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view post Posted: 9/3/2024, 18:15     +3Pettegolezzi storici - Scienza e Conoscentia
ROSSINI
Dopo essere stato lungamente pregato – e scocciato – per avere un parere su certe composizioni, Rossini decise di acconsentire, se non altro per liberarsi dal seccatore. Esaminati gli spartiti, il responso fu: – Mi compiaccio davvero: in quest’opera v’è del bello e v’è del nuovo…
Moto di gioia del seccatore, che Rossini però gelò subito:
– …peccato però che quel che è bello non sia nuovo, e quel che è nuovo non sia bello.
view post Posted: 9/3/2024, 08:40     +4Auguri a tutte le donne - Benvenuti & Compleanni
Mi scuso, ieri giornata piena e non mi era arrivata la notifica a questo thread. Mi era sfuggito.

Auguri a tutte le donne e a tutti i veri uomini, cioè quelli che le amano e le rispettano, e frazie a tutti voi.
view post Posted: 8/3/2024, 18:27     +4Pettegolezzi storici - Scienza e Conoscentia
Per la giornata delle donne, un'altra storia romana, con una protagonista davvero in gamba.

ORTENSIA
Cesare era morto da due anni, la guerra civile infuriava e le casse di stato erano, com’è ovvio, vuote. All’epoca governava il Secondo Triumvirato, Marco Antonio, Ottaviano e Lepido. Occorrevano sesterzi per continuare la lotta a cesaricidi; ma dove trovarli, dato che i contribuenti erano stati spremuti e rispremuti?
Si trovò la risposta: se i cittadini erano già stati salassati, bisognava batter cassa alle cittadine. Le donne, infatti, erano proprietarie di dote, anche se non potevano disporne dato che ci pensava il marito.
Individuate circa millequattrocento matrone possidenti e sole, prive cioè di padre e marito che potessero proteggerle, si inviò loro l’ordine di stimare i propri beni su cui si sarebbe calcolata la tassa, pena atroci ripercussioni pecuniarie in caso di dichiarazioni false e omissioni. Addirittura, era previsto un ricco premio per eventuali schiavi delatori.
La matrona romana, si sa, era allevata per essere silenziosa, docile e obbediente al pater familias; quella volta, le signore esplosero. Bisognava agire, ribellarsi a quell’ingiustizia.
Per prima cosa, un gruppo di matrone andò a parlare con le donne dei Triumviri, perché intercedessero per loro. Alcune, come Giulia madre di Marco Antonio e Ottavia sorella di Ottaviano, s’impegnarono in tal senso; altre, come la simpaticissima Fulvia moglie di Marco Antonio, le cacciarono in malo modo. In ogni caso, fu un niente di fatto. La tassa incombeva sui patrimoni femminili di Roma.
L’unica speranza era trovare un avvocato disposto a patrocinarle nel foro, davanti ai Triumviri: ma tutti, vedendo la faccenda come una causa persa, rifiutarono.
Fu allora che entrò in scena Ortensia. Era figlia del defunto Quinto Ortensio Ortalo, grandissimo avvocato; quello che aveva chiesto a Catone la moglie in prestito, per capirci. Dal padre, Ortensia aveva ereditato la parlantina sciolta e l’intelligenza pronta, e sempre da lui aveva appreso le leggi e l’ars oratoria. Assunse la difesa delle donne di Roma, e si recò nel foro a capo di un gruppo di matrone.
Ortensia sapeva il fatto suo: per i romani era disdicevole che delle donne parlassero in pubblico, quindi occorreva far capire che, se si era arrivati a tanto, lo si era fatto perché non c’era stata altra scelta. Quindi, per prima cosa informò che le matrone, come d’uso, si erano rivolte alle donne di famiglia dei Triumviri, ma non avevano ottenuto nulla.
Come secondo punto, fece notare che le guerre civili avevano privato le donne di padri, mariti, fratelli e figli maschi adulti: le matrone erano quindi sui iuris, dovevano rappresentarsi da sole, non avendo più uno straccio di maschio che potesse farne le veci.
Una volta fatto accettare questo – e difficilmente si sarebbe potuto negare, visto lo sterminio vero e proprio che si era creato nella popolazione maschile – Ortensia passò al punto tre: i loro padri, dando loro una dote, avevano destinato le donne a una certa posizione economica e sociale: privarle di questa dote avrebbe significato andare contro i desideri dei loro genitori, il che contravveniva al mos maiorum, le vecchie usanze, tanto care ai romani.
– Le donne sono escluse dalla magistratura, dai pubblici uffici, dal comando e dalla res publica – concluse Ortensia, ormai lanciatissima – Perché allora dovrebbero pagare le tasse?
Fu un momento storico: una donna aveva osato attaccare pubblicamente gli intoccabili Triumviri. Fu ordinato alle signore di andarsene dal foro, e furono costrette a sgomberare; ma allora insorse la gente in loro favore, trascinata com’era dall’arringa di Ortensia. I Triumviri dovettero cedere, anche se parzialmente: condonarono la tassa a un migliaio di donne, facendo pagare solo le quattrocento più ricche. Non potevano certo perdere la faccia davanti a delle femmine, loro!
Nei tempi successivi, perché un simile scandalo non si ripetesse, i romani impedirono per legge che le donne potessero postulare pro aliis, perorare cause altrui. Ne avevano avuto abbastanza, di una donna avvocato! Preferirono quindi zittire le matrone perché, come ebbe a dire Catone l’Uticense: – Non appena le donne avranno la parità, saranno superiori.
Insomma, i grandi romani, i conquistatori del mondo di allora, avevano paura delle donne.
view post Posted: 8/3/2024, 18:23     +1Pettegolezzi storici - Scienza e Conoscentia
Caspita, non sapevo che la figlia di Byron fosse stata una scienziata di una simile levatura!
view post Posted: 8/3/2024, 08:45     +2Parliamo di cucina - Il Manicomio
Infatti! Chi lo mangia? Troppo carino!
view post Posted: 7/3/2024, 18:55     +2Pettegolezzi storici - Scienza e Conoscentia
Delari: concordo con te, lei non era un'innocentina, ha rovinato la vita a sé stessa, al marito e a Byron e le sue colpe le aveva; ma era anche una donna malata, e forse almeno una parte dei suoi squilibri erano dovuti a malattia. Che poi non le avessero insegnato a contenersi e fosse fortemente capricciosa ed egocentrica, penso sia un dato di fatto. Mi resta solo il dubbio di quanto del suo comportamento fosse colpa sua, e quanto del suo malessere.

Briz: la storia di Marzia è talmente enorme che è stato facile buttarla in ridere, come (quasi) tutte le cose assolutamente tragiche. In ogni caso, credo che aver riso con (non certo su!) la povera Marzia non tolga nulla del torto enorme che ha subito, e che era la normalità. Ti anticipo che il pettegolezzo che ho per domani è meno tragico, anche se molto significativo.
view post Posted: 7/3/2024, 17:57     +4Pettegolezzi storici - Scienza e Conoscentia
Dato che domani è l'8 marzo, prepariamoci con un'edificante pettegolezzo su come i romani trattassero le loro donne... quelle rispettabili, vivaddio.
Figuriamoci allora come si comportassero con quelle "da poco".

MARZIA
Se siete persone che credono non dico nella parità de sessi, ma quantomeno in un minimo di dignità della donna, preparatevi: la vostra colecisti potrebbe subire un travaso di bile.
Adesso che siete avvertiti, possiamo procedere con la storia di Marzia.
Bisogna innanzitutto conoscere un paio di simpatiche usanze degli antichi romani, una molto nota, l’altra un po’ meno.
La donna era, vita natural durante, soggetta al pater familias: non solo lui sceglieva a chi sposarla, ma poteva anche decidere di farla divorziare. Immaginatevi una ragazza che si trovi coniugata a un marito che tutto sommato le piace e con cui sta bene. Un giorno, paparino potrebbe concludere un’alleanza politica, o commerciale o che altro; come saldare il nuovo patto? Ma con un matrimonio, è ovvio.
Detto fatto, papà piomba in casa della figlia, le ordina di far fagotto lasciando marito e bambini e via, verso la casa di un perfetto sconosciuto che sarebbe stato il suo nuovo marito.
E la figlia? Zitta, e obbedisci a tata.
L’altra usanza meno nota, e altrettanto simpatica, era il cedere la propria donna.
Avete letto benissimo: nei ceti alti, proprio per salvaguardare le famiglie con pedigree, era lecito chiedere in prestito la moglie o la figlia di qualcuno a scopo squisitamente riproduttivo. Come dire: prestami tua moglie perché mi serve un figlio. Quanto alle donne, beh, era considerato loro dovere mettere al mondo robusti virgulti di famiglie patrizie; per cui, mute.
Adesso che tutto vi è chiaro riprendetevi, che finalmente parliamo di Marzia.
La poverina era nientemeno che la moglie di Catone l’Uticense, che per chi non lo conoscesse era un tizio di saldissimi principi morali e ferrea volontà. Era ottimo amico del celeberrimo avvocato Ortensio, che un giorno appunto venne a porre la fatidica richiesta: – Sono vedovo, ho un figlio maschio che è un buono a nulla e una figlia in gamba ma appunto femmina; dammi in moglie tua figlia Porzia, che ha già procreato un paio di pargoli a suo marito, in modo che ne scodelli uno anche a me.
Catone era un padre amorevole: – Non posso, amico mio. Mia figlia è molto felice con suo marito Bibulo, mi dispiacerebbe darle un dolore… Ma – aggiunse, da quella persona sensibile che era – siccome voglio aiutarti, se vuoi ti passo la mia Marzia: è ancora in età fertile, e come sai, è un’ottima fattrice. Prole sana, robusta e garantita.
– Ma a te non dispiace?
– Certo che no! A che servono, gli amici? Solo, dobbiamo chiedere il permesso – aggiunse Catone, che era un uomo scrupoloso – Al padre di Marzia, naturalmente.
Papà Marcio Filippo non ebbe da obiettare, e Catone disse a Marzia: – Prepara le tue cose, che da domani ti trasferisci a casa del mio amico Ortensio. Cerca di essere una buona moglie e sfornagli almeno un pupo o due, di quelli belli e sani come li sai fare tu.
Così fu che Marzia si trasferì in casa di Ortensio, che provvide a sposarla, secondo le leggi. Per sei anni fu sua moglie, e gli diede una bambina. Poi Ortensio morì, e qui per Marzia cominciarono i problemi: vedova, senza protezione, in un periodo di guerre civili… fosse almeno stata ancora sposata a Catone!
Marzia conosceva molto bene il suo pollo, cioè Catone: era uno stoico, di quelli, per capirci, che nelle rogne ci sguazzano. Si precipitò da lui subito dopo il funerale, ancora con addosso gli abiti bianchi di lutto e incipriata con le ceneri del defunto consorte. Gli si gettò ai piedi, supplicandolo di riprenderla con sé. Ormai era sfiancata dalle troppe gravidanze e non avrebbe più potuto dargli altri figli, pensò bene di mettere in chiaro; però avrebbe potuto condividere con lui le fatiche e le preoccupazioni di quei tempi difficili.
– Ti prego – aggiunse infine, sapendo di star dando il colpo vincente – lascia che io, quando sarò morta, venga ricordata come la moglie di Catone!
Marco Porcio non poté resistere a tanto invito. La sposò subito: cerimonia semplicissima, lei ancora in abito da lutto e lui con la vecchia toga di tutti i giorni. Ma erano di nuovo insieme, e questo era ciò che contava.
Cesare, che considerava Catone simpatico come un riccio infilato nelle caligae, ebbe a malignare che avesse preso con sé Marzia perché erede di Ortensio, e quindi ormai ricchissima… ma si sa, Cesare era una linguaccia, sempre pronto alle illazioni più perfide.
view post Posted: 7/3/2024, 17:49     +2Pettegolezzi storici - Scienza e Conoscentia
Sì, la povera Caroline soffriva d disturbi mentali, era priva di equilibrio e tendeva a drammatizzare molto, agendo a volte come in preda a una furia cieca e istintiva. In effetti si comportò come una vera stalker, e fu chiacchieratissima. La famiglia del marito la sopportava a malapena, perché col suo comportamento gettava discredito su di lui, rovinandogli la carriera. Siccome sembra alternasse fasi di depressione ad altre di esaltazione, mi sono chiesta se la poveretta non soffrisse di un qualche disturbo bipolare. Oltretutto, c'è il sospetto che fosse pure anoressica.
La loro fu una storia di soli due mesi, ma li segnò entrambi a vita: lui probabilmente se ne andò dall'Inghilterra non solo in cerca di avventure, ma anche per allontanarsi dall'ossessione di lei, e Caroline non seppe mai riprendersi dalla delusione di quell'amore devastante. La morte di Byron fu una sorta di colpo finale. Non sapevo soffrisse d'idropisia.
Povera donna.
view post Posted: 6/3/2024, 18:16     +3Pettegolezzi storici - Scienza e Conoscentia
E con questo, chiudiamo la parentesi risorgimentale.

VITTORIO EMANUELE II E SCIPIO(NE)
Per nulla amante di pompe e trionfalismi, Sua Maestà amava dire pane al pane. Monarca assoluto nell’anima, costretto dagli eventi ad accettare i limiti posti dal Parlamento e dalla Costituzione, si sfogava chiamando quest’ultima “costipazione”. Quando, divenuto re d’Italia, dovette andare a vivere a Roma, lo fece malvolentieri: la città non gli piaceva, lo disse e lo ripeté, e aveva nostalgia del suo amato Piemonte. Gli fu proposto di fare un giro per la capitale indossando l’elmo di Scipio: tagliò corto, sbottando: – Io, nell’elmo di Scipio, cuocerei la pastasciutta!
Fortunatamente, non suggerì altri usi per il nobile copricapo.
view post Posted: 5/3/2024, 17:22     +3Pettegolezzi storici - Scienza e Conoscentia
CAVOUR E L’ITALIA
Per quanto avesse fatto di tutto per creare il regno d’Italia, Cavour era legatissimo al suo Piemonte. Dovette lasciarlo per la proclamazione del Regno, e si recò a Roma. Il viaggio non fu dei migliori; inoltre, Cavour rimase davvero colpito, e non in senso buono, dalla maremma, allora terra selvaggia, malsana e malarica.
Non appena gli fu possibile, il buon Camillo tornò al suo Piemonte, deciso a restarvi il più possibile. A chi gli chiedeva le sue impressioni sul viaggio, rispondeva: – Meno male che abbiamo fatto l’Italia prima di averla vista!
view post Posted: 2/3/2024, 17:54     +4Pettegolezzi storici - Scienza e Conoscentia
VITTORIO EMANUELE II RE D’ITALIA
Essere re d’Italia comportò a Vittorio Emanuele il trasferimento a Roma, cosa per lui davvero sgradita: era legatissimo al suo Piemonte, lui. I boschi e le montagne gli sarebbero mancati immensamente.
Tuttavia si mise in viaggio e, giunto a Roma, come sua abitudine si espresse in piemontese, esclamando: – Finalment ai suma!
Questa frase ci è sempre stata tradotta e tramandata come “qui siamo, e qui resteremo”: suona molto deciso, molto storico, no?
La realtà è un filo diversa.
Immaginiamoci Sua Maestà che arriva da un viaggio fatto davvero malvolentieri. In più, si era trattato di un trasferimento parecchio scomodo: strade piene di buche e, come non bastasse, un tempo orribile, con acquazzoni e ventaccio.
Sceso dalla carrozza il sovrano, stanco, infreddolito e probabilmente col regale fondo dei pantaloni indolenzito dagli scossoni, entrò nel Quirinale con il piglio deciso che gli era proprio: e no, non aveva nessuna intenzione di pronunciare frasi storiche, anzi!
Semplicemente, disse: – Finalmente, ci siamo!
Di quel viaggio infernale, ne aveva avuto abbastanza.
view post Posted: 2/3/2024, 17:13     +1Bambole alla moda - Deliri Girellari
Moschino, come Olivia! Eau d'ironie, amo molto quel profumo!
Non vado pazza per le bambole, anzi, le trovo un po' inquietanti, ma fa un certo effetto vederle vestite con modelli di alta sartoria. Dev'essere stata un'iniziativa davvero speciale... e ottime foto fatte da tuo papà, complimenti! Mano e occhio da professionista.
view post Posted: 1/3/2024, 16:43     +3Pettegolezzi storici - Scienza e Conoscentia
VERDI E TOSCANINI
Il giovane Toscanini, all’epoca non ancora direttore d’orchestra ma semplice violoncellista, si ritrovò a suonare sotto alla direzione di Giuseppe Verdi, che oltre che compositore era pure un valido direttore d’orchestra – cosa che non succede a tutti i compositori. Ma Verdi è, e resta, Verdi.
In un passo del suo spartito, era scritto “pianissimo”: Toscanini eseguì il brano con molta delicatezza, ma la cosa non soddisfò il direttore.
– Faccia vibrare quel violoncello! – sbottò Verdi.
– Scusi, Maestro – rispose Toscanini – Ma qui, c’è scritto pianissimo
– Beh, lei faccia vibrare il violoncello! – tagliò corto Verdi – Al pianissimo, ci penso io!
1536 replies since 22/2/2007