.”
“Ti rendi conto delle conseguenze? Non ne uscirai viva.”
“Ulfir ed io siamo sempre stati insieme… lui è già morto, devo solo liberarlo da questa umiliazione. E sì, moriremo insieme, non ho paura. Lykus, non è per caso perché sono una ragazza? Ti ricordo che sui dischi rischio la vita tutti i giorni.”
“Una cosa è rischiarla, essere sicuri di perderla è un’altra.”
Duke richiese il silenzio alzando una mano.
“Lykus non sta mettendo in dubbio il tuo coraggio, Kottir… ma ti assicuro che quando ci si trova a dover agire in tempi stretti e sotto tensione a volte ci si comporta diversamente da come ci si aspetta. C’è chi dà il meglio, e chi si blocca. Vogliamo solo essere sicuri che tu saprai andare fino in fondo.”
“Potete contarci.”

Hrafin non credeva ai suoi occhi: il suo amico fraterno era riuscito a evadere? Quando era arrivato alla base lunare? Non gli sembrava vero: il terzetto inseparabile era finalmente riunito!... Poi vide le ciocche viola sparse per terra e capì.
Kottir gli spiegò il piano.
“Non so se mi faccia star peggio sapere che Ulfir è stato condizionato o che tu ti sia offerta volontaria. Prima lui, poi tu. E io? Vengo con te… non ti lascerò andare da sola.”
“No. Lavorerò meglio se saprò che almeno tu non corri rischi. C’è bisogno di qualcuno che si ricordi di noi tre quando neanche io ci sarò più… e guai a te se ti metti a piangere.”
Il ragazzo fece del suo meglio per ricacciare indietro le lacrime, ma sentì che la sua giovinezza finiva in quel momento. La sua vita non sarebbe mai più stata la stessa.

“Grande Vega, il nostro piano procede ottimamente. Il nostro infiltrato è riuscito a mettersi in contatto con Duke Fleed, e grazie a lui abbiamo scoperto che la base in cui è custodito Goldrake è con ogni probabilità sulla seconda luna di Fleed.”
Perfetto. Appena la identificherete, mandate i mostri e distruggetela senza pietà.
“Mi permetterei di suggerire una proposta forse ancora migliore, Imperatore… come ben sapete, se vogliamo impossessarci di Goldrake, il principe ci serve vivo, non possiamo correre il rischio di ucciderlo con un bombardamento. E ci sono ottime probabilità che il nostro uomo venga trasferito sulla base lunare.”
Cosa volete fare dunque?
“Rapire Duke Fleed, Sire. Quando avremo clonato le sue onde cerebrali anche Goldrake sarà nostro, e nessun nemico potrà sperare di resisterci. Poi potremo distruggere la base, e giustiziare pubblicamente il principe. I fleediani sapranno che noi manteniamo le nostre promesse.”
Ottimo lavoro, generale Varg. Mi auguro che il principe sarà presto nelle nostre mani.
“Molto presto, Imperatore.”
Varg sorrise soddisfatto. Barendos era ancora all’oscuro di tutto, e doveva rimanerlo, se voleva che il merito toccasse tutto a lui.

Tutti i dettagli erano stati messi a punto: Kottir era pronta a lasciare la base lunare. Su Fleed avrebbe trovato Naida ad attenderla, mentre un altro pilota sarebbe arrivato dal pianeta per prendere il suo posto. I suoi compagni l’abbracciarono in silenzio; Hrafin ce la mise tutta per abbozzare un sorriso.
“Bravo. Promettimi che gli darai del filo da torcere anche da parte mia.”
Solo quando fu sola sul suo disco Kottir permise alla tensione di sciogliersi in lacrime. Sto arrivando, fratellone.

La piccola astronave faceva rotta verso la seconda luna. Bryn aguzzava la vista per cercare di scorgere la base della resistenza, ma senza riuscirci: eppure ormai dovevano essere vicini.
“La base è schermata da radiazioni naturali, non la si vede finché non si oltrepassa la barriera. Anche i rilevatori di Vega non sono in grado di individuarla”, spiegò il pilota.
“E le comunicazioni? Le radiazioni non le bloccano?”
“Ci abbiamo messo un po’, poi abbiamo trovato le frequenze giuste. Certo, Vega non può intercettarle. È il posto più sicuro della nebulosa.”
L’astronave si abbassò verticalmente al di sopra di ciò che sembrava un deserto sassoso: improvvisamente sotto di loro apparve un ampio spiazzo circondato da basse costruzioni. A un’estremità, lo spazioporto: molti piccoli dischi, tre navi di dimensioni maggiori e Goldrake.
“Ecco, siamo arrivati.”
Ce l’aveva fatta.

Lykus presentò ai compagni il nuovo arrivato:
“Ragazzi, questo è Bryn, se l’è vista brutta nelle carceri di Vega… a quanto pare è un pilota provetto. Vedremo se saprà far meglio di Kottir.”
Hrafin gli andò incontro e gli strinse la mano. “Ti ricordi di me? Il fratello di Rurik… saremo insieme nella flottiglia di ricognizione”
“Certo che mi ricordo. Kottir non era quella ragazza con un gemello… le è successo qualcosa?”
“No…” Hrafin scosse la testa “…era qui fino a poco fa, tu prenderai il suo posto. Un’ottima pilota. Vieni, ti faccio vedere la base.”

Duke era in sala comando, davanti allo schermo dove aveva visto Bryn per la prima volta. Abbracciò il ragazzo con calore.
“So cosa hai passato. Ricordati che ora sei tra amici.”
Gli occhi del principe guardarono nei suoi come a leggervi i segni della comune esperienza, e Bryn si sforzò di non abbassare lo sguardo.

Quando si erano incontrate, Naida l’aveva tenuta a lungo stretta tra le braccia senza parlare; poi aveva presentato a Kottir i ragazzi con cui avrebbe lavorato. L’addestramento era cominciato immediatamente: dovevano essere pronti ad agire appena possibile, non potevano permettersi di farsi sfuggire un’opportunità favorevole.
L’attesa era così spasmodica che Kottir non aveva tempo di pensare al fatto che nel momento stesso in cui la missione per cui si stava preparando fosse giunta a compimento lei avrebbe smesso di esistere.

Bryn cominciava ad agitarsi: quando Varg gli aveva consegnato il comunicatore non poteva sapere che le radiazioni protettive ne avrebbero impedito l’uso sulla base lunare. Doveva trovare il modo di mettersi in contatto con il governatore prima che questi si convincesse che era passato al nemico. L’unica possibilità era tentare di collegarsi durante una ricognizione, sperando che i compagni non se ne accorgessero. Avrebbe provato alla prima occasione.

“Lykus aveva ragione, Bryn: sei un autentico asso… bravo almeno quanto Kottir”
I due piloti chiacchieravano al ritorno dalla ricognizione.
“Grazie Hrafin, sei un amico… ma cos’è successo a Kottir? Se è così brava avreste dovuto tenervela stretta.”
“È proprio perché è brava: si è offerta volontaria per l’attentato al governatore Varg, e ora è tornata su Fleed. Alla prima occasione colpiranno... io spero che riesca, giuro, ma non ci sono speranze che sopravviva.”
Un attentato? Bryn tese le orecchie. “Devi volerle molto bene.”
Hrafin si infervorò. “Hai mai avuto amici con cui ti capivi senza bisogno di parlare? Ecco, noi eravamo così: lei, suo fratello e io… e ora Ulfir è nella guardia di Varg e Kottir sta per farsi saltare con loro. E tu non sai quanto mi mancano… Scusami Bryn, non ho il diritto di compiangermi, non con te.”
“Mi dispiace, Hrafin.”
Doveva mettersi in comunicazione subito, prima di tornare sotto lo schermo delle radiazioni. Staccò l’interfono e accese il comunicatore:
“Governatore Varg, qui Bryn. Comunicazione urgentissima.”
La voce che rispose era quella del comandante Barendos. Un brivido corse per la schiena di Bryn…
“Devo parlare con il governatore Varg.”
“Ora è impossibile, è in videoriunione con il Grande Vega.”
Non aveva scelta. “D’accordo, comandante. Non c’è tempo da perdere… ditegli che su Fleed si sta preparando un attentato… cercheranno di farsi saltare in aria con lui. Devo staccare la comunicazione.”
“Riferirò. Ottimo lavoro… il governatore te ne sarà molto grato.”
La linea si era già interrotta. “O meglio lo sarebbe, se io glielo dicessi.”


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Edited by shooting_star - 27/6/2013, 08:18
 
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LA GUERRA DI DUKE - penultimo capitolo -

“Lykus a base lunare: la situazione sembra tranquilla. Perlustrazione quasi terminata, prossimo rientro alla base.”
Dopo l’intercettazione di un disco di Vega che era fuggito verso la prima luna di Fleed, le ricognizioni si erano intensificate, ma non avevano dato risultati.
“Lykus… attento, dietro di noi!” Hrafin virò velocemente. Non era un mostro, piuttosto una nave da carico, di quelle che attaccavano il distretto minerario di Fleed, e puntava verso di loro. I tre dischi si separarono per evitare che una rapida successione di missili li colpisse.
“Attivare funzione riflettente… Lykus a base lunare, siamo attaccati!”
La voce di Duke: “Ricevuto. Non correte rischi, tenetevi a distanza. Goldrake in uscita.
“Ricevuto. Ragazzi, indietro verso la prima luna. Non devono scoprire la nostra provenienza.”
“Agli ordini.” La nave veghiana lasciò partire un’altra salva di missili; parzialmente dissimulata ai rilevatori della nave nemica, la pattuglia tornò ad avvicinarsi al satellite disabitato.
“Hrafin, tutto a posto?”
“A posto, Bryn. Lykus?”
Nessuna risposta. La nuvola radar-riflettente rendeva difficile anche ai compagni identificare il disco del capopattuglia.
“Maledizione, Lykus, dove sei?”
“Mi hanno colpito, uno dei motori è andato… vi raggiungo.”
“Ora riesco a vederti… il disco è danneggiato, sei ferito?”
“Niente di serio Hrafin, appena Goldrake arriva rientro alla base.” Il contraccolpo dell’esplosione doveva avergli rotto un paio di costole. Il sangue gli scorreva negli occhi da un taglio sulla fronte… meno male che il naso sembrava intero.
“Attenzione, attacca di nuovo!”
I tre dischi manovrarono rapidamente per schivare i missili; quello di Lykus, più lento, venne colpito e cominciò a precipitare, attratto dalla gravità lunare.
“Lykus, no!” Hrafin si gettò in picchiata verso il disco dell’amico.

Bryn approfittò del trambusto per attivare il comunicatore: “Bryn per il governatore Varg”
Dimmi, Bryn.
“Ho conquistato la fiducia dei ribelli. Attuerò il piano quanto prima.”
Ottimo, attendo comunicazioni.

Velocità fotonica!
I segnali provenienti dalla flottiglia di ricognizione avevano guidato Duke sulla prima luna.
Goldrake a pattuglia. Confermare posizione.
“Duke, Lykus è stato colpito!... fai qualcosa!”
Eccolo. Goldrake si precipitò in avanti a braccia tese, riuscendo ad afferrare il disco in avaria appena in tempo per attutirne l’impatto con il suolo. Gli altri due dischi gli si posarono accanto.
Occupatevi di lui. Io penserò alla nave.

Lykus era svenuto, ma respirava; Bryn aiutò Hrafin a sollevarlo fuori dal disco e a caricarlo sul suo. Nel cielo sopra di loro, la battaglia continuava: i missili che avevano semidistrutto il veicolo di Lykus rimbalzavano contro la possente corazza di Goldrake. Non ci volle molto perché un colpo di maglio facesse esplodere la nave nemica in una nuvola rossastra.

Generale Varg! Abbiamo saputo che Duke Fleed continua ad infliggere perdite alla nostra flotta. Quanto dovremo ancora aspettare perché questo finisca?
“Grande Vega, ho ricevuto comunicazioni dal nostro infiltrato tra i ribelli. Presto il principe sarà di nuovo nelle nostre mani, e si pentirà di non essere stato ai patti.”
Mi auguro che la fiducia che vi ho dato sia stata ben riposta. Comandante Barendos!
“Maestà.” Barendos si inchinò davanti allo schermo: era la prima volta che l’imperatore gli si rivolgeva dall’arrivo del governatore.
Il generale Varg si è detto soddisfatto della vostra collaborazione. Abbiamo deciso che continuerete a partecipare alle operazioni su Fleed. Al completamento della nuova base militare sulla luna di Fleed ve ne affideremo il comando.
“Non deluderò la vostra fiducia, Sire.”
Probabilmente era stato Varg a suggerire al sovrano il suo trasferimento sulla luna per liberarsi di lui: non sapeva che presto invece sarebbe stato proprio lui, Barendos, a riprendersi finalmente ciò che gli spettava… con l’aiuto dei ribelli di Fleed. Sorrise a Varg che gli porgeva la mano per congratularsi.
“Grazie, generale.”

Lykus aveva voluto partecipare alla riunione nonostante la contrarietà di Orn.
“È chiaro che Vega ha in mente qualcosa. Quella era una nave da carico, e a giudicare dal colore della nube doveva trasportare vegatron.”
Duke non aggiunse che le fitte al braccio destro confermavano l’ipotesi al di là di ogni dubbio.
“Il vegatron è la loro principale fonte energetica. L’unico motivo per volerlo trasportare lassù è che vogliano costruire qualcosa… qualcosa di nascosto, che non possono realizzare su Fleed. Non mi piace. Vado io in perlustrazione.”
“Aspetta. Se vai tu, ti identificheranno e potrebbero cambiare piano. È meglio usare i dischi, sono quasi invisibili.”
“Posso attivare la nebbia antiradar… sai bene che i dischi sono pericolosi. Hai rischiato di morire, oggi.”
“I dischi sono efficaci proprio perché sono piccoli. Goldrake sarebbe sprecato per le ricognizioni, è meglio usarlo contro i mostri su Fleed. E comunque non credo che sia questo il momento di rischiare di nuovo. È più sicuro limitarsi a cercare di intercettare le comunicazioni.”
“Forse hai ragione. Ma la sorveglianza deve essere continua.”

Bryn si trovava bene alla base. Faceva quello che più amava: volare era sempre stata la sua passione, e non gli importava più di tanto da che parte stava. Però… aveva creduto che gli oppositori di Vega fossero solo rampolli della nobiltà interessati a mantenere invariata una situazione di privilegio, ma aveva dovuto ricredersi: i ribelli provenivano da tutte le classi sociali e non c’era traccia di gerarchia; lo stesso principe Duke era sempre disposto ad ascoltare il parere di tutti. Visto dalla base ribelle, il regime di Varg appariva illegittimo, dispotico e soprattutto falso. Chissà chi aveva ragione.
In prigione aveva giurato lealtà al governatore solo perché l’aveva salvato dalle mani di Barendos; e ora, l’idea di tradire persone che l’avevano accolto tra di loro con fiducia e generosità non gli piaceva… ma era troppo tardi per tirarsi indietro. Non vedeva l’ora di portare a temine il suo compito e chiamarsi finalmente fuori.

Il sonno tormentato dagli incubi di Duke aveva fatto sì che dopo un periodo in camerata fosse tornato a dormire in infermeria, dove all’occorrenza poteva procurarsi dei calmanti. Stava cercando di smettere di usarli, ma non poteva pretendere che i suoi compagni trascorressero insonni la notte a causa sua.
Viste le sue condizioni, Orn aveva proposto a Lykus di trascorrere anche lui la notte in infermeria, ma quello aveva riso:
“Due costole rotte non sono niente in confronto alle urla del principe… sempre che non si decida a prendere le sue medicine.”
Se c’era ironia nella voce di Lykus, Duke non l’aveva colta. “Lo sai che non sopporto di dipendere dai farmaci. Devo trovare la forza di superare quello che mi è successo in prigione… Bryn c’è riuscito, ed ha tutta la mia ammirazione. Ce la farò anch’io, ho solo bisogno di tempo.”
Quella notte però il dolore al braccio era feroce. Avrebbe chiesto a Orn cosa prendere, solo nel caso non fosse riuscito a sopportarlo.
Bryn vide i due giovani confabulare, e riuscì a cogliere le parole del medico: “così dormirai sicuramente.”
Era venuto il momento di agire.

Nella luce argentea che avvolgeva la base, Bryn sbirciò all’interno della piccola costruzione. Duke dormiva supino, ne sentiva il respiro regolare attraverso le pareti sottili. Ci sarebbe voluto un attimo: avrebbe stordito il principe con la pistola elettrica, l’avrebbe immobilizzato e caricato sul suo disco. Fletté le braccia: un buon pilota ha bisogno di forza fisica, e lui sapeva di essere molto più robusto di quello che sembrava. Magro e debole com’era, intontito dai sedativi, Duke non sarebbe riuscito a opporre troppa resistenza. Bryn si guardò intorno: la sentinella non si vedeva, e la porta dell’infermeria era sempre aperta. Sgusciò dentro senza un suono.

Si avvicinò alla branda: il viso del principe sembrava finalmente rilassato. Puntò il taser alla fronte e trattenne il fiato. "Mi dispiace davvero, amico. Spero che non ti trattino troppo male."

Naida seguiva i movimenti dei ribelli sul suo visore. La sede dell’Agenzia per l’Unione della Nebulosa, che il governatore aveva inaugurato in pompa magna solo la settimana prima, era ben sorvegliata; ma i ragazzi erano riusciti a individuare un angolo cieco per i computer di guardia. L’ordigno che avrebbero piazzato non avrebbe causato vittime, ma l’attacco alla base della propaganda di Vega sul pianeta avrebbe sicuramente spinto Varg a una visita immediata e a un discorso contro le scellerate forze che cercavano di fomentare l’odio tra i due pianeti alleati. La trappola era tesa.

“Ecco… direi che ci siamo.” Naida diede l’ultimo tocco al chitone, abbassando un poco la cintola.
Kottir si guardò allo specchio e vide suo fratello. Con i capelli che le arrivavano appena alla nuca, il seno fasciato stretto e il corpo muscoloso come quello di un ragazzo, non sarebbe stato difficile ingannare il governatore e avvicinarsi tanto da colpirlo. Non era mai stata forte nel tiro, ma i giorni trascorsi a sparare verso bersagli sempre più difficili avevano reso il gesto un riflesso automatico: in quanto guardia del corpo, sarebbe stata armata di pistola laser, e avrebbe usato quella per uccidere Varg. Sfiorò il detonatore e le cariche, nascosti sotto la cintura… la veste leggera non aveva permesso di nasconderne una grande quantità, ma era meglio così: un’esplosione avrebbe rischiato di coinvolgere estranei, le avrebbe fatte saltare solo in caso di necessità.
Appuntò la stella a quattro punte di Vega sulla spalla e respirò profondamente. Era pronta.

La ferita sulla fronte si era riaperta, gli servivano delle bende. Lykus aprì piano la porta dell’infermeria ed entrò in punta di piedi. Non capì subito: Bryn accanto al letto di Duke, con una pistola in mano…
“Cosa diavolo stai facendo?”, gridò. L'arma cadde a terra, Duke si svegliò di colpo.
“Volevi uccidere Duke! Ti manda Vega?”
“No, io…” spiegare era inutile, doveva fuggire. Bryn corse verso la porta, tirando una violenta gomitata al torace ferito di Lykus, che cadde in ginocchio boccheggiando; ma una scossa elettrica lo bloccò prima che riuscisse a uscire. Duke puntò nuovamente la pistola elettrica sul ragazzo che tremava, rannicchiato in posizione fetale sul pavimento. “Ora ci spiegherai cosa avevi intenzione di fare.”

“Mi hanno costretto.”
Duke era pallidissimo. “No, non ti hanno costretto, non da quando sei qui. Posso capire qualsiasi espediente per fuggire da… da là dentro. Ma una volta fuori… sulla base lunare non possono rintracciarti. È stata una tua libera scelta.”
Bryn si contorceva sulla sedia a cui l’avevano ammanettato. “Avevo paura… tu lo sai di cosa è capace Barendos.”
“Sì, lui lo sa bene, ma non ha collaborato.” Lykus scrollò violentemente il ragazzo.
“Lascia stare Lykus, non puoi pretendere che tutti reagiamo allo stesso modo. Quindi, Barendos ti ha torturato, e Varg ti ha promesso la libertà se tu avessi collaborato.”
Bryn abbassò gli occhi. “Sì.”
“E tu sei riuscito a farti portare qui e ci hai ingannato tutti con le tue cicatrici fasulle.” Il viso di Lykus si avvicinò a quello di Bryn che si ritrasse, terrorizzato.
“No, quelle sono vere, Barendos mi ha massacrato senza dirmi perché… Duke, io avevo paura! Ho paura di tornare nelle mani di quel mostro.”
“Non credi che ti avremmo aiutato se ci avessi detto tutto?”
“Forse sì. Ma a me non è mai importato niente della politica… volevo solo starmene tranquillo, fare quello che mi avevano chiesto e basta… e ora invece…”
“Piantala di frignare!” Lykus schiaffeggiò il prigioniero. “Bryn, tu non me la racconti giusta. Vedrai che troveremo il modo di farti dire tutto quello che sai, davvero.”
Duke lo afferrò per il polso. “Lykus, guai a te se lo tocchi ancora.”
“Ma…”
La voce di Duke tremava di rabbia. “Noi non torturiamo i prigionieri.”
“Proprio tu lo dici. Dopo quello che ti hanno fatto.”
“Proprio perché me lo hanno fatto. Perché so cosa vuol dire… perché se fossimo come loro la nostra lotta non avrebbe senso.”
Si voltò verso il ragazzo. “Bryn, hai la mia parola che non ti verrà fatto alcun male. Ma devi dirci tutte le informazioni che hai passato a Vega. Subito.”

“Naida, c’è un problema terribile… dobbiamo sospendere l’attentato.”
Non ricordava di averlo mai sentito così agitato.
Come, sospendere… l’azione è in corso, in questo momento. Perché?
“Sospendila e basta!” gridò Duke.
Ma non posso! Per evitare di essere intercettati i ragazzi non hanno comunicatori… non posso fermarli!
Ormai Duke aveva accettato l’idea dell’attentato… doveva esserci qualcos’altro. “Cos’è successo?
“Avevi ragione tu… Bryn è un traditore. Ha detto a Barendos dell’attentato.”
Naida si sentì mancare il respiro. “Allora non c’è niente che possiamo fare per loro.
“Naida… perdonami. Avrei dovuto ascoltarti.”
Reagire, doveva reagire. Limitare i danni. “Non importa ora. Che altre informazioni ha passato?
“Nessuna, a sentire lui – ma l’avete ospitato in una delle vostre basi, potrebbe aver fatto nomi. Naida…” ripetere il suo nome lo illudeva che gli fosse più vicina “Naida, ti prego, cercate di fare attenzione.”

Si era lasciato ingannare. Bryn era stato come lui vittima di Barendos, e il bisogno di rispecchiarsi in qualcuno che avesse vissuto la sua stessa esperienza lo aveva spinto a offrirgli la sua fiducia; ma si era sbagliato, ingenuo, sciocco… Si picchiò i pugni sulla fronte. Stava crollando tutto… non si era mai sentito così solo e inadeguato.

Sulla base non c’erano prigioni, così Bryn era stato semplicemente rinchiuso in una delle stanze del corpo centrale. Lykus insisteva che avrebbero dovuto passarlo per le armi: ma Duke non era d’accordo.
Nonostante i danni devastanti che il suo tradimento avrebbe potuto causare, non riusciva a condannarlo, non del tutto. Lui, il principe, si era consegnato ai suoi aguzzini di sua volontà: era il suo dovere, il suo ruolo glielo imponeva, e solo per questo era riuscito a trovare dentro di sé la forza per non soccombere alle sevizie di Barendos. Ma Bryn non aveva altre motivazioni al di là della propria sopravvivenza; e Duke non poteva fargliene una colpa. Per Duke essere il futuro re aveva sempre significato più doveri che privilegi, la responsabilità per il bene del suo popolo: e il suo popolo era in gran parte composto da persone come Bryn, che guardavano ai sovrani come a figure lontane, e al governo del pianeta con l’indifferenza riservata alle cose che non li riguardavano. Per loro uno valeva l’altro: per quieto vivere erano disposti a vendersi al miglior offerente.
Duke era stato pronto a sacrificarsi perché sapeva che stava lottando per la libertà del suo popolo... o forse per la sua? I dubbi che lo avevano tormentato al momento della fuga erano tornati. Si chiese cosa avrebbe fatto al posto del ragazzo: imprigionato senza motivo, torturato senza sapere perché. La scelta dei suoi compagni di lotta, la scelta di Kottir che stava andando a morire, forse inutilmente, gli si mostrò in tutta la sua generosità.
Forse lui, Duke, non ne era degno… ma di sicuro Vega andava combattuto, ad ogni costo.

La voce eccitata di Naida sul comunicatore: “Duke… Base lunare, è fatta! Accendete lo schermo!
Immagini di repertorio scorrevano sul video, mentre una voce narrava l’accaduto: nella notte una bomba aveva seriamente lesionato la nuova sede dell’Agenzia per l’Unione – un attacco a un simbolo di pace – e il governatore Varg si era sentito in dovere di verificare personalmente i danni, quando era stato fatto segno di ripetuti colpi di pistola laser. L’attentatore era riuscito ad avvicinarsi facendosi passare per una delle sue guardie del corpo, e quando le vere guardie gli erano state addosso si era fatto saltare in aria, uccidendone tre.
Lo schermo ora mostrava i volti dei caduti, c’era anche Ulfir…
La trasmissione tornò in diretta con l’ex-governatore Barendos, che aveva preso il comando: “Popolo di Fleed, è con dolore che vi annuncio che il governatore Varg, che tanto aveva fatto per la concordia tra i nostri pianeti, è deceduto poco fa tra le mie braccia,in seguito alle ferite riportate in un vile attentato. Garantisco che nessuno di coloro che hanno partecipato all’esecuzione di questo atto ignobile verrà risparmiato e che la repressione di ogni forma di ribellione sarà spietata. In attesa di ulteriori istruzioni, il coprifuoco è reintrodotto e gli spostamenti tra le città saranno regolati da posti di blocco.

La piccola folla riunita in sala comando accennò un grido di esultanza, che si spense presto. L’attentato era riuscito, nonostante la delazione di Bryn: ma ora la lotta si sarebbe fatta ancora più dura.

Comandante Barendos! Vediamo con rammarico che la politica di avvicinamento del governatore Varg si è rivelata inefficace per garantire la sottomissione del pianeta Fleed. Vi concedo i più ampi poteri decisionali per la repressione.
“Grande Vega, il mio dolore per la perdita del mio superiore è superato solo dal desiderio di vendicarlo. Fleed imparerà cosa significa l’ira di Vega.”

Avrebbe cominciato accedendo ai file riservati che Varg gli aveva sempre impedito di consultare. Barendos pensò con compiacimento a come aveva ottenuto la chiave dal governatore morente, al suo sguardo di terrore di fronte alla frusta laser, alla sua inutile supplica di avere pietà, un attimo prima che lo finisse soffocandolo con il suo stesso mantello…
La prima cosa da fare era identificare il nascondiglio di Goldrake: era l’unica cosa che in questo momento interessava all’imperatore, molto più delle riserve energetiche che i ripetuti saccheggi avevano ormai portato sull’orlo dell’esaurimento. Aveva sperato di trovare tra le note di Varg la posizione della base sulla seconda luna, ma tutto quello che era emerso era uno schermo da radiazioni che rendeva impossibile anche comunicare con l’infiltrato. Un modo per scovare il robot c’era, ma non poteva fare da solo… Avrebbe chiesto un nuovo colloquio al Grande Vega.

Bryn era terrorizzato. Se anche fosse riuscito a fuggire dalla base lunare, non avrebbe avuto alcun posto in cui rifugiarsi su Fleed: non i ribelli che aveva tradito, né tantomeno Barendos. Era chiaro che non aveva informato il generale dell’attentato in preparazione: e di sicuro non avrebbe esitato ad eliminare l’unica persona che poteva accusarlo di corresponsabilità nella morte di Varg.
L’unica cosa che poteva fare era cercare di convincere Duke del suo pentimento e della sua buona fede, e chiedergli di lasciarlo combattere insieme ai suoi: un buon pilota avrebbe fatto comodo nelle battaglie che sicuramente ci sarebbero state. Ci avrebbe provato; anche se lui per primo non si sarebbe fidato di se stesso.

Come accadeva sempre più spesso, Duke non riusciva a dormire e passava il turno di riposo seduto davanti al grande schermo della sala comandi cercando di sentirsi utile. Per un attimo pensò di essere caduto nel dormiveglia quando sentì un crepitio lontano nel comunicatore ed un segnale inconfondibile:
Markus di Altair 2 a base di Fleed… Markus a base di Fleed… Duke, se ci senti, vieni in aiuto…


(continua - commenti: https://gonagai.forumfree.it/?t=66037619&st)

Edited by shooting_star - 3/7/2013, 14:23
 
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