Il racconto si svolge subito dopo l'ep. 5, "Una serata di gloria".
PROPOSTE
Doveva arrivare, prima o poi. La busta dai bordi blu e rossi era la prima nella vaschetta portacorrispondenza della sua scrivania. Curioso come la grafia di Sayaka, così spigolosa, diventasse morbida e arrotondata quando si trattava di scrivere in caratteri latini. Mr. Koji Kabuto, Space Research Center… Sfilò il temperino dalla tasca posteriore dei jeans e aprì con attenzione la lettera. Sulla velina quella scrittura innaturale riprendeva il suo familiare zigzag.
“Ciao Koji-kun, come va? Hai pensato alla proposta della scorsa lettera? L’ingegner Watson ha insistito che ti scrivessi di nuovo anche se non hai ancora risposto…”
Nello scomparto inferiore della vaschetta, un’altra busta dai bordi blu e rossi e un’altra velina, letta e riletta. E nel cestino… no, la donna delle pulizie l’aveva svuotato. Chissà cosa aveva pensato nel vedere tutte quelle minute appallottolate: probabilmente che aveva un problema con la fidanzata. Magari fosse stato così semplice… Sayaka gli mancava, certo, ma in quei giorni non aveva avuto tempo di pensare a lei, non in quel senso. E poi “fidanzata”… non era niente di ufficiale, ecco. La proposta. La proposta non era di Sayaka, ma dell’ingegner Watson in persona. Gli proponeva di tornare a lavorare presso il laboratorio. Adesso il suo progetto di disco volante gli interessava? Mi è toccato costruirlo a mie spese. Era il mio progetto di laurea, e dopo che ci avevo lavorato mesi mi vengono a dire che non rispondeva ai requisiti? Non ne avevano dati, di requisiti, a parte la velocità ultrasonica e la possibilità di trasportare più persone. “Date sfogo alla vostra creatività”, avevano detto: e il suo prototipo poteva avere due posti ed era il più veloce tra tutti quelli presentati – 4 Mach, qualcosa che finora era stato raggiunto solo dagli aerorazzi. Era sicuro che il TFO li avrebbe lasciati tutti senza parole… “Ma che cos’è, un UFO?” aveva riso Gregory Lachlan quando aveva visto il progetto. No, un disco… un disco volante, come quelli che lo avevano fatto sognare da bambino. Ma questo era reale, velocissimo e anche dotato di armi, all’occorrenza. “I razzetti… certo, puoi usarli per sparare agli alieni!” Lachlan sembrava strozzarsi dalle risate, i suoi amici facevano altrettanto, e Sayaka cercava di guardare da un’altra parte. Watson aveva interrotto l’increscioso siparietto appena un attimo prima che Koji stampasse un pugno sul muso di quell’idiota. “La corsa allo spazio è finita, Kabuto” aveva commentato l’ingegnere, con quello che gli era sembrato un sospiro. “Con i sovietici, ormai, facciamo missioni congiunte. Abbiamo una guerra da vincere, e la vinceremo; ma non con le armi.” Aveva sollevato gli occhi dal progetto e con lo sguardo aveva abbracciato il laboratorio pieno di giovani scienziati. “Sarà la nostra superiorità tecnologica a schiacciare i comunisti." Poi era passato a esaminare gli altri progetti.
“Il suo progetto è interessante, signor Kabuto – gli aveva fatto scrivere Watson dalla sua segretaria il giorno dopo – ma non riteniamo sia adatto alla realizzazione.” Non adatto. Perché non andava a dirlo al figlio di Umon, che al suo piccolo disco aveva dovuto la salvezza in almeno un paio di occasioni? Per fortuna i fondi non gli mancavano: l’eredità di nonno Juzo gli aveva permesso di realizzare il prototipo, e ora poteva dimostrare che aveva ragione… no, in realtà non poteva. L’attacco degli alieni di Vega sul Giappone era strettamente top secret. Del resto, dove erano gli USA quando c’era bisogno di salvare la Terra dalle mire di conquista del Generale Inferno? Quando il TFO si era sollevato nel cielo di Houston per partire alla volta del Centro Ricerche del prof. Umon, i suoi ex compagni di studi erano rimasti a bocca aperta, Sayaka glielo aveva confermato nella sua prima lettera. Tutti, anche Gregory, con cui il giorno della presentazione dei progetti aveva avuto un chiarimento appena fuori dall’ingresso del Watson Institute e che aveva sottovalutato l’efficacia delle arti marziali così ben padroneggiate da quel piccolo Jap, alto almeno otto pollici meno di lui.
Poche righe più sotto Sayaka aggiungeva che si stavano selezionando astronauti per la missione Skylab 5, se mai ci fosse stata; oppure per il nuovo progetto cui anche lui stava collaborando prima di decidere di partire senza terminare gli studi, la nuova frontiera delle missioni spaziali americane, una navetta spaziale riutilizzabile.
Il primo astronauta giapponese. Avrebbe potuto mostrarsi un degno membro della gloriosa dinastia dei Kabuto ed entrare nella storia… impossibile, gli americani non avrebbero mai concesso a uno straniero un ruolo di tale importanza – a un giapponese, poi. La guerra era finita da tempo, ma non tutti si fidavano dei “musi gialli”, se non a parole nei fatti. Sayaka e lui erano gli unici nel gruppo a non essere di nazionalità americana, non c’era nessun nero e l’unico asiatico presente, George Takei, era trattato con sufficienza dai giovani ingegneri bianchi, anche se già suo nonno era nato negli USA e il suo giapponese, che si sforzava di usare quando parlava con lui e con Sayaka, era pessimo. Ma allora, perché Watson aveva chiesto a Sayaka di insistere?
Aveva imparato molto al Watson Institute, senza dubbio. Aveva conoscenze molto più approfondite di quelle che si era fatto sul campo – quando aveva iniziato a pilotare Mazinga Z le sue nozioni di meccanica si limitavano a quanto serviva per far raggiungere velocità illegali alla sua motocicletta, e durante la guerra non aveva avuto tempo di affrontare uno studio sistematico. Senza quegli anni negli USA il TFO non avrebbe mai visto la luce. Riprese in mano la lettera.
“...Il Dr Watson mi chiede spesso tue notizie. Gli dispiace che una mente così brillante non sappia adattarsi al lavoro di squadra…”
Sbatté il palmo sulla scrivania, facendo volare per aria penne e matite. Questa, poi. Watson lo diceva spesso, ma lei lo sapeva che non era così. Avevano sempre lavorato in squadra. Lui, Sayaka, Boss. Anche quando erano andati ad aiutare Tetsuya…
“…e io sono costretta a dargli ragione. Tu non sai lavorare in squadra. Tu vuoi essere il leader di una squadra. Hai fatto lo stesso anche qui: hai lavorato da solo, e il tuo progetto era l’unico che non si raccordava con gli altri…”
Perché era il più innovativo, il più originale e creativo. Se vedessi cosa riesco a fare, qui, con il TFO…
“…ma riguardandolo, il Dr Watson e il comitato di valutazione hanno dovuto riconoscere che era il progetto più innovativo e originale tra quelli presentati. Credo che sia per questo che insistono tanto per il tuo ritorno. E poi, anche George ed io saremmo felici di riaverti con noi.”
Koji si grattò la nuca. Come, “George ed io”? In effetti, ora erano loro due gli unici asiatici dell’Istituto. E lei era l’unica straniera…
“Me l’hai scritto subito, che non ti trovi bene con 'quello spocchioso del figlio del direttore'. Forse perché è il figlio del capo e non ti riconosce come suo superiore? Il solito problema… ma sei là da così poco tempo che non se la prenderanno se dici loro che preferisci tornare negli USA. Troveranno certo un nuovo collaboratore. E qui tu potrai primeggiare.”
Tutta colpa di quella stupida prima lettera. Che imbecille che era stato a scriverla, senza aspettare di sbollire la rabbia, la sera che aveva conosciuto Daisuke – prima di sapere. Aveva sperato che andasse perduta, ma le poste funzionano benissimo proprio quando non dovrebbero. Ora tutto era diverso, ma non gli era permesso spiegarle il perché. C’era una nuova guerra in corso, e lui doveva difendere la Terra… no, doveva aiutare a difendere la Terra. Strinse i denti: doveva farsene una ragione. Con Grendizer in campo, l’unico ruolo possibile per lui e il TFO era quello di gregario, sempre che Daisuke glielo permettesse. Ma se Grendizer non ci fosse stato… meglio non pensarci.
La luce rossa dell’interfono si accese. “Koji, puoi raggiungermi nel mio ufficio?” “Subito, prof. Umon.”
“Sono stanca di parlare solo inglese.”
E questo è il massimo che Sayaka può fare per dirmi che le manco. Ridacchiò. Certo che se l’alternativa a lui era George… Posò la lettera: era alle ultime righe, rimanevano solo i saluti da porgere a tutti, anche a suo padre e a Shiro quando li avesse incontrati.
“Eccomi, professore… dov’è Daisuke?” “Alla fattoria.” In piedi davanti alla sua scrivania, Umon si rigirava la pipa tra le mani. “L’avrai capito… combattere contro Vega lo appassiona molto meno che occuparsi degli animali. Ma, se necessario, posso contare sul fatto che sarà qui in un istante.” Koji abbassò lo sguardo. Il giorno prima lui era stato molto meno veloce nel rispondere ai richiami del Centro Ricerche. “Professore…” “Ho appena ricevuto una telefonata del professor Yumi, che mi riferisce della sua corrispondenza con l’ingegner Watson di Houston. Mi ha detto che l’ingegnere sarebbe disposto a riaverti nella sua squadra.” Il professore battè con delicatezza il fornelletto della pipa sul bordo della sua scrivania, poi si chinò per cercare il tabacco nel cassetto. “Hikaru mi ha detto che se la gara di volo non fosse stata interrotta dall’attacco di Vega tu l’avresti sicuramente vinta. E poi… sei salito su un minidisco di Vega e sei riuscito a pilotarlo. Non credo ci siano molti altri piloti al tuo livello.” Alzò la testa verso Koji e lo guardò negli occhi. “Se ne è reso conto anche l’ingegner Watson. Saprai meglio di me quali sono i progetti su cui stanno lavorando a Houston… è stato contattato dal prof. Pepin, che cerca uomini per le nuove missioni spaziali. Gli ha detto che è di persone come te che hanno bisogno. Capaci di pensare velocemente e risolvere situazioni difficili usando non solo le competenze, ma l’istinto.”
Koji era senza parole. Pepin, il direttore del Lunar and Planetary Institute. Come dire, la NASA. Il primo astronauta giapponese.
“Visto il tuo curriculum, sarebbero pronti a passar sopra a qualche piccola incomprensione che pare si sia verificata con i tuoi colleghi… potresti anche avere una corsia preferenziale per ottenere la cittadinanza americana. La tua carriera di astronauta sarebbe assicurata.” Esaminò nuovamente la pipa e sorrise. “Io non posso che confermare la tua abilità. Sei riuscito ad essere di grande aiuto a Daisuke in situazioni difficili.”
Cosa gli aveva scritto Sayaka? “Tu non sai lavorare in squadra.”
Con delicatezza, Umon pigiò il tabacco nel fornelletto. “Daisuke non si può ancora considerare un pilota esperto, ma Grendizer è potentissimo. Posso capire che per te guidare un mezzo d’appoggio quando per anni sei stato il punto di forza della tua squadra sia frustrante. E capisco ancora di più che tu sia stanco di combattere.”
“Tu vuoi essere il leader di una squadra”... no, non era vero. Non più. Le avrebbe dimostrato che era cambiato… no, lei non l'avrebbe saputo. Lo avrebbe dimostrato a sé stesso.
Koji prese fiato. Doveva trovare le parole giuste. “Il TFO è sicuramente inferiore a Grendizer, ma vedo che mi considerate un pilota di buon livello.” Umon annuì mentre avvicinava l’accendino alla pipa. “E, non per mia scelta, ho una certa esperienza di guerra… forse potrei essere più utile qui che a Houston.” Umon si sfilò la pipa dalle labbra. “L’occasione che ti propone la NASA è di quelle che capitano a pochi. Non si ripeterà.” Koji si appoggiò con le due mani sulla scrivania. “Me ne rendo conto professore, ma… ma a cosa servirebbe una stazione spaziale orbitante se gli alieni conquistassero la Terra?” “Non la conquisteranno, finché Grendizer combatte per difenderla.” “Ma io posso servire… io posso dare una mano.” Umon non replicò; rimise in bocca la pipa e aspirò piano. Il profumo del tabacco si diffuse nella stanza. Koji sentì che le guance gli si arrossavano. “Sono stato un incosciente ieri. Non ho dato retta alle chiamate e ho messo in pericolo i miei amici… e anche Grendizer. Non succederà più.” “Devo dire al professor Yumi che rifiuti l’offerta?” “Gli dica che sono molto onorato dell’offerta, ma che il mio posto è qui, al Centro Ricerche. Lo sarà finché Vega non sarà sconfitto.” Umon abbassò appena il capo. “D’accordo, allora” tese la mano. Koji la strinse con forza. “E ora, professore, se non le dispiace, dovrei andare a scrivere una lettera.”
Edited by shooting_star - 15/2/2023, 21:20
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